Rom e Sinti da tutto il mondo

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Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/10/2008 @ 09:06:28, in scuola, visitato 3028 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Da ALJAZEERA.net

Gli studenti rom offrono un barlume di speranza By Barnaby Phillips, Europe correspondent

Un paio di mesi fa, sono stato a Napoli [...] per riportare dell'ostilità contro il popolo Rom.

I napoletani incolpavano i Rom per l'ondata di criminalità, ed avevano bruciato uno dei loro campi.

Il fatto venne postato su You Tube da Al Jazeera (qui sotto, in inglese ndr).



Ecco un esempio di alcuni dei commenti nelle risposte; "gli zingari sono solo parassiti", "gli zingari non possono adattarsi ad un moderno stile di vita e non saranno mai i benvenuti", "solo uno zingaro morto è un buono zingaro", e così via.

Molti commenti non sono riportabili, ma questo è il senso.

Ora, è vero che l'anonimato su internet ha la tendenza deprimente ad incoraggiare le persone nel pubblicare punti di vista offensivi.

Ma, come corrispondente di Al Jazeera dall'Europa, sono rimasto sorpreso dall'esteso e radicato pregiudizio contro i Rom.

In Grecia e altrove, spesso devo riflettere sulle osservazioni di persone che altrimenti avrebbero una mente aperta.

Sembra a volte che la forma di razzismo che è ancora socialmente accettabile è quella contro i Rom.

Incidente scioccante

Settimana scorsa ero in Kosovo, dove i Rom sono in una difficile situazione.

Circa 150.000 Rom (a rischio di offendere, sto usando il termine "Rom" come scorciatoia per tre comunità differenti: i Rom, gli Askali e gli Egizi) vivevano in Kosovo agli inizi degli anni '90.

Oggi la popolazione è di circa 40.000.

L'esodo dei Rom dal Kosovo alla fine della guerra del 1999 non ha ricevuto la stessa attenzione di quello dei Serbi, ma è stato altrettanto drammatico.

In molte parte del Kosovo, la rientrante popolazione albanese ha accusato i Rom di collaborazionismo con i Serbi, e li hanno cacciati per rappresaglia.

In quello che forse è l'incidente che ha scosso maggiormente, gli Albanesi hanno distrutto un intero quartiere Rom, che ospitava circa 8.000 persone, sotto lo sguardo delle truppe internazionali.

Ma quello che è successo dopo è veramente scandaloso.

Danni al cervello

In nove anni, solo una manciata di quei Rom sono tornati alle loro case a Mitrovica sud.

L'ONU, che ha speso milioni per la ricostruzione in Kosovo, sino al 2006 non aveva ricostruito nessuna casa dei Rom.

Centinaia di Rom hanno passato anni in squallidi campi per rifugiati, contaminati da alti livelli di inquinamento da piombo (vedi ndr).

Gli attivisti incolpano molte morti all'avvelenamento da piombo, e ritengono che dozzine di bambini hanno sofferto danni irreversibili al cervello.

La storia dei campi Rom è lunga e complicata, con molti interessi contrastanti, ma una conclusione è inevitabile: nel Kosovo di oggi,è impossibile per qualsiasi altro gruppo etnico venire trattato con tale indifferenza.

I figli se ne sono andati

Ramadan Gidzic è un Rom amichevole, di circa 50 anni. Vive nel villaggio di Preoce, in un'enclave serba vicino a Pristina.

E' disoccupato dal 1999, quando molti Rom scapparono da Pristina, e ha perso il suo lavoro in una libreria.

Due figli, vedendo che non c'era una vita possibile, sono andati in Germania, portando con loro i figli. E' una storia tipica a Preoce.

Quindici delle 50 famiglie rom sono andate via, ed altre si stanno preparando a farlo.

In privato, molti ammettono di pagare i contrabbandieri per aiutarli a raggiungere illegalmente la Germania.

Ramadan ha perso i nipoti e si chiede se qualche Rom rimarrà a Preoce.

Dice: "Chiunque abbia parenti all'estero, prima o poi se ne andrà, qui non c'è niente da fare, possiamo solo stare qui e morire di fame".

Alcuni attivisti dei diritti umani ritengono che la popolazione Rom nel Kosovo del dopoguerra stia progressivamente declinando, fino al punto che in cinque anni non ci sarà più nessuno.

Altri dicono che le statistiche sulla popolazione non sono credibili, e che è impossibile trarre alcuna conclusione.

Di sicuro non è vero che ai Rom in Kosovo sia data la speranza di costruirsi lì un futuro.

Ruolo modello

La sfida forse più grande è l'istruzione. In Kosovo la frequenza scolastica dei bambini rom è notoriamente scarsa.

Secondo uno studio del 2006, soltanto l'1,4% termina la scuola secondaria. Così è stata una piacevole sorpresa incontrare Tefik Agushi, che ha 22 anni.



Tefik è l'unico studente rom all'American University del Kosovo, ed è un modello per la sua comunità.

Dice che i bambini rom sono svantaggiati a scuola per l'assenza di qualsiasi istruzione nella loro lingua nativa.

Ma dice anche che con l'impegno, i giovani Rom possono ottenere quel che vogliono.

"Non possiamo limitarci a sederci in fondo e aspettare che altri ci aiutino", dice Tefik, un giovane determinato a non permettere che il pregiudizio sia sulla sua strada.

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Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 09:59:43, in Italia, visitato 2782 volte)

Ricevo da Roberto Malini

COMUNICATO STAMPA 10 ottobre 2008 FIRENZE, VIGILI URBANI ALLE 3 DEL MATTINO TOLGONO COPERTE AI ROM DELLA STAZIONE E LE MANDANO AL MACERO: "DORMITE SUI CARTONI!"

SDEGNO DEL GRUPPO EVERYONE E DELL'ASSOCIAZIONE L'AURORA ONLUS, CHE CHIEDONO UN INCONTRO URGENTE CON IL SINDACO DOMENICI E FANNO APPELLO A TUTTA LA CITTADINANZA FIORENTINA PER AFFRONTARE IL FREDDO

Nei giorni scorsi l'associazione di volontariato L'Aurora ONLUS di Firenze ha rifornito di cinquanta coperte, provenienti da diverse donazioni, i 50 rom romeni che, da ormai molti mesi, passano le notti al freddo, avvolti da soli cartoni, nei pressi di piazza Adua, di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Le famiglie rom non hanno mai ricevuto assistenza socio-sanitaria da parte del Comune di Firenze e non hanno alcuna alternativa alloggiativa, soprattutto un posto caldo dove stare, visto che l'ingresso nei centri d'accoglienza per l'emergenza freddo convenzionati con il Comune di Firenze non consentono l'accesso per la notte a persone di età inferiore ai 48 anni.

Alcune pattuglie dei Vigili Urbani di Firenze, martedì 7 ottobre, intorno alle 3 del mattino, si sono recate, assieme ad alcuni mezzi della Quadrifoglio, l'azienda di smaltimento dei rifiuti urbani del capoluogo fiorentino, in piazza Adua, dove sono improvvisati i giacigli delle decine di nomadi. Svegliate di soprassalto le persone, i Vigili hanno intimato loro di consegnare tutte le coperte e a chi ha obiettato che faceva troppo freddo, i Vigili fiorentini hanno risposto "Dormite sui cartoni!". Tutte le 50 coperte sono state dunque sequestrate e gettate, davanti ai loro occhi, in un camion della Quadrifoglio che procedeva subito a macerarle.

"Ciò che è accaduto è inammissibile" - commentano Stefania Micol, presidente dell'associazione L''Aurora, e Matteo Pegoraro, co-presidente con Roberto Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne - "e dimostra come anche la città di Firenze segua istituzionalmente la corrente razzista e xenofoba che sta investendo l'Italia, abbandonando la via della tolleranza e del rispetto dei diritti umani per imbracciare quella della caccia allo straniero e della criminalizzazione della povertà". "E' uno scandalo civile - proseguono gli attivisti "- che in una città come Firenze non solo non si attui alcun programma per l''accoglienza di queste persone, lasciandole girovagare per il centro senza alcun mezzo di sussistenza né alcuna proposta di inserimento sociale, ma che soprattutto vengano tolti loro con brutalità i pochi mezzi per sopravvivere al freddo di questi giorni e alla condizione a dir poco precaria in cui essi si trovano".

"Abbiamo già denunciato l''accaduto all'eurodeputata ungherese di origine rom Viktoria Mohacsì - spiegano poi i leader del Gruppo EveryOne Malini, Pegoraro e Picciau "- che ha trasmesso la relazione dei fatti all'attenzione del Parlamento Europeo e della Commissione UE. Firenze diviene, con quest''episodio, il triste emblema dell'odio razziale, assieme a Pesaro, la città delle Marche che proprio in questi giorni ha annunciato il prossimo sgombero da un edificio fatiscente, senza alternative umanitarie, di una comunità Rom romena formata da famiglie in gravissimo stato di indigenza, con bambini piccoli e numerosi casi sanitari gravi: tumori maligni, cardiopatie, handicap. Pesaro e Firenze sono sotto osservazione da parte delle Istituzioni europee: sono città moderne contagiate dal male del razzismo, che è alla base di persecuzione mista all''indifferenza da parte delle autorità e istituzioni locali. Se non si compie un passo indietro e si riscoprono i valori dell'accoglienza e della solidarietà, si arriverà all''annientamento crudele di esseri umani innocenti cui non è offerta alcuna speranza di integrazione e, contemporaneamente, al trionfo dell'intolleranza".

L'associazione L'Aurora e il Gruppo EveryOne intanto chiedono a gran voce un incontro urgente con il sindaco di Firenze Leonardo Domenici per arrivare a trovare una soluzione tempestiva per queste persone, che con il passare dei giorni rischiano di contrarre gravi malattie e infezioni per le condizioni igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere, nonché per le basse temperature, contro le quali non hanno modo alcuno di proteggersi. Le due associazioni fanno inoltre appello a tutta la cittadinanza fiorentina, affinché, presso la sede de L''Aurora in via dei Macci, 11 si manifesti nel concreto solidarietà verso famiglie disagiate e perseguitate, portando semplicemente una coperta, che divenga simbolo di fratellanza e rappresenti una risposta civile all'indifferenza del Comune e al trattamento inumano della Polizia Municipale e delle autorità di forza pubblica di Firenze.

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

L'Aurora ONLUS
Tel: (+ 39) 055 2347593 - (+ 39) 339 8210866
www.aurora-onlus.it :: segreteria@aurora-onlus.it

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Di cicciosax (del 11/10/2008 @ 09:40:33, in Italia, visitato 2247 volte)

Da Gad Lerner - il blog del bastardo

E’ appena uscito da Feltrinelli questo volume collettivo, cinquanta voci per riflettere sulla scomparsa di un’opposizione culturale all’egemonia del centrodestra. Ve lo consiglio, ci sono diversi stimoli utili. Nel frattempo vi anticipo il mio contributo, dedicato ai Rom: lo spauracchio che ci ha fatto alzare bandiera bianca sul terreno della sicurezza.

La sinistra deve stare con il popolo, ma se il popolo odia gli zingari?

Non c’è dilemma più nitido. Di fronte a quel bivio numerosi amministratori della sinistra lombarda (non a caso di matrice comunista amendoliana), dalla sindaco di Pavia a quello di Sesto San Giovanni, hanno imboccato la via “popolare”. Guidati dal motto politicamente scorretto, e dunque di sicura presa, coniato dal presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: “Non dobbiamo ripartire i campi rom. Bisogna farli semplicemente ripartire”. Versione italiana del già arcinoto manifesto leghista su cui nessuno aveva mai avuto niente da ridire: “Campi rom, foera de ball”. Il popolo, si sa, è ruvido. Quando le popolane di Ponticelli presero a sputi in faccia e male parole le zingare, dopo che certi loro scugnizzi malavitosi dotati di motorino avevano incendiato l’accampamento con le molotov, già la locale sezione del Partito democratico aveva provveduto ad affiggere sui muri di quella periferia napoletana, sotto il simbolo tricolore, quel solito slogan: “Via il campo rom”. E che nessuno parli di pogrom, per favore, la gente non capirebbe. Si trattò di “eccessi”, strumentalizzazione camorristica di un legittimo risentimento popolare, favoriti dall’inadempienza delle forze dell’ordine.

C’è poi una sinistra che di fronte a quel bivio imbocca la direzione opposta, adottando gli zingari per elevarli a nuovi protagonisti dell’antagonismo metropolitano, surrogati di un proletariato ormai cooptato nel blocco di potere. Sono loro, gli zingari, l’ultimo vero popolo rivoluzionario. Il nomadismo andrebbe riconosciuto come insopprimibile vocazione, fascinosa alterità. Poco importa che la maggioranza dei “nomadi” aspiri a una residenza normale, e comunque se non sgomberati rimangano per decenni nello stesso luogo derelitto. Le elevate percentuali di devianza criminale si giustificherebbero con la loro tradizione comunitaria, impermeabile ai dogmi della proprietà privata. Le spose bambine, le maternità precoci, l’ignoranza contraccettiva sarebbero il naturale contrappunto di una società mercificata e sterile. La retorica ultraminoritaria dello “zingaro è bello” fa presa crescente nella sinistra comunista e nei centri sociali che non si limitano a protestare contro le discriminazioni e le malversazioni inflitte agli zingari. Ma giungono a contrapporsi polemicamente al volontariato sociale operante nelle baraccopoli. La paziente opera di educazione, avviamento al lavoro, regolarizzazione degli habitat (pagamento delle bollette, freno al viavai dei residenti, espulsione dei violenti), viene denunciata come snaturamento identitario: dovremmo “accettarli così come sono”, l’integrazione viene respinta come sottomissione.

Questa sinistra affascinata dalla cultura rom, differenza da tutelare contro la minaccia di omologazione, non riscuote certo consensi popolari quando si oppone alle politiche di sicurezza della destra. Ma è interessante notare la rivincita simbolica incamerata dall’intellighenzia sensibile alla questione zingara: nel circuito musicale, teatrale, cinematografico, letterario e perfino sulle passerelle degli stilisti la suggestione gitana si traduce in opere di successo. Come dire: gli zingari intrigano, perfino affascinano, ma a patto che restino virtuali, alla larga da casa mia.

Entrambe le visioni sopra descritte scaturiscono da una sopravvalutazione parossistica del ruolo attribuito agli zingari (non c’è altro termine generico che accomuni le popolazioni rom, sinti e camminanti) nella realtà italiana. Stiamo parlando, certo, della più grande minoranza d’Europa, tra i 7 e i 9 milioni di cittadini dell’Unione. Ma nel nostro paese, neppure dopo l’apertura delle frontiere agli immigrati dalla Romania si è raggiunta quota 200 mila: una percentuale talmente esigua rispetto alle dimensioni della penisola -tanto più se si considera che circa 60 mila sono italiani da secoli, più della metà hanno meno di 14 anni, e tra gli stranieri prevalgono gli zingari fuggiti quasi vent’anni fa dalle guerre balcaniche (tuttora condannati dalla burocrazia a restare privi di documenti)- da smentire che possano davvero rappresentare un’emergenza.

La sovrarappresentazione italiana del pericolo rom è un fenomeno unico in Europa. Vi sono certo nazioni, come la Romania e la Slovacchia, in cui gli zingari subiscono un’ostilità politica e sociale, ma nell’ambito di contrapposizioni etniche alimentate da bel altra presenza numerica. Minimizzare la questione zingara risulta, ciò nonostante, impossibile. Quando si è trovata a dover gestire il turbamento dell’opinione pubblica per reati odiosi che sollecitavano allarme sociale –come l’allora sindaco Veltroni a Roma, nel caso del delitto Reggiani, novembre 2007- anche la sinistra ha fatto ricorso all’espediente degli sgomberi spettacolari. Fingendo d’ignorare che i baraccati possono venir costretti a vagabondare altrove in cerca di ricovero notturno, ma non scompaiono da un giorno all’altro. Quando erano decine di migliaia ad accamparsi nelle baraccopoli dell’hinterland romano, nei primi anni Sessanta, narrati magistralmente da Pier Paolo Pasolini, nessuna forza politica popolare avrebbe considerato redditizio assumerli come bersaglio. Erano molti di più, rispetto ai derelitti delle bidonvilles di oggi, ma non erano né stranieri né zingari. Comunità di minoranza che neppure possono godere della protezione di uno Stato alle spalle, come accade per esempio ai cinesi e agli ebrei. Bersagli ideali del malcontento popolare. Tanto più che la persistenza degli stereotipi diffusi da sette secoli sugli zingari –propensione al furto, popolo misterico e in integrabile, dedito al ratto dei bambini e alla violenza sulle donne- non è stata scalfita neppure dallo sterminio nazista di un numero di zingari compreso fra i 219 mila e il mezzo milione, tra il 1942 e il 1945, nei medesimi lager in cui venivano deportati gli ebrei. Per decenni si è preferito rimuovere il genocidio degli zingari, censurando la memoria dei sopravvissuti e talvolta addirittura giustificando la persecuzione (sentenza della Corte suprema tedesca nel 1956) in quanto “campagna preventiva contro i crimini”. Nessuno ha eretto un tabù per contrastare gli stereotipi antigitani.

Le stesse persone che mai tollererebbero battute ostili nei confronti degli ebrei o dei neri, spesso ammettono una deroga culturale riguardo agli zingari. Non è considerato infame desiderarne l’eliminazione perché nei loro confronti persiste l’identificazione fra un popolo e una colpa. Difendi gli zingari? Vuol dire che sei un difensore dei delinquenti. E’ un’accusa che viene rivolta in perfetta buona fede: ma come, non ti rendi conto che “quelli” sono davvero diversi da noi, sono il male?

Per alcuni mesi tra il 2007 e il 2008 la leadership veltroniana del Partito democratico si è illusa di poter cavalcare anche le pulsioni irrazionali del paese, rifugiandosi dietro a una formula anodina: “La sicurezza non è né di destra né di sinistra”. Ma proprio la sovrarapresentazione del pericolo rom si è incaricata di confutare per prima tale scioglilingua: quando accetti di trasformare in emergenza nazionale, finalizzata alla repressione o all’espulsione di un popolo, le manchevolezze della politica nell’opera di integrazione-repressione, hai già consegnato alla destra lo scettro del comando. Prima di rassegnarsi a questa banale constatazione, nella sinistra più subalterna culturalmente al leghismo abbiamo dovuto assistere a ulteriori elucubrazioni verbali. Come il Documento sulla Sicurezza diramato dal Pd lombardo nel giugno 2008 che auspicava la formazione di reparti di vigilanti volontari da affiancare alle forze di polizia, sorta di “ronde democratiche” da contrapporre alle ronde padane. Con lapsus involontario ma significativo, lo stesso documento conteneva la richiesta di un tetto percentuale per limitare l’eccessiva concentrazione di bambini stranieri nelle classi della scuola primaria: proposta di per sé non scandalosa, se i demagoghi della sinistra filoleghista non l’avessero proposta come questione di ordine pubblico.

Proprio così, quando la paura gioca brutti scherzi la gente comincia a temere anche i bambini. Il caso rom è di nuovo esemplare. Se il ministro Maroni ha voluto con insistenza sottolineare la necessità di raccogliere le impronte digitali dei minori rom, è perché sa benissimo di riscuotere i consensi di una massa che in quelle manine scorge prima di tutto la destrezza dei borseggiatori impuniti. Niente di meglio, è il passo successivo, che presentarsi con cinismo beffardo come unici veri protettori di quei bambini indifesi. Favorendo il loro avviamento scolastico? Sostenendo le amministrazioni che gli schiudono l’ospitalità nelle case popolari? No, identificandoli. E promettendo loro salvezza attraverso la sottrazione ai genitori naturali. Promettendo di incrementare le revoche della patria potestà, come se tale provvedimento estremo e delicatissimo dovesse simboleggiare la liberazione dei bambini zingari –non dall’emarginazione e dalla povertà- ma dalla loro etnia maledetta.

A discarico degli amministratori di sinistra che hanno cavalcato l’ostilità anti-rom, va riconosciuto che è difficile, soprattutto per dei politici, mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della delinquenza, dei violentatori, dei ladri di bambini (sia ben chiaro: negli ultimi vent’anni non risulta un solo caso di minore rapito da zingari in Italia). I mass media registrano passivamente la commedia di un popolo esasperato, l’ira dei giusti che talvolta anticipa le forze dell’ordine nel necessario repulisti. Nei talk show televisivi da anni i leaders degli opposti schieramenti considerano improponibile adoperare la parola “integrazione” e hanno fatto semmai a gara nel promettere espulsioni, dimenticando quanto sia vasta la categoria dei drop-out non estradabili. Perfino i vescovi e i parroci troppo caritatevoli vengono accusati di tradimento, rifacendosi a dottrine medievali secondo cui la compassione e l’assistenza sono lecite solo nei confronti dei poveri appartenenti alla tua comunità: dunque i vagabondi devono essere rinchiusi, cacciati o uccisi. Così gli episodi di violenza contro la presenza degli zingari nelle periferie urbane si moltiplicano senza neppure bisogno dell’incitamento dei titoloni di prima pagina di giornali degni eredi, settant’anni dopo, de “La difesa della razza”. Si va dal solito demagogico “Obiettivo: zero campi rom”, fino al ridicolo “I rom sono la nuova mafia”, per sfociare nel bieco stereotipo “Quei rom ladri di bambini”. Sarebbe assai benefico ricordare qui il precetto biblico dell’immedesimazione (“In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito dall’Egitto”) e perciò ogni volta sostituire con la parola “ebrei” o “italiani” la parola “rom”. Ma è un esercizio liquidato come poco redditizio da un gruppo dirigente della sinistra che ha sottovalutato le conseguenze della sconfitta subita sul terreno dei valori di civiltà, senza neanche provarsi a difenderli.

C’è infatti un’accusa particolarmente insidiosa da cui la sinistra sente il bisogno di difendersi, col rischio di accentuare la sua subalternità culturale alla destra.
Difendere gli zingari; denunciare il chiaro scopo intimidatorio e discriminatorio del censimento nei cosiddetti campi nomadi e delle impronte digitali da rilevare solo a loro; ricordare che i Commissari prefettizi nominati a Roma, Milano, Napoli per l’emergenza nomadi sono i primi dal 1938 incaricati di una sovrintendenza etnica: tutto ciò avrebbe il difetto di separare ulteriormente la sinistra dal popolo. Rivelando un’ostilità elitaria tipica della casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie. L’adulazione del popolo, il germe del populismo, penetrano così anche un ceto politico amministrativo della sinistra che mal sopporta la convivenza con le sue stesse tradizioni culturali. Chi si oppone è fuori dal popolo. Ti senti buono, superiore? Allora ospitali nel tuo attico, e non venirci a dire che dobbiamo investire risorse pubbliche per mantenere e ospitare questi corpi estranei alla società perbene. I veri poveri sono i nostri italiani, gli zingari sono dei privilegiati. Non a caso impazzano leggende metropolitane secondi cui riceverebbero sussidi quotidiani dagli enti locali, e il volontariato cattolico li alloggerebbe a scapito dei concittadini senzatetto.

Rinunciando a una battaglia culturale su un terreno considerato troppo sfavorevole e impopolare come la questione zingara, la sinistra ha sacrificato un tratto distintivo della sua idealità. Ma l’approccio corrivo a una destra che ricorre impunemente a termini come “derattizzazione”, allude all’eliminazione fisica dei rom, li stigmatizza con stereotipi identici a quelli antisemiti, non è solo mortificante: alla lunga si rivela anche nocivo politicamente. E’ vero che ci sono sindaci di sinistra che hanno perso le elezioni, in apparenza, solo per il fatto di aver consentito la sistemazione provvisoria sul territorio comunale di poche decine di zingari, metà dei quali bambini. E perfino un nordista come Cacciari, che strizza maliziosamente l’occhio alla Lega, viene ripagato con la furia di chi si oppone alla sistemazione di un campo per zingari italiani residenti a Venezia da decenni.

Ma alla dimensione irrazionale della politica di destra può contrapporsi efficacemente solo la passione civile e religiosa, la memoria storica, la denuncia del sopruso perpetrato nei confronti di un popolo, il coraggio di propugnare un’opera d’integrazione. Nel 1938 coloro che si opposero alla legislazione razziale promulgata dal regime fascista furono accusati di “pietismo” e con questa motivazione un migliaio di loro furono espulsi dal Pnf. Perché mai dovremmo sentirci disonorati dall’accusa di “buonismo”, settant’anni dopo?

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Di Fabrizio (del 11/10/2008 @ 08:55:01, in Europa, visitato 2094 volte)

Da Romanian_Roma

Budapest, Bucarest , 6 ottobre 2008: Oggi, il Centro Diritti Rom Europei (ERRC) ha inviato una lettera alle autorità rumene, per portare all'attenzione lo sciopero della fame dell'attivista per i diritti umani Istvan Haller e per chiedere al governo di prendere misure per controllare e salvaguardare la salute di Haller.

Il 2 ottobre 2008, Haller ha iniziato uno sciopero della fame per la persistente mancanza del Governo rumeno di affrontare le serie violazioni dei diritti causate da tre pogrom anti-Rom dei primi anni '90: Hadareni (vedi ndr), Plaiesi de Jos e Casinul Nou, Romania. In seguito alla decisione del Tribunale Europeo sui Diritti Umani, il Governo rumeno si era impegnato ad intraprendere progetti di sviluppo che includevano la messa in opera di infrastrutture, come pure misure di carattere anti-discriminatorio ed educative. Tuttavia, ad oggi il Governo ha mancato di compiere i suoi obblighi legali.

L'ERRC nella sua lettera spedita al Presidente Traian Basescu, al Ministro degli Affari Esteri Lazãr Comãnescu ed a Gruia Bumbu, Capo dell'Agenzia Nazionale per i Rom, chiede lo sviluppo dei programmi comunitari Romanì ed annuncia la sua intenzione di compilare un rapporto assieme al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa in vista del prossimo Incontro sui Diritti Umani del 2-4 dicembre 2008.

Il testo completo della lettera dell'ERRC è disponibile su Internet: ERRC Letter Hadareni-Haller (in pdf ndr).

Per ulteriori informazioni, contattare Theodoros Alexandridis, ERRC Staff Attorney, theodoros.alexandridis@errc.org


The European Roma Rights Centre is an international public interest law organisation which monitors the human rights situation of Roma and provides legal defence in cases of human rights abuse. For more information about the European Roma Rights Centre, visit the ERRC on the web at http://www.errc. org

To support the ERRC, please visit this link: http://www.errc.org/cikk.php?cikk=2735
European Roma Rights Centre
1386 Budapest 62
P.O. Box 906/93
Hungary
Tel: +36.1.413.2200
Fax: +36.1.413.2201

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Di Sucar Drom (del 10/10/2008 @ 21:06:02, in Regole, visitato 2158 volte)

Questa mattina si è svolta la quarta udienza del processo per direttissima contro Sonia Campos (rilasciata il 23 settembre scorso), il marito Angelo Campos e Denis Rossetto (detenuti in attesa di giudizio). Il processo è iniziato sabato 6 settembre e si è concluso oggi, 10 ottobre, con un patteggiamento. La condanna è per resistenza a pubblico ufficiale, la seconda accusa di tentato furto di una pistola è caduta alla terza udienza.

Nessuno dei tre condannati tornerà in carcere e i famigliari di Sonia e Angelo Campos e Denis Rossetto hanno preventivamente rimesso le denuncie contro alcuni Carabinieri della caserma di Bussolengo, presentate nel pomeriggio di sabato 6 settembre. Le denunce erano state presentate da Giorgio Campos, Michele Campos, Paolo Campos, Cristian Hudorovich e Anna Gerogeowistch.

Nessun commento ad oggi delle famiglie Campos e Rossetto. Un commento lo possiamo fare noi di sucardrom innanzitutto per farvi capire il clima in Tribunale a Verona. Nelle udienze precedenti tutti erano chiusi e rabbuiati, un clima pesante aleggiava nell’aula. Oggi al contrario erano tutti felici contenti, a partire dal giudice, passando per i pubblici ministero e gli avvocati, fino ad arrivare ai Rom. Baci abbracci e il Giudice che fa la ramanzina paternalistica ad Angelo Campos e Denis Rossetto e li libera con un buffetto sulla guancia. Insomma tutto bene quello che finisce bene…

Purtroppo non è così. Le famiglie rom hanno la conferma che non serve a niente denunciare i soprusi subiti, perché tanto non potranno mai far valere i loro diritti. Immaginiamo già cosa ci diranno da domani: “avete visto… dove vivete? sulla luna? per rivendicare i “vostri” diritti siamo finiti in carcere…”.

Nelle comunità sinte e rom il messaggio sarà chiaro: lo Stato è un nostro nemico! E questo non è bene perché avremo una sempre più ermetica chiusura e conseguenti scontri sempre più duri che saranno un disastro per tutti.

L’associazione Sucar Drom non si ferma. In questi giorni stiamo contattando diversi avvocati per capire la possibilità di intentare una causa presso i tribunali internazionali, viste la difficoltà incontrate in Italia.

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Di Fabrizio (del 10/10/2008 @ 17:11:24, in musica e parole, visitato 2151 volte)

Ricevo da Marta Pistocchi

 Palazzolo Milanese Musica tzigana dal vivo con

I Muzikanti
Marta Pistocchi violino
Jovica Jovic fisarmonica

sabato 11 ottobre dalle 20.30

alla Trattoria 1902 via Coti Zelati 82 Palazzolo Milanese (MI)
Festa tzigana accompagnata da cena in prima serata. Dalle 22.00 inaugurazione del privè della trattoria 1902 con musiche e balli.
Menù tzigano 30 €, bevande della casa incluse. E' gradita la prenotazione.

Per raggiungerci arrivando da via Coti Zelati, oltrepassare la rete dei lavori in corso e parcheggiare all'interno della corte; da Senago superare il passaggio a livello e parcheggiare sulla strada di destra o sinistra. ACCESSO CONSENTITO SOLO AI CLIENTI DEL 1902

Vi aspettiamo!

Infoline: 02 99764689 - info@trattoria1902.it - www.trattoria1902.it

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Di Fabrizio (del 10/10/2008 @ 09:39:01, in media, visitato 1331 volte)

Da Roma_Francais

Cari amici e fratelli,

Sono una Sinti Francese che controlla ogni giorno "Google alerts, rom/rrom/tsiganes/gypsies/gitans, etc," per conoscere cosa succede nelle nostre comunità. Vi giro un ritaglio della stampa che è un terribile esempio di razzismo e forte pregiudizio contro il nostro popolo.

Una francese di sessant'anni è andata alla polizia per denunciare un tentativo di violenza sessuale nella strada della sua città.

Ha urlato, l'uomo è scappato, non le è stata usata violenza, ma il giornale ha scritto "non c'erano testimoni, la polizia non ha una descrizione dell'aggressore, ma dovrebbe essere uno Zingaro..."

Grazie! Quando c'è un tentato crimine, il colpevole dovrebbe essere uno Zingaro...

Dobbiamo reagire!

Jeanne GAMONET

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Di Fabrizio (del 10/10/2008 @ 09:19:50, in blog, visitato 2265 volte)

Da Postcrazia

Non mi stupisce che la notizia di un finto rapimento fosse in prima pagina e la sentenza di assoluzione sia ignorata. Però mi inquieta. Senza complottismo, mi sembra che ci sia comunque un'opera sistematica di costruzione del mostro.

In quei giorni di maggio - e oggi non è cambiato molto - il mostro erano gli zingari. Gli zingari ladri di bambini. La stampa aveva preso al volo la notizia del tentativo di rapimento nel parcheggio di un supermercato e ne aveva fatto un bocconcino succulento da dare in pasto alle migliori intenzioni di razzismo.

Adesso che un giudice ha assolto i due giovani rom dalle accuse, ritagliamoci almeno qualche minuto per registrare la notizia. Se poi ci fa comodo far sopravvivere il mostro, non so che farvi...
(grazie a Luca)

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Segnalazione di Clochard

Da ADUC

IMMIGRAZIONE: ROMENI IN ITALIA,TRA PAURA E INTEGRAZIONE/ANSA

UN MILIONE, E HANNO OPINIONE POSITIVA,NON RICAMBIATA,SU ITALIANI (ANSA) - ROMA, 4 OTT - Gli italiani hanno sviluppato un'opinione negativa nei confronti degli immigrati romeni, anche per il modo in cui alcuni fatti di cronaca sono stati trattati dai mezzi di comunicazione. Ma nella realta' dei fatti, la presenza dei romeni in Italia e' un buon esempio di integrazione. E' quanto emerge dalle ricerche svolte dal governo romeno nell'ultimo anno, che vengono ora presentate nell'ambito della campagna 'Romania, piacere di conoscerti', lanciata a settembre. Lo studio evidenzia tre punti fondamentali: la diminuzione della tolleranza degli italiani deriva soprattutto dai comportamenti illegali da parte di stranieri; la percezione negativa dei romeni da parte degli italiani e' in gran parte dovuta alle notizie riportate dai media; dove c'e' un'interazione tra gli italiani e i romeni la percezione e' molto migliore. UNA PRESENZA SUPERIORE AL MILIONE. I romeni in Italia sono 1.016.000 (su 3.690.000 stranieri totali sul nostro territorio). Il loro contributo al prodotto interno lordo e' 2,26 miliardi di euro, l'1,2% del Pil totale. Il 75% ha un lavoro fisso, e lo stipendio medio e' di 1.030 euro al mese. Il 70% degli immigrati romeni invia denaro in Romania. L'inserimento lavorativo e' per un terzo nell'industria (soprattutto edilizia), per la meta' nel terziario (alberghi e ristoranti, informatica e servizi alle imprese) e per il 6,6% in agricoltura. Piu' di una donna su 4 lavora nell'assistenza alle famiglie o come infermiera.

COSA PENSANO I ROMENI DELLA LORO SITUAZIONE. L'indagine tra i romeni che vivono in Italia delinea un quadro di integrazione soddisfacente: il 67% ha una buona opinione del proprio datore di lavoro italiano, il 92% ha un'opinione positiva dei vicini di casa italiani, e il 94% ha una buona padronanza della lingua. Ma un problema di percezione di questo popolo da parte degli italiani esiste, e i romeni ne sono ben consapevoli: quasi tutti (92%) sono informati sui fatti di cronaca presentati dai media, e molti (63%) ritengono che la stampa, i giornali, la radio e i politici presentino questi fatti in modo non sempre corretto. Il 72% pensa che la propria immagine sia peggiorata in seguito all'eccessivo rilievo dato a questi fatti.

COSA PENSANO GLI ITALIANI DEI ROMENI. Gli italiani manifestano un'opinione in gran parte negativa sugli immigrati: il 57% ha una pessima opinione di loro, il 34 % ha un'opinione buona o molto buona. La prima preoccupazione dei cittadini e' l'illegalita' generata dagli immigrati. Particolarmente duro il giudizio sui rom: per il 61% degli intervistati, non dovrebbero stare in Italia. Ma secondo quanto emerge dall'indagine, gli italiani che hanno parlato almeno una volta con un immigrato romeno hanno di questo popolo un'opinione migliore rispetto a chi basa il proprio giudizio solo su quanto riportato dai media. Solo un italiano su 10 conosce un immigrato romeno sul posto di lavoro, a scuola o all'universita', ma tra questi e' amplissima (81%) la maggioranza che dichiara di avere un buon rapporto con loro.

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Di Fabrizio (del 09/10/2008 @ 12:59:44, in media, visitato 1580 volte)

Segnalazione di Tommaso Vitale

Da MetroNews

Dal campo nomadi di vicolo Savini ad attrice di successo. Una giovane rom sarà protagonista di un film e cooprotagonista di una fiction televisiva che andrà in onda su Rai Uno a marzo (dal titolo "Butta la luna 2") e prima attrice, nel film "Il prossimo tuo", che verrà presentato al festival del cinema di Roma.

È la coronazione di un sogno che aveva sin da bambina di una ragazza rom di etnia bosniaca, sedicenne, di nome Romana Hadzovic Merlin Romina, quarta di otto figli di una delle famiglie rom più numerose, in città da oltre trent'anni. «Tutti dovrebbero conoscere in disagio e il degrado in cui si vive in un campo nomadi, a volte lì dentro si fanno scelte sbagliate imposte dalla situazione che si vive. Non sarei mai arrivata - racconta commossa Romina - a raggiungere questo traguardo, se i miei genitori non mi avessero mandato a scuola con i miei fratelli e se non avessero rifiutato, dopo lo sgombero di vicolo Savini, di farci vivere dentro un altro campo nomadi».

Soddisfazione anche dal regista della fiction, Vittorio Sindoni, che ha visto recitare Romina con l’ex saltatrice di colore Fiona May e con Nino Frassica in una serie televisiva dove si mescolano problemi legati a difficili convivenze legati a diverse culture con una capacità di integrarsi anche in situazioni non semplici come quelle che nascono con l’amore. (Emilio Orlando)

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