Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Bussolengo (VR), la versione di Georgeowistch Anna di 40 anni
Durante la patita aggressione, nel frangente mi trovavo con i miei figli
rispettivamente mia figlia di anni dieci e mio figlio di tre anni e mezzo.
Mentre i miei famigliari e parenti venivano aggrediti dai Carabinieri, dicevo a
quest’ultimi di finirla. Interveniva un militare in borghes...
Bussolengo (VR), la versione di Hudorovich Cristian di 37 anni
Alle ore 13.00 circa del 5 settembre 2008, in Bussolengo, io con i famigliari e
con altri parenti, sostavamo con roulotte presso il piazzale delle giostre.
Dopo una ventina di minuti che eravamo in quel luogo sopraggiungeva una
pattuglia della Polizia Municipale di Bussolengo che invitava tutti ad
allontanarsi entro tre ore come previsto da ordinanza comunale. Veniva detto al
personale della Polizia Municipale che sostavamo solo per pranzare e poi ci
saremmo allontanati...
Bussolengo (VR), la versione di Paolo Campos di 20 anni
Intorno le ore 15.00 del giorno 5 settembre 2008, in Bussolengo, appena giunto
in auto presso il piazzale delle giostre, dove si trovavano i miei parenti con
roulotte, vedevo i miei fratelli Campos Marco e Johnny e mia nipote di dieci
anni, che stavano piangendo. Chiedevo cosa ero successo e mi veniva riferito che
erano arrivati i Carabinieri che avevano picchiato i parenti e poi portati in
caserma...
Bussolengo (VR), la versione di Michele Campos di 15 anni
Alle ore 14.00 circa del 05 settembre 2008, in Bussolengo in piazzale delle
giostre, dove mi trovavo con i miei, famigliari e parenti intento a pranzare,
vedevo sopraggiungere due pattuglie dei Carabinieri, i quali, scesi dalle
macchine, e indossati i guanti, iniziavano a picchiare i miei famigliari ed i
miei parenti. Un Carabiniere senza capelli gli cascava a terra la pistola, la
riprendeva e gli cascava nuovamente. Io, mio zio Hudorovic Cristian, mentre
venivamo caricati ...
Bussolengo (VR), la versione di Giorgio Campos di 17 anni
Intorno alle ore 14.00 del giorno 5 settembre 2008, in Bussolengo, mentre
ritornavo alla roulotte in sosta nel piazzale delle giostre, dove si trovavano i
miei parenti, vedevo gli stessi che venivamo picchiati da dei Carabinieri in
divisa, un Maresciallo alto sui 180 cm circa, corporatura media, ed un
Brigadiere alto sui 170 cm circa senza capelli, corporatura media...
Verona, lettera/esposto al Comandante Provinciale dei Carabinieri e al Prefetto
Nella giornata di sabato 6 settembre siamo stati informati, da attivisti per i
diritti civili dell’associazione Nevo Gipen, di un grave fatto successo a
Bussolengo (VR) venerdì 5 settembre 2008 che sembra configurarsi di matrice
razzista. Il racconto degli attivisti è agghiacciante. Prima in piazza Vittorio
Veneto e poi all’interno della Caserma dei carabinieri di B...
Nasce l'Osservatorio permanente della giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo
L’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo informa che di recente ha
creato un Osservatorio permanente della giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo. L’importanza crescente assunta dalla Convenzione europea dei
diritti umani nel nostro ordinamento, specialmente a seguito delle note sentenze
della Corte costituzionale del 24 ottobre 2007, n. 348 e n. 349 ha, infatti,
imposto l’esi...
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 09:28:56, in Europa, visitato 2321 volte)
Da
Roma_Daily_News, molto lungo - da sorbirsi con calma (niente che non sia già
stato scritto, ma così vi risparmiate di rileggere un centinaio di articoli)
I Rom dei Balcani, un popolo senza stato (Le Monde diplomatique,
settembre 2008)
La caduta del comunismo e la rottura dell'ex Yugoslavia hanno lasciato il
popolo Rom, da lungo insediato nei Balcani e formando una forte parte
dell'identità della regione, con pochi protettori. Molti scappano come rifugiati
dalle persecuzioni e dalla disoccupazione, altri rimangono, sotto-privilegiati e
minacciati. Di Laurent Geslin
Il giovane ci guida con cautela sulla strada irregolare da Sofia, la capitale
bulgara, a Fakulteta, dove vivono oltre la metà dei 30.000 Rom di Sofia. Sarebbe
impossibile entrare in quest'area, dove i blocchi di appartamenti socialisti
cedono il passo alla vegetazione e all'immondizia, senza una guida, da quando
l'area è sotto sorveglianza dopo le violenze dell'autunno scorso. Il guidatore
ci dice: "Sto facendo questa deviazione per evitare la polizia. Non ho la
patente."
Baptiste Riot, un giovane insegnante francese che insegna fotografia al
bambini della Mahala, il distretto Rom, ci aveva spiegato: "Gruppi di estremisti
bulgari vengono regolarmente a provocarci, e dopo la morte di un Rom lo scorso
settembre gli abitanti si sono dovuti organizzare. L'unico posto dove le due
popolazioni si incontrano è il mercato al limite del quartiere Rom. La gente ci
va perché i prezzi sono più bassi che nel centro di Sofia."
Ma i commerci non sono abbastanza per fornire di che vivere alla popolazione.
I giovani devono lavorare a 15 o 16 anni, non possono permettersi di studiare,
così raccolgono la spazzatura dalle strade di Sofia per riciclarla. Ci ha detto
una casalinga del posto: "Siamo fortunati, perché lavoro nella scuola, e visto
che i miei figli sono abbastanza grandi, lavorano nelle costruzioni con i
bulgari." Altri fanno lavori anomali. Secondo Ilona Tomova, dell'Istituto di
Sociologia di Sofia, nel 2001 soltanto il 18% della popolazione rom attiva era
registrata come impiegata. Le statistiche sono un po' migliorate da allora, ma
la situazione rimane seria.
"Affrontano una discriminazione costante nel lavoro, nella scuola e nella
sanità. Ogni buon cittadino bulgaro ha pochi amici Rom con cui avere
occasionalmente un caffè o un bicchiere, ma lo stesso vede gli Zingari incarnare
tutti i vizi del mondo," ha detto Marcel Courthiade, insegnante Romanì
all'Istituto nazionale di lingue e civiltà orientali (Inalco) di Parigi.
Nella storia
I primi Zingari vennero dal nord dell'India ed arrivarono in Europa tra il
XIV e il XV secolo; nel 1348 un gruppo chiamato Cingarije fu osservato a Prizren
nel Kosovo e dal 1385, alcuni testi menzionano famiglie che vivevano in
schiavitù in Valacchia e Moldavia. I gruppi vennero sparpagliati nella prima
metà del XV secolo, talvolta con la benedizione delle autorità. Nel 1417
l'imperatore tedesco Sigismondo diede una lettera di raccomandazione e
protezione a un gruppo di Rom della Boemia (da cui la parola bohemian). Nei
Balcani, i Rom si unirono al sistema amministrativo, economico e militare sotto
l'impero Ottomano. Alcuni hanno accompagnato le armate ottomane come fabbricanti
di armi da fuoco. Altri si stabilirono e lavorarono come artigiani o mezzadri in
tutto il territorio, e gradualmente costruirono le Mahala, i quartieri Zingari,
in molte città dell'Europa sud-orientale, incluse Prizren e Mitrovica in Kosovo.
In periodi di pace e benessere, gli Zingari erano tollerati per le loro
abilità di artigiani ed allevatori, ma ogni deterioramento nella situazione
economica o politica significava repressione e persecuzioni. Attraverso i
secoli, le espulsioni li obbligavano a migrare. Molti arrivarono in Bulgaria
alla fine del XVII secolo, fuggendo dalla guerra tra l'Austria e l'impero
Ottomano. Quando la schiavitù fu abolita nei principati rumeni nel 1860, ci fu
una nuova diaspora di Rom in Europa. Il genocidio nazista nella II guerra
mondiale uccise centinaia di migliaia di Rom, ma il tribunale di Norimberga
ignorò la loro tragedia. Non sappiamo in quanti morirono nel campo di
concentramento di Staro Sajmiste vicino a Belgrado, e la lista di vittime
Zingare nel campo di Jasenovac in Croazia fu elaborata solo nel 2007.
Secondo le stime del Consiglio d'Europa, vivono in Europa tra la Bretagna e
la Russia dai sette ai nove milioni di Rom, la più grande minoranza
transnazionale. I Rom dei Balcani, spinti da guerre o povertà, si sono stabiliti
in gran numero in occidente, raggiungendo gli Zingari locali con cui hanno
generalmente pochi contatti.
Negli ultimi 20 anni, le istituzioni internazionali, specialmente l'Unione
Europea e il Consiglio d'Europa, sono diventati coscienti di ciò. Ma nonostante
i loro sforzi nel fornire scolarità ai bambini Rom, i Rom continuano a soffrire
discriminazioni e sono diventati più poveri. Nel 2005 fu lanciato il Decennio
dell'Inclusione Rom sotto gli auspici della Banca Mondiale, del Programma di
Sviluppo delle Nazioni Unite e della UE, per facilitare l'accesso all'istruzione,
al lavoro, alla sanità e alla casa, in nove paesi dell'Europa orientale e
balcanica. Ma dopo tre anni del progetto, gli esperti trovano i risultati
deludenti. Mentre l'opinione pubblica sta diventando cosciente della natura
transnazionale del problema, i singoli stati ritardano le misure per facilitare
l'integrazione.
Il dissolvimento dell'ex Yugoslavia
I Rom balcanici furono i primi a soffrire della rottura dell'ex Yugoslavia e
della caduta del blocco sovietico nei primi anni '90. I nuovi governi li
trascurarono e furono le vittime della transizione economica. Diventati più
poveri, divennero l'obiettivo degli emergenti aggressivi movimenti nazionalisti
e capro espiatorio delle dispute intra-comunitarie, e le comunità Rom vennero
marginalizzate e fatte oggetto di violenze e persino di pogrom.
Secondo Ilona Tomova: "Nel 1989 l'83% della popolazione adulta aveva un
impiego ed i Rom avevano il più alto tasso di occupazione in Bulgaria; ma nel
1993 era sceso a solo il 30%. Alcuni Rom non hanno più avuto accesso al mercato
lavorale dai primi anni '90. Ed ora abbiamo una seconda generazione senza un
lavoro stabile." E' peggio nei ghetti urbani che si erano generati alla fine
degli anni '70 e sono cresciuti dopo la caduta del regime comunista.
"Prima, non avresti potuto distinguere lo stile di vita Zingaro," ha detto Antonina
Zelyazkova, del Centro Internazionale per gli Studi sulle Minoranze e le
Relazioni Interculturali (Imir). "Lavoravano, mandavano i bambini a scuola,
avevano accesso al sistema sanitario. La marginalizzazione è iniziata con la
transizione. Quanti vivevano nelle piccole cittadine non beneficiarono della
redistribuzione della terra e dovettero migrare nelle città più grandi."
Nella città settentrionale di Kumanovo in Macedonia, 5.000 Rom vivono in una
baraccopoli in una zona alluvionale tra i fiumi Lipkovska e Kojnasrka. Le loro
case sono fatte di mattoni e materiali riciclati. Ci sono pochi negozi, un paio
di carretti di angurie, e gruppi di giovani senza via d'uscita. Milan Demirovskim
che guida un'OnG chiamata Khan (sole in romanes) che insegna a leggere, dice:
"Circa il 95% vive del salario minimo. La loro unica strada è di mettersi in
proprio, perché le compagnie assumeranno su basi comunitarie e non c'è mai posto
per i Rom."
Nonostante la decentralizzazione iniziata nel 2001, è cambiato poco. Gli
accordi di Ohrid firmati il 13 agosto 2001 dopo il conflitto tra le milizie
albanesi dell'Armata di Liberazione Nazionale (UCK-M) e l'esercito macedone,
garantì diritti sociali e politici a tutte le minoranze. Erduan Iseni, sindaco
di Suto
Orizari (Sutka), che ha la maggior percentuale di Rom dell'area di Skopje,
è ottimista. "Per i Rom qui è meglio che in molti altri paesi della regione. La
Macedonia è uno degli stati più avanzati d'Europa da questo punto di vista." La
sua municipalità di 40.000 abitanti sembra abbastanza prospera con le sue
colorate officine, i commercianti e i clienti. Ma anche qui i Rom hanno di
fronte le solite discriminazioni, pregiudizi ed un muro politico di mattoni.
"Abbiamo un budget più piccolo dalla legge di decentralizzazione rispetto agli
altri comuni," si lamenta il sindaco. "Non abbiamo abbastanza soldi per riparare
le strade e modernizzare le infrastrutture. Si stava meglio sotto Tito."
Anche se la Repubblica di Macedonia ha l'unica costituzione al mondo che
include i Rom, questo non si traduce in realtà. "I Rom sono esclusi dalla vita
politica," ha confermato Marcel Courthiade. Gli accordi di Ohrid sancivano che
le lingue minoritarie devono essere usate nell'amministrazione di ogni comune
dove le minoranze sono il 20% della popolazione. Ma questo è servito agli
albanesi (che sono il 25% della popolazione in Macedonia) più che alle altre
comunità (Rom, Serbi, Torbesh, Aromanians, Turchi, ecc.)
In Kosovo
Restano solo 30.000 Rom dei 120.000 che vivevano in Kosovo prima del 1999.
Sono sparsi nell'area serba nel nord del paese ed in alcune enclave nel settore
sud albanese del fiume Ibar. La scala delle distruzioni a Mitrovica e Pristina
rende evidente la violenza della pulizia etnica. Gli estremisti dell'Esercito di
Liberazione del Kosovo (UCK) dicono che i Rom lavoravano per l'esercito serbo,
per giustificare la loro espulsione dopo i bombardamenti NATO e il ritiro
dell'esercito serbo.
Ad Orahovac/Rahovec nel Kosovo del sudovest, tra i tetti delle case è steso
del filo spinato e tutto è pronto per bloccare le strade al primo allarme. Una
famiglia ha protetto la sua casa sulle colline, nel mezzo della terra di nessuno
che segna il confine tra la città albanese ed il ghetto serbo ( ma questo non ha
impedito gli estremisti albanesi dal bruciare diverse case nel quartiere serbo
durante i disordini del marzo 2004). "Siamo rigettati da entrambe le comunità.
Mio figlio ha smesso di andare a scuola per la violenza dei suoi compagni di
classe albanesi," ci ha detto un Rom. "Prego ogni giorno che non gli succeda
niente e che possa raggiungere suo cugino in Germania." Ma fuggendo da questi
attacchi, i Rom del Kosovo finiscono nuovamente nella miseria, come
confermeranno le migliaia arrivati nella bidonville di Seine-Saint- Denis vicino
a Parigi.
Prizren è un'antica città mercato nel Kosovo meridionale, dove Albanesi,
Serbi, Rom Bosniaci e Turchi coabitavano prima della guerra. Oggi circa 6.000
Rom stanno tentando di sopravvivere ad una situazione economica paralizzata.
"Prima del 1999 avevamo buone relazioni con le altre comunità," ci ha detto un
imprenditore. "Da bambino parlavo in romanes ai miei vicini Bulgari, e serbo e
turco con i miei compagni di classe. Ho costruito la casa con le mie mani e
tuttora vivo in Kosovo. Questa è la mia terra."
Nella Yugoslavia socialista i Rom (specialmente quelli in Kosovo)
beneficiavano di vantaggi sociali e culturali. I primi programmi radio e TV in
romanes furono trasmessi a Prizren e Pristina. I Rom svolgevano il servizio
militare, erano integrati nel sistema politico ed avevano rappresentanti nel
governo della repubblica. Rimane ancora un procuratore pubblico Rom in Kosovo.
Si è formato nell'era di Tito e lavora a Prizren. Un giornalista, Kujtim Pacaku,
ha paura per il futuro: "Non so cosa porterà l'indipendenza. Tutto quel che
vogliamo è vivere in pace. Vogliamo che i nostri bambini lavorino sulla terra
dove sono nati. E che i Rom cessino di essere bersaglio di un nazionalismo
cieco."
Si diffonde il risentimento
Il movimento ultranazionalista emerso nella regione nei primi anni '90 non ha
problemi nel mobilitare il risentimento tra quanti sono stati lasciati indietro
nella transizione economica. "Quando molti bulgari sotto la linea di povertà
scoprono che la UE ha finanziato speciali programmi di aiuto per gli Zingari,
come l'assistenza medica gratuita, quando loro non possono permettersi di
comprare le medicine o di riscaldare le loro case in inverno a causa dei costi
del carburante, allora sono disposti ad ascoltare un partito estremista come
Ataka," ha detto François Frison-Roche, esperto bulgaro e ricercatore presso il
CNRS.
Agli occhi dei poveri bulgari i Rom, senza lavoro o risorse più poveri di
loro, sono saccheggiatori che rubano l'elettricità attaccandosi illegalmente
alla corrente elettrica. I media sono contenti di focalizzarsi sui traffici e
sui crimini attribuiti alla comunità Rom. Durante le elezioni residenziali del
2006, la coalizione Ataka ed il suo leader Volen Siderov ottennero quasi un
quarto del voto bulgaro. Nel corso della campagna chiesero che gli Zingari
fossero "tramutati in sapone". Ora vogliono un "programma di governo per
combattere il crimine Zingaro".
L'aggressiva campagna di Ataka sta attraendo molti, convinti che tutti i
problemi siano dovuti ai Rom e delusi che i partiti tradizionali non stiano
affrontando il problema. In Serbia, qualche intellettuale Rom sta tentando di
contenere la crescita dei nazionalisti. "Siamo i più fieri oppositori del
Partito Radicale," ha detto Rajko Djuric, presidente dell'Unione Romanì
Internazionale, che ricorda che 28 membri della sua famiglia furono uccisi dai
cetnici (l'esercito realista yugoslavo) durante la II guerra mondiale.
Il Partito Radicale Serbo (SRS) guidato da Tomislav Nikolic da quando Vojislav Seselj
è stato messo sotto processo dal tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità
nella guerra croata del 1991-1995, ancora si richiama all'eredità ideologica
cetnica. Erano leali al re Pietro II di Yugoslavia, e si opponevano tanto alle
forze dell'Asse che ai partigiani di Tito tra il 1941 e il 1945. Furono anche
responsabili di massacri di Croati, Musulmani e Rom.
Ardenti difensori della "grande Serbia", i nazionalisti estremisti dell'SRS
vogliono unire tutti i Serbi dei Balcani in uno singolo stato e negare i diritti
politici e culturali delle minoranze. La loro piattaforma è inaccettabile per
lUnione Romanì. "Vogliamo diventare un partito importante nel parlamento serbo,
un gruppo di cittadini democratici, aperto a tutte le comunità," ha detto il
presidente. "Abbiamo ottenuto un seggio e 18.000 voti nelle elezioni legislative
del 22 gennaio 2008, il 33% da votanti non-Rom."
Sembra un risultato deludente. La Serbia ha oltre 200.000 votanti Rom, ma ci
sono divisioni nella comunità. "I partiti al potere hanno sempre compratovoti
con promesse fraudolente o soltanto con qualche bottiglia di rakija (brandy di
prugne)," dice Djuric. Ora Marija Serifovic, la vincitrice del concorso canoro
Eurovision 2007, si è esposta molto con l'SRS e guadagnato molti voti Rom,
nonostante il razzismo del partito. A Vranje, nel sud, i Rom hanno sempre votato
in massa per il Partito Socialista Serbo (SPS) di Slobodan Milosevic.
Uno sconosciuto vicino
In Serbia, nonostante le discriminazioni, i Rom prendono ancora parte alla
politica. Sono corteggiati durante le elezioni, usati per ottenere i sussidi
europei e stigmatizzati per galvanizzare l'opinione pubblica. Gli Zingari
rappresentano la diversità, lo straniero vicino. Quale famigli di Belgrado
celebrerebbe la sua slava (il santo patrono di famiglia) senza musicisti Rom?
Uno degli eventi nazionali più importanti è il festival annuale di Guca, che
mette insieme le migliori orchestre Zingare di Serbia. Li i nazionalisti vendono
T-shirt con immagini di Milosevic e del generale
Ratko Mladic (leader militare dei Serbi di Bosnia tra il 1992 e il 1995) e
ascoltano musica che nessuno potrebbe identificare con certezza come Serbe o
Rom.
Come le altre minoranze senza territorio, gli Aromanians o i Torbesh, i Rom
dei Balcani sono una parte essenziale nell'identità balcanica, con le sue
differenze comunitarie, linguistiche e territoriali. Un Rom di ovi Pazar, nella
Serbia meridionale, potrebbe essere un cittadino serbo, sentirsi culturalmente
legato alla regione del Sangiaccato (tra la Srbia e il Montenegro) essere
musulmano e parlare albanese perché la sua famiglia ha relazioni da lungo tempo
con il Kosovo. I Rom di Prizren possono esser musulmani sunniti o appartenere
all'ordine sufi Rifai Derviscio.
Diversamente dal modello di stato-nazione alla francese seguito da alcuni
paesi nella regioni dopol'impero ottomano, non c'è una singola identità. Le
identità fluttuano nelle strutture linguistiche, territoriali, religiose e
socio-professionali. Si spostano secondo i vincoli economici. I Rom bulgari
erano musulmani sotto gli Ottomani, ma oggi sono per la maggior parte ortodossi.
E quanti ancora parlano turco, spesso pretendono di essere Turchi, così da poter
emigrare facilmente a Istanbul.
Il dissolvimento della ex Yugoslavia ed i movimenti della popolazione dopo le
guerre del 1990 hanno accelerato la semplificazione identitaria e la
standardizzazione culturale. La Croazia e il Kosovo non hanno più comunità
serbe.
Due gruppi simili ora si dividono la Bosnia-Herzegovina, e gli Ungheresi
stanno lasciando la
Voivodina in Serbia. I Rom e le altre minoranze, che non hanno un territorio di
base d mantenere, saranno capaci di mantenere il loro posto in questi stati
balcanici che mutano costantemente? Niente è meno certo, a meno che le
organizzazioni Rom acquisiscano forza sufficiente per far sentire la loro voce
regionalmente, nazionalmente e internazionalmente.
Da
Romanian_Roma
Il budget per finanziare il Programma di Sviluppo Comunitario ad
Hadareni, contea di Mures, è stato aumentato a 2,16 milioni di
RON, secondo una decisione adottata dall'Esecutivo nella sessione di
mercoledì 27 agosto.
[...] Così, l'Esecutivo intende incontrare gli impegni presi con l'Unione
Europea riguardo i diritti umani, specialmente per la minoranza Rom, prevenendo
e combattendo la discriminazione, stimolando la partecipazione dei Rom nella
vita economica, sociale, educazionale e politica.
I fondi verranno stanziati dal Fondo di Riserva del Governo, come previsto
nel budget statale per il 2008.
Nel villaggio di Hadareni ebbe luogo nel settembre 1993 un conflitto
interetnico, iniziato con una discussione tra un Rom ed un cittadino rumeno, con
quest'ultimo pugnalato ed ucciso in mezzo alla strada. L'uccisore e suo
fratello, che era stato temporaneamente rilasciato di prigione, si barricarono
in una casa abbandonata. Quando vennero a sapere dell'uccisione, gli abitanti
del villaggio circondarono la casa e le diedero fuoco, per stanare i due.
L'autore dell'uccisione fu catturato dalla folla e nonostante l'intervento del
capo della polizia locale, venne colpito con diversi oggetti acuminati. Lo
stesso successe a suo fratello. Furono portati in ospedale, e morirono entrambi.
Dopo questo incidente, 400-500 persone, Rumeni e Ungheresi, si riunirono nel
centro del villaggio, e aizzati dalle vecchie incomprensioni avute con i Rom a
causa della loro aggressività e dei recenti eventi, si diressero verso il
quartiere Rom, abitato da circa 150 persone in 32 case, e diedero fuoco a 11
case. Furono accusate 11 persone per il cso "Hadareni", e la sentenza venne
emessa nel luglio 1998.
Opponendosi alla soluzione proposta dal tribunale rumeno, le famiglie di 3
delle vittime e quelli a cui furono bruciate le case fecero ricorso nel 2001
alla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDO).
Il 5 luglio 2005 , il CEDO stabilì che il caso era da considerarsi chiuso per
18 dei richiedenti dopo aver raggiunto un accordo, dichiarando che l'impegno
delle parti rappresentava un'equa soluzione per il caso, secondo gli standard
della Corte Europea. Il Governo rumeno si impegnò a ripagare i 18
richiedenti con una somma tra gli 11.000 e i 23.000 €u come compensazione
materiale e morale.
Lo stato rumeno venne sentenziato dopo che il tribunale raggiunse la
conclusione che, nel caso dei Rom di Hadareni, le autorità violarono diversi
articoli della Convenzione Europea sui Diritti Umani. La Corte Europea stabilì
che rappresentanti della polizia presero parte al rogo alle case dei Rom e che
tentarono di nascondere i fatti. Considerando la reazione in ritardo delle
autorità ed il fatto che i tribunali rumeni rifiutarono di fornire una
compensazione, la Corte Europea decise che era stato violato il diritto dei
reclamanti alla famiglia e alla privacy.
La Corte ha anche stabilito che l'origine etnica delle persone coinvolte in
questo caso fu il fattore decisivo nello sviluppo del processo e ha sanzionato
le autorità rumene per discriminazione.
DIVERS – www.divers.ro
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 17:07:28, in Italia, visitato 1727 volte)
Comunicato stampa
La "Federazione Rom e Sinti insieme" nel manifestare il proprio plauso al
lavoro di tutte le forze dell’ordine Italiane impegnate nel garantire la
sicurezza di tutti i cittadini e nel prevenire ogni forma di illegalità,
ESPRIME TOTALE CONDANNA verso quelle persone che illegalmente a Bussolengo
(VR) nel pomeriggio del 5 Settembre 2008 si sono resi responsabili di una
crudele violenza e di una vera e propria pratica della tortura verso persone
appartenenti alle minoranze Rom e Sinte, disonorando la nobile divisa che
indossavano.
La "Federazione Rom e Sinti insieme", a fronte di un fatto tanto grave e per non
lasciare alcuna ombra di perplessità o interpretazione, nociva ad una cultura
della legalità, CONSIDERA opportuno che il Governo Italiano prenda l’iniziativa
di riferire subito al Parlamento Italiano quando accaduto nel pomeriggio del 5
Settembre 2008 a Bussolegno (VR) e SOLLECITA la Magistratura a fare immediata
chiarezza sulle responsabilità per condannare i colpevoli.
La "Federazione Rom e Sinti insieme" esprime la propria amarezza per
l’ennesimo grave comportamento di molti Media Italiani che ancora una volta nei
giornali e nelle televisioni hanno ignorato la violenza, gli abusi di potere, la
pratica della tortura verso persone appartenenti alle minoranze Rom e Sinte,
evitando così di far conoscere all’opinione pubblica un gravissimo atto
razzista.
Il presidente della "Federazione Rom e Sinti insieme" ringrazia le associazioni
aderenti Nevo Gipen di Brescia e Sucar drom di Mantova per
l’immediato soccorso umanitario alle persone vittime delle violenze e per il
supporto legale.
Informazioni dettagliate, le interviste, le denuncie ed altro sulla vicenda nel
blog:
http://sucardrom.blogspot.com/
Federazione Rom e Sinti insieme
Il Presidente
Nazzareno Guarnieri
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 23:34:26, in Italia, visitato 1782 volte)
Con preghiera di diffusione:
Roma, campo Rom Casilino 900. Dalle 6:30 di stamattina i vigili urbani
setacciano il campo nel giorno in cui era previsto il censimento della Croce
Rossa. L'operazione, nata in seguito ad una denuncia di furto nel quartiere di
Centocelle diventa pretesto per requisire gruppi elettrogeni usati come unica
fonte di energia elettrica e materiali riciclati dalla spazzatura destinati a
essere rivenduti nel mercatino. Si aggrava così una situazione
igienico-sanitaria già precaria data la sospensione della fornitura di energia
elettrica dallo scorso aprile e la chiusura dell'accesso al campo ai mezzi di
trasporto. I vigili portano via circa venti persone per accertamenti.
Venezia. Alle 17.00 i portavoce delle diverse etnie del campo Casilino
900 presentano al Padiglione Italiano della Biennale di Architettura, in
occasione dell'inaugurazione della mostra "l'Italia cerca casa, il progetto -
Savorengo Ker - la casa di tutti", un'abitazione sperimentale realizzata in
autocostruzione dai Rom in collaborazione con Stalker / Osservatorio Nomade ed
il Dipartimento di Studi Urbani dell'Università di Roma Tre. (reterom.blogspot.com)
Ovada. Alle 21.00 una delegazione del campo e di Stalker accompagna il
portavoce Najo Adzovic a ricevere il premio speciale "Rachel Corrie" in
occasione della terza edizione del premio "Testimoni di pace" indetto dal Centro
per la Pace e la Nonviolenza di Ovada.
Il premio, conferito dalla presidenza della Repubblica e dalla regione Piemonte
è stato assegnato a Najo Adzovic per essersi rifiutato di fucilare quindici
sottoposti musulmani durante la guerra nella ex-Jugoslavia e per aver animato il
progetto "Savorengo Ker". Il premio verrà trasferito domani nell'installazione
alla Biennale.
Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 08:58:38, in Europa, visitato 1598 volte)
Da
Nordic_Roma
National News
2008-09-07
Il governo svedese intende esaminare se ci sono specifici problemi di
salute tra le minoranze in Svezia. Lo riporta oggi la Radio Pubblica Svedese.
In Svezia non è permesso registrare le persone secondo la loro appartenenza
etnica.
Questa legge potrebbe avere le sue buone ragioni, ma è difficile per le
autorità svedesi sapere se ci sono problemi sanitari o no, specifici per le
minoranze in Svezia.
Perciò, il governo ora ha proposto che le cinque minoranze svedesi
riconosciute siano mappate così da rilevare se alcuni problemi siano più comuni
tra questi gruppi piuttosto che nella popolazione maggioritaria.
Per esempio nella popolazione Rom, è ampliamente riconosciuto che è comune
l'abuso di droga.
Le minoranze riconosciute in Svezia sono il popolo Sami, la popolazione
svedese-finnica, i cosiddetti Tornedalingar, la popolazione Rom e gli Ebrei.
E' anche un tabù in Svezia mappare i gruppi etnici per ragioni di integrità.
Ma la Radio Pubblica si è appellata alle differenti organizzazioni delle
minoranze e queste sono state per lo più positive.
Il progetto prima di tutto controllerà quante persone ci sono in ogni gruppo.
Poi, inizierà l'inchiesta sanitaria.
Mats Öhlén - mats.ohlen@stockholmnews.com
Dal 16 al 28 settembre al Teatrolospazio di Roma, Via Locri 42/44 Tel.+39 0677076486 +39 392 9583409 ; info@teatrolospazio.it Questo spettacolo è nato dall’incontro di due "ex ragazze dell’Est", l’attrice Dijana Pavlovič e la regista Tatiana Olear. Riflettendo insieme sulle esperienze vissute direttamente o sui racconti di amiche e conoscenti, nella diversità dei destini e dei percorsi hanno ritrovato molti punti in comune, che hanno a che fare con la situazione di stranieri in una diversa società. Ciò che accomuna le diverse esperienze è il punto di vista, mai "interno", e il costante dubbio: abbiamo fatto bene a emigrare? Come sarebbe stata la nostra vita altrove? Con cosa possiamo identificarci? Chi siamo? Intorno a cosa si struttura la nostra identità? Intorno a una qualche ideologia? A una fede religiosa? Alla nostra professione? A ciò che facciamo nella vita? Queste riflessioni hanno trovato un esito nel testo Una ragazza d’oro (premio speciale della IV edizione del premio letterario nazionale "Lago Gerundo"), scritto da Tatiana Olear. È la storia di una bambina, poi ragazza, poi donna zingara, un’estranea persino nel suo paese d’origine (il personaggio è interpretato da Dijana Pavlovič). In una rapida sequenza di dieci quadri la osserviamo in paesi, contesti sociali, circostanze biografiche diverse: in una repubblica socialista al momento della morte del leader politico, in un giovane paese democratico piombato in piena e drammatica crisi economica che sfocia in una sanguinosa guerra civile e infine in un paese europeo, sotto il timore del terrorismo islamico. Oltre che una migrazione nello spazio e nel tempo, quello di Zlata (tradotto, il suo nome significa "ragazza d’oro") è anche un viaggio interiore alla ricerca della propria identità e del senso della vita. I suoi "momenti di verità" avvengono grazie ad alcuni significativi incontri con persone, che per lei diverranno figure di riferimento nella vita. Lo spettacolo ha debuttato nel 2006 al teatro Zazie di Milano diretto dall’autrice. Nel 2007 ne sono stati rappresentati alcune scene in occasione della presentazione del libro, pubblicato da Apollo e Dioniso Edizioni alla biblioteca comunale di Dergano-Bovisa a Milano, grazie al prezioso sostegno del centro culturale "Tenda" di Milano, che promuove gli autori stranieri di recente emigrazione in Italia.
Scritto e diretto da Tatiana Olear Con Dijana Pavlović E con Ambra D’Amico, Nicola Ciammarughi e Tatiana Olear Musiche originali di Nicola Ciammarughi e Tatiana Olear, eseguite da Karina Arutyunyan, Nicola Ciammarughi, Tatiana Olear e Dijana Pavlović
L’autrice (Tatiana Olear – ebrea russa, ex attrice del Teatro Maly di Lev Dodin, con cui si è diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica di San Pietroburgo e in cui spettacoli Gaudeamus, Claustrofobia, Giardino dei ciliegi ha avuto parti rilevanti. Dal 1996 vive in Italia lavorando come attrice, regista, autrice di testi teatrali e adattamenti. Insegna alla Scuola Civica d’Arte Drammatica Paolo Grassi, conduce i workshop di recitazione e regia al Royal National Theatre di Londra e al Abbey Theatre di Dublino.) Quando tre anni fa stavo scrivendo Una ragazza d’oro, la mia intenzione era parlare della crisi d’identità di una persona che vive nel mondo postmoderno. Nei tempi torbidi ed incerti, quando molte sicurezze tradizionali sono venute a mancare, cosa ci è rimasto per descrivere la nostra personalità? Quando cominciano a crollare imperi ed ideali, imperversano flussi migratori e guerre civili, tornano in auge religioni, disoccupazione e miseria costringono a cambiar mestiere e il cuore sceglie nuovi compagni e compagne per la vita? L’elenco di aggettivi con cui ci definiamo s’allunga a dismisura e a volte contiene le voci del tutto contraddittorie. Eppure rimane un nocciolo, un nucleo, un qualcosa che ci fa distinguere tra milioni di altre creature che popolano questo pianeta. La mia decisione di far diventare la protagonista un’immigrata era dovuta al fatto che si trattava di un percorso che conoscevo e potevo descrivere con precisione e onestà. Il fatto che fosse una zingara doveva rafforzare la metafora di una vita al di fuori degli schemi. Volevo raccontare la transizione del mondo tradizionale a quello postmoderno. Volevo raccontare la storia della mia generazione. Due anni fa avevo messo il testo in scena a Milano con Dijana Pavlović, un’attrice rom serba nei panni della protagonista Zlata, la zingara nata in un paese comunista, il cui nome in traduzione vuol dire "una ragazza d’oro". Lo spettacolo fu accolto dal pubblico e dalla critica con simpatia e commozione. Molti tra gli spettatori (non necessariamente immigrati) si riconoscevano almeno in parte nella travagliata vicenda della ragazza alle prese con il continuo reinventarsi la vita. Pochi giorni dopo la fine delle repliche scoppiò "l’emergenza rom", alla quale seguì purtroppo una crescente ondata di xenofobia. Dijana Pavlović divenne una mediatrice culturale e, proprio come il suo personaggio, entrò in politica. Stimo immensamente l’energia e la passione che mette nel difendere coloro che sono stati meno fortunati di noi. Dopo due anni riprendo questo spettacolo che per me ha acquistato un significato nuovo. Ora la questione dell’identità che ponevo prima, mi sembra quasi ridicola. Se tre anni fa non trovavo le parole per definire chi sono, ora mi sembra che una definizione per me, Dijana e molti altri sia stata trovata: siamo stranieri, siamo altri, siamo "loro". Non avrei mai pensato di ricominciare a ragionare in termini "noi" e "loro". Non pensavo più di dover mai dire ciò che sto per dire adesso. Riprendo questo spettacolo per ricordavi che non siamo dei mostri. Siamo solo persone in balia dei grandi venti della Storia. Il mondo ci costringe a cambiare eppure rimaniamo sempre quelli di prima. Ognuno di noi ha un singolare cammino alle spalle, una propria storia, spesso per niente facile, a volte tragica. Siamo persone. Siamo tutti esseri umani. L’attrice protagonista ( Dijana Pavlović – romnì serba, si è diplomata come attrice alla Facolty of Dramatic Arts di Belgrado. In Italia dal 1998 ha lavorato come attrice di teatro con L. Loris, R. Sarti, G. De Monticelli, R. Trifirò, E. De Capitani, M. Conti, in televisione e al cinema. È una mediatrice culturale nelle comunità rom italiane. È stata candidata al parlamento nella lista con la Sinistra Arcobaleno, tiene una propria rubrica sull’Unità.) Quando con Tatiana Olear più di due anni fa abbiamo deciso di mettere in scena Una ragazza d’oro, certo non potevo immaginare come sarebbero andate le cose in questo Paese. Allora lo spettacolo era solo una riflessione sull’essere considerata una persona diversa ovunque e in qualsiasi luogo e insieme una ricerca d’identità e un bisogno di riconoscersi in un’etnia, in una ideologia, in una religione… Anche il mio vissuto personale da Romnì era concentrato su questo, su cosa per me significava essere "zingara" e di come questo ha influenzato la mia vita. Quando avevo sette anni una compagna di classe per gelosia mi aveva detto "… ma sei sempre una sporca zingara e tale rimarrai!" e per me quel momento ha significato il crocevia della vita, il momento nel quale ho preso coscienza della mia diversità e nel quale ho deciso di combattere per essere migliore degli altri per essere considerata degna di rispetto. Allora avevo deciso di combattere contro ogni forma di disuguaglianza e di persecuzione e specialmente quelle su base etnica. Ma oggi, nell’Italia democratica e civile, nella bella e ricca Milano dove vivo, dopo aver recitato in Una ragazza d’oro, ho dovuto fare uno sciopero della fame perché quattro bambini rom non dormissero al freddo sui prati sotto la pioggia, perché erano espulsi dal dormitorio pubblico senza motivo e con cattiveria gratuita, mentre una raffica di sgomberi impedisce a questi bambini, a queste donne , a questi uomini di iniziare qualsiasi processo di integrazione sociale, per arrivare alle schedature in base etnica per creare un archivio parallelo, quello dei Rom. Si prendono addirittura le impronte digitali a tutti i bambini rom e i giornali escono con i titoli in prima pagina:"Nati per rubare". Io avevo pensato di aver subito forme di discriminazione nel mio paese, ma adesso mi sto rendendo conto di aver avuto una infanzia felice e che quello che ho subito è nulla nei confronti di quello che subiscono quotidianamente i bambini rom e in generale gli stranieri in questo Paese. Per questo, mai come prima, adesso è importante fare Una ragazza d’oro, perché dopo tante manifestazioni, iniziative, impegno politico e sociale, ho capito una cosa: questa battaglia per essere vinta non può essere che una battaglia culturale.
I have really enjoied this journey in to the recent history. Martin Crimp Il testo dà conto delle esperienze avventurose, spesso drammatiche, della generazione dell’ultimo quarto del Novecento e degli inizi del Terzo Millennio…. Il candore con cui l’autrice trasforma la dura vita in una sorta di reve éveille, in una specie di favola librata sopra le ingiustizie e le sofferenze, potrebbe sembrare ingenuo. E invece questa favola, che Tatiana racconta a se stessa per non spezzare il mistero e la gioia di vivere, è un concreto messaggio di speranza. Per lei, per i giovani, per tutti. Ugo Ronfani Forse perché conosco poco quella parte del mondo che chiamano Est, mi colpisce che Dio e la religione siano così presenti nel testo. È perché non la ricchezza ma la povertà fa pensare a Dio? O perché – più probabilmente – Tolstoi e Dostoevskij non sono così lontani come lo è per noi Manzoni? Giuseppe Di Leva Tatiana Olear cerca di esprimere i disagi e le contraddizioni di un'epoca che dalla fine del Novecento si riflette nei nostri giorni. L'interpretazione sua e di Diana Pavlovic è molto realistica e non sempre teatrale, tuttavia efficace nell'esprimere una condizione a cui troppo spesso in un passato più lontano si sono trovati milioni di italiani. Claudio Elli
Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 11:34:52, in Italia, visitato 2274 volte)
Dopo il post di
ieri sera, ricevo questa testimonianza raccolta sempre da Marco Brazzoduro:
Ragazze
questa mattina dopo aver sentito al Gr regione che un'operazione di polizia
stava cercando ferro rubato al Casilino 900 sono andata a vedere, conoscendo i
rom e le rom e del campo.
Si è trattato di un vero e proprio rastrellamento. Alle 6.30 è arrivato il
comandante Di Maggio della municipale che di sgomberi se ne intende sotto ogni
giunta e hanno cominciato a rastrellare. Era previsto il censimento della Croce
Rossa questa mattina che come alcune sapranno stava procedendo rispettando
alcuni parametri di umanità (volontario, conoscitivo delle condizioni sanitarie
e finalizzato al rilascio di tessera sanitaria). La Croce Rossa che non sapeva
nulla dell'operazione è in effetti arrivata ed è andata subito via.
Hanno detto che l'operazione era su segnalazioni di furti di rame da pali
della luce esterni al campo, tombini e quant'altro.
Caso strano è avvenuto stamattina quando i portavoce di tutte le etnie del
campo erano quasi tutti alla biennale di Venezia con Roma tre a presentare il
progetto della casa.
C'erano più di 10 volanti circa, agenti con spray urticante, manganello e
pistola, un pullman grande della Municipale dove hanno caricato ragazzi, adulti
e anziani. Un anziano si è sentito male ed hanno chiamato un'ambulanza per
portarlo via. Hanno caricato anche due ragazze di 15-16 anni. Una ha denunciato
di essere incinta, è stata portata via perché a casa sua c'erano tute militari
dell'esercito e non ne ha saputo spiegare la provenienza. Un'altra ragazza
evidentemente incinta si è salvata solo per l'intervento delle donne del campo.
Sono tutti all'Ufficio immigrazione di via Salviati.
Ho visto passare pullman Iveco pieni di ogni cosa sequestrata dalle baracche,
i materiali che loro recuperano dai cassonetti, valige loro, un casco, scatole.
Alla stessa ragazza incinta che stavano caricando sul pullman, volevano prendere
i vestiti nuovi di zecca da neonato, che ovviamente secondo loro lei aveva
rubato. Per fortuna aveva ancora gli scontrini e glieli hanno lasciati, ad altre
donne volevano prendere le posate, perché non potevano essere loro. Hanno preso
i generatori nuovi, a chi non ha potuto mostrare uno scontrino. Il Casilino non
ha né luce né acqua, se non avessero i generatori come ci sono in tutti i campi
Rom non avrebbero uno straccio di luce nè frigoriferi. Nel campo ci sono anche
disabili, persone malate di tumore e di epilessia. I frigoriferi sembra stupido
dirlo servono per vivere, metterci il latte dei bambini, medicine come
l'insulina per il diabete di Sevilia.
Hanno portato via anche un ragazzo con carta d'identità italiana e patente.
Il 70% dei Rom al Casilino sono ovviamente senza permesso di soggiorno,
alcuni uomini sono scappati altri presi. Alla fine erano rimaste solo le donne e
i bambini. Gli elicotteri hanno sorvolato basso il campo tutta la mattina.
Sono stati svegliati di soprassalto alle 6.30 da modi brutali, la municipale
è arrivata con loro telecamere e non hanno avuto neanche il buon gusto in alcune
baracche di tenerle spente all'inizio per evitare di riprendere le donne in
pigiama o in mutande.
Nessuno ha messo in evidenza che il Casilino è presidiato dalla Municipale
H24 da luglio scorso, dopo aver sgomberato ogni mezzo auto fuori dal campo e
fatto già la perquisizione delle baracche. Con le makkine loro vendono le loro
cose ai mercati, raccolgono il ferro, accompagnano i bambini a scuola. Rubare il
ferro è reato ma si sa che i Rom vivono (chi può con partita Iva) raccogliendo
il ferro, svuotando le cantine, certo anche rubandolo. Altrimenti come mangiano?
Parlano tutti di refurtiva, Il Tg3 regione scandaloso, (manicotti del ministero
interni, estintori etc.), allora che ci sta a fare la Municipale da luglio
giorno e notte? E soprattutto come fanno a portare dentro tutta questa roba se
non possono più entrare con le makkine?
Stanno preparando lo sgombero o meglio la 'soluzione' finale. Sul Casilino si
gioca molta parte della politica securitaria e 'dimostrativa' di Alemanno. Il
conflitto politico con il Prefetto Mosca, che vuole modi e soluzioni umane, è
forte. E' un'ipotesi sempre più credibile che se vincerà la linea dura e non
vorranno trovare un altro campo dove spostarli (sono 600), porteranno tutti
quelli senza documenti nei CPT e questa volta li rimpatrieranno, smembrando
famiglie intere. Al Casilino sono arrivati nel '70 e nel '90 prima della guerra
nella ex Yugoslavia, dove non hanno più nulla.
Inutile dire la forza delle donne del campo, della loro ironia, del loro
saper stare al mondo tra mille difficoltà ma sempre con il sorriso, soprattutto
quando sentono che sei una persona amica che li vede per quelli che sono, esseri
umani.
Loro vedono senza essere andati a scuola, a noi deve essere l'eccesso di
'cultura' che impedisce di vedere.
Monica Pepe
Aggiungo un comunicato del Gruppo Everyone:
COMUNICATO STAMPA 12 settembre 2008
ROMA, CASILINO 900: AZIONE INTIMIDATORIA DELLE FORZE DELL''ORDINE NEI
CONFRONTI DEI ROM, IN VISTA DELL'ISPEZIONE DEGLI EURODEPUTATI
IL GRUPPO EVERYONE: "I ROM DEL CASILINO SONO TERRORIZZATI E SI TROVANO IN
UN'EMERGENZA UMANITARIA GRAVISSIMA. LA POLIZIA HA MINACCIATO ARRESTI ED
ESPULSIONI E HA INTIMATO AGLI ABITANTI DEL CAMPO ROM DI NON PARLARE CON
ATTIVISTI E GIORNALISTI." IL 19 SETTEMBRE E' INFATTI PREVISTA LA VISITA AL CAMPO
DA PARTE DI UNA DELEGAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Ieri mattina, 11 settembre, un blitz delle Forze dell''Ordine al campo Rom
Casilino 900 di Roma ha portato al fermo di oltre 20 abitanti del campo,
caricati sui pullman della Polizia senza alcuna motivazione e rilasciati dopo
12 ore di angoscia. "Mio padre è stato fermato inspiegabilmente," ha
rivelato un testimone, in attesa del rilascio dei 20 Rom, "siamo preoccupati
per lui. Spero che si risolva tutto per il meglio, ma come si fa a vivere così?
Siamo piantonati dalla polizia 24 ore al giorno, non abbiamo diritti umani e
ci fanno passare per un'organizzazione malavitosa, anche se, in realtà, nel
campo vivono solo famiglie in condizioni disperate. E' impossibile lavorare e la
cittadinanza ci guarda con sospetto. Sopravvivere è un'impresa quotidiana,
sempre più dura, ma è il solo obiettivo che resta, alla gente del Casilino 900".
"Si tratta di un''azione intimidatoria in vista dell'ispezione al campo
Rom, il prossimo 19 settembre, di una delegazione del Parlamento Europeo –
annunciata nei giorni scorsi con una lettera ufficiale dal Presidente del
comitato Libertà Civili del Parlamento Europeo, Gérard Deprez, al ministro
dell'Interno Maroni, agli onorevoli Fini e Schifani e al sindaco
di Roma Gianni Alemanno" dichiarano i leader del Gruppo EveryOne
Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, in contatto con alcuni
testimoni del Casilino. "Un'azione che non ha precedenti in Italia, e che
dimostra quanto il Gruppo EveryOne sta andando dicendo da mesi: è in corso in
questo Paese una vera e propria caccia al Rom, che ne vuole la sua
scomparsa dal territorio nazionale nel più breve tempo possibile".
I rappresentanti di EveryOne hanno infatti parlato con alcuni testimoni
dentro il campo: le autorità hanno già comunicato ai Rom del Casilino che
dovranno presentarsi ancora all'ufficio immigrazione, nel prossimo futuro, e che
rischiano espulsioni e condanne. "Dopo questa azione," proseguono gli attivisti
"i Rom del Casilino 900 sono terrorizzati. Nelle scorse settimane,
sono stati più volte "invitati" a non parlare con i giornalisti e i visitatori e
a non comunicare – soprattutto a noi del Gruppo EveryOne – gli abusi subiti.
Ultimamente, inoltre, agenti di Polizia impedivano ai Rom del Casilino di avere
ospiti e controllavano chiunque entrasse o uscisse dal campo. Una strategia
della tensione aveva creato terrore e sospetto all'interno della comunità. La
delegazione del Parlamento Europeo avrebbe dovuto effettuare visite a sorpresa
nei campi: purtroppo tutti, invece, sanno che il Casilino 900 è uno degli
insediamenti che saranno ispezionati venerdì 19 settembre. Le autorità hanno
anche avvertito tutti" continuano Malini, Pegoraro e Picciau "che più avanti
ogni Rom sarà chiamato dalle Forze dell'Ordine e solo chi se lo meriterà potrà
restare ed evitare problemi con la legge. Le persone fermate non hanno fatto
niente," concludono "ma sono i più attivi testimoni dell'oppressione".
Il Gruppo EveryOne chiede ufficialmente alla delegazione del Parlamento
Europeo che il prossimo 19 settembre ispezionerà il Casilino 900 e ai
parlamentari radicali italiani, unica forza d'opposizione in Parlamento,
di richiedere immediatamente chiarimenti sulla situazione e di incontrare
al più presto, tramite EveryOne, un gruppo di Rom disposto a testimoniare
su quanto accaduto.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (+ 39) 331- 3585406
www.everyonegroup.com/it ::
info@everyonegroup.com
Da
Federazione Rom e Sinti insieme
Il 18 maggio 2008 si è costituita la "Federazione Rom e Sinti insieme"
con l’approvazione dello statuto e la elezione degli organi sociali, che
resteranno in carica fino al 30 Aprile 2009, tale breve periodo è stata una
scelta per dare la possibilità ad altre organizzazioni e singole persone di
aderire alla Federazione e quindi di partecipare attivamente alla elezione degli
organi sociali per il triennio 2009/2011.
Le organizzazioni Rom e Sinte e le singole persone sono invitate a
prendere visione dello statuto sul blog della Federazione e formulare la
richiesta di iscrizione, alla prossima assemblea del 27 Settembre 2008 si
delibererà in merito alle richieste pervenute.
Continua il lavoro della federazione in Italia ed in Europa per perseguire le
finalità dello statuto, in particolare per concretizzare un ruolo attivo e
propositivo dei Rom e dei Sinti, il dialogo diretto con il Governo, le
Istituzioni nazionali, le Istituzioni Europee, per affermare la cultura della
legalità ed il contrasto agli abusi di potere.
Lo scorso 10 Luglio 2008 la federazione Rom e Sinti insieme ha promosso a
Roma la sua prima iniziativa, un’Assemblea pubblica per dire BASTA alla
discriminazione, alle politiche differenziate per Rom e Sinti, e chiedere
l’avvio di un dialogo diretto con il Governo Italiano e le istituzioni
Nazionali.
Il 12 luglio il presidente della Federazione ha inoltrato la richiesta di
incontro ai Prefetti di: Napoli, Roma, Milano ed al Ministro dell’Interno
Roberto Maroni.
Nel mese di Luglio due diverse delegazioni della Federazione hanno incontrato
i prefetti di Milano e di Roma ed il prossimo 16 Settembre ci sarà l’incontro
con il Ministro dell’Interno.
Il prossimo 16 Settembre due importanti impegni attendono la federazione:
1. Una delegazione della Federazione composta dal vice presidente Radames
Gabrielli, dal segretario Graziano Halillovic e dalla consigliera Eva Rizzin
saranno a Bruxelles per partecipare al primo vertice della Commissione Europea
dedicato a Rom e Sinti;
2. Un’altra delegazione della federazione composta dal presidente Nazzareno
Guarnieri, dal vice presidente Demir Mustafà e dal consigliere Davide Casadio
incontreranno il Ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Le delegazioni della federazione presenteranno a questi incontri proposte
concrete negli obiettivi e nelle strategie.
Numerosi altri contatti sono in corso da parte della Federazione per definire
di incontrare Ministri (Pari opportunità e Politiche sociali), istituzioni
(Prefetto di Napoli, audizione in Commissione cultura/istruzione e Commissione
politiche sociali) e partiti politici di governo e di opposizione.
Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 01:58:07, in Italia, visitato 2649 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
La 1a tappa della Carovana Missionaria per la Pace di quest'anno è stata a
Livorno, essa ha avuto il merito e il coraggio di dedicarla interamente al
popolo Rom.
Gli organizzatori: Centro Missionario Diocesano, Caritas, Salesiani, S.
Egidio... eravamo consapevoli della sfida anche per i suoi esiti incerti, perché
oggi parlare di Rom, anzi dare la Parola ai Rom non è cosa facile e scontata e
questo in qualsiasi città italiana, ma farlo a Livorno lo è ancora di più.
La prima serata è stata celebrata sul piazzale della Chiesa di S.Jacopo,
affacciata sul mare Tirreno, è lì che hanno "Liberato la parola" 2 testimonianze
Rom (un uomo e una donna), cercando di presentare i valori e l'importanza della
famiglia nella vita dei Rom. Ma anche i balli, curati da un gruppo di bambine
Rom del campo nomadi di Coltano (PI), era un modo per "Liberare la Parola",
attraverso la musica, la danza dei colori al ritmo di melodie orientali. Come
pure l'offerta di alcuni piatti tipici dei Rom, preparati con cura da una
famiglia hanno contribuito a "liberare la Parola", attraverso i sapori che
parlano di migrazioni dei Rom lungo i secoli tra culture e popoli diversi.
Anche la lettura di poesie di Rom ha "Liberato la Parola", raccontando e
descrivendo speranze, gioie, timori e delusioni di questo popolo in cammino
anche a causa di rifiuti e di continue espulsioni.
Il vescovo, Mons. Simone era presente, anche lui ha saputo liberare la
Parola, perché quando si parla con il cuore il messaggio supera e vince le
barriere e incoraggia cammini di amicizia e di fraternità.
Mentre la piazza che faceva da palco liberava sulla città di Livorno suoni,
sapori, racconti, i suoi cittadini ad eccezione dei pochi presenti, mostravano
la loro fredda indifferenza, preferendo frequentare in massa il Bar, chiamato
guarda caso:la "Baracchina bianca" posta solo a pochi metri: adolescenti,
giovani distratti e accalcati dentro a sorseggiare rapidi e freddi aperitivi,
tramezzini surgelati e cocktail, intenti a consumare monotoni divertimenti...
mentre le onde del mare frangevano quasi accarezzando con tremore e rispetto la
"parola liberata" del popolo Rom, ancora inascoltato, come sempre.
Integrazione! Sembra la parola magica, gridata dal mondo dei "gagè", spesso è
una parola vomitata addosso ai Rom a piè sospinto, anche a vanvera, perché è
sempre a senso unico: perché noi siamo già "integrati", siete voi "zingari" che
non volete integrarvi nella nostra società, vivete di espedienti, rubate,
sfruttate i vostri figli, non volete lavorare, abitate in baracche, ma per
cortesia lasciateci bere in pace i nostri cocktail alla "Baracchina bianca", e
state a dovuta distanza di sicurezza, non si sa mai e non disturbate la nostra
passeggiata sul lungo mare, integratevi!...
I popoli si integrano a vicenda quando la vita li porta a mescolarsi
reciprocamente, perché forse la vera integrazione è come un innesto dove linfe
diverse si incontrano armonizzandosi, dando vita a delle nuove germinazioni.
Libera l'impronta di Dio...
Digos e vigili urbani ci aspettano a Pian di Rota, sotto il cavalcavia dove
un anno fa' morirono tragicamente 4 bimbi Rom, bruciati in piena notte insieme
le loro povere baracchine, ancora sono visibili i resti bruciati a ridosso del
cavalcavia. E' in programma un momento di preghiera per ricordare Eva, Danciu,
Menji e Tutsa.
Anche qui siamo veramente in pochi, il gruppo raggiunge una ventina di
persone, grazie anche ai carovanieri venuti da Firenze appartenenti ai
Missionari Comboniani, poi questi proseguiranno per la seconda tappa Toscana a
Follonica.
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei
lamenti e non avete pianto".(Mt.11,17)
Sì, fare memoria è pericoloso, soprattutto quando questa pretende mettere in
crisi la tranquillità di una città, come Livorno che si rifiuta ostinatamente di
essere disturbata dalla vita e dalla morte dei poveri. Vuol essere una veglia
particolare, con gesti e segni "zingari", una preghiera che tenga conto della
sensibilità religiosa tipica dei Rom.
Anche Dio ha impresso la sua impronta nella vita di questo popolo, in quanto
Lui non ha vergogna di sedere nella vita dei Rom, non teme di perdere consenso o
il suo tempo prezioso intrattenendosi amabilmente a parlare e bere una tazza di
caffè presso le loro baracche e campine poste tra i canneti o sotto i cavalcavia
alle periferie delle nostre città.
E' un Dio che gli piace sconfinare, guai se non lo facesse: sconfina dalle
nostre belle cattedrali, dai nostri centri, dagli stessi Istituti religiosi,
compresi quelli dei Missionari, dai nostri spazi sacri per far visita a tutti
quei "fuori luogo" che oggi in nome del Vangelo della sicurezza stanno
proliferando senza trovare molta resistenza.
Anche da questi luoghi nascosti (Cristi occultati) è possibile imparare a
guardare dentro noi stessi, ma anche le nostre città con occhi diversi e
lasciarci interrogare dai punti di vista di chi vive il margine: sono i Rom, i
lavavetri, gli accattoni, i migranti, i clandestini...
Per Eva, Danciu, Menji e Tutsa abbiamo pregato e osato chiedere perdono anche
a nome di quella cittadinanza assente e che fa fatica a sentirsi in colpa per
queste giovani vite spezzate a causa della sua indifferenza e chiusura, che non
basta certo donare qualche caramella o qualche abito dismesso ai bimbi Rom se
poi non si è capaci di "compassione evangelica", cioè saper andare oltre noi
stessi (sconfinare!) per lasciarsi rivestire dall'altro, diverso da me.
Un giornalista del Tirreno presente all'incontro, chiudeva il suo articolo
all'indomani con queste parole che mi sembrano riassumano molto bene il senso
della carovana: "La carovana parte verso la Maremma, ora ne fanno parte anche
Eva, Menji, Danciu e Tutsa."
Allora, buon cammino piccoli Rom, ovunque in ogni città e paese la Carovana
si troverà a passare, lasciate le vostre piccole impronte sulle nostre
coscienze, saranno punti di riferimento indelebili per far crescere un mondo
diverso, più umano e fraterno, mettendo nei nostri corpi gli occhi dei poveri,
che sono le lenti del Dio di Gesù con le quali ama e guarda questa nostra
umanità. Ce lo auguriamo tutti insieme!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) – 10 settembre '08
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