Di Fabrizio (del 20/04/2010 @ 16:13:58, in sport, visitato 1969 volte)
Milano, 12:37
Sgomberati dai campi nomadi, protagonisti sul campo di San Siro per la
semifinale di Champions League: una ventina di bimbi rom questa sera
accompagneranno per mano, sul tappeto erboso del Meazza, i giocatori di Inter e
Barcellona. I bambini, tra quelli che erano stati sgomberati con le loro
famiglie dagli insediamenti di via San Dionigi e del cavalcavia Bacula, ora sono
ospiti della Casa della carità di don Virginio Colmegna, coinvolto
nell'iniziativa di questa sera dal presidente dell'Inter Massimo Moratti. Mentre
i 20 ospiti del Meazza seguiranno la partita dalle tribune, gli altri assistiti
della Casa della carità la vedranno tutti insieme, nel centro del parco Lambro,
insieme al sacerdote.
06/03/2010 «Il 21 marzo, in occasione della partita Cosenza-Cavese, 20
bambini di etnia rom saranno ospiti dello stadio San Vito, come segno tangibile
di solidarietà nei loro confronti e nei confronti delle loro famiglie per la
nota vicenda che sta interessando il campo rom cittadino riguardo all’imminente
sgombero».
È quanto riferisce una nota del Cosenza Calcio nell’ambito delle iniziative
sociali intraprese dalla società sportiva.
Domenica 7 marzo, invece, in occasione dell’incontro di calcio con il Potenza
undici studenti di nazionalità cinese saranno ospiti dello stadio di Cosenza per
assistere alla partita con il Potenza.
«L'iniziativa – riferisce un comunicato della società sportiva – rientra nel
progetto 'Il milione' che favorisce l'intercultura internazionale e
l’integrazione tra popoli, ovvero popoli lontani per tradizioni e per radici, ma
vicinissimi in quanto a scambi socio-culturali se favoriti da idee come questa.
Gli studenti rientrano nel gruppo dei 40 ragazzi provenienti dalla Cina che per
un periodo triennale studieranno a Cosenza nell’istituto tecnico commerciale 'V.
Cosentino' e l’Istituto tecnico 'G. Tommasi'.
Di Fabrizio (del 08/01/2010 @ 09:46:53, in sport, visitato 3528 volte)
Di questo pugile sinto tedesco ne abbiamo parlato il
marzo
scorso, ora ce lo ricorda Ernesto Rossi
[...] l’Unità ha pubblicato (5
gennaio, Roberto Brunelli) due pagine dedicate al campione di pugilato dei
mediomassimi Johann "Rukelie" Trollmann (1907-1943), sinto tedesco, cui i
nazisti tolsero con la violenza il titolo guadagnato a furor di popolo.
Stroncandone la trionfale carriera con un incontro "truccato" e portandolo a
morire nel campo di concentramento di Neuengamme.
All’incontro, in cui a lui che "danzava" imprendibile sul ring fu imposta
l’immobilità: doveva solo perdere, eppure resistette in quelle condizioni
per ben cinque round. Ma ancora più straordinario fu il coraggio e il senso di
sfida con cui si presentò "da ariano", coi capelli tinti in biondo e cosparso di
farina.
L’occasione del ricordo è data dalla prossima inaugurazione a Berlino, nei
pressi del luogo che vide la sua vittoria, di un monumento in sua memoria: un
ring in legno bianco.
Berlino, 1933. Danzava, lo zingaro. E vinceva. Saltellava, colpiva veloce:
come molti anni dopo avrebbe fatto Mohammed Alì, tanto per dire. Johann Trollman
era un eroe. Era fascinoso, con quei riccioli scuri, era elegante. Aveva stile.
Lo amavano le donne, le celebrità si accalcavano in prima fila per assistere ai
suoi match. La gente si scalmanava, i titoli dei giornali erano sempre per lui.
Una carriera folgorante, quella di Trollmann, detto “Rukelie”. Campione tedesco
dei pesi medi: lo scontro per il titolo con Adolf Witt è leggendario. Dopo sei
round, l’ariano Witt, una specie di colosso inamovibile, era a pezzi. In prima
fila c’è un gerarca nazista, tale Georg Radamm, presidente dell’associazioni
pugili tedeschi, che ordinò di annullare l’incontro. Il pubblico esplose di
rabbia, invase il ring e difese il proprio campione: gli gettarono al collo la
corona, i nazisti sfiorarono il linciaggio. Trollmann pianse. Di felicità.
Campo di concentramento di Neuengamme, 1943. Un uomo denutrito, ridotto a poco
più che uno scheletro ma con indosso i guantoni da boxe, crolla nel fango. Non è
chiaro cosa sia successo: si sa che ci sono stati degli spari. È il detenuto nr.
721/1943. Il suo nome è Johann Trollmann. Lo avevano, come tante altre volte,
massacrato di botte: sapendo che era stato un campione, gli infilavano i
guantoni e lo facevano a pezzi. Per tenerlo in piedi più a lungo, gli davano una
doppia razione di cibo. «Adesso difenditi, zingaro», gli urlavano le SS.
La storia di Johann Trollmann è una delle più straordinarie e meno raccontate
del Terzo Reich. Meno raccontate per un solo motivo: “Rukelie” era un sinti.
«Integrato» e inurbato, per così dire, ma pur sempre sinti. Fino al ’33, anno
dell’ascesa di Hitler al potere, conobbe qualche sporadico episodio di
discriminazione. Dopo, la sua carriera fu una discesa agli inferi, che solo nel
2010 conoscerà una parziale riparazione, quando verrà inaugurato a Berlino, a
Kreuzberg nel Viktoriapark, un monumento a forma di ring a lui dedicato,
realizzato da un gruppo di artisti capeggiato dal pittore d’avanguardia Alekos
Hofstetter, che si è fatto promotore dell’iniziativa convinto che – se pure la
Germania abbia compiuto moltissima strada per quello che riguarda la
pesantissima eredità nazista – quella di Trollmann sia una storia da riabilitare
pienamente. Che, insomma, i tedeschi non abbiano ancora finito di fare i conti
col proprio passato, soprattutto per quel che riguarda rom e sinti. Non a caso,
prima di lui, la storia del «pugile zingaro» l’ha raccontata unicamente il
giornalista e scrittore Roger Repplinger, nel libro Leg dich, Zigeuner (Piper
Verlag, 2008).
Eppure la vicenda umana e sportiva di “Rukelie”, nato il 27 dicembre 1907 a
Wilsche è, con tutto il suo carico di dolore, ingiustizia, discriminazione e
razzismo, una vicenda eccezionale ed emblematica. Professionista dal ’29, era
diventato rapidamente uno dei pugili più richiesti dell’epoca. Trollmann
combatteva sia nei pesi medi che nei mediomassimi. Quasi sempre aveva la meglio
sugli avversari di categoria superiore, grazie ad uno stile che all’epoca era
pura avanguardia: veloce sulle gambe, quasi danzante, colpi brevi e formidabili.
Roba «animalesca», secondo le camicie brune, «effeminata», niente a che vedere
con «il vero pugilato ariano». Come non bastasse, dato che Johann era sinti, non
era accettabile l’affronto del titolo vinto contro Adolf Witt. Così, una
settimana dopo quel 9 giugno in cui Rukelie ebbe il titolo, il titolo gli fu
tolto. Con una motivazione ridicola: le lacrime – di gioia – che gli erano corse
sulle guance non erano «degne di un vero pugile». Un «comportamento pietoso», fu
l’espressione usata dall’associazione dei pugili, già completamente assoggettata
al partito nazionalsocialista. Ma non bastava.
Lo «zingaro» era troppo famoso, troppo amato, e certo non era conforme ad una
visione ariana dello sport. L’affronto della vittoria contro Witt doveva essere
vendicato. Fu organizzato un nuovo incontro, questa volta contro Gustav Eder,
che successivamente sarà campione europeo: una sconfitta annunciata, anzi
preparata con cura. Proibirono a Trollmann di muoversi dal centro del ring, gli
dissero che se avesse «danzato» schivando i colpi gli avrebbero tolto la
licenza. Johann doveva perdere, e basta. Johann lo sapeva.
Quel che segue fa di Trollmann uno dei più straordinari eroi della storia dello
sport. Un eroe tragico, quasi nel senso greco del termine: “Rukelie” si presentò
sul ring con i capelli tinti di biondo-oro e con tutto il corpo cosparso di
farina. Consapevole di andare a farsi massacrare, con questo gesto provocatorio
e smisurato coraggio si prese gioco di tutta la retorica del «combattente
ariano» con cui la propaganda nazista aveva gonfiato e avvelenato il paese:
piantato come una quercia, per cinque round venne preso a cannonate da Eder,
finché non crollò a terra, avvolto da una nube candida di farina che si alzò per
aria.
Gli anni seguenti furono un rapido viaggio nell’inferno del nazismo. Ancora
qualche sporadico combattimento: «Sdraiati, zingaro», gli ululavano le camicie
brune dall’angolo, «altrimenti prendiamo te e la tua famiglia». Per qualche anno
comparve alle fiere di paese combattendo per pochi spiccioli, in altri periodi
addirittura visse nascosto nei boschi. I sinti e i rom – che vennero degradati
al livello «non-umano» degli ebrei soltanto nel ’38 – furono obbligati in molti
casi a farsi sterilizzare: idem Trollman. Che, per di più, divorziò dalla moglie
pur di evitare che la sua famiglia fosse destinata alla deportazione.
Nondimeno, il pugile fu richiamato dalla Wehrmacht e mandato al fronte. I
nazisti continuarono ad infierire: al suo ritorno, nel ’42, venne arrestato
dalla Gestapo e deportato nel lager di Neuengamme, vicino Amburgo. Qui, racconta
Repplinger, dovrebbe aver incontrato un collega sportivo, l’ex stella del calcio
Tull Harder, «l’ariano» Tull Harder, nel frattempo diventato ufficiale delle SS.
Storie parallele di sportivi tedeschi: messo sotto accusa dopo la guerra per
aver comandato un sottocampo vicino Hannover, dove migliaia di ebrei polacchi
furono resi schiavi e poi portati alla morte, Harder dichiarò durante il
processo di non essere a conoscenza di quello che accadeva nel suo lager. Venne
condannato a 15 anni, ma già per il Natale del ’51 era un uomo libero.
Ebbe anche una pensione: un privilegio che ai pochi sinti e rom sopravvissuti
all’olocausto non fu concesso mai, perché diversi tribunali avevano sentenziato
che gli zingari erano stati perseguitati non per la razza, ma erano finiti nei
lager in quanto «criminali». Solo nel 2003 agli eredi Trollmann fu consegnata la
cintura da campione di “Rukelie”, in una triste cerimonia disertata dai
dirigenti dell’Unione dei pugili professionisti tedeschi. Gustav Eder, che aveva
abbattuto l’inerme Johann coperto di farina, morì di vecchiaia nel ’93.
Trollmann finì nel fango di Neuengamme, con addosso solo i suoi guantoni da
boxe.
Di Fabrizio (del 12/09/2009 @ 20:44:47, in sport, visitato 1821 volte)
Domani all'Arena, dalle 11.00 alle 19.00 le partite finali
della Homeless World Cup 2009. L'invito ad esserci è per tutti i milanesi, nel
frattempo, un bell'articolo di
Panorama, per ricordare la partecipazione della squadra italiana, che ha
iniziato troppo tardi a vincere le partite.
Bogdan Kwappik, foto da Flickr/homelessworldcup
Marcello Lippi fuma il suo sigaro e si gode un’Italia finalmente convincente
e
quasi qualificata per i mondiali in Sudafrica. A qualche chilometro di
distanza,
Bogdan Kwappik fuma una sigaretta dietro l’altra, urla ai suoi di
passare la palla e spera che nessuno di loro si faccia male.
Bogdan e Marcello fanno lo stesso mestiere: allenatori della nazionale italiana.
Ed ex campioni del mondo. Infatti ci sono azzurri che il loro mondiale lo stanno
già disputando. Da protagonisti.
A Milano si gioca in questi giorni (sino al 13 settembre) la
Homeless World Cup,
torneo di "calcio da strada" per chi ha la strada come casa: senzatetto,
rifugiati politici, esiliati. Ci sono 48 nazionali partecipanti. l’Italia alla
vigilia era una delle favorite per il palmarés: due mondiali vinti, nel 2004 e
2005. Con lo stesso allenatore al comando, Bogdan Kwappik: "Anch’io dopo aver
vinto ho dormito abbracciato alla coppa, come Cannavaro. Solo che ero dentro la
mia Nissan rossa, dove vivevo" racconta questo trentasettenne ex calciatore
polacco di Katowice ("ero come un Gattuso, poi mi sono rotto i legamenti e
carriera finita") arrivato in Italia nel lontano 1993: "sono scappato dalla
Polonia come disertore. Non potevo fare obiezione di coscienza. Qui credo di
aver fatto tutti i lavori possibili". Nel 2001 arriva a Milano e fonda la
Asc
Nova Multietnica, una Onlus che si occupa di aiutare gli emarginati attraverso
il calcio "a volte basta un po’ di fiducia, di amicizia e di sport per rimettere
in moto una vita".
La nazionale è composta da otto giocatori (quattro in campo, più le riserve),
tre di loro vengono da L’Aquila e vivono in tendopoli a causa del terremoto. Gli
altri hanno alle spalle le storie più varie: ci sono un romeno, un senegalese,
un cittadino delle seychelles, un brasiliano, un curdo. "Cantano l’inno meglio
di tanti altri, glielo assicuro" dice l’allenatore. E il capitano, Angelo, 46
anni, un passato da alcolista e ospite della comunità di don Colmegna. Bogdan
non vuole dare consigli al suo collega Marcello ma, se potesse, uno come Antonio
Cassano lo convocherebbe di corsa: "E come no! Io come Cassano ho mezza squadra"
scherza "Ogni giorno devo fare prima lo psicologo, poi l’allenatore, ma urlare
mai, non serve a niente".
Dal punto di vista sportivo lo street soccer non è come l’anarchica pallastrada
de "La compagnia dei celestini" di Stefano Benni, anzi, ha le sue regole ben
definite: ci sono le sponde come nell’hockey, il tempo effettivo e le
sostituzioni come nel basket, l’area solo per il portiere come nella pallamano.
Un garbuglio, insomma.
Ma l’esperienza più importante inizia dopo il fischio finale: i risultati
sociali conseguiti nelle precedenti edizioni della Homeless World Cup dicono che
più del 70 per cento dei partecipanti ha cambiato la propria vita, trovato una
casa, un lavoro, ripreso gli studi, sconfitto una dipendenza, ristabilito una
relazione. "Io stesso" racconta Kwappik "ho conosciuto la mia compagna di vita
grazie alla squadra. E l’ex capocannoniere della prima edizione, un ragazzo rom,
dopo la coppa si è messo a studiare ed è diventato un geometra". Le vittorie che
contano sono anche quelle più difficili da ottenere: "Quest’anno abbiamo avuto
un po’ più di attenzione da parte dei media perché si giocava in casa, ma i
soldi non sono molti, gli sponsor mancano e l’attività va avanti tutto l’anno"
spiega l’allenatore "io quello che spero è che finita la coppa questi ragazzi
abbiano un’opportunità di lavorare, di far vedere quanto valgono anche fuori dal
campetto. E che i ragazzi dell’Aquila tornino presto ad avere un vero tetto
sopra la testa".
Di Fabrizio (del 02/09/2009 @ 09:32:16, in sport, visitato 2331 volte)
Manca pochissimo: sabato 6 settembre a Milano ci sarà il
calcio d'inizio del
Torneo Mondiale di Calcio a 5 per i senza fissa dimora, torneo che durerà
una settimana. I colori italiani saranno difesi dall'eterogenea squadra della
Multietnica, nata
nel campo di Triboniano e che quest'anno schiera tre giocatori provenienti da
campi rom. Nell'attesa
di scoprire chi saranno i 4
aquilani che rinforzeranno la squadra, scopriamo le storie degli attuali
componenti. Testi e foto sono tratti dal sito
Homeless World Cup
Nome: Angelo Cognome: Cimbali
Età: 45 anni
Paese: Italia
Lingue: italiano
Angelo si deve confrontare con un difficile passato, legato alla dipendenza
dall’alcool. “Ho sempre saputo di avere grandi difficoltà a livello emotivo.
L’alcol mi aiutava a superare l'ansia e il senso di inadeguatezza”, ammette:
“Era un modo per sfuggire alla realtà” .
Congedato dall’esercito e allontanato dalla famiglia, decide di dare una svolta
alla sua vita, iniziando un percorso di disintossicazione, supportato da un
centro di solidarietà, il CEAS, dove tutt’ora vive e offre collaborazione come
volontario.
Grazie a questa associazione, viene a conoscenza della Nuova Multietnica ed
entra a far parte della Nazionale Italiana di Homeless World Cup.
Angelo è entusiasta del progetto perché vede il torneo come la possibilità di un
riscatto, attraverso la sua grande passione, il calcio.
Nome: Anderson
Cognome: Cervantes
Età: 20 anni
Paese: Perù
Città: Tocache
Lingue: spagnolo, italiano
Anderson, terzo di cinque fratelli, arriva in Italia a 12 anni. La sua famiglia
non ha possibilità economiche, ma cerca di dargli un’istruzione fino ai primi
anni delle scuole superiori. Interrotti gli studi, lasciata la casa familiare e
privo di una sistemazione stabile, inizia a lavorare in una fabbrica di
manufatti, che purtroppo chiude a causa della crisi economica attuale.
Essendo venuto a conoscenza del Progetto Homeless World Cup, decide di unirsi
alla squadra per sviluppare una maggiore determinazione e costanza a perseguire
gli obbiettivi.
Come molti dei suoi compagni di squadra, anche per Anderson, l’Homeless World
Cup 2009 rappresenta una grande, irripetibile occasione, per migliorare il suo
futuro, magari trovando un nuovo lavoro e una casa.
Nome: Pietro Sollen
Cognome: Kodjo
Età: 22
Paese: Togo
Lingue: francese, italiano
Pietro è arrivato in Italia come rifugiato politico a causa delle numerose
persecuzioni che ha dovuto subire in Togo, il suo Paese d’Origine.
Attualmente è ospitato presso le strutture della Caritas italiana.
Convinto dall’allenatore ad entrare in squadra, decide di accettare questa
sfida, alla ricerca di nuove motivazioni per migliorare la sua vita.
Nella vita si è dovuto barcamenare con lavori umili, ma sul campo è dotato di
una tecnica sopraffina. Orgoglioso del suo “essere in campo” spiega: “Quando sei
sul terreno non conta quanti soldi o quali privilegi hai. Tutti i giocatori sono
uguali e conta solo la bravura di giocare e il loro essere in grado di fare
squadra”.
Nome: Bryan
Cognome: Toscano
Età: 18
Paese: Ecuador
Lingue: Spagnolo, italiano, inglese
Bryam arriva in Italia attraverso il ricongiungimento familiare.
Disorientato dalle mille diversità di un paese nuovo, ha finito per legarsi alle
bande latino-americane, ricercando quel senso di appartenenza che non era
riuscito a trovare nei coetanei italiani.
Nel suo progressivo desiderio di cambiare ambiente, vivendo saltuariamente
“sulla strada”, senza reali obiettivi o certezze a cui aggrapparsi, viene a
conoscenza di una squadra di calcio che utilizza lo sport come catalizzatore per
incoraggiare le persone più diseredate a cambiare vita.
Nasce in lui la consapevolezza di poter migliorare se stesso, anche attraverso
il calcio, una componente irrinunciabile della propria esistenza.
Bryan è un abile centrocampista e culla il sogno di diventare un secondo Benzemà.
E’ molto giovane per pensare a progetti a lunga scadenza, ma è sicuro di una
cosa: resterà nel mondo del calcio perché è un modo per imparare ad essere uomo
e per trovare autentiche motivazioni.
Nome: Florian
Cognome: Matei
Età: 26
Paese: Romania
Lingue: italiano, rumeno
Quando il coach Bogdan lo ha incontrato al campo rom, non sapeva una parola di
italiano, ma i suoi piedi parlavano per lui. Romeno e rom, originario della
città di Bals, ha 26 anni, vive con la compagna - in attesa di un bimbo - e la
sua bambina di tre anni. In campo è un vero jolly, perfetto per lo street
soccer: dal portiere all’attaccante con la stessa feroce determinazione e voglia
di vincere. Ma se Matei si trova bene ovunque in campo, non è altrettanto
fortunato in Italia. Non è mai riuscito ad ottenere una casa. Tra i numerosi
“traslochi”, lavori saltuari e le mille altre difficoltà quotidiane, ha perso di
vista la nazionale. L’anno scorso, Matei è riuscito a ricontattare Bogdan - che
sarebbe stato felice di portarlo in Australia - ma un cellulare smarrito e altre
vicissitudini non l’hanno permesso. Questo è l’anno buono: Matei è riuscito -
con l’ingresso nella UE della Romania finalmente da “comunitario” - a tornare in
contatto con Bogdan e a diventare un punto fermo della selezione italiana.
Peccato solo che non riesca ancora a trovare un punto fermo per vivere. Abita
ancora infatti in un campo vicino a Linate. Matei spera che la Homeless World
Cup possa garantirgli non solo un posto in squadra ma l’energia giusta per
trovare una vera casa per sé e la sua famiglia.
Nome: Giorgio
Cognome: Toma
Età: 19
Paese: Romania
Lingue: italiano, Rumeno
Convinto dalle promesse dello zio di un mondo migliore, Giorgio arriva in
Italia, inseguendo il sogno di avere una vita “normale”, un buon lavoro, una
bella casa.
Un sogno di difficile realizzazione, perchè, da subito, si scontra con le
difficoltà inerenti il percorso di inserimento, in uno paese straniero.
Attualmente Giorgio vive in uno dei tanti campi Rom, disseminati nella periferia
di Milano.
Un giorno, un amico gli parla della Nuova MultiEtnica , della possibilità di
venir a contatto con persone nella sua stessa situazione, con cui condividere
molto più che la passione per il calcio.
Si ambienta facilmente e riesce a stabilire forti legami con i suoi compagni,
uniti dall’amore per lo sport, ma anche dalle comuni barriere sociali che
incontrano, cercando di affermare se stessi.
Non è solo sport, anzi è sport come coesione sociale, strumento di riscatto,
veicolo per promuovere i diritti delle minoranze.
Nome: Nicolae
Cognome: Dubai
Età: 23 anni
Paese: Romania
Lingue: rumeno
Nicolae è arrivato in Italia giovanissimo, ancora minorenne, tanto che ha
vissuto per un periodo in un celebre orfanotrofio di Milano, "I Martinitt".
Ha partecipato come giocatore alla Homeless World Cup di Cape Town 2006,
mettendo a segno più di una rete. Il calcio e la partecipazione al torneo e al
training precedente, sono state per lui una grande opportunità per crescere e
maturare. Oggi lavora e ha una casa, per quanto precaria. In campo è un
difensore roccioso e, fuori, è un vice allenatore tranquillo e capace.
Organizzatore nato, aiuta Bogdan a tenere in riga i giocatori.
Parteciperà alla prossima Homeless World Cup come team manager. Crede nella
capacità del progetto di aiutare tante altre persone, soprattutto giovani come
lui, attraverso il calcio e lo sport in generale.
Nome: Mervin
Cognome: Dugas
Età: 20 anni
Paese: Seichelles
Lingue: italiano
Intercettato e fortemente voluto dall’allenatore della squadra, Mervin è il più
recente componente della nazionale Homeless World Cup.
Dimostra fin da subito di conoscere l’area dei rigori come pochi.
Dopo un’infanzia poverissima, arriva in Italia cinque anni fa dalle isole
Seichelles e, mentre la sua vita privata è caratterizzata dalla mancanza di
punti fermi, all’interno del team Homeless World Cup, riesce ad imporsi da
subito come un importante riferimento, un’incrollabile certezza per i suoi
compagni, perché in grado di sferrare un goal dietro all’altro, ma, soprattutto,
supportarli grazie alla sua forte tenacia.
Dotato di eccellenti potenzialità, vuole allenarsi soprattutto sul tiro, sullo
scatto e sulla difesa della palla, “I Mondiali Homeless World Cup 2009
rappresentano per me” spiega entusiasta, “un’importante opportunità per
dimostrare il mio valore sul campo, ma anche un modo per promuovere la
condizione dei senza tetto e creare la consapevolezza che, non potendo scegliere
la propria origine o condizione sociale, si può migliorare se stessi, anche
grazie allo sport”.
Nome: Potru
Cognome: Florian
Età: 32 anni
Paese: Romania
Lingue: italiano, rumeno
Il colpo di fulmine è stato nell’agosto scorso, circa un anno fa. Potru è venuto
a conoscenza per caso di Homeless World Cup e da allora è una dei più grandi
sostenitori del progetto e un membro fisso della squadra, nel ruolo di
centrocampista.
Ha 32 anni, una moglie ammalata di cirrosi epatica e attualmente vive in una
tenda, perché non può permettersi di pagare l’affitto di una casa. Vorrebbe
trovare un lavoro come muratore, ma attualmente è disoccupato. Nonostante
questo, è ottimista verso il futuro.
La scoperta degli altri giocatori è stata per lui come una rinascita: persone
che hanno avuto la possibilità di un riscatto, per poter cominciare a realizzare
i propri sogni. La Homeless World Cup dà coraggio. Oltre la passione per il
calcio, Potru è entusiasta di avere la possibilità di conoscere persone con
difficoltà comuni alle sue, con cui poter combattere per migliorare le proprie
condizioni sociali.
Oggi Potru parla a tutti della Homeless World Cup come l’inizio di una svolta ed
è fermamente convinto a trovare una casa, per poter, così, offrire a sua moglie
un posto sereno dove poter guarire.
Di Fabrizio (del 23/08/2009 @ 09:43:48, in sport, visitato 1873 volte)
Resoconto del sopralluogo dello staff della Nuova MultiEtnica Onlus presso
la tendopoli del centro sportivo Centi-Colella/L'Aquila .
Siamo stati accolti con estremo entusiasmo dalle persone, le associazioni e
organizzazioni presenti a L'Aquila.
Abbiamo fin da subito collaborato con uno staff indetto tramite Arci e Querencia
per organizzare le selezioni e il ritiro a L'Aquila che avverrà dal 29/08/09 al
05/09/09, dove garantiranno vitto e alloggio alla nazionale Homeless World Cup,
grazie anche alla collaborazione del responsabile della croce rossa presente
nella tendopoli.
Durante la nostra permanenza abbiamo avuto anche la concessione tramite la CUS
L'Aquila ad utilizzare le loro strutture presenti nel centro sportivo di
Centi-Colella che verranno adibiti alla nostra preparazione.
Dopo vari incontri istituzionali con l'assessore allo sport e l'assessore alle
politiche sociali abbiamo ottenuto ottimi risultati, come l'ufficiale patrocinio
del comune di L'Aquila e massima collaborazione e sostegno del ritiro indetto
per la selezione di 4 giocatori che rafforzeranno la rappresentativa Italiana e
la squadra delle riserve.
Cogliamo l'occasione per ringraziare tutte le persone che stanno collaborando
per la preparazione della rappresentativa Italiana senza tetto (streetsoccer).
cordiali saluti lo staff della Nuova MultiEtnica ONLUS
Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento, inviamo i più cordiali
saluti.
Associazione Sportiva e Culturale Nuova MultiEtnica
Via Bellezza 16/a – Milano
Codice Fiscale – 97309030159
Con gli Aquilani per vincere Mondiali HWC Milano 2009
Il
ritiro della Rappresentativa Italiana è confermato dal 29 agosto fino al 5
settembre, nella tendopoli del campo sportivo Centi Colella a L'Aquila (info:
abruzzo2009@arci.it) dove selezioneremo
4 giocatori Aquilani che hanno perso le proprie case e dove porteremo la
solidarietà della Nazionale Italiana Senza Tetto (A.S.C.
Nuova MultiEtnica
Onlus)
Il 4 settembre Conferenza stampa con la presentazione del primi 8 giocatori
della rappresentativa Italiana Senza Tetto
10 giocatori di riserve per tutte le 48 Nazioni
Consegna delle maglie e attrezzatura per tutti giocatori da parte di
rappresentante di FIGC e L.N.D.
Ringraziamenti faremo durante la conferenza stampa a tutti quanti hanno
aiutato la Nuova MultiEtnica Onlus nei preparativi della Nazionale Italiana dei
Senza Tetto (Street Soccer)
Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento, inviamo i più cordiali
saluti.
per iniziare ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato fin ora nelle
selezione della nazionale senza tetto!!!
La Nuova MultiEtnica comunica a tutti quanti che mancano 30 giorni al mondiale
di Homeless World Cup 2009 che si svolgerà a Milano (Parco Sempione Arena
Civica).
La MultiEtnica è incaricata da 7 anni preparare la rappresentativa italiana di
homeless. Le selezioni della rappresentativa si svolgeranno attraverso i nostri
allenamenti presso la Villetta (idroscalo) dove selezioneremo non soltanto in
base alla qualità di gioco, ma anche tenendo presente la storia personale di
ogni giocatore.
Il ritiro della Rappresentativa Italiana HWC Milano e previsto dal 29 agosto
fino 5 settembre nella prossimità delle zone terremotate in Abruzzo. Dove
Selezioneremo 4 giocatori Abruzzesi che anno perso le
proprie case e dove porteremo la solidarietà della Nazionale Italiana Senza
Tetto ( A.S.C. Nuova MultiEtnica Onlus )
Per far si che tutto questo accada la Rappresentativa Italiana HWC ha bisogno
di:
Attrezzatura sportiva; 25 giocatori
Due porte per allenamento smontabile
Fondo casa per trasporto e vitto alloggio, lavanderia, staff e
comunicazione.
10.000 € circa.
4 settembre Conferenza stampa. Con la presentazione del primi 8 giocatori
della rappresentativa Italiana Senza Tetto. 10 giocatori di riserve per tutte le
48 Nazioni. Consegna delle maglie e attrezzatura per tutti giocatori da parte di
rappresentante di FIGC
Le selezioni non sono ancora chiuse!!!
Lanciamo un appello a tutti i nostri amici e amiche di diffondere questo
messaggio per dare l’opportunità a tutte le persone che hanno il desiderio di
rappresentare l’Italia ai mondiali di HWC Milano 2009 di venirne a conoscenza.
La MultiEtnica può realizzare questo sogno ad occhi aperti!!!
Inizio allenamenti fino 05/09/2009
Luogo di allenamenti: la Villetta (idroscalo)
Giorno ed orari di allenamenti: mercoledì, dalle 19:30 alle 22:00 sabato, dalle
17:00 alle 19:30
Vi ricordo inoltre che se volete sostenerci ed aiutare a realizzare i sogni di
tanti senza fissa dimora potete farlo attraverso un versamento alle seguenti
coordinate bancarie:
Associazione Sportiva e Culturale Nuova MultiEtnica (ONLUS)
Via Bellezza 16/a – Milano
Codice Fiscale – 97309030159
BANCA INTESA
COORDINTE IBAN – IT16 G030 6909 4446 1524 9931 460
ABI 03069 CAB 09444 C/C 6152499314/60
Di Fabrizio (del 31/07/2009 @ 08:56:53, in sport, visitato 2038 volte)
Forse i lettori che ci seguono da più tempo, si ricordano
della Homeless World Cup, il torneo mondiale di calcio per senza fissa
dimora, a cui partecipò la squadra italiana, la "Multietnica" nata nel
campo rom di Triboniano.
Qua la recensione del libro, che ne racconta la nascita e la prima vittoria
nel 2004. Nel 2005, seconda vittoria italiana, in un torneo che fu seguito sul
campo e dietro le quinte giorno per giorno da questo blog e che potete trovare
riassunto
qua
(vi invito a rileggerlo).
Dopo tanto silenzio, torno a parlare di loro. La prossima
Coppa Mondiale si svolgerà a Milano dal 6 al 13 settembre e ieri ho
ricevuto una mail che vi riporto qua sotto.
Buona sera,
l'Ufficio stampa della Nuova Multietnica (ONLUS) con la presente e-mail
parla a nome del nostro ct. Bogdan Kwappik allenatore della Nazionale Italiana
Homeless world cup e attuale presidente della A.S.C. Nuova MultiEtnica (ONLUS)
di Milano.
Vogliamo comunicare che, nonostante nella conferenza stampa di lunedì
27/07/09 con presenti il ministro alla difesa La Russa e il sindaco di Milano
Letizia Moratti in veste di Ambasciatrice dei senza tetto alla presentazione del
prossimo mondiale di Homeless World Cup Milano 2009, siamo stati vittime di
eventi degni di nota. Con esplicita fermezza vogliamo esprimere il nostro più
estremo rammarico e preoccupazione per gli eventi che stanno condizionando i
nostri preparativi per il mondiale che si terrà all'arena di Milano dal 6 al 13
settembre, noi come di consuetudine ci alleniamo due volte alla settimana e ci
ritroviamo tutti alla stazione di Lambrate a Milano per poi essere portarti al
nostro campo di allenamento con un furgone situato nei pressi della villetta
dell'idroscalo di Milano, vogliamo sottolineare l'accaduto di oggi 29/07/09
pressappoco per le 19:00 a Lambrate due tizi in moto hanno colpito con un sasso
il nostro furgone attentando all'incolumità del nostro mister che fortunatamente
era appena sceso dal mezzo, danneggiando lievemente il parabrezza, ma creando
scompiglio e paura nel nostro gruppo, questo episodi sottolinea la pressione che
piano piano stiamo subendo sempre di più avvicinandoci al mondiale,noi come
giocatori che parteciperanno alla Homeless worl cup rappresentiamo il mondo
povero e disagiato dell'Italia e il fenomeno dell'immigrazione e della loro
integrazione, quindi noi portavoce di queste realtà ora ci sentiamo minacciati e
spaventati da questi eventi sempre più eloquenti, noi ci chiediamo come sia
possibile tutto questo, come possono succedere cose del genere. inoltre un altro
evento sempre più sconvolgente è accaduto a dei nostri giocatori, più
precisamente a dei nostri compagni rom, sono stati minacciati e maltrattati da
dei carabinieri
di far sgombrare il loro accampamento con la forza dove all'interno ci sono
presenti donne e bambini, tutto questo nelle vicinanze di un evento
importantissimo che parla proprio di senza tetto è una cosa gravissima che
speriamo si possa risolvere nel migliore dei modi. vogliamo che la nostra voce
venga ascoltata e letta da tutti i giornali e ogni forma di telecomunicazione
per far capire che noi ci siamo e che non ci arrendiamo davanti a tutto questo,
noi abbiamo formato un buon gruppo che viene sempre più fortificato grazie
all'aiuto del ct. Bogdan che si sente sempre più motivato a continuare questa
scalata e a non mollare mai. Chiediamo l'aiuto a tutte le associazioni benefiche
affinché ci facciano sentire parte di una grande realtà e non come adesso che ci
sentiamo sempre più soli.
Distinti saluti.
Per le minacce rivolte ai giocatori della nazionale senza tetto contattare
direttamente i giocatori coinvolti
Florian Matei : 3298990762
Patru Florian : 3273410206
Quando i Bohemians scesero sul campo di calcio, domenica prima della quinta
partita della stagione, l'allenatore Tibor Lukacs indicandoli dalla linea di
fondo, disse: "Questi ragazzi sono la vera Unione Europea".
Questa giovane squadra, composta da rifugiati rom della Repubblica Ceca
arrivati in Canada dal 2008, simbolizza il vero spirito della UE, perché sono
persone senza confine, dice.
I Rom sono sparsi in tutta Europa, dove dicono di subire segregazione,
discriminazione e spesso attacchi violenti. Questi casi stanno aumentando con la
crescita dei gruppi neonazisti e dei partiti nazionalisti con rami paramilitari
di giovani provenienti dalle campagne.
Le divise del FC Bohemian sono blu e verdi, la quintessenza dei colori rom.
Lukacs lo spiega indicando il cielo e poi il terreno erboso della prima
divisione Hamilton, campo di calcio della lega professionisti.
"Non è m...a politica, sai. E' perché non abbiamo niente," dice.
"Questo è tutto quello che siamo, tutto ciò che abbiamo è il cielo e la
Terra," dice Lukacs.
Ed ora molti Rom sperano di avere il Canada.
Dalla fine del 2007, quando fu abolito l'obbligo di visto per i cittadini
cechi, un crescente numero di Rom sono entrati nel paese facendo richiesta
d'asilo. Dal gennaio 2008, il Tavolo dell'Immigrazioni e dei Rifugiati del
Canada riferisce di quasi 2.000 casi - 404 nel solo mese di aprile.
I responsabili del tavolo immigrati sono tornati settimana scorsa da una
missione in Repubblica Ceca, per scoprire come mai i Rom stiano scappando. Si
aspetta a breve un rapporto. I lavoratori sociali dell'Ontario Meridionale si
stanno anche incontrando questa settimana col governo provinciale e federale per
vedere quante somme e risorse extra possono essere messe a disposizione, dato
che i ricoveri d'emergenza stanno raggiungendo il limite.
La maggior parte dei rifugiati si è insediata nell'Ontario Meridionale mentre
aspettano una decisione. Il tempo medio di attesa è di 16 mesi e ½, ed il tavolo
dei rifugiati aveva, al 1 maggio, un arretrato di 1.687 casi.
Per il momento, tutto quello che i rifugiati possono fare è aspettare - e
giocare a calcio.
Il FC Bohemians, dal nome della provincia ceca di Boemia, ha avuto un paio di
opportunità ma rapidamente ha subito un 2 - 0 dal Dundas C. Il vento ha spinto
un calcio d'angolo della squadra avversaria all'incrocio dei pali a destra per
il primo goal.
"E' stato il vento, cosa possiamo farci? Bisogna essere preparati anche a
questo." ha detto il mister Lukacs.
Lukacs, 45 anni, è immigrato dalla Repubblica Ceca in Canada nel 1997, parla
sei lingue ed è il punto di riferimento per molti dei nuovi arrivati Rom. Lavora
come interprete per il Centro Sanitario Comunitario Hamilton Urban Core, e di
solito è una delle prime persone che gli immigrati incontrano al loro arrivo.
Ha capelli lisci sale e pepe, che si uniscono giù nella scollatura. Un
orecchino d'oro penzola dal suo lobo sinistro e porta scarpe di cuoio appuntite
beige chiaro, con inciso un falso-coccodrillo. Parla con un accento che suona
come una miscela di europeo orientale e persiano.
Dice di aver fatto parte di una heavy metal rock band negli anni '80 e '90
nella Repubblica Ceca chiamata Merlin, ma la fama e i soldi non sono bastati a
tenerlo là.
"Ogni volta qualcuno ti dice che sei una m...a. Ogni giorno. Se vai da
qualsiasi parte, ti fanno sentire sempre un estraneo. Per quanto tempo uno può
ascoltare tutto ciò?" dice. Scherza che forse se tingesse di biondo i suoi
capelli ed avesse gli occhi blu, potrebbe essere capace di inserirsi.
I giocatori di calcio non hanno vinto nessuna delle partite precedenti. A
volte quando sbagliano, i Bohemians smettono di giocare e gridano tra di loro in
romanes, mentre la palla scappa. Lukacs dice che presto saranno dove devono
essere.
A metà partita, Lukacs ha camminato oltre le gradinate per tradurre la storia
di
Rudolf Zajda, ex consigliere del governo ceco per le questioni rom. Arrivò in
Canada nove mesi fa e sta imparando l'inglese così da usare i suoi titoli di
studio in psicologia e assistenza sociale per trovare un lavoro.
Zajda, 48 anni, dice che riceveva costantemente nella posta lettere di
minacce e di affrontare discriminazioni sul lavoro. Ma quello che finalmente
l'ha fatto decidere a lasciare fu il giorno che un tizio seguì la sua macchina,
gridandogli attraverso il finestrino che l'avrebbero ucciso.
"Stavano minacciando la mia vita e la polizia non faceva niente," dice.
Zajda dice di aver sentito del Canada dai media cechi, che spesso raccontano
quanto sia facile andarci e come si sia i benvenuti.
Nella ripresa, i Bohemians hanno segnato un goal, ma hanno perso 5 -1.
Dopo la partita, alcuni dei giocatori si rilassano con la famiglia nel loro
complesso di appartamenti nel centro di Hamilton.
Jakub Penicka, 20 anni e le gambe ancora un po' arrossate per la partita,
dice di essere qui da 18 mesi e di andare a scuola per imparare l'inglese. Come
lavoro spera di mettersi in proprio.
"[Nella Repubblica Ceca] non va bene, perché eravamo differenti. Ti
osservavano sempre. Cercavi un lavoro ma nessuno te lo dava," dice Penicka.
David Kroscan, 26 anni, parla cinque lingue ed è arrivato qui sei mesi fa.
Prende in braccio la sua bambina e dice che i canadesi "ti parlano con
educazione", in un modo che fa capire come questa per lui sia un'anomalia.
Suo padre, in piedi di fronte a lui, si rigira le tasche.
"Se mio padre va in un negozio [nella Repubblica Ceca] gli chiedono di
mostrare le tasche," dice David. "I Rom arrivano in Canada perché hanno bisogno
di una vita differente, una vita migliore."
Lukacs e molti dei Rom ad Hamilton, il cui numero è stimato tra i 1.500 e i
3.000, stanno cercando di costruire una comunità. Lukacs dice che non hanno
molti soldi, ma ci sono degli eventi programmati, come uno spettacolo di Miss
Roma.
E Lukacs dice che sta finendo un libro, che dice gli ha preso la parte
migliore di un decennio, sulla storia dei Rom.
"La gente dice che veniamo dall'Egitto [da cui deriverebbe il termine
"Zingari"] o dall'India; sono tutte c.....e," dice. Dalle sue ricerche, ha
imparato che i Rom discesero da almeno 20 regioni nel mondo e si stabilirono in
Europa nell'VIII secolo.
"E' come se dopo 500 anni la gente chiedesse ai Canadesi da dove arrivano,"
dice.
Ha imparato che la lingua rom viene dal sanscrito, con molti imprestiti dal
persiano.
"Sto cercando di trovare chi sono davvero i nostri antenati," dice Lukacs.
Un portavoce del Ministro per l'Immigrazione, Jason Kenney, dice che il
governo sta monitorando da vicino il numero crescente di richiedenti asilo, ma
Kenney non crede che la Repubblica Ceca sia "un'isola di persecuzione."
Lukacs dice di comprendere che il Canada non può spalancare le frontiere e
accogliere tutti i Rom d'Europa. Si stima che al popolazione rom della
Repubblica Ceca sia tra le 250.000 e le 300.000 unità.
Dice che l'unica soluzione è che il Canada lavori con i governi europei per
rendere migliore la vita alle sue minoranze rom.
"Cosa stanno aspettando?" si chiede. "Una pulizia etnica?"
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