Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 10/12/2005 @ 12:58:18, in media, visitato 1905 volte)
Da Roma Press Agency (RPA)
Non voglio cambiare i Rom, voglio creare per loro migliori condizioni di vita
di: Kristína Magdolenová
Jarmila Vaòová (1965) lavora come giornalista per Roma Press Agency. Nel 2002 ha concorso come indipendente al posto di rappresentante comunitaria. Non è stata eletta per un pugno di voti. Comunque, continua il suo impegno nella regione di Kosice e dintorni. Ha quattro figli. Attualmente, sempre come indipendente, è candidata alle elezioni regionali (VUC).
Lo sono diventata per caso. Ho terminato gli studi nel 2002, erano gestiti da Roma Press Agency e dall'Istituto Democrazia Nazionale per le Donne Rom. Scopo del corso era offrirci una possibilità di partecipare agli affari pubblici. presto ho scoperto che c'era un ampio spazio vuoto nella politica locale, dove potevo avere un ruolo tanto come indipendente che come persona autosufficiente. Dopo il corso, RPA mi offrì un posto da giornalista. Questo lavoro ha un'importanza chiave, ma non tutti sarebbero in grado di farlo. Non soltanto perché è un tipo di lavoro precario nel terzo settore e no adeguatamete valutato, ma anche per la perdita di privacy, per le aspettative che una comunità demotivata ripone in te,a spettative che spesso non è proprio possibile mantenere. E' un lavoro che richiede un grande supporto dai familiari e nel contempo la capacità di lavorare in proprio.
- Dici che la comunità si aspetta risposte rapide. Cosa ne consegue?
Dopo il 1989, quando i Rom divennero il gruppo che pagava il prezzo più alto ai cambi nel mondo del lavoro, si trovarono in una specie di trappola sociale, con lo stato che offriva loro come unico aiuto la dipendenza dall'assistenza sociale. I benefici sociali relativamente alti e la crescita del razzismo, portò la comunità a rinchiedersi in se stessa. Strettamente legato a ciò, l'abbassamento del suo livello scolare. Chi non si adeguaqva, si trovava davanti un muro e l'unica soluzione era l'emigrazione. Con lo schock delle riforme sociale (febbraio 2004 ndr) la comunità fu costretta a risvegliarsi dal letargo. Però, lo stato ancora non da sufficienti ragioni ai Rom perché risolvano i loro problemi da soli. Se tu passassi ora in un quartiere rom, o se addirittura tu fossi una figura importante dentro la comunità, ci si aspetta da te che agiti una bacchetta magica e tutto si risolve. Un'aspettativa naturale nella situazione odierna.
Cosa posso dirti? Ho uno spazio per informare sui loro problemi e le loro esigenze. Ho un'opportunità sicuramente maggiore alla loro di comunicare con i rappresentanti dello stato e el autorità locali, per offrire soluzioni o porre questioni. Ho l'opportunità di condurre discussioni, far valere la mia opinione, manifestare per i Rom. Quello che non posso fare è legiferare e creare programmi specifici.
- Quando hai preso coscienza del tuo essere Rom? Che avevi dei doveri verso la tua comunità?
Sono cresciuta in una famiglia dove ebbi la possibilità di conoscere la cultura rom. A casa si ascoltava musica rom, si parlava il romanès, anche con i miei bambini. Ma non sono mai stata cosciente della mia personale differenza. Anche a scuola, nessuno mi ha mai fatto sentire diversa. Mi sentivo una donna slovacca. Il punto di svolta fu la Rivoluzione di Velluto. Improvvisamente, mi resi conto che i non-Rom ci rifiutavano non solo di far parte della loro vita, ma anche di riconoscerci come membri a pieno titolo della società. Fu un sonoro schiaffo e mi ci volle parecchio per capire definitivamente chi ero: Una Romnì, con tutto ciò che questo comporta, nata in Slovacchia ma Romnì. E da quel momento, visto che avevo maggiori possibilità rispetto al resto della mia gente di acquisire informazioni, sentii che era un mio dovere aiutare la comunità.
- I politici rom spesso dicono che i Rom devono cambiare. Come lo intendi?
Per me, aiutare i Rom significa dar loro sufficienti opportunità perché amministrino e abbiano la responsabilità delle loro vite. Sono convinta che non abbiano bisogno di chi decida per loro come vivere o come far crescere i loro bambini. Hanno bisogno di uno spazio come gli altri cittadini nella società - quindi delle stesse opportunità di essere responsabili. Svolgo giornalmente un lavoro sul campo e so, per esempio, che i Rom sanno costruirsi la casa da soli. Non hanno bisogno di appartamenti tutti uguali dove non si trovano a loro agio. Ma se non hanno reddito, se non lavorano, se non possono accedere al credito, cosa possono costruire? E' un circolo vizioso da cui non sappiamo venirne fuori. E secondo la mia opinione, la ragione è che i Rom sono sottovalutati dalla società. Ci vuole in una posizione dove abbiamo minori possibilità di influenzare la qualità della nostra stessa vita e di ottenere gli stessi risultati della maggioranza. Così non ce la faremo.
- Quindi la chiave di soluzione del problema è data dalla sua stessa denominazione?
In un certo modo, è così.
- E come dev'essere rinominato?
Possibilità diseguali.
- C'è bisogno di una discriminazione positiva?
Non so se è il termine corretto. Forse io non lo userei. Abbiamo necessità di accesso su basi paritetiche. Quindi, se uno ruba, dobbiamo punirlo perché ladro e non come Rom; allo stesso modo se uno è un vbuon lavoratore non dobbiamo giudicarlo con pregiudizio per la sua origine etnica e dobbiamo offrirgli possibilità di lavorare, senza licenziarlo alla prima occasione. Non percepiamo un bambino a scuola come Rom, per esempio, sino a ché questa percezione non si qualifica dal bisogno di insegnargli il romanès, altrimenti ha le stesse domande e richieste di qualsiasi altro coetaneo. Così saremo in grado, come Rom, di essere pienamente valutati come compèonenti della società e partners ai vari livelli.
- Hai la sensazione che ci siano meno richieste sui bambini rom?
Sì. Percepisco il problema della scolarizzazione, anche come un problema degli insegnanti, che non sanno come comportarsi o non adempionoi al loro compito verso gli studenti rom. Dicono "per uno zingaro questo può bastare". Il risultato di questa formazione incompleta è che i ragazzi poi regrediscono. Oppure finiscono in scuole differenziali di seconda scelta. Così la società sta investendo nell'ignoranza. Logica dispari.
- Ci sono abbastanza soldi per affrontare i problemi dei Rom?
Mi risulta di sì. Il problema è che non sono ben investiti. Ed anche il modo in cui i media scrivono su come sono impiegati, che spesso si riduce a "ancora altri soldi per i Rom". Non è così. E' denaro per cittadini di questo paese, che qui risiedono e vogliono goderne i vantaggi. Vogliono vivere in sicurezza e con uno standard di vita decente. Potrebbero anche trovare da loro la soluzione. Io sono una donna Rom, ma non ho meno bisogno di libertà, perché non mi trovo in situazione di indigenza. Quelli che non mi conoscono, invece pensano che sia così. La somma di denaro necessaria a risolvere il "problema Rom", secondo me, dev'essere commisurata al livello di razzismo. Più tardi ne saremo coscienti, più ne pagheremo i costi.
- Nella comunità rom, il ruolo della donna è tradizionalmente succube a quello maschile. Tu sei una donna, sei candidata indipemndente alle elezioni a Kosice. Questa tua partecipazione, e l'eventuale elezione, come si concilia col tuo ruolo tradizionale?
Certamente per me è più complicato che per una donna dell'etnia maggioritaria. Tra i Rom, gli uomini non mostrano molto interesse nel supportare le loro donne. Lo testimonia il fatto che il mio concorrente nella località dove vivo e holavorato a lungo, è un leader riconosciuto dei Rom. Me lo spiego in questa maniera: vorrebbe fermarmi dall'entrare in politica, perché il nostro bacino elettorale è limitato.
- Cambierà questo stato di cose?
Se la maggioranza non mi sostiene, come persona che vuole risolvere i problemi dei Rom e creare uno spazio per loro, potrebbe anche essere che nessuno di noi venga eletto. E nuovamente i Rom non avranno un loro rappresentante. Forse è questo lo scopo di chi costantemente predica il cambiamento, e per questo vede solo ciò che non è stato fatto o che è stato rovinato.
- Pensi che i Rom preferiranno votare per un uomo piuttosto che per una donna?
La mia squadra crede in me e penso che in questi quattro anni hanno capito cosa volevo ottenere e la direzione in cui mi sarei mossa. So di avere la loro fiducia e questa è la cosa più importante. Non sono il tipo di persona che appare ad una settinmana dal voto, dicendo: Sono qui, votate me. La gente mi conosce, sa cosa faccio per loro. E questo non solo perché mi sono candidata. Conosco i problemi dei Rom e come giornalista posso influenzare alcune cose. Credo nei Rom, vivo la loro stessa vita e mi confronto quotidianamente nella pratica. I Rom non sono stupidi. Apprendono dal lor passato e non possono più essere comprati per una manciatra di monete. Il loro voto è importante, almeno quanto quello di qualsiasi altro elettore.
- Significa che non entrerai in nessun partito politico?
Non intendo aderire ai partiti politici Rom registrati, anche se sono in contatto con loro. Visto che nella mia regione non hanno un candidato proprio, mi devono appoggiare anche se sono una candidata indipendente. E' importante anche per loro che venga eletta una Romnì.
- Sinora, c'erano oltre 20 partiti politici dei Rom, Dopo che è stata imposta la registrazione, ne restano solo due. Cosa ne pensi?
Da un canto, come al risultato dell'incostanza e del dilettantismo di alcuni dei cosiddetti leaders. Da un altro lato, come la possibilità di essere più uniti. In ogni caso, voglio ricordare che i Rom sono cittadini di questo stato e le loro convinzioni politiche devono essere libere, e devono votare indipendentemente dalla loro appartenenza etnica.
- Cosa diresti a un votante della maggioranza etnica?
Voglio dir loro che la soluzione dei nostri problemi è nelle nostre mani, se solo si collabora. Ad esempio, se chi vota appoggerà candidati Rom che non si presentano con vagoni di promesse, ma viceversa con una prospettiva di responsabilità e di capacità di affrontare i problemi. Se questo votante vuole proteggere il proprio benessere futuro, se vuol continuare a sentire questa terra come casa sua, deve iniziare a cooperare con questi Rom che hanno le sue medesime aspettative. A questo punto selezioneremo un vasto numero di Rom, che possa essere aiutato con un investimento minimo. Il resto, il lungo termine che è comunque necessario, non dovrà pesare sul bilancio dello stato. Sembra semplice e lo è realmente. Manca solo la volontà. O meglio: da parte dei Rom c'è. Ora è il turno dei votanti non-Rom.
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Di Fabrizio (del 09/12/2005 @ 11:54:37, in media, visitato 2502 volte)
30 novembre 2005
Premiate le immagini drammatiche dei Rom del Kosovo che stanno morendo nei campi profughi contaminati.
Ivor Prickett, studente e fotodocumentarista che ha vinto il Tom Webster Award
Ivor Prickett, ha ottenuto il prestigioso Tom Webster Award per le sue commoventi foto che mostrano la difficile situazione di dozzine di rifugiati interni, è il secondo studente della scuola d'arte, media e design di Newport a vincere quest'anno un premio tanto importante. Il mese scorso era toccato a Guy Martin che aveva ricevuto l' Observer Hodge Student Award 2005 per la sua relazione-progetto sull'enorme mole di traffico della strada tra Baghdad e Costantinopoli - lavoro che aveva partecipato anche al Tom Webster Award.
Le foto di Ivor sulle condizioni del campo di Kabbare
“Sono molto contento di aver vinto questo premio,” ci ha detto Ivor (22 anni) che ha passato cinque settimane in Kosovo per le fotografie che ha adoperato per una ricerca del suo corso. “Per me è importante questo riconoscimento, il primo da un ente esterno all'Università, e mi rassicura sulle ragioni del mio lavoro e sul futuro che mi prefiggo nel fotogiornalismo."
“Quella del Kosovo è stata la prima guerra di cui ho avuto coscienza quando ero più giovane e mi ha sempre interessato. Quando ho letto di questa gente che viveva nei campi rifugiati costruiti su terreni contaminati, ho sentito che dovevo andare e raccontare quella storia. Sono rimasto schoccato dalla scoperta di bambini zingari sotto i sei anni di età, esposti a quei livelli di radiazioni e che tutti potrebbero morire presto o soffrire di danni irreparabili al cervello."
Durante la sua prima visita al campo, Ivor è stato con Vebbi (foto sopra) e la sua famiglia. Al ritorno, Ivor ha scoperto che Vebbi nel frattempo era diventato l'ultima vittima della contaminazione del campo
Ivor andò al campo di Kabbare dove vivevano 60 Rom dispersi interni, e scattò oltre 2000 foto, e ne presentò 12 alla giuria del premio, sponsorizzato dall'agenzia fotografica Impact di Londra.
“Il campo, costruito dalle Nazioni Unite e dall'OMS, si trova dove una volta c'erano miniere di zinco ed è contaminato da piombo che lentamente sta avvelenando gli occupanti. Sinora, circa 35 persone sono morte prematuramente in circostanze inaspettate.”
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Durante la sua seconda visita al campo, Ivor scoprì tragicamente che il capofamiglia che l'aveva ospitato la volta precedente, era tra le ultime vittime.
A DESTRA: Per Ivor si è trattato di un problema di coscienza fotografare il funerale di Vebbi, ma ho sentito di doverlo fare per ricordare al mondo la sofferenza dei Rom.
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“Rimasi shoccato scoprendo che Vebbi, aveva solo 27 anni, era morto per un tumore al cervello,” dice Ivor. “Avevo vissuto con lui e la sua famiglia, erano in cinque in una stanza, quando andai la prima volta a scattare foto. Fu un momento doloroso - avevo convissuto con quella famiglia e stavo riprendendo il funerale di Vebbi, ma dovevo raccogliere quella testimonianza. Come fotogiornalista avevo il dovere di documentare e raccontare." |
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Queste foto sono state recentemente pubblicate su Foto8, una rivista che ospita il meglio del fotogiornalismo. Il premio di £1000 ha permesso a Ivor di dedicarsi al suo prossimo progetto - sui fuorilegge cercatori d'oro in Mongolia.
"Ho letto che dopo la caduta del comunismo, si è scoperto che là c'erano filoni auriferi. Questa gente, che si autonomina Ninjas, scava senza permessi e spesso ci sono dispute tra loro e le forze di sicurezza. Non ci sono soltanto poveracci, ma anche docenti e impiegati, tutti quelli che con la caduta del comunismo hanno perso la loro pensione. L'unico futuro per loro e le loro famiglie è trovare trovare dell'oro."
A SINISTRA: Questo ritratto del padre di Vebbi subito dopo il funerale è tra le fotografie pubblicate dalla rivista internazionale Foto8
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Ivor dice di dovere il suo successo al corso della Newport’s University. "Studiare fotogiornalismo è stata la cosa migliore della mia vita. I miei tutors mi hanno influenzato profondamente e mi hanno guidato negli ultimi tre anni." |
Commentando il successo dei due studenti che hanno ottenuto un premio quest'anno, Pete Davis, il coordinatore del corso, afferma: "Il Tom Webster award per giovani studenti di fotografia è diventato uno dei più prestigiosi oggi in GB. Gli standards sono alti, ed eccellere con due studenti è un indiscutibile traguardo"
A DESTRA: Gli studenti Ivor Pricket (a destra) e Guy Martin entrambe premiati quest'anno
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"Tanto Ivor che Guy sono un esempio di ciò che motiva i giovani fotografi. Interesse e passione per la ricerca e comprensione degli eventi nazionali e mondiali, assieme ad iniziativa e capacità di testimoniare, per produrre immagini forti che comunichino le loro idee ad una vasta audience. Sono certo che tutti e due faranno parte in futuro di un grande gruppo mondiale di studenti impegnati ai più alti livelli nelle varie aree della fotografia."
Notes for Editors:
Il Tom Webster Award è patrocinato da Impact Photos ed è intitolato alla memoria di un fotogiornalista morto nel 1994 all'età di 24 anni. Il premio si prefigge di offrire a giovani fotogiornalisti di iniziare o continuare progetti specifici. I vincitore riceve un premio di £1000 e la segnalazione di Impact Photos. E' riservato a fotografi di età inferiore a 29.
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Di Fabrizio (del 06/12/2005 @ 23:45:26, in media, visitato 2346 volte)
da radicali.it
Radicali Milano: sui Rom scorrettezze e imprecisioni dal mondo dell'informazione
6 dicembre 2005 h. 19:09
Venerdì scorso, 2 dicembre, Luca Fortis, membro della Segreteria dell’Associazione Radicale Enzo Tortora, ha partecipato alla conferenza stampa indetta dai capifamiglia del campo Rom di via Idro 62. I Rom hanno denunciano una scorretta informazione sugli arresti della banda dei rapinatori che ha messo a segno numerosi colpi in ville del lecchese. Infatti, gli arresti non sono stati eseguiti all’interno del campo comunale, come riportato dai mezzi di informazione, ma in insediamenti illegali, abitati anche da non rom, che sono sorti nei pressi del campo e che non hanno nulla a che fare con esso. Una situazione che le forze dell’ordine conoscono bene, dal momento che tali insediamenti sono tollerati come “soluzione provvisoria” da parte dello stesso Comune in seguito a sgomberi avvenuti in altre zone della città. Inoltre, nonostante l’amministrazione comunale conosca perfettamente gli abitanti del campo, tutti italiani di etnia Rom Harvati residenti nella zona da più di 15 anni, li ignora sistematicamente nella programmazione delle politiche a loro rivolte. Particolarmente grave appare la condotta dei mezzi d’informazione: dopo aver pubblicato la notizia scorretta, pochissimi giornalisti hanno partecipato alla conferenza stampa, privando così i lettori di una corretta informazione. I pregiudizi e le incomprensioni nei confronti della comunità rom sono sufficientemente gravi perché tale disinformazione li renda ancora più insopportabili. I membri dell’Associazione Radicale Enzo Tortora, impegnati a dare vita al nuovo movimento della Rosa nel pugno, si augurano quindi che i giornali provvedano a smentire la notizia data e contribuiscano a diffondere una più corretta versione dei fatti.
Milano, 6 dicembre 2005
Per informazioni Luca Fortis, 3341612803
NdR: ringrazio Luca Fortis e l'Associazione Radicale Enzo Tortora per l'attenzione prestata e per aver ripreso la notizia. Erano presenti anche il segretario della UdB DS Luciano Lama di Milano, due rappresentanti dell'ANPI di zona e il direttore del giornale Martesana2. Anche a loro ringraziamenti di cuore. Fabrizio
Di Fabrizio (del 06/12/2005 @ 13:42:27, in media, visitato 2058 volte)
Si chiama Asteriscoradio.com con interviste, reportage, notizie e musica
red.
È nata la prima webradio interculturale italiana: è Asteriscoradio.com. La webradio riprende l’esperienza ormai biennale dell’Asterisco magazine radiofonico, un programma di approfondimento tematico sulle questioni dell´immigrazione e dell´interculturalità.
Asterisco era un insieme di interviste, reportage, notizie, il tutto intercalato da musiche dal mondo. L’esperienza, messa in campo da italiani e immigrati, voleva offrire un punto di vista diverso da quello imperante sui media nazionali. Asteriscoradio.com è il seguito di questo progetto. Dal semplice programma radiofonico, il concetto di "asterisco" si è allargato fino a sposare i confini di una webradio, in tutto e per tutto paragonabile alla radio tradizionale, a diffusione continua 24 ore su 24. Dotata di un proprio palinsesto, Asteriscoradio.com offre, oltre al tradizionale magazine e alla musica, un ventaglio di programmi informativi, educativi e di intrattenimento che nessun altro fa ascoltare.
Informazioni www.asteriscoradio.com
Di Fabrizio (del 02/12/2005 @ 03:12:06, in media, visitato 2334 volte)
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Gli Unza, gruppo di musicisti rom
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di Zita Dazzi
MILANO - Sarà il primo serial tv dedicato ai romeni che vivono a Milano. Il primo docu-film che ha per protagonisti un gruppo di immigrati ripresi nella loro vita quotidiana alla periferia della grande città. Le prime 11 puntate di “Miracolo alla Scala”, film documentario ispirato al grande capolavoro neorealista “Miracolo a Milano”, sono già state girate e montate.
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La pellicola - prodotta dall’Arci e dal Centro sperimentale “Cesare Zavattini” - è stata presentata in prima serata a Milano con una grande festa-concerto ai caselli daziari di Porta Ticinese. Presenti il regista, sceneggiatore e montatore Claudio Bernieri (che ha già in mente un progetto di 50 puntate in totale) e i protagonisti, un gruppo di musicisti rom.
Per ora il film gira nei cinema e nei circoli privati di Milano, ma l'idea è di proporlo alla tv. E Bernieri è già in contatto con Nessuno Tv, emittente privata milanese, che vuole comprare la prima serie per programmarla quest'inverno. Gli “Unza”, attori nel film, sono oggi, fra i gruppi musicali di strada, i più richiesti in città per feste, spettacoli e concerti, portati persino in passerella dallo stilista Romeo Gigli, durante le sfilate di moda della primavera scorsa. Quella degli Unza è una parabola felice all’interno della vicenda tormentata del grande campo realizzato dal Comune per i nomadi in via Triboniano, periferia nord del capoluogo lombardo. Un campo in pessime condizioni, che accoglie in modo stabile circa 500 dei 2mila zingari sgomberati in fasi successive dalla ex favela di via Barzaghi. Gli sgomberi cominciati tre anni fa per volere della giunta del sindaco Albertini, ancora non hanno permesso all’amministrazione di venire a capo della vicenda. E ogni sei mesi la favela ricresce, alle porte di Milano, rendendo necessario un nuovo intervento della polizia. La telenovela di via Barzaghi, l’estate scorsa, è uscita anche dai confini delle cronache cittadine per approdare sulle pagine nazionali dei quotidiani, quando la Caritas ambrosiana ha dovuto far fronte all’emergenza creata dall’ultima ondata di sgomberi, programmati senza prevedere nemmeno accoglienza per i bambini e per le donne in regola con i documenti di soggiorno. Tutta questa vicenda è sullo sfondo degli 80 minuti di pellicola girati a Musocco, il quartiere milanese dove cresceva la favela, senza effetti speciali e senza camuffare la realtà. In scena Marian Badeanue, alias “Director”, il direttore della banda musicale, e i suoi compagni di avventura. Nel film – come nella vita vera - Director ogni mattina esce dalla sua roulotte per andare in metropolitana a suonare col suo gruppo, e con i figli, Loredana e Ciprian, costretti a una vita molto diversa da quella degli altri bambini milanesi. L’idea è quella di raccontare una grande metropoli italiana vista con gli occhi degli immigrati, sempre in bilico fra integrazione e marginalità sociale. Negli 11 episodi, in tutto 80 minuti di filmato in presa diretta, come in uno spaccato neorealista, si vedono molti aspetti della vita degli stranieri: il lavoro nero, la difficoltà per fare i documenti, l’inserimento scolastico, la precarietà degli alloggi, le discriminazioni, ma anche la fiducia nella vita e nella possibilità di integrarsi. La presenza dei bambini, figli del protagonista, consente a un certo punto al regista di risollevare le sorti di questa fiction dal grigiore della cronaca. L’epilogo infatti ha un tocco magico che lo rende simile a una storia di Cesare Zavattini: i musicisti rom fanno fortuna, la rete del trasporto pubblico, grazie a loro, incrementa i passeggeri, e rende ricco il Comune. Per questo, l’amministrazione arriva a riconoscere i meriti dei musicisti e avvia la costruzione di case popolari per ospitarli in modo più degno di una grande città. Il titolo della prima serie di 11 puntate, “Miracolo alla Scala”, è stato scelto perché la piccola Loredana racconta in un tema ai compagni di classe la sua vita. Loredana sogna di diventare ballerina alla Scala. E anche questa storia è a lieto fine, perché la ragazzina sarà “adottata” artisticamente da una insegnante di ballo dell’ente lirico più famoso del mondo, che le permette di realizzare il suo sogno. “I musicisti e i due bambini – racconta il regista – vengono seguiti passo passo, in metropolitana e nel centro della città. Il film racconta le proteste per avere una casa, la difficoltà per trovare il lavoro, le roulotte, i matrimoni rom, la fatica di chi fa il muratore a cottimo… E si potrebbe andare avanti per 50 puntate, secondo il mio progetto. Sarebbe una bellissima serie tv, un programma a metà strada fra il reportage e la fiction, con un soggetto strano per la televisione: i nuovi poveri e i cittadini del mondo. Lasciando spazio per una rivelazione finale, un sogno. La realizzazione del miracolo per l’appunto”.
(21 novembre 2005 - ore 11.27)
Di Fabrizio (del 26/11/2005 @ 08:34:11, in media, visitato 2104 volte)
Di Fabrizio (del 24/11/2005 @ 19:31:45, in media, visitato 1915 volte)
Di Fabrizio (del 14/11/2005 @ 02:14:50, in media, visitato 2288 volte)
Stardom for Irish Traveller girl
By James Helm BBC News, Dublin
(nella foto Winnie e sua madre Rosie che vorrebbero vivere in una casa)
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"Winnie è una ragazza incredibilmente brillante e curiosa e potrebbe fare molte, molte cose nella sua vita" Perry Ogden - Regista
Enormi camion attraversano una proprietà industriale a Dublino
Al bordo della strada due roulottes. Per Winnie Maughan, la giovane star di un film premiato, questa è casa sua.
Vive in uno dei camper, con sua madre e qualcuno dei suoi nove fratelli e sorelle. L'acqua per cucinare o per lavarsi, si prende dal lato oppo0sto di quella strada trafficata.
Siamo andati a trovare Winnie il giorno del suo 13° compleanno e stava scartando un regalo del regista di Pavee Lackeen. Significa "Ragazza Viaggiante" e in maniera per niente romantica, racconta la vita quotidiana di Winnie e della sua famiglia. Mischia fatti e fiction, rispecchiando la sua reale esperienza.
Inquadrature di sghembo, angoli sparsi di Dublino, per un film premiato in una cerimonia svoltasi a qualche miglia di distanza. Erano presenti i grandi nomi del cinema e della TV - attori, attrici, presentatori e registi.
Sinead Cusack, l'attrice irlandese, annuncia il Film che ha vinto il premio televisivo... Pavee Lackeen. Spinta dagli applausi Winnie, col suo abito migliore, sale sul palco assieme al regista inglese Perry Ogden.
Il suo potenziale Perry è stato presentato a Winnie da suo fratello, mentre conduceva un'inchiesta sui ragazzi di strada a Dublino.
Sono seguiti i viaggi ai festival di Venezia e Londra, che Winnie racconta con un'alzata di spalle, come si trattasse di una visita ai negozi del posto.
Dice che "odia" quel film per come si è dovuta presentare, e preme la faccia su un enorme locandina. Rosie, sua madre, dice che la lavorazione del film "è stata divertente e abbiamo riso tutto il tempo. Ma non ci siamo resi conto che sarebbe andato così lontano".
E' stato il primo film di Perry Ogden, ex fotografo di moda che ha prodotto, diretto e girato questo film con un budget di 297.640 Euro (£200,000). Sa che questa esperienza può cambiare la vita di Winnie e della sua famiglia. Spera di poterla aiutare.
"C'è del potenziale in ogni tipo di cose. Winnie è una ragazza incredibilmente brillante e curiosa e potrebbe fare molte, molte cose nella sua vita," dice.
Al Pavee Point di Dublino, che è parte della comunità dei Viaggianti, sono ansiosi di vedere il film. Una ex chiesa nella parte nord è il loro punto di incontro, dove condividono le loro discussioni.
La comunità dei Viaggianti è in Irlanda da secoli (QUI ndr), si stima che il suo numero attuale sia di circa 30.000 persone. Molti vivono in aree permanenti, o nelle case. Come nel Regno Unito, la loro presenza ha causato spesso tensioni con la "comunità stanziale".
Sognando una casa Secondo Winnie Kerrigan, che conduce un programma culturale a Pavee Point, rimane una comunità orgogliosa e coesa, con una cultura e una lingua proprie, nonostante i profondi cambiamenti sociali. L'Irlanda può aver visto negli ultimi anni una crescita economica, ma i Viaggianti, ci dice, soffrono ancora di povertà, malattie e discriminazioni.
Così la storia di una famiglia ai margini di una nazione tra le più floride al mondo, cosa può cambiare? Winnie Maughan e la sua famiglia sperano che il film possa realizzare il loro sogno di una casa lì vicino.
Vogliono lasciare la vita di strada, con i Tir che vanno avanti e indietro giorno e notte, e pensano che Pavee Lackeen possa spingere le autorità cittadine, che in passato si erano offerte di alloggiarli in qualche altrab parte della città. Loro preferirebbero rimanere in una zona familiare.
"Non è giusto," dice Winnie. "No way - non è giusto vivere ai margini della strada. Guardate quante case ci sono a Dublino".
Di Fabrizio (del 12/11/2005 @ 10:09:18, in media, visitato 2657 volte)
I miei Balcani immaginari
11.11.2005
Il 28 ottobre a Roma, si è riunita l'Assemblea parlamentare della Nato. Seminario dedicato al Kosovo, con la partecipazione di 16 delegazioni parlamentari e diplomatiche dell'Alleanza Atlantica e di tutte le comunità nazionali dell'area coinvolte nei conflitti balcanici. Fra i relatori, il giornalista Ennio Remondino, corrispondente estero della Rai per quell'area. Questa la trascrizione del suo intervento
Di Fabrizio (del 10/11/2005 @ 12:05:23, in media, visitato 1903 volte)
Leggo su la Padania online questa notizia
Una foto "invecchiata" per trovare Angela Celentano
ripresa nei giorni scorsi anche da diversi giornali Nell'articolo (anonimo) ad un certo punto spunta la frase: ... Tante segnalazioni che hanno fatto imboccare agli inquirenti la pista di uno dei numerosi rapimenti di bambini compiuti da zingari. ... (cito testuale, mio il testo evidenziato) Però, da fonti del Ministero degli Interni, tali rapimenti non risultano, ne tanti ne pochi. Quindi non capisco se l'articolista ha per caso una sua gola profonda riservata (e in questo caso, o denuncia la cosa alle autorità, oppure è complice), o è un bugiardo. O semplicemente un dilettante, che in mancanza della notizia, la inventa secondo i gusti del suo pubblico. Benzina sul fuoco? Campagna elettorale?O più semplicemente, diffamazione mezzo stampa?
Se qualcuno vuole compiere una denuncia, è pregato di farmelo sapere. Grazie
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