Da
Aussie_Kiwi_Roma
Romea.cz Lukáš Houdek, Zdenka Kainarová, translated by Gwendolyn Albert
Sami Mustafa è un regista della mahala rom nel villaggio di Plemetina in
Kosovo. Il suo primo incontro con la cinematografia fu attraverso un programma
gestito in loco nel 2003 dal centro ricreativo Balkan Sunflowers. Un anno dopo
iniziò a collaborare con due compagnie di produzione, Koperativa e Quawava. Ha
diretto diversi film sulla situazione del dopoguerra dei Rom in Kosovo. Il suo
documentario "Road to Home" è stato proiettato a Cannes nel 2007, unico
film in rappresentanza del Kosovo. Mustafa ha fondato la compagnia di produzione
Romawood e dal 2009 gestisce a Pristina come direttore artistico assieme a Balkan
Sunflowers il Rolling Film Festival di film rom. Vive a Pristina con la sua
ragazza, la regista francese Charlotte Bohl. Romea.cz lo ha intervistato.
VIDEO
Sami Mustafa: Road to
Home
Welcome to Plemetina (1a
parte)
Welcome to Plemetina (2a
parte)
Come ha fatto un ragazzo come te ad uscire dalla mahala ed iniziare a fare
film?
In pratica ho iniziato a primavera 2003, quando un tizio dall'Australia è
venuto a Plemetina. Lavorava come cameraman per Sky News a Sidney. Venne in
Kosovo per collaborare con enti non-profit e condurre un laboratorio per i
giovani di Plemetina che durò tre o quattro mesi.
Era un laboratorio sulla cinematografia?
Sul fare documentari. Di base era un giornalista, cosa che si rifletteva in
ciò che insegnava, ma era brillante. Il laboratorio era una delle attività del
nostro doposcuola, una delle tante, perché andavo anche dagli scout. Sotto la
sua direzione girammo "Welcome to Plemetina", che fu accolto molto positivamente
nei festival in Europa, ed anche in Kosovo e negli USA. Il film fu il lavoro
collettivo di 13 ragazzi.
Quanti anni avevi quando hai partecipato al laboratorio?
Adesso ne ho 26, saranno 27 ad agosto. Buon dio! Beh, non importa, saranno
stati 17 o 18.
Sei uno dei pochi adolescenti di Plemetina che hanno continuato con i
film. Quel film è stato il tuo esordio?
Ho preso tutto molto seriamente. Fondamentalmente tutto ciò che faccio lo
prendo seriamente. Anche quando andavo con gli scout ne ero completamente
assorbito. Poi chi aveva gestito quel progetto ne concepirono un altro simile,
relativo al lavoro con il video. Chiesero a me e ad un amico di partecipare, ed
un anno dopo era stato fatto il mio secondo film. Un anno dopo appresi di un
altro laboratorio filmico che operava col sistema "lavora ed impara".
Fondamentalmente era un lavoro pagato durante il quale imparavi nuove cose. Il
programma durava un anno. Era anche il mio ultimo anno di superiori. Poi dovetti
decidere dove focalizzarmi e cosa lasciare. Alla fine, ho mollato gli scout. Ho
anche rinunciato a medicina, che stavo studiando nel frattempo.
Volevi fare il dottore?
No, ho solo studiato alla scuola superiore di medicina. Non c'era altra
scelta, la scuola è una delle sole due a Plemetina. L'altra è la scuola di
economia, ma non l'ho considerata perché andavo male in matematica.
Quindi non hai un'istruzione filmica?
Precisamente. Nella mia vita non c'è una scuola di film. Dopo quell'anno di
tirocinio retribuito, con i soldi guadagnati comperai una telecamera ed un
computer ed iniziai a riprendere. Feci diversi film. Uno di essi comprende la
raccolta dei miei lavori recenti, "Never Back Home". Iniziai a girarlo nel 2004.
Qual è il tema centrale del tuo lavoro?
Mi concentro soprattutto sui Rom. Faccio del mio meglio, attraverso i film,
per dimostrare il fatto che la vita attuale dei Rom in Kosovo è influenzata
significativamente dalla politica. Inoltre, faccio del mio meglio per catturare
alcuni elementi della cultura rom che stanno sparendo, anche se non partecipo
attivamente alla loro preservazione. Penso sia importante registrarli almeno su
video cassette, così che la prossima generazione di Rom e le altre nazioni
possano capire alcune cose e pensarvi.
Hai scelto questo tema centrale perché sei Rom?
Assolutamente, proprio perché sono Rom. All'inizio non sapevo niente dei Rom
in generale e non sapevo dove trovare informazioni. Non capivo perché dicevano
che siamo dell'India. Naturalmente, non avevamo internet, dove ho potuto trovare
risposte alle mie domande. Quindi ho deciso di iniziare con quello che avevo
proprio di fronte al mio naso, i Rom in Kosovo. Per cercare di capire chi
diavolo fossi, perché sono qui, perché ci chiamano zingari, per andare al fondo
del perché ci odino tanto- è nascosto, ma lo percepisci nella gente - e c'è così
tanta violenza. I film che ho iniziato a girare sono tanto per i Rom che per...
Per i gagé? [Nota del traduttore: non-Rom, può essere peggiorativo]
Hmm, non mi piace quella parola. E' una di quelle cose che devo chiarirmi.
Cosa significa davvero la parola gagio? I Rom si chiamano così tra loro, perché
significa "uomo". Chiamarti gagio significa che non sei una persona.
Pensi che i Rom ti percepiscano differentemente da un regista non-Rom
quando fai i tuoi documentari?
Penso si debbano combinare entrambe gli approcci. E' giusto capire qualcosa,
ma anche non esservi troppo coinvolto emotivamente solo perché anch'io sono Rom.
Per questo l'opinione delle persone non-Rom, delle non-persone (ride) è un bene,
ed è un bene scendere a compromessi. Faccio del mio meglio per essere neutrale,
nella misura in cui è possibile, e guardare ai problemi dei Rom attraverso occhi
differenti. Faccio del mio meglio per catturare come tutti noi vediamo queste
persone. E' molto difficile comprenderli, devi inserirti in queste situazioni,
cosa che è terribilmente dolorosa e può anche influenzare l'intera riuscita.
Pensi che entrare in una comunità rom sia più semplice per te di quanto lo
sarebbe per la tua ragazza francese Charlotte? Che tu otterresti la loro fiducia
più rapidamente di lei?
Penso che sia lo stesso. Dipende molto dalle persone che stai filmando. La
maggior parte del tempo nel mio lavoro estraggo immediatamente la macchina da
presa ed inizio a filmare, ma la risposta a ciò è ogni volta differente. La
gente che vuole parlare si muove da sé verso la videocamera parlando. Poi c'è
chi inizia ad urlarvi contro di andarvene. In quel momento non importa se sono
Rom oppure no. Al contrario, penso di essere bravo quando incontro gente con un
gran potenziale coinvolgendoli a raccontare la loro storia. Sono capace di
convincerli a farlo perché sono un Rom, e so quindi come comportarmi in queste
situazioni. Pensandoci ora, è sostanzialmente un approccio molto egoista. Li
spingi a parlare perché ne hai bisogno.
Cosa speri di ottenere con i tuoi film?
E' collegato col festival che faccio. Volevo fare film così la gente avrebbe
potuto imparare cosa succedeva qui. Oltre che con i problemi, voglio che la
gente familiarizzi con la cultura rom, col modo di vita dei Rom. Volevo anche
mostrare che i film fatti da Rom esistono. Per questo praticamente ho creato il
festival. Lo scopo principale era di raccogliere film sui Rom creati dai Rom
stessi, film che non li rappresentano o colpevoli o vittime. La selezione si
deve basare soprattutto su storie di singoli.
Come funziona il festival?
Il festival nasce nel 2009. Chiunque può aderire. Stiamo facendo del nostro
meglio per raccogliere più film possibile, per vedere che tipo di film vengono
fatti sui Rom. Poi selezioniamo i film a seconda del tema predeterminato. Il
primo anno sono stati sottoposti circa 50 film. La condizione era che si
basassero su storie personali. Un criterio era che non dovessero essere
stereotipati, in senso negativo o positivo. Enfatizziamo i film che introducono
qualcosa di nuovo. Non scegliamo film che ripetono all'infinito le solite
vecchie cose polverose. Le storie individuali vanno bene perché non
generalizzano e mostrano un caso concreto in cui una certa situazione ha
lasciato il segno.
Possono esserci soltanto registi rom?
No, è un festival con film sui Rom e film di Rom.
Quindi un Rom che ha fatto un film sulla globalizzazione potrebbe
partecipare?
Esattamente. Io stesso non ho fatto soltanto film sui Rom, sono interessato
anche su altri temi. E' per questo che mi sembra importante che i registi Rom
non debbano avere necessariamente a che fare con le tematiche rom.
Come funziona il festival? Dove si tengono le proiezioni?
Facciamo del nostro meglio per fare un buon evento culturale a Pristina, che
è il luogo principale dove ha luogo il Rolling Film Festival. Scegliamo un
cinema o un teatro che sia accessibile a tutti. Non vogliamo scegliere un luogo
che sia troppo caratterizzato - proiettare solo in posti per hippie o viceversa
solo in un posto snob. Vogliamo che tutti abbiano un'esperienza piacevole, per
questo più spesso scegliamo una via di mezzo. Oltre al festival stesso, abbiamo
un programma di corollario, chiamato "Rolling On the Road".
Proiettiamo direttamente nelle mahala dei Rom.
Perché per i Rom ordinari la proiezione di documentari dovrebbe essere
essenziale?
Quando ci siamo consultati tra noi su quelli che dovevano essere gli eventi
collaterali del festival, siamo arrivati alla conclusione che sono importanti
tutti e due - presentazioni nei cinema e presentazioni sul campo. Un buon
esempio è "American Gypsy". E' un film su una famiglia rom e descrive
la vita quotidiana dei Rom in America. La storia di quella famiglia è simile a
molte altre famiglie rom nel mondo. Condividono cultura, opinioni, tradizioni,
modi di vita simili. Quando l'ho visto ero assolutamente sbalordito, perché i
Rom in Kosovo vivono nel medesimo modo, la loro percezione delle cose è la
stessa, mantengono le identiche tradizioni. Un film simile è naturalmente
importante per chi non è Rom, ma l è anche per i Rom stessi. Possono capire
effettivamente quanto è importante la vita che vivono.
Che tipo di persone visitano il festival in Kosovo?
Vogliamo raggiungere assolutamente tutti. Per esempio, invitiamo college e
scuole superiori. Abbiamo un programma speciale per le superiori dove un comico
improvvisa dei pezzi. Racconta barzellette al pubblico mentre si proiettano
alcuni film. Ad un certo punto i film vengono interrotti così ci può essere
interazione con gli spettatori più giovani sul messaggio. Riteniamo che questo
possa costringerli a riflettere su alcune differenze. Attraverso gli scherzi
cerchiamo anche di ricordare loro alcune cose importanti che possono essere
sfuggite durante la proiezione. Oltre a Pristina il programma viene presentato
anche da altre parti in Kosovo.
Perché pensi che sia importante presentare film sui Rom al pubblico più
vasto in Kosovo?
Credo sia importante mostrare tutti i film, ma c'è una ragione in più per cui
i film rom sono importanti. Qualche anno fa, la situazione dei Rom qui era molto
differente da oggi - penso a prima della guerra, quando il 90% dei Rom lavorava
a tempo pieno. Oggi è solo lo 0,3%. Sono cambiate le relazioni con la
popolazione maggioritaria. Che è influenzata da molti pregiudizi, dalla paura
delle altre etnie che è cresciuta durante la guerra. Non riguarda solo i
pregiudizi che esistono sui Rom, ma la credenza che i Rom abbiano aiutato la
lotta contro l'etnia albanese, che non è completamente vero. Dato che c'è un
dibattito alla fine di ogni film, penso che possano influenzare le opinioni di
chi li guarda.
Dove ti vedi in futuro? Cos'è importante per te?
Questi problemi con l'etnia qui ci sono sempre stati e ci saranno. Però,
credo che queste piccole azioni di lotta contro gli stereotipi, compiute da
molte altre persone oltre a noi, sono importanti perché hanno il potere di
cambiare il punto di vista di qualcuno. Di sicuro, non cambieranno l'approccio
di tutta la società, ma anche fossero 1.000, 500 oppure almeno tre persone, si
può spingerli ad iniziare a fare qualcosa da loro stessi. Cosa voglio
personalmente dalla vita? Alla fine sono solo un ragazzo che fa film e si
diverte a farli. Talvolta buoni, talvolta cattivi. Fondamentalmente sto solo
facendo del mio meglio e continuerò a farlo per aiutare queste diverse nazioni a
raggiungere un compromesso.
Quali sono le prospettive per la vita in Kosovo?
A volte è pazzesco. Quando penso all'istruzione che ho ricevuto qui, devo
dire che non è servita a niente. C'era un insegnante alla scuola di medicina che
era lì dai tempi di Tito e non era nemmeno qualificato per svolgere il suo
lavoro. Per amor di dio, sono queste le persone che dovrebbero darci il
beneficio della loro esperienza? Un giorno potremmo avere la vita di qualcuno
nelle nostre mani! Quei quattro anni sono stati solo una catastrofe. Volevo solo
laurearli, più che altro per i miei genitori. Pensandoci adesso, probabilmente
sono uno dei pochi Rom che qui sta facendo qualcosa. Soprattutto negli ultimi
tre o quattro anni h dedicato la mia vita al festival e ai film. E' quel che
voglio fare. Ecco perché per me personalmente la vita in Kosovo offre buone
prospettive. Tuttavia, anche se amo molto il Kosovo, lo odio nel contempo.
Quando avrò dei bambini, non voglio che vivano la vita che ho vissuto, in quelle
condizioni. Qui ci sono prospettive per me come individuo, ma non per il popolo
di cui mi sento responsabile.