Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 09/02/2006 @ 09:05:26, in scuola, visitato 2651 volte)
foto per gentile concessione di Licia Brunello: le due mediatrici scolastiche Franca Turchiarolo e Antonia Braidic, tra loro Filippo Penati, presidente della provincia di Milano - nientepopodimenochè alla Giornata della Riconoscenza 2005.
Questo mese Martesana 2 dedica un articolo alla scuola dove operano queste due mediatrici culturali. Il titolo rincuora: Scuole di via Russo all’avanguardia, in un periodo in cui sembra che in città il servizio scolastico paghi soltanto tagli e scandali (l'articolo, leggetelo voi... però). Un riconoscimento che premia un'attività e una programmazione pluridecennale. Dopo la testimonianza dell'insegnante Licia Brunello, parla Franca Turchiarulo, mediatrice scolastica “storica”
disegno di Walter Braidic
Per iniziare... Non sono Rom, sino a vent'anni fa vivevo a Monza con la mia famiglia. Ho conosciuto Marco, che faceva l'ombrellaio. Ci siamo innamorati e siamo scappati e siamo andati a vivere assieme. Allora non c'era ancora il campo di via Idro ed eravamo in via Agordat. La mia famiglia allora la prese male, ci sono voluti 5 anni perché capissero che mio marito era una persona a posto. E ci siamo riappacificati.
Com'è iniziato... Già 20 anni fa i bambini dell'accampamento di via Agordat andavano alla scuola elementare. Nel 1989 il comune trasferì tutte le famiglie in via Idro e poco tempo dopo, c'era ancora Carlo Cuomo nell'Opera Nomadi, ci sono arrivate le lettere in cui a noi donne proponevano un corso. Non mi ricordo cosa c'era scritto, so che dopo c'era la possibilità di lavorare per 12 di noi. Abbiamo frequentato il corso, e 12 di noi hanno iniziato a lavorare nella scuola. Lì non c'era più nessuno che ci spiegava cosa fare, ma avrei avuto bisogno di qualcuno che mi aiutasse le prime volte.
Gli inizi... I miei bambini allora erano piccoli e andavano alla stessa scuola. Così conoscevo già Licia Brunello, l'insegnante di sostegno e subito dopo ho conosciuto il direttore Niccoli. Poi è stata la volta delle altre insegnanti. Sono state tutte molto brave e mi hanno dato un aiuto indispensabile. In altre scuole gli alunni rom erano ancora visti come “diversi”, ma nella scuola Russo erano ben accettati.
Una delle prime cose che ottenemmo a scuola fu uno spazio dove mettere una lavatrice. Al campo allora c'era una sola fontanella, e non sempre i bambini avevano vestiti puliti da mettersi. Organizzammo anche un centro di raccolta di vestiti che arrivavano dalle famiglie dei loro compagni di classe. Con gli anni, il campo si attrezzò anche con l'acqua potabile. Quello che non ci saremmo mai aspettato, è che ora siamo nuovamente senza uso dei bagni al campo, perché ci sono lavori in corso che durano da mesi.
La sicurezza... Nonostante ciò, per i primi due anni mi sono sempre sentita provvisoria. Ho impiegato due anni per essere autonoma. La stessa sicurezza riguarda i bambini: sanno che sono aiutati dalla mamma di uno di loro. Vivendo sempre nel campo, non comunicano con nessuno e questo a scuola si notava.
La giornata... Alle 7.45 passa il pullmino per accompagnare i bambini a scuola, che dista circa 4 km. Tra le 8.30 e le 9.00 i bambini fanno colazione a scuola. Il lunedì accompagno alle docce i bambini delle prime e delle seconde, il martedì le terze, le quarte e le quinte.
La scuola.... Dopo, comincia l'attività scolastica. Il mio compito è di aiutare le insegnanti con quei bambini che hanno difficoltà a seguire il programma. Può darsi che sia una difficoltà scolastico, o anche dovuta ad altri problemi. Ad esempio, da quest'anno per una bambina che ha anche gravi problemi, c'è anche la psicomotricità. Nelle classi ci sono momenti di sperimentazione comune ai bambini rom e gagé, altri sono specifici per i rom: così il giovedì c'è un laboratorio apposito di disegno e pittura...
...che si ispira all'arte di Van Gogh (ndr: foto tratta da http://www.van-gogh-in-der-provence.de/)
Il lavoro... Sono 610 ore annuali, mezza giornata. Il giovedì invece, l'orario è dalle 8.30 alle 12.30. Torno a casa, preparo da mangiare e di nuovo a scuola dalle 14.30 alle 16.30. Ora, che sono più sicura sotto tutti i punti di vista (del lavoro e anche economico), oltre che alla scuola di via Russo seguo anche due bambini alla scuola di via Cesalpino.
Risorse: Circolo didattico di via Russo
Di Daniele (del 10/02/2006 @ 08:31:58, in scuola, visitato 1693 volte)
L'Ungheria chiede alla scuola di porre fine alla discriminazione dei rom.Budapest, 27 gennaio 2006. L'Ombudsman (tutore dei diritti dei cittadini, ndt.) ungherese ha detto alla scuola primaria che deve porre fine alla discriminazione degli alunni rom dopo aver constatato che venivano separati dagli altri bambini e catalogati tutti come portatori di difficoltà di apprendimento. La scuola di Kerepes, a circa 10 km ad est della capitale Budapest, ha costruito delle sbarre lungo un corridoio per segregare i bambini rom e sbarrato il loro accesso alle scale di sicurezza perché le usavano per marinare la scuola. "Siccome non c'è nessuna base legale per la separazione, questa condotta si qualifica, essendo bandita dalla costituzione, come discriminazione negativa e separazione illegale," ha detto l'Ombudsman Jeno Kaltenbach in una dichiarazione resa disponibile venerdì. La discriminazione contro il mezzo milione di rom ungheresi – conosciuti come cigàny – è diffusa e l'UE dice che l'Ungheria è fra i tre peggiori trasgressori dei 25 paesi in termini di segregazione abitativa. La scuola era abituata ad elencare i nomi degli alunni cigàny separatamente, ma Kaltenbach ha detto di non aver intrapreso alcuna azione perché la scuola ha smesso questa pratica. Ha anche trovato che la scuola aveva abusato dei suoi poteri non permettendo a certi alunni di partecipare alle manifestazioni della scuola e aveva violato i diritti degli alunni raggruppando tutti quelli con speciali bisogni di apprendimento, e di ambienti "svantaggiati" di una classe. Gli alunni erano anche costretti a fare colazione in un intervallo di 10 minuti o riducendo le loro lezioni, e questo, ha detto, violava il loro diritto alla salute e ad una formazione appropriata. L'Ungheria ha una delle più numerose comunità rom dell'UE. Bruxelles ha sollecitato i dieci stai più importanti dell'Europa orientale e centrale, che si sono uniti al blocco nel 2004, a migliorare i diritti e il trattamento delle minoranze rom, e adesso controlla i loro risultati.
(segnalazione precedente ndr.)Il 5 gennaio 2006 Francesco Rutelli, dalle pagine di Europa, ha fatto il suo esordio elettorale su una problematica vissuta dai Sinti e dai Rom. O meglio ha espresso il suo personale pensiero, purtroppo condiviso da molti leader politici italiani, sui problemi dei minori rom che partecipano all'economia familiare. Naturalmente, come aveva già fatto in passato da Sindaco di Roma, ha affrontato la questione nel peggiore dei modi o come molti commentatori hanno affermato si è allineato e ha sorpassato le più becere posizioni dei leghisti alla Borghenzio.
Ma cosa ha detto il Presidente della Margherita? Si è chiesto, "con una nota politicamente scorretta”, “perché ammettiamo aree di esclusione dei diritti umani universali?” Fino qui tutto bene e anzi abbiamo esultato: finalmente un politico italiano si accorge che in Italia alle Minoranze Etniche Linguistiche Sinte e Rom non vengono riconosciuti i diritti sanciti dall’ONU.
Ma è stato solo un momento perché Rutelli ha immediatamente preso la tangenziale leghista.
Il ragionamento di Rutelli segue questo percorso: “conosco un giustificazionismo sociale che invece non si può giustificare: è la loro cultura, fatta anche di espedienti. Costringere centinaia di bimbi ad andare per strada a rubare sarebbe un espediente? Quei ragazzini hanno gli stessi diritti dei nostri figli.” E continua imperioso: “Devono andare a scuola.”
Ma bene Rutelli, peccato che l’Italia nega l’applicazione della Raccomandazione n. R (2000) 4 del Consiglio d’Europa sulla scolarizzazione dei fanciulli sinti e rom. E questa condizione porta a pratiche di tentata assimilazione e continuata segregazione sulle Minoranze Etniche e Linguistiche Sinte e Rom (Raccomandazione n. 1557/2002 del Consiglio d’Europa, ripresa dall’ultima Risoluzione dell’Unione Europea).
Il Presidente della Margherita, crogiolandosi nella sua ignoranza, continua: “E se è comprovato che vengono schiavizzati e sfruttati, vanno sottratti ai loro padroni”.
Naturalmente la notizia ha fatto il giro d’Italia, ripresa da tutti i giornali nazionali, offrendo ottime uscite soprattutto ai giornali più schierati. Il messaggio lanciato in Italia che capeggiava su tutte le testate nazionali era: “basta ipocrisia, liberiamo i bambini rom”.
Anche un bambino capirebbe che il messaggio lanciato da Rutelli è: i rom sfruttano i bambini, liberiamoli.
Ma Rutelli è un fiume in piena e non si fa attendere una nota di compiacimento: “Avevo varato [da Sindaco di Roma] delle ordinanze con cui assicuravamo servizi prima inesistenti alle comunità rom”.
È tutto da ridere o meglio da piangere. Ricordiamo a tutti i lettori che la Giunta Rutelli ha creato quel mostro che prendeva il nome di Casilino 700, dove ha ammassato più di un migliaio di Rom Europei (ex Yugoslavia e Romania) lasciandoli senz’acqua, senza luce e con ben diciotto bagni chimici. Non contento ha osteggiato per mesi, nel 1997, l’organizzazione Medici Senza Frontiere che aveva il progetto di portare l’acqua potabile a centinaia e centinaia di bambini rom. Veramente da non credere… Invitiamo tutti i nostri lettori, quando sono a Roma, di farsi un giro al Casilino 900 che ha fatto inorridire il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, Alvaro Gil-Robles. Ma gli esempi sono molteplici.
Torniamo alla problematica sollevata da Rutelli: la partecipazione dei minori rom all’economia familiare.
Se siamo d’accordo con il Presidente della Margherita che lo sfruttamento dei minori deve essere combattuto siamo però consapevoli che tale odiosa pratica riguarda per fortuna un’esigua minoranza di bambini rom e che nella maggior parte dei casi sono le stesse comunità rom che mettono fine a tale pratica.
Diversa è la questione della partecipazione dei minori rom europei all’economia familiare. Parliamo di minori rom europei perché per quanto riguarda i minori sinti e rom italiani è da diversi decenni che non partecipano più all’economia familiare. Il fenomeno, secondo la nostra esperienza, può essere semplificato con una parola: povertà. Aggiungendo che la povertà è accompagnata da gravi negligenze dello stato e delle amministrazioni locali.
I Rom Europei che arrivano in Italia subiscono oltremodo politiche discriminatorie, emarginanti e segreganti che già sono applicate con metodo scientifico verso i Sinti e i Rom Italiani.
Famiglie intere scappano dai loro paesi d’origine per i conflitti etnici e le guerre civili e l’Italia nega a loro i più elementari diritti.
Segregati nei “campi nomadi” delle grandi città italiane, e non solo, i Rom Europei vivono situazioni inumane senza acqua, luce, servizi igienici e sono costretti a mendicare per le strade il sostentamento giornaliero.
Esplicativa è la situazione dei Rom provenienti dalla regione di Craiova in Romania, ultimi arrivati in Italia (per inciso, tutti i Rom Romeni in Italia arrivano dalla zona di Craiova).
In quella regione sono continue azioni di pulizia etnica, supportate sia dalle amministrazioni locali sia dagli organi di polizia (fonte, Dipartimento di Stato Americano) che hanno portato ad una situazione drammatica le popolazioni rom presenti. Il Sindaco di Craiova, Solomon, in un’intervista rilasciata il 4 maggio al giornale rumeno Gardianul ha dichiarato: "Io ci piscio su questi figli di puttana, zingari vagabondi …". Solomon, nel suo discorso di trecento parole, esprime il suo giudizio sui Rom così: "merde" "idioti" "imbroglioni" "puzzolenti". Si consideri che i Rom sono l’otto per cento della popolazione. È naturale che intere famiglie scappino da questa situazione ma arrivano in Italia e la situazione anche se migliore è pur sempre molto drammatica. Anche grazie alla Legge Bossi-Fini. Il risultato è il vedere i bambini che insieme ai genitori cercano di sbarcare il lunario ogni giorno, nella maggioranza dei casi suonando per le nostre strade o nelle metropolitane.
Come intervenire per i Rom Romeni?
1) Riconoscendo a loro il diritto di asilo e lo status di profughi.
2) Offrendo una casa e facendoli uscire dalle logiche ghettizzanti dei “campi nomadi”.
3) Facendoli partecipare alle decisioni sul loro futuro, alla stesura e realizzazione dei progetti e a tutte quelle iniziative che li vedano coinvolti.
4) Imporre alla Romania, tramite l’Unione Europea, il riconoscimento dello status di Minoranze Etniche Linguistiche alle diverse Comunità presenti e l’attuazione di programmi contro la xenofobia, la discriminazione e la segregazione razziale.
Il tutto lo possiamo riassumere con tre parole chiave: interazione, partecipazione, mediazione culturale.
In ultimo, chiediamo al Presidente della Margherita, Francesco Rutelli, di informarsi e di approfondire i problemi, smettendola di gareggiare con i leghisti su chi la spara più grossa contro le ventinove Minoranze Etniche Linguistiche Nazionali ed Europee Sinte e Rom.
Di Fabrizio (del 16/02/2006 @ 09:10:57, in scuola, visitato 1881 volte)
Riguardo alla denuncia della segregazione scolastica ad Aspropyrgos, EUROPEAN ROMA RIGHT CENTER ha inviato a sua volta un richiamo al Ministero Greco dell'Educazione, con copia a Alvaro Gil-Robles, Commissario Europeo per i Diritti Umani.Il testo (in inglese) è QUI, purtroppo non ho avuto tempo per tradurlo.
I
fantasmini Rom Rumeni di Largo Camesena C’era una
volta, in una città che non vi dico, un gruppo di bambini
arrivati da un’altra città dove la vita era talmente
difficile che i loro genitori avevano deciso di trasferirsi. A
guardarli bene non erano molto differenti dagli altri ragazzini,
tranne che, per il fatto di non aver trovato casa erano
provvisoriamente alloggiati in casette di latta e cartone, tende e
roulotte e parlavano ...
Raccomandazione
n. R (2000) 4, scolarizzazione dei fanciulli sinti e rom l
Comitato dei Ministri, in conformità all'articolo 15/b dello
Statuto del Consiglio d'Europa considerando che lo scopo del
Consiglio d'Europa è la realizzazione di una più
stretta unione tra i suoi membri e che questo scopo può essere
perseguito in modo particolare attraverso l'adozione di un'azione
comune nel campo dell'educazione scolastica; riconoscendo
l'urgenza di stabili ...
Di Fabrizio (del 21/02/2006 @ 01:25:19, in scuola, visitato 3383 volte)
[RIASSUNTO] Il 2 febbraio 2005, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Slovacchia, Serbia e Montenegro [...] diedero inizio al Decennio dell'Inclusione Rom, che sino al 2015 promuoverà azioni positive nel campo della scolarizzazione, della sanità, del miglioramento delle condizioni abitative e la creazione di posti di lavoro.
POLINA SLAVCHEVA, TEANNA SUNBERG e NEIL CONNOLLY tracciano un rapporto sulla situazione ad un anno di distanza:
In Bulgaria sono circa 400.000 gli appartenenti alla minoranza Rom.
Scolarizzazione: Non è un compito facile questa priorità. Sono stati stanziati un milione di leva. Questa la situazione nella cittadina di Botevgrad, dove vivono 2.325 Rom.
“Vi dirò perché non vado a scuola – perché mi strappano lo zaino e mi rubano i guanti, mi spingono nei bagni e se cerco di scappare mi chiudono lì dentro” racconta Bobinka, bambina rom di sette anni; non sembra sorpresa di quanto le accade. Kamenov, suo padrino l'ha accompagnata fuori di casa per farla parlare. Lo stesso viene ripetuto da altri quattro vicini, sbucati dalle case a due piani di nudi mattoni.
“Come faccio a mandarla a scuola? Torna a casa con la febbre. Dev'essere una forma nervosa, non so”. Vicino a Bobinka si è messo Miko, un altro ragazzino. Racconta di come fu espulso da scuola, quando picchiò chi se la prendeva con lui. Da qualche parte al primo piano, esce una chalga (musica tradizionale rumena) assordante, e intanto gli adulti elencano a Martn Peev, capo del Dipartimento di Integrazione Etnica di Botevgrad le rimostranze sulla disoccupazione, sulle cattive condizioni delle abitazioni, sulla riluttanza a mandare i figli a scuola nella parte meridionale della città.
“Non ascoltate questi nonsense Malgal” (un dispregiativo per Rom) Anche Peev è un Rom e quel termine stupisce sentirlo dalla sua voce. “Le ho parlato e mi ha detto che lei vorrebbe andare a scuola,ma suo padrino non la lascia. Lui se ne frega. Non è sua figlia. Sua madre è da qualche parte in Germania, lavora. Lui non ha voglia di alzarsi presto, vestire la bambina e accompagnarla all'autobus. Poi dovrebbe andarla a prendere a mezzogiorno, quando torna. Ma preferisce andare a bere al bar.”
Il quartiere dove vive Bobinka ospita la maggior parte dei Rom di Botevgrad, circa l'11% della popolazione. Il quartiere ha un centro cittadino, negozi, uffici municipali, che il sindaco Georgi Georgiev ha donato ai Rom come regalo; il blocco di case ancora non terminate è costato circa 50.000 leva, le strade sono asfaltate. Altre case devono essere costruite e tutto sembra bello e dignitoso. Da quando è entrato in carica, Georgiev ha aiutato molti Rom a trovare lavoro nelle fabbriche comunali, ha fondato una squadra di calcio e un gruppo di ballo rom. Ciononostante, l'integrazione si blocca alle soglie della scuola. “E' una dannata fatica” dice Peev, “io mollerei, ma il boss (Georgiev) mi ripete: No, resterai fin quando te lo dirò io.”
Così, ad un anno dall'entrata in vigore del Decennio dell'Inclusione, i quattro Rom impiegati presso il Dipartimento di Integrazione Etnica si trovano ancora ad interpretare il ruolo dei genitori dei bambini di Botevgrad. Se un ragazzo non frequenta, ha brutti voti o qualche altro problema, gli insegnanti chiamano il dipartimento, che deve recarsi dalle famiglie per discutere sul da farsi. Secondo loro, spesso i genitori si disinteressano se i loro figli vadano o no a scuola.
“Gli abbiamo parlato (a Kamenov), ci ha promesso che il giorno dopo l'avrebbe accompagnata, ma non l'ha fatto.” racconta Peev. “Ora dovrò fargli firmare dei documenti in cui si impegna a continuare a manfdare la bambina a scuola, anche se dovesse ripetere l'anno.” Continua Pavel Marinov, direttore della scuola Levski, adiacente il quartiere dei Rom: “L'attitudine dei genitori deve cambiare a livello nazionale, le istituzioni devono punire chi non manda i figli a scuola.”
Kamenov dice che vuole iscrivere Bobinka alla scuola Levski, dopo che è scappata dalla più grande Nikola Vaptsarov, nella zona sud della città. La scuola Vaptsarov dista circa un chilometro dal quartiere rom, e molti genitori si lamentano di non aver tempo di accompagnare i bambini sino lì. A luglio iniziò un collegamento via pullman verso la scuola “ma i bambini non volevano andare lì lo stesso” dice Peev, “perché... non so cosa volevano ancora”.
Marinov dice che non c'è posto per Bobinka nella scuola Levski, perché tutte le classi sono al completo. “Il numero di alunni per ogni classe viene deciso dal ministero. Non possiamo fare eccezioni. Se non manteniamo le proporzioni tra alunni rom e bulgari, questi ultimi inizieranno a lasciare la scuola. Non ci sono veri e propri conflitti tra di loro, è che un alto numero di alunni rom, toglerebbe spazio agli altri”.
Non si tratta soltanto di paventata minaccia identitaria. “Non è che [i bambini Rom] non vogliano studiare, è che non ne hanno l'abitudine [...]” dice Marinov. Poi continua spiegando che nell'ultimo anno ci sono stati miglioramenti connessi al programma di inclusione, messi rapidamente in crisi dalla crisi demografica della Bulgaria [vedi QUI ndr]. Se in classe ci sono più di sei o sette bambini rom, i genitori di quelli bulgari ritirano i loro figli. Secondo Marinov la soluzione sarebbe nel coordinamento con la più grande scuola Vaptsarov, ma il suo direttore Petia Kochkova “appare prevenuto ed è alla continua ricerca di un sistema per ripulire etnicamente le proprie classi”. Kochkova rifiuta le accuse e dice di aver sempre incoraggiato i bambini rom a frequentare la sua scuola: “Il problema non sono io e nemmeno gli insegnanti. Sono i loro genitori che non vogliono accompagnare i figli alla Vaptsarov. Noi andiamo personalmente in visita dalle famiglie che non mandano i figli a scuola, li invogliamo a frequentare [...]”.
(fine I puntata)
Di Fabrizio (del 24/02/2006 @ 09:45:53, in scuola, visitato 1861 volte)
L'Università di Birmingham, dopo aver contribuito al Romani
Project, in collaborazione con le facoltà di Graz (A) e di
Aarhus (DK), ha dato vita a Romlex
project, un database lessicale di 25 variazioni del romanés,
tradotte in 15 lingue differenti (al solito, manca l'italiano,
funziona con Explorer e Firefox, con Opera non si intende)
Di Fabrizio (del 26/02/2006 @ 09:29:18, in scuola, visitato 3117 volte)
[RIASSUNTO]
II puntata La strada per educare al futuro
Avvicinandosi alla scuola non ci si rende conto di cosa ci sia
dentro. Posta in un angolo pulito e quieto di un altrettanto lindo
villaggio, a 90 km. da Sofia in una valle circondata da montagne, la
scuola Vidrare appare per quello che è: una scuola
normalissima, col campo di calcio, il recinto di rose che
testimoniano il lavoro di un giardiniere coscienzioso. Il campus
è costituito da quattro edifici [...]
Sono circa 90 gli studenti, tra i 7 e i 16 anni. La maggioranza di
loro sono Rom, che dividono le loro abitazioni col bestiame esono
sparpagliati nei villaggi montani lì intorno, spesso anche
distanti dai centri abitati. Per questo gruppo di studenti la lotta
per l'educazione comincia da casa, con la quotidiana sfida della
distanza da percorrere, della mancanza di vestiti o di nutrizione
adeguata.
La scuola Vidrare è unica nel suo tentativo di rompere le
barriere che incontrano questi bambini: pur non essendo un
orfanotrofio (i bambini hanno i genitori), è attrezzata per
ospitare gli studenti ce arrivano da lontano, provvede al
mantenimento di quelli più bisognosi, fornisce quaderni, libri
di testo, gessi e materiale per la scrittura.
Quattro anni fa se ne ventilava la chiusura. La caldaia centrale
aveva oltre 60 anni e tutto l'impianto era a rischio incendio. La
nuova direttrice, Maya Pencheva, aveva inviato una richiesta alle
organizzazioni umanitarie, nel tentativo di salvare la scuola.
Un'organizzazione riuscì a trovare una nuova caldaia e
un'altra donò i computer. Negli anni successivi, le due
associazioni hanno continuato ad investire finanziariamente e
personalmente nel mantenimento della scuola.
Maya Pencheva in un'intervista ha sottolineato le barriere che
circondano il suo gruppo di studenti. I loro genitori di solito sono
scettici di fronte all'istituzione scolastica; ci sono eccezioni, ma
di solito la scuola tradizionale non è una priorità.
Maya Pencheva è convinta che la maggior parte di quei bambini
vuole andare a scuola e si mostra particolarmente preoccupata per
quanti vorrebbe frequentare ma trovano ostacolo nella volontà
dei genitori.
Lei e il gruppo di otto insegnanti sono tutte Bulgare e risiedono
nell'area del villaggio. Si ingegnano nel comprendere
cosa potrebbe motivare i genitori a mandare i propri figli
alla scuola e
come insegnare al meglio con le scarse risorse a
disposizione.
Le insegnanti a turno devono essere disponibili nottetempo per
quanti si fermano a dormire. La dieta scolastica, che consiste
primariamente in pane e fagioli, viene integrata coi prodotti dei
loro orti. A natale si ingegnano con la vendita di cartoline d'auguri
autoprodotte o altre realizzazioni artigianali.
Le ragioni del rifiuto dei genitori sono varie: uno dei fattori
più comuni è la paura che i figli partano per non
tornare più. I Rom sono estremamente orientati alla famiglia,
creano un'unità dal combinarsi di generazioni multiple.
Difatti, in molte comunità l'autorità risiede nei
membri più anziani della famiglia allargata. Inoltre c'è
un'innata sfiducia nel governo e verso “quelli di fuori”
- sfiducia legittima, visto come i libri di storia descrivono la
“piaga zingara” negli ultimi secoli. Per finire, la
religione presso i Rom è una confusa miscela di tradizione,
folklore e della religione dominante della cultura “patria”,
che produce una gran varietà di credenze. Fondamentale, i Rom
ritengono “quelli di fuori” come contaminati e rifiutano
i contatti eccessivi. Tutto questo assieme, costruisce quel muro che
gli insegnanti devono abbattere per dare un'opportunità ai
giovani.
Le sfide che minacciano la scolarità non sono solo
filosofiche, ma soprattutto pratiche. A una giovane madre è
stata posta la domanda: “Cosa ti impedisce di mandare i figli a
scuola?”. Nella sua risposta, la madre anticipò che i
figli si alzavano e si vestivano da soli, che avevano assunto anche
la responsabilità di fare i compiti e di frequentare. Ma la
risposta vera era: “Non li posso mandare quando sono senza
scarpe”.
Le barriere per questa generazione fondamentalmente sono simili a
quelle di altri gruppi minoritari: povertà, paura, sfiducia.
Come può un gruppo di insegnanti con un budget di 200 leva
annui, provvedere a calzare i propri studenti perché facciano
a piedi le due-tre ore di percorso verso la scuola? Come può
una cultura assimilata investire in un gruppo minoritario riluttante?
Basta un decennio per sovvertire secoli di barriere? Alcune certezze
ci sono. Le divisioni permarranno per anni ancora e il cammino verso
l'inclusione resterà in salita, ma cominciare a dare
attenzione e risorse alle giovani generazioni, darà frutti in
futuro. [...] La scuola Vedrare, immagine tratta da "The Sofia Echo"
fine II puntata
Di Fabrizio (del 02/03/2006 @ 18:00:46, in scuola, visitato 1955 volte)
Ho il dubbio... che ci stiamo pedinando a vicenda Questi gli ultimi aggiornamenti (al solito, linkando il titolo, potete leggere l'articolo completo e vedere le immagini):C’ERA UNA VOLTA……..Perché raccontarvi storie di miseria, disagio, malattia, discriminazione ? Basta leggersi i rapporti dell’Unicef sullo stato dell’infanzia nel mondo con le loro cifre impressionanti…ma queste cifre, ahimè, forse non colpiscono quanto dovrebbero, forse ci siamo abituati e non suscitano più sdegno ? Dietro quelle... SUPPORTO PER 13 BAMBINI PER LA FREQUENZA DELLA SCUOLA DI MUSICANel quartiere di Cerkez Mala c’è un asilo diurno per i bambini rom, costruito dal Governo Svizzero, che l'UNICEF ha contribuito ad arredare ed avviare e che, dopo un periodo di inattività, è stato riaperto nel giugno del 2004 grazie all’aiuto della...
Di Fabrizio (del 11/03/2006 @ 10:19:31, in scuola, visitato 2126 volte)
Gli studenti delle classi sul folklore rom celebrano la
festa nazionale di Deyan
Kolev – Amalipe BG
Il 3 è [stata] la festa nazionale bulgara, in cui
viene celebrata la liberazione dal dominio turco e la restaurazione
dello stato bulgaro nel 1878. Purtroppo, il crescente nazionalismo
tenta di utilizzare questa festa nazionale come ulteriore occasione
di odio etnico e di intolleranza contro le minoranze rom e turche
[rispettivamente, il 5 e il 10% della popolazione ndr.].
Questo lo scopo dei raduni indetti dal partito ultranazionalista
Ataka [cfr. Mahalla
ndr.] a Sofia e in altre città.
Ciononostante, gli studenti di differenti origini etniche (rom,
turca, bulgara) che a scuola assieme studiano il folklore rom, sono
riusciti ad indicare che la differente origine etnica non è di
ostacolo alla convivenza e alla partecipazione alla vita del paese,
senza per questo rinnegare la propria specifica identità.
Questo ha dato luogo all'iniziativa comune del Centro Amalipe e
degli studenti di 12 scuole nel distretto di Veliko Turnovo.
L'iniziativa aveva carattere regionale ed hanno aderito molte scuole
di altri distretti. Gli allievi hanno preparato un puzzle di 2000
fogli che riproduceva la bandiera nazionale e l'hanno poi presentato
ai compagni di scuola, alle insegnanti, alle autorità
intervenute alla festa, che è continuata con uno spettacolo
musicale, chiuso dall'inno nazionale bulgaro e da quello rom “Gelem
Gelem”.
Si è voluto dimostrare che non esiste contraddizione
nell'essere contemporaneamente cittadini bulgari e rom, nel rispetto
dei simboli e delle tradizioni reciproche, e senza dover condividere
l'odio tra etnie. “Lo spirito nazionale della Bulgaria non è
nelle torce dei raduni ultranazionalisti, ma nella fiamma che brilla
negli occhi dei bambini di ogni differente etnia” (Teodora
Krumova – Centro Amalipe).
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