Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 22/02/2006 @ 20:19:52, in Europa, visitato 1733 volte)
E' uscito l'aggiornamento di febbraio 2006 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
Di Fabrizio (del 22/02/2006 @ 09:21:02, in Europa, visitato 1891 volte)
La comunità Rom di Shuto Orizare (Suto Orizari, l'unico comune amministrato da Rom) è in agitazione perché al comune viene negata l'acqua corrente. L'acquedotto ha tagliato la fornitura a tutto il comune, perché un gruppo di Rom non era e non è in grado di pagare le bollette dell'acqua. Il sindaco Erdoan Iseni ha manifestato ieri con gli abitanti, che hanno bloccato la strada che collega il comune alla fabbrica di tessuti di Zito Luks, verso Skopje. Il blocco è durato dalle 7.30 alle 11.00 Informazioni: Mr. Ferhat Hasan - Chef in the administration of Suto Orizare - Tel: + 389 70 268 280oppure: Sebihana Skenderovska
Di Fabrizio (del 21/02/2006 @ 13:50:30, in Europa, visitato 2230 volte)
Legge sull'emancipazione di tutti i Rom. Articolo 1: "E' finita la schiavitù. Tutti i Rom che si trovino in questa situazione da oggi sono liberi e cittadini dello stato." 20 febbraio 1856
Ieri i Rom della Romania hanno celebrato i 150 anni dell'abolizione della schiavitù (vedi 2005), in un momento in cui buona parte della popolazione continua a vederli come esseri inferiori e subumani. La chiesa rumena ortodossa, responsabile di 500 anni di schiavitù, che adoperò i Rom per coltivare le sue terre, ancora si rifiuta di riconoscere le proprie responsabilità.
Si è tenuto un convegno organizzato da Amare Romentza, a cui hanno preso parte rappresentanti del mondo politico, accademico e associativo. Magda Matache, direttrice di Romani Criss, ha concluso con queste parole: “Sarebbe assolutamente normale che la Chiesa Ortodossa rendesse conto e si scusasse, sarebbe normale che il Governo si pronunciasse sull'Olocausto dei Rom Rumeni, e potesse iniziare finalmente un processo che ci avvicinasse al resto della società.”
[
Fonte: Romanian_Roma
Di Fabrizio (del 20/02/2006 @ 11:38:59, in Europa, visitato 1960 volte)
Da:
Yveta Kenety
Comunicato
stampa
Conferenza
delle Romnià nella Repubblica Ceca
Oltre
ottanta donne Rom si sono incontrate a Praga nel weekend tra il 10 e
l'11 febbraio. Tra le partecipanti: funzionarie statali,
rappresentanti dei media, insegnanti, assistenti sociali,
rappresentanti delle OnG, donne in maternità e disoccupate.
Tutte
donne con diverse esperienze di vita e lavorative ed un'unica
opportunità di confronto comune. Si sono definiti i problemi
attuali delle comunità e proposto soluzioni: primariamente
nell'area della scolarizzazione. del lavoro, della casa, delle
condizioni di vita in generale, e le tematiche della salute. Si è
poi toccato il tema della insufficiente partecipazione dei Rom nella
politica e negli affari pubblici. La discussione si è
prolungata sui legami tra questi temi e il passato, visto con
l'occhio e il giudizio delle donne Rom.
Le
donne concordano che oltre alla discriminazione dovuta al colore
della pelle, i componenti delle minoranze nella Repubblica Ceca sono
seriamente in pericolo per la violenza fisica diretta dei gruppi
estremisti. Le madri sono preoccupate per i loro figli e sperano
nelle indagini sugli attacchi a sfondo razziale, e nella conseguente
condanna. Le donne vogliono sentirsi libere e sicure nella società
e perciò chiedono rispetto in tutte le aree della vita.
Richiedono l'adozione immediata di una legislazione anti
discriminazione [...]
Le
donne rom considerano un'adeguata politica scolastica necessaria
all'integrazione nella società maggioritaria, e sono
preoccupate perché tuttora i loro bambini non hanno pari
opportunità di accesso al sistema scolastico. I loro figli
sono ancora educati in un ambiente ricolmo di pregiudizio e
stereotipi. Le famiglie spesso sono sotto la linea di povertà
e non sono in grado di provvedere da sole a soddisfare le esigenze
primarie, è quindi problematico occuparsi della formazione
culturale e professionale dei figli. Concordano sull'importanza del
prescuola, che dev'essere esteso, anche con la presenza di un corpo
insegnante adeguatamente preparato. Gli insegnanti in genere devono
avere una formazione che permetta loro di combattere sin dalla scuola
i pregiudizi razziali e gli stereotipi, che spesso discendono da
mancanza di adeguata conoscenza.
Solo
una piccola percentuale di Romnià svolge lavoro a tempo
indeterminato, di solito nella manovalanza o in lavori di basso
profilo, spesso senza riguardo al loro livello di formazione scolare
e professionale. La discriminazione nel mercato del lavoro è
tra i motivi dell'alto tasso di disoccupazione tra le Romnià.
La
bassa scolarizzazione e i rispettivi tassi di disoccupazione sono
strettamente legati alle cattive condizioni di vita. Le madri Rom,
comprensibilmente non vogliono che i loro figli crescano in
accampamenti o quartieri affollati, sovraffollati ed insani. Un altro
problema è quello sanitario: a causa della scarsa fiducia nel
sistema sanitario, i Rom tendono ad avvalersi di cure mediche
soltanto in casi di urgenza o necessità. Non esiste una
pratica di controllo e di riduzione dei disagi sanitari. La stessa
logistica della distribuzione degli assembramenti Rom, li pone in
aree disagiate e difficili da raggiungere per il personale medico.
Un'altra protesta delle donne riguarda l'essere definite “pazienti
dalla pelle scura”. Rimane infine la paura data dai casi, anche
di storia recente di sterilizzazione imposta, una gravissima
violazione dei diritti fondamentali della persona. Le partecipanti
alla conferenza concordano che, parimenti al personale insegnante,
anche il personale medico e paramedico ha bisogno di formazione
specifiche sui temi menzionati sopra.
Infine,
si prende atto che la partecipazione delle donne rom alla vita
politica e sociale è insufficiente. La ragione principale è
data dalla mancata conoscenza di questa opportunità e degli
ambiti e modalità a cui prendere parte. Nondimeno, la
patecipazione di donne e uomini di etnia rom ai movimenti politici, a
tutti i livelli, sta crescendo. Occorre uno sforzo rivolto
specificamente alla partecipazione femminile ed i partiti devono
lmettere più enfasi sull'imporatnza di coinvolgere le
minoranze etniche per programmi di partecipazione condivisa.
Conferenza
finanziata da Roma Participation Program, the Open Society
Institute (OSI) ed organizzata dal gruppo femminile Manushe,
sezione di Slovo 21.
RPP
(OSI) e Manushe - Praga, 15 Febbraio 2006.
Di Fabrizio (del 18/02/2006 @ 09:18:17, in Europa, visitato 2068 volte)
BUCAREST - (Rompres reports) L'Ispettorato Distrettuale della
Polizia (IPJ) di Giurgiu ha selezionato ed assunto la prima
poliziotta di etnia rom. Ha ottenuto una valutazione complessiva di
8.80 al concorso dello scorso dicembre. La comunicazione è
arrivata il 2 febbraio da Daniela Gheta, dell'ufficio pubbliche
relazioni IPJ.
Elena Daniela Bogatu, questo il nome della neo assunta (24 anni),
presterà servizio nella città di Bolintin-Vale, presso
la polizia rurale, dipartimento sicurezza.
La giovane si è laureata in legge all'Università di
Bucarest e ha solide conoscenze anche in informatica e lingue
straniere.
IPJ di Ilfov in precedenza aveva assunto anche tre poliziotti
maschi di etnia rom. Tutti cittadini rumeni.
Rif: Ungheria
TIRGU MURES – Il tribunale di Ludus nella Romania
Occidentale ha rimandato al 7 marzo i lavori sul pogrom di Hadareni.
La ragione è data dalla decisione assunta sul caso dalla
Corte Europea dei Diritti Umani il 12 luglio 2005, che non è
mai stata tradotta in rumeno e quindi non è stata pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale, nell'attesa che la decisione venga siglata
dal Ministro per gli Affari Esteri. In base al ricorso di Strasburgo
lo stato rumeno era stato condannato al pagamento di 238.000 euro a
sette superstiti di Hadareni.
[...]
Il documento della Corte Europea prevedeva la cessazione del
processo tra i superstiti del pogrom e lo stato rumeno. All'epoca, 15
tra i 22 Rom della parte lesa, avevano ritirato le accuse in cambio
di un risarcimento che variava tra gli 11.000 e i 28.000 euro.
Rif: Hadareni
Fonte Romanian_Roma
Di Fabrizio (del 17/02/2006 @ 08:23:45, in Europa, visitato 2548 volte)
Di un interessante articolo tradotto in italiano da Osservatorio sui Balcani, riporto questo spunto:
La popolazione della Croazia è in calo. Per contrastare questa tendenza demografi e politici propongono di favorire un’immigrazione di giovani dai Paesi dell’est, tra cui la Serbia, per ripopolare le regioni carsiche del centro. Ma dieci anni fa proprio i serbi venivano scacciati dalle stesse regioni...
“Stimolare l’immigrazione è ‘meno caro’ che stimolare la natalità, ma si tratta di una soluzione solo a breve termine.
Per leggere tutto l'articolo
Invece in Bulgaria, sempre da Osservatorio sui Balcani, ricorrono le stesse paure che tre anni fa agitavano la Slovacchia:Una piccola nazione zigana?Spesso, ai commenti angosciati sulla scomparsa dei bulgari, si sovrappongono i gridi d'allarme sull'avanzata numerica di turchi e rom. "Entro la metà del secolo", scrive Anton Ivanov sulla rivista "Geopolitica" "la comunità rom raggiungerà probabilmente il 30% della popolazione. Essendo una comunità che storicamente sopravvive offrendo servizi alla componente maggioritaria, questa sproporzione comporterà difficoltà sia ai bulgari che agli stessi rom". Il pericolo è quello di diventare una "piccola nazione zigana", marginale e lontana dagli standard europei. " In molti centri la minoranza rom è già divenuta maggioranza", afferma ancora Mirchev, " e al posto di quartieri rom, nascono villaggi rom. Chiunque viaggi per la Bulgaria può rendersene conto facilmente". Da alcune formazioni politiche, come i nazionalisti di Ataka, viene agitato lo spettro del Kosovo, come esempio di una "guerra demografica" che porta alla scomparsa di chi viene sopraffatto numericamente. Questi allarmi, secondo il professor Atanas Atanasov, principale autore della "Strategia per lo sviluppo demografico della Bulgaria 2006-2020" pubblicata a inizio anno, sono però per lo meno eccessivi, specie nel breve-medio periodo. Se è vero che i rom e i turchi fanno più figli dei bulgari, sostiene Atanasov, queste minoranze partono da una base numerica molto più piccola. Oggi, ogni cento nati in Bulgaria, il 74% sono piccoli bulgari, e la natalità è in diminuzione anche tra le comunità di minoranza. C'è, infine, chi sostiene che Parvanov sia stato spinto a prendere l'iniziativa più per motivi elettorali che strategici. Dopo essersi assicurato il voto della minoranza turca alle prossime presidenziali, grazie all'appoggio al governo tripartito di cui uno dei cardini è il Movimento per le Libertà e i Diritti, Parvanov avrebbe deciso passare all'attacco sui temi "nazionali", per sottrarre voti proprio al leader di Ataka Volen Siderov, che fino ad oggi è l'unico ad aver accettato formalmente la sfida alla carica presidenziale.
Di Fabrizio (del 13/02/2006 @ 01:47:11, in Europa, visitato 1772 volte)
Budapest, 10 febbraio (MTI) - Secondo quanto pubblicato venerdì
scorso dal quotidiano Nepszabadsag, i sentimenti anti-immigrati
rimangono sostanzialmente invariati in Ungheria, tendendo anzi a
diminuire rispetto all'anno precedente, ma cresce l'attitudine più
propriamente razzista.
Il 25% degli Ungheresi rifiuta del tutto che il paese accolga i
richiedenti-asilo, il 70% considererebbe ogni caso singolarmente e il
6% non opporrebbe alcun problema. Questi i dati emersi da un
sondaggio della società Tarki.
Nel merito di quanti valuterebbero singolarmente ogni richiesta,
l'83% non accetterebbe “Arabi”. Il 75% non accetterebbe
Cinesi, Zingari e Russi e due terzi non gradirebbe Rumeni.
La maggior parte degli intervistati ritiene sbagliato rifiutare
l'asilo, ma nella pratica rifiuterebbe qualsiasi richiesta
dall'estero – esclusi quanti di etnia ungherese, in altre
parole, dice la ricerca, la xenofobia aperta viene mascherata..
Le precedenti inchieste di Tarki, condotte annualmente, mostrano
che il sentimento anti-immigrati raggiunse il picco nel 1990,
decrescendo poi gradualmente sino al 2003.
Fonte: Hungarian_Roma
Di Fabrizio (del 11/02/2006 @ 13:24:58, in Europa, visitato 2593 volte)
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TRANSITIONS ONLINE: Latvia: Walled Up by
Maija
Pukite 6 February 2006
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Cautela delle autorità lettoni nel finanziare le
organizzazioni romani.
“Ci fosse una Zingarolandia da qualche parte, molti di noi
probabilmente ci andrebbero. Ma non c'è,” racconta Vanda
Zamicka, l'unica avvocata rom della Lettonia. Per 500 anni questa terra
è stata la madrepatria dei Rom lettoni. Qui la loro cultura ha
messo radici, lo stesso per la lingua e lo stile di vita, conservando
molte virtù che i Lettoni invece hanno perso. I Rom nella
Lettonia oggi libera, spesso si sentono messi ai margini della
società e tendono a rinchiudersi in se stessi. La maggior
parte della gente ha conoscenza di questo popolo, peraltro fiero,
solo tramite i rapporti della polizia o l'attenzione dei media sul
disadattamento dei Rom.
Durante l'intervista, Vanda Zamicka fornisce prova dei suoi studi
mentre il suo sguardo rimane fermo e penetrante. Ha 26 anni, si è
laureata in legge e attualmente frequenta un master internazionale.
Nel suo parlare, mischia parole russe, inglese e romanì. Parla
quattro lingue e sta imparandone altre due: norvegese e francese.
Demolisce gli stereotipi sui Rom nella società lettone, anche
quelli dei suo colleghi, che rimangono di sasso apprendendo la sua
origine.
E' riuscita a combattere la sua battaglia contro un cordone di
preconcetti.
I PREGIUDIZI PROMUOVONO IL CRIMINE
“Gli stereotipi
sono forti,” ammette Zamicka. “Quelli che vogliono
mostrare di loro un lato migliore, sovente vanno a sbattere contro un
muro.”
Non è passato molto tempo da quando una romnì
scolarizzata e di buona famiglia non superò il colloquio di
lavoro a causa della sua origine. Dopo essersi diplomata aveva anche
frequentato con successo un corso professionale di decorazione
floreale a Mosca. Come molte romnià, ha un senso artistico
particolare. L'impiegato si era mostrato soddisfatto della prima
intervista telefonica e del CV, ma quando la segretaria del
principale se l'è trovata di fronte, ha improvvisamente
addotto motivi per cui il suo capo non poteva incontrarla, neanche
per un saluto di cortesia. Non è stato un caso isolato. Alla
fine la giovane per dar da mangiare ai suoi figli, ha ripreso a
spacciare droga.
Gli stessi Rom stanno iniziando a prendere le distanze dalla
società. [Pensano] stiamo tra di noi, non abbiamo bisogno di
integrarci,” aggiunge Zamicka . Anche i Rom che sono andati a
scuola hanno difficoltà a superare i preconcetti, mentre
quanti sono illetterati si trovano in una situazione insormontabile.
“La società che sta correndo il rischio di
marginalizzare questa nazionalità, spingendo i Rom al
margine,” spiega Irina Vinnik, direttrice dell'ufficio
minoranze presso il Ministero per l'Integrazione Sociale. Eppure i
sondaggi mostrano che i Lettoni sono tra i più tolleranti
verso i Rom rispetto ai popoli dell'Europa [Centrale ed Orientale]:
solo il 27% eviterebbe di aver un Rom come vicinodi casa, confrontato
col 77% in Slovacchia, il 63% in Lituania e il 69% in Ungheria.
Però, anche in Lettonia la situazione può
peggiorare.
LA LOTTA CONTRO L'INTOLLERANZA
“E' compito dello
stato combattere l'intolleranza ed è priorità del
nostro dipartimento, ma d'altra parte, gli stessi Rom devono curare
la loro immagine.” dice Vinnik. Il suo ufficio sta elaqborando
un piano nazionale sulla tolleranza e sta collaborando con la
comunità romanì in questo difficile compito. “Vorremmo
promuovere la discussione nella società e mostrare che [i Rom
sono] una nazione incredibile e da ammirare.”
Sicuramente, la comunità romanì necessita di
riguadagnare la fiducia presso una società più vasta.
Cinque anni fa, Normunds Rudevics aveva la possibilità di
farlo. “Possedeva autorità, notorietà e denaro.
Cosa si voleva di più? Ma ha perso tutto.” dice Irina
Vinnik. [nota di TOL: Normunds Rudevics (*)
era il più noto attivista tra i Rom di Lettonia. Nel
Parlamento dal 1998 al 2002, eletto nel partito di centro Via
Lettone. Non venne ricandidato e fu espulso dal partito con le
elezioni del 2002, accusato di abuso di privilegi parlamentari e di
malversazione personale di fondi destinati all'organizzazione che
dirigeva, la Società Socio-Culturale Rom.]
Sino a poco tempo fa, grazie ad una ritrovata unità,
sembrava che i Rom lettoni potessero raggiungere un certo livello di
autorappresentazione e di governance. Rudevics era il numero 8 della
lista elettorale di Via Lettone. Lui stesso ricorda: “Davanti a
me avevo solo l'ex primo ministro e i membri del governo”.
Eletto con 20.000 voti – cifra di tutto rispetto in un paese
con meno di 3 milioni d'abitanti – allora era pieno di
speranze, e pensava che persino i Rom potevano vivere felicemente.
Le stesse autorità avevano preso coscienza del numero di
problemi affrontati dai Rom e preso la decisione di destinare somme
ingenti per affrontare la questione, dedicando l'intera
responsabilità a Normunds Rudevics. Buone le idee e le
premesse, ma Rudevics tuttora non ha dato conto dei 95000 lats ($.
160.000) stanziati in cinque anni.
Irina Vinnik afferma di non conoscere ancora come Rudevics ha
impiegato i fondi destinati alla comunità romanì,
perché a differenza dei rappresentanti di altre minoranze
nazionali, non è arrivato alcun conto ufficiale sulle spese.
Rudevics insiste nel dire che ha inviato un resoconto alla ragioneria
di stato, ma Vinnik replica che se si fosse dimostrati che quei fondi
fossero stati spesi, l'organizzazione avrebbe potuto richiedere nuovi
finanziamenti.
DIVISIONE DELLA LEADERSHIP
“Sì, Rudevics ha amplificato l'immagine della
Lettonia quando fu eletto in parlamento. Eravamo fieri di avere un
deputato romanì ... ma è arduo rintracciare cosa ha
speso,” ancora Vinnik.
Da quando Ravenics è caduto in disgrazia, non è
emerso nessun altro leader nella comunità, anche se [...]
esistono diversi leader potenziali nelle organizzazioni.
Anatolijs Berezovskis, a capo della locale associazione romanì
di Tukums, infaticabile attivista che ha costruito collegamenti
tangibili tra i Rom e diverse autorità municipali. Sotto la
sua leadership, tutti i bambini rom di Tukums ora frequentano la
scuola. Onesto, rispettato nella comunità. Da alcuni viene
descritto come naif, ma è ritenuto una persona che sui diritti
umani potrebbe fare molto.
Savina Kolomenska, insegnante alle superiori di Bene, l'unica
accademica di storia in Lettonia di origine romanì, rispettata
ed intelligente. Eccezionali qualità di leadership, ma non
disposta a farsi carico del peso di diventare una leader
comunitaria.
Vanda Zamicka [Zamicka-Bergendale], presidente di
Ame Roma: giovane e talentuosa avvocato, con esperienza in diversi
progetti educativi, culturali e sociali. Ritiene che i Rom non
abbiano bisogno di un singolo leader, piuttosto debbano consolidare
una leadership più amplia attraverso la partecipazione ai
gruppi organizzati della società civile.
Leons Gindra, presidente di Gloss Romani: avrebbe l'ambizione del
leader, ma si mormora che non sia affidabile sui temi economici. Si
dice anche che non abbia la fiducia di molti Rom, per non aver
protetto la sua famiglua dal disonore di essere associata al traffico
di droga.
La parola allo stato, per bocca di Irina Vinnik: “Appoggeremo
i progetti di differenti organizzazioni romani se saranno fattibili e
se i conti [della Società
Socio-Culturale Rom] saranno disponibili”.
This
article originally appeared in the Riga weekly Kas Notiek, no.
17, 2005. The magazine has since ceased publication.
Translated
by Aris Jansons.
Di Fabrizio (del 09/02/2006 @ 17:20:32, in Europa, visitato 1808 volte)
Da: Stranieri in Italia Abolite le sanzioni contro i "finti turisti" Non perderà più il passaporto chi si trattiene per più di 90 giorni nello spazio Schengen. Ma per l'Italia rimane un immigrato irregolare
BUCAREST - È tregua tra il governo di Bucarest e i "finti turisti": i cittadini romeni che senza aver chiesto un visto d'ingresso si tratterranno nello Spazio Schengen per più di 90 giorni, al ritorno in Romania non subiranno più la confisca del passaporto e il divieto ad uscire dal Paese per un periodo compreso tra uno e cinque anni. Chi negli scorsi mesi è già incorso in queste sanzioni (circa 50mila persone dal primo agosto a oggi) verrà "perdonato".
Ad abolire le contromisure adottate dal governo quest'estate, che avevano gettato nel panico migliaia di cittadini romeni sparsi per l'Europa, è stata la legge 248/2005 ("libera circolazione dei cittadini romeni all'estero"), entrata in vigore domenica scorsa.
I cittadini romeni possono entrare e circolare nell'area Schengen per turismo per 90 giorni ogni semestre, senza chiedere visti d'ingresso. Un'agevolazione sfruttata da un gran numero di persone che, passati i tre mesi, non rientrano in Romania, diventando degli "overstayers".
Secondo il capo dell'Ispettorato Generale della Polizia di Frontiera romena, Nelu Pop, il governo ha però preso atto che nel corso del 2005 "l'atteggiamento dei romeni all'estero è migliorato". "La maggior parte dei romeni che viaggiano all'estero - ha spiegato Pop - non creano problemi e questo è un fatto importante".
Controlli in uscita Rimangono comunque in vigore alcune norme per controllare chi lascia il Paese per entrare nello spazio Schengen.
Oltre che il passaporto, si dovranno esibire alla polizia di frontiera un'assicurazione medica che copra tutto il periodo del viaggio, il biglietto di andata e ritorno o la carte verde della macchina (se si viaggia in auto) o 150 euro, somma ritenuta sufficiente a pagare il viaggio. Bisogna inoltre dimostare di avere 30 euro per ogni giorno che si passerà nello spazio Schengen e in ogni caso non meno di 150 euro (la somma necessaria ad un soggiorno minimo di 5 giorni).
Chi esce dal Paese dovrà infine mostrare anche documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno all'estero, come ad esempio le prenotazione in alberghi (valgono anche quelle fatte via internet o i voucher rilasciati dalle agenzie di viaggio autorizzate) o un invito da parte di una persona che lo ospiterà.
Secondo la nuova legge, la limitazione o la sospensione del diritto dei cittadini romeni di viaggiare nello spazio Schengen non potrà più essere deciso dalla polizia di frontiera, ma servirà la sentenza di un giudice e potrà essere adottata solo se il cittadino romeno è stato rimandato a casa da uno stato Schengen in base ai accordi di rimpatrio dei clandestini, o se la permanenza del soggetto in uno Stato straniero porterebbe gravi danni agli interessi della Romania o alle relazioni bilaterali tra la Romania e quel Paese.
E in Italia? Il "rilassamento" delle norme sui viaggi all'estero, verrà probabilmente accolto con sollievo da molti cittadini romeni che si trovano irregolarmente in Italia e in questi mesi non sono tornati in patria proprio per non farsi sequestrare il passaporto.
È ovvio però che le norme entrate in vigore in Romania, non influiranno in nessun modo sulla legislazione italiana: un "finto turista" romeno, scaduti i 90 giorni, è comunque un immigrato irregolare.
"Anche i cittadini romeni, che possono entrare in Italia per turismo senza chiedere alcun visto, sono tenuti a presentarsi in Questura entro otto gironi dall'ingresso per chiedere un permesso di soggiorno per turismo" spiega la dott.ssa Ledia Miraka, esperta in immigrazione a Stranieri in Italia. "Alla scadenza del permesso di soggiorno, che per turismo dura al massimo novanta giorni, sono tenuti a lasciare l'Italia, pena l'espulsione e il divieto a rientrare anche per dieci anni in tutto lo spazio Schengen".
Scarica: LEGEA nr. 248 din 20 iulie 2005
(31 gennaio 2006)
Di Fabrizio (del 08/02/2006 @ 01:15:45, in Europa, visitato 2034 volte)
Slovenia: rigetto d'asilo
07.02.2006 Da Capodistria, scrive Franco Juri
Non più assistenza legale gratuita, nessun diritto di impiego e nessuna assistenza sociale. Approvata in Slovenia la nuova legge sul diritto d'asilo. La destra è compatta e si dice felice di "essersi adeguata a standard europei" mentre il centro sinistra balbetta. Critiche al governo da Amnesty International e UNHCR
In fuga
Con 46 voti a favore e 24 contrari la camera di stato slovena ha varato lunedì scorso la nuova legge sull'asilo che limita drasticamente alcuni dei diritti fino ad ora riconosciuti ai rifugiati rafforzando le competenze della polizia nell'accettare o meno le richieste di asilo. La nuova legge, già annunciata da Osservatorio sui Balcani qualche mese fa, toglie ai rifugiati in attesa del riconoscimento legale di tale status l'assistenza legale gratuita, il sostegno sociale e il diritto d'impiego. La polizia diventa inoltre l'istanza primaria e quindi decisiva nel riconoscimento del diritto d'asilo ai richiedenti. A favore della legge, contestata dalle organizzazioni per i diritti umani con Amnesty International in testa, dall'Ombudsman e dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati, hanno votato tutti i partiti della destra slovena; i governativi Partito democratico sloveno (SDS), Nuova Slovenia (NSI), Partito popolare sloveno (SLS) e naturalmente l'ultranazionalista Partito nazionale sloveno (SNS). Contro si sono schierati i due maggiori partiti dell'opposizione: i socialdemocratici (SD) e la liberaldemocrazia (LDS) nonchè il piccolo partito governativo dei pensionati (DESUS). Si tratta più o meno della stessa distribuzione partitica che divide il parlamento sul caso dei »cancellati«. Da una parte la destra nazionalista e xenofoba, sicura di sè e rafforzata nel suo agire da una lunga omertà europea sulla violazione dei diritti umani e civili avvenuta nel 1992 a danno di 18 mila residenti jugoslavi e riproposta senza imbarazzo quattordici anni dopo con l'annullamento di fatto delle sentenze costituzionali a favore dei cancellati. Dall'altra un centrosinistra insicuro e tentennante, sempre più solo. Governo e maggioranza parlamentare concordano nel considerare la nuova legge sul diritto di asilo necessaria ed in sintonia con le direttive e le norme comunitarie europee in materia di asilo. L'argomento reiteratamente impugnato dal ministro degli Interni Dragutin Mate è stato infatti quello dell'incombenza di una comune politica di sicurezza e prevenzione europea di fronte alle minacce del terrorismo e del crimine organizzato. Il governo invoca Schengen e senza dirlo ad alta voce trae ispirazione pure dalla nuova situazione in cui verrà a trovarsi la Slovenia dopo il 24 febbraio, data della partenza per Bagdad dei primi quattro istruttori militari Nato con insigne slovene. La radicalizzazione del conflitto tra l'Islam e l'Europa dopo la pubblicazione delle vignette danesi che raffigurano il profeta Maometto come terrorista, porta altra acqua al mulino del governo Janša sempre pronto a capitalizzare politicamente i sentimenti xenofobi di un'opinione pubblica sempre più preoccupata e a presentarli come squisitamente europei. E il presidente »disobbediente« ora tace E Janez Drnovšek, il presidente »ribelle« che parla di Darfur, diete macrobiotiche, filantropia e vibrazioni positive, che cosa ne pensa? Tra i colpi di scena con cui in questi ultimi giorni ha nuovamente vivacizzato la vita politica e mondana slovena c'è stata - in contemporanea alla costituzione del suo movimento on-line »Per la giustizia e lo sviluppo« - la sua plateale uscita dal partito liberaldemocratico che egli stesso guidò per dodici anni, poi la grazia a sorpresa concessa - senza consulto con il governo e la magistratura - a Danilo Kovačič, ex direttore del Casinò di Nova Gorica, condannato a 3 anni e 8 mesi di detenzione per abuso d'ufficio, illeciti e corruzione ma a fino ad ora a piede libero per questioni di salute. »Kovačič ha fatto del bene per Nova Gorica e nel suo calvario giudiziario ha già scontato la pena inflittagli« ha sostenuto candido il Presidente di fronte al dissenso generalizzato delle istituzioni di governo e della giustizia. Infine e' stata la volta della sua apparizione, in qualità di ospite, tra veline e un bizzarro pubblico selezionato, allo show televisivo satirico del popolare conduttore Sašo Hribar, dove ha definito inutili le farmacie classiche, dannosi i macellai ed ha appoggiato, con incredibile disinvoltura, l' invio dei quattro ufficiali sloveni in Iraq; »Di che cosa vi preoccupate? Tanto quelli vanno li volontariamente e sono pagati!«. Sulla questione dei cancellati Drnovšek appoggia la legge costituzionale proposta dal governo, come dire sorvoliamo le sentenze dei giudici costituzionali che danno ragione ai cancellati e ricominciamo da capo, ingiustizia non ci fu, o almeno noi non la vedemmo. Ora si salvi il salvabile senza sporcarsi troppo e senza farsi male. E in merito alla nuova legge sul diritto di asilo? Drnovšek tace, non se ne occupa, ha cose più importanti da fare. Ed il governo, grato per la sua comprensione, ma soprattutto per il terremoto da lui provocato nel centrosinistra, gli risponde offrendo ai suoi piani umanitari per il Darfur - tutti ancora da concretizzare in un futuro sempre più incerto - un'unità sanitaria mobile dell' esercito. E' contento il Presidente, si sente bene. Ora, dopo i primi malintesi e incidenti di percorso, può nuovamente ammiccare al suo vecchio amico premier.
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