Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 15/07/2011 @ 09:51:32, in media, visitato 1195 volte)
Leggendo questo
comunicato stampa di giovedì scorso, penso che anche in tempi passati Assisi
prendeva a calci i suoi poveri, salvo poi speculare con chiese e turismo se
uno di questi è
diventato famoso.
Di Fabrizio (del 03/07/2011 @ 09:00:58, in media, visitato 1476 volte)
Da
Aussie_Kiwi_Roma
Regia: Ima Garmendia & Kike del Olmo
Produttori: Kike del Olmo & Ima Garmendia
Genere: Documentario (lingua inglese)
Prodotto nel: 2006
Paese: Spagna
Sinossi: Romanipé è l'insieme dei valori o codici da seguire per essere
veri Rom. Le persecuzioni che hanno sofferto e il processo di assimilazione da
loro intrapreso per sopravvivere, li hanno costretti ad adattare la Romanipé
alle circostanze specifiche che devono affrontare in ogni paese in cui si
trovano. Con circa dodici milioni di persone disperse nel mondo, i Rom hanno una
presenza significativa in molti paesi. Per comprendere la diversità dei Rom, le
loro origini, i problemi ed i risultati ottenuti, abbiamo rifatto la strada da
loro percorsa negli ultimi mille anni. Abbiamo intervistato zingari in tutte le
sfere della vita, come politici, vittime di abusi polizieschi, sopravvissuti
all'olocausto, e tribù di dove sono originari in India. Come loro, abbiamo
viaggiato dall'India ala Spagna, sempre verso ovest in cerca della casa dove
tramonta il sole.
Di Fabrizio (del 26/06/2011 @ 09:02:18, in media, visitato 1754 volte)
Da
Romanian_Roma
ROMA
Transition By George Lacatus
15/06/2011 - Bah Tv, un canale di nicchia per le minoranze rumene e Rom in
particolare, è stato lanciato l'8 aprile, Giornata Internazionale dei Rom. Come
nota a margine "Bah" significa fortuna in romanés. Inizialmente, la nuova
stazione televisiva trasmette online. Durante il giorno, Bah Tv trasmette musica
rom e la sera, talk show.
Il proprietario della televisione è Constantin Ninel Potirca (foto sopra),
capo di un gruppo di uomini d'affari rom, ed ex candidato alle presidenziali nel
2009. "Voglio dedicare questo successo a tutte le minoranze in Romania e
specialmente alla minoranza rom, la minoranza a cui sono orgoglioso di
appartenere. Attraverso la creazione di questa stazione, vogliamo mostrare al
mondo che possiamo ottenere qualcosa, che siamo degni di fiducia. Vogliamo
presentare la nostra storia ed il nostro impegno ai nostri rappresentanti
d'affari. Vogliamo esporre i nostri problemi per collaborare con gli altri e
trovare soluzioni più facilmente," ha detto. Aggiungendo che "Vogliamo che
ci conosciate in profondità, così che possiate apprezzare il nostro vero valore
e possiamo mostrare al mondo che noi, minoranze, siamo orgogliose di cosa siamo.
Ecco perché abbiamo scelto lo slogan -Assieme in Europa-, per mostrare che siamo
partner su base egualitaria, coinvolti nelle questioni UE e siamo sempre pronti
ad aiutare a trovare una soluzione."
La stazione trasmette in rumeno.
"Il target sarà generalista, composto soprattutto da minoranze. Il pubblico
includerà anche i Rumeni. Siamo interessati ai Rom, dal punto di vista
dell'etnia. I programmi saranno in rumeno, ma se troveremo materiale in altre
lingue, trasmetteremo anche quello", ha detto Horia Enasel, direttore dei
programmi di Bah TV.
Il proprietario della stazione TV ha detto che l'investimento iniziale è
stato di 100.000 euro e che nel prossimo periodo investirà ancora 500.000 euro.
La struttura e la provenienza dei programmi sarà: programmi autoprodotti
92,5%, produttori di audiovisivi 7,5%. Secondo i tipi di spettacolo, la stazione
trasmetterà programmi informativi 47%, programmi educativi, culturali, religiosi
8,5%, programmi di intrattenimento e altri programmi 37% (12% pubblicità e
televendite).
Al mattino verranno trasmesse notizie, musica folk e pop di interesse per le
minoranze rumene. La notte e nei fine settimane, la programmazione consisterà in
documentari scientifici e culturali. Pilastro della stazione sarà il talk show "Confluent",
trasmesso in diretta alla fine della giornata. Altri programmi condotti sul
canale sono "E loro sono nostri", "Ti ascoltiamo", "Arpeggi" ecc.
Bah TV si può vedere su www.bahtv.ro
Di Fabrizio (del 20/06/2011 @ 09:51:44, in media, visitato 1603 volte)
il Levante
VENERDÌ 17 GIUGNO 2011 12:36 DI GIOVANNI PULENTE
<<I rom sono nostri concittadini e come tali vanno tutelati>>. Con queste parole
Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania,
presenta l'incontro "NewsRom informare senza pregiudizi" tenutosi giovedì
mattina nella Sala Colombo dell'Hotel Mediterraneo di Napoli. L'evento è
parte della campagna Dosta! (Basta! in italiano) organizzata dall'Associazione
Giornalisti Scuola di Perugia, che tra Roma, Milano e Napoli sta
cercando di sensibilizzare i cittadini sul mondo rom e sinti. <<I dati
riguardanti la Campania sono inaccettabili – spiega Lucarelli – Siamo un caso
negativo in Europa e bisogna parlarne. Mi auguro che la nuova Napoli di De
Magistris svolga un lavoro capillare che possa condurre a un risveglio civile>>.
La storia. In Europa sono circa 12 milioni e in Italia 150mila. I primi a
lasciare la valle del Gange partirono 800 anni fa, rompendo i confini nazionali
degli Stati prima di qualsiasi convenzione internazionale. <<Pochi sanno che rom
e sinti furono vittime della discriminazione fascista – sostiene Luca Bravi,
docente di Scienze dell'Educazione all'Università di Firenze - Ad Agnone, Modena
e Teramo tra il 1940 e il 1943 molti furono deportati e uccisi in campi di
concentramento. Questo genocidio è oggi continuamente negato>>. La psicologia
perversa di Robert Ritter e la nota notte degli zingari del 2 agosto 1944
(sterminio di Auschwitz) sono parte di una storia innegabile. << Il concetto di
zingaro è uno stereotipo da noi creato e che va cambiato. In questo senso la
pedagogia è fondamentale, soprattutto perché il 60% di rom e sinti in Italia ha
meno di diciotto anni>>. Negli anni 60' nelle scuole esistevano classi per soli
zingari e il campo nomadi era già stereotipato come luogo di pericolo e
diversità. Particolarmente significativo è stato un video mostrato da Dario
Moricone, giornalista Rai e moderatore dell'incontro. Sullo schermo scorrono
accezioni dispregiative come "Puzzano", "Hanno la pelle scura", "Non hanno
acqua", "Hanno lo stesso vestito", "Vivono in baracche", "Rubano e sono
violenti", "I nostri governanti sono troppo aperti alle frontiere": relazione
degli Stati Uniti d'America del 1912 sugli immigrati italiani. La storia si
capovolge e si ripete.
Il giornalismo. <<Tutti i giornalisti hanno un ruolo fondamentale nel
combattere i pregiudizi e l'odio, a favore di un comune vivere sociale>>. Bianca
Stancarelli, inviato di Panorama, si esprime così sul ruolo dei media. Stupro
della Caffarella (Roma), 14 febbraio 2009: Karol Racz e Alexandru Isztoika Loyos
vengono arrestati e accusati di essere gli autori della violenza sessuale. Per
moltissimo tempo i due sono maltrattati dai media senza attendere il verdetto
della giustizia. Definiti violenti, freddi, insensibili e addirittura Karol è
catalogato con l'espressione faccia da pugile. Dal tg1 a Studio Aperto nessuno
risparmia facili accuse o cerca di andare a fondo. Il Sindaco di Roma Alemanno
subito dopo l'accaduto disse a caldo: <<Gli autori? Dovranno essere rom>>. Il
paradosso è che le analisi del sangue e accurate prove hanno scagionato gli
imputati, dimostrando l'incapacità dell'informazione di massa di raccontare la
verità e di combattere gli stereotipi. Quella di Karol e Alexandru è la storia
di due innocenti. Pochi giorni fa un giovane bosniaco è stato ucciso da un
pirata della strada, ma nessuno ne ha parlato e quando Lamberto Sposini fu
aggredito nel 2007, si accusarono i rom senza prova alcuna.
Napoli. Il problema di rom e sinti esiste principalmente in periferia,
come dimostra la tragedia del rogo di Ponticelli. Gli ex-allievi della scuola di
giornalismo di Perugia hanno dimostrato di interessarsi a questioni nazionali
che vanno al di là dei confini regionali, perché in fondo l'informazione tutta
deve collaborare per garantire la verità. <<Cattiva politica, imprenditori
razzisti e i media assenti sono le cause principali della questione rom e sinti
-sostiene Dario Moricone - La responsabilità del singolo mette tutti nei guai, e
forse si perdona più ai camorristi che agli stranieri >>.
Il 5 aprile la Commissione Europea ha definito obbligatorie le strategie
d'inclusione sociale per i rom, l'8% di quali sono nomadi. <<Bisogna guardarli
come guarda un bambino, cioè senza pregiudizi>> , commenta Eva Ciuk, giornalista
del Tgr Friuli Venezia Giulia. Sorprende il fatto che nei notiziari Ansa la
parola rom/nomadi compare mediamente 289 volte in cronaca nera e solo 13 volte
in cronaca bianca. Emblematica la conclusione del discorso di Bianca Stancanelli:
<<Zingari = di regola passano per una razza spregevole. Non è un'affermazione
scritta su un giornale, né detta da un politico, ma la definizione data
dall'Enciclopedia Treccani nell'edizione del 1949>>. Solo un anno prima della
pubblicazione del testo, il 10 dicembre 1948, le Nazioni Unite firmarono a
Parigi la dichiarazione universale dei diritti umani.
Di Fabrizio (del 17/06/2011 @ 09:28:49, in media, visitato 1370 volte)
Segnalazione di Enrica Bruzzichessi
Bandiera
Gialla
Cospe e Controradio lanciano "Basta un minuto!": un concorso video rivolto ai
giovani (18-35 anni) interamente dedicato a cortometraggi di lunghezza massima
di un minuto, che affrontano il tema del contrasto al razzismo e alle
discriminazioni sia nelle pratica che nel tifo sportivo.
In particolare i video dovranno rappresentare in modo originale e significativo
come lo sport possa costituire un fondamentale momento di integrazione e di
lotta ad ogni forma di discriminazione, stigmatizzando nello stesso tempo i
comportamenti razzisti e violenti.
Le opere dovranno essere presentate entro il 15 luglio. Videominuto e Cospe
effettueranno una pre-selezione dei video pervenuti e sottoporranno alla giuria
i video finalisti. La giuria, composta da registi, sportivi, giornalisti ed
esperti di tematiche legate alla discriminazione e all’antirazzismo valuterà i
video sotto l’aspetto della promozione alla lotta al razzismo e alle
discriminazioni, l'impatto, l'originalità e la realizzazione tecnica.
Il video primo classificato si aggiudicherà il primo premio di 800 euro e alla
menzione speciale verranno assegnati due biglietti per il Torneo 6 Nazioni di
Rugby.
Per informazioni e iscrizioni
info@videominuto.it -
cerretelli@cospe-fi.it
Di Fabrizio (del 10/06/2011 @ 12:59:37, in media, visitato 1874 volte)
Chi vuole e se la sente, legga quest'articolo su
Livecity.it. Un pezzo talmente medioevale e ignorante, che non si saprebbe
neanche dove iniziare a rispondere, se non invitando il povero autore a
togliersi le fette di prosciutto dagli occhi, e guardare alla realtà... o
magari, se la testata fosse onesta, dare la possibilità di replica ad un
Rom.
La spiegazione di tanto astio, sta nell'ultimo pezzo di quell'articolo:
all'autore non sembra vero di aver trovato un colpevole (i Rom, tanto per
cambiare) per spiegarsi il risultato delle ultime elezioni comunali, un pezzo
che non saprei se classificare colmo di comicità o disperazione.
Salverei una frase, proprio nell'ultima parte: "Proprio con delle scelte
chiare e delle regole, su cosa sia bene e cosa sia male, si può arrivare al
punto dove tutti sono fratelli..." aggiungendovi l'augurio che facevo ad
inizio mese, che finalmente tutti i cittadini (che siano Rom oppure no)
abbiano finalmente gli stessi diritti e doveri. E quindi che se un Rom commette
un delitto, non siano tutti gli altri a doverne pagare le colpe.
Di Fabrizio (del 08/06/2011 @ 09:44:08, in media, visitato 1362 volte)
Da
Aussie_Kiwi_Roma
Romea.cz Lukáš Houdek, Zdenka Kainarová, translated by Gwendolyn Albert
Sami Mustafa è un regista della mahala rom nel villaggio di Plemetina in
Kosovo. Il suo primo incontro con la cinematografia fu attraverso un programma
gestito in loco nel 2003 dal centro ricreativo Balkan Sunflowers. Un anno dopo
iniziò a collaborare con due compagnie di produzione, Koperativa e Quawava. Ha
diretto diversi film sulla situazione del dopoguerra dei Rom in Kosovo. Il suo
documentario "Road to Home" è stato proiettato a Cannes nel 2007, unico
film in rappresentanza del Kosovo. Mustafa ha fondato la compagnia di produzione
Romawood e dal 2009 gestisce a Pristina come direttore artistico assieme a Balkan
Sunflowers il Rolling Film Festival di film rom. Vive a Pristina con la sua
ragazza, la regista francese Charlotte Bohl. Romea.cz lo ha intervistato.
VIDEO
Sami Mustafa: Road to
Home
Welcome to Plemetina (1a
parte)
Welcome to Plemetina (2a
parte)
Come ha fatto un ragazzo come te ad uscire dalla mahala ed iniziare a fare
film?
In pratica ho iniziato a primavera 2003, quando un tizio dall'Australia è
venuto a Plemetina. Lavorava come cameraman per Sky News a Sidney. Venne in
Kosovo per collaborare con enti non-profit e condurre un laboratorio per i
giovani di Plemetina che durò tre o quattro mesi.
Era un laboratorio sulla cinematografia?
Sul fare documentari. Di base era un giornalista, cosa che si rifletteva in
ciò che insegnava, ma era brillante. Il laboratorio era una delle attività del
nostro doposcuola, una delle tante, perché andavo anche dagli scout. Sotto la
sua direzione girammo "Welcome to Plemetina", che fu accolto molto positivamente
nei festival in Europa, ed anche in Kosovo e negli USA. Il film fu il lavoro
collettivo di 13 ragazzi.
Quanti anni avevi quando hai partecipato al laboratorio?
Adesso ne ho 26, saranno 27 ad agosto. Buon dio! Beh, non importa, saranno
stati 17 o 18.
Sei uno dei pochi adolescenti di Plemetina che hanno continuato con i
film. Quel film è stato il tuo esordio?
Ho preso tutto molto seriamente. Fondamentalmente tutto ciò che faccio lo
prendo seriamente. Anche quando andavo con gli scout ne ero completamente
assorbito. Poi chi aveva gestito quel progetto ne concepirono un altro simile,
relativo al lavoro con il video. Chiesero a me e ad un amico di partecipare, ed
un anno dopo era stato fatto il mio secondo film. Un anno dopo appresi di un
altro laboratorio filmico che operava col sistema "lavora ed impara".
Fondamentalmente era un lavoro pagato durante il quale imparavi nuove cose. Il
programma durava un anno. Era anche il mio ultimo anno di superiori. Poi dovetti
decidere dove focalizzarmi e cosa lasciare. Alla fine, ho mollato gli scout. Ho
anche rinunciato a medicina, che stavo studiando nel frattempo.
Volevi fare il dottore?
No, ho solo studiato alla scuola superiore di medicina. Non c'era altra
scelta, la scuola è una delle sole due a Plemetina. L'altra è la scuola di
economia, ma non l'ho considerata perché andavo male in matematica.
Quindi non hai un'istruzione filmica?
Precisamente. Nella mia vita non c'è una scuola di film. Dopo quell'anno di
tirocinio retribuito, con i soldi guadagnati comperai una telecamera ed un
computer ed iniziai a riprendere. Feci diversi film. Uno di essi comprende la
raccolta dei miei lavori recenti, "Never Back Home". Iniziai a girarlo nel 2004.
Qual è il tema centrale del tuo lavoro?
Mi concentro soprattutto sui Rom. Faccio del mio meglio, attraverso i film,
per dimostrare il fatto che la vita attuale dei Rom in Kosovo è influenzata
significativamente dalla politica. Inoltre, faccio del mio meglio per catturare
alcuni elementi della cultura rom che stanno sparendo, anche se non partecipo
attivamente alla loro preservazione. Penso sia importante registrarli almeno su
video cassette, così che la prossima generazione di Rom e le altre nazioni
possano capire alcune cose e pensarvi.
Hai scelto questo tema centrale perché sei Rom?
Assolutamente, proprio perché sono Rom. All'inizio non sapevo niente dei Rom
in generale e non sapevo dove trovare informazioni. Non capivo perché dicevano
che siamo dell'India. Naturalmente, non avevamo internet, dove ho potuto trovare
risposte alle mie domande. Quindi ho deciso di iniziare con quello che avevo
proprio di fronte al mio naso, i Rom in Kosovo. Per cercare di capire chi
diavolo fossi, perché sono qui, perché ci chiamano zingari, per andare al fondo
del perché ci odino tanto- è nascosto, ma lo percepisci nella gente - e c'è così
tanta violenza. I film che ho iniziato a girare sono tanto per i Rom che per...
Per i gagé? [Nota del traduttore: non-Rom, può essere peggiorativo]
Hmm, non mi piace quella parola. E' una di quelle cose che devo chiarirmi.
Cosa significa davvero la parola gagio? I Rom si chiamano così tra loro, perché
significa "uomo". Chiamarti gagio significa che non sei una persona.
Pensi che i Rom ti percepiscano differentemente da un regista non-Rom
quando fai i tuoi documentari?
Penso si debbano combinare entrambe gli approcci. E' giusto capire qualcosa,
ma anche non esservi troppo coinvolto emotivamente solo perché anch'io sono Rom.
Per questo l'opinione delle persone non-Rom, delle non-persone (ride) è un bene,
ed è un bene scendere a compromessi. Faccio del mio meglio per essere neutrale,
nella misura in cui è possibile, e guardare ai problemi dei Rom attraverso occhi
differenti. Faccio del mio meglio per catturare come tutti noi vediamo queste
persone. E' molto difficile comprenderli, devi inserirti in queste situazioni,
cosa che è terribilmente dolorosa e può anche influenzare l'intera riuscita.
Pensi che entrare in una comunità rom sia più semplice per te di quanto lo
sarebbe per la tua ragazza francese Charlotte? Che tu otterresti la loro fiducia
più rapidamente di lei?
Penso che sia lo stesso. Dipende molto dalle persone che stai filmando. La
maggior parte del tempo nel mio lavoro estraggo immediatamente la macchina da
presa ed inizio a filmare, ma la risposta a ciò è ogni volta differente. La
gente che vuole parlare si muove da sé verso la videocamera parlando. Poi c'è
chi inizia ad urlarvi contro di andarvene. In quel momento non importa se sono
Rom oppure no. Al contrario, penso di essere bravo quando incontro gente con un
gran potenziale coinvolgendoli a raccontare la loro storia. Sono capace di
convincerli a farlo perché sono un Rom, e so quindi come comportarmi in queste
situazioni. Pensandoci ora, è sostanzialmente un approccio molto egoista. Li
spingi a parlare perché ne hai bisogno.
Cosa speri di ottenere con i tuoi film?
E' collegato col festival che faccio. Volevo fare film così la gente avrebbe
potuto imparare cosa succedeva qui. Oltre che con i problemi, voglio che la
gente familiarizzi con la cultura rom, col modo di vita dei Rom. Volevo anche
mostrare che i film fatti da Rom esistono. Per questo praticamente ho creato il
festival. Lo scopo principale era di raccogliere film sui Rom creati dai Rom
stessi, film che non li rappresentano o colpevoli o vittime. La selezione si
deve basare soprattutto su storie di singoli.
Come funziona il festival?
Il festival nasce nel 2009. Chiunque può aderire. Stiamo facendo del nostro
meglio per raccogliere più film possibile, per vedere che tipo di film vengono
fatti sui Rom. Poi selezioniamo i film a seconda del tema predeterminato. Il
primo anno sono stati sottoposti circa 50 film. La condizione era che si
basassero su storie personali. Un criterio era che non dovessero essere
stereotipati, in senso negativo o positivo. Enfatizziamo i film che introducono
qualcosa di nuovo. Non scegliamo film che ripetono all'infinito le solite
vecchie cose polverose. Le storie individuali vanno bene perché non
generalizzano e mostrano un caso concreto in cui una certa situazione ha
lasciato il segno.
Possono esserci soltanto registi rom?
No, è un festival con film sui Rom e film di Rom.
Quindi un Rom che ha fatto un film sulla globalizzazione potrebbe
partecipare?
Esattamente. Io stesso non ho fatto soltanto film sui Rom, sono interessato
anche su altri temi. E' per questo che mi sembra importante che i registi Rom
non debbano avere necessariamente a che fare con le tematiche rom.
Come funziona il festival? Dove si tengono le proiezioni?
Facciamo del nostro meglio per fare un buon evento culturale a Pristina, che
è il luogo principale dove ha luogo il Rolling Film Festival. Scegliamo un
cinema o un teatro che sia accessibile a tutti. Non vogliamo scegliere un luogo
che sia troppo caratterizzato - proiettare solo in posti per hippie o viceversa
solo in un posto snob. Vogliamo che tutti abbiano un'esperienza piacevole, per
questo più spesso scegliamo una via di mezzo. Oltre al festival stesso, abbiamo
un programma di corollario, chiamato "Rolling On the Road".
Proiettiamo direttamente nelle mahala dei Rom.
Perché per i Rom ordinari la proiezione di documentari dovrebbe essere
essenziale?
Quando ci siamo consultati tra noi su quelli che dovevano essere gli eventi
collaterali del festival, siamo arrivati alla conclusione che sono importanti
tutti e due - presentazioni nei cinema e presentazioni sul campo. Un buon
esempio è "American Gypsy". E' un film su una famiglia rom e descrive
la vita quotidiana dei Rom in America. La storia di quella famiglia è simile a
molte altre famiglie rom nel mondo. Condividono cultura, opinioni, tradizioni,
modi di vita simili. Quando l'ho visto ero assolutamente sbalordito, perché i
Rom in Kosovo vivono nel medesimo modo, la loro percezione delle cose è la
stessa, mantengono le identiche tradizioni. Un film simile è naturalmente
importante per chi non è Rom, ma l è anche per i Rom stessi. Possono capire
effettivamente quanto è importante la vita che vivono.
Che tipo di persone visitano il festival in Kosovo?
Vogliamo raggiungere assolutamente tutti. Per esempio, invitiamo college e
scuole superiori. Abbiamo un programma speciale per le superiori dove un comico
improvvisa dei pezzi. Racconta barzellette al pubblico mentre si proiettano
alcuni film. Ad un certo punto i film vengono interrotti così ci può essere
interazione con gli spettatori più giovani sul messaggio. Riteniamo che questo
possa costringerli a riflettere su alcune differenze. Attraverso gli scherzi
cerchiamo anche di ricordare loro alcune cose importanti che possono essere
sfuggite durante la proiezione. Oltre a Pristina il programma viene presentato
anche da altre parti in Kosovo.
Perché pensi che sia importante presentare film sui Rom al pubblico più
vasto in Kosovo?
Credo sia importante mostrare tutti i film, ma c'è una ragione in più per cui
i film rom sono importanti. Qualche anno fa, la situazione dei Rom qui era molto
differente da oggi - penso a prima della guerra, quando il 90% dei Rom lavorava
a tempo pieno. Oggi è solo lo 0,3%. Sono cambiate le relazioni con la
popolazione maggioritaria. Che è influenzata da molti pregiudizi, dalla paura
delle altre etnie che è cresciuta durante la guerra. Non riguarda solo i
pregiudizi che esistono sui Rom, ma la credenza che i Rom abbiano aiutato la
lotta contro l'etnia albanese, che non è completamente vero. Dato che c'è un
dibattito alla fine di ogni film, penso che possano influenzare le opinioni di
chi li guarda.
Dove ti vedi in futuro? Cos'è importante per te?
Questi problemi con l'etnia qui ci sono sempre stati e ci saranno. Però,
credo che queste piccole azioni di lotta contro gli stereotipi, compiute da
molte altre persone oltre a noi, sono importanti perché hanno il potere di
cambiare il punto di vista di qualcuno. Di sicuro, non cambieranno l'approccio
di tutta la società, ma anche fossero 1.000, 500 oppure almeno tre persone, si
può spingerli ad iniziare a fare qualcosa da loro stessi. Cosa voglio
personalmente dalla vita? Alla fine sono solo un ragazzo che fa film e si
diverte a farli. Talvolta buoni, talvolta cattivi. Fondamentalmente sto solo
facendo del mio meglio e continuerò a farlo per aiutare queste diverse nazioni a
raggiungere un compromesso.
Quali sono le prospettive per la vita in Kosovo?
A volte è pazzesco. Quando penso all'istruzione che ho ricevuto qui, devo
dire che non è servita a niente. C'era un insegnante alla scuola di medicina che
era lì dai tempi di Tito e non era nemmeno qualificato per svolgere il suo
lavoro. Per amor di dio, sono queste le persone che dovrebbero darci il
beneficio della loro esperienza? Un giorno potremmo avere la vita di qualcuno
nelle nostre mani! Quei quattro anni sono stati solo una catastrofe. Volevo solo
laurearli, più che altro per i miei genitori. Pensandoci adesso, probabilmente
sono uno dei pochi Rom che qui sta facendo qualcosa. Soprattutto negli ultimi
tre o quattro anni h dedicato la mia vita al festival e ai film. E' quel che
voglio fare. Ecco perché per me personalmente la vita in Kosovo offre buone
prospettive. Tuttavia, anche se amo molto il Kosovo, lo odio nel contempo.
Quando avrò dei bambini, non voglio che vivano la vita che ho vissuto, in quelle
condizioni. Qui ci sono prospettive per me come individuo, ma non per il popolo
di cui mi sento responsabile.
Di Fabrizio (del 27/05/2011 @ 09:47:07, in media, visitato 1635 volte)
GIOVANNA ZINCONE
Per buonismo si intende quell'insieme di lassismo e di eccessive generosità a
favore di minoranze svantaggiate. Chi usa il termine - ovviamente per biasimarne
la pratica - mai lo utilizzerebbe a proposito di lassismo o eccessive generosità
a favore di appartenenti alla maggioranza, specie alla componente benestante,
come i condoni fiscali o edilizi.
Il buonismo, considerato appannaggio del centrosinistra, di fatto lo attraversa
come un'incrinatura, perché non pochi dei suoi esponenti lo ritengono
responsabile delle proprie sconfitte elettorali. Al contrario, quando
provvedimenti simili, come le regolarizzazioni di massa di immigrati, sono
varati da governi di centrodestra non si parla mai di buonismo, né se ne
paventano i costi elettorali. Ma un'incrinatura di segno opposto attraversa pure
il centrodestra.
Infatti lì c'è chi punta sul «cattivismo», cioè sul fare ricorso ai cattivi
sentimenti e alla faccia feroce, pensando anche che, rispetto alla banalità del
bene, le attitudini da spiriti robusti esprimano una superiore intelligenza.
Può darsi che questa tattica continui a spostare un po' di voti nell'immediato,
ma produce pesanti contraddizioni interne e costringe a vistose retromarce. La
campagna elettorale milanese esemplifica bene i problemi del cattivismo. Il
candidato Pisapia è accusato di voler consentire la costruzione di una moschea.
Intanto il nostro Paese ha ottenuto un seggio alla Commissione straordinaria per
la tutela e la protezione dei diritti umani dell'Onu e il ministro Frattini, non
arruolato tra i cattivisti, ha dichiarato che «l'Italia intende farsi portatrice
di una visione dei diritti umani improntata ad alcuni temi prioritari» e ha
citato come primo obiettivo «la promozione della libertà di religione e di
culto». È lecito chiedersi se questa priorità debba valere anche nel nostro
Paese, nella città di Milano.
Poter usufruire di luoghi di culto adeguati è un elemento essenziale della
libertà religiosa. Lo hanno ribadito, proprio a proposito del progetto di
moschea milanese, il cardinale Tettamanzi e, a nome della Conferenza episcopale,
il segretario generale monsignor Cruciata. Si tratta di una reazione
prevedibile, perché sarebbe contraddittorio per chi rivendica questo diritto per
le minoranze cristiane nel mondo, come fa giustamente la Chiesa cattolica,
negarlo ai musulmani che stanno da noi. A tale banale argomentazione, il
«lucido» cattivismo ribatte che le moschee sono sedi di terrorismo, mentre le
chiese non lo sono e non lo sono mai state. Bisogna però ricordare che in un
passato non remoto i papisti venivano considerati nel mondo protestante come
pericolosi sovversivi; quanto ai rischi di trame islamiste si deve osservare
che, se e quando le moschee fossero pure focolai del terrore, avrebbero il
vantaggio, già sperimentato, di essere facili da monitorare e infiltrare. Di
norma, però, oltre a essere luoghi di culto, erogano e facilitano l'accesso ai
servizi, quindi sono potenziali strumenti di integrazione. Talora fungono
persino da ponti tra culture, in particolare lo sono proprio le grandi moschee
come quella di Parigi, che ha favorito l'emergere di un Islam francese non
prigioniero del fondamentalismo.
Per il cattivismo un bersaglio ancora più facile dei musulmani è rappresentato
dai rom e sinti, minoranza piuttosto impopolare, per la verità non senza qualche
fondato motivo. Ed ecco che la campagna elettorale milanese propone puntualmente
l'incubo della metropoli lombarda trasformata in zingaropoli. Lo sprovveduto
candidato buonista vorrebbe niente meno che trovare una sistemazione abitativa
per i rom, magari coinvolgendoli nella costruzione dei loro alloggi. La
strategia dell'autocostruzione, dove è stata provata come nel caso Dado in
Piemonte, ha avuto un buon successo. Alla base di questa come di altre misure di
integrazione dei rom c'è l'idea che aiutarli ad avere una vita decorosa serva
anche all'intera comunità: a liberare forza lavoro (oggi il tasso di
disoccupazione tra i rom supera il 70 per cento), a drenare un fertile terreno
di devianza. L'istruzione è comunemente considerata lo strumento principe
dell'integrazione, e quella rom è una minoranza fatta di moltissimi ragazzi e
bambini in età scolare. Da una recente rilevazione campionaria della Croce Rossa
emergeva che quasi il 43 per cento dei rom aveva meno di sedici anni e che oltre
il 29 per cento era sotto gli 11. Per minori che vivono in campi igienicamente
disastrati, non collegati con mezzi di trasporto, l'istruzione è un'impresa.
Infatti sono particolarmente alti tra i rom gli abbandoni scolastici e i
ritardi. Sui bambini, anche i cattivisti sono costretti al cordoglio quando
qualcuno brucia o soffoca in catapecchie o camper riscaldati con la carbonella.
Tutti concordano sulla necessità di trovare alternative ai campi fatiscenti. E,
al di là della retorica feroce esibita sotto elezioni, chiunque assuma posizioni
di governo, al centro o in periferia, di fatto deve affrontare il problema e, a
prescindere dal partito o dalla coalizione di appartenenza, lo fa. Magari non
subito, perché appena arrivato al potere deve pagare la cambiale emessa ai suoi
elettori, e per farlo smantella campi senza troppo giudizio. Ma poi deve pensare
a dove destinare decentemente i loro abitanti, quindi investe risorse. Ci sono
anche fondi europei disponibili per integrare i rom. Il commissario Ue Andor,
responsabile per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, ha
espressamente invitato gli Stati membri a utilizzare i fondi strutturali per
migliorare le condizioni di vita di queste minoranze. L'Italia ne utilizza
ancora pochi, ma più per difficoltà burocratiche che per avversione ideologica.
Comunque, amministrazioni e governi non solo di centrosinistra, ma anche di
centrodestra, stanziano, assegnano e spendono fondi per rom e sinti. La
commissione straordinaria per la tutela dei Diritti umani del Senato ha prodotto
un importante documento conoscitivo sulla condizione dei rom e sinti approvato
all'unanimità. Se ne consiglia la lettura.
Nella fase preparatoria la commissione ha compiuto varie audizioni. In una di
queste il prefetto di Roma Pecoraro ha dichiarato: «Ad oggi abbiamo potuto
disporre complessivamente di circa 32 milioni di euro (…). Nello specifico i
fondi erogati dal ministero ammontano complessivamente a 19 milioni e 447.000
euro, quelli della Regione Lazio a 5 milioni e i fondi messi a disposizione dal
Comune di Roma sono pari a circa 7 milioni e 900.000 euro».
Insomma, anche coloro che in campagna elettorale demonizzano stanziamenti in
bilancio per rom e sinti, quando devono amministrare sul serio destinano denaro
pubblico per farlo. Viene il dubbio perciò che il cattivismo sia, alla fin fine,
anche più impraticabile e irrealistico del buonismo. Certamente è più
antipatico.
Di Fabrizio (del 22/05/2011 @ 09:30:12, in media, visitato 1621 volte)
mercoledì 25 maggio alle 20.00
Sala Dei Venti, Via Lazzaretto, 17 - Milano
Cineclub DOCUMENTARIA presenta
THE MILLION DOLLAR KID
"The million dollar kid" è un puledro appena comprato da Dennis alla fiera dei
cavalli di Ballinasloe, in Irlanda.
Dennis è un "traveller", ovvero un viaggiatore, così vengono chiamati per il
loro nomadismo gli zingari irlandesi.
La vita di Dennis, come di molti altri travellers, è legata di generazione in
generazione all'allevamento ed il commercio di cavalli.
Questo documentario lancia uno sguardo ad una Irlanda poco conosciuta, alla
scoperta della vita, cultura e tradizioni di questo popolo nomade.
Cineclub DOCUMENTARIA è la nuova rassegna di documentari indipendenti che si
tiene il mercoledi (random) alle 20 presso la Sala dei Venti, in via Lazzaretto
17, zona Porta Venezia a Milano. Ingresso 5 euro con buffet e bevande comprese
fino ad esaurimento!!!
Speriamo di avervi nostri ospiti ogni mercoledì alla Sala dei Venti, il nuovo
spazio culturale di Milano!!!
[Una produzione MONKEY FACTORY]
Di Fabrizio (del 06/05/2011 @ 09:42:56, in media, visitato 1610 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Cinecittà.com
Esce in Italia un film francese sui rimpatri forzati, Tutti per uno
diretto da Romain Goupil, dal 1° giugno nelle sale distribuito da
Teodora. Di grande impatto emotivo la pellicola ha imbarazzato l'Eliseo
perché la protagonista, nei panni di una madre coraggio che difende i piccoli
immigrati, è Valeria Bruni Tedeschi, la sorella della Premiere Dame
Carla Sarkozy. Racconta all'Ansa Goupil, già assistente di Polanski e
Godard, un passato da membro Lega Comunista, "Valeria mi ha detto:
'adoro questo film ma non posso davvero assicurarti la promozione'. Del resto la
capisco, quello che ha da dire sulla politica del cognato lo dice nel film e
senza equivoci". La storia è una sintesi di ciò che accade agli immigrati
irregolari. E' ambientata a Parigi nel 2009 quando Milana, di origine cecena, ha
11 anni, le piace il compagno di classe Blaise e con lui e altri bambini,
francesi ma anche maghrebini e africani, fa parte di una piccola banda. Un
giorno assistono alla 'deportazione' di uno di loro, Youssef, illegale come i
suoi genitori. Dopo qualche tempo, una mamma sans papier si suicida per paura di
essere presa dalla polizia. I bambini ne sono scioccati e Milana sembra essere
la prossima nella lista delle autorità. Così la scuola si dà da fare per i
bambini in pericolo e la mamma di Blaise e della piccola Alice accoglie Milana e
la protegge, finendo per prendersi cura di tutti gli altri: li porta in vacanza,
li fa entrare a scuola di nascosto dalla polizia, ci gioca. Ma l'atmosfera si fa
cupa: i bambini da soli preparano una fuga e una mattina spariscono. I genitori
si disperano, la polizia fa pressione sui compagni di classe, i notiziari della
sera parlano di questo mistero. Milana, Blaise e gli altri sono in una cantina a
sperare che il brutto passi. Poi un giorno si arrendono, mani in alto, come dei
piccoli criminali. "Nel 2007, quando Sarkozy ha cercato di sedurre l'estrema
destra, ha decretato questa politica del rimpatrio forzato, anche per le
famiglie e i bambini, che ha provocato in me un disgusto totale, un sentimento
di rivolta. Ho fatto questo film non per denunciare ma per rinascere, far vedere
l'assurdo in cui viviamo. In Italia accade lo stesso: si fa leva sulle paure
della popolazione, si cerca di compiacerla con pratiche incivili quando dovremmo
essere fieri di accogliere queste persone. Nell'agosto 2010 con il rimpatrio
forzato dei Rom abbiamo raggiunto l'apice di questa politica allucinante".
Goupil ha avuto la Caméra d'or a Cannes e una nomination all'Oscar per il
suo debutto, Morire a 30 anni sul maggio '68.
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