L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
Di Fabrizio (del 13/07/2006 @ 09:49:08, in Kumpanija, visitato 2070 volte)
Se mai interessasse a qualcuno, sarò presso il
Centro
Documentazione dell'Opera Nomadi di Milano (via De Pretis 13 - zona
Barona), tutte le mattine di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì, dalle
9.00 alle 12.00.
Per chi volesse passare di lì (per motivi di studio - ricerca o anche solo
per conoscersi) , consiglio di avvisare in
anticipo, per evitare giri a vuoto.
Di Fabrizio (del 11/07/2006 @ 10:18:55, in Kumpanija, visitato 1638 volte)
Christine Colomo suggerisce il sito Cultures Tsiganes: E' ricco di notizie, immagini e colori, una bella miniera per avvicinarsi a Gitani, Rom, Manouches di Francia. da vedersi con la dovuta calma...
Di Fabrizio (del 03/07/2006 @ 11:06:26, in Kumpanija, visitato 1715 volte)
Dopo l'azione della polizia che si è conclusa con la morte di Vilhem Covaci, in condizioni tutte da chiarire, si sono svolti i funerali, che sono diventati una manifestazione pubblica.
Di Fabrizio (del 02/07/2006 @ 18:34:54, in Kumpanija, visitato 1951 volte)
Un cordiale saluto:
E' un momento storico: dopo anni di discussioni varie e tortuose in
seno all'ONU, lo scorso 29 dicembre a Ginevra (CH), "La Dichiarazione
Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni" è stato approvato dal neonato
Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Invitiamo tutte le organizzazioni del mondo Rom, a dispiegare le
proprie capacità di leadership perché si arrivi ad una discussione per
una "Dichiarazione Universale dei Diritti del Popolo Rom"
Le organizzazioni presenti nel
"Conclave Continentale del Popolo Rom delle Americhe: Il Popolo Rom Altro
Figlio della Pachamama",
celebrato a Quito (Ecuador) nel marzo 2001, indicarono l'importanza che nel
sistema delle Nazioni Unite si confìgurasse al più più alto livelli
possibile, un Forum Permanente, che promulgasse, assieme alle organizzazioni
rom di cinque continenti, una dichiarazione sullo sile di quella per i
popoli indigeni.
Senza dubbio alcuno, con le debite
differenze, il sentiero percorso dagli anni '80 del secolo passato dai
popoli indigeni e dai suoi referenti del mondo, è molto importante per noi.
Di Fabrizio (del 15/05/2006 @ 10:08:47, in Kumpanija, visitato 2337 volte)
Il network Celebrating Cultural Diversity da il proprio benvenuto alla comunità dei Nomadi e Viaggianti dell'East Sussex, come parte integrante ed attiva della propria organizzazione e appoggia la loro lotta per la casa.
Di Fabrizio (del 11/05/2006 @ 11:56:28, in Kumpanija, visitato 1739 volte)
Nawar è il termine dispregiativo che gli Arabi usano per indicare i Dom mediorientali. Praticamente il corrispondente della parola Zingaro. Sulla loro vita e cultura, in Europa si sa pochissimo. Qui un photoset da Flickr. Per chi mastica poco l'inglese, la didascalia riporta:
Ci sono sempre diverse famiglie di Zingari o Nawar come sono chiamati in arabo, che vivono in tende accanto a me, a molti non piacciono ma non mi hanno mai dato fastidio.
SABATO IL TRADIZIONALE RADUNO DEI ROM ALL’INCORONATA DI FOGGIA/ SGHAIER (ACSI): CONTRO LA DEGRADAZIONE DELLA CULTURA ZINGARA
ROMA\ aise\ - I Popoli Migranti, i cosiddetti Rom – Zingari, originari di Macedonia, Bulgaria, Romania, Slovenia, Serbia e Montenegro, Ungheria, Ucraina, Grecia, Turchia, e Armenia festeggeranno il Giurgevdan presso il Santuario dell’Incoronata di Foggia sabato prossimo, 6 maggio.
Come ogni anno, arriveranno Gitans dalla Francia, famiglie Rom, Sinti ed altri ancora da Malaga, Granata, Sevilla, Puertollano, Zaragoza. Si festeggerà la primavera, si scambiano doni, si prega la Madonna Nera, Patrona degli Zingari, si organizzano matrimoni, si offrono pecore in nome di Maria.
Il Giurgevdan, festa pagana, fu introdotta da Preti Ortodossi per contrastare il comunismo, la tirannia e proteggere i Popoli Zingari dallo sterminio etnico perpetrato per anni a danno di popoli pacifici, allegri e spensierati.
"Ancora oggi – scrive il Presidente della Associazione comunità straniere in Italia, Habib Sghaier - purtroppo, la situazione è molto grave. La questione zingara è sempre affrontata come questione etnica. La negazione dell’identità del Popolo Rom porta con sé la degradazione della cultura zingara a sottocultura marginale a cui è negata ogni dignità, la riduzione della lingua, il Romanès, a gergo, la lettura delle strutture sociali, educative, economiche come prodotti dell’emarginazione e del disagio".
È da quest’impostazione, si sottolinea ancora, che discendono politiche d’assimilazione tendenti all’omologazione, alla rimozione d’ogni specificità perché "se il Rom non è portatore di una cultura degna di questo nome, allora i suoi costumi sono solo un sintomo di sottosviluppo, ostacoli da rimuovere per dare luogo ad una compiuta integrazione".
"Non si può continuare ad accettare l’idea di vivere in una società di cittadini di serie a, b, c e d – scrive ancora Sghaier - basata su ghetti urbani (campi), sociali ed etnici, sulla discriminazione tra immigrati e italiani, tra immigrati regolari e irregolari (i cosiddetti clandestini), verso la popolazione Rom e Sinti e sull’improprio sillogismo irregolare=clandestinità=delinquenza. Il raduno dell’Incoronata – conclude - vuole attirare l’attenzione sui Popoli Migranti e per non dimenticare lo stermino di ieri e la ghettizzazione di oggi". (aise)
Di Fabrizio (del 03/05/2006 @ 11:45:33, in Kumpanija, visitato 2338 volte)
A Milano, la comunità Rom di via Idro e la cooperativa Laci Buti 2, prenderanno parte alla Terza edizione di NAVIGLIO MARTESANA IN FESTA, domenica 7 maggio. La mattina escursione a cavallo per i più piccoli. Durante tutta la giornata, funzionerà uno stand espositivo con animazione.
Un paio di giorni fa, mi trovavo in un villaggio di tessitori a
Kancheepuram, oltre 800 case. Continuando a parlare con loro, ho scoperto che
tutti hanno dei problemi a parlare di loro e tendono a cambiare il discorso. La
vita dei tessitori in India non è facile, forse neanche da altre parti del
mondo; non lo so. Mi hanno detto che se lavorassero per un mese e mezzo,
potrebbero tessere al massimo tre sari e che vendendoli a un negozio privato,
riceverebbero solo 1500 rupie.
Hanno raccontato di come la vita per loro sia difficile, come sia impossibile
mandare i bambini a scuola o realizzare i loro sogni. La figlia di un tessitore,
Jayakumar, voleva studiare Commercio al college, suo figlio voleva fare
l'istituto superiore di ragioneria, ma Jayakumar non ha soldi per mandarli a
scuola. Ed entrambe i ragazzi erano bravi studenti.
Mentre stavamo per andarcene, d'improvviso è apparso Sudarshan , il figlio di
Jayakumar, con alcune bibite fresche da un negozio lì vicino. La persona che si
lamentava perché non aveva soldi, voleva offrirci qualcosa di fresco da bere. Ho
protestato dicendo che non era necessario.
Ma non ha voluto ascoltare: "Siete nostri ospiti. Venite da Chennai e non
possiamo lasciarvi andare senza niente. Sappiamo quanto è caldo. Per favore,
bevete una bibita fresca. E visto che è la prima volta che arrivate a casa
nostra, permettiate che offriamo qualcosa."
L'episodio mi ha riportato a un altro fatto capitatomi alcuni anni fa. Dovevo
scrivere sui Narikkuravas di Chennai (per saperne di più:
18/04/06). I Narikkuravas raccolgono materiale dalle discariche e poi
vendono collane, cinture ecc. Vivono in condizioni patetiche e nella povertà più
nera. Ma ne hanno fatto una questione di principio di trovarmi una sedia,
spolverarla e farmi accomodare, offrirmi dell'acqua fresca e delle noccioline.
Non ho avuto il cuore di rifiutare, perchè avrei offeso i loro sentimenti.
Anche allora, stavo per andare e mi hanno offerto una coppia di collane
lavorate in regalo. "Non posso accettare un regalo" ho detto loro. "Sei venuto
in casa nostra, hai parlato con noi. Devi accettarlo come donato col cuore".
Insistettero. Alla fine, li ho convinti ad accettare del denaro, rispondendo:
"Voi le vendete, non posso accettarle gratuitamente." Devo dire che mi hanno
mostrato un caldo affetto ed ospitalità.
Un altro caso che mi ricordo ancora fu durante un rally elettorale a Marina
Beach. Era molto tardi e la spiaggia era affollata dalla folla che ascoltava gli
oratori. Una donna vendeva degli idlis caldi (vedi).
Mi sono seduto lì vicino e abbiamo parlato dei suoi affari e dei discorsi che si
sentivano. Quando stavamo per andarcene, ha insistito perché io e il fotografo
accettassimo i suoi idlis. "E' come se foste miei ospiti. Accettateli in segno
del mio amore." Ho dovuto faticare a spiegarle che ero lì apposta per parlare
con la gente!
Quando faccio dichiarazioni simili, sembrano tratte di peso dalla
sceneggiatura di un film di Bollywood, o posso apparire come un personaggio da
commedia, ma è la verità sulla mia esperienza. Ho scoperto che più la gente è
povera, più desidera mostrarsi ospitale. Considera suo dovere accontentare
l'ospite, anche se questo significa spendere i propri sudati risparmi.
Questo tipo di amore ed ospitalità, mi spiace dirlo, non l'ho trovato nelle
case dei ricchi. Mi sono recato da ricchi sportivi o star del cinema, e alcuni
di loro non ti permettono neanche di fermarti sotto la veranda. Lo scopo delle
visite era lo stesso: intervistarli. Gli uni mi hanno trattato con amore, gli
altri con distacco ed arroganza!
Di Fabrizio (del 20/04/2006 @ 10:33:08, in Kumpanija, visitato 2258 volte)
L'Indépendant - 12 aprile 2006
- Pirenei Orientali - da:
Roma_Francais
Un caso unico in Francia accade a Perpignan, nel cuore della zona Saint-
Jacques. La famiglia Bouziès è la sola a contare sei generazioni grazie alla
nascita di uno pro-pro-pro-nipote il febbraio scorso.
Ecco (alcune ndr) foto in esclusiva, per la prima volta ripresi
tutti insieme.
Jaia è caduta dal letto. Immediatamente ospedalizzata. E' la decana delle
donne di Saint- Jacques, "la Jeanne" come la chiamano tuttora. Lei, Incarnation
Bouziès, nata Reyès, 90 anni. Bis-bis-bis nonna del piccolo Paul nato in
febbraio scorso. "Jaia" è caduta. Nella zona, in questo venerdì mattina, la
notizia della caduta "della Jaia" rimbalza di finestra in balcone. "Cal que
torni a casa!" (occorre che rientri a casa) esclama una prima donna al balcone,
incastrata tra una corda per la biancheria ed una fila di mutande mosse dalla
tramontana. "El metge té de la fer venir a casa nostra. Nos en cuidarem
nosaltres" (il medico deve farla tornare a casa. Ce ne occuperemo noi.)
rilancia un secondo che abita della cima di un terzo piano dalla facciata
butterata.
Sì, è così tra i Gitani. Tutti cugini, tutti della stessa famiglia, in un
modo o nell'altro. "La forza del gitan, sono l'unione e la solidarietà." Un
orgoglio per Manuel Bouziès, 74 anni, il figlio di Incarnation. Ed oltre, una
dimostrazione quotidiana ed unica. Poiché se l'identità gitana si definisce con
l'appartenenza ad una famiglia, un luogo particolare e ad un modo di vita
specifica, Bouziès può dire di esserne l'esempio. Sei generazioni strettamente
legate tra il 1916 ed il 2006 e nessun segno di dispersione. Stessa città,
stessa zona, stessa via. Rue des Remparts Saint -Jacques 20, è qui che
i Bouziès hanno firmato il loro patto di vita in comune. Un arco teso tra il rispetto
dei "vecchi" e le frecce infiammate di una sfilza di bambini-re.
Nella sala da pranzo di Manuel alias "Papa Vell", la credenza bianca
smaltata, che crolla sotto il peso dei soprammobili, è sospeso su il nido
intergenerazionale dei Bouziès. "Papa Vell" è nato in 1932. Con "Mama Vella",
hanno avuto quattro figli, tredici nipoti, venti pronipoti ed una pro-pro
nipote.
Sei generazioni al totale! E i nomi che giocano anacronisticamente a
cavallina tra vecchio e nuovo testamento, i modelli delle serie televisive
americane ed i nomi dati di padre in figlio. Poiché al di là della linea
eccezionale "Incarnation - Manuel - Manuel - Nadia - Abraham - Paul", "Jaia" non sarà mai
sola. Tra Giovanna, Esaie, Samuel, Isaac, Madison, Falone e poi Cubana, non c'è
uno solo giorno senza che tutta la famiglia non sia in contatto. E "Papa Vell"
riconosce con voce dal tono profondo "Ci sono momenti che perdo il filo con
tutti questi nomi!" Tanto più che "Papa Vell", con sua moglie, ha cresciuto 10
dei suoi 12 nipoti, che sono già avi e bisavoli.
Manuel, il patriarca
Il pilastro, è lui e nessun altro. Quello la cui parola non si discute. Quello a
cui atterrano tutte le interrogazioni
dell'infanzia, le felicità e a volte i rovesci dell'età adulta. "Papa Vell" ha
qualcosa di tutto. È un tipo di Dio-padre, orologio della genesi familiare,
metronomo delle bugie e verità di fronte al tempo che passa. "Da me, c'è il
cuore, Chiunque può venire in qualsiasi momento. La mattina, mi ritrovo un figlio o un nipote sul divano. Nella cucina, scopro in seguito
che mi hanno cucinato una bistecca. Come voi dite...
Tutti ci si raggruppa, ci si aiuta... È qualcosa così!"" Dai Bouziès,
ilcostume
non sopporta il vagabondaggio. Così, non è raro che "Papa Vell" imponga la sua
sacrosanta autorità e rimproveri seccamente suo figlio Manuel di 55 anni,detto
"Joseph". "È vero... Se mio padre mi dice di non comperare quest'automobile ad
esempio, allora lo ascolto... Ed è così per tutti gli argomenti." Un'obbedienza
che a volte manda persino Manuel in camera sua, quando "Papa Vell" non
è d'accordo...
Il patrimonio della famiglia
Vagabondaggio vietato, matrimoni fortemente combinati, segreti
conservati gelosamente. E le donne in questa famiglia labirintica? "Devono restare
in casa, sono fedeli e si occupano dei nostri bambini." Sotto la
capigliatura,
Nadia sorride timidamente.
"Papa Vell mi ha fatto la guerra per un anno, non voleva che prendessi la
patente." Ed il nonno onnisciente sottolinea: "Sì, è vero.Non voglio che
vada in piazza Cassanyes o piazza du Puig con l'automobile. Quello mi offende!"
Le sciocchezze dei giovani? "Si prova a rimetterli nella giusta strada,
far apprendere a leggere e scrivere, dir loro che occorre lavorare per
guadagnare denaro." Una sfida non sempre facile da sollevare in questo
turbinio tumultuoso di generazioni. Certo, i rapporti sono semplificati, le
preoccupazioni di base, e tuttavia incessantemente segnate da un'opposizione
nostalgica tra "la vita di prima" e la "vita moderna d'oggi".
"Prima, la vita era dura ma bella. Si facevano i vecchi lavori, si
tosavano gli animali, si vendeva il pizzo o del filo... Si parlava il gitan, il
kalo. Oggi, i giovani non lo capiscono neppure... Eccetto uno dei nostri figli
Paul, che fa il pastore..." Papa Vell e Mama Vella hanno un solo rammarico:
quello non di sapere né leggere né scrivere. Dai Bouziès, la vita si sgrana al
figlio delle "assemblee" alla chiesa evangelica, situata a due porte della culla
familiare. Sui tavolini da notte, sempre una bibbia. Sulla tavola, sempre l'escudella,
il piatto tipico dei gitani. Una liturgia culinaria trasmessa di madre in
figlia. Ma tra le generazioni, poche fotografie legate. Appena alcune flash di
matrimonio ingialliti. Neppure nessun gioiello di famiglia. L'eredità materiale
non fa parte della tradizione gitane.
Sepolta senza scarpe "Le storie di famiglia, sono ciò che c'è più di importante, è più bello!"
tempesta "Jaia". Uscita dell'ospedale dopo due giorni, passa i suoi giorni
circondata dalla sua discendenza demoltiplicata. "Non la lasceranno mai sola, non
conoscerà mai l'ospizio." Ore a raccontare, l'occhio vivo, a volte il pugno
alzato. Suo padre durante la guerra di Cuba, la vendita di pizzi, di fili e
di panni... Novanta anni di memorie ed un temperamento di un'acutezza
fantastica. Quasi disarmante. "Ho visto una pubblicità alla tele di uno sciampo
che fa crescere i capelli, lo voglio io! E quando voglio qualcosa, bisogna che
lo abbia!" "Jaia"non ha oggi un solo desiderio "Non so quanti bambini
conta la mia famiglia, io non hanno mai assistito ai matrimoni, non mi
piacciono. Ma li voglio tutti con me prima di morire e voglio essere sepolta senza
le mie scarpe..." Che ha tanto utilizzato le sue suole sui cammini della
vita.
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