Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/12/2005 @ 00:00:01, in Italia, visitato 2023 volte)
23 dicembre h. 04.29 - Mi leggerai il 25 dicembre - ore 00.00.01 Metti caso che i viandanti esistano ancora... e che si mettano in viaggio nel giorno + improbabile dell'anno... e che in questo giorno non si trovi un blog aperto neanche a pregare...Nel nostro villaggio volevamo essere sicuri di non farci trovare impreparati se qualche viandante dovesse finire qua proprio questo giorno. Gli altri, volendo leggeranno tra un po', se invece sei finito qua (anche per sbaglio) in questo strano giorno dove tutti hanno di meglio da fare, abbiamo rimesso a nuovo la stalla, la paglia è pulita, dovrebbero esserci bue, asino, pecore... Compreso il fatto che zio Kalderosh mentre risistemava le assi, ha perso la fiaschetta di grappa e forse sei così fortunato da ritrovarla; insomma, va un po' meglio di 2000 anni fa.
Se sei finito qua per noia o perché la televisione trasmette la solita rifrittura, c'è una breve telenovela per te. Era stata scritta a puntate ad agosto, ora se vuoi puoi rileggertela con calma. Così, capirai meglio dove sei capitato. Se vuoi qualcosa di + movimentato, questo forse può servire. Facci sapere se c'è bisogno d'altro. Visto che siamo in clima feste:
Veglione di capodanno al campo(x Milano & dintorni)Musica, balli, fuochi per una serata che ricorderete. Contattatemi per informazioni o partecipare:
Di Fabrizio (del 26/12/2005 @ 10:46:22, in media, visitato 1972 volte)
Ciao a tutti gli amici e colleghi. Sono della Serbia Montenegro e voglio
presentarvi la stazione Radio TV dei Rom per cui lavoro.
http://www.nisava.org
Potete anche visitare il sito dedicato al Decennio
dell'inclusione dei Rom, con le ultime notizie, informazioni sul Decennio
dei Rom, documenti, forum di discussione, chat online e molte altre cose
interessanti.
Saluti a tutti voi
Goran su
Roma_Yugoslavia
Di Fabrizio (del 26/12/2005 @ 16:30:54, in Italia, visitato 2148 volte)
Ricevo da todocambia.org e porto a conoscenza: Inoltriamo questa mail ricevuta dai rifugiati che si trovano nello stabile di via Lecco. Vi preghiamo di diffonderlo. Chiediamo tutti di venire domani mattina (martedì 27) alle ore 6.00 in via lecco 9 per impedire la minaccia di sgombero. Appello alla città e conferenza stampaVoi cosa fareste? Siamo uomini, donne, qualche bambino. Abbiamo ottenuto il diritto d'asilo dallo stato italiano perché veniamo da luoghi di guerra, dal Sudan, dall'Eritrea, dall'Etiopia. Ci illudevamo che tale diritto significasse qualcosa: la possibilità di un percorso per ricominciare qui le nostre vite. Ma non è stato così. Dopo il permesso di soggiorno non abbiamo avuto nient'altro: non un biglietto per prendere il treno, non l'indicazione di un luogo dove dormire e mangiare, non una scuola in cui imparare l'italiano, non un suggerimento per cercare e trovare un lavoro. Solo un diritto alla strada e a prendere una multa ogni volta che saliamo su un mezzo pubblico. Dopo aver conosciuto le strade e qualche cascina abbandonata, da un mese siamo in via Lecco a Milano, in un edificio che era vuoto da moltissimi anni e lì abbiamo cercato di organizzare le nostre vite, aiutati anche dagli abitanti del quartiere e aspettando che il comune trovasse una soluzione degna. Ora vogliono obbligarci ad andarcene anche da qui. Voi cosa fareste? Lo chiediamo a tutti: alle istituzioni, non solo al comune, ma anche alla provincia e al prefetto, ad ogni singolo abitante di questa città e allo stato italiano. Pensavamo che il diritto d?asilo significasse qualcosa. E' possibile che sia solo una nostra illusione? Chiediamo: alla prefettura e alla questura di fermare lo sgombero al prefetto di Milano un incontro per affrontare insieme a noi la nostra situazione agli abitanti di Milano di continuare a sostenerci Martedì 27 dicembre alle ore 11 invitiamo tutti i giornalisti a una Conferenza stampa in via Lecco 9Unione rifugiati via Lecco
di Snezana Lupevska
Questo articolo è stato scritto all'interno di un'inchiesta avviata dall'Istituto Media per le diversità con sede a Londra e l'Agenzia di notizie Beta, intitolata "guardando i Rom senza pregiudizio" parte del decennio dell'inclusione dei Rom. Gli altri articoli sono disponibili anche su Media Diversity.
Pochi si stupiranno se i Rom che vivono in Macedonia dividevano il tempo in due periodi: prima di Esma Redzepova Teodosijevska, la cantante Rom di fama internazionale, e il periodo che venne dopo. Redzepova è orgogliosa della sua eredità etnica e non è solo un'artista di rilievo, ma anche una persona che ha passato la sua vita cercando di rendere migliore il mondo attorno a sé, lottando contro l'intolleranza e l'odio etnico.
All'inizio della sua carriera Redzepova viveva nell'insediamento Rom di Sutka vicino Skopje, in Macedonia. "Già allora era difficile per te dichiararti Rom," dice.
"Molti di noi passavano ad altre nazionalità. Devo ammettere che la gente si vergognava di dire che era Rom e invece si dichiaravano macedoni, turchi o albanesi. Io non ho provato mai vergogna e credevo che tutti dovessero lottare per il loro posto nella società."
E' nata a Skopje nel 1943 in una famiglia dove la musica Rom, il canto e la danza erano un avvenimento e una tradizione quotidiani. Redzepova aveva 11 anni quando vinse il primo posto ad una gara amatoriale per cantanti che fu trasmessa alla radio nella capitale macedone. Ecco quando iniziò a lavorare con Steva Teodosijevski, il suo futuro marito e mentore.
Ha composto 108 singoli, 20 album, 32 cassette audio, 15 CD e 6 film. Al festival di musica Rom in India nel 1976, fu incoronata regina della musica Rom. Redzepova ha ricevuto fino ad oggi 15 premi, è stata proposta due volte per il premio Nobel per la pace, e l'organizzazione internazionale dei Rom l'elesse ministro della cultura romanì nel 2004.
Oltre che essere un'artista, ha un lato altruistico. Lei e Teodosijevski hanno adottato 47 bambini abbandonati di nazionalità rom e macedone. Redzepova è tornata a Skopje dopo la morte del marito.
Tutto il suo canto è in puro romanes e Redzepova crede che oggi i Rom che vivono in Macedonia sono in una condizione migliore per conservare la loro eredità culturale e la lingua.
"È molto più facile essere Rom oggi. I bambini Rom hanno più facilitazioni. Vanno a scuola e all'università, le cui condizioni ora sono permesse. Ho mandato a scuola dozzine di bambini (pagando le loro tasse scolastiche) e anche la Macedonia dà loro una possibilità. La Macedonia è un paese che ha fatto molto per i Rom."
"Proprio adesso la Macedonia è il posto più bello per vivere per i Rom e ciò perché i Rom non sono stati assimilati come in altri paesi," dice Redzepova, aggiungendo che la minoranza Rom è riconosciuta anche dalla costituzione.
Restano ancora degli stereotipi e i Rom sono spesso considerati appartenenti a due gruppi: i Rom "buoni", cioè i musicisti, e i Rom cattivi, ladri e truffatori.
Redzepova ammette che anche i suoi compatrioti hanno una responsabilità quando viene alla loro posizione nel paese e alla loro affermazione sociale.
"Noi dobbiamo combattere per ciò che ci appartiene, dobbiamo ricordare alle autorità che noi viviamo qui, non possiamo soltanto osservare il problema in silenzio," dice Redzepova.
Ricorda come la gente la prese in giro quando chiese alle autorità locali di asfaltare le strade di Sutka dopo il ritorno da Belgrado. "La signora è appena tornata da Belgrado e non vuole camminare nel fango," mi dicevano. Io dicevo che non lo chiedevo per me, ma per i Rom che vivevano lì. Ero determinata e alla fine asfaltarono le strade."
"Quando hanno successo, alcuni Rom amano dimenticare che sono Rom. Sfortunatamente, molti di loro non vogliono più parlare romanì in casa. Quando vediamo uno di loro diciamo che "si comporta come un turco, ma è più nero di me." Li prendiamo in giro e li evitiamo. Comunque, lentamente le cose stanno cambiando e molti Rom di successo stanno tornando alle loro radici," dice.
Redzepova rifiuta il luogo comune che i Rom siano geneticamente predisposti per la musica e hanno talenti che popoli di altre nazioni non hanno. "Non è una questione di geni. Prima, il popolo cantava per dimenticare i problemi. Oggi, se osservate la scena della musica macedone, vedrete che ci sono pochi cantanti Rom. Le nuove generazioni Rom sono intellettuali, medici, affaristi."
Esma Redzepova ha composto la maggior parte delle canzoni che canta. "Non ho alcuna vecchia, tradizionale canzone Rom. Le mie sono tutte composizioni nuove. Io e Steva Teodosijevski abbiamo scritto le canzoni. Siamo stati i pionieri della musica Rom ed ecco perché oggi mi chiamano la Regina della musica Rom. Anche prima c'erano cantanti che cantavano in romanì, ma era romanì mischiato con l'ungherese e il russo. Le mie canzoni sono sempre puro romanì."
"Penso che il mio arrivo in Macedonia sia stato una spinta per i Rom qui. Ho dato loro la forza di lottare per i loro diritti e ai giovani l'opportunità di mettersi alla prova. La mia casa era una casa per molti, ma era anche il posto nel quale molte decisioni, anche quelle politiche, venivano prese dai Rom."
Alla domanda se i 47 bambini che ha allevato siano Rom, Redzepova risponde: "Il mio maestro e marito non era Rom ma un macedone che era interessato alla cultura e alla musica Rom. Non dovreste distinguere i popoli per il loro background etnico."
"Io non divido i popoli in Rom e non Rom," aggiunge.
(BETA/MDI)
Rif: Il suo sito con altre notizie, foto e brani musicali in MP3
Di Fabrizio (del 27/12/2005 @ 09:33:09, in media, visitato 2092 volte)
di: Kristína Magdolenová
Intervista a Ivan Hriczko, Direttore di Roma Press Agency
Articolo originale
Nella foto: Ivan Hriczko (a destra) con una collega.
Circa 400.000 Rom vivono in Slovacchia. Nonostante il loro numero, non hanno accesso alla vita sociale e politica. Non hanno rappresentanti nel Consiglio Nazionale della Repubblica Slovacca e neanche nei parlamenti regionali. D'altra parte, sino a qualche mese fa c'erano 22 partiti rom a base etnica. Com'è possibile che dopo 15 anni dall'origine della Repubblica Slovacca, la situazione sia ancora immutata?
Quindici anni sono un lungo periodo, ma forse non è così per la comunità rom. Non sono sufficienti a formare relazioni con l'ambiente in cui siamo immersi, così da farci conoscere e capire noi quale sia il nostro ruolo. Una situazione a cui nessuno è preparato.
Ora sono pronti? Cosa manca?
Il problema ha origini antiche. Sin da quando venne posta la questione su cosa fare con i Rom, emerse il problema sociale della nostra scolarizzazione e di come fossimo emarginati dal mercato del lavoro. Il processo di soluzione ha causato sofferenze alla comunità, che continuano tutt'oggi: una varietà di istruttori laureati provenienti dal terzo settore hanno letteralmente invaso le comunità, e senza conoscere niente della nostra vita ed organizzazione hanno deciso chi sarebbe diventato un leader, chi doveva studiare... e chi no. Sfortunatamente, questa fu soltanto l'applicazione di criteri validi nell'organizzazione sociale maggioritaria. Così, venne creata un'intera generazione di cosiddetti leaders, che in altri contesti non sarebbero mai emersi, e nel contempo venne gravemente danneggiata la precedente struttura comunitaria.
Subito dopo il 1989, i Rom avevano i propri rappresentanti in Parlamento. Ma vennero "tagliati fuori" dagli sviluppi politici dopo l'indipendenza della Slovacchia...
Sì, ma questa gente, scolarizzazione a parte, per la maggior parte fu "spinta" in politica. Mancava loro una formazione più profonda. Insomma, erano soli e furono spinti nel mare quando avrebbero dovuto imparare a nuotare. Non ne ebbero vantaggi personali, ma non hanno imparato a mobilitare la comunità.
Come hanno influenzato la cosiddetta disunità della comunità?
La comunità rom non è un gruppo omogeneo e non ci si può aspettare che presentino loro stessi coesivamente. Quello che ci univa, l'etnia, si è mostrato un collegamento debole. Quando la gente vive nella paura e nell'ignoranza, è difficile aspettarsi che si impegni politicamente.
Ci dev'essere un sistema per collegare i Rom alla politica a tutti i livelli...
Ritengo che nasca dalla cooperazione con i non-Rom. E visto che stiamo parlando di politica, dalla cooperazione con i partiti non-Rom. La sola appartenenza etnica non garantisce la capacità di percepire le cose a vantaggio della comunità e non ci da gli strumenti politici per affrontare e risolvere i problemi. Abbiamo molto da imparare. E possiamo farlo solo lavorando assieme ai non-Rom.
Così c'è bisogno di una discriminazione positiva?
No, non credo. Esattamente l'opposto. Oggi parlare di discriminazione positiva è come agitare un drappo rosso davanti a un toro. Piuttosto abbiamo bisogno di pari opportunità; che è l'unico modo per non aumentare l'odio e l'amarezza dei Rom verso i non-Rom e viceversa. Se tuo figlio non può andare all'università perché ci sono le quote, per tutta la sua vita disprezzerà chi gli ha rovinato gli studi e la carriera. Dopo diviene difficile spiegargli che ci sono priorità politiche per tutti i cittadini di un paese se la loro esperienza è stata diversa. Quello di cui c'è bisogno è creare dall'inizio condizioni per i bambini delle comunità marginalizzate, che permettano loro di essere uguali agli altri ed essere valutati su basi paritarie.
Quindi il punto di partenza è lavorare sistematicamente con i più giovani. Non è una strada troppo lunga per risolvere il problema rom?
Una cosa di cui serve avere coscienza è che se parliamo di Rom, non possiamo riferirci unicamente ai sotto standard di chi vive negli accampamenti. Prendiamo in mano le statistiche e troveremo che lì vivono in Slovacchia circa 150.000 persone. Che percentuale è sulla comunità totale? Si chiarisce che è solo una parte della comunità, valutata da chi è esterno alla comunità come Rom, ma che con i Rom, le loro tradizioni e culture, ha ben poco in comune. C'è chi ci riconosce da distante, per il colore della pelle, per la lingua. Ma questo non basta. Noi viviamo in maniera completamente differente. I problema principale è che i media presentano quel gruppo (minoritario) come "tipicamente" Rom. Creando così lo spazio per discriminare ed odiare anche tutti gli altri.
Siamo arrivati al punto che non possiamo usare lo stesso metro per tutti i Rom.
Proprio così. Per quelli che vivono negli accampamenti c'è bisogno di programmi speciali a lungo termine che inizino dalla tenera età e di lavoro giornaliero, sistematico. [...] col coinvolgimento della comunità e degli insegnanti, bambini ed adulti possono imparare moltissimo. Ma non aspettiamoci miracoli. E' un lavoro per generazioni. Nel contempo, ci sono qui migliaia di gruppi di Rom integrati, che non hanno gli stessi problemi. Sono poveri, perché non c'è lavoro. E non trovano lavoro perché non sono andati a scuola, o l'hanno fatto in maniera insufficiente. Ma, d'altra parte, questa gente non ha bisogno di imparare l'igiene di base. Vivono con gli stessi standard degli altri cittadini, solo più poveri. Mancano programmi per questi gruppi, e invece sono loro la chiave per risolvere i problemi di tutta la comunità.
Torniamo alla partecipazione alla vita politica. Abbiamo detto che nel 1989 i Rom hanno perso la loro possibilità e non hanno imparato a mobilitarsi. Più tardi, i problemi economici hanno frammentato la comunità e sono intervenuti vari problemi a diversi livelli. Nel contempo, però, i Rom hanno avuto la possibilità di istruirsi e di formare una nuova generazione. Oggi i Rom sono pronti a prendere parte alla vita politica?
E' vero che oggi abbiamo dozzine, se non centinaia di studenti Rom freschi di università. Molti hanno ambizioni politiche. Ma non hanno nessuna esperienza pratica nel lavoro politico e mancano di capacità comunicative.
Com'è possibile che un laureato non sappia comunicare? Come lo spieghi?
Gran parte di loro, sono studenti di facoltà rom. Ci sono due problemi principali che non permettono un'adeguata preparazione alla vita politica:
-
il livello di insegnamento - e questo mi è confermato dagli stessi alunni che entrano nel mercato del lavoro - è inferiore a quello delle università non-Rom. E' un modo per far finta che oggi ci siano Rom istruiti. C'è un forte gap tra il loro apprendimento e le reali necessità della vita e cosa ci si aspetta da loro come studenti. Quegli studenti da un lato sono deprivati della loro cultura e contemporaneamente vivono un complesso di inferiorità rispetto ai loro coetanei non-Rom.
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In queste scuole si vive in un mondo etnicamente chiuso e, inoltre, viene loro ripetuto di essere qualcosa di differente. C'è da meravigliarsi se non ce la fanno? D'altra parte, sono persone reali nel mondo d'oggigiorno. La loro prospettiva è di ottenere posizioni a livello regionale, acquisire esperienza e preparazione per entrare nella politica che conta.
Qual'è il legame che manca maggiormente tra Rom e non-Rom perché possono incontrarsi politicamente?
Personalmente, ritengo che sia la capacità di percepire l'altro come partner a pieno livello. E' un blocco che non permette la piena valorizzazione delle mutue relazioni.
Però, molti dei cosiddetti rappresentanti delle giovani generazioni non sono cresciuti nei campi. Molti vengono da famiglie pienamente integrate o assimilate nella società maggioritaria. E' gente che sicuramente non ha problemi nel comprendere i principi di cooperazione, coabitazione, partnership.
Questi giovani Rom assimilati, in quanto rappresentativi dei Rom, secondo me sono un problema speciale della comunità, che ritengono un freno. Molti di loro, proprio come i loro genitori, non hanno assolutamente l'idea delle tradizioni comunitarie. Sono registrati come Rom, perché la loro pelle è più scura o perché tra i loro antenati c'era un Rom, di cui loro stessi si stupiscono. Ma cosa sanno dei Rom? Dei loro problemi? Della loro cultura? Li percepiscono, esattamente con gli stessi criteri della maggioranza. Ne hanno imparato dai libri. A volta mostrano lo stesso disdegno. Non recepiscono la struttura interna della comunità e non conoscono la lingua. Nemmeno sono in grado di creare una strategia che possa risolvere qualcosa dal punto di vista comunitario. La società maggioritaria li sceglie come partners, perché li percepisce come differenti, ma non è cosciente di cosa sia questa differenza. Nello spirito, non sono più Rom, e così se trovano ascolto si dichiarano tali, altrimenti tacciono la loro identità. Ma se a loro si chiede, ai massimi livelli, di risolvere i problemi dei Rom, non c'è da stupirsi se non sanno come prospettare soluzioni effettive.
Ritengo che abbiano un ruolo importante nel fornire un quadro attuale dei Rom. C'è qualcuno che mantiene contatti comunitari o che ne sia rimasto fedele?
Sì, naturalmente. E sono contento che ce ne siano. Persone che mantengono la tradizione comunitaria e nel contempo sanno guardare avanti. Non sono dei semplici carrieristi ed è per questo che hanno meno visibilità. Non è una generazione "sputata fuori" dalla rivoluzione, ma oggi studiano all'università e l'accesso alla scolarizzazione e alla vita in generale è differente dal passato.
C'è una possibilità reale in Slovacchia che i partiti non-Rom accettino candidati Rom in seggi eleggibili?
L'esperienza mi dice di sì. Ho incontrato diversi rappresentanti politici slovacchi e in linea di principio non ci osteggiano. C'è bisogno di noi: indotto dall'entrata nella EU e dallo sviluppo della società. Credo che i partiti stiano cercando candidati presentabili. E' importante che non diano spazio agli opportunisti e agli avventurieri, perché questo rallenterebbe nuovamente il processo di coscienza etnica della comunità.
Quali sarebbero le caratteristiche di un futuro leader politico Rom, perché sia accettato e benvisto dalla maggioranza dei votanti e dei partiti?
Prima di tutto, un programma politico differente. Non di segregazione ma di integrazione e cooperazione. La società maggioritaria deve sentirlo come un programma comune. Se invece ci limitiamo ad un programma profilato solo sulle nostre esigenze, per un gruppo di votanti che non ne ha coscienza, non saremo accettati. Il nuovo programma politico deve avere il contributo di quei segmenti della comunità che sono integrati e che hanno interesse a coabitare senza problemi. Se la società maggioritaria può accettare questo gruppo, sarà un primo passo verso la soluzione effettiva dei problemi di tutti i Rom.
Ma per alcuni anni la cosiddetta Nuova Generazione dei Rom, e i loro leaders, ha funzionato...
Nuovi e leaders e vecchi programmi. L'unica differenza tra loro e la vecchia generazione è l'età e forse l'istruzione. Ma è stata un'istruzione segregata, come dicevo prima e non avevano la capacità di sentire i non-Rom come partners. Si sono sentiti discriminati e volevano risolvere presto ogni cosa. Di più, da quando sono entrati nelle OnG, hanno iniziato a parlare di ambizioni politiche. Ci sono state commistioni poco chiare all'unico scopo di ottenere una buona posizione.
E dove sono gli altri?
Come dicevo, nelle OnG regionali. sul territorio. Molti di loro non parlano, agiscono e perciò sono meno visibili.
Che tipo di leader hanno bisogno i Rom? Cosa lo renderebbe rispettabile?
Oggi è molto difficile. Quindici anni fa, avrebbero potuto facilmente diventare leaders comunitari. Ma poi sono stati rimpiazzati dai carrieristi del terzo settore. Da un lato, molti lo spiegano col processo di democratizzazione e di presa di coscienza della comunità, ma nella realtà è la distruzione di un sistema che era già abbastanza corrotto. Dipende da che angolo lo si guarda. Per me rappresenta una grande tragedia.
La comunità è ancora capace di identificarsi e rispettare qualcuno?
Nuovamente, dobbiamo riferirci ai differenti livelli della comunità. Ce n'è uno infimo, che sopravvive in condizioni sotto ogni standard. Sfortunatamente, è qui che regnano i carrieristi. Quelli che necessitano di tali livelli di miseria per giustificare il loro ruolo. In questa situazione di dipendenza assoluta, anche se apparisse qualcuno capace di formulare un programma, di prefigurare cooperazioni future, non sarebbe creduto. Hanno bisogno di risultati rapidi, se non immediati. Ma questo, logicamente, non è possibile. Quindi, tendono a dare fiducia a chi li paga, a chi promette l'impossibile, agli avventurieri; oppure la loro disillusione coinvolge tutti: Rom e no. Una giostra da cui è difficile scendere.
Così, quanti realmente lavorano, chi li aiuta veramente, non può aspettarsi niente..
Disgraziatamente, è così. La prova si è avuta con le elezioni dei parlamenti regionali. I candidati che sono stati con loro quotidianamente, che hanno ascoltato le loro richieste e i loro interessi, non sono stati eletti.
Cos'è successo? Davvero non sono capaci di capire chi li sta aiutando?
Lo sanno, ma nella loro situazione è facile manipolarli. Cos si può pretendere quando la politica verso i Rom consiste in droga, aiuti alimentari e regali finanziari? Votano per chi li paga. Poi, il giorno seguente si scuseranno e torneranno da chi li segue quotidianamente. Non capiscono che col loro voto possono decidere i loro prossimi anni.
E invece, i cosiddetti Rom invisibili? Quella middle class parzialmente o totalmente integrata?
Anche loro al giorno d'oggi vivono problemi economici e lottano quotidianamente per sopravvivere. Ma nella Slovacchia orientale, dove vive la maggioranza di loro, questa non è una novità neanche per i non-Rom. Le difficoltà di vita sono comuni. La gente lì ha le sue opinioni, più o meno influenzabili, ma la maggioranza non vota certo per i Rom o per i loro partiti. Proprio per questo i loro rappresentanti spesso sono percepiti come incapaci di progredire o al limite come persone che hanno più interesse a loro stessi che ai problemi della comunità. C'è la sensazione che a nessuno importi di questi invisibili e nessuno possa aiutarli.
Cosa pensi delle posizione delle donne rom in politica? Hanno la possibilità di cambiare qualcosa?
Personalmente accetto le donne Rom come politiche e lotto e collaboro assieme a molte di loro a livello regionale, ma nel loro complesso i Rom non le appoggiano. La vecchia generazione di politici le rifiuta assolutamente o le ignora.
Perché?
Forse hanno paura di loro.
Te lo chiedo nuovamente: perché?
Perché le donne hanno più cognizione nel formulare i bisogni della comunità o perché non giocano a fare le leaders o le cape, non hanno bisogno di simili riconoscimenti. Se potessero parlare, potrebbero dimostrare che esistono soluzioni e che sono molto semplici. Ma i leaders politici non hanno bisogno di questo, hanno solo bisogno di comandare il loro intorno.
Ma non hanno nessuno da comandare.
Però figurano rappresentanti di 400.000 persone. Brandiscono quella cifra e non hanno timore di aumentarla.
Dopo l'obbligo di registrazione dei partiti, in Slovacchia rimangono solo due partiti dei Rom. Tra quelli che hanno cessato di esistere c'è l'Iniziativa Civica Rom, che era il più vecchio. Cosa pensi di questo processo?
E' un'immagine reale di come appaia la vita politica rom. Il fatto che i vecchi partiti non si siano registrati, lo considero un errore ridicolo ed imperdonabile dei rispettivi leaders. Proprio quando si parlava di rilancio e di ritorno alla politica. Questo da solo spiega la loro abilità, o forse incapacità, di muoversi nella politica.
Però, subito dopo gli stessi leaders sono finiti in partiti non-Rom.
Per noi, trattasi di partnership, non di business. Quanto è accaduto prima delle elezioni regionali era business: la promessa di un certo numero di voti dei Rom in cambio di una buona posizione. Ne sono convinto.
La situazione si ripeterà con le elezioni nazionali l'anno prossimo?
Il rischio c'è sempre. Ma i partiti non-Rom hanno un anno a disposizione per cercare, informare, cooperare con chi già opera a livello regionale. Possono scegliere e hanno tutto il tempo necessario. Devono però indirizzarsi verso quanti abbiano ottenuto risultati e mobilitato gente, non verso chi parla di cosa vorrebbe o cosa farebbe. Devono valutare la capacità di lavorare in team, di agire nell'interesse dei Rom e nel contempo che sappiano vedere oltre la mera dimensione etnica. Dopotutto, non abbiamo niente da perdere. Se un candidato Rom ha carisma sufficiente, può attrarre anche il voto dei non-Rom. Questo è un punto di partenza per iniziare a lavorare e risolvere assieme le cose.
Ivan Hriczko (1980) è co-fondatore di Roma Press Agency (vedi anche Pirori ndr). Ha lavorato come primo giornalista Rom nella televisione (TV Naša e TV Global). Attualmente studia marketing e scienze politiche all'università.
Di Fabrizio (del 27/12/2005 @ 17:44:08, in Europa, visitato 2037 volte)
Pristina/Belgrado, 22 Dec. (AKI) - Marek Novicky, ombudsman per il Kosovo, ha criticato lo stato dei diritti umani nella provincia, sotto amministrazione ONU dal 1999, dicendo che è "lontana dagli standards internazionali". Novicky, nominato cinque anni fa' dalla comunità internazionale per supervisionare la situazione sui diritti umani in Kosovo, ha detto che le minoranze etniche nella regione, in particolare Serbi e Romanichals, "non sono ancora in grado di muoversi liberamente", cosa che limita le loro condizioni economiche e di vita.
Mercoledì scorso a Pristina, durante la conferenza stampa d'addio, Novicky ha ammonito che la situazione peggiorerà se la comunità internazionale non nominerà un nuovo controllore dei diritti umani.
Il capo dell'amministrazione ONU, Soren Jessen Petersen, che ha ampli poteri nella provincia, ha deciso di incaricare le locali autorità di etnia albanesi al controllo dei diritti umani, una mossa che Novicky considera prematura.
Petersen è stato critico anche verso le autorità di Belgrado, sui tempi di formazione dei ministeri degli interni e della giustizia, attualmente sotto il controllo dell'etnia albanese. Da quando i Serbi hanno abbandonato la regione, a seguito dei bombardamenti del 1999, questi poteri sono stati sotto il controllo internazionale.
Dusan Batakovic, in rappresentanza del presidente serbo Boris Tadic, replica che le sue competenze sono state invalidate da Petersen e che il suo trasferimento aumenterebbe la pressione sui 100.000 Serbi che rimangono nella provincia.
Sono oltre 200.000 i Serbi e gli appartenenti a etnie differenti da quella albanese, che hanno lasciato il Kossovo dal 1999. Ora l'etnia albanese chiede l'indipendenza, a cui Belgrado si oppone. non avendo più nessuna autorità nella provincia. I colloqui sullo status finale dovrebbero iniziare a gennaio.
(Vpr/Aki) 22-Dec-05 11:55
Di Fabrizio (del 28/12/2005 @ 10:36:12, in lavoro, visitato 2127 volte)
"Le voci sulla nostra integrazione sono largamente esagerate"
Di: Deyan Kolev - fonte Bulgarian_Roma
Un terzo dei Rom non ha esperienza lavorativa, intendo non ha mai lavorato con contratto a tempo indeterminato. Questi alcuni dei risultati di una ricerca condotta dal Centro Amalipe sui dati dell'Agenzia per le analisi sociali, l'UNPD e la Banca Mondiale. Il 66,1% dei Rom che non hanno mai avuto un lavoro sono donne. Sono dati "shoccanti" se comparati a tutti i rapporti sulle iniziative governative "di successo" per l'integrazione dei Rom e l'uguaglianza di genere.
Cosa significa? parafrasando Mark Twain, che le voci sull'integrazione dei Rom sono state largamente esagerate. Questi dati, riportati con alcuni errori da diversi giornali, necessitano di alcuni chiarimenti.
Per iniziare, la maggior parte di questo terzo di Rom che non ha mai avuto un lavoro sicuro, vuole lavorare legalmente! La stesa ricerca mostra che il 90% dei Rom preferisce un lavoro permanente al vivere di assistenza sociale.. Quindi non è serio motivare l'alta percentuale di Rom disoccupati con la semplice poca voglia di lavorare o "pigrizia innata". Sono spiegazioni facili, ben accette all'orecchio di un vasto pubblico, in ogni caso non riflettono la realtà e la ricerca lo dimostra chiaramente. Nella cultura patriarcale rom il lavoro e la diligenza sono valori esattamente come nella cultura patriarcale bulgara: non potrebbe essere differentemente, visto che i Rom si sono sempre guadagnati da vivere nei secoli con lavori tradizionalmente artigiani, spesso i più duri e più sporchi.
Secondo: la mancanza di scolarizzazione non può essere l'unico fattore motivante di una così alta percentuale di mancanza di esperienza lavorativa. Senza dubbio, la scuola è un fattore importante (non è una coincidenza che il 64% di chi non ha mai trovato lavoro no ha terminato l'8° grado!), ma questo non è il solo dato rilevante. Ancora più sorprendente il secondo fattore: più del 98% di questo gruppo ha meno di 39 anni! E' la generazione entrata in età lavorativa dopo i cambiamenti del 1989. I Rom "del periodo socialista" senza lavoro, sono soltanto l'1,6%. Insomma, la società bulgara democratica del XXI secolo, esclude di più di quella totalitaria del XX secolo! Le ragioni possono essere...
Terzo: la disoccupazione è un chiaro sintomo del gap di sviluppo tra le diverse regioni e i differenti tipi di insediamento - un problema che non ha basi etniche. Circa l'80% dei Rom disoccupati vive in villaggi e piccole città. La liquidazione dell'agricoltura cooperativa socialista dove molti di loro erano occupati, li ha lasciati senza altri sbocchi nel mercato del lavoro. Le stesse ragioni valgono anche per i Bulgari delle medesime aree (non nella stessa percentuale). La transizione ha completato ciò che già si sta va sviluppando nell'ultimo periodo del comunismo: la marginalizzazione dei villaggi e dei piccoli insediamenti dalla vita economica reale.
Last but not least, occorre grande attenzione alla discrepanza di genere nell'impiego tra i Rom. Due terzi tra la i Rom mai attivi sono donne. Una ragione risiede nel conservatorismo della comunità e nel ruolo che tradizionalmente viene riservato alle donne. E' un problema che non va sottaciuto, magari rifugiandosi nella strenua difesa della tradizione. Se la tradizione è quella che preserva il senso della comunità, deve comunque adattarsi all'attualità, senza arrestare lo sviluppo di quel 56% di comunità che è costituito da donne.
Se un terzo dei Rom non ha accesso al mercato del lavoro, non è un problema della sola comunità. I numeri stupiscono perché mpostrano sembra ombra di dubbio che la Bulgaria è percorsa da buchi neri di cosmica ineguaglianza tra i differenti gruppi sociali, etnici, persino generazionali. Chiudere gli occhi è un modo per cadere dentro questi stessi buchi.
Di Fabrizio (del 28/12/2005 @ 10:48:04, in Europa, visitato 2241 volte)
Nessun dato sul numero dei Rom in Serbia
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Jelena Markovic, Assistente del Ministero per i Diritti Umani e delle Minoranze |
Stime sul censimento del 2002, indicano la cifra di 108.000, ma le cifre ufficiose dicono che sarebbero tra 450.000 e mezzo milione, inclusi quei 250.000 che vivono nelle "mahalas" (insediamenti illegali) ai margini delle grandi città.
Jelena Markovic, Coordinatrice del Decennio dei Rom e Assistente del Ministero per i Diritti Umani e delle Minoranze, afferma che la Serbia è sul punto di trasferire "dalla carta all'implementazione fattiva" i piani d'azione adottati, che dipendono però da diversi fattori, inclusi i differenti livelli di interesse dei vari livelli governativi.
Enfatizza il bisogno di una grande partecipazione civile nello sviluppo del progetto, col supporto della comunità internazionale, tenendo presente la situazione specifica della Serbia, che tuttora ospita un numero enorme di profughi Rom dal Kosovo. |
"Qualsiasi sia la strategia da adottare, dobbiamo conoscere il numero delle persone a cui è rivolta. In mancanza di questo, continueremo a parlare in termini generici" dice Markovic, aggiungendo "Il Decennio dei Rom fallirà in mancanza di cifre e dati precisi". Markovic ricorda poi che lo sviluppo di un progetto sulla sanità, richiede la partecipazione e la formazione tanto dei Rom che degli operatori, rimarcando che nessun aspetto, neanche quello sanitario, dev'essere separtao dagli altri, come quelli dell'alloggio, della scolarizzazione ecc.
Djordje Stojiljkovic, coordinatore del Decennio dei Rom assieme al Ministero della Sanità, ha rimarcato che soltanto uno su 100 dei Rom in Serbia raggiunge i 61 anni di età.
Queste dichiarazioni, sono state rese nel corso di una conferenza organizzata dal Palgo Centar, che intendeva portare all'attenzione l'esigenza di fornire documenti di soggiorno temporaneo a quei Rom che si trovano in Serbia senza nessun permesso legale.
La conferenza si è tenuta al Centro Sava, promossa dall'Open Society Fund Serbia (FOSYU) e dall' Open Society Institute di Budapest.
Articolo originale riportato su Roma_Yugoslavia
Il progetto pringiarasmi (conosciamoci, in lingua sinta) intende arricchire la città di Mantova con il patrimonio musicale delle culture rom e sinte. Crediamo la conoscenza delle tradizioni musicali millenarie di queste popolazioni una modalità capace di dialogare con le altre culture esprimendo la propria identità. Intendiamo il dialogo come interazione con le diverse realtà culturali ...
Il musicista del progetto è Aleksandar Stojkovic, nato nella ex Yugoslavia, discendente da una famiglia di musicisti Rom Rumeni. Fin da piccolo suona la fisarmonica insieme alla propria famiglia nelle feste di paese. Negli anni diventa un virtuoso dello strumento che accompagna con una caratteristica voce blues, raccontando le storie Rom tramandate oralmente per secoli. La sua musica nasce dalla contaminazione di diverse tradizioni, da cui emerge trascinante la tradizione balcanica. E’ in Italia dall’inizio degli anni novanta, scappato dalla guerra dopo aver perso la vista. Vive a Mantova con la moglie Angela da tre anni. In questi anni ha collaborato con diversi artisti italiani, soprattutto a Bologna.
Di Fabrizio (del 29/12/2005 @ 07:04:20, in Europa, visitato 2734 volte)
Traduit par Jasna Andjelic in francese e ritradotto in italiano (sì, insomma...)
In stampa: 15 dicembre 2005
In linea: 16 dicembre 2005
Sur la Toile |
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Tra gli 80 e i 100.000 Rroms vivrebbero in Bosnia Herzegovina, uno dei paesi dei Balcani dove le discriminazioni sono più evidenti. Molti bambini non sono mai andati a scuola, ed i Rroms non hanno rappresentanti politici né un forte movimento di affermazione sociale (cfr precedente ndr).
Il rubinetto situato nel centro del quartiere rrom di Varda, nei dintorni di Kakanj (Bosnia Centrale), è l'unica fonte di approvvigionamento per 350 abitanti, che non hanno accessi all'acqua potabile e al sistema fognario.
"Qui i bambini non vanno a scuola. Quando si chiede loro perché, rispondono che senza acqua e sapone, gli altri bambini rifiutano di sedersi accanto a loro" spiega Fadila Memisevic, la presidente dell'Associazione per i Popoli Minacciati in Bosnia Herzegovina mentre illustra il progetto "Relazioni con i Rom senza pregiudizi".
Il quartiere di Varda non è un'eccezione, qui la discriminazione è più forte che in altri paesi dei Balcani. La loro situazione è diventata inquietante durante la guerra e le condizioni di vita fanno sì che pochissimi Rom vivano oltre i 50 anni.
I rappresentanti della missione OSCE pensano che la mancanza di vestiti e l'impossibilità di acquistare i libri scolastici, siano le ragioni più frequenti dell'assenza scolastica, anche quando i genitori sono favorevoli.
“Il basso livello di scolarizzazione dei Rrom si spiega con la discriminazione e la loro mancata accettazione come cittadini eguali, ma anche con l'incoscienza degli stessi Rrom nel rapporto con la scuola dell'obbligo”, spiega Sanela Besic, coordinatrice del Consiglio dei Rrom della Bosnia Herzegovina.
L'esclusione dal sistema scolastico comporta un alto tasso di disoccupazione, e a sua volta questo rende difficile la loro partecipazione alla società e il miglioramento della loro situazione economica. Secondo gli esperti, la creazione di programmi sociali e scolastici dev'essere una priorità nel tentativo di integrare i minori rrom.
“La debolezza politica è un altro svantaggio. Non sono attivi, la loro presenza nei partiti non è organizzata.” aggiunge Fadila Memisevic, che propone la trasmissione mensile di un programma in romanès sulla televisione pubblica.
I Rrom sono anche la minoranza più numerosa in Bosnia Herzegovina, che conta circa quattro milioni di abitanti. [...] Difficile dare cifre ufficiali, perché nelle statistiche ufficiali non esistono. Nel censimento del 1991, soltanto 8.864 si dichiararono di nazionalità rrom, molti di loro preferirono dichiararsi Musulmani, Serbi o Croati per rifuggire dalle discriminazioni.
tratto da: Roma_Francais
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