Di Fabrizio (del 03/06/2010 @ 09:52:26, in Italia, visitato 1877 volte)
31 maggio 2010
Un grave episodio di discriminazione a Palermo contro una famiglia rom
raccontato da Mario Affronti.
Il fatto: una bella e numerosa famigliola Rom, cui è stato assegnato un
appartamento confiscato alla mafia secondo una procedura pienamente legale, è
stata rifiutata dai condomini sia di via Bonanno e sia (è notizia di oggi) di
Corso Calatafimi.
Parlo di bella e numerosa famiglia per conoscenza personale. La mia famiglia è
stata ospite lì al campo Nomadi della Favorita in ripetute occasioni, anche a
cena, presso la casa-baracca in cui vivono (non so come facciano a mantenerla
dignitosamente pulita senza acqua né servizi igienici) e i miei figli assieme ad
altri ragazzi della Lega Missionaria Studenti hanno fatto attività di
doposcuola, e non solo, per tutti i bambini del campo grazie alla loro preziosa
collaborazione.
Il fatto impone alcune riflessioni ed una chiara presa di posizione. Trattasi di
un chiaro caso di discriminazione razziale che ci fa ritornare indietro nel
tempo e che sembra grave in quanto riguarda il nostro tessuto sociale, la nostra
gente, il popolo palermitano che invece, anche in un recente passato, ha
mostrato un atteggiamento di accoglienza e di ospitalità verso l'altro,
specialmente se diverso. Non è un problema di quartiere più o meno "in", di zone
più o meno esclusive o degradate della nostra città. Non riguarda solo i ricchi
che hanno paura di essere derubati ma, per lo stesso motivo, anche i poveri che
pensano di rischiare anche quel poco che hanno. È appunto un problema sociale di
cui gli zingari (che tra l'altro rubano anche i bambini) rappresentano la punta
d'iceberg, ma che interessa anche gli immigrati terzomondiali, oggi numerosi
nelle nostre contrade, gli omosessuali ed in generale tutto quanto non rientra
nei nostri canoni ormai diventati angustamente ed inesorabilmente etnocentrici.
La causa di tutto ciò – e veniamo così alla prima riflessione – è innanzitutto
una mancanza di conoscenza. Il compianto mons. Luigi Di Liegro, quando era
direttore della Caritas diocesana di Roma, diceva che in fondo si ha paura di
tutto ciò e di chi non si conosce. La paura è normale nell'approccio col
diverso. Soltanto il desiderio di conoscere può superarla per consentire un
dialogo che oggi sembra diventato impossibile. Di fatto la nostra società è
diventata più cattiva. Come sempre, quando ci si chiude pensando che l'altro
possa essere una minaccia e non invece una risorsa proprio a motivo della sua
diversità.
Questa deriva individualista e cattiva del nostro tessuto sociale – seconda
riflessione – è anche colpa nostra. Colpa di chi in questi ultimi anni ha
conosciuto queste persone toccando con mano le derive positive di questa
relazione sia per sé che per la società tutta. Come mai sullo zingaro,
sull'immigrato è prevalsa l'idea che essi costituiscono un problema di sicurezza
sociale e non una vera e propria opportunità di crescita civile?
Come mai un po' in tutta Italia si moltiplicano gli episodi di discriminazione
razziale di cui l'UNAR giornalmente ci fa un triste e macabro resoconto? Perché
non abbiamo saputo testimoniare la verità su queste persone? Perché è passata
questa idea nefasta e non la nostra secondo cui il diverso rappresenta una
ricchezza non solo sociale ma anche economica, politica e religiosa?
Già, religiosa. In questo campo – terza riflessione – il pericolo è
rappresentato soprattutto dal musulmano che ormai apertamente attenta alla
nostra identità (quale?) religiosa e che bisogna contrastare in tutti i modi più
o meno leciti. I cattolici palermitani hanno dimenticato che l'unica moschea
presente nella loro città è un ex-chiesa donata allo scopo dall'Arcidiocesi
rappresentata allora dall'indimenticabile cardinale Pappalardo.
E ritornando ai Rom, non tutti forse sappiamo quanto Paolo VI, ebbe a dire
rivolgendosi agli Zingari: «voi siete nel cuore della Chiesa»! Non tutti forse
sappiamo quanto la dignità cristiana, nella loro condizione, abbia ricevuto
attraverso la beatificazione di Zeffirino Giménez Malla (1861-1936), detto "il
Pelé", uno Zingaro spagnolo appartenente al gruppo nomade dei Kalós.
In realtà quella degli zingari è una realtà che interpella tutti ma soprattutto
noi cristiani in quanto è difficile affermare che essi sono nel cuore della
Chiesa. Ciò che si vede e rende tristemente addolorati è l'indifferenza o una
vera e propria opposizione. Solo gradualmente e molto lentamente, oggi nel
nostro Paese alcune comunità si sono aperte all'accoglienza, ancora troppo
poche, peraltro, perché gli Zingari possano scoprire il volto materno e fraterno
della Chiesa. I segni del rifiuto persistono, dunque, e si perpetuano,
suscitando, in genere, poche reazioni e proteste in chi ne è testimone.
E veniamo così alla presa di posizione. È giunto il tempo in cui, scosse la
coscienze, i cattolici decidano di vivere la caritas piena verso questa
popolazione. La Chiesa deve riconoscere il loro diritto di "voler vivere
insieme", provocando e sostenendo una sensibilizzazione in vista di una maggiore
giustizia nei loro confronti, nel rispetto reciproco delle culture, orientando i
propri passi sulle orme di Cristo, in risposta alle aspettative di questa
popolazione nella sua ricerca del Signore.
A tale scopo esiste anche una motivazione di ordine teologico che rappresenta il
sale di tutta la pastorale della Migrantes (l'organismo ufficiale della C.E.I.
per le persone in mobilità – zingari ed immigrati ma anche emigranti, marittimi,
fieranti e circensi): la condizione itinerante, sia nella sua oggettiva
realizzazione, sia come visione di vita, rappresenta un richiamo permanente a
quel «non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (Eb
13,14). Il compito da intraprendere, affinché gli Zingari, particolarmente
vulnerabili, si considerino e siano accettati come membri a pieno titolo della
famiglia umana, è perciò grande e urgente.
Alla pace autentica e duratura, quella che dovrebbe caratterizzarla come
riflesso della "famiglia divina" (la Santissima Trinità), non si arriva però –
ritorniamo al fatto di cronaca – fuori da un contesto di giustizia e di
sviluppo. Fra la popolazione zingara va quindi custodita la dignità e rispettata
la identità collettiva, vanno incoraggiate le iniziative per il suo sviluppo e
difesi i diritti. Per comprendere adeguatamente la storia spesso drammatica di
questa popolazione, occorre tener presente non solo la sua situazione di
minoranza in seno alla società, ma anche la sua specificità nei confronti delle
altre minoranze. La sua peculiarità sta infatti nel fatto che gli Zingari
costituiscono una minoranza senza un preciso insediamento territoriale o uno
Stato di riferimento originario – non avendone pertanto un suo eventuale
sostegno. Questo "vuoto" di garanzie politiche e di protezione civile rende
molto critica la vita degli Zingari.
I Governi nazionali e locali (in questo caso il Comune di Palermo) debbono
rispettare questa minoranza tra le minoranze e riconoscerla, contribuendo a
sradicare gli episodi di razzismo e di xenofobia ancora diffusi, che provocano
discriminazione in materia di impiego, di alloggio e di accesso. La gente di
Palermo, il popolo ed i cristiani anagraficamente così numerosi, devono
ritrovare la propria vera identità, prima che vada irrimediabilmente perduta.
(Mario Affronti, responsabile del Centro diocesano per la Pastorale delle
Migrazioni di Palermo)
Di Fabrizio (del 03/06/2010 @ 08:54:56, in scuola, visitato 2200 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
Giugno 2009
chiediamo ai bambini delle scuole della zona di far vivere il loro zaino
"passandolo" ai bambini del campo rom di Rubattino.
Settembre 2009
la raccolta ha avuto un grande successo: i 36 bambini di Rubattino iniziano la
scuola avendo tutti zaino, astuccio e quaderni.
L’inverno scorso è stato durissimo, tanti sgomberi, tanto freddo, tanta
precarietà, ma i bambini ce l’hanno fatta quasi tutti a continuare a venire a
scuola pur tra mille difficoltà.
Anche quando le ruspe macinavano zaini e lavoro, eravamo pronti a ricominciare.
Ora ci prepariamo al nuovo anno
con tanti nuovi bambini iscritti. Vi chiediamo ancora di far continuare a vivere
lo zaino di vostro figlio sulle spalle di un altro bambino.
Chiediamo
a ogni scuola di organizzare la raccolta e poi di contattare uno di noi che
passerà a ritirare il materiale.
Sono molto graditi anche astucci nuovi e quadernoni, meglio se a quadretti.
Grazie e buona estate!
Il gruppo mamme e maestre delle scuole Feltre e Pini
Bucarest, 25/05/2010 - Secondo un portavoce di un tribunale rumeno, lo stesso
ha ordinato ad un insegnante di pagare una compensazione di 10.000 euro alla
famiglia di una bambina rom di 12 anni, ripetutamente esclusa dalla classe.
La sentenza è stata salutata come un colpo contro la segregazione in un paese
che ha una delle più vaste comunità rom in Europa, anche se molti nascondono la
loro origine etnica per paura di discriminazioni.
Il portavoce ha detto all'AFP che la corte d'appello nella città meridionale
di Craiova "ha obbligato" l'insegnante Lenuta Daba a pagare 10.000 euro o
l'equivalente in valuta locale, i lei, a Pompiliu
Ciurescu, il padre della giovane Rahela.
Il giudizio è stato emesso il 19 maggio e martedì è stato reso pubblico ai
media.
I mezzi d'informazione riportano che l'insegnante della città sud-occidentale
di Voloiac aveva ripetutamente rifiutato nel 2007 alla ragazza di entrare in
classe.
Daba ha negato di averla discriminata, invocando irregolarità amministrative
riguardo il trasferimento di Rahela da un'altra scuola.
L'OnG per i diritti dei Rom Romani Criss ha lodato la decisione del
tribunale.
"La somma è l'inizio. La decisione deve diventare un segnale per quanti
adoperano la discriminazione e la segregazione nell'istruzione, che è un diritto
fondamentale," ha detto ad AFP la rappresentante Monica Vasile.
Il censimento del 2002 dice che ci sono circa 530.000 Rom nel paese, ma le
OnG indicano il numero di circa due milioni e mezzo.
Un numero imprecisato di bambini rom non vanno a scuola o terminano gli studi
dopo la scuola primaria. Secondo uno studio governativo del 2008, il 19% dei Rom
tra i 18 e i 29 anni non sono mai andati a scuola, confrontato all'1,8% dei
Rumeni non-Rom.
Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione ad una proposta della
Commissione europea che rende possibile utilizzare finanziamenti regionali
europei per migliorare le condizioni abitative delle comunità emarginate. Questa
misura, concordata previamente dagli Stati membri, sarà particolarmente
apprezzata dalla popolazione Rom che in Europa dovrebbe ammontare a circa 10-12
milioni di persone le quali spesso vivono in condizioni di estrema povertà e
segregazione.
Johannes Hahn, commissario responsabile per la Politica regionale, ha espresso
il suo plauso per questa decisione: “La comunità Rom è la più grande minoranza
etnica in Europa ed è spesso vittima di emarginazione, deprivazione ed
esclusione sociale. Plaudo alla decisione odierna che consentirà alla politica
regionale di contribuire a spezzare il circolo vizioso di cui queste comunità
appaiono prigioniere. Questa iniziativa dovrebbe rientrare in un approccio
globale comprendente anche interventi negli ambiti dell'istruzione, della
salute, degli affari sociali e dell'occupazione.”
La legislazione sui Fondi strutturali in precedenza era estremamente restrittiva
in materia di interventi abitativi e il loro criterio di fruibilità era limitato
ai dodici nuovi Stati membri dell'UE (con eccezioni introdotte di recente per
misure di efficienza energetica ed energie rinnovabili) e per il rinnovo di
condomini esistenti nelle aree urbane. Resta il fatto però che le popolazioni
Rom vivono per lo più segregate in zone rurali e in case unifamiliari.
Le misure di recente adozione estenderanno il campo d'intervento del Fondo
europeo di Sviluppo regionale (FESR) agli interventi abitativi a favore delle
comunità emarginate in tutti gli Stati membri. La modifica riguarda
esplicitamente, anche se non esclusivamente, la popolazione Rom. Essa concerne
la sostituzione delle case attuali nonché la costruzione di case nuove, sia in
ambito rurale che urbano. Il finanziamento del FESR non è applicabile ad alloggi
privati, bensì soltanto a progetti attuati dalle autorità pubbliche.
Il sostegno per gli alloggi integra azioni di più ampia portata
La soluzione del problema abitativo è considerata un fattore cruciale per
migliorare l'integrazione dei Rom. Essa però deve rientrare in un “approccio
integrato” concepito e attuato dalle autorità nazionali e regionali per
affrontare altre tematiche quali l'istruzione, lo sviluppo delle abilità,
l'occupazione e la salute.
I Fondi strutturali europei cofinanziano già diversi progetti rivolti alle
comunità Rom, ad esempio per quanto concerne l'istruzione nella prima infanzia,
l'occupazione, la microfinanza e le pari opportunità (soprattutto la parità tra
i sessi). Ad esempio, grazie a un investimento UE (1,11 milioni di euro) un
nuovo progetto di risanamento urbano verrà realizzato a Nyiregyhaza, che ospita
una delle maggiori comunità Rom d'Ungheria. La scuola segregata verrà abolita e
si rinnoveranno le strade, i campi giochi e i servizi per l'infanzia.
Oltre ai finanziamenti disponibili tramite i programmi di politica regionale, il
Parlamento europeo ha assegnato alla Commissione europea 5 milioni di euro per
un progetto pilota sull'inclusione dei Rom articolato in tre assi: istruzione
nella prima infanzia, microfinanziamento e sensibilizzazione. Il progetto è
realizzato nel corso del 2010 ed è per l'essenziale rivolto alle comunità Rom
nell'Europa centrale e orientale.
Nota per i redattori Nel luglio 2009 la Commissione ha presentato una proposta che è stata quindi
discussa dal Parlamento europeo e dagli Stati membri in sede di Consiglio.
Dalle ricerche condotte è emerso che nei paesi dell'Europa centrale e orientale
più del 50% della popolazione Rom vive in quartieri parzialmente o totalmente
segregati – una tendenza all'isolamento che si è intensificata negli ultimi
quindici anni.
Il 2010 è stato designato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione
sociale.
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:51:48, in Regole, visitato 2024 volte)
Segnalazione di Dhyan Gandha Emanuela Risari
Le carte false comunali sui Rom di Fossarmato di Giovanni Giovannetti
- da
ilprimoamore.com
«Bluffano sui dati, raccontano balle...» Ricordate? Cominciava così un mio
articolo del dicembre scorso, poco dopo lo sgombero "politico" del Centro
comunale di prima accoglienza a Fossarmato, «uno sporco gioco sulla pelle di
uomini donne e bambini rumeni» cacciati in mezzo a una strada. Quello sgombero
fu un atto di puro arbitrio, senza il supporto di un'ordinanza del sindaco
(obbligatoria in questi casi) preceduta dalla divulgazione di falsi dossier e da
un'infamante campagna di criminalizzazione orchestrata dal sindaco Cattaneo e
dall'assessore Assanelli, due che si dicono cristiani.
I falsi dossier erano opera di Carla Galessi, la superpagata dirigente dei
Servizi sociali (96 mila euro annuali in pubblico denaro), superpagata per
raccontare balle galessiche ai cittadini pavesi e al Prefetto che, fidandosi, ha
poi firmato sette decreti di allontanamento a carico di persone appartenenti a
cinque famiglie (di famiglie il Comune ne ha infine cacciate dieci).
In solitudine, dalle colonne di questo blog, avevo denunciato l'incredibile
misto di razzismo e menzogne; sei mesi dopo, la conferma arriva da una sentenza
del Tribunale di Pavia, a cui Radu Romeo – assistito dalla Cgil e dagli avvocati
Francesca Segagni e Sara Brusoni – unico tra loro, si era fiduciosamente
rivolto: accolto il ricorso, annullato il provvedimento.
La sentenza commenta anche le false carte comunali: in una nota del 7 settembre
2009 la dirigente dei Servizi sociali ha sostenuto che Radu «non è immune da
precedenti penali e di polizia, conduce un tenore di vita non idoneo alla sua
situazione, ha rifiutato una borsa lavoro […] non è integrato nella società
italiana». Dunque «si sospetta che il suddetto possa trarre il proprio
sostentamento da attività illecite». In uno Stato di diritto si sarebbe sentito
il dovere di esibire prove, documentare fatti, invece in Comune «si sospetta...»
e in prefettura nemmeno si sospetta che si tratti di una sòla costruita ad arte,
così come è stato infine accertato: né sugli aggiornatissimi certificati dei
"carichi pendenti" né sul "casellario giudiziale" figurano procedimenti penali a
suo nome, così come non risultano i millantati precedenti penali.
La banda Galessi-Cattaneo-Assanelli infierisce anche sui tre figli di Romeo: «I
maggiorenni non risultano inseriti nel tessuto nazionale. Il Comune di Pavia
ravvisa, per loro, gli estremi di una situazione di "drop-out"» ovvero «il
rifiuto dei predetti di seguire un percorso di integrazione, probabilmente
dettato dall'esempio del padre». Insomma, per i contaballe comunali Romeo è un
mostro. Allora forse stupiranno nell'apprendere che il Tribunale pavese ha
accertato che è vero esattamente il contrario; e bene hanno fatto e fanno i
figli di Romeo a seguire l'esempio del padre: il maggiore frequenta assiduamente
e con profitto un istituto professionale; i voti – recita la sentenza – sono
«spesso al di sopra della sufficienza», dimostrando un costante «impegno,
volontà di apprendere, buona conoscenza della lingua italiana e perfetta
integrazione nel tessuto scolastico e sociale». La secondogenita, pur avendo
perso l'anno «ha in programma di iscriversi a giugno ad un corso serale». Quanto
al più piccolo, la certificazione rilasciata al giudice Confalonieri dal
dirigente scolastico sottolinea «l'ottimo rendimento in tutte le materie» e una
più che «buona disponibilità a relazionarsi con gli altri nel rispetto delle
regole di convivenza». Su rispetto delle regole e della civile convivenza è
dunque il caso che Cattaneo, Assanelli e Galessi prendessero lezioni da questi
piccoli Rom e dai loro genitori: come si legge nella sentenza, «il loro
comportamento dimostra quanto la famiglia li stia educando in maniera corretta,
insegnando loro l'importanza dello studio e il rispetto delle regole di buona
convivenza».
Non è finita: nella sentenza leggiamo che Radu Romeo è un «lavoratore autonomo
integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso e per i
propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di
un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale […] e
non rappresenta un pericolo per la società»: sono motivi sufficienti per
annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici
giorni prima che Radu venisse cacciato dal centro di Fossarmato insieme a moglie
e figli.
La prefettura ha perso, Romeo ha "vinto", in forza di una sentenza che
restituisce dignità a lui e credibilità allo Stato di diritto.
Ma quale dignità potrà fingere di avere ora la bugiardissima Carla Galessi? Come
dimenticare quell'altro falso dossier infamante su presunti episodi di
prostituzione minorile tra i Rom ospitati nel Centro di San Carlo? Che dire poi
dell'altrettanto bugiardo sindaco Cattaneo, secondo cui quelli come Romeo «non
si vogliono integrare? E l'assessore Assanelli? Aveva ritagliato su di loro la
menzogna degli «uomini difficilmente difendibili». E ora?
- Parte lesa è la Prefettura, che ha creduto ai falsi dossier di sindaco
e assessorato, esponendosi così a una sonante figuraccia.
- Parte lesa sono i cittadini, di fronte alla sistematica irrisione delle
norme da parte di chi invece ne dovrebbe garantire il rispetto.
- Parte lesa sono le dieci famiglie rumene illecitamente sgomberate da
Fossarmato e da San Carlo, le stesse che, coltivando non infondati pregiudizi
verso istituzioni così profondamente illiberali e antidemocratiche, sfiduciate,
hanno subito la violenza comunale, senza nemmeno provare a far valere i loro
diritti di esseri umani prima che di cittadini.
- Parte lesa sono le istituzioni, quelle rese astratte da chi erige muri
– a Fossarmato come in Borgoticino – di fronte a ogni realtà dinamica e fuori da
coro.
- Parte lesa è la ragione, sistematicamente irrisa da chi coltiva la
cultura dell'odio, chi promuove Pavia come terra di frontiera senza più spazi
sociali né sensibilità umana. E lo fa solo per nascondere l'incapacità di
interazione tra la politica accattona e le esigenze del territorio, oltre che
con la vita delle persone.
Pubblicato da il 27-05-10
Comunque la pensiate serena notte a TUTT* e miglior risveglio
Campo rom in periferia a Tirana - foto di Mario Salzano I rom dell’Albania sono tra i 100.000 e i 140.000. Subiscono ogni tipo di
discriminazione e la gran parte è senza lavoro. Raccolgono lattine nella
spazzatura per poi rivenderle, chiedono l'elemosina e l'attività maggiore è la
vendita al mercato dell'usato, noto anche come "Gabi". Un reportage
Vera Shahu, in attesa del settimo figlio, l'8 aprile scorso avrebbe voluto
celebrare con la sua famiglia la giornata internazionale dei rom e sinti, ma in
casa aveva soltanto qualche tozzo di pane raffermo, olio e patate.
I figli dormono su un tappeto per terra in una delle due stanze improvvisate e
dalle condizioni igieniche precarie, in una baracca di legno situata vicino al
fiume Lana che attraversa la capitale albanese.
L'unico mobile è un vecchio armadio, da cui escono scarafaggi.
Vai alla galleria fotografica sui rom in Albania
"I miei figli, il primo di 15 anni e il più piccolo di 4, non hanno un futuro se
non ricevono aiuto dallo Stato. Avranno le nostre stesse difficoltà o forse sarà
ancora peggio perché la vita sta diventando sempre più dura", si lamenta Vera,
40 anni, che soffre di anemia e non dispone di previdenza sociale né di alcun
tipo di tutela.
Il reddito famigliare oscilla da uno a due euro al giorno grazie alla vendita di
latte di alluminio, e riescono a sopravvivere grazie agli avanzi dei ristoranti
della città.
"Nonostante la miseria, voglio mandare i miei figli a scuola affinché imparino a
scrivere almeno il proprio nome", dice Vera, che chiede al governo un livello di
istruzione adeguato e una casa dignitosa per i propri figli.
In Albania la gran parte dei rom vive nella stessa situazione. Non si conosce il
numero ufficiale, ma si stima che si aggirino tra i 100.000 e i 140.000.
"Solo in occasione della giornata internazionale dei rom e sinti, l'8 aprile, si
vedono i politici che vengono a farsi fotografare con noi. Il resto dell'anno
non ci vogliono nemmeno vedere", afferma Selvie Rushiti, di etnia rom,
all'agenzia EFE.
Di fronte all'indifferenza del governo, Selvie, insieme ad alcuni dei rom più
"agiati", grazie alle donazioni provenienti dall'estero, ha creato associazioni
di assistenza ai rom più bisognosi.
Sette anni fa, Selvie trasformò il primo piano di casa sua in un centro
prescolare in grado di ospitare fino a 85 bambini all'anno, mentre in cortile si
vendevano vestiti usati. Con questa piccola attività si riuscivano a mantenere
120 famiglie rom.
Ma un giorno i poliziotti cacciarono i venditori dalla zona, e ora la famiglia
di Selvie vive con il timore che "qualcuno al governo possa espropriare il
terreno per costruire palazzi".
"Non possono ucciderci, ma ci discriminano. Dei 140.000 rom in Albania, solo
sette vanno all'università, di cui quattro con borse di studio del Consiglio
d'Europa", aggiunge Selvie.
Sono quelli che hanno rappresentato l'Albania al 2° Vertice europeo dei rom
tenutosi lo scorso 8 aprile nella città spagnola di Cordoba.
Gli altri sono costretti ad abbandonare la scuola per via della mancanza di
denaro e che non riescono nemmeno a comprarsi da mangiare.
L'80% dei tre milioni di albanesi appartenenti alla fascia estremamente povera è
rappresentato proprio dal popolo rom.
“Il primo ministro albanese, Sali Berisha, dice che l'economia è cresciuta, ma
noi non lo vediamo. Il nostro maggior problema è la disoccupazione”, afferma
Istref Pellumbi.
Con l'aiuto della fondazione del magnate statunitense George Soros è stata
creata a Tirana una sartoria dove imparano a cucire gratuitamente 150 donne rom
per nove mesi all'anno.
"Chiediamo al ministero del Lavoro di impiegare questo gruppo di donne già
esperte e di inserirle nella società", aggiunge Pellumbi.
La società rom albanese è preoccupata perché la strategia governativa formulata
nel 2003, che mirava ad aiutare questa etnia e fornirle casa, lavoro e
istruzione, è rimasta solo sulla carta.
Perciò, i rom albanesi oggi cercano di spingere il governo a intraprendere delle
vere riforme contro la discriminazione, se il Paese vuole entrare a pieno titolo
nell'Unione europea.
*Mimoza Dhima è corrispondente dell'EFE in Albania
Di Fabrizio (del 31/05/2010 @ 09:52:34, in Italia, visitato 2450 volte)
Le tre "barachine" ritratte qua sotto da Lorenzo Mandelli non si differenziano da
quelle dei tanti campi "irregolari", tranne che per un piccolo importante
particolare.
Qual è?? (se non lo scoprite da soli, domani la soluzione)
Di cicciosax (del 31/05/2010 @ 09:48:33, in casa, visitato 2445 volte)
venerdì 28 maggio 2010
Per la seconda volta nel giro di un mese, a Palermo una coppia di rom, con sei
figli, prima nella graduatoria per l'emergenza abitativa, non è riuscita a
prendere possesso di un appartamento assegnato dal Comune sembra per
l'opposizione di alcuni inquilini, contrari all'ingresso nel condominio della
famiglia che al momento abita in un camper nel campo nomadi della Favorita. La
coppia di kosovari, che ha ottenuto asilo politico e vive in città da 18 anni,
ieri si è presentata agli uffici del comune per ricevere le chiavi
dell'appartamento, situato in un palazzo in corso Calatafimi. Ma il settore
patrimonio del Comune ha rinviato la consegna dell'abitazione senza fornire al
momento una data né una spiegazione. Secondo indiscrezioni, però, anche in
questo condominio alcune persone si sarebbero lamentate per l'arrivo della nuova
famiglia. Il primo episodio si era verificato a fine aprile. La famiglia aveva
ottenuto un appartamento di 180 metri quadrati confiscato alla mafia in via Bonanno, nella zona di via Libertà, in pieno centro città, ma la protesta di
alcuni condomini scesi in strada con lo striscione ‘Palermo ai palermitani',
aveva indotto il comune a trovare un'altra sistemazione. "E' grave – dicono il
consigliere comunale del Pd, Davide Faraone e la capogruppo dei democratici alla IV Circoscrizione, Serena Potenza – il tentennamento del Comune su questa
vicenda". I due esponenti Pd sottolineano che si tratta di una "famiglia
integrata: l'uomo fa lo stagionale in agricoltura, la donna lavora come badante
mentre i figli frequentano la scuola". "Chiediamo l'immediata assegnazione
dell'appartamento – aggiungono – e le scuse del sindaco Diego Cammarata per il
ritardo della consegna".
Di Fabrizio (del 30/05/2010 @ 09:10:47, in media, visitato 2423 volte)
Segnalazione di Maria Gabriella De Luca
Terre di Confine e FareReteCatanzaro presentano
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c/o IL CAFFE' DELLE ARTI Centro Polivalente per i Giovani - via Fontana Vecchia
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Proiezione del video "Seppellitemi in piedi" La voce del popolo Rom
"Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da solo, gli uomini si liberano
insieme" (Paulo Freire)
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