Rom e Sinti da tutto il mondo

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La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/04/2009 @ 09:08:30, in Italia, visitato 1497 volte)

(ASCA) - Roma, 18 apr - ''La politica deve dare una risposta alle esigenze di tanti immigrati colpiti dal terremoto, con un permesso di soggiorno in scadenza o la pratica per un ricongiungimento familiare aperta''. A lanciare l'appello e' il responsabile dell'ufficio immigrati della Caritas aquilana, Gioacchino Masciovecchio, che affronta il problema dello ''status'' degli stranieri che, a causa delle scosse, hanno perso casa e lavoro, condizioni imprescindibili - secondo la legislazione vigente - per restare in Italia.

E' la prima volta che nel nostro Paese si verifica una catastrofe da quanto la presenza degli immigrati e' diventata cosi' consistente. Il rischio, denuncia Masciovecchio, e' che ''un gran numero di persone che vivono qui da anni in maniera regolare si trovi all'improvviso nella clandestinita'''. Per questo, l'invito che lancia alle istituzioni e' una moratoria nelle scadenze dei permessi di soggiorno, cosi' come sta avvenendo per utenze e mutui, ''dando modo alle persone di riprendersi''. Mentre, per quanto riguarda i ricongiungimenti, andrebbe permesso agli immigrati di riallacciare i contatti con la rete parentale, ''magari consentendo loro di tornare nei Paesi d'origine, pero' con la garanzia che cosi' facendo non perdono il diritto a stare in Italia''.

Un'altra 'tragedia' dimenticata, nell'emergenza terremoto, e' quella delle molte famiglie migranti e Rom disperse o che hanno perso anche gli alloggi di fortuna in cui vivevano.

Alcune famiglie romene e kossovare, fuggite dai centri colpiti dalle scosse, si sono rifugiate in edifici pericolanti. Altre, invece, - secondo la denuncia del Gruppo EveryOne, dell'associazione Them Romano e della Federazione Rom e Sinti - sono state allontanate dai ricoveri allestiti presso case di accoglienza e hotel perche' ritenute ''sciacalli che cercano di approfittarsi della tragedia per passare qualche notte gratis in albergo''.

asp/mar/ss

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Di Sucar Drom (del 19/04/2009 @ 12:38:17, in Kumpanija, visitato 1463 volte)

 Auguri di buona Pasqua Ortodossa

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Di Fabrizio (del 19/04/2009 @ 09:18:12, in Europa, visitato 1592 volte)

Segnalazione di Tom Welschen

Par Hélène Decommer | Etudiante en journalisme | 14/04/2009 | 17H59

Questo martedì mattina, alle 6, i CRS (vedi QUI ndr) hanno sgomberato un accampamento di circa 400 Rom, tra cui un centinaio di bambini, installati da sei mesi a Drancy, Seine-Saint-Denis.

I Rom raccontano che una ventina di mezzi della CRS sono arrivati e che i poliziotti li hanno sloggiati senza riguardo e senza autorizzazione. Spiega un mediatore sociale dell'accampamento:

"Hanno forzato la porta, ed in seguito, non si sono qualificati. Ci sono state madri con bambini spinte fuori, gente messa a terra (sul link -cliccare sul logo della testata- si può ascoltare l'intervista a Saimir Mile, presidente dell'associazione La Voix des Rroms)"

Senza sapere dove andare, gli espulsi si sono installati dalle ore 10 davanti alla stazione di Saint-Denis. Tra il canale e la fermata dei bus, hanno depositato le loro cose raccolte in fretta e furia. I bambini giocavano mentre i genitori cercavano un nuovo terreno dove installarsi. Diverse dozzine di Rom espulsi sono già partiti per le città lì attorno.

"I Rom sono la patata bollente che si rigirano"

Sul posto, sono presenti diverse associazioni. Alexancre Le Cleve, direttore di Hors la rue, racconta:

"Espulsioni come queste succedono molto spesso. I Rom, sono la patata bollente che si rigirano. Sono anche la variabile di adeguamento della politica francese sull'immigrazione.

L'anno scorso, sui 25.000 rimpatri alla frontiera organizzati dal governo, 10.000 riguardavano i Rom di Romania."

20.000 euro per espulsione

Saimir Mile, presidente dell'associazione La Voix des Rroms, tira fuori la sua calcolatrice:

"Abbiamo fatto il calcolo partendo dalle cifre del governo. Tenuto conto che il senato stabilisce a 20.000 euro il prezzo di un'espulsione, la Francia avrebbe dispensato 600 milioni in questi tre ultimi anni, unicamente per i Rumeni.

Vi rendete conto del pasticcio! E' un enorme spreco di soldi quando questa gente potrebbe lavorare. Voi avete qui muratori, autisti, donne che lavorano."

Tra i bambini sgomberati, una cinquantina sono scolarizzati a Seine-Saint-Denis. "Hanno atteso le vacanze scolastiche per lanciare lo sgombero", rilancia con amarezza Saimir Mile. Dopo 14 ore, ne i Rom ne le associazioni avevano ricevuto spiegazioni da parte del sindaco o della polizia.

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Di Fabrizio (del 19/04/2009 @ 08:55:01, in blog, visitato 1508 volte)

Sono su Facebook dall'inizio di settembre scorso. Lo trovo un ottimo strumento di supporto per questo blog.

Pian piano, sto ricreando lì la rete di contatti che hanno contribuito alla crescita di Mahalla. Oppure trovo persone di cui non sospettavo l'esistenza che invece conoscono bene questo sito o gli argomenti che tratto.

Tra i tanti, recentemente ho ritrovato Kristína Magdolenová, fondatrice della Roma Press Agency e di Rómovia, che forniscono notizie (anche in inglese) sui Rom di Slovacchia, politica, diritti civili. E' anche animatrice del gruppo FB sul Roma Media Centre.

Una scoperta di qualche giorno fa: Giovanni De Cecco, un pianista italiano che sa coniugare musica rumena, klezmer/rom e classica. E' anche su Myspace, dove potete averne un assaggio.

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Di Fabrizio (del 18/04/2009 @ 09:47:32, in Kumpanija, visitato 1819 volte)

Anche se alcune affermazioni possono non piacere (o sono di difficile condivisione), l'articolo ha diversi spunti interessanti, nel tratteggiare quella che può essere definita la "memoria nomade" collettiva. Che è anche il limite dello scritto, date che ogni popolazione ha avuto un passato nomade e col tempo si è evoluta con differenze notevoli.

Il portale dei giovani della pace giovedì 16 aprile 2009

Renato Rosso ama comunicare e condividere le sue esperienze, e, partendo da esse, riflettere sul nostro quotidiano. Questa volta lo fa con "storie parallele" di popoli zingari, quelli che abitano Paesi lontani, terre di antica origine, e quelli insediati in Europa, in Italia.

Renato Rosso: 36 anni di missione itinerante (Bangladesh, India, Filippine, Brasile, Italia…) al servizio di comunità diverse dell’universo zingaro. Un inconsueto tipo di presenza, non sempre stabile, ma che ha costruito, con tempo e fatica, una Chiesa in realtà che senza di lui forse non sarebbero mai state raggiunte. Presenza di crescita umana e spirituale in comunità non cristiane; soprattutto animando scuole - sovente itineranti su barche, o nei pascoli… - disegnate sul modello di vita degli alunni. Suscitando energie, formando persone che finora hanno assicurato non solo continuità ma anche crescita delle iniziative, grazie alla loro testimonianza.

Ha senso guardare in parallelo le civiltà nomadi che tu incontri in Asia e quelle dei Balcani, dell’Italia e di altri Paesi?
Io parlerei di nomadi nel mondo. Inclusi i nostri, qui in Italia, tutti partono dall’India nord occidentale, 700-800 anni fa. In Grecia li troviamo già nel 1300 e nel 1400-1420 in Italia; pochi anni dopo in Francia, in Spagna e in breve in tutta Europa.
Ancora prima, nel 1700 a.c., nasceva la cultura nomade beduina in Arabia, allargandosi poi nel Nord Africa e fino all’Afghanistan, all’India.
La sedentarizzazione inizia più o meno 12.000 anni fa, ma nell’Asia poco tempo fa. Alcune frange sono rimaste nomadi, e sono quelle che noi incontriamo oggi.
Personalmente, ho elencato 440 di questi gruppi, nomadi o seminomadi, nel subcontinente indiano.

Esistono similitudini tra zingari europei e zingari del subcontinente indiano?
Sono molto simili. È il tipo di vita che crea il loro modo di essere: il vivere sotto il cielo, il contatto con la natura. Cambiano il modo di vestire, le lingue. Però il modo di pensare, di fare politica all’interno del gruppo, di relazionarsi con gli altri sostanzialmente è simile.
Per esempio il gruppo - una quindicina di famiglie - si difende con un capo, eletto e che ha l’ultima parola; hanno un tribunale loro, con avvocati e giudici eletti. Non fanno riferimento alle autorità locali. È interessante il fatto che nel loro vivere la politica presentano una democrazia diversa, non riferita ad un’ideologia. Il segreto è considerare ogni membro del gruppo come uno della mia famiglia.

Di questa cultura, conosciuta solo attraverso pregiudizi, quali sono secondo te i valori importanti?
Il valore centrale è la famiglia, la loro ricchezza sono i figli. Non hanno altro. In Europa come in Bangladesh, quando uno ha sbagliato viene giudicato ed eventualmente punito, sempre però tenendo conto che potrebbe essere mio figlio, mio fratello. Ci si relaziona con una persona e la sua storia, non con un numero. Pensa quale rivoluzione!
Ci sono altri aspetti interessanti, come la possibilità di fare scelte meno dipendenti da norme formali. Ovviamente l’istinto è anche un limite: promuovere la scuola per loro è proprio lavorare su questo. Anche la religiosità è un valore cui danno grande importanza. Con la nostra presenza cerchiamo proprio di arricchire tutti questi elementi.

Che tipo di rapporto vive il nomade con la società che lo circonda?
Rimangono minoranze. Uno zingaro in Italia è visibilmente diverso da chi vive in una casa.
Anche se, in tutto il mondo, la casa non è la roulotte, la carovana o la tenda: la casa è l’accampamento. Dove tutti vivono e i bambini sono educati al ritmo del gruppo, dal gruppo intero. La famiglia nucleare esiste, però è nel gruppo che si decide, per esempio, di mandare i bambini a scuola; papà e mamma potrebbero arrivarci un po’ prima, ma dovranno aspettare il gruppo. È sempre il gruppo che deve essere motivato e non un singolo.
Sia qui che in India poi - benché in India la gente comune dei villaggi possa essere più povera degli zingari - lo zingaro è una persona di cui si ha paura. Perché è nomade, e non sai da dove viene e dove va.

Solo timore, non fascino?
Anche, le due cose si mescolano. Per esempio, gli zingari la sera si riuniscono e cantano, danzano; questo crea un certo fascino, ma il timore e il disprezzo restano.
Molte volte anche da parte di chi, zingaro, si è sedentarizzato. Uno dei motivi è l’assenza del concetto di proprietà privata, che rende liberi nel rubare. Cosa che in Asia è rarissima: c’è poco da rubare, i ricchi sono pochi e si difendono molto bene; e normalmente i nomadi lavorano tutti. Qui in Europa la situazione è diversa. In passato procurarsi il sostentamento non era difficile, incluso razziare qualche gallina… Poi la società è cambiata, le esigenze anche e le piccole delinquenze sono diventate organizzate; oggi abbiamo anche in mezzo a loro una criminalità pesante.

Non c’è più uno spazio economico per un’attività tradizionale. Occorre avere altre capacità…
Certo. È già accaduto in Asia, ma in Europa è stato appunto diverso. Nel polverone riguardo al mondo zingaro in Italia, parte del problema è però aggravato da una corruzione che ci riguarda. Ci sono avvocati che lucrano su di loro. Se qualche anno fa con 5 milioni di lire si faceva un processo, oggi si chiedono 100 o 150mila euro. In qualche modo si è detto loro: non è importante essere onesti o disonesti, rubare o non rubare, ma avere tanti soldi per risolvere i problemi. Se rubi poco, rimani in prigione.
Il rischio è che il resto della società pensi che gli zingari sono i nemici, e che loro pensino che il resto della società è il nemico. È un cane che si morde la coda. Gli zingari arrivano da noi con una certa ingenuità, con una fisarmonica, un bicchiere di plastica, girando sotto le finestre, suonando. Però poi lentamente sono assorbiti dalla criminalità organizzata, per la quale più sono meglio è. A volte sento dire: "Io non voglio, ma cosa faccio? Mi obbligano".
Moltissimi Sinti e Rom per fortuna lavorano: da trent’anni a questa parte sono entrati nei Luna Park e nei circhi. Un lavoro pesante ma dignitoso. Ultimamente hanno anche altre attività, come paninoteche ambulanti, bar… una Sinta era entrata giovane al mattatoio di Torino: ora avrà trent’anni ed è capo reparto, per la sua intelligenza, per la sua onestà, per la sua capacità.

Chi lavora si sedentarizza?
Vivono nel campo, nella roulotte con gli altri, ovviamente una vita sedentaria perché chi ha un lavoro fisso non può spostarsi. Intanto i loro parenti e gli altri svolgono altre attività, qualcuno non ne fa nessuna… c’è di tutto.
Uno dei problemi, oggi, é l’arrivo di nuovi gruppi dall’est. Secondo me l’unica via d’uscita è che anche noi italiani decidiamo di diventare una nazione più onesta. Una nazione davvero fondata sul lavoro, dove chi non lavora non mangia. Dove chiunque, se ruba o delinque, è punito, in proporzione alla gravità del fatto, senza scappatoie.

Tanti di noi sono consapevoli di vivere in una società dove esiste una cultura mafiosa, ma scelgono la legalità.
Penso sia più alta nel mondo degli zingari la parte delle persone che dicono: comincio io. Solo in Piemonte, sono alcune centinaia, negli ultimi due anni, quelli che sono entrati nel mondo del lavoro, dopo le migliaia già assorbite dal mondo dei luna park. Persone che si sono rifiutate di entrare nella criminalità. Ricordo un papà con due figli a Milano, coinvolto nella criminalità, che ha fatto di tutto perché i figli non facessero la sua stessa vita. Ha cercato di dare un lavoro a entrambi. Con un figlio è riuscito, con il secondo no. A Torino, due anni fa, c’è stata una catechesi all’interno dell’accampamento, tenuta da una catechista Sinta: questo papà tutte le settimane veniva con un figlio. Voleva salvarne almeno uno e ha cercato di offrirgli anche una fede che lo potesse aiutare, dei valori. Persone così non sono una minoranza.

Che prospettive vedi per lo stile di vita nomade?
Non ho mai chiesto a uno zingaro nomade di sedentarizzarsi, né a uno che vuole sedentarizzarsi di continuare ad essere nomade. Penso che il compito di un operatore responsabile sia stare accanto a questi fratelli. Noi da tempo forniamo la scuola come elemento aggiuntivo: saranno poi loro a decidere come utilizzarlo. Ci sono bambini che quattordici anni fa hanno iniziato in Bangladesh, in India con le nostre scuole mobili, nell’accampamento, sotto le tende, sotto gli alberi, in maniera del tutto informale. Dopo un paio d’anni sono andati da parenti, per continuare alla scuola pubblica. Sono diventati insegnanti e adesso sono tornati nell’accampamento e fanno scuola agli altri bambini, continuando ad essere nomadi.

Arricchiscono la comunità…
Certo, una grande ricchezza. Altri invece sono andati a scuola e non sono tornati alla vita nomade. La scelta è loro. Noi offriamo mezzi di sviluppo per poter fare qualche passo in più, se lo desiderano. Io penso che abbia un senso la vita nomade, come ha un senso la vita sedentaria, salvo che si voglia fare violenza su questa umanità e creare una cultura unica.
Cent’anni fa Francesco Predari, autore del primo testo italiano interamente dedicato al tema, diceva: "Se qualcheduno volesse conoscere un poco la cultura zingara, cerchi di farlo in fretta, perché entro pochi anni spariranno e fra cento anni non ci sarà nemmeno più il ricordo di questo gruppo etnico". Cento anni sono trascorsi, e gli zingari sono molti più di allora: in Italia si parla di 80.000, oltre all’ultima ondata di rumeni. A Torino soltanto in questi ultimi due anni ne sono arrivati 2.500.

Cos’è la speranza per il futuro di uno zingaro?
Il mondo zingaro non ha prospettive di lungo periodo, pensa a sistemare i suoi figli oggi, adesso. Non c’è una percezione vera e propria del senso della storia. È una scelta di vita che porta con sè una percezione completamente diversa di molte cose.

intervista di Mauro Palombo
foto di Toni Gortz
da Nuovo Progetto dicembre 2008

Vedi la scheda "Bangladesh, scuole itineranti" dedicata alla collaborazione tra il Sermig e don Renato Rosso.

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USA
Di Fabrizio (del 18/04/2009 @ 09:19:25, in Kumpanija, visitato 2648 volte)

Da Roma_Daily_News

America.gov 7 Aprile 2009 I Rom in America di Carlos Aranaga Staff Writer
Diversi, una comunità di milioni valuta la sua identità culturale

John Nickels è un attivista rom di Wildwood, New Jersey, che dice ciò che pensa sui pregiudizi contro gli Americani di origine rom

Washington - Nella Giornata Internazionale dei Rom, l'attenzione sarà sull'Europa, dove il popolo rom è sopravvissuto a secoli di marginalizzazione e persecuzione. Anche oggi i Rom europei chiedono parità sociale ed opportunità economiche. Meno conosciuti sono i Rom USA,  che l'Ufficio del Censimento conta a poco più di un milione, dispersi negli USA, con gruppi presenti nel Texas, in California e nel Midwest.

Il popolo rom traccia le sue origini nell'Europa orientale e centrale, ma è stereotipato negativamente negli Stati Uniti ed in Europa, sempre più spesso dai media popolari come "Zingari", con presunti comportamenti antisociali. I preconcetti hanno portato al pregiudizio e alla profilatura etnica, incluso leggi locali discriminatorie.

La Giornata Internazionale dei Rom celebra la cultura romanì ed aumenta la consapevolezza delle tematiche affrontate dal popolo romanì. L'8 aprile è stato scelto come ricorrenza annuale dal quarto Congresso Romani Mondiale, tenutosi in Polonia nel 1990. Anche gli Stati Uniti in questo giorno chiamano al rispetto dei diritti umani dei Rom.

Il professore Ian Hancock dell'Università del Texas ad Austin, preminente studioso Rom americano, dice che nel nord America ci sono stati Rom dall'epoca coloniale, quando piccoli numeri [di loro] vennero portati dalla Bretagna per lavorare nelle piantagioni della Virginia, Barbados e Giamaica. Un numero più grande di immigrati rom cominciò ad arrivare in America alla fine del XIX secolo, spinti dalle guerre e dal tumulto sociale in Europa.

L'emigrazione continua a tutt'oggi, dice Hancock, lui stesso immigrato di origine Romanichals, I Romanichals sono il ramo romanì che si trova nel Regno Unito.

Romanì è anche un termine usato per descrivere i dialetti usati da rami del popolo rom. Il linguaggio è fortemente influenzato dalle lingue locali, cosa che può rendere difficili per i Rom di differenti regioni comunicare tra di loro.

Per i Rom tradizionalisti, dice Hancock,  preservare la propria distinta identità culturale è una preoccupazione preminente, anche se forti correnti di assimilazione spostano i giovani verso la più vasta corrente culturale, come per altre minoranze etniche ed immigrati.

"C'è un conflitto di cultura, una paura di perdere la propria -Romani-tà- e di cambiare, che non è bene," dice Hancock.

Nathan Mick è un Americano di discendenza rom, che ha lavorato a Capitol Hill, ha rappresentato gli USA in sedute diplomatiche, ed ora è un funzionario di sviluppo economico a Garrard County, Kentucky. Mick parla degli elementi comuni della cultura rom condivisi dai Rom americani.

"C'è un senso di comunità nella cultura rom che ci spinge a stare assieme vicini, all'interno di rapporti di famiglia strettamente tessuti, per cui non c'è molta interazione tra le differenti comunità rom, che isolano gli stranieri," dice Mick.

"Crescendo, non ero cosciente del tutto delle mie origini," dice Mick. "Mio padre non è Rom, mia madre Romanichal. Sono cresciuto nel Nebraska e giravo con loro d'estate. Solo nel periodo della scuola superiore ho imparato la distinzione. Poi ho saputo dell'Europa, soprattutto l'Olocausto."

Durante la II guerra mondiale oltre 700.000 Rom perirono nel genocidio nazista.

Un gruppo USA attivamente impegnato nel cambiare le vite dei Rom è The Voice of Roma, a Sebastopoli, California, gruppo non-profit con un collegamento speciale ai Rom che vivono come persone disperse in Kosovo. The Voice of Roma ha un ufficio in Kosovo per implementare lo sviluppo economico, progetti umanitari ed educativi. Negli Stati Uniti, il gruppo presenta arti e tradizioni culturali romanì in una maniera che contrasta tanto gli stereotipi romantici che quelli negativi.

Petra Gelbart, nata nell'odierna Repubblica Ceca, etnomusicologa ad Harvard e volontaria presso Voice of Roma, che si focalizza sulle questioni femminili, ha radici nei gruppi rom tedeschi, slovacchi, e ceco-moravi.

"Intendiamo aiutarli ad ottenere più voce e intervento riguardo l'attività economica, istruzione e condizioni migliori nella comunità," dice Gelbart.

Il progetto del gruppo "Fili che Ci Connettono" aiuta i Rom a creare tessuti per renderli più autosufficienti.

The Voice of Roma organizza tutto l'anno eventi culturali. "Canto e suono la fisarmonica," dice Gelbart, che si esibirà a maggio. Per la Giornata Internazionale dei Rom 2009, sono in programma concerti, laboratori di danza, discussioni e festival del cibo rom, nelle sedi di Los Angeles, San Francisco ed Arcata, in California settentrionale.

Secondo Sani Rifati, presidente di Voice of Roma, l'impatto della loro azione culturale è stato "incredibile".

"Uscire nelle scuole di ogni grado e nei college vale realmente la pena. Gli stereotipi culturali che sono lì di fuori stanno davvero paralizzandoci. Tutto ciò aiuta."

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Di Sucar Drom (del 17/04/2009 @ 10:45:03, in blog, visitato 1724 volte)

Abruzzo, EveryOne: i Rom sono discriminati
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Slovacchia, i poliziotti seviziano sei giovani rom, è polemica
La 38° Giornata internazionale dei Rom e dei Sinti è stata segnata in Slovacchia dalla rivelazione sconvolgente delle sevizie imposte da alcuni poliziotti a sei giovani rom, due dei quali appena 13enni. La triste vicenda è accaduta nel commissariato di Kosice nell'est del ...

Ddl sicurezza, Governo battuto
Il governo è stato battuto stamani alla Camera sul decreto legge in materia di sicurezza, quando è passato un emendamento dell'opposizione, grazie ad alcuni voti della maggioranza, che sopprime una norma sugli immigrati fortemente voluta dalla Lega Nord...

Rom e Sinti, nuova ordinanza di Berlusconi
Il 1 aprile 2009 il Presidente Berlusconi ha emesso l’ordinanza n. 3751 “ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia”...

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“In ragione delle loro vicissitudini e del loro perpetuo sradicamento, i rom costituiscono una minoranza svantaggiata e vulnerabile […] e pertanto necessitano di una protezione particolare”...

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Parole di impegno e un appello alla tolleranza sono stati pronunciati da Hillary Clinton in difesa dei diritti delle popolazioni rom in Europa. Con un messaggio video il segretario di stato american...

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Di Franco Bonalumi (del 17/04/2009 @ 09:47:39, in Europa, visitato 1739 volte)

Da Hungarian_Roma

7/4/2009 Autore: DPA

Budapest – La casa di un politico rom ungherese è stata data alle fiamme all’alba di Martedì, in quello che la polizia ritiene essere stato un attacco mirato. Il fatto ha avuto luogo a Tatarszentgyorgy, un villaggio a circa 40 kilometri dalla capitale, già teatro lo scorso Febbraio di un brutale omicidio.

I vigili del fuoco hanno riferito che una stanza della casa di Lodia Horvath, vice capo del Consiglio Rom locale, è stata completamente bruciata.

Al momento dell’incendio la casa era vuota: la Horvath stava prestando servizio presso una postazione di sorveglianza della comunità rom locale, istituita dopo l’omicidio di Febbraio.

La Horvath ha riferito all’agenzia nazionale per le notizie MTI che la comunità rom nel suo villaggio vive in un clima di paura costante.

Peter Papp, capo dell’unità di polizia criminale investigativa della contea, ha detto che i responsabili avrebbero utilizzato un qualche tipo di sostanza infiammabile per appiccare l’incendio.

Le fiamme sono divampate a poche centinaia di metri dalla casa dove un padre rom e suo figlio erano stati uccisi a colpi d’arma da fuoco in Febbraio, mentre fuggivano dalla loro casa presumibilmente data alle fiamme dagli assassini stessi.

Negli ultimi anni ci sono state oltre una dozzina di aggressioni con armi da fuoco, bottiglie molotov ed altre armi di vario tipo in Ungheria contro case di proprietà di Rom.

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Di Fabrizio (del 17/04/2009 @ 09:39:23, in Kumpanija, visitato 1935 volte)

Da Romanian_Roma

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Dichiarazione d'adesione

Oggi, 19 marzo 2009, le donne rom che hanno partecipato all'incontro "Iniziative donne Rom", hanno concordato sulla fondazione del Club Donne Rom di Bucarest, avendo come obiettivo lo scambio di opinioni, informazioni, esperienze e conoscenze, allo scopo di migliorare lo status sociale delle donne rom a Bucarest ed in Romania.

Come obiettivi specifici, le componenti del club vogliono indirizzarsi alle seguenti questioni:

  1. Accesso ad istruzione di qualità
  2. Accesso ai servizi sociali e sanitari
  3. Accesso all'alloggio ed al mercato del lavoro
  4. Il ruolo delle donne rom nella famiglia e nella società
  5. Multipla identità delle donne
  6. Riconciliazione vita privata-lavoro

Il club si incontrerà mensilmente ogni giorno 25 del mese, alle 17.00 presso il Clubul Florarilor – pasaj Obor, Sector 2, Bucharest .

Il Club Donne Rom di Bucarest è aperto a tutte le donne rom interessate nello sviluppo degli obiettivi sopra menzionati.

Per ulteriori informazioni, prego contattare Mrs. Violeta Dumitru - Coordonator AFRR dvioleta26@yahoo.com ; phone: 0722640591.

Le fondatrici:

  • Busuioc Florina
  • Petre Floarea
  • Bogatu Claudia
  • Dobre Violeta
  • Petre Ionela
  • Dumitru Ioana Camelia
  • Ioana Dorneanu
  • Stan Simona
  • Olteanu Catalina
  • Scripcaru Nicoleta
  • Dumitru Alexandra Alina
  • Caruta Bianca
  • Violeta Dumitru
  • Isabela Mihalache
  • Gergescu Maria
  • Porojan Mariana

La lista rimane aperta a tutte le persone interessate.

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Di Fabrizio (del 17/04/2009 @ 09:33:24, in musica e parole, visitato 1788 volte)

Il 18 Aprile l'Alexian group si esibirà in concerto a Roma presso Piazza Dei Tribuni a partire dalle ore 21.00

Il concerto si svolge nell’ambito della manifestazione "Q44" (per commemorare le 44 vittime del rastrellamento nazifascista al Quadraro, avvenuto il 17 aprile del 1944) organizzato dal 10° Municipio di Roma in collaborazione con l’Associazione Culturale Romà Onlus.

Nel programma dell’evento è previsto il concerto degli Avion Travel che si svolgerà venerdì 17 aprile a partire dalle ore 22.

E la settima edizione di un evento che si sviluppa intorno a iniziative culturali e spettacoli, che il Municipio organizza in occasione dell’anniversario del rastrellamento.

In occasione del concerto il gruppo presenterà in anteprima nazionale il nuovo Cd dal titolo "Me pase ko Murdevèle – Io ac-Canto a Dio" prodotto e distribuito a livello internazionale dalla Compagnia Nuove Indie. Il Cd contiene undici brani religiosi in cui si evidenzia la spiritualità delle diverse comunità Romanes che professano religioni diverse fra loro ma uniti dalla stessa cultura e dalla stessa filosofia di vita .

Il cd è presentato da Monsignor Carlo Ghidelli Arcivescovo di Lanciano-Ortona.

Il gruppo composto da Alexian Santino Spinelli (fisarmonica), Luciano Pannese (contrabasso), Andrea Castelfranato (chitarra), Gennaro Spinelli percussioni), da anni ricerca e valorizza la cultura musicale romaní. Il concerto non é altro che un percorso musicale e canoro (in lingua romaní) attraverso gli stili musicali romanès, per un viaggio ideale attraverso l'intimità della storia e della cultura Romanì interpretata in maniera assolutamente originale.

Il leader del Gruppo Alexian Santino Spinelli, fisarmonicista e cantautore conosciuto a livello internazionale per le sue numerosissime attività culturali, ha già pubblicato cinque Compact Disc distribuiti a livello internazionale.

Per maggiori informazioni
http://www.alexian.it
tel 392 3577386
email giuliadirocco@fastwebnet.it

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