24 LUGLIO 2012 - Si chiama Gang Styler Boys ed è una crew nata
nell'insediamento regolare di via Novara a Novara [SIC]. I giovani dell'ormai ex
campo rom hanno trovato le parole e il ritmo giusto per raccontare, con un brano
rap, cosa significa vivere in un insediamento nomade. Il brano è stato
pubblicato in streaming sul sito del giornale di strada
Scarp de' tenis. Vita da
rap, è questo il titolo del pezzo, parla dei topi e della sporcizia, del
desiderio di una vita migliore, dell'ambizione per la fama e la notorietà,
desideri legittimi di ogni adolescente. Ora che il campo comunale sta per
chiudere - il definitivo smantellamento è annunciato a fine luglio - la canzone
è anche il saluto a un periodo della vita raccontato nel libro I ragazzi (e le
ragazze) di via Novara. L'avventura educativa in un campo rom di Milano
(edizioni In Dialogo), in cui si riassume l'intervento educativo degli operatori
della Caritas Ambrosiana nei confronti degli adolescenti divenuti grandi lungo
questo vialone alla periferia della città
Di Fabrizio (del 28/07/2012 @ 09:07:38, in media, visitato 1849 volte)
Dopo il successo di
Milanomondo
(grazie ancora a tutti gli intervenuti), continua la rassegna (totalmente
autoprodotta ed autofinanziata)HAI MAI PROVATO IN VIA IDRO?
Sabato 4 agosto ore 18.00 proiezione in ANTEPRIMA NAZIONALE del film "La
canzone di Rebecca" - ore 20.00 Cena - a seguire
balkan disco Comunità Rom Harvati -
via Idro 62, Milano
I colori, le luci, la forza d'animo, il sorriso di Rebecca.
La Milano violenta e la Milano accogliente, gli sgomberi, la
vita per strada e la conquista di una casa. Partendo da
una baracca di periferia per giungere nell'aula di un liceo
artistico. Dove proseguirà?
Ne parliamo, dopo il film, seduti a tavola, con la protagonista
Rebecca Covaciu ed il regista Roberto Malini(ricordo che per la
cena E' NECESSARIO PRENOTARE)
Ingresso gratuito e proiezione al coperto. Tempo
permettendo, si cena all'aperto al
Marina Social Rom (in caso di maltempo, in luogo coperto), primi e
secondi, contorno, piatti freddi estivi e piatti
vegetariani - una bevanda a scelta. Cena SOLO SU PRENOTAZIONE, costo tra i 10 ed i 15 euro (confermare QUI
o al 347-717.96.02 le presenze
entro giovedì 2 agosto). Grazie e buona serata a tutti!
Evento realizzato con la collaborazione del gruppo
EveryOne
The LocalNegata la pensione alla vedova di un Sinto vittima ad Auschwitz
Published: 24 Jul 12 16:03 CET Romani Rose (a sinistra) ad Auschwitz
E' stata negata la pensione alla vedova di una vittima di Auschwitz, dopo
che le autorità avevano consultato i referti medici di 40 anni prima, che
dicevano che il suo cattivo stato di salute era dovuto ai due anni passati nei
campi nazisti.
[...] A suo marito, che chiameremo soltanto Anton B., fu concessa la pensione
di vittima nel 1957, che mantenne senza problemi sino alla morte avvenuta nel
2009. Ma quando la vedova ha chiesto la reversibilità di quei 600 € mensili, le
è stato detto che il referto dei dottori nel 1957 era sbagliato, e che ciò
annullava futuri psagamenti.
Il caso ha indignato i gruppi rom e sinti tedeschi - 500.000 di loro furono
uccisi dai nazisti durante l'Olocausto, ha scritto martedì il giornale taz.
A 67 anni dall'Olocausto, questa è una svolta incredibile ed inaccettabile
degli eventi," scrive Romani Rose, capo del Consiglio Centrale dei Sinti e dei
Rom Tedeschi, in una lettera ad Hannelore Kraft, premier del Nord Reno-Westfalia.
"Non permetteremo questo degradare le vittime di Auschwitz."
Anton B. aveva 19 anni, quando nel marzo 1943 il capo delle SS Heinrich Himmler
diede l'ordine di ammassare tutti i Sinti e i Rom ancora liberi nei territori
occupati dalla Germania e deportarli nel famigerato campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau
in Polonia.
Scrive il giornale che i dieci tra fratelli e sorelle di Anton, furono tra i
17.000 che lì morirono. Ma un anno dopo, lo stesso Anton venne ritenuto ancora
abile al lavoro, dai dottori delle SS, e venne trasferito nel 1944 nel campo di
concentramento di Buchenwald, ai lavori forzati in miniera e poi, alla
costruzione dei razzi V2.
Nel 1957, dodici anni dopo, esaminando Anton i dottori confermarono che i due
anni passati nei campi nazisti gli avevano direttamente causato danni permanenti
tanto al cuore che al sistema nervoso. Sulla base dei risultati degli esami, ad
Anton venne garantita una pensione d'invalidità, compensatoria da parte dello
stato.
Scrive sempre il giornale che nel 1975, Eva incontrò Anton: lui aveva 51 anni
e lei 25. Nonostante la differenza d'età, si innamorarono e poco dopo si
sposarono.
Anton morì nel 2009 ad 85 anni, continua il giornale, ed Eva, che allora ne
aveva 59, fece richiesta di pensione come vedova , avendo lei diritto a 600 € al
mese. Ma la richiesta venne rigettata dal distretto di
Düsseldorf, dicendo che avevano studiati i referti medici degli anni '50,
decidendo che era stato un errore affermare che le condizioni cardiache di Anton
B. fossero un risultato diretto dell'internamento nel campo di concentramento.
Ci sono regole complicate riguardo alle vedove di vittime dello stato
nazista, per cui la vittima non solo deve avere sofferto di una malattia
derivante direttamente dalla persecuzione, ma questa malattia deve averle
portate alla morte. Di solito, scrive il giornale, casi simili portano al
rifiuto se la vittima non muore del disturbo stesso, ma stavolta, stranamente, è
stata messa in discussione la diagnosi iniziale.
"E' comprensibile che per la vedova del signor B. la decisione sia difficile
da accettare," ha detto al giornale un portavoce del dipartimento degli interni
del Nord Reno-Westfalia. Ma non c'era "margine di discrezionalità".
Dopo tre anni di lotte con le autorità locali, Eva, che ora ha 62 anni,
porterà il suo caso davanti alla Corte distrettuale di Düsseldorf il 7 agosto.
La sentenza definitiva è attesa nel mese di settembre.
"Non voglio la carità," ha detto Eva B. al giornale, "voglio giustizia."
FOCUS Information agencyComune della Bulgaria invia denaro per
salvare raccoglitori rom di frutta dalle condizioni inumane in cui vivono in
Svezia - Foto: Биопрограма
20/07/2012 - 40 Rom provenienti dalla città di Tran, sono sopravvissuti in
condizioni inumane in Svezia per dieci giorni, ha detto a Focus
il sindaco della città, Stanislav
Nikolov, che sta cercando di farli tornare in patria.
Sono circa 400 i Bulgari truffati, e 40 di loro arrivano da Tran. Sono andati in
la Svezia per la raccolta dei mirtilli, senza nessun contratto di lavoro. Hanno
scoperto in seguito la miseria delle condizioni. Sono abbandonati nei prati a
vivere in tenda, vengono loro forniti acqua e cibo ogni due giorni, dice il
sindaco.
Nove dei 40 Rom sono riusciti a fuggire e raggiungere l'ambasciata bulgara a
Stoccolma. [Il sindaco (suppongo, ndr.)] è entrato in contatto con
l'ambasciata, che li fornisce di cibo ed acqua, ed ora il comune di Tran sta
inviando denaro per riportarli a casa in aereo via Belgrado, e da lì col treno
verso Sofia. Aggiunge di non sapere nulla degli altri 31, sempre residenti a
Tran.
Secondo l'ambasciata, sono arrivati da loro altri 30 del distretto meridionale
di Plovdiv che erano stati ingannati nello stesso modo. L'ambasciatore Svetlan Stoev
controllerà cosa sta succedendo. In linea di principio, i Bulgari stanno
lavorando illegalmente. Tuttavia, non è ancora il momento, perché i mirtilli
sono verdi. E allora stanno frugando nei bidoni della spazzatura, aggiunge,
perché non hanno né da mangiare né i soldi per fare ritorno a casa.
Stiamo assistendo al crescere dell’interesse e dell’attenzione nei confronti dei
rom. Forse è proprio una reazione dei "giusti" alle persecuzioni particolarmente
accanite di cui sono stati oggetto negli ultimi anni nel nostro paese.
È un fatto che si stiano moltiplicando iniziative per farli conoscere nelle loro
caratteristiche genuine, senza la lente deformante del pregiudizio quando non
del vero e proprio razzismo.
Ciò non toglie che tuttora sia in Italia che in molti altri paesi europei
continuino a scaricarsi su di loro tutte le frustrazioni, le insicurezze e le
infelicità della popolazione maggioritaria e vengano usati come capri espiatori
nella quotidiana fatica di vivere che si fa sempre più acuta negli attuali
scenari della crisi che ci sta tutti travolgendo. Ma la loro debolezza è anche
la loro forza: sono capaci sempre di ripartire da zero, dallo zero in cui
vengono ricacciati.
Sono stanchi ma non sconfitti. Hanno un allenamento che dura da secoli, nella
tenacia della volontà di sopravvivere.
Il 50% di questo popolo è fatto di bambini e ragazzi, questo dà loro la
determinazione di guardare al futuro.
Collana: Libri - FMA
Formato: 21x16 cm
Pagine: 123
Prezzo: 10.00 €
Data pubblicazione: luglio 2012
Di Fabrizio (del 25/07/2012 @ 09:16:48, in Italia, visitato 1846 volte)
SABATO 21 LUGLIO 2012 - "Entrano nella mia roulotte, se lo tirano fuori e mi
dicono di succhiarli se non voglio le botte". La prima volta che ha sentito
questa storia, Valter Halilovic, mediatore culturale e animatore della comunità
rom di Torino, quasi non ci voleva credere. Ma, nel corso delle ultime
settimane, le testimonianze di minacce e violenze ai danni di omosessuali e
bisessuali all'interno della comunità rom sono diventate più numerose e gravi. Halilovic ha deciso di denunciare la situazione dopo che l'altroieri notte sono
stati diagnosticati quattordici giorni di prognosi ad un amico che aveva
accompagnato al pronto soccorso: lo avevano ripetutamente colpito in testa con i
pugni avvolti in catene di ferro. "E ad altri è andata anche peggio, con un mese
di prognosi. Se va avanti così, ci scappa il morto" racconta Halilovic a Il
grande colibrì.
La banda di violenti sarebbe composta da ragazzi del campo nomadi "Aeroporto".
"Hanno dai 25 ai 32 anni, girano in cinque-sette alla volta, colpiscono membri
della comunità sia nel loro campo sia nel campo di via Germagnano". Il gruppo
avrebbe iniziato le proprie scorribande violente circa un anno fa, quando uno di
loro è uscito dal carcere. Le loro vittime, tutte rom, sono "i più disgraziati,
quelli che non possono reagire", racconta ancora il mediatore culturale: tra di
loro sembra ci siano anziani, disabili, intere famiglie che vengono malmenate,
senza che siano risparmiati né i bambini piccoli né le donne. Halilovic ha
raccolto in particolare le testimonianze dirette di tre omosessuali e di un
bisessuale.
Uno di questi ragazzi, dopo essere stato più volte picchiato e derubato, dopo
che la banda gli ha distrutto l'automobile e l'ha costretto ad abbandonare la
casa faticosamente conquistata, è fuggito da Torino e spera di non essere più
rintracciato dai suoi aguzzini. Gli altri tre vivono in una situazione
angosciosa di costanti angherie. Solo in due, però, hanno sporto denuncia alle
autorità: se in un caso il processo non si è ancora aperto, nell'altro il
giudice ha vietato ai componenti del gruppo di avvicinarsi alla loro vittima.
Ovviamente, purtroppo, il divieto non è stato mai rispettato: "A questi non
gliene frega niente delle autorità".
La mancata applicazione delle sentenze penali, tuttavia, spiega solo in parte
perché gli altri due ragazzi angariati non abbiano sporto denuncia: i loro
timori sono tanti, da quello di vedersi rovinata la reputazione rivelando il
proprio orientamento sessuale alla possibilità di ritorsioni contro se stessi o
contro le proprie famiglie. E alla mancanza reale o percepita di tutele legali
(l'assenza dell'aggravante di omofobia per i reati è spesso sentita dalle
vittime come una manifestazione di disinteresse dello stato) si aggiunge il
silenzio della propria comunità: "Tutti sanno tutto, persino nelle comunità rom
di origini bosniache delle altre città, ma nessuno fa niente. Quelli della banda
appartengono a famiglie molto numerose e potenti e la fiducia nello Stato è
molto bassa".
La situazione, insomma, è complessa. Per ragioni contestuali, con le forze
dell'ordine che, purtroppo, appaiono molto più impegnate negli inumani
sgomberi
fatti a scopi mediatici ed elettoralistici che in attività di integrazione. E
per ragioni interne alla cultura rom, perché, come spiega Halilovic, "la
comunità non ti dà nessuno spazio per ribellarti". E allora cosa possono fare
queste persone sole, che non sanno più cosa fare e dove andare? Dopo averne
parlato con loro, il mediatore culturale ha deciso: "E' tempo di parlare. E
abbiamo scelto Il grande colibrì, perché magari gli altri media avrebbero
puntato tutto sul sensazionalismo". I rom sanno bene quanto le loro storie,
quando finiscono nelle mani di un giornalista, possano essere usate non per
risolvere problemi, ma per diffondere paura ed emarginazione...
E invece questa storia è piena di violenza, ma è anche un esempio importante di
volontà di non stare più a tacere e di cambiare in meglio il proprio e l'altrui
destino, come riconosce anche Paolo Hutter, giornalista e attivista gay da
sempre attento anche al contrasto del razzismo: "Valter Halilovic è una figura
nuova, che prende parola senza paura contro la violenza e l'omofobia. E' un
esempio di come si possono promuovere i diritti all'interno delle minoranze
etniche: mantiene salda la solidarietà con la propria comunità, ma non accetta
che diventi omertà".
Ora dobbiamo dimostrare tutti che davvero i diritti sono universali, che la loro
violazione non può essere intesa come un problema di un gruppo nel quale non ci
si riconosce, ma invece ci riguarda tutti personalmente. Hutter è ottimista:
"Con le sue strutture comunali, con la sua società civile, con le sue
associazioni, Torino saprà rispondere nel migliore dei modi". Coinvolgendo
positivamente, si spera, l'intera comunità rom.
LE VIF.beTrecento Rom hanno manifestato di fronte all'Ufficio
Stranieri contro le espulsioni - 13 juillet 2012 à 19h29
Venerdì pomeriggio trecento Rom hanno manifestato di fronte all'Ufficio
Stranieri. Protestavano contro l'espulsione sistematica degli immigrati
provenienti da paesi non appartenenti all'Unione Europea. "L'Ufficio respinge
tutte le richieste d'asilo e di regolarizzazione presentate dai Rom,"
dichiara Imer Kajtazi,, promotore dell'iniziativa. "Non c'è alcuna distinzione
in base alla loro documentazione."
"Alcuni vivono in Belgio da 5 o 10 anni. Lavorano qui, pagano le tasse ed hanno
bambini che vanno a scuola," prosegue Imer
Kajtazi. "Per l'Ufficio Stranieri , tutto questo non fa alcuna differenza. Sono
respinte anche le domande di chi è malato, col preteso che arrivano da paesi
cosiddetti -sicuri- come la Bosnia, la Serbia, il Kosovo o la Macedonia."
Tuttavia, secondo Imer
Kajtazi. la sicurezza in questi paesi non è garantita, soprattutto per i Rom.
"L'Ufficio agisce come se le questioni della violenza, della discriminazione e
della persecuzione non riguardasse i Rom," prosegue. I manifestanti chiedevano
che l'Ufficio rivedesse la sua politica di espulsione sistematica dei Rom e che
ogni documentazione fosse valutata caso per caso. (PVO)
Di Fabrizio (del 24/07/2012 @ 09:11:04, in media, visitato 1448 volte)
rubrica a cura di Riccardo Bottazzo - venerdì 20 luglio 2012
Vivo in un quartiere di delinquenti e, di conseguenza, sono un delinquente
pure io. Per buona sorte sono di razza padana e nessuno si sogna di dichiarare
al Gazzettino che la mia casa dovrebbe essere abbattuta e l'intero quartiere
smantellato.
Fossi di "etnia nomade" - come mi è capitato di leggere sullo stesso giornale -
non godrei del medesimo trattamento di favore. E se scrivere "etnia nomade" è
una tal fesseria da farci scompisciare dalle risate anche senza bisogno di aver
studiato antropologia con Lévi Strauss, che dovremmo dire quando ci tocca
scoprire che il "nomade" Tal Dei Tali arrestato assieme a 18 italianissimi
personaggi, cinque righe più sotto, "risiede" in una normalissima casa di una
normalissima città veneta? E ancora, altre cinque righe più sotto, che ha anche
la cittadinanza tricolore pur se il suo cognome finisce con "vich"? Che è come
dire che è italianissimo pure lui considerato che le leggi razziali, in Italia,
non ci sono più da quando hanno appeso il Benito a testa in giù. Giusto? Ma
allora perché distinguerlo?
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da incazzarsi neri. Perché a continuare ad
incarognirsi su quella povera gente del villaggio sinti di Mestre che ha il solo
torto di non sapersi difendere con gli avvocati, è una infamata bella e buona.
Soprattutto se considerate che il vero scopo di tutta questo giornalismo di
merda è gettare benzina per alimentare la politica della paura e della
discriminazione. Altra merda.
Brutte, bruttissime storie che periodicamente escono come carogne dalle fosse
proprio come gli zombi dei film di Romero. Sempre sul Gazzettino. Mercoledì 6
giugno 2012. Titolone: "Nullatenenti con ville e Ferrari". Tra gli otto
arrestati, si legge nell'articolo, c'è anche un residente del villaggio sinti.
Uno. Ma evidentemente basta a fare testo. Il giorno dopo, a firma dello stesso
giornalista, esce la smentita (costruita in maniera tale da sembrare una
precisazione. Trucchi del mestiere…). Il "nomade" risiedeva da tutt'altra parte.
A Dese, su un terreno agricolo di sua proprietà (alla faccia del "nomadismo").
Nel villaggio sinti di via del Granoturco abita comunque la moglie separata con
un figlio (entrambi incensurati). Come dire che non abbiamo sbagliato più di
tanto. E poi si sa che tale padre tale figlio. Il titolone che riprende la
notiziona è un capolavoro di schifezze e di bugie: "Valige di soldi falsi nel
campo sinti". Nel testo si legge chiaramente che nessuno degli arrestati risiede
nel campo sinti anche se il titolo fa pensare esattamente al contrario. Ma è
questo contrario quello che resta in testa alla gente. Puro veleno, come direbbe
il mio amico Tex Willer che avrebbe di sicuro preso a cazzotti il giornalista.
Perché qui non è solo questione di opinioni diverse che andrebbero comunque
rispettate. Qui la notizia – e per essa intendo molto banalmente il racconto dei
fatti accaduti – è stata mandata affanculo per far posto ad una deformazione
della realtà volta ad avvantaggiare un pensiero politico dichiaratamente
razzista e xenofobo. Non è un caso che questi popò di articoli escano sempre con
un box di commento affidato al leghista di turno. Nel caso citato, l'onore dei
riflettori tocca al consigliere comunale della Lega Nord Alessandro Vianello che
non perde l'occasione di sparare: «Il campo sinti si svuoterà a suon di arresti.
Quello che non fa il sindaco di Venezia, lo faranno le forze dell'ordine e la
giustizia». Intanto, chi si sta svuotando a suon di arresti è la Lega Nord e non
il campo sinti.
Oggi, sempre nel Gazzettino, ci tocca leggere sul titolo di apertura della
seconda pagina della cronaca di Mestre di un cosiddetto "blitz al campo sinti".
Leggiamo tra le righe che si tratta di una operazione di polizia che ha portato
alla custodia cautelare di 10 cittadini italiani. La banda finita nel mirino
degli inquirenti è costituita da sinti e da non sinti. Eppure, sia nel titolo
che nel sottotitolo, sia nelle foto che nelle didascalie viene enfatizzata solo
la presenza dei sinti. Anche a leggere le locandine appese davanti alle edicole
pare che ci sia stato sul serio un qualche blitz nel campo di Mestre. Così il
messaggio (falso) raggiunge anche chi come me la carta igienica la compra a
rotoli e va a vedersi la programmazione dei cinema su internet. Anche in questo
caso, il commento viene affidato a uno che "non va per il sottile", come ci
specifica, casomai ce ne fosse bisogno, lo stesso articolista: il consigliere
comunale Renato Boraso che urla che in via del Granoturco "va smantellato
tutto". E chi se ne frega se il campo sinti non c'entra un beato piffero in
tutta questa storia? Nove dei dieci arrestati risiedono in normalissime case
Ater o di proprietà tra Favaro, Mestre e il Friuli. Solo uno, si legge alla
fine, abita nel campo sinti. Solo uno? No! Neanche quello. Si tratta infatti
della stessa persona già ospite delle patrie galere a seguito dell'operazione
ricordata in apertura. Quella dei "Nullatenenti con la Ferrari". Lo stesso tipo
che, come ci ha informato - il giorno dopo - lo stesso Gazzettino, ha la
residenza in quel di Dese. In via del Granoturco vive solo l'ex moglie separata
con il figlio. Perché allora Boraso non propone di "smantellare" Dese? O Favaro?
O Mestre? Meglio ancora: "smantellate" il quartiere dove abito io! Di fronte a
casa mia abita una persona il cui padre è in galera. Due calli più in là hanno
arrestato da poco una coppia per spaccio. E ne conosco un altro, proprio sulle
mie scale, il cui cugino è un noto poco di buono. Di per me, sono ancora a piede
libero, per adesso, ma ho qualche sana denuncia per diffamazione a mezzo stampa
che mi fa ben sperare per il futuro.
Fatta la debita proporzione, ci sono più delinquenti qui, attorno alla mia umile
dimora, che nel campo sinti. Certo, qui sono tutti delinquenti di "razza padana"
e non di "etnia nomade". Ma che significa? Mica siam razzisti! Pretendiamo di
essere infamati sui giornali e minacciati di "smantellamento" pure noi. Ecco!
Una nota a margine. Siccome non si può sempre fargliele passar lisce, sul caso
del "blitz al campo sinti" che non è un "blitz al campo sinti", l'Osservatorio
contro le discriminazioni Unar Venezia, istituito con un protocollo di intesa
tra il Comune di Venezia e il Ministero per le Pari Opportunità, ha deciso di
segnalare l'articolo all'Ordine dei Giornalisti del Veneto chiedendo ai
probiviri e al presidente Gianluca Amadori di intervenire e di prendere una
posizione consona ai doveri sanciti dalla Carta istitutiva dell'Ordine riguardo
l'aderenza ai fatti, ed ai protocolli sottoscritti dai giornalisti sul rispetto
delle etnie. Rispetto che per quanto riguarda i sinti adesso proprio non c'è.
E se non ci credete fate questa prova. Sostituite, in uno di questi articoli, la
parola "campo sinti" con il termine "ghetto ebraico", e l'aggettivo "sinti" con
"ebrei". Leggete tutto d'un fiato e vi garantisco che vi si accapponerà la
pelle!
The Nordic pageAssalito campo rom ad Oslo con petardi e pietre
- Photo : Pieter Edelman | Tende in campo rom
Quattro uomini arrestati per avere assalito sabato notte un campo rom ad
Oslo con petardi e pietre.
Comunica TV2 che i residenti del campo testimoniano di essere stati
svegliati da gente che tirava pietre contro il campo.
I Rom erano arrivati nell'area con materassi ed altre attrezzature per
costruire un campo, dopo essere stati mandati via dal cortile di una chiesa in
centro città. Né il comune, né il distretto o il dipartimento di giustizia erano
intervenuti contro l'insediamento, nella regione di Årvoll a Oslo.
Tuttavia, i residenti del quartiere esprimono le loro preoccupazioni sul
numero crescente dei Rom, e paura che questo possa portare inquinamento e
criminalità.
Razzismo
istituzionale per i Rom in Scozia
- by Billy Briggs
15/07/2012 - E' stata lanciata un'indagine governativa dopo che un rapporto
accusava funzionari pubblici di "razzismo istituzionale" nei loro rapporti con i
Rom che vivono in Scozia.
Funzionari del Ministero del Lavoro e delle Pensioni (DWP) sono indagati con
l'accusa di aver minacciato ed ingannato i Rom, tramite personale del centro
lavoro, e di aver ritardato pagamenti legittimi, ritardi che hanno portato ad
alti livelli di povertà infantile.
Le accuse sono contenute in un rapporto commissionato da Oxfam al Govanhill Law
Centre (GLC) di Glasgow. Il risultato del ritardo dei pagamenti - in alcuni
casi, anche tre anni - ha portato alla miseria alcuni Rom, incluse famiglie con
bambini.
Il rapporto è stato scritto dagli avvocati del GLC che hanno indagato su
come 66 famiglie rom siano state trattate dal DWP, dall'ufficio delle tasse ed
imposte, e dal consiglio cittadino.
GLC ha concluso che in alcuni casi i Rom sono stati trattati in maniera
illegale, contro quanto stabilito dall'Equality Act 2010.
L'inchiesta riguardo al DWP si sta focalizzando sul centro lavoro Laurieston
Plus, situato in un'area di Glasgow che ospita circa 3.000 Rom.
Una portavoce del DWP ha confermato che propri inquirenti sono in contatto
col GLC.
Ha detto: "Jobcentre Plus prende con estrema serietà questo tipo di accuse.
Ci aspettiamo alti standard di comportamento dal nostro staff."
L'iniziativa è stata accolta con favore dagli attivisti, che hanno chiesto
di essere messi a conoscenza delle conclusioni del rapporto.
Lindsay Paterson, avvocato per GLC e tra le autrici del rapporto, afferma:
"Intendiamo cooperare pienamente in ogni modo possibile con le indagini. Ci
auguriamo che l'ufficio delle tasse ed imposte segua l'esempio del DWP e lanci
parimenti un'indagini sulle serie violazioni dell'Equality Act individuate nel
nostro rapporto."
Annie Lewis, di Oxfam, dice: "Siamo estremamente preoccupati dall'evidenza
che i Rom vengano trattati differentemente dagli altri cittadini UE, quando si
tratta di accedere ai benefici e ai crediti d'imposta. Siamo lieti che sia
partita un'indagine."
L'ufficio delle tasse ed imposte sta studiando le accuse di GLC ed è
disposto a cooperare ad un'inchiesta ufficiale.
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