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Germania
Di Fabrizio (del 27/07/2012 @ 09:10:58, in Europa, visitato 1682 volte)

Da Roma_Daily_News

The Local Negata la pensione alla vedova di un Sinto vittima ad Auschwitz Published: 24 Jul 12 16:03 CET
Romani Rose (a sinistra) ad Auschwitz

E' stata negata la pensione alla vedova di una vittima di Auschwitz, dopo che le autorità avevano consultato i referti medici di 40 anni prima, che dicevano che il suo cattivo stato di salute era dovuto ai due anni passati nei campi nazisti.

[...] A suo marito, che chiameremo soltanto Anton B., fu concessa la pensione di vittima nel 1957, che mantenne senza problemi sino alla morte avvenuta nel 2009. Ma quando la vedova ha chiesto la reversibilità di quei 600 € mensili, le è stato detto che il referto dei dottori nel 1957 era sbagliato, e che ciò annullava futuri psagamenti.

Il caso ha indignato i gruppi rom e sinti tedeschi - 500.000 di loro furono uccisi dai nazisti durante l'Olocausto, ha scritto martedì il giornale taz.

A 67 anni dall'Olocausto, questa è una svolta incredibile ed inaccettabile degli eventi," scrive Romani Rose, capo del Consiglio Centrale dei Sinti e dei Rom Tedeschi, in una lettera ad Hannelore Kraft, premier del Nord Reno-Westfalia.

"Non permetteremo questo degradare le vittime di Auschwitz."

Anton B. aveva 19 anni, quando nel marzo 1943 il capo delle SS Heinrich Himmler diede l'ordine di ammassare tutti i Sinti e i Rom ancora liberi nei territori occupati dalla Germania e deportarli nel famigerato campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia.

Scrive il giornale che i dieci tra fratelli e sorelle di Anton, furono tra i 17.000 che lì morirono. Ma un anno dopo, lo stesso Anton venne ritenuto ancora abile al lavoro, dai dottori delle SS, e venne trasferito nel 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald, ai lavori forzati in miniera e  poi, alla costruzione dei razzi V2.

Nel 1957, dodici anni dopo, esaminando Anton i dottori confermarono che i due anni passati nei campi nazisti gli avevano direttamente causato danni permanenti tanto al cuore che al sistema nervoso. Sulla base dei risultati degli esami, ad Anton venne garantita una pensione d'invalidità, compensatoria da parte dello stato.

Scrive sempre il giornale che nel 1975, Eva incontrò Anton: lui aveva 51 anni e lei 25. Nonostante la differenza d'età, si innamorarono e poco dopo si sposarono.

Anton morì nel 2009 ad 85 anni, continua il giornale, ed Eva, che allora ne aveva 59, fece richiesta di pensione come vedova , avendo lei diritto a 600 € al mese. Ma la richiesta venne rigettata dal distretto di Düsseldorf, dicendo che avevano studiati i referti medici degli anni '50, decidendo che era stato un errore affermare che le condizioni cardiache di Anton B. fossero un risultato diretto dell'internamento nel campo di concentramento.

Ci sono regole complicate riguardo alle vedove di vittime dello stato nazista, per cui la vittima non solo deve avere sofferto di una malattia derivante direttamente dalla persecuzione, ma questa malattia deve averle portate alla morte. Di solito, scrive il giornale, casi simili portano al rifiuto se la vittima non muore del disturbo stesso, ma stavolta, stranamente, è stata messa in discussione la diagnosi iniziale.

"E' comprensibile che per la vedova del signor B. la decisione sia difficile da accettare," ha detto al giornale un portavoce del dipartimento degli interni del Nord Reno-Westfalia. Ma non c'era "margine di discrezionalità".

Dopo tre anni di lotte con le autorità locali, Eva, che ora ha 62 anni, porterà il suo caso davanti alla Corte distrettuale di Düsseldorf il 7 agosto. La sentenza definitiva è attesa nel mese di settembre.

"Non voglio la carità," ha detto Eva B. al giornale, "voglio giustizia."

The Local/jlb