Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 17/06/2005 @ 11:01:27, in Italia, visitato 1867 volte)
A proposito di: Milano: appello ALLA CITTÀ DEMOCRATICA E ANTIRAZZISTA, ricevo e porto a conoscenza:
Cari/e tutti/e
ieri 16 giugno, contestualmente al presidio per la chiusura del Cpt di Via Corelli, dalle ore 18.30 alle 19.30, si è svolto l'incontro in Prefettura. Presenti, per la Prefettura, il Prefetto Ferrante, il capogabinetto e il vice-capogabinetto e, per i firmatari dell'"Appello alla città...", una delegazione composta da rappresentanti di Arci, Fiom, SinCobas, Naga, Verdi, Rifondazione.
Come già affermato nell'appello e poi ribadito nell'incontro pubblico del 6 giugno scorso, l'incontro era finalizzato a garantire il monitoraggio e l'accesso al Cpt di Via Corelli da parte di organismi indipendenti. Dopo aver ribadito il senso dell'iniziativa dell'appello e del presidio e l'intenzione di continuare la mobilitazione per la chiusura del Cpt, la delegazione ha dunque avanzato le seguenti richieste:
1. possibilità di accesso al Cpt da parte di: a) associazioni, sindacati ecc. che hanno attività sull'immigrazione b) consiglieri comunali, provinciali e del CdZ 3 (questo ultimo aveva peraltro votato il 9 giugno scorso un odg che chiedeva l'accesso di una sua delegazione) c) stampa c) due collaboratori per ogni consigliere reg. o parlamentare (come peraltro avviene nelle carceri...)
2. fornitura documentazione alle associazioni da parte Prefettura circa: regolamento vigente in V. Corelli, testo convenzione con Croce Rossa e informazione periodica sulle presenze nel Cpt (per nazionalità, provenienza ecc.)
3. possibilità per gli "ospiti"-detenuti di essere visitati da un medico di loro fiducia, cioè indicato da loro (allo stato attuale ciò non è possibile e l'unico interlocutore per l'assistenza medica è il presidio interno della Croce Rossa)
4. apertura da parte Prefettura di un tavolo unico su tutti gli aspetti dell'immigrazione sul territorio (finora esistono soltanto due tavoli separati, uno dove partecipa anche il Forum Terzo Settore e l'altro con Cgil-Cisl-Uil).
Il Prefetto Ferrante, da parte sua, si è dichiarato disponibile a discutere tutti i punti citati, cioè ha tenuto un atteggiamento di apertura e non di chiusura. Da parte sua, la delegazione ha evidenziato la necessità di andare oltre alle disponibilità e di assumere impegni concreti già in quella sede. Quindi, in chiusura dell'incontro è stato concordato quanto segue:
A) entro settimana prossima una delegazione dei firmatari e una della Prefettura si incontreranno di nuovo, onde entrare nel dettaglio e definire le modalità concrete. Questo incontro di terrà all'interno del Cpt di Via Corelli e sarà dunque già una prima occasione di monitoraggio.
B) impegno per un luogo continuo di confronto sulla situazione interna di Via Corelli tra associazioni e Prefettura
C) sin da subito, ogni "ospite"-detenuto ha la possibilità di essere visitato da un medico da lui indicato. Tale visita dovrà avvenire dentro il presidio medico della Croce Rossa di Via Corelli.
In conclusione, pare di poter dare una valutazione positiva dell'incontro. Ovviamente, tutti gli impegni vanno verificati nella pratica.
Sarà necessario, in tempi non biblici, convocare di nuovo un incontro dei firmatari dell'appello, al fine di definire la continuità dell'iniziativa per la chiusura del Cpt, nonché le modalità di lavoro nostro in relazione all'attività di monitoraggio.
Intanto, ricordo l'impegno, già deciso il 6 giugno scorso, di garantire una presenza al processo (23 giugno) contro i detenuti di Via Corelli, arrestati in seguito alla protesta di fine maggio.
un abbraccio Luciano Muhlbauer
Di Fabrizio (del 17/06/2005 @ 16:27:59, in Europa, visitato 2096 volte)
Ricevo quasi contemporaneamente da Asmet Elezovski, attivista Rom della Macedonia; Karin Waringo, giornalista; da Claudia Tavani in Gran Bretagna e dal Kosovo Roma and Ashkali Forum, un invito a firmare contro la deportazione forzata dei Rom verso il Kossovo.
Il caso più eclatante è quello della Germania, ma questi "rimpatri" stanno avendo luogo in tutta Europa e anche in Italia.
E' quindi importante che giungano molte adesioni anche dall'Italia.
Per questo, ho preparato una traduzione della petizione anche in lingua italiana, e la possibilità di inviare la vostra adesione online al comitato promotore. Per un confronto, ho tenuto a margine anche i testi della petizione in inglese e romanès. Vi basta collegarvi a: http://www.sivola.net/download/kossovo.htm e compilare il form.
In calce, troverete anche un facsimile per chi volesse approntare una raccolta di firme tradizionale.
Di Fabrizio (del 17/06/2005 @ 23:27:57, in Europa, visitato 1975 volte)
A proposito dei due ultimi post sulle espulsioni in atto in Italia e in tutta Europa, sono disponibili nell'area download:
- La risoluzione del Parlamento europeo su Lampedusa - 14 aprile 2005
- La proposta di risoluzione comune sui Rom del Parlamento Europeo
(ringrazio VIA ADDA NON SI CANCELLA)
- e il rapporto INTERNATIONAL HELSINKY FEDERATION FOR HUMAN RIGHT sulla situazione dei Rom nei paesi europei
Vi invito nuovamente (chi se ne fosse scordato) a firmare la petizione online contro i rimpatri forzati
da Burekeaters
Sevdah Oggi la parola serbo-croata indica soprattutto un genere musicale, un canto gitano appassionato, diffuso in Europa per iniziativa del produttore discografico Dragi Sestic, che ha lanciato due cantanti, entrambe zingare bosniache, Ljiljana Petrovic Buttler e, di recente, Amira Medunjanin (Internazionale, 26 maggio 2005).
Dalle rovine di Mostar, nei primi anni novanta la parola, col canto, si è diffusa in Europa, in francese e inglese soprattutto, ma anche in tedesco, spagnolo e, da qualche anno, in Italia. Qui tra i primi ne parlò Predrag Matvejevic in un bell’articolo in italiano in Alexandria Biblioteka (dicembre 2002). Parola e canto risalgono al medioevo, alla presenza ottomana nei Balcani e al turco sevda, "amore ardente", ma anche "fantasia" e "malinconia, umor nero".
Qualcuno suppone per la parola turca un’origine dall’arabo sauda’, "malinconia".
Dalla Città del Ponte viene un piccolo prezioso compenso agli occidentalismi che invadono l’est europeo e mediterraneo.
[Tullio De Mauro, "La Parola" in Internazionale n°593 - grazie a Judith]
Chi volesse ascoltare una Sevdah aggratisse cliccasse qui
Chi invece volesse accattare sull’Itunes Music Store una Sevdah suonata dalla mitica Kocani Orkestar può invece cliccare qui (a proposito nella sidebar abbiamo appena aggiunto una nuova sezione, con le musiche balcaniche che ci piacciono di più disponibili sull’Itms)
Di Fabrizio (del 19/06/2005 @ 04:13:49, in casa, visitato 5887 volte)
Da: USTIBEN
Riassunto del rapporto Ustiben di Grattan Puxon - venerdì 17 giugno 2005
La lunghissima vertenza attorno all'abbattimento del villaggio di Dale Farm (cfr. http://sivola.blog.tiscali.it/ah1984296/) potrebbe avere risvolti inaspettati per il governo di Tony Blair, che pure con l'approssimarsi delle scorse lezioni, aveva mitigato i toni delle polemiche, mostrando di venire incontro alle esigenze dei Rom e Viaggianti che abitano il villaggio.
Sinora le politiche comunali di sgomberi forzati, sono costate allo stato la bellezza di otto milioni di euro. Ma all'orizzonte si profila per il Governo la messa sotto accusa da parte della Comunità Europea, dopo che 300.000 Rom greci hanno vinto una causa simile contro il loro governo, col sostegno di ERRC.
I circa 800 abitanti di Dale Farm e della vicina Hovefield (i più grandi insediamenti stabili di nomadi in Gran Bretagna), assistiti dllo studio legale McCarthy, intendono fare un ricorso simile per violazione dell'art. 16 della Carta Sociale Europea, che garantisce alloggio e tutela della famiglia a tutti i cittadini europei.
Altri processi sono in corso in tutta la Gran Bretagna, contro la comapagnia Costant & co, resasi responsabile di violenze private e danneggiamenti a proprietà durante le ttività di sgombero avute in appalto dai consigli comunali.
Mentre Dale Farm è da un mese assediata dai bulldozer, a Bulkington alcune famiglie hanno ri-occupato l'area da cui erano state sgomberate. Sono oltre 300 le aree di soste sgomberate negli ultimi 18 mesi.
Recentemente, gli "occupanti" hanno potuto incontrarsi col commissario europeo per i Diritti Umani, Alvaro Gil-Robles. Hanno anche ricevuto la solidarietà dalla comunità ebraica inglese, per voce di Ruth Barnett, scampato alle persecuzioni naziste del secolo scorso. Dal punto di vista politico, sono diversi i parlamentari che si sono impegnati ad unirsi agli occupanti, se le ruspe dovessero entrare in azione.
Nello stesso consiglio comunale di Basildon, che ha promosso la causa di sgombero e coerentemente prosegue questa politica da anni, si registrano ora prese di distanza da parte dei consiglieri eletti. Nel contempo, nella cittadina è in corso una raccolta di firma a sostegna di Dale Farm.
Lo sgombero di questa comunità sarà affrontato anche nella sessione del parlamento di International Romani Union che si terrà il 1 e 2 luglio a Belgrado, ed è stato condannato da diverse organizzazoni Rom in Francia, Germania, Serbia, USA, Canada e Australia.
E' un argomento ripreso in altri momenti, e mi sembra utile segnalare:
Casa della Cultura - via Borgogna 3 - Milano
giovedì 23 giugno 2005 ore 21.00
vi invitiamo alle prove aperte dello spettacolo
CASA DOLCE CASA
Atto unico sulla violenza domestica alle donne
testo di Fanny Dalla Valle
psicologa e attrice
e di
Samantha Gamberini
formatrice esperta di problematiche di genere
in scena
Fanny Dalla Valle
Paolo Vergnani
musiche originali eseguite dal vivo dagli autori
Marcello Bruno e Pino Pio Arborea
regia di
MARCO MARCHEGIANI
e supervisione di
FRANCESCO BRANDI
Lo spettacolo è stato realizzato dal gruppo Emilia Romagna di Amnesty International insieme a teatrodimpresa nell’ambito della campagna
MAI PIU’ VIOLENZA SULLE DONNE
Si vogliono analizzare i meccanismi culturali, sociali e psicologici sottostanti il fenomeno della violenza domestica. L’obiettivo è di sfatare i luoghi comuni sul tema a partire dal tentativo di circoscriverlo a realtà sociali degradate
Anche quest'anno si terrà il concorso "Miss Roma", sponsorizzato da BTR TV. Per chi si occupa di informazione sui Rom, è una di quelle notizie che esulano dal circolo vizioso della cronaca nera e del folclore scontato. E i diretti interessati (pardon: le dirette interessate), come vedono queste iniziative? La lettera che segue (che trovate nella mailing list Macedonian_Roma offre spunti interessanti:
Da Enisa Eminova
Spettabile Zoran Dimov (direttore di BTR TV ndr.)
Sono in totale disaccordo conl'idea che si possa eleggere la Romni più bella. Comprendo che un media come BTR debba seguire l'andamento dominante e adeguarvisi, ma dovete anche comprendere che non sempre questo andamento può essere il più adatto ai nostri scopi.
Se da un lato abbiamo da imparare dall'esperienza altrui, non dobbiamo smettere di valorizzare e analizzare la nostra storia, specialmente quella della condizione femminile.
Questa la ragione del mio forte disaccordo.
Mi aspetto da lei, come responsabile di un importante mezzo di informazione dei Rom, un approccio diverso alla condizione femminile delle Romni. Abbiamo molte e altre maniere di esprimerci. Non siamo bambole in attesa di essere giudicate più belle delle altre.
Quando all'inizio di giugno sono stata in Bulgaria, un giovane Rom mi disse:
"Noi uomini abbiamo paura delle donne forti! Ma questo non è IL problema. Il problema vero è che anche tra di noi ci sono gli stessi pregiudizi che tra tutti gli altri uomini. Così le donne sono viste come nella maggior parte degli altri contesti"
Mi scrisse anche una donna: "Noi che siamo scolarizzate, siamo viste come un virus. Un virus contagioso!"
Occorre finirla! Mentre gli uomini Rom combattono per i diritti dei rom, dimenticano che la parola DIRITTI non significa solo quelli dei maschi!
La mia domanda ai tanti maschi attivisti è: Cosa potrebbe succedere se vi rendeste conto che siamo anche noi -Romani-? Non soltanto donne, ma donne Rom e voi non potete decidere se per noi sia più vitale essere donne o essere Rom. Lo sono entrambe!
Enisa Eminova
Rif. Il concorso 2004, promosso da DZENO.
Di Fabrizio (del 19/06/2005 @ 16:03:51, in media, visitato 1862 volte)
non vorreste girarci un film??
Informa DZENO che il gruppo musicale Bengas sarà la banda d'apertura durante la prossima tournée dei Gipsy King, che da settembre suoneranno in tour in Europa e Nord America.
Molto noti nei circoli musicali, Bengas si sono formati a Praga nel 2001, ma sinora sono rimasti fuori dai grandi circuiti musicali internazionali. Dopo un concerto comune l'anno scorso a Prga, sono stati invitati dai Gipsy King ad unirsi alla loro prossima tournée.
Su Radio Rota potete ascoltarli online.
di: GAIUTRA BAHADUR Knight Ridder Newspapers BAGHDAD, Iraq - (KRT) Kamalia era noto come un quartiere di peccato, simbolo della decadenza dei costumi degli anni di Saddam Hussein. Si dice che il deposto dittatore avesse favorito l'insediarsi di danzatrici e degli Zingari. Adesso, i muri sono coperti con le immagini di un altro Hussein: il nipote del profeta Maometto e il più venerato tra i santi Sciiti. Gli Zingari se ne sono andati e il quartiere ha assunto il nome di Hay al-Zahra, la figlia del Profeta. La maggior parte degli Zingari, una piccolissima minoranza presente da secoli, sono scappati dopo l'invasione USA del marzo 2003; in quanto ritenuti molto vicini al vecchio regime, ma anche perché ritenuti coinvolti nella prostituzione e nel traffico d'alcool e quindi non-graditi in un paese islamico. L'Iraq era uno degli stati più stabili e più laici in tutto il Medio Oriente, ma la fine della guerra e l'ascesa dei partiti religiosi lo stanno trasformando radicalmente. Donne che giravano scoperte ora indossano la "hijabs," seguendo i dettami dell'Islam. Sono state chiuse con la forze le chiese e le vendite di alcolici, come anche i barbieri che praticavano tagli proibiti dal Corano. "Ora, gli Iracheni sono diventati Musulmani," dice Akeel Hamid, 34 anni, uno dei pochi superstiti della comunità Zingara, che una volta contava 50.000 persone. "Così per noi è diventato duro rimanere qui." Hamid si è inventato "squatter", finendo per occupare la ex sede del club dell'aviazione, distrutta dai bombardamenti e in stato di abbandono. Lui e dozzine di altri si sono sistemati in tende costruite con foglie di palma e cartoni. I bambini mostrano infenzioni cutanee e il campo improvvisato è assediato dai rifiuti. "Una volta avevamo belle case," racconta Nadia Ali Mehsin, grattandosi la testa. "Saddam ci proteggeva... nessuno poteva toccarci o minacciarci." Mehsin, 35 anni, possedeva un appartamento a Kamalia, con la stanza per gli ospiti, una cucina spaziosa, un telefono, il garage e un giardino. Ma, un mese dopo l'invasione, racconta che una notte si sono presentati degli uomini armati: "Hanno bussato alla porta e ci hanno detto: 'Ora il governo siamo noi. I vecchi capi non ci sono più e possiamo fare quel che vogliamo.' Ci hanno imposto di andarcene." Mehsin dice che non conosceva quegli uomini. Ma i seguaci di Muqtada al-Sadr, che spesso hanno affiancato le azioni di polizia in quest'anno, rivendicano a loro la decisione di aver svuotato Kamalia e le altre enclave Zingare. "Il loro comportamento era immorale per la società" dice lo Sceicco Ahmed al-Amshani, rappresentante di al-Sadr a Kamalia. "Le ragazze sedevano per strada con vestiti peccaminosi. Danzavano e cantavano a voce alta. Tentavano di corrompere la nostra gioventù" Il popolo zingaro data le sue origini nell'India di mille anni fa. Nel loro spostarsi a occidente, generazione dopo generazione, un gruppo si è diretto verso l'Europa dell'Est e un altro verso quelli che oggi sono la Siria e l'Iraq (il termine esatto di quest'ultmo gruppo sarebbe Dom ndr). Per secoli, si sono guadagnati da vivere come intrattenitori e danzatori. E' una tradizione che persiste, con un'intatta carica di sensualità, anche se molti di loro si sono convertiti all'Islam. L'anno scorso circolava un video in Medio Oriente, che presentava alcuni Zingari iracheni che ballando agitavano i loro capelli e le spalle, mentre il cantante offriva un'arancia a una donna poco vestita. Gli Zingari sono stati per secoli perseguitati, anche dai nazisti in Germania. Molti iracheni li associano alla prostituzione, così tutti sono indistantemente trattati di conseguenza, anche quelli che non vi hanno niente a che fare. Il padre di Al-Sadr, un riverito ayatollah fatto assassinare da Saddam, ha dedicato numerosi sermoni agli Zingari perché conducessero una vita più pia, inviando i suoi discepoli nelle eloro enclave per fare opera di conversione. "Con la fine della guerra, abbiamo finalmente potuto liberarci di loro" dice Amshani. Un anno fa, la polizia aveva ammonito la milizia di al-Sadr, l'esercito Mahdi, per aver sloggiato 1.000 residenti dal villaggio meridionale conosciuto come Qawliya, che in arabo sarebbe l'abbreviazione tanto di "Zingaro" che di "prostituta". La milizia aveva risposto che ciò era avvenuto durante un loro tentativo di liberare una ragazza rapita e che i vicini ne avevano approfittato per saccheggiare il villaggio. Amshani aggiunge che anche i campi di Abu Ghraib e Hillah sono stati abbandonati, dopo che i leaders religiosi vicini ad al-Sadr lo avevano richiesto. I sacerdoti parlano di combattimenti tra Zingari e "giovani religiosi armati", avvenuti a Kamalia un mese dopo la caduta di Saddam, ma di non aver offerto protezione agli Zingari che si erano rivolti a loro, perché non volevano abbandonare la prostituzione. Altri parlano di pressioni da parte dei vicini verso gli Zingari, ma questa volta senza armi spianate. Dice Hussein Miklif, 25 anni, residente nel quartiere: "I capi clan sono andati da loro e gli hanno chiesto di andarsene, perché davano alla zona una cattiva reputazione. Sapevamo tutti che se fossero rimasti, la loro presenza avrebbe urtato i sentimenti popolari." Aggiunge che è stata data loro una settimana di tempo per sistemare le loro questioni. Poi termina: "Adesso siamo tranquilli" Che ci siano state armi oppure no, i 200 Zingari di Kamalia sono andati via. Di sicuro l'area è tranquilla, non ci sono bande armate o posti di blocco, ma quelli non c'erano neanche "prima". "Dopo la caduta del regime, le loro case sono state rase al suolo," dice Nadwa Dawood, portavoce del Ministro per Migrati e Rifugiati. "Li consideriamo alla stregua dei rifugiati, perché dopo aver lasciato le loro case, si spostano da un posto all'altro" Qualcuno di loro ha venduto la casa a poco prezzo, altri l'hanno subaffittata. Altri ancora, hanno rimediato un caravan e si sono spostati in Siria o Giordania, senza troppi rimpianti. "Il quartiere era disabitato" dice Abdul Mohsin Saahib, che si è trasferito lì due mesi dopo la fine della guerra. Ha guardato diversi appartamenti senza nessun occupante, prima di sceglierne uno. Sulle pareti delle case, c'erano dipinti di ragazze in tenuta succinta, stanze con separè da teatro, resti dei banchi che si affacciavano sulla via per vendere alcol. "Non hanno religione" dice Hajj Jassim Mohamed, padre di Saahib, parlando dei loro rapporti con Saddam: "Il governo ha sempre oppresso gli iracheni onesti, così loro potevano fare la bella vita. Ma dopo la guerra, hanno capito che intorno a loro vivevano persone religiose e che sarebbe stato pericoloso rimanere." La famiglia ha "purificato" la casa con acqua e sapone, dopo averla comprata dagli Zingari. Hanno chiuso la veranda sulla strada dove si vendevano i liquori. E sui muri hanno appeso i poster di al-Sadr e di suo padre. Un altro acquirente ha ottenuto l'indirizzo dell'appartamento in affitto dalla sede di al-Sadr. Sheikh Ghaith al-Tamimi, che è il portavoce di al-Sadr per i quel quartiere, dice di avere tutti i nomi degli appartamenti abbandonatidagli Zingari, elencati via per via, ma che il suo ufficio ha smesso da tempo di funzionare come se fosse una succursale immobiliare. "Abbiamo detto loro di lasciare le case, ma che noi non potevamo trattare con i futuri inquilini. Quindi, che era compito loro trovare chi le acquistasse o volesse pagare loro l'affitto." Anche Mehsin, la "squatter" rifugiata nel club dell'aviazione, è tornata nel suo quartiere. Giunta a quella che era la sua casa, si è trovata sulla porta una donna armata con un coltello da cucina. Poi, è riuscita a farsi dare tre milioni di dinari (circa 2.000 $) per la casa. Un decimo del suo valore, dice. Lei è arrivata al club abbandonato con tutto il suo gruppo, dopo essere stata cacciati da una scuola e da una base militare. "Cosa possiamo fare? Non abbiamo soldi" ci dice Mehsin, "Chi poteva permetterselo, ha lasciato l'Iraq; ma dove possiamo andare? Questo è il nostro paese" Knight Ridder correspondent Alaa al-Baldawy contributed to this reportOriginale da: Romano_Liloro mailing list
|