Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 22/02/2006 @ 12:21:55, in Regole, visitato 2271 volte)
Fonte: Romanian_Roma
European Roma Rights Centre (ERRC), organizzazione internazionale dedita alla difesa legale dei Rom nella violazione dei diritti umani, con l'inizio del 2006 ha sottoposto alla Corte Europea dei Diritti Umani un nuovi caso che riguarda la Romania.
Il primo riguarda la famiglia Pandele di Targu Frumos, un paesino nel nord est della Romania. I quattro componenti della famiglia possedevano un banchetto di frutta e verdura nel mercato comunale del paese. Nell'agosto 2003 il comune aveva prolungato la licenza e l'affitto del banchetto per 25 anni, ma subito dopo il rinnovo per misteriose ragioni si era rimangiato la decisione e aveva mandato la polizia a sgomberare lo spazio gestito dai Pandele. Situazioni simili sono tutt'altro che rare in Romania.
I Pandele, affiancati da altri componenti della loro comunità che avevano subito una decisione simile, avevano inscenato una manifestazione di protesta. Nonostante quanto risulta dagli atti legali, la manifestazione era stata assolutamente pacifica.
Una squadra di operai del comune, che era stata incaricata dello sgombero, aveva chiesto l'intervento della Squadra di Polizia di Rapido Intervento (DPIR), che di solito opera in casi speciali o contro il crimine organizzato. I DPIR, intervenendo assieme ad una compagnia privata della sicurezza, avevano iniziato a malmenare i manifestanti, chi con manganelli di gomma o con mazze da baseball, minacciandoli con le armi da fuoco. Due dei manifestanti vennero accompagnati in commissariato, dove furono ulteriormente picchiati, accusati di “disturbo dell'ordine pubblico” ed infine rilasciati.
A settembre 2003 venne aperta un'inchiesta sui fatti, che si protrasse con vari gradi di appello sino a maggio 2005. Alla fine il magistrato sentenziò che l'uso della forza da parte della polizia era stato legittimo.
Ulteriori informazioni: Consantin Cojocariu, Staff Attorney, European Roma Rights Centre (e-mail: constantin@errc.org).
Un secondo caso, sempre in Romania, di cui riporto parte del comunicato:
“... ERRC si riferisce in particolare ai discorsi di Corneliu Vadim Tudor, leader del partito di estrema destra Grande Romania (il terzo partito del paese), trasmessi dalle radio nazionali, pubblicati su giornali di partito e attraverso Internet. Vadim Tudor afferma che i pogrom avvenuti nel 1993 (cfr. Mahalla ndr) i Rumeni difesero il proprio “onore” contro gli “zingari ladri e sequestratori” che volevano “macellarli”. Poi Vadim Tudor accusa le autorità di non aver saputo proteggere dei “pacifici abitanti del villaggio” contro la “rabbia sanguinaria di alcuni bruti”. Continua appellandosi ai Rumeni per “proteggere i [loro] fratelli nel cuore ferito della Transilvania” contro “i raids e gli attacchi degli zingari”. ERRC chiede al Primo Ministro di ricorrere contro Vadim Tudor per incitamento all'odio razziale, secondo quanto previsto dalla legislazione nazionale ed internazionale.
Di Fabrizio (del 22/02/2006 @ 20:19:52, in Europa, visitato 1734 volte)
E' uscito l'aggiornamento di febbraio 2006 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Eric suggerisce questo video: Django Reihnardt e Stephane Grappelli, che provano per scherzo J'Attenndrai, seduti ad un bar mentre il resto del gruppo gioca a carte. (12 mg, necessita quicktime)
Di Fabrizio (del 23/02/2006 @ 10:02:09, in lavoro, visitato 6742 volte)
Sabato pomeriggio. Un’altra volta nella “terra di nessuno” che è il campo di via Triboniano. Oggi se possibile è ancora più desolante delle altre volte. Nella zona dove sono i Khorakhané i lavori sono in corso da più di quattro mesi, e il “campo” non è niente di più che una distesa piatta di fango, con tre bagni chimici (ammesso che siano tutti funzionanti) e una decina di roulottes. Nient’altro. Eppure, conosco molte facce, sono a Milano da almeno 15 anni (25 anni, mi dicono; i giovani sono tutti nati in Italia), sono in regola con i documenti e si trovano nella stessa situazione di chi sia appena arrivato in città.
Per giunta, piove e fa freddo, ci stiamo riparando sotto il portellone di un furgone giallo.
Riparandoci come si può, sono in compagnia di Ernesto Rossi di Aven Amentza e di Giovanni Fugazza, funzionario sindacale della FILLEA-CGIL. Il tettuccio giallo è lo stato dell’arte di un esperienza unica: uno SPORTELLO SINDACALE all’interno di un campo sosta. Giovanni e un ragazzo guardano un libro con l’elenco dei corsi professionali, il ragazzo è tentato dalla carriera di cuoco. Tiene il libro con sé, per studiarlo meglio. Dietro di lui, la solita processione di gente carica di domande.
Più tardi in un bar, Giovanni mi spiega meglio cosa sta succedendo:
Da quanto esiste questo sportello e com’è nato?
E’ funzionante dalla fine di aprile 2005. Lo scopo di Aven Amentza, già al momento della sua fondazione, era di occuparsi anche dei problemi del lavoro della comunità. Già a maggio 2004, quando l’associazione non era ancora nata, c’erano stati incontri in Camera del Lavoro tra Corrado Mandreoli (responsabile delle politiche sociali) e alcuni tra i futuri soci. In realtà era stato pensato come un’assemblea, in cui CdL avrebbe parlato del suo appoggio ad Aven Amentza e dei problemi del lavoro in cantiere (retribuzioni, sicurezza, incidenti, ecc.).
Diciamo che c’era interesse reciproco, ma mancava la fase operativa vera e propria.
Alla festa di Liberazione del luglio 2004, c’era uno stand che riuniva varie associazioni. Io rappresentavo lo Spazio Giovani Autogestito di Arese, poco distanti erano presenti Ernesto, Mario Abbiezzi e alcuni Rom del campo. Si è cominciato a parlare assieme, io che ero già funzionario sindacale ero molto interessato a quello che mi raccontavano del loro mondo del lavoro.
Si è discusso e ci siamo conosciuti meglio, così ho deciso di passare una giornata al loro campo. Mi ha accompagnato Marco Di Girolamo, il mio segretario responsabile, che ancora meno di me conosceva questa realtà ed è rimasto segnato da ciò che ha visto.
Ci siamo consultati coi soci dell’associazione e i capifamiglia, lì ho proposto di occuparmi io direttamente di uno sportello sindacale, aperto al campo di sabato.
Qualcuno del campo aveva già avuto esperienze sindacali?
Non mi risulta. In Romania non erano sindacalizzati, la stessa situazione ricorre anche con i Rumeni che incontro nei cantieri.
Dicevo prima che il mio responsabile, Marco Di Girolamo, non conosceva niente della realtà dei campi. Mi ricordo la sorpresa nei suoi occhi a scoprire quanti Rom lavoravano nei cantieri o in proprio, e che molti di loro avevano già in tasca la tessera della FILLEA o della CGIL (e che la cosa dell’essere o meno tesserati, fosse a conoscenza degli altri Rom).
In questo periodo, altri 20 si sono iscritti.
Com’è organizzata l’attività?
Di norma mi reco al campo una volta a settimana, di sabato. Raccolgo le richieste di chiarimenti, porto i documenti necessari, si parla e si discute. Adesso c’è maggior fiducia reciproca e durante la settimana mi chiamano, anche solo per fare il punto della situazione. La gran parte di loro lavora nell’edilizia e i cantieri sono sparsi a macchia di leopardo per tutta la provincia. Capita di incontrarsi anche durante i miei giri settimanali tra i cantieri o di programmare gli appuntamenti fuori dal campo.
Poi tutte le sere dalle 17.00 alle 19.00, chi ha bisogno può raggiungermi in Camera del Lavoro al Giambellino o a Corsico, per chi ha la macchina.
Quali sono le richieste ricorrenti?
Il controllo delle buste paghe; i pagamenti della Cassa Edile, che di norma arriva a 6 mesi dalla prestazione lavorativa.
Le infrazioni dei datori di lavoro riguardano soprattutto la differenza di retribuzione oraria, oppure alcune voci mancanti.
Soprattutto, richieste personali. Io cerco di affrontare i discorsi in maniera collettiva.
Di solito, anche se ci vuole il suo tempo, riusciamo a tutelare i diritti del lavoratore, tranne nei casi dove l’impresa, che magari lavorava in subappalto, letteralmente sparisce.
Ti ricordi qualche storia in particolare?
Quella volta che ero in giro per cantieri e Bebe mi ha salutato. Io non l’avevo riconosciuto. Ci sentiamo spesso anche per telefono, adesso.
I vigili intervenuti al campo, per rimediare alla solita fognatura intasata e la loro faccia a scoprire che lì c’era uno sportello sindacale.
Quando venne la televisione e vennero montate le postazioni al campo (gli episodi ripresi in “Miracolo alla Scala”). Purtroppo, tra chi vide la trasmissione, c’era uno che faceva lavorare un Rom di Triboniano e che si ricordò di aver visto il nome di quella via sul permesso di soggiorno. Poco dopo, lo licenziò, dicendo che c’era poco lavoro. Gli presentò una lettera da firmare e lui ci credette. Scoprì più tardi, dai suoi ex compagni, che invece la ditta stava lavorando a pieno regime.
Ma non tutti i padroni sono così. C’è anche chi viene al campo ad informarsi sulle condizioni della famiglia, o viene invitato alle feste e ai matrimoni.
Che difficoltà hai trovato in quest’esperienza?
La prima, come avrai notato, è la mancanza di uno spazio fisico. Quando piove come oggi, ci ripariamo sotto la tettoia del furgone, altrimenti si gira tra le roulottes. Ma questo è comunque uno dei tanti particolari di una situazione ambientale del campo, che è come se non ci esistesse.
Con la lingua ci intendiamo. La maggior parte di loro parlano italiano e io capisco il serbo-croato e il rumeno, per attività di volontariato che ho svolto allo Spazio Giovani e anche nei Balcani.
Nonostante questo, rimane sempre il dubbio di fraintendersi. Io intendo quel che faccio come un prolungamento della mia attività di sindacalista e anche di volontario, e certi valori non li posso rinnegare. Data la loro situazione, loro vedono lo sportello come un puro mezzo per recuperare soldi, col rischio da parte mia di creare aspettative che magari saranno disattese.
C’è una realtà con cui fare i conti, qui nel campo e anche fuori. Per me il sindacato è lotta, solidarietà, parlare chiaro. Per loro il lavoro è una continua sfida a rincorrere il sogno delle scarpe alla moda o della macchina potente. Due culture che si scontrano e si incontrano continuamente.
A parte le questioni culturali, si tratta di esigenze primarie: vivere (o sopravvivere) e in quelle condizioni costa: luce e riscaldamento vogliono dire litri di gasolio al giorno. Secondo, mandare soldi a casa, e ne partono parecchi (secondo le possibilità). Poi, sempre secondo possibilità: il macchinone, solitamente di seconda mano, affronta anche diversi viaggi all’anno Milano-Romania con diversi passeggeri e un gran carico. Con la 500 si può fare, ma è più difficile e meno rapido, quindi più costoso.
Avremo un delegato sindacale in via Triboniano?
Lo spero, magari tra qualche giovane. Ma i tempi non sono ancora maturi e sarebbe sbagliato forzarli in questo senso.
A Roma funziona da un anno uno sportello cittadino per Rom Sinti e Camminanti (LINK). Dopo un anno ha fornito nuove opportunità di lavoro. Lo vedresti bene a Milano?
Ce ne fossero! Tra l’altro, ci sono anche Rom che non lavorano come dipendenti, ma hanno ditte individuali, soprattutto nell’edilizia o nel commercio al minuto, e uno sportello simile farebbe molto per loro.
L’unico rischio che vedo nell’esperienza di Roma, è il creare percorsi differenziati di lavoro, come il mercato dei soli Rom. Non so, forse può avere un valore turistico o folkloristico, ma vedrei meglio la possibilità di esporre nei mercati rionali.
Quali saranno i prossimi passi da compiere?
Anche se sembra che quello che si fa passi inosservato nell’indifferenza, le famiglie osservano, valutano, come ricordavo prima, crescono gli associati al sindacato.
Così, tempo fa mi ha convocato la mia responsabile, per farmi la stessa domanda tua.
Giunti a questo punto, abbiamo la necessità, come campo e come sindacato, di collegare le diverse risorse e affrontare in maniera coordinata le questioni dell’INPS, degli assegni familiari, delle vertenze, dell’immigrazioni.
E poi di disporre di una sede più stabile e dotata di servizi, mantenendo comunque l’attività nei cantieri e nel campo.
So che queste risorse ci sono, quindi stavo soltanto chiedendo la conferma di quest’impegno, che per buona parte ricade sulle mie spalle.
E stiamo ancora aspettando una risposta.
contatti: Aven Amentza - area documenti
Lettura consigliata: Vite da Cantiere
Di Fabrizio (del 24/02/2006 @ 09:45:53, in scuola, visitato 1861 volte)
L'Università di Birmingham, dopo aver contribuito al Romani
Project, in collaborazione con le facoltà di Graz (A) e di
Aarhus (DK), ha dato vita a Romlex
project, un database lessicale di 25 variazioni del romanés,
tradotte in 15 lingue differenti (al solito, manca l'italiano,
funziona con Explorer e Firefox, con Opera non si intende)
articolo intero su: Deutsche
Welle - (segnalazione
precedente)
RIASSUNTO
Il presidente iraniano Mahmoud
Ahmadinejad ha ripetutamente definito il massacro di sei milioni di
ebrei durante il nazismo come un “mito”. [...] Non tutti
i musulmani condividono le vedute.
Il giornalista Mohammed Salim Abdullah,
della Fondazione Archivi Islamici di Germania, è fermamente
convinto che questo punto di vista sia oltraggioso.
Gli Archivi Islamici furono fondati in
Germania nel 1927, sono la più antica testimonianza in tal
senso. L'istituto venne distrutto durante la II guerra mondiale e poi
ricostruito. Abdullah descrive il proprio lavoro nella fondazione
come di documentazione storica.
“Pubblichiamo 40-50 pagine di
studio ogni anno sulla storia dell'Islam in Germania” continua.
“Incoraggiamo il dialogo tra le ragioni, proprio come insegna
il Corano. [...] Cerchiamo anche di aiutare le minoranze
perseguitate”.
[...]
“Per la prima volta da sempre, Il
Consiglio Centrale dei Sinti e dei Rom ci ha invitati a pregare con
loro. Ci hanno offerto l'onore di commemorare le decine di migliaia
di musulmani uccisi ad Auschwitz dai nazisti”
Di Fabrizio (del 25/02/2006 @ 10:45:11, in Europa, visitato 1811 volte)
21-02-2006 - ECRI (European Commission
against Racism and Intolerance) nella sua terza sessione, ha
rilasciato quattro nuovi rapporti sul razzismo, xenofobia,
antisemitismo ed intolleranza, riguardo Estonia, Lituania, Romania e
Spagna.
Nello
specifico, per i quattro paesi rimangono alcuni punti critici (REPORT
in inglese ndr):
In Estonia
aumenta il numero di quanti ottengono la cittadinanza. Ma il paese
non ha sviluppato una politica consistente nel riunire la comunità
di lingua estone a quella di lingua russa. Stenta il dibattito sul
pieno significato dell'Olocausto e sulle sue conseguenze attuali. La
comunità Rom soffre tuttora di tassi sproporzionati di
disocuupazione e discriminazione scolastica. REPORT
In Lituania
il quadro legislativo contro la discriminazione razziale si è
rafforzato con l'adozione della Legge sulle Pari Opportunità.
Manca un'azione mirata a contrastare l'incitamento all'odio razziale,
che riguarda particolarmente le comunità Ebree, Rom e Cecene.
La legislazione sull'applicazione del diritto d'asilo e la sua
applicazione sono state sottoposte a riforma, che nei fatti ha
limitato in diverse aree la protezione dei rifugiati. Preoccupa la
recrudescenza dell'antisemitismo. REPORT
In Romania
le autorità hanno adottato una legge anti-discriminazione e
istituito il Consiglio Nazionale contro la Discriminazione,
responsabile dell'applicazione della legge. Ma risulta ad ECRI che
lal egge sia raramente applicata e spesso tanto i cittadini che gli
ufficiali pubblici non sono a conoscenza della sua esistenza.
Continua la discriminazione dei Rom in tutte le aree, incluso il
mercato del lavoro e l'accesso alla scolarizzazione, ai posti
pubblici e ad una casa decente. REPORT
In Spagna
si registra da parte delle autorità la volontà di
passare dalla politica del rifiuto a quella dell'integrazione degli
immigrati. Manca però una presa di coscienza del razzismo e
della discriminazione razziale nella società spagnola. La
discriminazione razziale è estesa, tanto nei campi del lavoro,
dell'alloggio e dell'accesso ai posti pubblici, particolarmente nella
vita quotidiana dei gruppi minoritari, inclusi Rom, Nord Africani, o
provenienti dall'Africa sub Sahariana o dalle Americhe del Sud. Manca
un riconoscimento adeguato dei fenomini di violenza razziale e
xenofoba. REPORT
Siamo felici di annunciarvi che il 5 febbraio 2006 a Bolzano è nata l'Associazione Nevo Drom.
Nevo Drom nelle lingue sinte significa Nuova Strada.
Da alcuni mesi in tutta l'Italia è un fiorire di nuove iniziative che portino al riconoscimento delle Minoranze Etniche Linguistiche Nazionali dei Sinti e dei Rom.
L'Associazione Nevo Drom è la prima organizzazione in Italia che ha nel proprio Statuto la finalità del riconoscimento ai Sinti e ai Rom dello status di Minoranze Etniche Linguistiche Nazionali.
L'Associazione Nevo Drom si impegnerà nell'organizzare attività per il riconoscimento delle società, delle culture e delle tradizioni delle popolazioni sinte e rom.
L'Associazione Nevo Drom è formata da Sinti, da Associazioni e da appartenenti alla cultura maggioritaria, in senso numerico. L'Associazione Sucar Drom è tra i Soci fondatori di Nevo Drom.
Il Consiglio Direttivo è formato da Radames Gabrielli, Presidente Armando Gabrielli, Vice Presidente Pasquale Agostino, Segretario Franco Pallabazzer, Tesoriere
Il Consiglio Direttivo nella sua prima seduta ha nominato Stefano Mascheroni, Direttore dell'Associazione.
Per informazioni e adesioni Radames Gabrielli 392 1651149
In foto una delle prime esperienze di scolarizzazione di bambini sinti, Bolzano 1962, che avrebbe portato alla costituzione delle scuole Lacio Drom su tutto il territorio nazionale.
Di Fabrizio (del 25/02/2006 @ 23:44:28, in lavoro, visitato 2858 volte)
Dietro le quinte: l'intervista
sullo sportello sindacale è
avvenuta sabato 18, proprio mentre tra gli immigrati, compresi quei
Rom rumeni, esplodeva la notizia delle richieste di permesso di
lavoro da ritirarsi in posta. L'argomento non riguardava
l'intervista, ma se ne era parlato lo stesso, del passaparola tra gli
immigrati, della stranezza di un “quasi condono” prima
delle elezioni, delle code in posta, piuttosto che del tradurre i
moduli dal burocratese all'italiano (e se il caso anche in rumeno).
Un bilancio sulla prima settimana (prevedibile) nella newsletter di
Il dramma dei kit
Moduli venduti al mercato nero: prezzi fino a 250 euro
La denuncia dei sindacati: "Tante le segnalazioni"
MILANO - Fino a 100 euro pagati per il kit per la domanda di
assunzione di lavoratori extracomunitari: secondo la Camera del
lavoro di Milano, in città si è creato un vero e
proprio bagarinaggio e i moduli, consegnati gratuitamente in posta,
ma difficili da reperire per l'alto numero di richieste, vengono
venduti per le strade.
"Se c'é anche allegato un contratto - afferma il
sindacato - di lavoro, ovviamente falso, il prezzo raggiunge i 10
mila euro". La Cgil sottolinea inoltre che, per mancanza di
informazione, spesso gli immigrati credono di trovarsi di fronte ad
una sanatoria e non hanno ben chiaro che non tutte le domande
verranno accettate.
"I posti a disposizione, stabiliti dal Ministero, sono 170
mila - spiega Graziella Carnieri della Camera del Lavoro - Perché
allora distribuire così tanti kit, creando aspettative
inutili?". La risposta starebbe, sempre secondo il sindacato,
negli introiti che lo Stato e Poste Italiane riceverebbero se tutti i
moduli ritirati venissero poi effettivamente spediti.
"La tariffa per la riconsegna di ogni busta, già
prestampata sulla busta stessa è di 5,70 euro. Ogni domanda,
dovrà inoltre contenere una marca da bollo di 14,62 euro -
spiega Carnieri -. Se venissero riconsegnate le 900 mila domande fino
ad ora distribuite ci sarebbe un introito complessivo di 5 milioni di
euro per le Poste e di oltre 13 milioni di euro per lo Stato".
Anche l'Anolf Cisl di Pesaro denuncia un mercato illegale dei
moduli distribuiti gratuitamente dagli uffici postali.
Secondo il sindacato i kit verrebbero venduti a prezzi fra i 30 e
i 250 euro ciascuno. A lanciare l'allarme è stato Gianluigi
Storti, responsabile territoriale. Secondo la sua testimonianza, all'
Anolf sarebbero già arrivate "una decina di segnalazioni
in tal senso".
Non solo: sembra che dietro un compenso di 400 euro, alcuni
professionisti si offrano di compilare la domanda con la promessa di
un' assunzione sicura.
(24 febbraio 2006)
Stefano Camilloni
Di Fabrizio (del 26/02/2006 @ 09:29:18, in scuola, visitato 3117 volte)
[RIASSUNTO]
II puntata La strada per educare al futuro
Avvicinandosi alla scuola non ci si rende conto di cosa ci sia
dentro. Posta in un angolo pulito e quieto di un altrettanto lindo
villaggio, a 90 km. da Sofia in una valle circondata da montagne, la
scuola Vidrare appare per quello che è: una scuola
normalissima, col campo di calcio, il recinto di rose che
testimoniano il lavoro di un giardiniere coscienzioso. Il campus
è costituito da quattro edifici [...]
Sono circa 90 gli studenti, tra i 7 e i 16 anni. La maggioranza di
loro sono Rom, che dividono le loro abitazioni col bestiame esono
sparpagliati nei villaggi montani lì intorno, spesso anche
distanti dai centri abitati. Per questo gruppo di studenti la lotta
per l'educazione comincia da casa, con la quotidiana sfida della
distanza da percorrere, della mancanza di vestiti o di nutrizione
adeguata.
La scuola Vidrare è unica nel suo tentativo di rompere le
barriere che incontrano questi bambini: pur non essendo un
orfanotrofio (i bambini hanno i genitori), è attrezzata per
ospitare gli studenti ce arrivano da lontano, provvede al
mantenimento di quelli più bisognosi, fornisce quaderni, libri
di testo, gessi e materiale per la scrittura.
Quattro anni fa se ne ventilava la chiusura. La caldaia centrale
aveva oltre 60 anni e tutto l'impianto era a rischio incendio. La
nuova direttrice, Maya Pencheva, aveva inviato una richiesta alle
organizzazioni umanitarie, nel tentativo di salvare la scuola.
Un'organizzazione riuscì a trovare una nuova caldaia e
un'altra donò i computer. Negli anni successivi, le due
associazioni hanno continuato ad investire finanziariamente e
personalmente nel mantenimento della scuola.
Maya Pencheva in un'intervista ha sottolineato le barriere che
circondano il suo gruppo di studenti. I loro genitori di solito sono
scettici di fronte all'istituzione scolastica; ci sono eccezioni, ma
di solito la scuola tradizionale non è una priorità.
Maya Pencheva è convinta che la maggior parte di quei bambini
vuole andare a scuola e si mostra particolarmente preoccupata per
quanti vorrebbe frequentare ma trovano ostacolo nella volontà
dei genitori.
Lei e il gruppo di otto insegnanti sono tutte Bulgare e risiedono
nell'area del villaggio. Si ingegnano nel comprendere
cosa potrebbe motivare i genitori a mandare i propri figli
alla scuola e
come insegnare al meglio con le scarse risorse a
disposizione.
Le insegnanti a turno devono essere disponibili nottetempo per
quanti si fermano a dormire. La dieta scolastica, che consiste
primariamente in pane e fagioli, viene integrata coi prodotti dei
loro orti. A natale si ingegnano con la vendita di cartoline d'auguri
autoprodotte o altre realizzazioni artigianali.
Le ragioni del rifiuto dei genitori sono varie: uno dei fattori
più comuni è la paura che i figli partano per non
tornare più. I Rom sono estremamente orientati alla famiglia,
creano un'unità dal combinarsi di generazioni multiple.
Difatti, in molte comunità l'autorità risiede nei
membri più anziani della famiglia allargata. Inoltre c'è
un'innata sfiducia nel governo e verso “quelli di fuori”
- sfiducia legittima, visto come i libri di storia descrivono la
“piaga zingara” negli ultimi secoli. Per finire, la
religione presso i Rom è una confusa miscela di tradizione,
folklore e della religione dominante della cultura “patria”,
che produce una gran varietà di credenze. Fondamentale, i Rom
ritengono “quelli di fuori” come contaminati e rifiutano
i contatti eccessivi. Tutto questo assieme, costruisce quel muro che
gli insegnanti devono abbattere per dare un'opportunità ai
giovani.
Le sfide che minacciano la scolarità non sono solo
filosofiche, ma soprattutto pratiche. A una giovane madre è
stata posta la domanda: “Cosa ti impedisce di mandare i figli a
scuola?”. Nella sua risposta, la madre anticipò che i
figli si alzavano e si vestivano da soli, che avevano assunto anche
la responsabilità di fare i compiti e di frequentare. Ma la
risposta vera era: “Non li posso mandare quando sono senza
scarpe”.
Le barriere per questa generazione fondamentalmente sono simili a
quelle di altri gruppi minoritari: povertà, paura, sfiducia.
Come può un gruppo di insegnanti con un budget di 200 leva
annui, provvedere a calzare i propri studenti perché facciano
a piedi le due-tre ore di percorso verso la scuola? Come può
una cultura assimilata investire in un gruppo minoritario riluttante?
Basta un decennio per sovvertire secoli di barriere? Alcune certezze
ci sono. Le divisioni permarranno per anni ancora e il cammino verso
l'inclusione resterà in salita, ma cominciare a dare
attenzione e risorse alle giovani generazioni, darà frutti in
futuro. [...] La scuola Vedrare, immagine tratta da "The Sofia Echo"
fine II puntata
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