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\\ Mahalla : Articolo
Kosovo
Di Fabrizio (del 08/06/2011 @ 09:44:08, in media, visitato 1362 volte)

Da Aussie_Kiwi_Roma

Romea.cz Lukáš Houdek, Zdenka Kainarová, translated by Gwendolyn Albert

Sami Mustafa è un regista della mahala rom nel villaggio di Plemetina in Kosovo. Il suo primo incontro con la cinematografia fu attraverso un programma gestito in loco nel 2003 dal centro ricreativo Balkan Sunflowers. Un anno dopo iniziò a collaborare con due compagnie di produzione, Koperativa e Quawava. Ha diretto diversi film sulla situazione del dopoguerra dei Rom in Kosovo. Il suo documentario "Road to Home" è stato proiettato a Cannes nel 2007, unico film in rappresentanza del Kosovo. Mustafa ha fondato la compagnia di produzione Romawood e dal 2009 gestisce a Pristina come direttore artistico assieme a Balkan Sunflowers il Rolling Film Festival di film rom. Vive a Pristina con la sua ragazza, la regista francese Charlotte Bohl. Romea.cz lo ha intervistato.

VIDEO
Sami Mustafa: Road to Home 
Welcome to Plemetina (1a parte) 
Welcome to Plemetina (2a parte)

Come ha fatto un ragazzo come te ad uscire dalla mahala ed iniziare a fare film?

In pratica ho iniziato a primavera 2003, quando un tizio dall'Australia è venuto a Plemetina. Lavorava come cameraman per Sky News a Sidney. Venne in Kosovo per collaborare con enti non-profit e condurre un laboratorio per i giovani di Plemetina che durò tre o quattro mesi.

Era un laboratorio sulla cinematografia?

Sul fare documentari. Di base era un giornalista, cosa che si rifletteva in ciò che insegnava, ma era brillante. Il laboratorio era una delle attività del nostro doposcuola, una delle tante, perché andavo anche dagli scout. Sotto la sua direzione girammo "Welcome to Plemetina", che fu accolto molto positivamente nei festival in Europa, ed anche in Kosovo e negli USA. Il film fu il lavoro collettivo di 13 ragazzi.

Quanti anni avevi quando hai partecipato al laboratorio?

Adesso ne ho 26, saranno 27 ad agosto. Buon dio! Beh, non importa, saranno stati 17 o 18.

Sei uno dei pochi adolescenti di Plemetina che hanno continuato con i film. Quel film è stato il tuo esordio?

Ho preso tutto molto seriamente. Fondamentalmente tutto ciò che faccio lo prendo seriamente. Anche quando andavo con gli scout ne ero completamente assorbito. Poi chi aveva gestito quel progetto ne concepirono un altro simile, relativo al lavoro con il video. Chiesero a me e ad un amico di partecipare, ed un anno dopo era stato fatto il mio secondo film. Un anno dopo appresi di un altro laboratorio filmico che operava col sistema "lavora ed impara". Fondamentalmente era un lavoro pagato durante il quale imparavi nuove cose. Il programma durava un anno. Era anche il mio ultimo anno di superiori. Poi dovetti decidere dove focalizzarmi e cosa lasciare. Alla fine, ho mollato gli scout. Ho anche rinunciato a medicina, che stavo studiando nel frattempo.

Volevi fare il dottore?

No, ho solo studiato alla scuola superiore di medicina. Non c'era altra scelta, la scuola è una delle sole due a Plemetina. L'altra è la scuola di economia, ma non l'ho considerata perché andavo male in matematica.

Quindi non hai un'istruzione filmica?

Precisamente. Nella mia vita non c'è una scuola di film. Dopo quell'anno di tirocinio retribuito, con i soldi guadagnati comperai una telecamera ed un computer ed iniziai a riprendere. Feci diversi film. Uno di essi comprende la raccolta dei miei lavori recenti, "Never Back Home". Iniziai a girarlo nel 2004.

Qual è il tema centrale del tuo lavoro?

Mi concentro soprattutto sui Rom. Faccio del mio meglio, attraverso i film, per dimostrare il fatto che la vita attuale dei Rom in Kosovo è influenzata significativamente dalla politica. Inoltre, faccio del mio meglio per catturare alcuni elementi della cultura rom che stanno sparendo, anche se non partecipo attivamente alla loro preservazione. Penso sia importante registrarli almeno su video cassette, così che la prossima generazione di Rom e le altre nazioni possano capire alcune cose e pensarvi.

Hai scelto questo tema centrale perché sei Rom?

Assolutamente, proprio perché sono Rom. All'inizio non sapevo niente dei Rom in generale e non sapevo dove trovare informazioni. Non capivo perché dicevano che siamo dell'India. Naturalmente, non avevamo internet, dove ho potuto trovare risposte alle mie domande. Quindi ho deciso di iniziare con quello che avevo proprio di fronte al mio naso, i Rom in Kosovo. Per cercare di capire chi diavolo fossi, perché sono qui, perché ci chiamano zingari, per andare al fondo del perché ci odino tanto- è nascosto, ma lo percepisci nella gente - e c'è così tanta violenza. I film che ho iniziato a girare sono tanto per i Rom che per...

Per i gagé? [Nota del traduttore: non-Rom, può essere peggiorativo]

Hmm, non mi piace quella parola. E' una di quelle cose che devo chiarirmi. Cosa significa davvero la parola gagio? I Rom si chiamano così tra loro, perché significa "uomo". Chiamarti gagio significa che non sei una persona.

Pensi che i Rom ti percepiscano differentemente da un regista non-Rom quando fai i tuoi documentari?

Penso si debbano combinare entrambe gli approcci. E' giusto capire qualcosa, ma anche non esservi troppo coinvolto emotivamente solo perché anch'io sono Rom. Per questo l'opinione delle persone non-Rom, delle non-persone (ride) è un bene, ed è un bene scendere a compromessi. Faccio del mio meglio per essere neutrale, nella misura in cui è possibile, e guardare ai problemi dei Rom attraverso occhi differenti. Faccio del mio meglio per catturare come tutti noi vediamo queste persone. E' molto difficile comprenderli, devi inserirti in queste situazioni, cosa che è terribilmente dolorosa e può anche influenzare l'intera riuscita.

Pensi che entrare in una comunità rom sia più semplice per te di quanto lo sarebbe per la tua ragazza francese Charlotte? Che tu otterresti la loro fiducia più rapidamente di lei?

Penso che sia lo stesso. Dipende molto dalle persone che stai filmando. La maggior parte del tempo nel mio lavoro estraggo immediatamente la macchina da presa ed inizio a filmare, ma la risposta a ciò è ogni volta differente. La gente che vuole parlare si muove da sé verso la videocamera parlando. Poi c'è chi inizia ad urlarvi contro di andarvene. In quel momento non importa se sono Rom oppure no. Al contrario, penso di essere bravo quando incontro gente con un gran potenziale coinvolgendoli a raccontare la loro storia. Sono capace di convincerli a farlo perché sono un Rom, e so quindi come comportarmi in queste situazioni. Pensandoci ora, è sostanzialmente un approccio molto egoista. Li spingi a parlare perché ne hai bisogno.

Cosa speri di ottenere con i tuoi film?

E' collegato col festival che faccio. Volevo fare film così la gente avrebbe potuto imparare cosa succedeva qui. Oltre che con i problemi, voglio che la gente familiarizzi con la cultura rom, col modo di vita dei Rom. Volevo anche mostrare che i film fatti da Rom esistono. Per questo praticamente ho creato il festival. Lo scopo principale era di raccogliere film sui Rom creati dai Rom stessi, film che non li rappresentano o colpevoli o vittime. La selezione si deve basare soprattutto su storie di singoli.

Come funziona il festival?

Il festival nasce nel 2009. Chiunque può aderire. Stiamo facendo del nostro meglio per raccogliere più film possibile, per vedere che tipo di film vengono fatti sui Rom. Poi selezioniamo i film a seconda del tema predeterminato. Il primo anno sono stati sottoposti circa 50 film.  La condizione era che si basassero su storie personali. Un criterio era che non dovessero essere stereotipati, in senso negativo o positivo. Enfatizziamo i film che introducono qualcosa di nuovo. Non scegliamo film che ripetono all'infinito le solite vecchie cose polverose. Le storie individuali vanno bene perché non generalizzano e mostrano un caso concreto in cui una certa situazione ha lasciato il segno.

Possono esserci soltanto registi rom?

No, è un festival con film sui Rom e film di Rom.

Quindi un Rom che ha fatto un film sulla globalizzazione potrebbe partecipare?

Esattamente. Io stesso non ho fatto soltanto film sui Rom, sono interessato anche su altri temi. E' per questo che mi sembra importante che i registi Rom non debbano avere necessariamente a che fare con le tematiche rom.

Come funziona il festival? Dove si tengono le proiezioni?

Facciamo del nostro meglio per fare un buon evento culturale a Pristina, che è il luogo principale dove ha luogo il Rolling Film Festival. Scegliamo un cinema o un teatro che sia accessibile a tutti. Non vogliamo scegliere un luogo che sia troppo caratterizzato - proiettare solo in posti per hippie o viceversa solo in un posto snob. Vogliamo che tutti abbiano un'esperienza piacevole, per questo più spesso scegliamo una via di mezzo. Oltre al festival stesso, abbiamo un programma di corollario, chiamato "Rolling On the Road". Proiettiamo direttamente nelle mahala dei Rom.

Perché per i Rom ordinari la proiezione di documentari dovrebbe essere essenziale?

Quando ci siamo consultati tra noi su quelli che dovevano essere gli eventi collaterali del festival, siamo arrivati alla conclusione che sono importanti tutti e due - presentazioni nei cinema e presentazioni sul campo. Un buon esempio è "American Gypsy". E' un film su una famiglia rom e descrive la vita quotidiana dei Rom in America. La storia di quella famiglia è simile a molte altre famiglie rom nel mondo. Condividono cultura, opinioni, tradizioni, modi di vita simili. Quando l'ho visto ero assolutamente sbalordito, perché i Rom in Kosovo vivono nel medesimo modo, la loro percezione delle cose è la stessa, mantengono le identiche tradizioni. Un film simile è naturalmente importante per chi non è Rom, ma l è anche per i Rom stessi. Possono capire effettivamente quanto è importante la vita che vivono.

Che tipo di persone visitano il festival in Kosovo?

Vogliamo raggiungere assolutamente tutti. Per esempio, invitiamo college e scuole superiori. Abbiamo un programma speciale per le superiori dove un comico improvvisa dei pezzi. Racconta barzellette al pubblico mentre si proiettano alcuni film. Ad un certo punto i film vengono interrotti così ci può essere interazione con gli spettatori più giovani sul messaggio. Riteniamo che questo possa costringerli a riflettere su alcune differenze. Attraverso gli scherzi cerchiamo anche di ricordare loro alcune cose importanti che possono essere sfuggite durante la proiezione. Oltre a Pristina il programma viene presentato anche da altre parti in Kosovo.

Perché pensi che sia importante presentare film sui Rom al pubblico più vasto in Kosovo?

Credo sia importante mostrare tutti i film, ma c'è una ragione in più per cui i film rom sono importanti. Qualche anno fa, la situazione dei Rom qui era molto differente da oggi - penso a prima della guerra, quando il 90% dei Rom lavorava a tempo pieno. Oggi è solo lo 0,3%. Sono cambiate le relazioni con la popolazione maggioritaria. Che è influenzata da molti pregiudizi, dalla paura delle altre etnie che è cresciuta durante la guerra. Non riguarda solo i pregiudizi che esistono sui Rom, ma la credenza che i Rom abbiano aiutato la lotta contro l'etnia albanese, che non è completamente vero. Dato che c'è un dibattito alla fine di ogni film, penso che possano influenzare le opinioni di chi li guarda.

Dove ti vedi in futuro? Cos'è importante per te?

Questi problemi con l'etnia qui ci sono sempre stati e ci saranno. Però, credo che queste piccole azioni di lotta contro gli stereotipi, compiute da molte altre persone oltre a noi, sono importanti perché hanno il potere di cambiare il punto di vista di qualcuno. Di sicuro, non cambieranno l'approccio di tutta la società, ma anche fossero 1.000, 500 oppure almeno tre persone, si può spingerli ad iniziare a fare qualcosa da loro stessi. Cosa voglio personalmente dalla vita? Alla fine sono solo un ragazzo che fa film e si diverte a farli. Talvolta buoni, talvolta cattivi. Fondamentalmente sto solo facendo del mio meglio e continuerò a farlo per aiutare queste diverse nazioni a raggiungere un compromesso.

Quali sono le prospettive per la vita in Kosovo?

A volte è pazzesco. Quando penso all'istruzione che ho ricevuto qui, devo dire che non è servita a niente. C'era un insegnante alla scuola di medicina che era lì dai tempi di Tito e non era nemmeno qualificato per svolgere il suo lavoro. Per amor di dio, sono queste le persone che dovrebbero darci il beneficio della loro esperienza? Un giorno potremmo avere la vita di qualcuno nelle nostre mani! Quei quattro anni sono stati solo una catastrofe. Volevo solo laurearli, più che altro per i miei genitori. Pensandoci adesso, probabilmente sono uno dei pochi Rom che qui sta facendo qualcosa. Soprattutto negli ultimi tre o quattro anni h dedicato la mia vita al festival e ai film. E' quel che voglio fare. Ecco perché per me personalmente la vita in Kosovo offre buone prospettive. Tuttavia, anche se amo molto il Kosovo, lo odio nel contempo. Quando avrò dei bambini, non voglio che vivano la vita che ho vissuto, in quelle condizioni. Qui ci sono prospettive per me come individuo, ma non per il popolo di cui mi sento responsabile.

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