Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/09/2008 @ 09:24:55, in Europa, visitato 1633 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
18 settembre (STA) - A Begunje na Gorenjskem, Slovenia settentrionale,
giovedì è stato inaugurato un monumento che commemora i membri della comunità
Sinti in Slovenia, che furono giustiziati durante la II guerra mondiale, per
iniziativa dell'Associazione Sinti di Slovenia.
Altre informazioni su
STA.SI
(solo per gli abbonati)
Di Fabrizio (del 24/09/2008 @ 09:27:33, in Europa, visitato 1685 volte)
Da
Roma_Francais
La tribune du Blogueur de la semaine - Questa settimana la parola a Jean-Pierre Dacheux : "Sapere infine chi sono i Rrom*"
Jean-Pierre Dacheux - Photo : D.R Per ulteriori informazioni, consultate
il sito dell'associazione
Romeurope.
Il summit di Bruxelles sui Rrom avrà avuto questo vantaggio: far parlare di
un popolo sconosciuto: Quanto ai risultati positivi, si dovrà attendere. La
creazione di una "piattaforma sull'inclusione dei Rrom, annunciata da José
Manuel Barroso, non apporta niente di nuovo, quando si vuole sotterrare una
domanda imbarazzante, si crea una commissione.
Diversi testi sui Rrom, molto positivi, sono stati votati dal Parlamento
Europeo, sin dal 2005. Restano senza effetti sulle politiche degli Stati! La più
numerosa tra tutte le minoranze culturali (oltre dieci milioni di persone) non
vede riconosciuta la sua dimensione europea. Le idee ricevute continuano a
propagarsi, soprattutto questa: i Rrom sarebbero nomadi! Tuttavia, in Europa
sono sedentarizzati oltre il 90%. Anche in Francia dove l'abitazione mobile è
utilizzata più che altrove, meno della metà dei circa 400.000 zigani francesi si
muovono in carovane (e non tutto l'anno)!
La confusione tra gli Zigani di Francia e gli Zigani in Francia è costante. Gli
Zigani francesi vogliono essere interamente dei francesi (con carta d'identità
nazionale, poter votare dopo sei mesi dall'installazione e non dopo tre anni,
avendo, se viaggiano, il diritto di fermarsi come quello di risiedere, potendo
usufruire dell' indennità d'alloggio se pagano una tassa d' abitazione, ecc.).
Gli Zigani stranieri, soprattutto i rumeni, poco numerosi in Francia (meno di
10.000 persone) vogliono, loro, essere completamente europei. Presenti in Europa
dal XIV secolo, i Rrom non possono essere considerati come degli immigrati! La
presa delle loro impronte, in Francia come in Italia, costituirebbe un atto di
antropometria razzista. Vaclav Havel diceva che si riconosce il livello di
democrazia di un popolo da come tratta i Rom, uomini tra gli uomini. La loro
sorte e la nostra sono ben legate.
* "Rrom" è una parola della lingua rromanì; vuol dire "uomo". "Rom
è il termine politicamente corretto in uso nelle istanze europee.
"Zigano" è un termine d'uso corrente preso gli etnologi (è
peggiorativo nell'Europa dell'Est). "Gens du voyage" è un'espressione
amministrativa che esiste solo in Francia.
Jean-Pierre Dacheux, è membro dell'associazione Romeurope ed autore di una tesi
di dottorato in filosofia su "Les interpellations tsiganes de la
philosophie des Lumières".
Di Fabrizio (del 22/09/2008 @ 08:40:58, in Europa, visitato 2610 volte)
Segnalazione di Katie Hepworth (la traduzione è zoppicante,
ma questa è
una mia costante con gli articoli del Guardian)
Louise Doughty. Photograph: Linda Nylind
Guardian.co.uk
La storia si ripete
I violenti attacchi agli Zingari quest'estate in Italia, assieme ai
tentativi di rimuovere le dimore dei Viaggianti in Europa, hanno portato la
paura nel cuore della comunità Rom. Louise Doughty, scrittrice di romanzi con
antenati Romanì, racconta la sinistra nuova onda di persecuzione contro la
minoranza etnica europea col più alto tasso di crescita
Questo è un articolo che mio padre non avrebbe mai voluto che scrivessi. "Tu
vuoi osservare, tu sai," mi ha detto, più di una volta. "Se non stai attenta,
riceverai un mattone alla finestra." Nella zona operaia di Peterborough dove
mio padre crebbe tra gli anni '20 e '30, probabilmente non era saggio menzionare
di avere sangue romanì, anche se lontanamente.
In quel periodo, mio padre e la sua famiglia non avevano idea degli orrori
perpetrati contro i Rom e i Sinti in Europa sotto l'occupazione nazista, ma
sentivano il pregiudizio, accettato, anche all'interno della loro famiglia. "Mia
madre mi picchiava quando ero cattivo," mi ha detto una volta uno delle mie zie,
"e mi diceva sempre, "Ragazza, caccerò lo Zingaro fuori da te." Quando mio padre
mi disse per la prima volta dei miei antenati romanì, mi chiese di non
menzionarlo ai vicini o agli amici a scuola - senza dubbio un suggerimento
dovuto al fascino residuo che avevo, dopo tutto, per una piccola parte della
storia della mia famiglia. Anche così, trovava duro accettare che se i tedeschi
avessero invaso con successo la Bretagna nella II guerra mondiale, lui e la sua
famiglia sarebbero stati imbarcati verso le camere a gas assieme agli Ebrei
britannici.
Sarebbe potuto succedere anche se la nostra famiglia si era resa stanziale già
dall'inizio del XX secolo. In comune con molti Romanichal inglesi, i miei
antenati avevano trovato che i tradizionali mestieri per guadagnarsi da vivere -
commercio di cavalli, la raccolta - stavano giungendo alla fine con la crescita
della meccanizzazione agricola. In quel tempo, un commentatore sociale acuto
avrebbe potuto essere perdonato per aver predetto che la cultura Romanì inglese
si sarebbe rapidamente assimilata in quella della popolazione maggioritaria.
"Stiamo per sparire," mi disse nel 1993 un Romanichal durante la Fiera dei
Cavalli. "Tutto sta andandosene."
Invece, sembra accadere l'opposto. In Europa, il popolo dei Rom e dei Sinti è
di circa 10 milioni ed è la minoranza etnica col più alto tasso di crescita. In
questo paese, c'è una classe visibile di attivisti ed intellettuali Romanì e
Travellers che cresce, incluso il poeta David Morley, il giornalista
Jake Bowers,
il novellista e commediografo Richard Rai O'Neill ed artisti come Delaine e Damien Le Bas,
presentati nel primo padiglione d'arte Rom alla Biennale di Venezia dell'anno
scorso. In Europa ora ci sono giornali Rom, stazioni radio e TV, ed una
parlamentare europea, Lívia Járóka, delpartito ungherese di centro-destra Fidesz.
Nonostante ciò, e la crescente politicizzazione e la consapevolezza
trans-culturale di molti gruppi Rom disperati, non c'è la negazione che la
maggioranza di questo vasto e vario gruppo vive nelle condizioni economiche più
terribili, con l'84% in Europa ritenuto sotto la linea di povertà. Nel nostro
paese, la mancanza dei siti per Travellers ha forzato molti al conflitto con i
locali piani regolatori, conflitto finito direttamente sulle pagine dei tabloid.
La crisi dei siti di sosta in questo paese può essere fatta risalire
direttamente al 1994, quando il governo di John Major abolì il Caravan Sites Act,
che obbligava le autorità locali a fornire siti adeguati ai Travellers. Allora,
venne chiesto a Rom e Travellers di comperare la terra dove si sarebbero
installati. Molti si adeguarono, trovandosi poi con i permessi negati di poter
piazzare i loro veicoli sulla terra che possedevano legalmente. Una Traveller
che ha avuto a che fare con i piani regolatori è
Bernadette Reilly di Brentwood. Può ricordarsi chiaramente che fu come quando la
sua famiglia fu obbligata ad accamparsi per strada. "Non abbiamo avuto quella
che la maggior parte delle persone chiamerebbe una vita normale, anche se per
noi era normale," dice stancamente. "Non avevamo acqua, fognature, elettricità,
e nessun servizio sanitario." Nel 2007, a lei e alla famiglia fu garantito un
permesso di cinque anni di vivere nei loro automezzi sulla terra che avevano
comprato tra i villaggi di Mountnessing e di
Ingatestone. Dice "Almeno ora avevamo l'acqua ed i bagni, ma non ancora
l'elettricità."
Il consiglio di Brentwood - appoggiato dal deputato locale conservatore, Eric Pickles,
che vive vicino al sito - si rivolse al tribunale e rovesciò la decisione. Ma ai
Travellers fu poi concesso di ricorrere in appello ed il giudice disse al
consiglio di smettere di sprecare il denaro pubblico in questa lotta.
Pickles non ha risposto alla mia richiesta di un'intervista, dirottandomi al suo
sito web dove una dichiarazione dice di opporsi al sito perché è posto nella
cintura verde metropolitana.
Il professor Thomas Acton dell'Università di Greenwich è il maggior esperto
di questo paese sugli studi romanì ed un esperto conosciuto internazionalmente
riguardo la storia e la cultura romanì. Ha anche passato buona parte della sua
vita aiutando e consigliando i Travellers come Reilly. "Eric Pickles ha la
responsabilità per i siti Zingari nel governo ombra, tuttavia ha negato
l'esistenza di una comunità di Travellers da lungo residenti a Brentwood e ha
chiesto ai consigli locali di ignorare i propri obblighi sin quando un governo
conservatore non li avessero aboliti."
Reilly e la sua famiglia vorrebbero godere della sospensione temporanea della
pena di sgombero, ma la minaccia di essere sgomberati nel futuro rimane
pesantemente sulle loro teste. Come parte del processo di progettazione è stato
permesso loro di vedere alcune delle lettere colme di bile scritte dai residenti
locali. "I bambini hanno degli amici tra i locali ed ora vanno al club, ma non
li lascerei girare in paese da soli, è troppo pericoloso," dice. Com'è avere un
parlamentare vicino di casa che fa campagna contro di voi? La risposta di Reilly
è brusca. "Viviamo nella paura sempre." Gli oppositori al sito fanno presto a
criticare i Travellers per essere chiusi o ostili verso gli estranei, senza
nessuna comprensione della mentalità sotto assedio e il costante senso di
minaccia generatosi. Dopo aver visto le lettere minatorie ricevute dall'ufficio
di progettazione, Reilly scrisse una poesia intitolata Sono una Traveller:
"Ho cresciuto i miei figli nel miglior modo che sapevo.
Sono tutto quel che possiedo, sono tutto quel che ho ora.
Hanno stile, sono bambini, sono la mia gioia.
Ma non sono quello che gridate mentre guidate la notte."
Il clima di paura tra i Traveller nelle aree rurali non sarà diminuito dalla
manifestazione Rossa, Bianca e Blu indetta a Denby, Derbyshire, dal partito
Nazionale Britannico (BNP). Una delle ospiti invitata a parlare all'evento è
stata Petra Edelmannová, presidente del partito Nazionale Ceco, un piccolo
movimento della Repubblica Ceca, noto soprattutto per il suo aperto antagonismo
contro i Rom. Edelmannová ha scritto un manifesto intitolato La Soluzione
Finale al Problema Zingaro nelle Terre Ceche, che patrocina il rimpatrio in
India della popolazione Rom della Repubblica Ceca. Edelmannová non è apparsa
alla manifestazione, ma è sembrata una strana scelta degli oratori per quello
che il BNP insisteva essere un weekend per lo svago delle famiglie in giro tra i
castelli.
Quando ho obiettato su questo al vicesegretario del BNP, Simon Darby ha
concesso che la frase "soluzione finale non era esattamente il miglior titolo
per un documento" ma ha aggiunto "là c'è un problema Zingaro. E c'è pure nel
nostro paese." Cosa considerava come la natura del nostro problema Zingaro?
"Alcuni della comunità Travellers sono qui da tanto tempo. Stanno per conto loro
e risolvono i loro problemi all'interno delle loro comunità. Hanno la mia stessa
morale. Non ho problemi con loro." Identifica il "problema" nell'essere un Rom
straniero che è immigrato in GB dopo l'allargamento europeo, assieme ad un
gruppo non ben definito che chiama "pseudo-Zingari nati qua".
La distinzione artificiale tra differenti gruppi di Romanì e Travellers per
giustificare la discriminazione, è qualcosa che anch'io ho trovato quando come
scrittrice passai del tempo nella Repubblica Ceca, risiedendo all'Università Masaryk
di Brno. Mi venne detto che il problema con i Rom non riguardava "i nostri
Zingari" ma quelli della Slovacchia, molti dei quali si spostarono nelle terre
ceche per ovviare alla mancanza di manodopera nelle fabbriche dopo la II guerra
mondiale. Il mondo gadje (non-Zingaro) sembra avere meno problemi col popolo
Romanì fintanto che resta in una casella folkloristica e non cresce troppo
numeroso - es. non appare come un popolo reale con bisogno di case, che ha fame
e ambizione di istruzione per i suoi figli.
L'invito esteso dal BNP a Petra Edelmannová è significativo perché lo storico
trattamento dei Rom nelle terre Ceche fornisce un esempio istruttivo. In più di
un paese europeo, il rastrellamento dei Rom e dei Sinti durante l'occupazione
nazista fu facilitato dalla legislazione preesistente. In Cecoslovacchia, come
era allora, la legislazione restrittiva contro gli Zingari è antecedente il
1927. La Legge 117 imponeva a tutti gli Zingari la presa delle impronte digitali
e di fornire dettagli sui loro movimenti attraverso il paese. E' evidente come
la Legge 117 facilitò l'internamento dei Rom boemi e moravi quando l'occupante
esercito tedesco decise che era venuto il momento. Nell'agosto 1942, con la
scusa di un cosiddetto Giorno della Registrazione, i Rom e Sinti vennero
identificati e imprigionati in due campi: Lety in Boemia e Hodinin in Moravia.
Dopo un anno, la maggior parte degli abitanti di quei campi furono mandati ad
Auschwitz, dove perirono. Dei 6.500 Rom nelle terre ceche all'inizio della
guerra, sopravvissero meno di 500. Quello che iniziò con le impronte digitali
nel 1927, terminò 16 anni dopo nelle camere a gas.
Può sembrare allarmistico disegnare analogie tra l'Olocausto perpetrato dai
nazisti e la situazione attuale dei Rom europei, ma chiunque nel 1927 avesse
predetto il fato dei territori cechi negli anni '40, certamente sarebbe stato
guardato come un pazzo allarmista. La Cecoslovacchia era una democrazia prospera
che aveva rotto col legame all'impero Austro-Ungarico per emergere come una
delle 10 nazioni nel mondo più sviluppate economicamente.
Non si saprà mai il vero numero di Rom e Sinti uccisi dai nazisti - le stime
ufficiali variano da un quarto a mezzo milione, anche se molti esperti romanì
credono che la cifra possa essere vicina al milione. Quello che non si discute è
che i Rom e i Sinti furono perseguiti approssimativamente dell'85%, la stessa
percentuale degli Ebrei - e per le stesse ragioni razziali. Dove differiscono i
due genocidi è che l'Olocausto Ebreo fu sempre apertamente razzista,
mentre i Rom e i Sinti furono inizialmente perseguitati per essere "asociali" e,
per molti anni, i successivi governi tedeschi rifiutarono di riconoscere
l'elemento razziale nelle azioni naziste.
L'insistenza per cui l'esclusione e la discriminazione contro gli Zingari ha
più a che fare col loro stile di vita che con la razza, ha trovato eco nei
recenti eventi in Italia. A maggio, una donna a Ponticelli, fuori Napoli,
denunciò che una Zingara aveva tentato di rapire suo figlio. Che questo fosse
vero o no non fece differenza per quei delinquenti che attaccarono i campi sosta
locali con torce e barre di ferro. La risposta del governo Berlusconi e dei suoi
alleati fu strabiliantemente cinica. Prima venne l'annuncio in giugno che a
tutti gli Zingari, bambini inclusi, sarebbero state prese le impronte e,
fondamentalmente, identificati per la loro etnia - un episodio senza precedenti
nell'Europa occidentale del dopoguerra. Terry Davis, segretario generale del
Consiglio d'Europa, ha risposto che uno schema simile "richiama analogie
storiche che sono così evidenti che non devono essere spiegate". Anche
Berlusconi si è mostrato sensibile all'oltraggio internazionale che è seguito e
i suoi piani ora sono stati modificati così che a tutti i cittadini italiani dal
2010 verranno prese le impronte. Le autorità hanno dichiarato che l'etnia non
sarà censita, ma la loro idea di rassicurazione è di presentare le misure come
generalmente anti-immigrati, piuttosto che rivolte specificatamente ai 150.000
Rom e Sinti nel paese.
Queste mosse sarebbero abbastanza sinistre già di per sé, ma arrivano
accompagnate da ripetuti e impuniti attacchi agli stimati 700 campi in Italia. A
luglio, il mondo fu scosso dalle fotografie dei corpi di due ragazze Rom
affogate lasciate sulla spiaggia vicino a Napoli, con la gente intorno che
continuava a prendere il sole e far picnic.
Delle tante citazioni raggelanti dei leader politici italiani dall'inizio
degli attacchi in maggio, possibilmente la più spaventosa è quella di Umberto
Bossi, della Lega Nord, ministro nel governo Berlusconi: "Il popolo fa quello
che la classe politica non è in grado di fare." La chiara implicazione è che i
politici firmano la "pulizia etnica" desiderando piuttosto passare dalle parole
ai fatti.
I Rom italiani, molti vivono ancora nelle circostanze economiche più
spaventose, si sentono sotto assedio. "Siete venuti per cacciarci o aiutarci?"
ci chiedeva Rogi, residente in un piccolo campo proprio fuori Roma. Stava
parlando ad un gruppo di 10 volontari della Croce Rossa, arrivati a luglio nel
campo per condurre un censimento. I volontari non raccoglievano impronte
digitali, ma interrogavano ogni residente sul nome, età, nazionalità, se erano
stati vaccinati e se i loro bambini andassero a scuola - mentre li
fotografavano. Secondo l'agenzia stampa AFP, la Croce Rossa insisteva che questo
non era un'operazione di polizia, lo scopo era di fornire documenti sanitari ai
residenti del campo. "La maggior parte ha vermi, soffre di problemi
gastro-intestinali e bronchiti," riportava un volontario. "Alle autorità noi
forniamo informazioni anonime così che possano valutare le condizioni dei campi,
l'igiene e la salute."
Se l'operazione della Croce Rossa potrà aiutare o meno gli abitanti di
questi campi o le autorità che vorrebbero eliminare i campi, è tutto da vedere,
ma nessuno può rimproverare i residenti, molti sono rumeni senza documenti, per
essere sospettosi delle uniformi che vogliono prendere le loro fotografie e fare
tante domande. Questo sospetto ha profondi precedenti storici.
Il macello della seconda guerra mondiale fu soltanto l'apoteosi di secoli di
persecuzione durante la tragica storia europea dei Rom. Anche se la
consapevolezza dell'Olocausto Romanì non è ancora ben stabile, pochi sanno che
per cinque secoli e mezzo, migliaia di Rom nell'Europa dell'est furono comprati
e venduti come schiavi. Secondo il libro di Ian Hancock, Noi Siamo il Popolo
Romanì, "Nel XVI secolo un bimbo Rom poteva essere comprato per 32p. Nel XIX
secolo, gli schiavi venivano venduti a peso, al tasso di un pezzo d'oro per
libbra."
Attraverso questa storia, il popolo dei Rom e dei Sinti è tradizionalmente
sopravvissuto rimanendo lontano dalla vista il più possibile. In Polonia, un
piccolo numero di Rom polacchi è sopravvissuto al genocidio nazista
nascondendosi nelle foreste remote. In Boemia e Moravia, qualche famiglia trovò
riparo dai villici cechi. A livello più ampio, molti Romanì e Travellers
semplicemente non menzionano la loro origine. Durante un tour di scrittori in
Romania nel 2000, un amico mi disse: "Penso che l'atteggiamento della maggior
parte della gente di qui sarebbe: non capiamo perché parlate del vostro aver
sangue Zingaro. Se non lo dimostrate, potrete passare." I Rom che vivono in
condizioni terribili nei campi fuori Roma o Napoli, probabilmente sarebbero
contenti di non avventurarsi fuori per vendere chincaglieria o per mendicare, ma
se non lo facessero morirebbero di fame. I critici di queste attività di
sussistenza, raramente tengono conto delle necessità economiche che queste
sostengono.
Un altro esempio di comunità Zingara sotto assedio è Sulukule a Istanbul. Sulukule
è un insediamento storico occupato dalla comunità Romanì sin dai tempi di
Bisanzio ed ora è parte del programma Unesco Sito Patrimonio Mondiale. Le prime
testimonianze della presenza Rom a Sulukule datano dal 1054, e per secoli è
stata famosa per le sue case di intrattenimento dove i Rom si esibivano in
musiche e danze ai visitatori di tutto il mondo. La chiusura forzata di quelle
case nel 1992 portò l'area ed i suoi abitanti ad un serio declino economico.
Ancora, la ragione apportata fu di fornire alloggi sani ed igienici. "Non
abbiamo nessuna intenzione di sbarazzarci dei Rom, ma dobbiamo fare qualcosa per
questi slum," ha detto il sindaco locale, Mustafa Demir. Le autorità locali ora
pianificano di demolire le piccole case colorate dove vivono i Rom e
rimpiazzarle con ville che i residenti non possono certo permettersi, anche con
i sussidi offerti. Senza casa, e senza nessun mezzo di appoggio, quale opzione
si apre loro?
Visti nel loro più ampio contesto storico europeo, eventi simili hanno un
effetto devastante sullo stato d'animo della popolazione Rom, non soltanto su
quelli direttamente vittimizzati - noi stiamo, dopotutto, parlando di un popolo
che ha il genocidio nella sua memoria vivente e che sono tra i più esclusi e
colpiti dalla povertà in Europa. Questi sviluppi sono visti dal popolo Rom e
Sinti in Europa con un'ansietà crescente. Per ogni molotov lanciata in un campo
o in una baraccopoli, per ogni scelta comunale di sgomberare i Rom, ci sono
migliaia di piccoli incidenti di disprezzo o pregiudizio. Come la conoscenza che
mi porse una volta un Traveller: "Ogni volta che qualcuno mi dice: 'Oh, dev'essere
così romantico essere uno Zingaro,' io dico: 'Cosa c'è di romantico nell'essere
sputato?"
Quello che è innegabile in questa fotografia è che le mosse attuali tanto
del governo italiano che dei consigli municipali inglesi, come Brentwood,
esarceberanno soltanto le tensioni tra Rom e Traveller e la popolazione
stanziale. Gli immigrati Rom in Italia sono lì perché hanno lasciati paesi come
la Romania in cerca di una vita migliore. I residenti di Sulukule dovranno
andare da qualche parte quando la demolizione continuerà. I Traveller sgomberati
dalla terra che possedevano nel Cambridgeshire o nell'Essex saranno obbligati ad
accamparsi ai margini delle strade o finire nei centri pubblici. Bernadette Reilly
ricorda quello che diceva ad un poliziotto che stava sgomberando la famiglia da
una strada di notte: "Dove pensa che andremo?"
"Da qualsiasi parte," replicò il poliziotto. "Basta che non sia vicino a
me."
Tuttavia, anche se spesso le comunità Romanì e Traveller sono sgomberate, di
città in città o attraverso i confini nazionali, non si sbiadiranno né si
fonderanno. Fintanto che c'è la volontà politica paneuropea di guidare la
povertà e l'esclusione che in molti affrontano, la situazione può solo
peggiorare, e la destra continuerà ad usare questo gruppo marginalizzato come un
mezzo per ottenere voti. Quando festeggiammo l'80° compleanno di mio padre,
raccontai a mia zia la frase del mattone contro la finestra, pensando che lei
convenisse con me che mio padre era un incorreggibile menagramo. Invece, mi
disse tranquillamente: "Ha centrato la questione, amore mio, non trovi?"
Louise Doughty's novels about Roma history and her family ancestry are Fires
in the Dark and Stone Cradle, both published by Simon & Schuster.
Copyright Guardian Newspapers Limited 2008
Di Fabrizio (del 19/09/2008 @ 11:29:11, in Europa, visitato 1881 volte)
Da
Altrenotizie
di Elena Ferrara - Questa volta scendono in piazza per chiedere
solidarietà e per affermare il loro diritto all’esistenza. Stanchi ed esasperati
per le ripetute aggressioni contro le loro famiglie e forti dell’appoggio
ricevuto dal recente congresso mondiale svoltosi a Frisinga, in Germania,
giocano la carta della manifestazione di massa. Sanno di essere 36 milioni
sparsi in Europa, nelle Americhe e nell’Asia. E sanno, appunto, che nel vecchio
continente arrivano già a 12 milioni. Ora presentano il conto. Sono gli
zingari che tra pochi giorni - e precisamente il 20 settembre - si ritroveranno
a Budapest dove il presidente del "Consiglio nazionale tzigano" - l’ungherese
Orban Kolompar - ha invitato i rom magiari a protestare contro la Guardia
ungherese che è l’organizzazione paramilitare estremista e razzista che si sta
sempre più distinguendo con aggressioni contro gli zingari.
Kolompar chiede, inoltre, di avviare una serie di azioni che tendano a bloccare
la diffusione del razzismo. E così sarà la prima volta che gli "tzigani"
scenderanno in campo in Ungheria in difesa dei loro diritti, contro il razzismo.
La manifestazione servirà anche a ricordare all’opinione pubblica che quella rom
è la più numerosa minoranza in terra magiara. Secondo calcoli approssimativi
conta da 600 mila a 800 mila membri che sono stanziati soprattutto nelle regioni
nordorientali, quelle più povere e depresse.
I rom, tra l’altro, collezionano una serie di dati negativi sulla
disoccupazione, i livelli di scolarizzazione e l’aspettativa di vita alla
nascita rispetto al resto della popolazione ungherese. Tutto questo mentre
vengono "collocati" nell'area spregevole del "diverso", con ciò che ne consegue
in termini di disprezzo, odio, violenza ed emarginazione. E così, precostituito
il colpevole, è facile ricercarne le colpe seguendo un copione storicamente e
sociologicamente sperimentato, scritto con il peggiore inchiostro degli istinti
barbari e della ragione deviata. Arriva però il momento della riscossa e questo
è quello che si augurano i dirigenti del movimento che prende le mosse
dall’Ungheria.
E proprio a Budapest si ricorda che gli zingari hanno ispirato in ogni epoca
l'immaginario collettivo e quello individuale artistico, ma non hanno quasi mai
stimolato serie ricerche storiche e sociologiche. Essi subiscono così, oltre
alla ben nota emarginazione di fatto, un’emarginazione culturale frutto di
avversione intellettuale e di sostanziale ignoranza dei loro reali costumi di
vita e dei valori che li sottendono.
Ora la decisione di invitare ad una rivolta pacifica di piazza (sarà la più
grande manifestazione nella storia degli tzigani) è dovuta anche al fatto che
proprio nelle ultime settimane si sono registrati attacchi contro case abitate
da zingari ed è chiaro che la situazione ha superato i livelli di guardia. Tanto
che in una conferenza sulla situazione dei rom, organizzata da "Lungo Drom" che
è la principale associazione civica rom, il presidente Florian Farkas ha detto
che in Ungheria la convivenza fra ungheresi e rom è arrivata a una situazione
nuova.
''Gli argini si sono rotti da ambedue le parti - ha detto - e ci troviamo di
fronte a un estremismo radicale razzista da una parte, e un radicalismo etnico
rom dall'altra. La violenza avrà fra poco una risposta violenta''. Dal canto suo
il garante dei diritti delle minoranze, Ernoe Kallai (rom) ha sottolineato
l'insuccesso delle politiche attuate da Budapest per la minoranza tzigana. Ed ha
poi ammonito che ''senza cambiamenti, l'esplosione del problema dei rom sarà
inevitabile''.
Ora mentre le organizzazioni sociali e molti partiti ungheresi si preparano per
l’appuntamento del 20 settembre si registra anche una precisa presa di posizione
della chiesa cattolica ungherese che, come è noto, ha una forte influenza nella
società locale. La Chiesa dice "no" alle discriminazioni nei confronti degli
zingari e si rifà anche alle recenti decisioni prese dal Congresso mondiale
della "Pastorale per gli zingari" che si è svolto nelle settimane scorse in
Germania. E proprio in tale occasione un alto esponente del Vaticano - il
segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, arcivescovo Agostino Marchetto - in un’intervista alla Radio
Vaticana ha denunciato la gravità della situazione delle comunità zingare. "Dai
rapporti che ci pervengono dalle Chiese locali – ha fatto notare l’arcivescovo –
constatiamo che un pò dappertutto gli zingari sono vittime di discriminazione,
disuguaglianza, razzismo e xenofobia".
Non si salva neanche l’Europa, dove "i Rom e Sinti, pur se cittadini di Stati
membri dell’Unione europea e muniti di documenti validi, non possono godere
degli stessi diritti dei comuni cittadini. "In alcuni Paesi – ha aggiunto
Marchetto – i bambini zingari sono costretti a frequentare scuole speciali per
disabili fisici o mentali, mentre non poche donne vengono sottoposte a
sterilizzazione forzata. E la generale mancanza di fiducia fa sì che ai giovani,
pur se ben preparati professionalmente, non è concesso l’ingresso al mondo del
lavoro come agli altri".
Di qui la decisione di affrontare le questioni degli zingari come una risorsa
per la società e non come un problema. Non si tratta, avverte la Chiesa, di una
"ingerenza politica" ma di un "dovere", così come, appunto, è doveroso
"difendere la dignità della persona in tutte le sue espressioni". Forse si apre
ora - grazie agli zingari ungheresi - una nuova pagina distensiva che potrebbe
favorire il riconoscimento di distinte identità nazionali.
Di Fabrizio (del 18/09/2008 @ 09:02:09, in Europa, visitato 1648 volte)
Da
Roma_Daily_News
Summit sui Rom Europei - Bruxelles, 16 settembre 2008
Stanisław Stankiewicz - Presidente dell'Unione Internazionale Rom (IRU) -
Vice-Presidente del Forum Europeo Rom e Viaggianti (ERTF)
I Rom si sono insediati in Europa oltre mille anni fa e sono una minoranza
europea trans-nazionale di questo continente. Che siano cittadini europei spesso
non è accettato ne conosciuto da molti paesi e persone.
La loro storia è spesso ridotta ad una lunga litania di discriminazione,
tentativi di sterminio, esclusione, povertà ed ora, i Rom sono soprattutto
considerati un problema sociale. Mentre questo è successo e tuttora succede, uno
sguardo più attento mostra che nei paesi e nelle regioni dove sono lasciati in
pace, i Rom sono integrati e vivono vite pacifiche.
Con l'affermarsi degli stati-nazione in Europa nel XIX secolo ed culmine dei
nazionalismi nel XX secolo, la situazione è peggiorata notevolmente. Continuano
in molti paesi l'esclusione e la discriminazione. I Rom non hanno mai voluto
avere uno stato loro e si rimettono alla mercé delle politiche nei posti dove
vivono.
Con una somma tra gli otto e i dodici milioni di Rom in Europa, questa
affronta una sfida: Come accettarli ed integrarli. Se questo non avverrà,
l'Europa affronterà problemi di proporzioni tali che saranno difficilmente
gestibili. Si parla spesso di un "Problema Rom", preferiamo dire che è l'Europa
come continente che deve affrontarlo. Oggi, i diritti umani basici non sono
ancora rispettati. Anzi, come visto ultimamente in Italia, vengono emanate da un
governo europeo politiche basate sull'etnia, senza quasi reazioni concrete.
Ufficialmente, i Rom sono cittadini dello stato dove vivono. In pratica, sono
spesso considerati cittadini di seconda classe quando va bene, e la
discriminazione amministrativa è una regola in molti paesi. Chiaramente, sono
state promulgate alcune leggi, come delle vetrine. Le politiche variano
dall'auto-governo, a seggi riservati nei parlamenti, allo status di minoranza,
ma tutto ciò non arriva al tema fondamentale del riconoscimento dei Rom come
cittadini effettivi nei loro paesi ed in Europa.
L'Europa ha approvato diverse leggi, convenzioni e direttive (ad es. 2000/43, EC
29/6/2000; 2000/78,EC 27/11/2000), sui diritti umani e le minoranze, e i membri
dell'Unione Europea le hanno firmate tutte. Ma spesso non sono rispettate. In
pratica, non tutti i paesi europei hanno aggiornato le loro leggi per
rispecchiare queste direttive, o spesso non le hanno rafforzate.
Il populismo sta crescendo, e sempre più spesso i politici cercano capri
espiatori. L'Italia si è improvvisamente svegliata scoprendo che tra il milione
di rumeni che vi vivono, ci sono circa 100.000 Rom. Certamente non un milione, e
non da qualche mese. No, alcuni di loro sono lì da diversi anni.
Dobbiamo chiederci come possano essere influenzati i processi politici per
cercare di cambiare e migliorare la situazione dei Rom in Europa. Come possano
essere cambiate le leggi locali, come indirizzare le attitudini e gli stereotipi
locali?
Occorre certamente uno sforzo verso la popolazione maggioritaria per contrastare
i soliti pregiudizi e permetterle di aprire la propria mente verso i Rom. La
stampa, ma anche molte OnG, hanno l'estrema necessità di cambiare la loro
rappresentazione e pensieri sui Rom. Spesso tutti loro rappresentano e riducono
i Rom a poveri, illetterati, disoccupati o a criminali. Se tutti i Rom si
fossero conformati a questi stereotipi, dove saremmo oggi? Ma se non si cambia
questo, come può progredire l'integrazione Rom in Europa e come si può cambiare
la società così che i Rom siano considerati cittadini come tutti gli altri?
Nel XXI secolo, ci sono ancora molti Rom nel mezzo dell'Europa che vivono come
nel terzo mondo. Non una casa vera, niente acqua, elettricità, nessuna
infrastruttura fornita dallo stato, segregazione a scuola, eccessi polizieschi,
o al massimo indifferenza della popolazione locale. Oltre alla segregazione e
alla discriminazione, questo non solo è vero ma anche la regola in molte regioni
rurali dei paesi nuovi membri dell'Unione Europea.
L'esperienza ha mostrato che in situazioni così difficili, i Rom perdono le loro
tradizioni, lingua e cultura. E questo succede qui in Europa, nell'Unione
Europea. Questo processo di acculturazione aumenta le difficoltà
nell'integrazione. La marginalizzazione impedisce ai Rom di migliorare la loro
situazione. I bambini hanno scarse possibilità di studiare in buone scuole, in
quanto sono ancora discriminati o messi nelle scuole speciali. Gli incentivi dei
governi sono spesso un pensiero malato. Noi, in quanto Rom, ancora non capiamo
perché è ancora così e pensiamo che ciò sia inadeguato. I Rom non sono ancora
realmente rispettati nell'Unione Europea, anche se questa istituzione dovrebbe
basarsi sul rispetto di tutti.
I politici non hanno fatto molto per cambiare le cose. Dovrebbero muoversi verso
l'integrazione, e non ricorrere a misure populiste. Demonizzare i Rom come
l'archetipo dello "straniero" è pericoloso...
Si è perso tanto tempo, e le politiche messe in atto non sono state efficaci.
Noi, Rom, ne abbiamo abbastanza di seminari, conferenze, discorsi; vogliamo
fatti concreti, lavoro,volontà politica, decisioni e azioni che genereranno veri
cambiamenti. E fare in modo che i Rom siano riconosciuti come un vero popolo
europeo. Ne abbiamo abbastanza anche di gruppi, coalizioni, che si spingono in
prima linea dicendo di rappresentare i Rom, spesso senza aver Rom nei loro
ranghi. Spesso, il Rom è un socio, un prestanome per progetti che dovrebbero
aiutare i Rom.
A noi sembra che spesso i Rom non siano ancora considerati dei partner validi.
C'è un modello di paternalismo tanto a livello politico che di base. "Noi
sappiamo cos'è meglio per voi" è ancora la norma. L'inclusione di organizzazioni
veramente rappresentative, basate su strutture democratiche, non è ancora la
norma. Vorremmo vedere più progetti dei Rom per i Rom, sulle premesse di "i Rom
aiutano i Rom" in piena collaborazione con le organizzazioni politiche e le OnG.
Dopo tre anni di decennio dei Rom, la mancanza di progressi generali richiede un
nuovo approccio e un'azione decisiva. E' tempo di prendere una nuova strada. Di
darci la meta di risolvere veramente alcuni dei problemi che l'Europa sta
affrontando, e di spingere per l'integrazione dei Rom. Dobbiamo educare entrambe
le comunità a cambiare le mentalità e i pensieri. La popolazione ha bisogno di
capire ed accettare che i Rom sono europei, che sono parte della nostra comune
cultura, ed i Rom devono cambiare e aprirsi alle sfide del futuro. Non
focalizziamoci sul passato, sulla sindrome da "vittime", ma guardiamo con
orgoglio avanti e a cosa vogliamo ottenere.
Speriamo sinceramente che questo incontro segni un punto di svolta. La lista dei
partecipanti, con Barroso, presidente della Commissione Europea, con Soros, con
ministri di vari governi ecc. mostra l'importanza della sfida. Speriamo che
tutti i partecipanti cerchino una strada e una strategia comune per cambiare la
deteriorata situazione dei Rom in Europa. Speriamo che i Rom e le organizzazioni
Rom siano considerati validi partner in questo processo.
I Rom sono cambiati negli ultimi vent'anni. Molti giovani sono diventati validi
attivisti, si stanno organizzando oltre i confini nazionali. Le manifestazioni
contro alcune delle politiche italiane in Italia, Vienna, Madrid, hanno mostrato
che sono pronti per prendere il destino nelle loro mani. Anche le organizzazioni
Rom, come l'IRU, sono cambiate, si sono democratizzate, sono diventate più
trasparenti. Ma necessitano di appoggio. Le organizzazioni Rom spesso sono
deprivate di supporto finanziario per i progetti concreti. Noi, come IRU, ma
anche a favore di altre organizzazioni, chiediamo nuovamente di essere
considerate partner di esperienza. Assieme vorremmo sottolineare che senza
l'appoggio globale della comunità Rom, nessun programma può riuscire.
L'Unione Europea ha anche bisogno di controllare con attenzione la situazione
dei Rom e dei suoi stati membri e reagire immediatamente. Il caso italiano
mostra che ahimè non è ancora il caso. Il mancato rispetto delle politiche, dei
principi e delle leggi non deve rimanere senza conseguenze. L'Unione Europea
dovrebbe reagire decisamente contro ogni attacco alla democrazia.
Noi, come Unione Internazionale Romanì, vogliamo ringraziare la Slovenia per
l'opportunità di presentare le nostre opinioni all'Europa, e anche la Croazia,
dove a breve organizzeremo il VII Congresso Mondiale Rom. Speriamo che la
Francia, con la sua tradizione dei diritti umani, e la Repubblica Ceca, che avrà
la prossima presidenza dell'Unione Europea, continuino proseguendo il dialogo,
ma prendano anche azioni concrete per migliorare la situazione globale dei Rom
in Europa.
Se noi, tutti europei e Rom compresi, non agiremo, avremo di fronte una
potenziale catastrofe. Se la situazione in alcuni paesi peggiorerà, i Rom
dovranno andarsene. E questo accenderà il risentimento ed ulteriore esclusione.
E' venuto il tempo di reagire. Speriamo come IRU, ma anche a nome di altre
organizzazioni Rom di base, di essere soci in questa attività.
Stanislaw Stankiewicz - stahiro.irul@neostrada.pl
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 00:12:49, in Europa, visitato 1828 volte)
Del vertice europeo di oggi ne hanno parlato ultimamente anche Sucar Drom e Rom Sinti @ Politica, se ne è accennato brevemente anche qua. Il comunicato che segue non è stato ancora riportato:
CS122-2008: 15/09/2008 Alla vigilia del primo Summit sui rom organizzato dall'Unione europea (Ue), in programma domani a Brussels, la EU Roma Policy Coalition (Erpc)* ha sollecitato le istituzioni europee a sviluppare una strategia di lungo periodo per rispettare e proteggere i diritti fondamentali dei rom. L'Erpc ha chiesto al Summit di vincolarsi a standard e obiettivi comuni che favoriscano il raggiungimento di progressi concreti, tali da preparare il terreno per piani d'azione nazionali, che dovrebbero essere sviluppati con l'attiva partecipazione delle comunità rom. L'Erpc ha infine chiesto all'attuale presidenza dell'Ue di fare proprio questo impegno politico al Consiglio europeo di dicembre. Secondo l'Erpc, "è importante fare riunioni e discussioni su politiche che funzionino, ma ciò che serve è anche un impegno attivo dell'Ue per tradurre queste discussioni in passi concreti per l'azione. È trascorso tempo sufficiente perché ci sia bisogno di un quadro di riferimento di obiettivi e scadenze". L'Erpc rimane preoccupata per la recente risposta della Commissione europea in relazione al "censimento" dei rom in Italia, risposta che è stata ampiamente percepita come un "via libera" nei confronti delle politiche discriminatorie del governo italiano verso i rom. Il fatto che i principali documenti rilevanti non siano stati resi pubblici ha creato ulteriore ambiguità. In questo contesto di segnali contraddittori, è ancora più importante che il Summit di domani assuma l'impegno forte e chiaro impegno di dimostrare che l'Ue intende agire, e non solo discutere, per promuovere efficacemente i diritti fondamentali e l'inclusione dei rom in Europa. Le istituzioni e gli Stati membri dell'Ue dovrebbero, in occasione del Summit, garantire che il contrasto alla discriminazione dei rom sarà basato su politiche di inclusione sociale e non sulla repressione e sulle misure di sicurezza. FINE DEL COMUNICATO Brussels, 15 settembre 2008 Fanno parte dell'EU Roma Policy Coalition (Erpc): Amnesty International, European Roma Rights Centre, European Roma Information Office, European Network Against Racism, Open Society Institute, Spolu International Foundation, Minority Rights Group International, European Roma Grassroots Organisation, Roma Education Fund e Fundación Secretariado Gitano. Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste: Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 08:58:38, in Europa, visitato 1600 volte)
Da
Nordic_Roma
National News
2008-09-07
Il governo svedese intende esaminare se ci sono specifici problemi di
salute tra le minoranze in Svezia. Lo riporta oggi la Radio Pubblica Svedese.
In Svezia non è permesso registrare le persone secondo la loro appartenenza
etnica.
Questa legge potrebbe avere le sue buone ragioni, ma è difficile per le
autorità svedesi sapere se ci sono problemi sanitari o no, specifici per le
minoranze in Svezia.
Perciò, il governo ora ha proposto che le cinque minoranze svedesi
riconosciute siano mappate così da rilevare se alcuni problemi siano più comuni
tra questi gruppi piuttosto che nella popolazione maggioritaria.
Per esempio nella popolazione Rom, è ampliamente riconosciuto che è comune
l'abuso di droga.
Le minoranze riconosciute in Svezia sono il popolo Sami, la popolazione
svedese-finnica, i cosiddetti Tornedalingar, la popolazione Rom e gli Ebrei.
E' anche un tabù in Svezia mappare i gruppi etnici per ragioni di integrità.
Ma la Radio Pubblica si è appellata alle differenti organizzazioni delle
minoranze e queste sono state per lo più positive.
Il progetto prima di tutto controllerà quante persone ci sono in ogni gruppo.
Poi, inizierà l'inchiesta sanitaria.
Mats Öhlén - mats.ohlen@stockholmnews.com
Di Fabrizio (del 11/09/2008 @ 09:28:56, in Europa, visitato 2322 volte)
Da
Roma_Daily_News, molto lungo - da sorbirsi con calma (niente che non sia già
stato scritto, ma così vi risparmiate di rileggere un centinaio di articoli)
I Rom dei Balcani, un popolo senza stato (Le Monde diplomatique,
settembre 2008)
La caduta del comunismo e la rottura dell'ex Yugoslavia hanno lasciato il
popolo Rom, da lungo insediato nei Balcani e formando una forte parte
dell'identità della regione, con pochi protettori. Molti scappano come rifugiati
dalle persecuzioni e dalla disoccupazione, altri rimangono, sotto-privilegiati e
minacciati. Di Laurent Geslin
Il giovane ci guida con cautela sulla strada irregolare da Sofia, la capitale
bulgara, a Fakulteta, dove vivono oltre la metà dei 30.000 Rom di Sofia. Sarebbe
impossibile entrare in quest'area, dove i blocchi di appartamenti socialisti
cedono il passo alla vegetazione e all'immondizia, senza una guida, da quando
l'area è sotto sorveglianza dopo le violenze dell'autunno scorso. Il guidatore
ci dice: "Sto facendo questa deviazione per evitare la polizia. Non ho la
patente."
Baptiste Riot, un giovane insegnante francese che insegna fotografia al
bambini della Mahala, il distretto Rom, ci aveva spiegato: "Gruppi di estremisti
bulgari vengono regolarmente a provocarci, e dopo la morte di un Rom lo scorso
settembre gli abitanti si sono dovuti organizzare. L'unico posto dove le due
popolazioni si incontrano è il mercato al limite del quartiere Rom. La gente ci
va perché i prezzi sono più bassi che nel centro di Sofia."
Ma i commerci non sono abbastanza per fornire di che vivere alla popolazione.
I giovani devono lavorare a 15 o 16 anni, non possono permettersi di studiare,
così raccolgono la spazzatura dalle strade di Sofia per riciclarla. Ci ha detto
una casalinga del posto: "Siamo fortunati, perché lavoro nella scuola, e visto
che i miei figli sono abbastanza grandi, lavorano nelle costruzioni con i
bulgari." Altri fanno lavori anomali. Secondo Ilona Tomova, dell'Istituto di
Sociologia di Sofia, nel 2001 soltanto il 18% della popolazione rom attiva era
registrata come impiegata. Le statistiche sono un po' migliorate da allora, ma
la situazione rimane seria.
"Affrontano una discriminazione costante nel lavoro, nella scuola e nella
sanità. Ogni buon cittadino bulgaro ha pochi amici Rom con cui avere
occasionalmente un caffè o un bicchiere, ma lo stesso vede gli Zingari incarnare
tutti i vizi del mondo," ha detto Marcel Courthiade, insegnante Romanì
all'Istituto nazionale di lingue e civiltà orientali (Inalco) di Parigi.
Nella storia
I primi Zingari vennero dal nord dell'India ed arrivarono in Europa tra il
XIV e il XV secolo; nel 1348 un gruppo chiamato Cingarije fu osservato a Prizren
nel Kosovo e dal 1385, alcuni testi menzionano famiglie che vivevano in
schiavitù in Valacchia e Moldavia. I gruppi vennero sparpagliati nella prima
metà del XV secolo, talvolta con la benedizione delle autorità. Nel 1417
l'imperatore tedesco Sigismondo diede una lettera di raccomandazione e
protezione a un gruppo di Rom della Boemia (da cui la parola bohemian). Nei
Balcani, i Rom si unirono al sistema amministrativo, economico e militare sotto
l'impero Ottomano. Alcuni hanno accompagnato le armate ottomane come fabbricanti
di armi da fuoco. Altri si stabilirono e lavorarono come artigiani o mezzadri in
tutto il territorio, e gradualmente costruirono le Mahala, i quartieri Zingari,
in molte città dell'Europa sud-orientale, incluse Prizren e Mitrovica in Kosovo.
In periodi di pace e benessere, gli Zingari erano tollerati per le loro
abilità di artigiani ed allevatori, ma ogni deterioramento nella situazione
economica o politica significava repressione e persecuzioni. Attraverso i
secoli, le espulsioni li obbligavano a migrare. Molti arrivarono in Bulgaria
alla fine del XVII secolo, fuggendo dalla guerra tra l'Austria e l'impero
Ottomano. Quando la schiavitù fu abolita nei principati rumeni nel 1860, ci fu
una nuova diaspora di Rom in Europa. Il genocidio nazista nella II guerra
mondiale uccise centinaia di migliaia di Rom, ma il tribunale di Norimberga
ignorò la loro tragedia. Non sappiamo in quanti morirono nel campo di
concentramento di Staro Sajmiste vicino a Belgrado, e la lista di vittime
Zingare nel campo di Jasenovac in Croazia fu elaborata solo nel 2007.
Secondo le stime del Consiglio d'Europa, vivono in Europa tra la Bretagna e
la Russia dai sette ai nove milioni di Rom, la più grande minoranza
transnazionale. I Rom dei Balcani, spinti da guerre o povertà, si sono stabiliti
in gran numero in occidente, raggiungendo gli Zingari locali con cui hanno
generalmente pochi contatti.
Negli ultimi 20 anni, le istituzioni internazionali, specialmente l'Unione
Europea e il Consiglio d'Europa, sono diventati coscienti di ciò. Ma nonostante
i loro sforzi nel fornire scolarità ai bambini Rom, i Rom continuano a soffrire
discriminazioni e sono diventati più poveri. Nel 2005 fu lanciato il Decennio
dell'Inclusione Rom sotto gli auspici della Banca Mondiale, del Programma di
Sviluppo delle Nazioni Unite e della UE, per facilitare l'accesso all'istruzione,
al lavoro, alla sanità e alla casa, in nove paesi dell'Europa orientale e
balcanica. Ma dopo tre anni del progetto, gli esperti trovano i risultati
deludenti. Mentre l'opinione pubblica sta diventando cosciente della natura
transnazionale del problema, i singoli stati ritardano le misure per facilitare
l'integrazione.
Il dissolvimento dell'ex Yugoslavia
I Rom balcanici furono i primi a soffrire della rottura dell'ex Yugoslavia e
della caduta del blocco sovietico nei primi anni '90. I nuovi governi li
trascurarono e furono le vittime della transizione economica. Diventati più
poveri, divennero l'obiettivo degli emergenti aggressivi movimenti nazionalisti
e capro espiatorio delle dispute intra-comunitarie, e le comunità Rom vennero
marginalizzate e fatte oggetto di violenze e persino di pogrom.
Secondo Ilona Tomova: "Nel 1989 l'83% della popolazione adulta aveva un
impiego ed i Rom avevano il più alto tasso di occupazione in Bulgaria; ma nel
1993 era sceso a solo il 30%. Alcuni Rom non hanno più avuto accesso al mercato
lavorale dai primi anni '90. Ed ora abbiamo una seconda generazione senza un
lavoro stabile." E' peggio nei ghetti urbani che si erano generati alla fine
degli anni '70 e sono cresciuti dopo la caduta del regime comunista.
"Prima, non avresti potuto distinguere lo stile di vita Zingaro," ha detto Antonina
Zelyazkova, del Centro Internazionale per gli Studi sulle Minoranze e le
Relazioni Interculturali (Imir). "Lavoravano, mandavano i bambini a scuola,
avevano accesso al sistema sanitario. La marginalizzazione è iniziata con la
transizione. Quanti vivevano nelle piccole cittadine non beneficiarono della
redistribuzione della terra e dovettero migrare nelle città più grandi."
Nella città settentrionale di Kumanovo in Macedonia, 5.000 Rom vivono in una
baraccopoli in una zona alluvionale tra i fiumi Lipkovska e Kojnasrka. Le loro
case sono fatte di mattoni e materiali riciclati. Ci sono pochi negozi, un paio
di carretti di angurie, e gruppi di giovani senza via d'uscita. Milan Demirovskim
che guida un'OnG chiamata Khan (sole in romanes) che insegna a leggere, dice:
"Circa il 95% vive del salario minimo. La loro unica strada è di mettersi in
proprio, perché le compagnie assumeranno su basi comunitarie e non c'è mai posto
per i Rom."
Nonostante la decentralizzazione iniziata nel 2001, è cambiato poco. Gli
accordi di Ohrid firmati il 13 agosto 2001 dopo il conflitto tra le milizie
albanesi dell'Armata di Liberazione Nazionale (UCK-M) e l'esercito macedone,
garantì diritti sociali e politici a tutte le minoranze. Erduan Iseni, sindaco
di Suto
Orizari (Sutka), che ha la maggior percentuale di Rom dell'area di Skopje,
è ottimista. "Per i Rom qui è meglio che in molti altri paesi della regione. La
Macedonia è uno degli stati più avanzati d'Europa da questo punto di vista." La
sua municipalità di 40.000 abitanti sembra abbastanza prospera con le sue
colorate officine, i commercianti e i clienti. Ma anche qui i Rom hanno di
fronte le solite discriminazioni, pregiudizi ed un muro politico di mattoni.
"Abbiamo un budget più piccolo dalla legge di decentralizzazione rispetto agli
altri comuni," si lamenta il sindaco. "Non abbiamo abbastanza soldi per riparare
le strade e modernizzare le infrastrutture. Si stava meglio sotto Tito."
Anche se la Repubblica di Macedonia ha l'unica costituzione al mondo che
include i Rom, questo non si traduce in realtà. "I Rom sono esclusi dalla vita
politica," ha confermato Marcel Courthiade. Gli accordi di Ohrid sancivano che
le lingue minoritarie devono essere usate nell'amministrazione di ogni comune
dove le minoranze sono il 20% della popolazione. Ma questo è servito agli
albanesi (che sono il 25% della popolazione in Macedonia) più che alle altre
comunità (Rom, Serbi, Torbesh, Aromanians, Turchi, ecc.)
In Kosovo
Restano solo 30.000 Rom dei 120.000 che vivevano in Kosovo prima del 1999.
Sono sparsi nell'area serba nel nord del paese ed in alcune enclave nel settore
sud albanese del fiume Ibar. La scala delle distruzioni a Mitrovica e Pristina
rende evidente la violenza della pulizia etnica. Gli estremisti dell'Esercito di
Liberazione del Kosovo (UCK) dicono che i Rom lavoravano per l'esercito serbo,
per giustificare la loro espulsione dopo i bombardamenti NATO e il ritiro
dell'esercito serbo.
Ad Orahovac/Rahovec nel Kosovo del sudovest, tra i tetti delle case è steso
del filo spinato e tutto è pronto per bloccare le strade al primo allarme. Una
famiglia ha protetto la sua casa sulle colline, nel mezzo della terra di nessuno
che segna il confine tra la città albanese ed il ghetto serbo ( ma questo non ha
impedito gli estremisti albanesi dal bruciare diverse case nel quartiere serbo
durante i disordini del marzo 2004). "Siamo rigettati da entrambe le comunità.
Mio figlio ha smesso di andare a scuola per la violenza dei suoi compagni di
classe albanesi," ci ha detto un Rom. "Prego ogni giorno che non gli succeda
niente e che possa raggiungere suo cugino in Germania." Ma fuggendo da questi
attacchi, i Rom del Kosovo finiscono nuovamente nella miseria, come
confermeranno le migliaia arrivati nella bidonville di Seine-Saint- Denis vicino
a Parigi.
Prizren è un'antica città mercato nel Kosovo meridionale, dove Albanesi,
Serbi, Rom Bosniaci e Turchi coabitavano prima della guerra. Oggi circa 6.000
Rom stanno tentando di sopravvivere ad una situazione economica paralizzata.
"Prima del 1999 avevamo buone relazioni con le altre comunità," ci ha detto un
imprenditore. "Da bambino parlavo in romanes ai miei vicini Bulgari, e serbo e
turco con i miei compagni di classe. Ho costruito la casa con le mie mani e
tuttora vivo in Kosovo. Questa è la mia terra."
Nella Yugoslavia socialista i Rom (specialmente quelli in Kosovo)
beneficiavano di vantaggi sociali e culturali. I primi programmi radio e TV in
romanes furono trasmessi a Prizren e Pristina. I Rom svolgevano il servizio
militare, erano integrati nel sistema politico ed avevano rappresentanti nel
governo della repubblica. Rimane ancora un procuratore pubblico Rom in Kosovo.
Si è formato nell'era di Tito e lavora a Prizren. Un giornalista, Kujtim Pacaku,
ha paura per il futuro: "Non so cosa porterà l'indipendenza. Tutto quel che
vogliamo è vivere in pace. Vogliamo che i nostri bambini lavorino sulla terra
dove sono nati. E che i Rom cessino di essere bersaglio di un nazionalismo
cieco."
Si diffonde il risentimento
Il movimento ultranazionalista emerso nella regione nei primi anni '90 non ha
problemi nel mobilitare il risentimento tra quanti sono stati lasciati indietro
nella transizione economica. "Quando molti bulgari sotto la linea di povertà
scoprono che la UE ha finanziato speciali programmi di aiuto per gli Zingari,
come l'assistenza medica gratuita, quando loro non possono permettersi di
comprare le medicine o di riscaldare le loro case in inverno a causa dei costi
del carburante, allora sono disposti ad ascoltare un partito estremista come
Ataka," ha detto François Frison-Roche, esperto bulgaro e ricercatore presso il
CNRS.
Agli occhi dei poveri bulgari i Rom, senza lavoro o risorse più poveri di
loro, sono saccheggiatori che rubano l'elettricità attaccandosi illegalmente
alla corrente elettrica. I media sono contenti di focalizzarsi sui traffici e
sui crimini attribuiti alla comunità Rom. Durante le elezioni residenziali del
2006, la coalizione Ataka ed il suo leader Volen Siderov ottennero quasi un
quarto del voto bulgaro. Nel corso della campagna chiesero che gli Zingari
fossero "tramutati in sapone". Ora vogliono un "programma di governo per
combattere il crimine Zingaro".
L'aggressiva campagna di Ataka sta attraendo molti, convinti che tutti i
problemi siano dovuti ai Rom e delusi che i partiti tradizionali non stiano
affrontando il problema. In Serbia, qualche intellettuale Rom sta tentando di
contenere la crescita dei nazionalisti. "Siamo i più fieri oppositori del
Partito Radicale," ha detto Rajko Djuric, presidente dell'Unione Romanì
Internazionale, che ricorda che 28 membri della sua famiglia furono uccisi dai
cetnici (l'esercito realista yugoslavo) durante la II guerra mondiale.
Il Partito Radicale Serbo (SRS) guidato da Tomislav Nikolic da quando Vojislav Seselj
è stato messo sotto processo dal tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità
nella guerra croata del 1991-1995, ancora si richiama all'eredità ideologica
cetnica. Erano leali al re Pietro II di Yugoslavia, e si opponevano tanto alle
forze dell'Asse che ai partigiani di Tito tra il 1941 e il 1945. Furono anche
responsabili di massacri di Croati, Musulmani e Rom.
Ardenti difensori della "grande Serbia", i nazionalisti estremisti dell'SRS
vogliono unire tutti i Serbi dei Balcani in uno singolo stato e negare i diritti
politici e culturali delle minoranze. La loro piattaforma è inaccettabile per
lUnione Romanì. "Vogliamo diventare un partito importante nel parlamento serbo,
un gruppo di cittadini democratici, aperto a tutte le comunità," ha detto il
presidente. "Abbiamo ottenuto un seggio e 18.000 voti nelle elezioni legislative
del 22 gennaio 2008, il 33% da votanti non-Rom."
Sembra un risultato deludente. La Serbia ha oltre 200.000 votanti Rom, ma ci
sono divisioni nella comunità. "I partiti al potere hanno sempre compratovoti
con promesse fraudolente o soltanto con qualche bottiglia di rakija (brandy di
prugne)," dice Djuric. Ora Marija Serifovic, la vincitrice del concorso canoro
Eurovision 2007, si è esposta molto con l'SRS e guadagnato molti voti Rom,
nonostante il razzismo del partito. A Vranje, nel sud, i Rom hanno sempre votato
in massa per il Partito Socialista Serbo (SPS) di Slobodan Milosevic.
Uno sconosciuto vicino
In Serbia, nonostante le discriminazioni, i Rom prendono ancora parte alla
politica. Sono corteggiati durante le elezioni, usati per ottenere i sussidi
europei e stigmatizzati per galvanizzare l'opinione pubblica. Gli Zingari
rappresentano la diversità, lo straniero vicino. Quale famigli di Belgrado
celebrerebbe la sua slava (il santo patrono di famiglia) senza musicisti Rom?
Uno degli eventi nazionali più importanti è il festival annuale di Guca, che
mette insieme le migliori orchestre Zingare di Serbia. Li i nazionalisti vendono
T-shirt con immagini di Milosevic e del generale
Ratko Mladic (leader militare dei Serbi di Bosnia tra il 1992 e il 1995) e
ascoltano musica che nessuno potrebbe identificare con certezza come Serbe o
Rom.
Come le altre minoranze senza territorio, gli Aromanians o i Torbesh, i Rom
dei Balcani sono una parte essenziale nell'identità balcanica, con le sue
differenze comunitarie, linguistiche e territoriali. Un Rom di ovi Pazar, nella
Serbia meridionale, potrebbe essere un cittadino serbo, sentirsi culturalmente
legato alla regione del Sangiaccato (tra la Srbia e il Montenegro) essere
musulmano e parlare albanese perché la sua famiglia ha relazioni da lungo tempo
con il Kosovo. I Rom di Prizren possono esser musulmani sunniti o appartenere
all'ordine sufi Rifai Derviscio.
Diversamente dal modello di stato-nazione alla francese seguito da alcuni
paesi nella regioni dopol'impero ottomano, non c'è una singola identità. Le
identità fluttuano nelle strutture linguistiche, territoriali, religiose e
socio-professionali. Si spostano secondo i vincoli economici. I Rom bulgari
erano musulmani sotto gli Ottomani, ma oggi sono per la maggior parte ortodossi.
E quanti ancora parlano turco, spesso pretendono di essere Turchi, così da poter
emigrare facilmente a Istanbul.
Il dissolvimento della ex Yugoslavia ed i movimenti della popolazione dopo le
guerre del 1990 hanno accelerato la semplificazione identitaria e la
standardizzazione culturale. La Croazia e il Kosovo non hanno più comunità
serbe.
Due gruppi simili ora si dividono la Bosnia-Herzegovina, e gli Ungheresi
stanno lasciando la
Voivodina in Serbia. I Rom e le altre minoranze, che non hanno un territorio di
base d mantenere, saranno capaci di mantenere il loro posto in questi stati
balcanici che mutano costantemente? Niente è meno certo, a meno che le
organizzazioni Rom acquisiscano forza sufficiente per far sentire la loro voce
regionalmente, nazionalmente e internazionalmente.
Di Fabrizio (del 10/09/2008 @ 09:35:14, in Europa, visitato 1583 volte)
Da
Roma_Daily_News
Il 16 settembre 2008, si terrà a Bruxelles il primo "UE Rom Summit"
della Commissione Europea, sotto l'alto patrocinio di José Manuel Barroso,
Presidente della Commissione e della Presidenza francese del Consiglio d'Europa.
L'evento congiungerà oltre 400 rappresentanti delle istituzioni UE, governi
nazionali, parlamentari e la società civile incluso organizzazioni Rom. La
conferenza avrà luogo nell'edificio Charlemagne, Rue de la Loi 170 (Room "Alcide
de Gasperi" S 3).
Ulteriori informazioni...
Di Fabrizio (del 09/09/2008 @ 09:30:15, in Europa, visitato 1533 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Mirko Cvetkovic, Primo Ministro serbo, ha detto che l'orientamento europeo serbo
ed i passi sinora presi verso l'ingresso nella UE, sono una buona base per
aumentare il suo coinvolgimento nella risoluzione dei problemi dell'integrazione
dei Rom nel paese e nella regione.
All'apertura del 14° incontro del Tavolo Esecutivo Internazionale, che prende
parte al "Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015", Cvetkovic ha detto che la
Legge sui diritti e le libertà delle minoranze nazionali riconosce dal 2002 ai
Rom lo status di minoranza nazionale.
Così si è creata una base per il loro accesso ai diritti che hanno le altre
minoranze, ha detto il Primo Ministro e aggiunto che d'accordo con la Carta
Europea sule Lingue Regionali e delle Minoranze, la Serbia riconosce la lingua
rom.
Cvetkovic ha detto che nel cercare di risolvere i loro problemi, lo stato
tratta i Rom come un gruppo marginalizzato, ma come una minoranza nazionale.
A presiedere all'incontro Ljuan Koka, Segretario per la Strategia Nazionale
Rom del Ministero per i Diritti Umani e delle Minoranze, ed il relatore Gabor
Daroci, che rappresentava l'Istituto di Budapest di Open Society.
L'incontro riguarderà le priorità durante la presidenza serba del Decennio
Rom, come la legislazione sulle aree residenziali Rom, la soppressione della
discriminazione nell'istruzione, la politica europea sui Rom e l'accesso ai
fondi europei, modi possibili di controllare e valutare attività a livello
regionale e nazionale.
A seguito dell'incontro Svetozar
Ciplic e Nikola
Spiric, rispettivamente Ministro Serbo per i Diritti Umani e delle Minoranze -
Presidente del Consiglio dei Ministri di Bosnia-Herzegovina, hanno firmato la
Dichiarazione sull'accesso della Bosnia-Herzegovina al Decennio dell'Inclusione
Rom.
Ciplic ha detto che così si è allargata la famiglia delli stati che vogliono
migliorare la posizione dei loro Rom.
Secondo quanto ha detto, la Serbia è onorata di avere un altro partner e
stato membro durante quest'anno di presidenza del Decennio Rom.
Spiric ha rimarcato che la Bosnia-Herzegovina intende fornire i più alti
standard alle minoranze nazionali come quelle degli Stati europei sviluppati
democraticamente.
Ha aggiunto che la Bosnia-Herzegovina farà di tutto per sviluppare il proprio
piano d'azione per risolvere il problema della popolazione Rom.
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