Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Daniele (del 20/01/2006 @ 11:31:16, in Italia, visitato 1717 volte)
Molte le iniziative in provincia per celebrare il giorno della memoria
MACERATA - Gli appuntamenti non si limiteranno al solo 27 gennaio, giorno della ricorrenza, ma cominceranno lunedì prossimo (23 gennaio) e termineranno martedì 7 febbraio.
La Provincia di Macerata, i Comuni e l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea stanno coordinando un programma di iniziative per celebrare anche quest’anno la “Giornata della memoria”, coinvolgendo scuole e comunità locali. Gli appuntamenti non si limiteranno al solo 27 gennaio, giorno della ricorrenza, ma cominceranno lunedì prossimo (23 gennaio) e termineranno martedì 7 febbraio. Questo, nel dettaglio, il calendario.
Lunedì 23 gennaio. A Macerata, ore 9.40, l’Istituto tecnico per Geometri “Bramante” ospita un incontro-dibattito su “Le stragi dimenticate”, cui partecipano il giornalista Franco Giustolisi, il sindaco di Marzabotto, Edoardo Masetti, l’ex sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Gianpiero Lorenzoni, e il testimone della strage di Fivizzano, Roberto Oligeri. Alle ore 10, invece, a Tolentino la Biblioteca comunale Filelfica inaugura la mostra sulla Shoah “L’infanzia rubata” che, curata dall’Istituto storico della Resistenza, rimarrà aperta al pubblico fino al 28 gennaio. Infine, alle ore 17, la Galleria degli antichi forni, a Macerata, apre le sue porte per un’altra mostra, dedicata alla cultura e all’olocausto del popolo Rom: “Tu taj me – Io e te per vincere il pregiudizio”. Sarà visitabile fino al 28 gennaio (ore 9.30-12.30 e 16-18.30).
Mercoledì 25 gennaio. A San Severino, ore 9.30, l’Itis “E. Divini” presenta la mostra su “La rosa bianca – Volti di un’amicizia”. Resterà aperta fino a sabato 28.
Venerdì 27 gennaio. E’ la “Giornata della memoria”: diverse saranno le iniziative organizzate in provincia. Quelle coordinate dall’Istituto storico della Resistenza sono cinque. Alle ore 10, al cineteatro “Divina Provvidenza” di Porto Potenza verrà proiettato il film “Jona che visse nella balena”; interverrà un rappresentante della comunità ebraica di Ancona. Sempre alle ore 10, al teatro “Durastante” di Monte San Giusto si svolgerà un dibattito con i ragazzi delle scuole sul tema dell’olocausto e sarà proiettato il film “La rosa bianca”; parteciperà Franca Foà Ascoli, presidente della comunità ebraica di Ancona. La visione del film sarà poi replicata alle 21.30 per tutta la cittadinanza (ingresso gratuito). Nel pomeriggio, alle ore 17.30, si terrà invece a Civitanova Marche (cineteatro “Cecchetti”) un incontro con il prof. Andrea Caspani, dell’università Cattolica di Milano, e con un rappresentante della comunità ebraica di Ancona. Infine, alle 21.15, nell’auditorium “Scarfiotti” di Potenza Picena ci sarà lo spettacolo di musica e poesia sulla Shoah, proposto dagli alunni del luogo.
Sabato 28 gennaio. Alle ore 10, l’Istituto tecnico commerciale “Gentili” di Macerata proietterà il film “Romani Rat – La notte dei Rom”, incentrato sull’olocausto dei Rom; seguirà un dibattito. Sempre a Macerata, alle 21.30, concerto di musica Rom all’Asilo Ricci con “Alexian group” (ingresso libero).
Dal 31 gennaio al 6 febbraio. Il palazzo comunale di Civitanova Marche ospita la mostra fotografica su “La rosa bianca – Volti di un’amicizia”.
Martedì 7 febbraio. Alle 21.45, il cineteatro “Cecchetti” di Civitanova Marche proporrà il film “La rosa bianca”.
Di Fabrizio (del 21/01/2006 @ 03:35:58, in Europa, visitato 2363 volte)
Premessa: quella degli sgomberi in Gran Bretagna è una vertenza che dura da anni. QUI un riassunto degli ultimi sviluppi. Tra l'altro, ci sono diversi punti di contatto con la situazione in Italia (vedi)
Vi scrivo in parte per informarvi sulle novità e in parte per richiedere il vostro aiuto in vista della prossima riunione del Comitato per lo Sviluppo di Basildon, quando si discuterà dell'ormai imminente rasa al suolo del nostro villaggio.
La riunione si terrà il 24 gennaio alle 19.30. Lo stesso giorno alle 18.30 organizzeremo un picchetto con delle candele. Potete partecipare al nostro picchetto anche virtualmente comunicando la vostra adesione al leader dei Tory: Malcolm.buckley@members.basildon.gov.uk e buckleymr@btinternet.com inviandocene copia a dale.farm@ntlworld.com (per i media).
I nostri avvocati nel contempo stanno preparando il ricorso al tribunale previsto il 14 marzo ed assieme di ribaltare la decisione presa dal comitato comunale, che non ha niente a che vedere con la Cintura Verde ambientale, ma è soltanto razzista.
L'alternativa che ci è stata proposta del sito di Pitsea NON si trova nella Cintura Verde ed è stata un'area di sosta autorizzata negli anni '70 - ma il comune SI OPPONE anche a questa soluzione e non intende concedere i permessi di sosta.
Quasi sicuramente, il comitato di sgombero riaffermerà la decisione di impiegare la compagnia privata di sicurezza Constant & Co, che costerà alle casse comunali due milioni di sterline.
Ma ci sono almeno quattro nuovi fattori da considerare:
sarà usata violenza a donne e bambini,
le conseguenze psichiche per quanti assisteranno alle violenze,
gli effetti di generale impoverimento, specialmente per i più giovani, di chi sarà costretto a tornare per strada,
le difficoltà di chi ha problemi di salute o bisogno di cure mediche (se dovrà tornare per strada)
Inoltre:
Il vice primo ministro John Prescott, nel suo lavoro di mediazione, ha impegnato il governo per una moratoria dello sgombero di un'area di 10 yards, che diventerebbero 40 se sarà accolto l'appello in discussione il 27 febbraio, e la moratoria varrebbe due anni. Ha poi messo a disposizione un'area alternativa, a Pitsea appunto, che il comune di Basildon non vuole concedere. Infine attualmente Dale Farm da un lato è stata circondata da filo spinato e valli artificiali, dall'altro i residenti sono pronti a resistere in modo non-violento allo sgombero.
In un recente articolo di Jon Austin, Vanessa Redgrave rilanciava l'idea di una catena umana attorno al campo per prevenire lo sgombero. Per quanti di voi non potessero prendervi parte, mi permetto di fornire alcuni suggerimenti per una lettera da inviare al consiglio comunale:
[Cliccando su “consiglio comunale, dovrebbe aprirsi il
vostro lettore di posta, con il testo in inglese che riporto qui
sotto e che riassume quanto esposto nell'articolo. Se non vi aggrada,
cambiatelo pure. Potrete così inviare una lettera al consiglio
comunale e una al comitato degli occupanti di Dale Farm (se funziona
il link, ovviamente) NDR]
The Commission for Racial Equality, in
seeking a judicial review of Basildon's decision to deny planning
permission for Dale Farm and instead to drive the 600 residents from
their own land by force, has implied that it actions are racially
motivated.
Wickford Primary Care Trust have
expressed their fears that if bulldozers are sent in to destroy the
90 homes women and children will be injured. For this reason I
continue to oppose the use of force. But in the changed circumstances
now prevailing it make no sense to employ Constant & Co, the
bailiff company, which has a dubious reputation as self-styled Gypsy
eviction specialists.
In view of Deputy Prime Minister John
Prescott's proposal that an alternative site be provided at Pitsea,
will the committee please consider postponing enforced action against
Dale Farm until full consideration of the Pitsea site, including a
planning appeal, has been given.
Di Marco Nieli (del 21/01/2006 @ 10:50:45, in media, visitato 1985 volte)
Cari amici, desidero informarvi che stasera al Tg5 in una sezione chiamata TERRA alle 23,50, trasmetteranno un'intervista del Presidente Nazionale dell'OPera NOmadi Massimo Converso sullo sterminio dei Rom, Sinti e Camminanti da
parte del Nazi-fascismo. Ciao e a presto, Marco Nieli, vicepresidente Opera Nomadi di Napoli
Sarà presente in studio Eva Rizzin, Sinta Italiana, che ha iniziato il dottorato all'Università di Trieste sul tema delle politiche nazionali ed europee a favore delle Minoranze Etniche e Linguistiche Sinte e Rom ed ha appena terminato uno stage al Parlamento Europeo. riportato su Sucar Drom
Di Fabrizio (del 21/01/2006 @ 12:30:45, in Italia, visitato 1591 volte)
Una notizia di cronaca, che potete leggere da due diverse campane
(QUI
e QUI).
Molto cinicamente: non è morto nessuno. Molto stancamente:
ogni inverno le cronache riportano tra i 3 e i 10 casi simili, per
cui mi pare inutile fare polemiche politiche.
A meno che... la politica non mostri per una volta che non si
occupa di gestire poltrone e consigli di amministrazione, ma di
affrontare i problemi.
Sul dopo, lascio a destra e sinistra di scegliere se
infischiarsene o palesare commozione.
Sapete perché abbiamo fatto il callo a questi incendi
invernali? Perché si continua a pensare che in fondo in fondo,
riguardano pochi sfigati.
E' almeno da questa estate, che qui si è sollevato il caso
degli sgomberi dei terreni di proprietà, dove spesso le
famiglie che hanno scelto di non vivere nei campi hanno sistemato
case mobili o rifugi che non sono baracche. Come nel caso della Gran
Bretagna, queste famiglie sono state prima spinte dai comuni ad
acquistare i terreni dove accamparsi, e da quest'anno gli stessi
comuni non rinnovano loro il permesso di sosta e provvedono allo
sgombero forzato. Quanti? La stampa
parla di 5000 casi, la maggior parte nel nord Italia. Fatta una
rapida stima, tra le 50 e le 100.000 persone che da un momento
all'altro rischiano di tornare sulla strada, e di finire in
situazioni di fortuna come il gruppo di quei Rom di Chiaravalle.
Cittadini italiani, in gran parte, quindi non espellibili, che dalla
sicurezza di un rifugio dignitoso passeranno a riscaldarsi con mezzi
di fortuna.
Come si può pretendere di aver la capacità di
affrontare il problema dell'emigrazione extra-EU, quando ancora chi è
nato in Italia vede la propria situazione sempre più in
pericolo?
Di Fabrizio (del 22/01/2006 @ 01:38:24, in conflitti, visitato 1974 volte)
The Associated Press -
Martedì 17 gennaio 2006
WASHINGTON (AP) – Martedì la Corte Suprema ha
rifiutato di bloccare le cause intentate a nome di migliaia di
zingari, serbi e ed ebrei, che esigono dalla Banca Vaticana i soldi
che i fiancheggiatori del nazismo avrebbero rubato loro durante la II
guerra mondiali.
Gli avvocati della Banca Vaticana, braccio finanziario della
Chiesa Cattolica, hanno sostenuto che i tribunali americani non
dovrebbero occuparsi dei reclami.
“La risoluzione giudiziaria della querela causerebbe un
potenziale imbarazzo, perché in contraddizione con la
precedente politica dell'esecutivo, che ha sempre affrontato le
richieste relative alla II guerra mondiale con la diplomazia invece
che con la controversia” hanno detto ai giudici.
La nona Corte d'Appello degli Stati Uniti, nel 1999 ha consentito
che il caso fosse portato avanti. La giudice Margaret McKeown, ha
scritto per la corte d'appello che i sopravvissuti “affrontano
una strada in salita nel continuare i loro reclami” perché
i documenti sono vecchi di decenni e potrebbero “essere
invalidati per cause procedurali e giurisdizionali”.
The cases are Order of Friars Minor v. Alperin, 05-326, and
Istituto Per Le Opere Di Religione v. Alperin, 05-539.
Di Fabrizio (del 22/01/2006 @ 20:50:37, in media, visitato 1975 volte)
L'avevano annunciato anche loro, e sembra che invece sia stata l'ennesima occasione persa per ragionare su una situazione che perdura da 60 anni. Riporto integralmente da Romano Lil:
Sabato 21 gennaio alle ore 23,50 “Terra”, su Canale 5, doveva trattare del libro “Porrajmos” ed in generale della persecuzione e sterminio dei Rom/Sinti durante il periodo nazi-fascista. Erano previste riprese con testimonianze dai campi nomadi di Roma e Milano ed interviste al presidente nazionale dell’Opera Nomadi Massimo Converso ed a Eva Rizzin laureata sinta. Ma tanto è tutto un bluff!
Ancora una volta, ma è tragico perché il contesto è il “Porrajmos”, si fa folklore e retorica sui Rom/Sinti. Dietro una facciata di buona volontà resta l’approssimazione e manca l’approfondimento. Un'occasione sprecata. Ecco alcune impressioni "a caldo" sulla trasmissione.
“Terra” inizia “alla Kusturica” dal falò di un campo nomadi di Roma per ammissione dello stesso conduttore “perché nel campo si respirano musiche ed atmosfere dei film del regista”. Il presidente nazionale dell’Opera Nomadi, attiva dal 1965 a tutela dei Rom/Sinti con 30 sezioni in tutta Italia, viene ristretto a pochissime battute ed all’affermazione che tanti Rom affittano le case per abitarci. Anzi viene storpiato anche il cognome, in sovraimpressione, che diventa "Massimo Conversi" invece di Massimo Converso. Gli approfondimenti sul “Porrajmos” dimenticato sono riportati facendo scorrere, in lento zoom, la copertina del libro per un tot. di 4 secondi su più di un’ora di trasmissione. Anzi, estrapolando anche parti filmiche dal DVD allegato al libro (prodotto dall’Opera Nomadi con il contributo dell’UCEI - unione comunità ebraiche) senza riportane la fonte. Trova spazio concreto, invece, Giovanna Boursier con alcuni chiarimenti sulla storia delle persecuzioni. A Milano la persecuzione dei Rom/Sinti viene ricondotta ad alcuni rom rumeni musicisti di strada di violino e fisarmonica mentre il problema complessivo viene ridotto ad alcune battute (com-parsate) di Pagani e di Bezzecchi. Eva Rizzin, che a Trento (vedi "Il III seminario nazionale Sinti", Archivio Romano Lil) relazionava sulle “favelas-campi nomadi” d’Italia viene ridotta a stereotipo difensivo della propria razza. Banali domande a cui deve ri-spondere ("E' vero che i Rom sono sporchi, ladri, non mandano i bambini a scuola?") con passione per sentirsi concludere, dalla giornalista intervistatrice, che siccome anche gli zingari spregiano gli autoctoni chiamandoli “gagè” allora siamo quasi a pari. E così siamo alle solite degli zingari “brutti, sporchi e cattivi” che non si vogliono integrare ma qualche musicista di strada meritevole finirà a suonare con l’orchestra della "Scala". Nessuna notizia sul fatto che anche per l’anno 2005 il monitoraggio dell’Unione Europea li veda ancora al primo posto come minoranza più discriminata e sottoposta ad atti di violenza razziale d’Europa. Ma magari è proprio perché sono “brutti, sporchi e cattivi". E si dimentica volentieri che il nazi-fascismo li sterminava proprio perché “diversi” e “asociali” (triangolo nero) e perché avevano il codice della delinquenza inscritto nel DNA.
Del “Porrajmos” attualizzato a cui sono sottoposti i Rom/Sinti nella nostra epoca non se ne fa menzione. Delle leggi che continuano ad escludere queste popolazioni dalla nostra società, assoluto silenzio. Leggi anche apposite, basta ricordare il divieto di sosta per Rom/Sinti, l’"induzione alla schiavitù" per le donne che fanno “manghél”, la legge urbanistica 2001 che prevede che su un terreno edilizio di proprietà si possa tenere una roulotte-camper solo per uso turistico: se è ad uso domicilio viene abbattuta o sgomberata come abuso edilizio. Per non parlare di ruspe che abbattono “campi nomadi” lasciando al freddo e senza casa, nel nome di una presunta "legalità", anche neonati, malati ed anziani. E, tanto per finire con gli esempi, ci sono Rom nati e residenti in Italia, anche da due generazioni, che hanno più diritti in carcere (codice fiscale, accesso alle cure sanitarie, diritto di rappre-sentazione) che non fuori. Fuori, in una società dove adesso si può anche “celebrare” il Porrajmos senza ricordare però che è il portato, e non un’anomalia storica o addirittura un epilogo, di sei secoli di persecuzioni razziali.
ED ALLORA, bisognerà uscire dall’effetto ipnotico dei mass-media: ogni volta che arriva un giornalista od una telecamera gli intervistati perdono la testa abbagliati dai riflettori. E vengono fagocitati dentro uno schema pre-confezionato senza capacità di intervento reale e propositivo, anzi, a volte, vengono strumenta-lizzati come “comparse” o come macchiette. Ormai l’Opera Nomadi ed i Rom/Sinti hanno agenzie giornalistiche, “testate” proprie, giornalisti preparati che possono e “devono” essere consultati per fare da consulenti, addetti stampa, e da filtro quando arrivano i reporter della televisione o dei giornali, per fare “passare” e garantire un minimo di in-formazione corretta. Per non essere complici di un’informazione distorta ed approssimata. “Per essere sempre più la rappresentazione di noi stessi e sempre meno il prodotto di una società che non ci rappresenta” (Comuna Baires)
PS: Non ho televisore, c'è qualcuno che può darmi la sua impressione su quella trasmissione? Grazie.
Di Fabrizio (del 23/01/2006 @ 10:23:22, in Kumpanija, visitato 2340 volte)
Il giorno della memoria, con il suo strascico di orrori e
carneficine... Mi ricordo i racconti di mia mamma: la guerra, la
fame, le persecuzioni, hanno anche un loro lato di inquietante
normalità. Anche chi non è passato dai campi d
sterminio, ne ha portato il segno. Dijana Pavlovic', nella
sua intervista, raccontava della ricerca svolta per vedere quegli
anni con lo spirito di un bambino, che era anche Rom. Ma cosa
accadde realmente in Italia ai nostri nonni? Chi lo visse racconta, e
non sembri strano se recupero la memoria di un saltimbanco... un
pagliaccio, da un libro che ha il grande pregio di un linguaggio
perfettamente comprensibile anche ai bambini. Un libro scritto, come
se fosse raccontato a voce, e che proprio così, con la sua
grammatica colloquiale, ci introduce nella vita dei Sinti del
sanguinoso secolo XX.
DaSTRADA, PATRIA SINTA (U DROM
MENGRO CIACIO GAUV)diGnugo De Bar edizioni
FATATRAC ...Mio nonno era Jean De Bar, un sinto valcio che in
lingua nostra vuol dire "francese". Scese in Italia a piedi
nel 1900. Lasciò i genitori in Francia e venne a tentare la
fortuna, senza niente, a quindici anni, solo con qualche costume da
saltimbanco. Era uno dei più bravi contorsionisti del
mondo, ma era bravo anche a fare i salti di scimmia, in altre parole
i salti mortali al tappeto: ne faceva sei, sette o anche otto. I
De Bar sono una famiglia di saltimbanchi da sempre. Anche mio
nonno aveva imparato a guadagnarsi la vita così. Lui
posteggiava, che nella nostra lingua significa proprio fare i numeri
di saltimbanco all'aperto, davanti alle chiese, nei mercati e nelle
fiere.
... Poi venne il 1939, un bruttissimo anno.
L'Italia e la Germania avevano rotto il patto di non belligeranza con
la Francia. Era autunno e la mia famiglia s'era appena fermata al
Bacino di Modena per fare la sosta dopo la stagione delle fiere. Da
noi s'usa così infatti. Quando si lavora la famiglia si
divide, poi d'inverno ci si ferma tutti insieme. Quell'anno la
famiglia s'era fermata appunto nella Strada Bacino, che oggi credo si
chiami Due Canali e c'erano insieme al nonno, lo zio Noti e la zia
Mariettina con tutti i propri figli. Lo zio Carlo era invece ancora a
fare la stagione in Lombardia e per lui fu una vera fortuna. Mio
padre aveva appena conosciuto la mamma Albertina, detta Gonia, che
veniva da una famiglia che girava con le giostre. Un mattino che
piovigginava, mi hanno raccontato, molto presto hanno sentito bussare
alle carovane, si sono svegliati e hanno visto le carovane circondate
da militari, carabinieri, questura. Dicevano che si doveva fare
quello che volevano loro e che avevano l'ordine di sparare se
qualcuno si fosse opposto. Piantonarono tutto il giorno e la notte
intera, prendendo il nome e il cognome a tutti, poi, il mattino
seguente, condussero tutti quanti nel campo di concentramento di
Prignano e ci portarono via tutti i muli e i cavalli che avevamo. In
Italia con le leggi razziali, fecero molti campi di concentramento
per sinti, che nell'intenzione dovevano servire per smistare le
nostre famiglie verso la Germania e la Polonia. So per certo che
ce ne erano a Berra di Ferrara, a Fossa di Concordia, a Pescara, e
anche un paio nel bolognese che non ricordo più i nomi. Se
una deportazione di sinti non c'è stata, è stato solo
per grazia della Regina Elena (che veniva dal Montenegro) che nel
1941 ci difese e impedì quello che poteva avvenire. C'era
anche il campo di concentramento di Fossoli per gli ebrei, ma questo
lo si conosce. Gli ebrei dopo la guerra hanno avuto il coraggio di
parlare, di ricordare. Noi sinti no. Io, per esempio, mi sono
sempre vergognato di dire d'essere nato in un campo di
concentramento. Molti di noi ricordando di Prignano parlano
dicendo "quando ci misero da quel contadino...". Ma quale
contadino? Quello era un campo di concentramento fatto per sinti, e
io ho trovato il coraggio di raccontarlo solo dopo che ho parlato con
degli altri gitani spagnoli e altri sinti tedeschi e francesi. Nella
nostra lingua, mi hanno detto che nei loro Paesi dopo la guerra hanno
potuto raccontare le loro storie, giornalisti e scrittori si sono
preoccupati di quelle violenze che avevano subito e hanno scritto
molte cose. In Italia no, non si trova il coraggio; ma io credo
invece che sia giusto raccontare.
PRIGNANO
A Prignano c'era il filo spinato e qualche baracca. poche perché
noi avevamo le nostre carovane. Tutto era controllato da carabinieri
e militari che nei primi giorni non ci facevamo mai uscire. Poi,
dopo un po' di tempo, decisero che dal campo potevano uscire quelli
che volevano andare a spaccare le pietre per le strade a cinque lire
al giorno. Così tutti andavano, anche per poter avere qualcosa
da mangiare. Le guardie due volte al giorno facevano l'appello e
il contrappello. C'erano dei turni di un'ora e mezza in cui le donne
potevano andare in paese a fare la spesa. I carabinieri erano i più
cattivi e vigilavano anche all'osteria, tanto che non si riusciva
nemmeno a fare una bevuta di un bicchiere di vino in santa pace. Dopo
un mese che s'era nel campo venne un ordine del Ministero della
Guerra: presero mio nonno Giovanni e lo portarono nel campo di
concentramento a Civitella del Tronto perché fu riconosciuto
detenuto politico, per il solo fatto di essere cittadino francese. Lì
passò sacrifici e miserie insopportabili. Nel 1940 nasco io.
Mio padre chiede ai carabinieri di portare la mamma all'ospedale di
Sassuolo, ma dicono di no. Così nasco al freddo dentro una
carovana al lume di candela. E' un anno in cui tutti piangevano il
nonno per morto, perché non si sapeva dove l'avevano portato e
se fosse ancora vivo. Solo nell'autunno del 1940 concessero al nonno
di scrivere una lettera. Nessuno ha ancora capito perché il
nonno venisse considerato prigioniero politico, mentre poi hanno
obbligato i suoi figli a servire la patria andando in guerra. Dal
1941, infatti, dopo l'intercessione della Regina, cominciarono a
considerarci non più deportabili ma arruolabili, per cui
iniziarono a far partire scaglionati e a forza tutti gli uomini in
età.
... Poi venne il famoso 8 settembre 1943,
quando l'Italia fece l'armistizio con gli Alleati. A Prignano quel
giorno vennero i carabinieri e dissero: "Siete liberi di nuovo",
ma nessuno ci credeva veramente. E il maresciallo disse: "Potete
andare via come facevate prima", ma la nonna, che era il
riferimento di tutta la famiglia rimasta, non sapeva più dove
andare senza figli e senza il nonno. Così che mentre tutti gli
altri sinti si rimettevano in viaggio e lasciavano quel posto
maledetto, la nostra famiglia rimase lì ad aspettare che
succedesse qualcosa.
IL RITORNO DEL NONNO
Un bel giorno dell'ottobre 1943 videro
tornare a casa mio nonno, liberato perché i francesi erano di
nuovo amici e ci furono momenti di allegria e di gioia, ma anche di
passione per i figli al fronte. Poi mio nonno venne giù a
Modena e andò dall'amico commerciante di cavalli, Tullio
Pellicani. Quando gli raccontò ciò che aveva subito nel
campo di prigionia, il Pellicani si mise a piangere e gli diede a
credito un mulo e un cavallo per tornare a fare gli spettacoli:
"Scegliti quelli che vuoi, me li pagherai quando avrai i soldi".
Poi il nonno tornò a Prignano.
Quando i carabinieri videro il nonno
con i due animali lo accusarono subito di furto e telefonarono
all'allevatore di Modena che disse: “Io a Giovanni ne avrei
dati anche di più, ma lui si è accontentato di quelle
due bestie!”
Allora il maresciallo dei carabinieri
si scusò con il nonno, gli strinse la mano e lo considerò
persona degna di fiducia e di stima.
Dopo qualche giorno la mia famiglia
lasciò definitivamente Prignano e si fermò a Modena.
Qui si trovarono tutti i figli rimasti della zia Mariettina, dello
zio Noti e del nonno, andarono a manghel un po' di vino (manghel
significa “andare a chiedere”) e una sera fecro una
grande festa d'addio. Al mattino infatti le tre famiglie si divisero:
la zia Mariettina con i suoi figli cominciarono a girare nella zona
di Milano, lo zio Noti verso Ferrara e la Romagna (poi nel
bolognese), noi nel mantovano e nel modenese. Continuavamo a
posteggiare, anche se gli uomini nello spettacolo erano pochi perché
i figli del nonno erano tutti al fronte.
Visto che mancava anche il toni (il
pagliaccio ndr.) per un periodo fu mia mamma a ricoprire quel
ruolo. Il suo nome era il più buffo e strano mai sentito in
una pista da circo: “Conserva”. Vestita da toni faceva
anche le entrate.
....
... e il racconto continua, con la
Resistenza, il dopoguerra, la crisi del circo. Se riuscite a trovarlo
leggetelo, altrimenti qualche altro brano lo ritroverò in
seguito.
E' stato da poco pubblicato un interessante libro scritto dai Sinti Emiliani: Vladimiro Torre, Walter Relandini, Gelsomino Casalgrande, Catia Truzzi, Maurizio Esposti, Margherita De Bar, Alberto Truzzi, Sabrina Torre, Mara Bellinati, Floriano Debar. Il libro è curato da Paola Trevisan ed edito dal CISU nella collana romanes, diretta da Leonardo Piasere. Sicuramente molti di voi conoscono uno degli autori, il Presidente dell'Associazione Them Romano di Reggio Emilia, Vladimiro Torre. E' stato Vladimiro l'ideatore e il motore di questa importante iniziativa editoriale. Inviatiamo tutti ad acquistare il libro e a diffondere uno dei pochissimi testi dove i Sinti si raccontano. Segnaliamo all'interno dei vari racconti le testimonianze sull'internamento nei campi di concentramento italiani che possono essere utilizzate in questi giorni di manifestazioni per Il Giorno della Memoria. Naturalmente pensiamo di presentarlo nei prossimi mesi a Mantova e nelle altre realtà locali dove lavoriamo.
Gli Autori di questo libro appartengono a una delle comunità di Sinti Italiani che da diversi secoli vive nel Nord ed in parte del centro Italia. Essi appartengono a quella rete di famiglie che fra gli anni ‘50 e ‘60 si fermarono in alcune zone dell’Emilia, soprattutto nelle province di Reggio Emilia, Modena e Bologna. Narrare dall’interno di queste reti familiari non è la stessa cosa che narrare da individuo singolo, che deve concentrarsi solo su se stesso e, nello stesso tempo, significa anche confrontarsi più o meno indirettamente con i gagi, ovvero gli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico). Poiché a Reggio Emilia sono stati i Sinti più impegnati nell’associazionismo a voler fare questo libro, è interessante chiedersi a che pubblico si rivolgano nel raccontare le vicende della propria vita. Gli Autori si rivolgono contemporaneamente ai sinti e ai gagi, in un continuo intreccio di prospettive che non smette mai di rimarcare quello che è il proprio punto di vista sul mondo. Infatti, se i criteri che rendono vero e dicibile un racconto orale rimangono invariati nella fase della trascrizione/scrittura/riscrittura, gli Autori sono consapevoli delle diverse modalità con cui ci si può presentare all’esterno, ai gagi. Va evidenziato che nessuno parla del proprio gruppo come marginale, in crisi, o in via di modernizzazione/trasformazione, e anche quando i sinti raccontano di violenze e soprusi subiti lo fanno mettendo in risalto l’assurdo modo di agire e di pensare dei gagi, più che il fatto di percepirsi come vittime. I sinti più anziani raccontano anche le vicissitudini subite durante la Seconda Guerra mondiale e il regime fascista, che li internò in un campo di prigionia sull’Appennino modenese, e i loro ricordi hanno trovato riscontro nell’archivio comunale di Prignano sulla Secchia (MO). Rendere fruibili al pubblico le loro storie significa anche riflettere sulle fonti orali e sulla loro relazione con la storia, quella scritta dagli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico).
La curatrice Paola Trevisan, è stata assegnista di ricerca e professoressa a contratto di Antropologia Culturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Firenze. E’ dottoranda presso il Dipartimento di Storia, Geografia e Arte dell’Università di Castellón de la Plana (Spagna). Per contatti diretti: trevimonti@tin.it
Di Fabrizio (del 24/01/2006 @ 01:23:51, in media, visitato 1776 volte)
Vi devo annoiare con un pizzico di fatti miei: ho un ottimo
rapporto con la TV, soprattutto da quando 8 anni fa l'ho buttata
dalla finestra...
Però mi ha incuriosito quello che scrive Lele
(USA) su Allgypsies,
e se qualcuno non ha ancora buttato la sua TV, mi sa dire se la
puntata è già andata in onda dalle nostre parti?
Passo la parola alla critica televisiva:
Baxt,
C'è nessuno di voi che ha visto l'episodio di ER intitolato
“King of the Gypsies”? Da urlo! In un solo show erano
contenuti TUTTI gli stereotipi sugli Zingari! ROFLMAO preciso!
Tutto lo “charme” degli “zingari” si è
catapultato su ER facendo impazzire l'intero dipartimento. C'erano
50, forse 100 Rom, tutti vestiti alla maniera tradizionale, accampati
nella sala d'attesa, lamentandosi, gridando, chiamandosi l'un l'altro
nello stesso momento (in romanès o diossà in quale
altra lingua), tirandosi per i capelli, richiedendo “il miglior
dannato medico della città”. Trooppo divertente, mi
stavo rotolando per terra urlando “Romalé, Romalé”.
Hanno mostrato il parcheggio, pieno di roulottes e rimorchi (con
la biancheria stesa che ondeggiava appena con la brezza, un tocco
gentile dedicato agli zingari, penso, roflmao). Gli ospiti “normali”
facevano un largo giro intorno a questi selvaggi, dove in molti
avevano acceso i fuochi per cucinare, nel parcheggio, ancora roflmao!
!! Quello che nello show interpreta il dottore per una volta aveva
perso la sua la calma serafica e urlava a sua volta “TUTTI VOI,
STATE ZITTI!!!!” E naturalmente nessuno che gli dava la MINIMA
ATTENZIONE. Wahooo, mi sono sentita in colpa per il povero Gadjo,
lol.
Come vuole il destino, il nostro “re degli Zingari”
aveva una “moglie” molto, ma molto, più giovane di
lui a fianco del suo letto, fintanto che uh oh! Oppps! è
arrivata la sua VERA moglie, non così giovane, che ha subito
alzato le mani su chi immaginate voi.
I dottori e le infermiere, nelle loro divise tutte molto
“professional”, che sembravano un branco di cervi
accecati dai fari delle auto...
Alla fine “IL Re” è stato dimesso (ricoverato
per un attacco di cuore, ma era sanissimo). La scena finale con i
nostri che danzano attorno al fuoco, sì, l'avete indovinato,
nel parcheggio! Con trombe e cimbali, a saltellare e ballare come
pazzi!
La puntata si chiude col dottore che dice “Questa gente ti
farà uscire pazzo, mentono e rubano ogni cosa che non sia
inchiodata.” Ragazzi, l'ho sentito in televisione “...
ogni cosa che non sia inchiodata”
Rom a profusione di fronte alla telecamera, freak come se li
immaginano i Gadjé. Non mi sono mai divertita tanto, se vi
capita guardatelo! Prometto che morirete dal ridere! Dannazione! Sono
ancora piegata in due...
Romalé, oh romalé
Lele
PS Per chi fosse perso le puntate precedenti, Lele è
infermiera... è anche rom
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