Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Apprendiamo tramite un
articolo del sito della tv macedone a1 che oggi, per un attacco di cuore, ci
lascia Šaban Bajramović
uno dei più grandi artisti della musica rom del nostro tempo.
Šaban è stato la colonna sonora dei nostri post e noi lo abbiamo amato
molto.
Vi lasciamo una delle sue più belle e famose interpretazioni,
Djelem
Djelem, che ha a che fare con la vita di un intero popolo e che ci ricorda
che quella stessa vita così come la vita di tutti noi è un viaggio.
Per ascoltare:
QUI
Da
Roma_Benelux
03 giugno 2008 Petizione per rimuovere il bando della musica rom [...]
Gitani da tutta Europa raggiungono ogni 24-25 maggio la città di Les Saintes
Maries de la Mer nella regione francese della Camargue, in un pellegrinaggio
religioso di preghiera e musica in onore della loro Santa Sara.
Attraverso gli anni questa condivisione alla fine della strada in Francia si
è sviluppata in un incrocio di musica rom, inspirando ed impollinando altri tipi
di musica dal flamenco al jazz di Django Reinhardt, tradizionali ottoni
ungheresi e balcanici sino alla rumba dei Gipsy Kings.
Ma nel maggio 2008 il consiglio comunale ha proibito ai rom di suonare
musica per le strade durante il festival. Secondo Canut Reyes dei Gipsy
Kings, e molti altri, questa proibizione rovinerà il festival e c'è paura per il
suo futuro.
Assieme ad un appello a permettere ai rom di continuare a suonare musica
nelle strade anche il prossimo maggio 2009, è partita una petizione online che
verrà spedita al sindaco di Les Saintes Maries de la Mer, Mr Roland Chassain.
"La musica gioca un ruolo enorme nella tradizione e cultura del popolo rom.
Mr Chassain, risolviamo i problemi, ma lasciamo la musica!" recita l'appello.
La petizione online si può firmare a questo link
Da
Czech_Roma
Diverse culture Rom sfilano nel centro di Praga
Khamoro celebra i suoi 10 anni con musica, danza, arte e film da molti paesi
By Darrell Jónsson
For The Prague Post
May 21st, 2008 issue
COURTESY PHOTO Macedonian Gypsy queen Esma Redžepova in the annual parade
through Prague.
Ogni anno per una settimana Praga diventa il colorato incrocio di una cultura
le cui canzoni non conoscono confini. A partire da domenica, la celebrazione di
quest'anno di Khamoro della cultura internazionale Rom presenta sette giorni
di film, esibizioni, laboratori, seminari e la tradizionale parata
attraverso il centro cittadino.
Le sottolineature musicali includono il Gypsy jazz dalla Holland’s Basily e
da Angelo
Debarre dalla Francia, e l'evocativa voce di Esma Redžepova dall'incrocio
euro-islamico della Macedonia. Dalla Repubblica Ceca artisti contemporanei come Gulo Čar
e Bengas porteranno il loro contributo, fresco e locale al mix. E la troupe
mondiale andalusa di Puerto Flamenco fa ritorno, accolta da un pubblico
entusiasta per il piacere dell'anno scorso.
"Per noi, il festival di Khamoro dell'anno scorso è stato come una porta in
un altro mondo, e siamo grati di essere tornati" dice la ballerina
Francesca Grima, portavoce dei Puerto Flamenco. Il suo studio è nella Triana di
Siviglia, il leggendario quartiere considerato da molti come l'epicentro del
flamenco, uno stile di danza che condivide molto del patrimonio musicale Rom.
"Questo è un festival che gira attorno alla musica ed allo stile di vita di
gente innamorata della musica e del suo cuore."
Questo cuore è corso attraverso il centro del panorama ceco almeno dal Medio
Evo. Per il piacere della fotografa ed antropologa ceca Eva
Davidová, che nel 1950 documentò e portò la cultura dei Rom cechi ad un pubblico
più vasto, il fenomeno musicale è internazionale. "I Rom sono conosciuti in
molti paesi come musicisti e cantanti superlativi" dice. "Mentre sono stati
influenzati dai paesi dove si sono insediati, allo stesso tempo hanno
influenzato la musica folk nazionale di molti paesi, come l'Ungheria, la Spagna,
la Russia e gli stati Balcanici."
Le radici e le influenze della musica rom si possono trovare in posti
diversi, dai lavori classici di Franz Liszt ai riffs dei Black Sabbath. Ci sono
pochi posti dove la simbiosi è meglio definita della Spagna, dove dice Grima,
"C'è un collegamento inseparabile tra il flamenco e la cultura gitana - uno non
esisterebbe senza l'altra e viceversa. Il Flamenco è un fenomeno singolarmente
andaluso, inseparabile dalla sua musica e cultura. I Rom che si insediarono in
Andalusia divennero Gitanos, la loro integrazione nella società è praticamente
senza giunte, ed essenziale per una comprensione generale dello spirito andaluso."
Nonostante la popolarità crescente del flamenco e della brass music balcanica,
la musica rom rimane ancora indecifrabile per molti alla stessa maniera in cui
nel XIX secolo il compositore Ference Liszt la descriveva: "ritmi ed armonie...
che ci appaiono come emanate da un altro pianeta."
Oggi, sono possibili paragoni più dettagliati. "C'è un'enfasi sul ritmo e lo
swing, espressività di emozioni, ed un elemento catartico al canto, elementi
come i movimenti dei piedi, delle mani e del corpo, tutti molto simili ad altri
generi di musica rom," dice Grima del lavoro della sua troupe. "Una delle
principali e più evidenti differenze è lo sviluppo di strutture ritmiche
complesse ed il tempo battuto sui 12/8, e la preminenza della danza come
elemento guida. Per un pubblico abituato ai 2/4 o ai 4/4, questo può generare un
modo schiacciante di rotture, di cambiamenti della scanalatura, di accelerazioni
e di conclusioni potenti che seguono un codice misterioso. [Ma] una volta
passata questa barriera, si scopre un intero universo di profonde finezze."
Davidová, che esporrà le sue fotografie e parlerà al seminario etnomusicologo
del seminario, vede che la percezione sta cambiando nelle regioni non-Rom.
Quando iniziò il suo lavoro, dice
Davidová, "La maggioranza delle comunità non-Rom li conoscevano soltanto come
viaggiatori nomadici, o come persone differenti che vivevano in comunità
separate. Se conoscevano parte della loro cultura musicale, era soltanto dalle
vinerie o dalle operette. La loro vera musica e cultura non era affatto
conosciuta."
Ma quando la musica crebbe e si diffuse, aiutò a rompere le barriere. "Il
cambio avvenne quando le prime bande e gruppi rom, apparvero in televisione,
nelle trasmissioni radio ed ai festival folk," dice Davidová. "Allora alcune
delle loro canzoni iniziarono ad uscire in cassetta o su altri media. Adesso,
durante gli ultimi 10 anni, festival mondiali come Khamoro portano una
possibilità più ampia di conoscere la musica e la danza rom da differenti
nazioni e gruppi di tutto il mondo."
Il festival di settimana prossima darà al pubblico praghese l'opportunità di
vedere le diverse facce di uno dei diamanti musicali più brillanti d'Europa. Per
quanti siano interessati alla world music, jazz o al folk, non ci sarà scarsità
di intersezioni affascinanti al Jazz Club Reduta, Popocafépetl, Kampa Museum e
altri luoghi. Il cuore del festival è la parata giovedì 29 a mezzogiorno,
attraverso la Città Vecchia, con la sua esposizione esuberante di spirito umano
diversificato.
L'unica cosa sbagliata di Khamoro è che la sua magia musicale viene una sola
volta all'anno. La buona notizia è che il laboratorio di danza si terrà allo
Studio Zamba per quanti intendono lanciare il proprio viaggio nell'affascinante
mondo della danza e della musica Rom.
Darrell Jónsson can be reached at
tempo@praguepost.com
Il musicista Rom Manouche, Django Reinhardt, nacque nel
gennaio 1910 nei pressi del paese belga di Liverchies e morì il 16 maggio 1953
per un'emorragia cerebrale mentre rientrava a casa sua a Seine-et-Marne en Francia,
dopo un tranquillo giorno di pesca.
Mezzo secolo ed un lustro. E' il tempo che è già passato dalla morte
dell'illustre chitarrista jazz di origine gitana che, oltre a
rivoluzionare il tocco dello strumento prima che si iniziasse ad utilizzare
l'amplificazione, fu il primo in Europa che esercitò un'influenza simile a
quella dei grandi artisti statunitensi. Più che morte, sparizione fisica: il suo
tocco permarrà eternamente.
Jean Baptiste crebbe in un accampamento gitano situato ai margini di
Parigi, a lato delle fortificazioni che la circondavano, dove si era trasferita
la sua tribù materna quando aveva otto anni, assorbendo la radice gitana che poi
mostrerà nella sua musica. Django non possedette mai giocattoli o una vera casa
sino a quando non compì vent'anni. Questi Gitani francesi o Manouches erano un
mondo a sé stante, medioevale nelle sue credenze e senza rapporti con la scienza
moderna. Django crebbe in questo mondo di contraddizioni, con un piede nella
grande e moderna città di Parigi e l'altro nella storica vita del Gitano nomade.
Sin da giovane Django si sentì attratto dalla musica. All'età di dodici anni
conseguì il suo primo strumento, un banjo regalatogli da un vicino attratto dal
suo prematuro interesse per la musica. Rapidamente imparò a suonarlo, copiando
dai musici che poteva osservare. Stupì presto gli adulti con la sua abilità con
la chitarra e, prima dei tredici anni, iniziò la sua carriera musicale col
popolare fisarmonicista Guerino in una sala da ballo nella Rue Monge. Suonò
anche con altre bande e musicisti e fece la sua prima registrazione col
fisarmonicista Jean Vaissade per la Ideal Company. Dato che al tempo Django non
sapeva ne leggere ne scrivere, il suo nome in queste registrazioni apparve come "Jiango Renard".
Il 2 novembre 1928, all'una di notte, Django ritornava alla sua casa-carovana
dopo una notte di musica nel nuovo club La Java. Il caravan era stato riempito
di fiori di plastica da sua moglie, che voleva venderli il giorno seguente.
Django credette di sentire un topo ed utilizzò una candela per cercarlo. Un poco
di cera caduta sopra quei fiori altamente infiammabili bastò a provocare un
incendio infernale. Il musicista si avvolse in un mantello per proteggersi dalle
fiamme. Tanto lui che la moglie salvarono la vita, però la sua mano sinistra e
tutta la parte destra sotto alla cintura rimasero seriamente danneggiate.
Inizialmente i dottori volevano amputargli la gamba, ma Django si oppose. Le
cure ricevute furono decisive per salvargli la gamba, ma Django rimase a letto
per diciotto mesi. Alla fine erano rimasti contratti verso la palma della mano
il quarto e il quinto dito (a causa del calore ricevuto). Nonostante ciò, grazie
al suo ingegno, inventò un sistema di digitazione per supplire al problema, che
in qualche maniera influì nell'originalità del suo stile. Poteva usare le prime
due corde della chitarra per gli accordi in ottava, però l'estensione completa
era impossibile. Ciononostante, fu capace di convertirsi in un gigante della
chitarra usando unicamente le dita indice e medio.
Secondo alcune fonti, fu durante la sua riabilitazione che Django conobbe il
jazz statunitense, quando trovò un disco di Louis
Armstrong, Dallas Blues, in un mercato originario di New Orleans. Lavorava nei
caffè di Parigi quando nel 1934 il capo dell'Hot Club, Pierre
Nourry, gli propose l'idea di formare un gruppo acustico con Grappélli. Così
nacque il Quintet of the Hot Club of France, che divenne rapidamente famoso in
tutto il mondo grazie alle incisioni per Ultraphone, Decca e HMV.
Con la II guerra mondiale nel 1939 il gruppo si dissolse, lasciando
Grappélli a Londra col resto dei musicisti e Django in Francia. Durante gli anni
della guerra, guidò una big band, un altro quintetto col clarinettista Hubert Rostaing
al posto di Grappélli e dopo la liberazione di Parigi, incise con musicisti statunitensi che
arrivavano in Francia come Mel Powell, Peanuts Hucko e Ray McKinley. Nel 1946 Reinhardt cominciò ad usare
la chitarra elettrica e realizzò un tour per gli Stati Uniti come solista
nell'orchestra di Duke Ellington, anche se non ottenne grande successo. Alcune
delle sue incisioni con la chitarra elettrica negli ultimi anni della sua vita
sono incursioni nel bop che suonano frenetiche a paragone con l'allegro swing
dei suoi inizi. Senza dubbio, a partire dal gennaio 1946, Reinhardt e
Grappélli giunsero a capo di varie riunioni sporadiche dove le influenze bop
sono più sottilmente integrate nell'antico formato swing. Durante gli anni '50, Reinhardt
si ritirò in Europa, suonando e registrando sino alla sua morte, dovuta ad
emorragia cerebrale, nel 1953.
Reinhardt rivoluziona il tocco della chitarra nel jazz proprio prima che si
iniziasse ad utilizzare l'amplificazione. Sulla base di un basso, due chitarre
ritmiche e dell'abituale violino di Stéphane
Grappélli, Django sviluppa una musica allegra e straordinariamente flessibile. I
suoi concetti armonici furono sorprendenti per la sua epoca e così impressionò
musicisti come Charlie Christian e Les Paul; inoltre la sua influenza sullo
swing fu decisiva per marcare una linea tra questo e la cosiddetta musica
country.
Anche se non sapeva leggere la musica, da solo ed assieme a Grappélli, Reinhardt
compose varie melodie originali e di successo come "Daphne", "Nuages", "Manoir
de Mes Ręves", "Minor Swing" e l'ode alla sua compagnia discografica degli
anni trenta "Stomping at Decca".
17 de mayo de 2008
Ricevo da Luciano Muhlbauer
E' stato appena pubblicato il libro "Rom, un popolo – diritto a esistere e
deriva securitaria", edizioni Punto Rosso, che raccoglie numerosi interventi
e documenti relativi alla “questione rom” e al securitarismo imperante.
Considerata l’aria che tira, un libro da leggere e da far leggere e un'occasione
per discutere e organizzare iniziative. Insomma, ve lo consiglio. Se non lo
trovate nelle librerie, potere rivolgervi direttamente alle edizioni Punto
Rosso, in via G. Pepe, 14 a Milano (tel. 02.874324, edizioni@puntorosso.it,
www.puntorosso.it).
Sul blog
www.lucianomuhlbauer.it potete intanto leggere il mio intervento "La
politica della paura", che fa parte del libro.
un abbraccio
Luciano Muhlbauer
Avevo da leggere per giorni. Ma io non sono un sociologo, non mi basta
leggere, soppesare, schematizzare, trarre conclusioni. Io sono uno scrittore, ho
bisogno di respirare l'aria che racconto, di vedere le cose, di ascoltare le
storie, di farmi incidere la retina dalla realtà come fosse un chiodo
arrugginito. Non so cosa voglio, non so cosa cerco. So che voglio averne
esperienza.
Metropoli per principianti è una riflessione su come siamo arrivati
alle città di oggi. C'è Milano, soprattutto, ma anche Roma, Torino, e poi la
metropoli la ritrovi anche a Sassuolo o nell'inurbamento meridionale.
Si parla anche di periferie, degli spazi e della gente che li abita. Di come
potrebbero essere. In queste periferie, ecco i rom. A dire il vero, ci sono da
tempo, ricorda l'autore Gianni Biondillo. Sono i nemici necessari, come
un tempo erano i terroni e poi gli extracomunitari. Ma terroni ed
extracomunitari sono quelli che hanno costruito e ripopolato la metropoli... con
i rom a che punto siamo?
Soprattutto di questi tempi discutiamo di marginalità, di sicurezza, per
sentito dire, mai in presa diretta, e Biondillo vuole averne
esperienza. Fa parlare i diretti interessati, all'inizio scontrandosi con le
loro diffidenze e poi venendo quasi travolto dalle loro testimonianze. A volte
sorprendenti, altre volte banali. Mai neutre, perché nella sua ricerca quanto
viene detto è intercalato dai suoi pensieri e dai suoi ricordi, da uno sguardo
attento a tutto ciò che c'è attorno. Interagendo, cercando un dialogo che non è
facile.
Gianni Biondillo
Metropoli per principianti
Guanda
pagg. 207 - € 12.00
Ricevo e porto a conoscenza:
Salve mi chiamo Cosimo e scrivo per segnalarvi un romanzo "Il circo capovolto"
di Milena Magnani ed. Feltrinelli che ho visto presentato in forma di reading
spettacolo con attore e fisarmonica ( più autrice)
due sere fa al teatro Parenti di Milano, nella rassegna racconto italiano.
Finalmente un romanzo che parla in maniera decisa dell'olocausto rom e che
al tempo stesso pone il lettore in collegamento con il mondo interculturale di
oggi, dove le lingue della nuova immigrazione hanno un ruolo di rilievo.
Essendo ambientato in una baraccopoli, racconta il convivere di persone di
diverse etnie che si devono confrontare e misurare su ciò che li unisce e non su
ciò che li divide.
Bellissimo è il fatto che l'autrice, oltre alla narrazione in lingua italiana,
abbia lasciato idiomi riferibili a cinque diversi ceppi linguistici (non solo
albanese, ma anche rumeno, ungherese, ceko, romanes) e che non abbia sentito il
bisogno di metterne la traduzione in italiano a fondo pagina. Su questo punto ho
avuto modo di ascoltare le sue motivazioni durante la presentazione che ha fatto
in mezzo alle straordinarie letture di Andrea Lupo e alla fisarmonica gitana di
Sanelli e mi è piaciuto sentirle dire che il senso della storia, e quindi di una
trama comune, si afferra e procede al di là che dei personaggi e delle loro
culture non si capisca tutto tutto fino in fondo.
E su questo devo concordare che l'intento è pienamente riuscito. Le differenze
non sono ostacolo qui ma solo elementi normali della vita intorno a cui si
adatta una volontà di comunanza. La storia poi, la trama che il romanzo
sviluppa, ruota intorno a un ungherese Branko Hrabal che arriva in questa
baraccopoli portando con se i vecchi materiali appartenuti al circo di suo
nonno, un circense deportato a Birkenau. Raccontando ai bambini delle baracche
la storia di questo magico circo e affidando loro i materiali che ha recuperato,
riesce a restituire lai bambini oro un senso e una dignità del loro stare nel
mondo e nella storia.
Quasi certamente voi conoscete già questo libro, io sono stato molto colpito dal
tipo di presentazione che è stata fatta in forma di spettacolo perchè è stato
come fare un'immersione dentro il libro.
Un romanzo così meriterebbe risonanza in luoghi dove si fa cultura di pace.
Se per caso poi non lo conoscevate, spero di avervi fatto segnalazione gradita.
Cosimo
Da
Hungarian_Roma
Roby Lakatos, virtuoso ungherese del violino, può tracciare le sue radici
sino alla Budapest del XVIII secolo, dove il suo antenato János Bihari anticipava
la tendenza odierna della musica fusion attraverso un mix di melodie rom e
contrappunti contemporanei. Con i suoi lunghi capelli pettinati all'indietro ed
i baffi incerati, Lakatos possiede il senso di un'eleganza antica ed è facile
immaginarselo in compagnia di Franz Liszt e Johannes Brahms, le cui opere furono
direttamente inspirate dalle melodie rese famose da Bihari.
Sotto gli ornamenti del Vecchio Mondo, d'altra parte, Lakatos è un musicista
completamente moderno. Anche se rispettoso della tradizione familiare - "La
famiglia Lakatos era molto importante" dice dalla sua casa di Bruxelles -
spiegando come Bihari innovasse l'antica musica del popolo Rom.
"Sono il terzo in questa grande famiglia a proporre un nuovo stile," spiega
in un inglese corretto con un forte accento, dopo aver notato come anche suo zio
Sándor Lakatos fosse un innovatore negli anni seguenti la II guerra mondiale.
"Quindici anni fa ebbi problemi con la musica zigana, perché sentivo che tutti i
tipi di musica nel mondo - come il jazz o la musica classica o quella pop -
stavano evolvendo in qualcosa di nuovo. Sai? Era importante progredire. Ma non
succedeva niente con la musica zigana. Per questo ho fatti molti cambi,
soprattutto nella banda. La mia non è un'orchestra tradizionale zigana, perché
ho il piano e la chitarra, ma manca il violoncello e non ci sono clarinetti, per
esempio. Ma con questa concezione, possiamo suonare tutti gli stili.
"Il mio stile ha tre elementi," continua. "La base è la musica zigana,
naturalmente, ma include anche la musica classica ed il jazz di Django Reinhardt,
assieme al bebop."
Finora, Lakatos ha avuto successo nel mondo classico: Ha firmato con
l'etichetta Deutsche Grammophon; l'ultimo Yehudi Menuhin era un fan; ed il suo
debutto al Chan Centre for the Performing Arts di Vancouver di sabato 29 marzo è
stato sponsorizzato dalla Vancouver Recital Society. Ma il suo ultimo lavoro,
Klezmer Karma del 2006, indica che continua ad esplorare nuove combinazioni
musicali.
"E' musica klezmer ed yiddish, mischiata con musica zigana," spiega il
violinista, notando che in questo particolare crossover è stato assistito da
un'altra residente a Bruxelles, la suonatrice klezmer Myriam Fuks. "Si è
aggiunta a noi, nel concerto suona come ospite speciale."
[...] "Gli arrangiamenti sono molto classici - ma abbiamo anche molta
improvvisazione, perché la musica zigana è come il jazz," spiega. "Ed
ovviamente, non facciamo mai due volte lo stesso concerto."
Source URL:
http://www.straight.com/article-138266/fusion-feeds-roma-roots
Ricevo da Tommaso Vitale
Mercoledì 2 aprile ore 18.30
Teatro Franco Parenti - Via Pier Lombardo 14, Milano
Racconto Italiano
Gli immigrati nelle periferie: percorsi di un cammino rom
Incontro con MILENA MAGNANI
autrice di IL CIRCO CAPOVOLTO
Giangiacomo Feltrinelli Editore
Legge
Andrea Lupo
con accompagnamento musicale di
David Sarnelli
Qui di seguito il link alla scheda del libro
http://www.feltrinellieditore.it/giornalisti/SchedaLibro?id_volume=5000950
Visioni, musiche, parole dal mondo rom
(che è anche il nostro mondo)
proiezione delle foto realizzate dai bambini AUTOBIOGRAFIA DEL CAMPO e del
cortometraggio CHI E' CAPPUCCETTO ROSSO? di Eva Ciuk
testimonianza di EVA RIZZIN membro comunità italiana dei sinti
musica dei UF DE UR
martedì 26 febbraio 2008, ore 20.30
TRIESTE - Teatro Miela
replica della serata con la proiezione del cortometraggio
KDO JE RDEČA KAPICA? di Eva Ciuk doppiato in sloveno
Con la musica del duo di ALESSANDRO SIMONETTO e ROBERTO DARIS e altri
ospiti
Martedì 18 marzo 2008, ore 20.30
GORIZIA - Kinemax
ingresso libero
Organizza OSSERVAZIONE - centro di ricerca azione contro la discriminazione di
rom e sinti, associazione di promozione sociale (onlus) con sede a Firenze
impegnata nella lotta contro l'anti-ziganismo e le violazioni dei diritti umani
e per la promozione dei diritti di rom e sinti in Italia (www.osservazione.org).
in collaborazione con Cooperativa BONAWENTURA - TEATRO MIELA, KINEMAX -
TRANSMEDIA srl, Comitato provinciale per l'UNICEF di TRIESTE, MEDITERRANEO FOLK
CLUB - Laboratorio di studio e di ricerca sulle culture popolari, Associazione
culturale IL NODO, ZSKD, Zveza slovenskih kulturnih društev - Unione dei Circoli
Culturali Sloveni, SLOVENSKI DIJAŠKI DOM SREČKO KOSOVEL, TRST - Casa dello
studente sloveno - Trieste
con il contributo di REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA - Assessorato alla
cultura, CENTRO DI DOCUMENTAZIONE CINEMATOGRAFICA "Pietro Pintus" - BELLA,
ZADRUZNA KRAŠKA BANKA Opčine-CREDITO COOPERATIVO DEL CARSO Opicina, SKGZ,
Slovenska kulturno gospodarska zveza - Unione Economico-Culturale Slovena
"Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?" è la domanda che si sono posti gli
operatori coinvolti nell'omonimo progetto di educazione alla multiculturalità
che con la collaborazione del Comiato provinciale per l'UNICEF d Trieste e
l'appoggio dell'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia verrà
proposto alle scuole primarie per promuovere la conoscenza delle differenze ed
una cultura della solidarietà e del rispetto dei diritti dei bambini. Alla luce
di attuali fatti di cronaca, di numerosi fatti di discriminazione continua dei
rom e dei sinti e di negazione dei diritti umani fondamentali diventa
importantissimo stimolare i bambini e cioè la generazione che forgerà il mondo
di domani, a valutare eticamente le conseguenze del proprio agire sul piano
personale e sociale nei confronti delle comunità rom e sinti. Ed è di
altrettanta importanza creare un'occasione di sensibilizzazione anche per un
pubblico di adulti. Per una cultura di solidarietà e convivenza è importante che
anche i genitori, gli insegnanti, gli educatori e in generale i cittadini
riflettano sulle condizioni materiali, sulla cultura e sui luoghi comuni nei
confronti delle comunità rom e sinte soprattutto in relazione alla situazione
attuale.
Così, a riflettere sulla risposta alla domanda "Chi ha paura di Cappuccetto
Rosso?" abbiamo invitato anche "i grandi": martedì 26 febbraio al Teatro Miela
di Trieste e martedì 18 marzo al Kinemax di Gorizia verrà presentato il progetto
pensato per i bambini, ma proposto anche ai grandi. Si inizierà con un po' di
musica dal vivo proposta dai UF DE UR che introdurranno la proiezione delle
fotografie dal ciclo "Autobiografia dal campo". Si tratta di foto scattate dai
bambini dei campi del Friuli Venezia Giulia sotto la supervisione di CLAUDIO
DOMINI, docente di storia di fotografia al DAMS di Gorizia - Università degli
Studi di Udine e fondatore e membro dell'Istituto Studi Scientifici di
Fotogiornalismo di Roma. "L'obiettivo è stato quello di fornire una
documentazione dal mondo rom e sinti prodotta dal proprio interno, - racconta
Domini - dunque "ripulita" da estetizzazioni e folklorismi tipici della
fotografia professionale, anche quando realizzata con i migliori intenti
umanitari. Uno sguardo autobiografico sul quotidiano dei bambini rom e sinti,
fatto, come quello dei loro analoghi "gagi" (in romanès significa non rom e non
sinto), di curiosità, giochi, studio, affetti famigliari."
Si proseguirà poi con la proiezione del cortometraggio "Chi è Cappuccetto
Rosso?" di EVA CIUK, che oltre ad aver firmato la regia del corto è stata anche
l'ideatrice del progetto, su cui ha iniziato a lavorare circa due anni fa.
"Quando nel 2005 sono stata in Kosovo per le riprese del documentario "RealitieS
KosovA/O - voci di minoranze dimenticate" - produzione della KAIROS, Centro
produzione video di Gorizia - mi ha colpito la serenità e l'allegria dei bambini
e delle bambine del campo sfollati interni di Plementina/e, vicino a Pristina -
racconta Eva Ciuk -. Abbiamo stretto amicizia con i rappresentanti del campo ed
abbiamo deciso di portare la testimonianza dei bambini del campo nelle scuole
della nostra regione. Così abbiamo posizionato la nostra telecamera e sullo
sfondo che era tutto altro che da fiaba i bambini ci hanno raccontato
Cappuccetto Rosso." Così è nato il cortometraggio raccontato nella versione
italiana da Pino Petruzzelli, attore genovese impegnato nel teatro sociale di
denuncia, e nella versione in lingua slovena, che verrà presentata il 18 marzo a
Gorizia, dall'attore Danijel Malalan. A contrastare la voce narrante del
racconto della fiaba è invece Cappuccetto Rosso, un cartone animato inventato
dall'illustratrice iva Pahor, animato dalla società MoviMenti di Saronno (VA) e
interpretato nelle due lingue dalla attrice Nikla Petruška Panizon. Il
conttributo degli attori al progetto è stato volontario.
La serata non è un evento che vuole raccontare in modo folklorico "la bellezza
della cultura rom e sinta". Č un momento d'incontro che vuole farci riflettere
sulla situazione di grave disagio e di contraddizione sociale in cui vivono oggi
i rom e i sinti. Ma che vuole farlo con linguaggi diversi: la musica, le
immagini fotografiche, l'esperienza filmica. Porterà la sua testimonianza la
dott.ssa EVA RIZZIN, appartenente alla comunità italiana dei sinti, nata e
cresciuta a Udine e da tempo impegnata nella lotta all'antiziganismo con le
organizzazioni OsservAzione (organizzatrice dell'evento triestino) e Sukar Drom
di Mantova. "I rom e i sinti sono la cartina di tornasole con cui misurare il
nostro pregiudizio, le nostre paure, l'allargamento dello stato d'eccezione a
discapito della giustizia - spiega Lorenzo Monasta, membro di Osservazione - . A
guardare bene, siamo tutti rom e sinti, perché tutti diventiamo vittime delle
categorie che costruiamo per poi caderci dentro. Ma siamo incapaci di
considerare rom e sinti come realmente sono, tanto sono coperti dalla proiezione
delle nostre insicurezze."
E per finire: i UF DE UR, gruppo musicale del goriziano che ha realizzato le
musiche per il cortometraggio "Chi è Cappuccetto Rosso?", proporranno una
riflessione musicale che trae ispirazione da musiche e canzoni rom, istriane,
friulane e slovene, passando dai timbri sonori balcanici. Il loro progetto
musicale si rifà alla cultura mitteleuropea e il loro intento è di fondere ed
esprimere al meglio la plurietnicità di chi vive in queste terre tentando di
coinvolgere l'ascoltatore nel superamento di pregiudizi e chiusure.
La serata verrà riproposta martedì 18 marzo al Kinemax di Gorizia e prenderà il
titolo "KDO SE BOJI RDEČE KAPICE?". Durante l'evento presentato in italiano e in
sloveno verrà proiettato il cortometraggio di Eva Ciuk "Kdo je Rdeča Kapica?"
doppiato in lingua slovena dagli attori Danijel Malalan e Nikla Petruška Panizon.
La versione slovena del cortometraggio, resa possibile grazie all'appoggio delle
SKGZ - Slovenska kulturno gospodarska zveza-Unione Economico-Culturale Slovena e
ZSKD - Zveza slovenskih kulturnih društev - Unione dei Circoli Culturali
Sloveni, da la possibilità di proporre il progetto anche nelle scuole primarie
con insegnamento di lingua slovena.
Durante la serata verranno riproposte le fotografie dal ciclo "Autobiografia dal
campo" scattate dai bambini dei campi nomadi del Friuli Venezia Giulia e
proiettate con una cornice musicale del duo formato da ALESSANDRO SIMONETTO
(violino) e ROBERTO DARIS (fisarmonica). Lo straordinario e apprezzatissimo duo
è impegnato nell'esecuzione delle più famose czarde, gitanerie e musiche
dell'Europa Centro orientale e propone questo genere partendo dalla tradizione e
dalla tecnica musicale originale, con pregevoli originalità negli arrangiamenti
e nell'esecuzione.
Sono stati invitati anche l'Assessore alla cultura della Regione Autonoma Friuli
Venezia Giulia Roberto Antonaz e Joek Horvat Muc presidente della Romanì Union
della Slovenia che hanno già confermato la loro presenza
Ufficio stampa Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?/Kdo se boji Rdeče Kapice?
osservazione@gmail.it - cell. 333
7448623
per saperne di più:
sulla situazione rom e sinti contattare LORENZO MONASTA (cell. 339 4993639) o
EVA RIZZIN (cell. 393 7878880), membri di OsservAzione;
EVA CIUK (cell. 333 7448623) coordinatrice del progetto "Chi ha paura di
Cappuccetto Rosso?" e regista del cortometraggio "Chi è Cappuccetto Rosso?"
CLAUDIO DOMINI (cell. 349 0701495) coordinatore del progetto di fotografia
"Autobiografia del campo"
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