Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Gli studenti rom offrono un barlume di speranzaBy Barnaby
Phillips, Europe correspondent
Un paio di mesi fa, sono stato a Napoli [...] per riportare dell'ostilità
contro il popolo Rom.
I napoletani incolpavano i Rom per l'ondata di criminalità, ed avevano
bruciato uno dei loro campi.
Il fatto venne postato su You Tube da Al Jazeera (qui sotto, in inglese
ndr).
Ecco un esempio di alcuni dei commenti nelle risposte; "gli zingari sono solo
parassiti", "gli zingari non possono adattarsi ad un moderno stile di vita e non
saranno mai i benvenuti", "solo uno zingaro morto è un buono zingaro", e così
via.
Molti commenti non sono riportabili, ma questo è il senso.
Ora, è vero che l'anonimato su internet ha la tendenza deprimente ad
incoraggiare le persone nel pubblicare punti di vista offensivi.
Ma, come corrispondente di Al Jazeera dall'Europa, sono rimasto sorpreso
dall'esteso e radicato pregiudizio contro i Rom.
In Grecia e altrove, spesso devo riflettere sulle osservazioni di persone che
altrimenti avrebbero una mente aperta.
Sembra a volte che la forma di razzismo che è ancora socialmente accettabile
è quella contro i Rom.
Incidente scioccante
Settimana scorsa ero in Kosovo, dove i Rom sono in una difficile situazione.
Circa 150.000 Rom (a rischio di offendere, sto usando il termine "Rom" come
scorciatoia per tre comunità differenti: i Rom, gli Askali e gli Egizi) vivevano
in Kosovo agli inizi degli anni '90.
Oggi la popolazione è di circa 40.000.
L'esodo dei Rom dal Kosovo alla fine della guerra del 1999 non ha ricevuto la
stessa attenzione di quello dei Serbi, ma è stato altrettanto drammatico.
In molte parte del Kosovo, la rientrante popolazione albanese ha accusato i
Rom di collaborazionismo con i Serbi, e li hanno cacciati per rappresaglia.
In quello che forse è l'incidente che ha scosso maggiormente, gli Albanesi
hanno distrutto un intero quartiere Rom, che ospitava circa 8.000 persone, sotto
lo sguardo delle truppe internazionali.
Ma quello che è successo dopo è veramente scandaloso.
Danni al cervello
In nove anni, solo una manciata di quei Rom sono tornati alle loro case a
Mitrovica sud.
L'ONU, che ha speso milioni per la ricostruzione in Kosovo, sino al 2006 non
aveva ricostruito nessuna casa dei Rom.
Centinaia di Rom hanno passato anni in squallidi campi per rifugiati,
contaminati da alti livelli di inquinamento da piombo (vedi
ndr).
Gli attivisti incolpano molte morti all'avvelenamento da piombo, e ritengono
che dozzine di bambini hanno sofferto danni irreversibili al cervello.
La storia dei campi Rom è lunga e complicata, con molti interessi
contrastanti, ma una conclusione è inevitabile: nel Kosovo di oggi,è impossibile
per qualsiasi altro gruppo etnico venire trattato con tale indifferenza.
I figli se ne sono andati
Ramadan Gidzic è un Rom amichevole, di circa 50 anni. Vive nel villaggio di
Preoce, in un'enclave serba vicino a Pristina.
E' disoccupato dal 1999, quando molti Rom scapparono da Pristina, e ha perso
il suo lavoro in una libreria.
Due figli, vedendo che non c'era una vita possibile, sono andati in Germania,
portando con loro i figli. E' una storia tipica a Preoce.
Quindici delle 50 famiglie rom sono andate via, ed altre si stanno preparando
a farlo.
In privato, molti ammettono di pagare i contrabbandieri per aiutarli a
raggiungere illegalmente la Germania.
Ramadan ha perso i nipoti e si chiede se qualche Rom rimarrà a Preoce.
Dice: "Chiunque abbia parenti all'estero, prima o poi se ne andrà, qui non
c'è niente da fare, possiamo solo stare qui e morire di fame".
Alcuni attivisti dei diritti umani ritengono che la popolazione Rom nel
Kosovo del dopoguerra stia progressivamente declinando, fino al punto che in
cinque anni non ci sarà più nessuno.
Altri dicono che le statistiche sulla popolazione non sono credibili, e che è
impossibile trarre alcuna conclusione.
Di sicuro non è vero che ai Rom in Kosovo sia data la speranza di costruirsi
lì un futuro.
Ruolo modello
La sfida forse più grande è l'istruzione. In Kosovo la frequenza scolastica
dei bambini rom è notoriamente scarsa.
Secondo uno studio del 2006, soltanto l'1,4% termina la scuola secondaria.
Così è stata una piacevole sorpresa incontrare Tefik Agushi, che ha 22 anni.
Tefik è l'unico studente rom all'American University del Kosovo, ed è un modello
per la sua comunità.
Dice che i bambini rom sono svantaggiati a scuola per l'assenza di qualsiasi
istruzione nella loro lingua nativa.
Ma dice anche che con l'impegno, i giovani Rom possono ottenere quel che
vogliono.
"Non possiamo limitarci a sederci in fondo e aspettare che altri ci aiutino",
dice Tefik, un giovane determinato a non permettere che il pregiudizio sia sulla
sua strada.
Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 09:59:43, in Italia, visitato 2782 volte)
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA 10 ottobre 2008 FIRENZE, VIGILI URBANI ALLE 3
DEL MATTINO TOLGONO COPERTE AI ROM DELLA STAZIONE E LE MANDANO AL MACERO:
"DORMITE SUI CARTONI!"
SDEGNO DEL GRUPPO EVERYONE E DELL'ASSOCIAZIONE L'AURORA ONLUS, CHE CHIEDONO UN
INCONTRO URGENTE CON IL SINDACO DOMENICI E FANNO APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA
FIORENTINA PER AFFRONTARE IL FREDDO
Nei giorni scorsi l'associazione di volontariato L'Aurora ONLUS di
Firenze ha rifornito di cinquanta coperte, provenienti da diverse donazioni,
i 50 rom romeni che, da ormai molti mesi, passano le notti al freddo, avvolti
da soli cartoni, nei pressi di piazza Adua, di fronte alla stazione
ferroviaria di Santa Maria Novella. Le famiglie rom non hanno mai
ricevuto assistenza socio-sanitaria da parte del Comune di Firenze e non hanno
alcuna alternativa alloggiativa, soprattutto un posto caldo dove stare,
visto che l'ingresso nei centri d'accoglienza per l'emergenza freddo
convenzionati con il Comune di Firenze non consentono l'accesso per la notte a
persone di età inferiore ai 48 anni.
Alcune pattuglie dei Vigili Urbani di Firenze, martedì 7 ottobre, intorno
alle 3 del mattino, si sono recate, assieme ad alcuni mezzi della
Quadrifoglio, l'azienda di smaltimento dei rifiuti urbani del capoluogo
fiorentino, in piazza Adua, dove sono improvvisati i giacigli delle decine di
nomadi. Svegliate di soprassalto le persone, i Vigili hanno intimato loro di
consegnare tutte le coperte e a chi ha obiettato che faceva troppo freddo, i
Vigili fiorentini hanno risposto "Dormite sui cartoni!". Tutte le 50 coperte
sono state dunque sequestrate e gettate, davanti ai loro occhi, in un camion
della Quadrifoglio che procedeva subito a macerarle.
"Ciò che è accaduto è inammissibile" - commentano Stefania Micol,
presidente dell'associazione L''Aurora, e Matteo Pegoraro, co-presidente
con Roberto Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne - "e
dimostra come anche la città di Firenze segua istituzionalmente la corrente
razzista e xenofoba che sta investendo l'Italia, abbandonando la via della
tolleranza e del rispetto dei diritti umani per imbracciare quella della caccia
allo straniero e della criminalizzazione della povertà". "E' uno scandalo
civile - proseguono gli attivisti "- che in una città come Firenze non
solo non si attui alcun programma per l''accoglienza di queste persone,
lasciandole girovagare per il centro senza alcun mezzo di sussistenza né alcuna
proposta di inserimento sociale, ma che soprattutto vengano tolti loro con
brutalità i pochi mezzi per sopravvivere al freddo di questi giorni e alla
condizione a dir poco precaria in cui essi si trovano".
"Abbiamo già denunciato l''accaduto all'eurodeputata ungherese di origine
rom Viktoria Mohacsì - spiegano poi i leader del Gruppo EveryOne
Malini, Pegoraro e Picciau "- che ha trasmesso la relazione dei fatti
all'attenzione del Parlamento Europeo e della Commissione UE. Firenze
diviene, con quest''episodio, il triste emblema dell'odio razziale, assieme a
Pesaro, la città delle Marche che proprio in questi giorni ha annunciato il
prossimo sgombero da un edificio fatiscente, senza alternative umanitarie, di
una comunità Rom romena formata da famiglie in gravissimo stato di indigenza,
con bambini piccoli e numerosi casi sanitari gravi: tumori maligni, cardiopatie,
handicap. Pesaro e Firenze sono sotto osservazione da parte delle Istituzioni
europee: sono città moderne contagiate dal male del razzismo, che è alla base di
persecuzione mista all''indifferenza da parte delle autorità e istituzioni
locali. Se non si compie un passo indietro e si riscoprono i valori
dell'accoglienza e della solidarietà, si arriverà all''annientamento crudele di
esseri umani innocenti cui non è offerta alcuna speranza di integrazione e,
contemporaneamente, al trionfo dell'intolleranza".
L'associazione L'Aurora e il Gruppo EveryOne intanto chiedono a gran voce
un incontro urgente con il sindaco di Firenze Leonardo Domenici per arrivare
a trovare una soluzione tempestiva per queste persone, che con il passare dei
giorni rischiano di contrarre gravi malattie e infezioni per le condizioni
igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere, nonché per le basse
temperature, contro le quali non hanno modo alcuno di proteggersi. Le due
associazioni fanno inoltre appello a tutta la cittadinanza fiorentina,
affinché, presso la sede de L''Aurora in via dei Macci, 11 si manifesti
nel concreto solidarietà verso famiglie disagiate e perseguitate, portando
semplicemente una coperta, che divenga simbolo di fratellanza e rappresenti una
risposta civile all'indifferenza del Comune e al trattamento inumano della
Polizia Municipale e delle autorità di forza pubblica di Firenze.
E’ appena uscito da Feltrinelli questo volume collettivo, cinquanta voci per
riflettere sulla scomparsa di un’opposizione culturale all’egemonia del
centrodestra. Ve lo consiglio, ci sono diversi stimoli utili. Nel frattempo vi
anticipo il mio contributo, dedicato ai Rom: lo spauracchio che ci ha fatto
alzare bandiera bianca sul terreno della sicurezza.
La sinistra deve stare con il popolo, ma se il popolo odia gli zingari?
Non c’è dilemma più nitido. Di fronte a quel bivio numerosi amministratori
della sinistra lombarda (non a caso di matrice comunista amendoliana), dalla
sindaco di Pavia a quello di Sesto San Giovanni, hanno imboccato la via
“popolare”. Guidati dal motto politicamente scorretto, e dunque di sicura presa,
coniato dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: “Non dobbiamo
ripartire i campi rom. Bisogna farli semplicemente ripartire”. Versione italiana
del già arcinoto manifesto leghista su cui nessuno aveva mai avuto niente da
ridire: “Campi rom, foera de ball”. Il popolo, si sa, è ruvido. Quando le
popolane di Ponticelli presero a sputi in faccia e male parole le zingare, dopo
che certi loro scugnizzi malavitosi dotati di motorino avevano incendiato
l’accampamento con le molotov, già la locale sezione del Partito democratico
aveva provveduto ad affiggere sui muri di quella periferia napoletana, sotto il
simbolo tricolore, quel solito slogan: “Via il campo rom”. E che nessuno parli
di pogrom, per favore, la gente non capirebbe. Si trattò di “eccessi”,
strumentalizzazione camorristica di un legittimo risentimento popolare, favoriti
dall’inadempienza delle forze dell’ordine.
C’è poi una sinistra che di fronte a quel bivio imbocca la direzione opposta,
adottando gli zingari per elevarli a nuovi protagonisti dell’antagonismo
metropolitano, surrogati di un proletariato ormai cooptato nel blocco di potere.
Sono loro, gli zingari, l’ultimo vero popolo rivoluzionario. Il nomadismo
andrebbe riconosciuto come insopprimibile vocazione, fascinosa alterità. Poco
importa che la maggioranza dei “nomadi” aspiri a una residenza normale, e
comunque se non sgomberati rimangano per decenni nello stesso luogo derelitto.
Le elevate percentuali di devianza criminale si giustificherebbero con la loro
tradizione comunitaria, impermeabile ai dogmi della proprietà privata. Le spose
bambine, le maternità precoci, l’ignoranza contraccettiva sarebbero il naturale
contrappunto di una società mercificata e sterile. La retorica ultraminoritaria
dello “zingaro è bello” fa presa crescente nella sinistra comunista e nei centri
sociali che non si limitano a protestare contro le discriminazioni e le
malversazioni inflitte agli zingari. Ma giungono a contrapporsi polemicamente al
volontariato sociale operante nelle baraccopoli. La paziente opera di
educazione, avviamento al lavoro, regolarizzazione degli habitat (pagamento
delle bollette, freno al viavai dei residenti, espulsione dei violenti), viene
denunciata come snaturamento identitario: dovremmo “accettarli così come sono”,
l’integrazione viene respinta come sottomissione.
Questa sinistra affascinata dalla cultura rom, differenza da tutelare contro
la minaccia di omologazione, non riscuote certo consensi popolari quando si
oppone alle politiche di sicurezza della destra. Ma è interessante notare la
rivincita simbolica incamerata dall’intellighenzia sensibile alla questione
zingara: nel circuito musicale, teatrale, cinematografico, letterario e perfino
sulle passerelle degli stilisti la suggestione gitana si traduce in opere di
successo. Come dire: gli zingari intrigano, perfino affascinano, ma a patto che
restino virtuali, alla larga da casa mia.
Entrambe le visioni sopra descritte scaturiscono da una sopravvalutazione
parossistica del ruolo attribuito agli zingari (non c’è altro termine generico
che accomuni le popolazioni rom, sinti e camminanti) nella realtà italiana.
Stiamo parlando, certo, della più grande minoranza d’Europa, tra i 7 e i 9
milioni di cittadini dell’Unione. Ma nel nostro paese, neppure dopo l’apertura
delle frontiere agli immigrati dalla Romania si è raggiunta quota 200 mila: una
percentuale talmente esigua rispetto alle dimensioni della penisola -tanto più
se si considera che circa 60 mila sono italiani da secoli, più della metà hanno
meno di 14 anni, e tra gli stranieri prevalgono gli zingari fuggiti quasi
vent’anni fa dalle guerre balcaniche (tuttora condannati dalla burocrazia a
restare privi di documenti)- da smentire che possano davvero rappresentare
un’emergenza.
La sovrarappresentazione italiana del pericolo rom è un fenomeno unico in
Europa. Vi sono certo nazioni, come la Romania e la Slovacchia, in cui gli
zingari subiscono un’ostilità politica e sociale, ma nell’ambito di
contrapposizioni etniche alimentate da bel altra presenza numerica. Minimizzare
la questione zingara risulta, ciò nonostante, impossibile. Quando si è trovata a
dover gestire il turbamento dell’opinione pubblica per reati odiosi che
sollecitavano allarme sociale –come l’allora sindaco Veltroni a Roma, nel caso
del delitto Reggiani, novembre 2007- anche la sinistra ha fatto ricorso
all’espediente degli sgomberi spettacolari. Fingendo d’ignorare che i baraccati
possono venir costretti a vagabondare altrove in cerca di ricovero notturno, ma
non scompaiono da un giorno all’altro. Quando erano decine di migliaia ad
accamparsi nelle baraccopoli dell’hinterland romano, nei primi anni Sessanta,
narrati magistralmente da Pier Paolo Pasolini, nessuna forza politica popolare
avrebbe considerato redditizio assumerli come bersaglio. Erano molti di più,
rispetto ai derelitti delle bidonvilles di oggi, ma non erano né stranieri né
zingari. Comunità di minoranza che neppure possono godere della protezione di
uno Stato alle spalle, come accade per esempio ai cinesi e agli ebrei. Bersagli
ideali del malcontento popolare. Tanto più che la persistenza degli stereotipi
diffusi da sette secoli sugli zingari –propensione al furto, popolo misterico e
in integrabile, dedito al ratto dei bambini e alla violenza sulle donne- non è
stata scalfita neppure dallo sterminio nazista di un numero di zingari compreso
fra i 219 mila e il mezzo milione, tra il 1942 e il 1945, nei medesimi lager in
cui venivano deportati gli ebrei. Per decenni si è preferito rimuovere il
genocidio degli zingari, censurando la memoria dei sopravvissuti e talvolta
addirittura giustificando la persecuzione (sentenza della Corte suprema tedesca
nel 1956) in quanto “campagna preventiva contro i crimini”. Nessuno ha eretto un
tabù per contrastare gli stereotipi antigitani.
Le stesse persone che mai tollererebbero battute ostili nei confronti degli
ebrei o dei neri, spesso ammettono una deroga culturale riguardo agli zingari.
Non è considerato infame desiderarne l’eliminazione perché nei loro confronti
persiste l’identificazione fra un popolo e una colpa. Difendi gli zingari? Vuol
dire che sei un difensore dei delinquenti. E’ un’accusa che viene rivolta in
perfetta buona fede: ma come, non ti rendi conto che “quelli” sono davvero
diversi da noi, sono il male?
Per alcuni mesi tra il 2007 e il 2008 la leadership veltroniana del Partito
democratico si è illusa di poter cavalcare anche le pulsioni irrazionali del
paese, rifugiandosi dietro a una formula anodina: “La sicurezza non è né di
destra né di sinistra”. Ma proprio la sovrarapresentazione del pericolo rom si è
incaricata di confutare per prima tale scioglilingua: quando accetti di
trasformare in emergenza nazionale, finalizzata alla repressione o
all’espulsione di un popolo, le manchevolezze della politica nell’opera di
integrazione-repressione, hai già consegnato alla destra lo scettro del comando.
Prima di rassegnarsi a questa banale constatazione, nella sinistra più
subalterna culturalmente al leghismo abbiamo dovuto assistere a ulteriori
elucubrazioni verbali. Come il Documento sulla Sicurezza diramato dal Pd
lombardo nel giugno 2008 che auspicava la formazione di reparti di vigilanti
volontari da affiancare alle forze di polizia, sorta di “ronde democratiche” da
contrapporre alle ronde padane. Con lapsus involontario ma significativo, lo
stesso documento conteneva la richiesta di un tetto percentuale per limitare
l’eccessiva concentrazione di bambini stranieri nelle classi della scuola
primaria: proposta di per sé non scandalosa, se i demagoghi della sinistra
filoleghista non l’avessero proposta come questione di ordine pubblico.
Proprio così, quando la paura gioca brutti scherzi la gente comincia a temere
anche i bambini. Il caso rom è di nuovo esemplare. Se il ministro Maroni ha
voluto con insistenza sottolineare la necessità di raccogliere le impronte
digitali dei minori rom, è perché sa benissimo di riscuotere i consensi di una
massa che in quelle manine scorge prima di tutto la destrezza dei borseggiatori
impuniti. Niente di meglio, è il passo successivo, che presentarsi con cinismo
beffardo come unici veri protettori di quei bambini indifesi. Favorendo il loro
avviamento scolastico? Sostenendo le amministrazioni che gli schiudono
l’ospitalità nelle case popolari? No, identificandoli. E promettendo loro
salvezza attraverso la sottrazione ai genitori naturali. Promettendo di
incrementare le revoche della patria potestà, come se tale provvedimento estremo
e delicatissimo dovesse simboleggiare la liberazione dei bambini zingari –non
dall’emarginazione e dalla povertà- ma dalla loro etnia maledetta.
A discarico degli amministratori di sinistra che hanno cavalcato l’ostilità
anti-rom, va riconosciuto che è difficile, soprattutto per dei politici,
mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della
delinquenza, dei violentatori, dei ladri di bambini (sia ben chiaro: negli
ultimi vent’anni non risulta un solo caso di minore rapito da zingari in
Italia). I mass media registrano passivamente la commedia di un popolo
esasperato, l’ira dei giusti che talvolta anticipa le forze dell’ordine nel
necessario repulisti. Nei talk show televisivi da anni i leaders degli opposti
schieramenti considerano improponibile adoperare la parola “integrazione” e
hanno fatto semmai a gara nel promettere espulsioni, dimenticando quanto sia
vasta la categoria dei drop-out non estradabili. Perfino i vescovi e i parroci
troppo caritatevoli vengono accusati di tradimento, rifacendosi a dottrine
medievali secondo cui la compassione e l’assistenza sono lecite solo nei
confronti dei poveri appartenenti alla tua comunità: dunque i vagabondi devono
essere rinchiusi, cacciati o uccisi. Così gli episodi di violenza contro la
presenza degli zingari nelle periferie urbane si moltiplicano senza neppure
bisogno dell’incitamento dei titoloni di prima pagina di giornali degni eredi,
settant’anni dopo, de “La difesa della razza”. Si va dal solito demagogico
“Obiettivo: zero campi rom”, fino al ridicolo “I rom sono la nuova mafia”, per
sfociare nel bieco stereotipo “Quei rom ladri di bambini”. Sarebbe assai
benefico ricordare qui il precetto biblico dell’immedesimazione (“In ogni
generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito
dall’Egitto”) e perciò ogni volta sostituire con la parola “ebrei” o “italiani”
la parola “rom”. Ma è un esercizio liquidato come poco redditizio da un gruppo
dirigente della sinistra che ha sottovalutato le conseguenze della sconfitta
subita sul terreno dei valori di civiltà, senza neanche provarsi a difenderli.
C’è infatti un’accusa particolarmente insidiosa da cui la sinistra sente il
bisogno di difendersi, col rischio di accentuare la sua subalternità culturale
alla destra.
Difendere gli zingari; denunciare il chiaro scopo intimidatorio e
discriminatorio del censimento nei cosiddetti campi nomadi e delle impronte
digitali da rilevare solo a loro; ricordare che i Commissari prefettizi nominati
a Roma, Milano, Napoli per l’emergenza nomadi sono i primi dal 1938 incaricati
di una sovrintendenza etnica: tutto ciò avrebbe il difetto di separare
ulteriormente la sinistra dal popolo. Rivelando un’ostilità elitaria tipica
della casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie.
L’adulazione del popolo, il germe del populismo, penetrano così anche un ceto
politico amministrativo della sinistra che mal sopporta la convivenza con le sue
stesse tradizioni culturali. Chi si oppone è fuori dal popolo. Ti senti buono,
superiore? Allora ospitali nel tuo attico, e non venirci a dire che dobbiamo
investire risorse pubbliche per mantenere e ospitare questi corpi estranei alla
società perbene. I veri poveri sono i nostri italiani, gli zingari sono dei
privilegiati. Non a caso impazzano leggende metropolitane secondi cui
riceverebbero sussidi quotidiani dagli enti locali, e il volontariato cattolico
li alloggerebbe a scapito dei concittadini senzatetto.
Rinunciando a una battaglia culturale su un terreno considerato troppo
sfavorevole e impopolare come la questione zingara, la sinistra ha sacrificato
un tratto distintivo della sua idealità. Ma l’approccio corrivo a una destra che
ricorre impunemente a termini come “derattizzazione”, allude all’eliminazione
fisica dei rom, li stigmatizza con stereotipi identici a quelli antisemiti, non
è solo mortificante: alla lunga si rivela anche nocivo politicamente. E’ vero
che ci sono sindaci di sinistra che hanno perso le elezioni, in apparenza, solo
per il fatto di aver consentito la sistemazione provvisoria sul territorio
comunale di poche decine di zingari, metà dei quali bambini. E perfino un
nordista come Cacciari, che strizza maliziosamente l’occhio alla Lega, viene
ripagato con la furia di chi si oppone alla sistemazione di un campo per zingari
italiani residenti a Venezia da decenni.
Ma alla dimensione irrazionale della politica di destra può contrapporsi
efficacemente solo la passione civile e religiosa, la memoria storica, la
denuncia del sopruso perpetrato nei confronti di un popolo, il coraggio di
propugnare un’opera d’integrazione. Nel 1938 coloro che si opposero alla
legislazione razziale promulgata dal regime fascista furono accusati di
“pietismo” e con questa motivazione un migliaio di loro furono espulsi dal Pnf.
Perché mai dovremmo sentirci disonorati dall’accusa di “buonismo”, settant’anni
dopo?
Budapest, Bucarest , 6 ottobre 2008: Oggi, il Centro Diritti Rom Europei (ERRC) ha inviato una lettera alle autorità rumene, per portare all'attenzione lo sciopero della fame dell'attivista per i diritti umani Istvan Haller e per chiedere al governo di prendere misure per controllare e salvaguardare la salute di Haller.
Il 2 ottobre 2008, Haller ha iniziato uno sciopero della fame per la persistente mancanza del Governo rumeno di affrontare le serie violazioni dei diritti causate da tre pogrom anti-Rom dei primi anni '90: Hadareni (vedi ndr), Plaiesi de Jos e Casinul Nou, Romania. In seguito alla decisione del Tribunale Europeo sui Diritti Umani, il Governo rumeno si era impegnato ad intraprendere progetti di sviluppo che includevano la messa in opera di infrastrutture, come pure misure di carattere anti-discriminatorio ed educative. Tuttavia, ad oggi il Governo ha mancato di compiere i suoi obblighi legali.
L'ERRC nella sua lettera spedita al Presidente Traian Basescu, al Ministro degli Affari Esteri Lazãr Comãnescu ed a Gruia Bumbu, Capo dell'Agenzia Nazionale per i Rom, chiede lo sviluppo dei programmi comunitari Romanì ed annuncia la sua intenzione di compilare un rapporto assieme al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa in vista del prossimo Incontro sui Diritti Umani del 2-4 dicembre 2008.
Il testo completo della lettera dell'ERRC è disponibile su Internet: ERRC Letter Hadareni-Haller(in pdf ndr).
The European Roma Rights Centre is an international public interest law organisation which monitors the human rights situation of Roma and provides legal defence in cases of human rights abuse. For more information about the European Roma Rights Centre, visit the ERRC on the web at http://www.errc. org
To support the ERRC, please visit this link: http://www.errc.org/cikk.php?cikk=2735 European Roma Rights Centre 1386 Budapest 62 P.O. Box 906/93 Hungary Tel: +36.1.413.2200 Fax: +36.1.413.2201
Di Sucar Drom (del 10/10/2008 @ 21:06:02, in Regole, visitato 2158 volte)
Questa mattina si è svolta la quarta udienza del processo per direttissima
contro Sonia Campos (rilasciata il 23 settembre scorso), il marito Angelo Campos
e Denis Rossetto (detenuti in attesa di giudizio). Il processo è iniziato sabato
6 settembre e si è concluso oggi, 10 ottobre, con un patteggiamento. La condanna
è per resistenza a pubblico ufficiale, la seconda accusa di tentato furto di una
pistola è caduta alla terza udienza.
Nessuno dei tre condannati tornerà in carcere e i famigliari di Sonia e
Angelo Campos e Denis Rossetto hanno preventivamente rimesso le denuncie contro
alcuni Carabinieri della caserma di Bussolengo, presentate nel pomeriggio di
sabato 6 settembre. Le denunce erano state presentate da
Giorgio Campos,
Michele Campos,
Paolo Campos,
Cristian Hudorovich e
Anna Gerogeowistch.
Nessun commento ad oggi delle famiglie Campos e Rossetto. Un commento lo
possiamo fare noi di
sucardrom innanzitutto per farvi capire il clima in Tribunale a Verona.
Nelle udienze precedenti tutti erano chiusi e rabbuiati, un clima pesante
aleggiava nell’aula. Oggi al contrario erano tutti felici contenti, a partire
dal giudice, passando per i pubblici ministero e gli avvocati, fino ad arrivare
ai Rom. Baci abbracci e il Giudice che fa la ramanzina paternalistica ad Angelo
Campos e Denis Rossetto e li libera con un buffetto sulla guancia. Insomma tutto
bene quello che finisce bene…
Purtroppo non è così. Le famiglie rom hanno la conferma che non serve a
niente denunciare i soprusi subiti, perché tanto non potranno mai far valere i
loro diritti. Immaginiamo già cosa ci diranno da domani: “avete visto… dove
vivete? sulla luna? per rivendicare i “vostri” diritti siamo finiti in
carcere…”.
Nelle comunità sinte e rom il messaggio sarà chiaro: lo Stato è un nostro
nemico! E questo non è bene perché avremo una sempre più ermetica chiusura e
conseguenti scontri sempre più duri che saranno un disastro per tutti.
L’associazione Sucar Drom
non si ferma. In questi giorni stiamo contattando diversi avvocati per capire la
possibilità di intentare una causa presso i tribunali internazionali, viste la
difficoltà incontrate in Italia.
I Muzikanti
Marta Pistocchi violino
Jovica Jovic fisarmonica
sabato 11 ottobre dalle 20.30
alla Trattoria 1902 via Coti Zelati 82 Palazzolo Milanese (MI) Festa tzigana accompagnata da cena in prima serata. Dalle 22.00 inaugurazione
del privè della trattoria 1902 con musiche e balli.
Menù tzigano 30 €, bevande della casa incluse. E' gradita la prenotazione.
Per raggiungerci arrivando da via Coti Zelati, oltrepassare la rete dei
lavori in corso e parcheggiare all'interno della corte; da Senago superare il
passaggio a livello e parcheggiare sulla strada di destra o sinistra. ACCESSO
CONSENTITO SOLO AI CLIENTI DEL 1902
Sono una Sinti Francese che controlla ogni giorno "Google alerts, rom/rrom/tsiganes/gypsies/gitans,
etc," per conoscere cosa succede nelle nostre comunità. Vi giro un ritaglio
della stampa che è un terribile esempio di razzismo e forte pregiudizio contro
il nostro popolo.
Una francese di sessant'anni è andata alla polizia per denunciare un
tentativo di violenza sessuale nella strada della sua città.
Ha urlato, l'uomo è scappato, non le è stata usata violenza, ma il giornale
ha scritto "non c'erano testimoni, la polizia non ha una descrizione
dell'aggressore, ma dovrebbe essere uno Zingaro..."
Grazie! Quando c'è un tentato crimine, il colpevole dovrebbe essere uno
Zingaro...
Non
mi stupisce che la notizia di un finto rapimento fosse in prima pagina e la
sentenza di assoluzione sia ignorata. Però mi inquieta. Senza complottismo,
mi sembra che ci sia comunque un'opera sistematica di costruzione del mostro.
In quei giorni di maggio - e oggi non è cambiato molto - il mostro erano gli
zingari. Gli zingari ladri di bambini. La stampa aveva preso al volo la notizia
del tentativo di rapimento nel parcheggio di un supermercato e ne aveva fatto un
bocconcino succulento da dare in pasto alle migliori intenzioni di razzismo.
Adesso che un giudice ha assolto i due giovani rom dalle accuse, ritagliamoci
almeno qualche minuto per registrare la notizia. Se poi ci fa comodo far
sopravvivere il mostro, non so che farvi...
(grazie a
Luca)
IMMIGRAZIONE: ROMENI IN ITALIA,TRA PAURA E INTEGRAZIONE/ANSA
UN MILIONE, E HANNO OPINIONE POSITIVA,NON RICAMBIATA,SU ITALIANI (ANSA) -
ROMA, 4 OTT - Gli italiani hanno sviluppato un'opinione negativa nei confronti
degli immigrati romeni, anche per il modo in cui alcuni fatti di cronaca sono
stati trattati dai mezzi di comunicazione. Ma nella realta' dei fatti, la
presenza dei romeni in Italia e' un buon esempio di integrazione. E' quanto
emerge dalle ricerche svolte dal governo romeno nell'ultimo anno, che vengono
ora presentate nell'ambito della campagna 'Romania, piacere di conoscerti',
lanciata a settembre. Lo studio evidenzia tre punti fondamentali: la diminuzione
della tolleranza degli italiani deriva soprattutto dai comportamenti illegali da
parte di stranieri; la percezione negativa dei romeni da parte degli italiani e'
in gran parte dovuta alle notizie riportate dai media; dove c'e' un'interazione
tra gli italiani e i romeni la percezione e' molto migliore. UNA PRESENZA
SUPERIORE AL MILIONE. I romeni in Italia sono 1.016.000 (su 3.690.000 stranieri
totali sul nostro territorio). Il loro contributo al prodotto interno lordo e'
2,26 miliardi di euro, l'1,2% del Pil totale. Il 75% ha un lavoro fisso, e lo
stipendio medio e' di 1.030 euro al mese. Il 70% degli immigrati romeni invia
denaro in Romania. L'inserimento lavorativo e' per un terzo nell'industria
(soprattutto edilizia), per la meta' nel terziario (alberghi e ristoranti,
informatica e servizi alle imprese) e per il 6,6% in agricoltura. Piu' di una
donna su 4 lavora nell'assistenza alle famiglie o come infermiera.
COSA PENSANO I ROMENI DELLA LORO SITUAZIONE. L'indagine tra i romeni che
vivono in Italia delinea un quadro di integrazione soddisfacente: il 67% ha una
buona opinione del proprio datore di lavoro italiano, il 92% ha un'opinione
positiva dei vicini di casa italiani, e il 94% ha una buona padronanza della
lingua. Ma un problema di percezione di questo popolo da parte degli italiani
esiste, e i romeni ne sono ben consapevoli: quasi tutti (92%) sono informati sui
fatti di cronaca presentati dai media, e molti (63%) ritengono che la stampa, i
giornali, la radio e i politici presentino questi fatti in modo non sempre
corretto. Il 72% pensa che la propria immagine sia peggiorata in seguito
all'eccessivo rilievo dato a questi fatti.
COSA PENSANO GLI ITALIANI DEI ROMENI. Gli italiani manifestano un'opinione in
gran parte negativa sugli immigrati: il 57% ha una pessima opinione di loro, il
34 % ha un'opinione buona o molto buona. La prima preoccupazione dei cittadini
e' l'illegalita' generata dagli immigrati. Particolarmente duro il giudizio sui
rom: per il 61% degli intervistati, non dovrebbero stare in Italia. Ma secondo
quanto emerge dall'indagine, gli italiani che hanno parlato almeno una volta con
un immigrato romeno hanno di questo popolo un'opinione migliore rispetto a chi
basa il proprio giudizio solo su quanto riportato dai media. Solo un italiano su
10 conosce un immigrato romeno sul posto di lavoro, a scuola o all'universita',
ma tra questi e' amplissima (81%) la maggioranza che dichiara di avere un buon
rapporto con loro.
Dal campo nomadi di vicolo Savini ad attrice di successo. Una giovane rom
sarà protagonista di un film e cooprotagonista di una fiction televisiva che
andrà in onda su Rai Uno a marzo (dal titolo "Butta la luna 2") e prima attrice,
nel film "Il prossimo tuo", che verrà presentato al festival del cinema di
Roma.
È la coronazione di un sogno che aveva sin da bambina di una ragazza rom di
etnia bosniaca, sedicenne, di nome Romana Hadzovic Merlin Romina, quarta di otto
figli di una delle famiglie rom più numerose, in città da oltre trent'anni.
«Tutti dovrebbero conoscere in disagio e il degrado in cui si vive in un campo
nomadi, a volte lì dentro si fanno scelte sbagliate imposte dalla situazione che
si vive. Non sarei mai arrivata - racconta commossa Romina - a raggiungere
questo traguardo, se i miei genitori non mi avessero mandato a scuola con i miei
fratelli e se non avessero rifiutato, dopo lo sgombero di vicolo Savini, di
farci vivere dentro un altro campo nomadi».
Soddisfazione anche dal regista della fiction, Vittorio Sindoni, che ha visto
recitare Romina con l’ex saltatrice di colore Fiona May e con Nino Frassica in
una serie televisiva dove si mescolano problemi legati a difficili convivenze
legati a diverse culture con una capacità di integrarsi anche in situazioni non
semplici come quelle che nascono con l’amore. (Emilio Orlando)
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