Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nella Mahalla amiamo le favole (ve l'ho gia detto, vero?) Milano - Camera del Lavoro - ore 20.20. Son terminate le ultime prove, ho raggiunto la compagnia che tra un po' andrà in scena. Sedute due file di spettatori, Rom rumeni e Khorakhané, qualche Rom Abruzzese. La sala vuota sembra enorme. Aspetto fuori, per vedere chi arriva. Fa veramente freddo, il pubblico arriva alla spicciolata e di fretta. Pochi, mi sembrano sempre pochi. Poi, torno in sala ed è strapiena! Sono arrivati in tanti dai campi, sono arrivati anche i milanesi e mi gusto la scena della sala traboccante di gente. Non vi racconterò la trama, da quel momento è stato come una specie di sogno.In questo sogno, un bambino brutto e con gli occhi storti, vissuto + di 60 anni fa, che forse si chiamava Mile. Mile non lo sapeva, ma la sua strada era anche quella percorsa da un certo Hitler. Nessuno dei due sapeva dell'esistenza dell'altro, ma la storia intanto macinava le persone. E' per questo che Mile portava un nastro giallo al braccio, che non doveva mai togliere. Neanche Barbara sapeva di Mile, mentre era a Lety, ma suo padre aveva fiutato l'aria e aveva venduto il carro per comprarsi una casa. Non era servito. La storia non la inganni. E il sogno prosegue. La Storia, quella con la S maiuscola, lasciava Barbara e Mile al margine, in Europa il progresso era nelle macchine, nella produzione di massa e quell'odore di fumo e benzina sembrava vincente, perché plasmava la storia. Ma allora il progresso parlava la lingua di Lombroso, di Interlandi, di Himmler. La tecnologia si era nutrita del loro razzismo, assieme definivano ciò che era "moderno". Non solo in Germania e Italia, ma anche in Francia, in Romania, in Boemia, in tutta la moderna Europa. Il progresso regalava a Barbara delle baracche ordinate, e i servizi e la scritta "Il lavoro rende liberi". Anche lei era una zingara nuova, come era documentato da quella Z sui vestiti Era moderno, anche il filo spinato con la corrente elettrica, era moderna la puzza di carne bruciata. No, rimanevano antiche le botte e quel ghetto dove i Rom e i Sinti, a differenza degli ebrei, vivevano in famiglie, a spaccare pietre e a morire di stenti. C'erano il fango e il bastone e la fame e quando non puoi più fuggire, se non per qualche secondo... . ..mescoli il sangue con la pipì,e il fango lo puoi modellare,mettilo in tasca e non farti scopriresarà il tuo grande violinista...E arrivò Himmler in visita al campo. Vide i fantasmi sui tavolati, e i volti dei bambini sfigurati dalle malattie, un capannone dove i topi scorrazzavano sopra file di morti. Ma Himmler, che aveva sognato il mondo nuovo, pulito e ordinato, si sentì offeso e deriso da quell'orrore, non era così che se l'immaginava... e allora ordinò l'abbattimento della struttura e l'annientamento di tutti quei reclusi. Mile morì molto lontano da quel campo, fucilato una notte con tutta la famiglia. Smise di aver paura.
(Un bambino piange tra il pubblico, gli attori si agitano, ma il suo pianto è già parte del mio sogno)
Barbara - tatuata Z1963 - scampò alla soluzione finale. E la storia vide nuovi vincitori, Norimberga, i vecchi aguzzini che ritornavano al lavoro, i campi e le riserve. Il progresso. Una serata per guardarci negli occhi.
E' stato da poco pubblicato un interessante libro scritto dai Sinti Emiliani: Vladimiro Torre, Walter Relandini, Gelsomino Casalgrande, Catia Truzzi, Maurizio Esposti, Margherita De Bar, Alberto Truzzi, Sabrina Torre, Mara Bellinati, Floriano Debar. Il libro è curato da Paola Trevisan ed edito dal CISU nella collana romanes, diretta da Leonardo Piasere. Sicuramente molti di voi conoscono uno degli autori, il Presidente dell'Associazione Them Romano di Reggio Emilia, Vladimiro Torre. E' stato Vladimiro l'ideatore e il motore di questa importante iniziativa editoriale. Inviatiamo tutti ad acquistare il libro e a diffondere uno dei pochissimi testi dove i Sinti si raccontano. Segnaliamo all'interno dei vari racconti le testimonianze sull'internamento nei campi di concentramento italiani che possono essere utilizzate in questi giorni di manifestazioni per Il Giorno della Memoria. Naturalmente pensiamo di presentarlo nei prossimi mesi a Mantova e nelle altre realtà locali dove lavoriamo.
Gli Autori di questo libro appartengono a una delle comunità di Sinti Italiani che da diversi secoli vive nel Nord ed in parte del centro Italia. Essi appartengono a quella rete di famiglie che fra gli anni ‘50 e ‘60 si fermarono in alcune zone dell’Emilia, soprattutto nelle province di Reggio Emilia, Modena e Bologna. Narrare dall’interno di queste reti familiari non è la stessa cosa che narrare da individuo singolo, che deve concentrarsi solo su se stesso e, nello stesso tempo, significa anche confrontarsi più o meno indirettamente con i gagi, ovvero gli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico). Poiché a Reggio Emilia sono stati i Sinti più impegnati nell’associazionismo a voler fare questo libro, è interessante chiedersi a che pubblico si rivolgano nel raccontare le vicende della propria vita. Gli Autori si rivolgono contemporaneamente ai sinti e ai gagi, in un continuo intreccio di prospettive che non smette mai di rimarcare quello che è il proprio punto di vista sul mondo. Infatti, se i criteri che rendono vero e dicibile un racconto orale rimangono invariati nella fase della trascrizione/scrittura/riscrittura, gli Autori sono consapevoli delle diverse modalità con cui ci si può presentare all’esterno, ai gagi. Va evidenziato che nessuno parla del proprio gruppo come marginale, in crisi, o in via di modernizzazione/trasformazione, e anche quando i sinti raccontano di violenze e soprusi subiti lo fanno mettendo in risalto l’assurdo modo di agire e di pensare dei gagi, più che il fatto di percepirsi come vittime. I sinti più anziani raccontano anche le vicissitudini subite durante la Seconda Guerra mondiale e il regime fascista, che li internò in un campo di prigionia sull’Appennino modenese, e i loro ricordi hanno trovato riscontro nell’archivio comunale di Prignano sulla Secchia (MO). Rendere fruibili al pubblico le loro storie significa anche riflettere sulle fonti orali e sulla loro relazione con la storia, quella scritta dagli appartenenti alla società maggioritaria (in senso numerico).
La curatrice Paola Trevisan, è stata assegnista di ricerca e professoressa a contratto di Antropologia Culturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Firenze. E’ dottoranda presso il Dipartimento di Storia, Geografia e Arte dell’Università di Castellón de la Plana (Spagna). Per contatti diretti: trevimonti@tin.it
Riferimenti CISU
OPERA NOMADI SEZIONE DI MILANO ONLUS
Ente Morale DPR n. 347 del 26.3.1970
Via Archimede n. 13 20129 Milano C.F. 97056140151
Tel 0284891841 - 3393684212
INVITO
In occasione della Giornata della Memoria 2006, l’Opera Nomadi è lieta di invitarla ad assistere alla lettura spettacolo “Porrajmos, voci di uno sterminio dimenticato”
MARTEDI’ 24 GENNAIO 2006 ORE 21,00
c/o Camera del Lavoro di Milano – Sala Di Vittorio
Corso di P.ta Vittoria 43
Porrajmos: distruzione, divoramento. Analogamente al termine ebraico ha – shoah, con questa denominazione convenzionale in romanès si dà un nome ai tragici eventi che portarono all’annientamento nei lager nazisti e nei territori occupati, complici i regimi fascisti, di centinaia di migliaia di Rom.
Ebrei, Rom e Sinti, sarebbero infatti divenuti nel breve volgere di pochi anni, dal ’37 al ’45, vittime di un evento prevedibile e inimmaginabile che sconvolse la Mitteleuropa, ma che affondava le proprie radici in una storia secolare di violenze e persecuzioni.
Storia e memoria. Il popolo dei Rom rimuove il ricordo della sventura, così come le immagini e le cose possedute in vita dai mulè, i morti. Nella lingua parlata, ancora prettamente orale, non esistono i verbi “leggere” e “scrivere” e le tradizioni, le esperienze, si tramandano di generazione in generazione in una dimensione senza tempo.
In Italia, l’assenza di un’esplicita legislazione razziale relativa ai Rom e la scarsità di testimonianze dirette, ha a lungo condizionato il lavoro degli storici, rinviando a tempi più recenti la condanna delle gravi responsabilità della dittatura fascista artefice dell’internamento e della deportazione verso i campi di sterminio di migliaia di Rom e Sinti e dell’appoggio agli efferati crimini contro l’umanità degli Ustasha croati di Ante Pavelic.
In Europa, e in particolare in Germania, la documentazione reperita, precedente in qualche caso al ’42 (decreto di Himmler di internamento nel campo di sterminio ad Aushwitz di tutti gli zingari e poi, quella del 2 Agosto del ’44 che sancisce la liquidazione del campo per famiglie di Auschwitz Birkenau Blocco B3), rendeva intanto nota la volontà di sterminio dei Romà da parte del nazifascismo.
Un popolo destinato a scomparire in quanto tale, come gli ebrei, e non per i presunti comportamenti asociali di cui sarebbe stato portatore.
Il Vicepresidente: Maurizio Pagani
Il Segretario Nazionale: Giorgio Bezzecchi
oltre il pregiudizio CAMPAGNA CONTRO IL RAZZISMO
La Camera del Lavoro di Milano e Opera Nomadi presentano
PORRAJMOS lettura spettacolo voci da uno sterminio dimenticato Rom e Sinti nell'Europa della 2° guerra mondiale
Con Dijana Pavlovic' e Claudio V. Migliavacca
MUSICHE ESEGUITE DAL VIVO DA RAHPSODIJA TRIO Muarizio Deho', violino Luigi Maione, chitarra Giampietro Marrazza, fisarmonica
Con la partecipazione di Giorgio Bezzecchi, Naum Jovanovic e Daniela Di Rocco
Un progetto di MaurizioPagani
Elaborazione video Itsos “Albe Steiner” sezione cine tv: Simone Ferrari, Luca Lossani, Desiré Ieva
Luci e tecnica – Lele Cascione
Testi & Regia: Dijana Pavlovic' – Claudio V. Migliavacca
|
|
|
Internet è una delle mie passioni, passo molto del mio tempo libero al computer. Cerco informazioni per me, faccio ricerche per il mio lavoro, su teatro e scrittori. Anche sui Rom, internet è uno dei pochi luoghi dove trovare notizie, senza doversi perdere nell'informazione pilotata o di parte. Detto così, sembra quasi ingenuo, ma sono convinta che internet e i blog siano ormai l'unica maniera per capire qualcosa e trovare le informazioni che altrimenti non passano ai telegiornali. Dove la trovi altrimenti la lista delle 50 persone condannate in via definitiva e sedute in Parlamento. Dove gli ultimi tagli del ministero alla scuola?
Il problema non è la troppa informazione, ma di trovare qualcosa che vada fuori dai soliti binari. Tutti vogliono subito una “verità pronta”, abbiamo poco tempo e invece il tempo serve se vuoi farti un'opinione. Meglio molta informazione che nessuna! -
|
Il curriculum di Dijana Pavlovic'
|
|
Così è iniziata una lunga chiacchierata con Dijana Pavlovic'. La prima domanda, rotto il ghiaccio, è stato di raccontare qualcosa di sé.
|
Sono nata nel 1976 a Vrnjacka Banja, un comune di 200.000 abitanti nel centro della Serbia, molto noto per le terme, a 200 km.da Belgrado. I miei genitori sono Rom, ma da generazioni vivevano con la comunità serba.
I miei nonni erano molto più legati alla cultura e alla lingua, mio nonno era maniscalco un'occupazione tradizionale tra i Rom. I miei genitori invece si erano affrancati dalla tradizione, erano andati a scuola: mia madre aveva studiato elettrotecnica, mio padre dirigeva un piccolo negozio.
Ho passato la mia prima infanzia con il comunismo, che verso i Rom era molto, come dire, “protettivo”: i principi erano quelli di fratellanza, uguaglianza, libertà, il razzismo non era tollerato, i libri erano passati dallo stato.
Io ero l'unica Romnì della scuola. Lì sono venuta a conoscenza della mia origine, quando a 7 anni una mia compagna di classe mi ha detto: “Oggi tu hai avuto il voto più alto, ma resti una zingara!”. Tornata a casa, ho quasi “torturato” i miei genitori perché mi spiegassero perché quella bambina mi avesse parlato così e mia madre mi disse: “C'è una cosa peggiore di esser zingari: essere maleducati!”
E' stata una cosa che ha deciso la mia vita. Da allora mi sono sempre imposta di essere “la più brava” in tutto. Ho poi frequentato il liceo scientifico, e mi sono diplomata che ero già iscritta all'Accademia di Arte Drammatica di Belgrado, unica Rom iscritta. Mi sono laureata. -
|
Come sei arrivata in Italia?
|
Nel frattempo, c'era stato il collasso del comunismo e il difficile passaggio alla democrazia, con la conseguente crisi economica, battaglie politiche, proteste degli studenti. Io vivevo da sola a Belgrado e la vita era sempre più difficile.
Durante un festival internazionale, ho conosciuto Claudio, il mio futuro marito, un italiano.
Era un periodo molto confuso, e nel 1999 sono venuta in Italia. Mi sono sposata qua.
Arrivata in Italia, parlavo serbo e inglese. Così l'italiano l'ho studiato qua.
Dopo 3 mesi che ero in Italia, sono iniziati i bombardamenti in Serbia. E' stato il periodo più brutto della mia vita: mio padre era al fronte e io sempre al telefono per avere notizie. Con difficoltà ho iniziato anche a lavorare in teatro. -
|
Come stanno i tuoi?
|
Tutti salvi, per fortuna. Ma il paese è distrutto, manca il lavoro. Inoltre, il razzismo che prima era sconosciuto, è esploso con violenza, soprattutto in Vojvodina, dove studia mio fratello. Lui è molto più scuro di me, e mi raccomando sempre che stia attento. -
|
Come sono stati i primi tempi in Italia?
|
Problemi: forse il fatto di essere Serba in Italia, proprio mentre la Serbia era accusata di crimini internazionali e io passavo il mio tempo al telefono con la preoccupazione per i miei sotto le bombe...
Sposando un attore, frequentando quell'ambiente, non ho mai avuto problemi di razzismo. Qualche difficoltà è subentrata dopo, continua anche adesso, quando dico che sono Rom.
Le mie radici avevo cominciato a riscoprirle in Serbia, come reazione ai miei che se ne erano dimenticati, rivendicavo l'orgoglio di essere Rom, le cose belle della mia origine. -
|
Regalane qualcuna ai lettori:
|
-
Il temperamento, l'anima, la personalità: improvvisare l'allegria anche nei momenti più tristi, questo mi aiuta molto nel lavoro (e anche nella vita);
-
vivere una situazione schizofrenica in un ambiente estraneo: integrazione totale e crisi di identità;
-
vivere le passioni: gli occidentali tendono a contenersi e a mantenere un atteggiamento di facciata. Ma anche il senso del sopravvivere, sono convinta che questo fa parte del patrimonio genetico di tutti, ma in occidente la gente è, come dire, “iperprotetta” e non ha più questo senso di sopravvivenza;
-
infine, mi piace il mio aspetto fisico, gli occhi...
Mantengo l'adattabilità classica del Rom, ma sono molto rigida nei miei principi. So di non confondere il recitare con la vita reale: a teatro usi una tecnica, hai un copione. Quando hai davanti una persona, non puoi nasconderti. -
|
Reciterai a Milano, con un pezzo impegnativo sulla Porrajmos.
|
E' un'idea che si è formata man mano, sino a coinvolgermi totalmente.
Nel 2000 ho fatto un progetto assieme a mio marito, Claudio Migliavacca: abbiamo portato in Italia una raccolta di poesie popolari e d'autore dei Rom serbi, che ho tradotto in italiano. Le abbiamo presentate nello spettacolo teatrale “Sentiero color cenere” (che poi sarebbe il colore dei Rom di Serbia). Li è cominciata anche la collaborazione col gruppo musicale dei Rhapsodija Trio.
Lo spettacolo trattava i temi fondamentali della cultura rom: i bambini, il rapporto con dio e la morte, i cavalli, il viaggio, la criminalità (perché no?), la magia...
Una volta, abbiamo invitato Maurizio Pagani e Giorgio Bezzecchi dell'Opera Nomadi di Milano, e poi ci siamo persi di vista. Ci siamo reincontrati nuovamente alla registrazione di una trasmissione televisiva. Lì, ha preso vita l'idea di “Porrajmos, voci di uno sterminio dimenticato”.
Lo scopo è raccontare la verità, farsi sentire, perché ancora nessuno ne sa niente, o addirittura c'è chi nega che sia successo. Mio marito e io abbiamo voluto correre il rischio di raccontare.
Sono due storie: quella di Barbara Richter, una bambina rom della Repubblica Ceca portata ad Auschwitz. Maurizio Pagani aveva trovato questa storia su Lacio Drom e mi aveva proposto di leggerla per vedere se andava bene.
La storia di Barbara Richter, viaggia accanto a quella di Mile, un bambino rom yugoslavo, sepolto come molti in quell'epoca, in una fossa comune. Mile l'ho incontrato e tradotto in italiano da un racconto di Miroslav Antic, che in quel periodo viveva accanto alla Mahala.
La sfida era: come affrontare un testo così difficile e pesante? Cercando di restituire anche il sentire di un bambino rom ad Auschwitz: si fissavano su alcuni giochi per evadere con la fantasia. E' stata la strada per parlare della mia cultura, della poesia: Barbara che con un mucchio di fango costruisce un pupazzo, e il pupazzo diventerà uno zingaro, che sarà un grande musicista conosciuto in tutto il mondo. Il musicista immaginario che l'aiuterà nei momenti più brutti, un pupazzo di fango nella tasca della sua divisa e le racconterà di centauri e cavalli...
Ultima cosa: E' una lettura spettacolo, dove oltre che le due storie c'è anche la parte legata alla Storia, si percorre il momento storico, anno per anno, (un po' come un documentario). Le due recite sono accompagnate da diapositive e musiche dal vivo. E non dimenticate che Giorgio Bezzecchi leggerà le poesie in lingua romanès
Dura un'ora, all'origine molto di più, ma è stato necessario procedere a molti tagli, anche dolorosi.
L'idea era di arrivare dai campi di sterminio ai campi nomadi di oggi. Vedremo se ce l'abbiamo fatta. -
|
La II guerra mondiale ha toccato anche la tua famiglia?
|
Sai che tra di noi, soprattutto tra i più anziani, c'è ancora reticenza e vergogna a parlarne (vedi gennaio 2005 ndr.). Mio nonno non ha mai voluto farlo.
So che dove vivevano allora i miei, i tedeschi giravano la notte a fucilare i Rom. C'era un dottore di un paese vicino al mio. Ancora oggi ogni anno tutti i Rom gli portano i fiori sulla tomba, perché in periodo di guerra, proprio all'ingresso della Mahala, lui scrisse un cartello in tedesco: “ATTENZIONE, C'E' LA PESTE”, salvando la vita agli abitanti -
|
Sei anche mediatrice culturale.
|
E' capitato durante le prove di teatro. C'era l'opportunità di lavorare nella scuola.
Sto con i bambini in classe, anche se il ruolo non mi è ancora del tutto chiaro. Devo coinvolgere tutti, sia nello studio che nella ricreazione. Mi piacerebbe fare un laboratorio teatrale, ma è prematuro, incombono le esigenze primarie: studiare e la frequenza. -
|
Ti è mai capitato di trasmettere quel tuo sentimento di quando eri bambina: dimostrare sempre che eri più capace e più determinata?
|
Vedi, già allora me lo ero imposto, e non lo rinnego. Ma questa scelta mi ha comportato anche un prezzo alto da pagare, e oggi non mi sento di dare la stessa responsabilità ai bambini che si trovano in quella situazione.
La situazione in Italia è terribile per loro e c'è bisogno di investire, sui bambini e sull'istruzione. Una via bisogna trovarla: Rom, Italiani, chi può. -
|
Per finire, lo spettacolo sulla Porrajmos sarà presentato anche in altre città?
|
Questo, bisognerà chiederlo a Pagani. Io voglio “portarlo” al 24 gennaio come si deve. E non è facile, perché l'ho vissuta molto questa recita, come una parte di me, che va oltre il momento storico. -
|
Martedì 24 gennaio 2006 - ore 21.00
SALA DI VITTORIO – CAMERA DEL LAVORO di MILANO – corso di Porta Vittoria 43
PORRAJMOS lettura spettacolo voci da uno sterminio dimenticato Rom e Sinti nell'Europa della 2° guerra mondiale
Con Dijana Pavlovic' e Claudio V. Migliavacca
MUSICHE ESEGUITE DAL VIVO DA RAHPSODIJA TRIO Muarizio Deho', violino Luigi Maione, chitarra Giampietro Marrazza, fisarmonica
Con la partecipazione di Giorgio Bezzecchi, Naum Jovanovic e Daniela Di Rocco
Un progetto di MaurizioPagani
Elaborazione video Itsos “Albe Steiner” sezione cine tv: Simone Ferrari, Luca Lossani, Desiré Ieva
Luci e tecnica – Lele Cascione
Testi & Regia: Dijana Pavlovic' – Claudio V. Migliavacca
Il cuore rallenta la testa cammina in quel pozzo di piscio e cemento a quel campo strappato dal vento a forza di essere vento
porto il nome di tutti i battesimi ogni nome il sigillo di un lasciapassare per un guado una terra una nuvola un canto un diamante nascosto nel pane
per un solo dolcissimo umore del sangue per la stessa ragione del viaggio viaggiare Il cuore rallenta e la testa cammina in un buio di giostre in disuso
qualche rom si è fermato italiano come un rame a imbrunire su un muro saper leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura
nei sentieri costretti in un palmo di mano i segreti che fanno paura finchè un uomo ti incontra e non si riconosce e ogni terra si accende e si arrende la pace
i figli cadevano dal calendario Yugoslavia Polonia Ungheria i soldati prendevano tutti e tutti buttavano via
e poi Mirka a San Giorgio di maggio tra le fiamme dei fiori a ridere a bere e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi e dagli occhi cadere
ora alzatevi spose bambine che è venuto il tempo di andare con le vene celesti dei polsi anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare questo filo di pane tra miseria e sfortuna allo specchio di questa kampina ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca il punto di vista di Dio
Cvava sero po tute i kerava jek sano ot mori i taha jek jak kon kasta Poserò la testa sulla tua spalla e farò un sogno di mare e domani un fuoco di legna
vasu ti baro nebo avi ker kon ovla so mutavia kon ovla perché l'aria azzurra diventi casa chi sarà a raccontare chi sarà
ovla kon ascovi me gava palan ladi me gava palan bura ot croiuti sarà chi rimane io seguirò questo migrare seguirò questa corrente di ali
Roma, un successo la libreria multietnica per i bambini stranieri (e non solo) di Tecla Biancolatte ROMA - I bambini del quartiere hanno saccheggiato lo scaffale delle fiabe in tutte le lingue del mondo, così la libreria romana “Esquilibri e caffè”, aperta sabato 17 dicembre in via Giolitti, sta già ordinando altra merce. Le otto proprietarie guardano con soddisfazione le poche copie rimaste dei manuali di cucina etnica e soprattutto sono sorprese di come il loro negozio sia diventato un punto di ritrovo per i residenti di diverse nazionalità dell’Esquilino e non solo.
(continua...)
leggevo settimana scorsa su ilPassaporto.it
Un centro che ha avuto una storia travagliataCon quest'anno il Centro Documentazione dell'Opera Nomadi di Milano sarà aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 14. Il centro è in Via De Pretis 13, al Quartiere Barona, un po' fuori mano. Conviene telefonare prima di passare: Maurizio Pagani 339-36.84.212 Inoltre, il giovedì sera sarà attivo uno sportello legale. Anche in questo caso, consiglio di telefonare in anticipo. Qui trovate l'elenco (formato excel) dei libri, riviste, materiale audio e video e dvd disponibili (elenco aggiornato al 25 novembre 2005).
proposto da kako Kalderosh:Sulla metropolitana, i Rom ormai non suonano più i vecchi motivi strappalacrime, ma mischiano motivi italiani e sudamericani. Nei cantieri in provincia, trovi i Rumeni, i Bulgari, i Macedoni, che si mescolano con padroncini e magütt della bergamasca e del bresciano. A fine anno, al campo di via Idro: festa ruspante e scatenata ( le adesioni sono ancora aperte). Almeno una ventina, son nati tra Treviglio e Vaprio d'Adda. Forse è il caso di aggiungere al DJset anche il turbofolk del Bepi...
|