Di Sucar Drom (del 15/02/2012 @ 09:24:44, in Europa, visitato 1402 volte)
Swissinfo.chRom in cerca d'asilo invernale Discriminati, e perfino minacciati, i Rom non hanno molte possibilità di
ottenere l'asilo in Svizzera. (Keystone) - Di Isabelle Eichenberger
La Svizzera ha registrato negli ultimi mesi un aumento del numero di
richiedenti l'asilo serbi. Un "turismo invernale" che si spiegherebbe con un
peggioramento delle condizioni di vita della minoranza Rom, in Serbia come in
Kosovo.
Un fenomeno analogo era già stato registrato nel dicembre del 2009, quando era
stato abolito l'obbligo di un visto per i cittadini serbi, macedoni e
montenegrini intenzionati ad entrare nello spazio Schengen.
Questa apertura aveva spinto molti di loro a cercare fortuna in Svizzera. Si
trattava per lo più di persone bisognose, di etnia Rom, che pur sapendo di non
aver diritto all'asilo politico venivano a cercare lavoro in Svizzera.
«Alcune agenzie locali proponevano perfino viaggi diretti in automobile, spiega
Michael Galuser, portavoce dell'Ufficio federale della migrazione (UFM). Si
sapeva che la Svizzera assegnava un aiuto al ritorno di 600 franchi. E quando il
contributo è stato ridotto a 100, la somma necessaria per pagare il viaggio di
rientro, le domande sono diminuite».
Nel 2011 questo flusso migratorio ha però ripreso: su 22'551 domande d'asilo,
1'217 provenivano infatti da cittadini serbi (+33,7% rispetto al 2010), la
maggior parte di etnia Rom. Oltre la metà di queste richieste sono state
depositate tra novembre e dicembre.
Vitto e alloggio garantito
«Possiamo supporre che queste persone, che spesso vivono in campi molto precari,
scelgano di venire in Svizzera a trascorrere l'inverno. Qui trovano vitto e
alloggio, almeno durante il periodo necessario per esaminare la loro richiesta»,
spiega Michael Galuser.
Secondo il portavoce dell'UFM, i Rom conoscono le leggi sull'asilo in vigore nei
diversi paesi e sanno esattamente che la procedura elvetica, da due a tre mesi,
è più lunga rispetto a quella di paesi comparabili come la Norvegia o i Paesi
Bassi.
L'Organizzazione svizzera d'aiuto ai rifugiati (OSAR) condivide in parte
l'ipotesi di un "turismo invernale". «Ci sono molti rifugiati Rom di origine
bosniaca o kosovara che vivono in Svizzera in condizioni precarie dal 1999. Sono
coscienti di non avere alcuna possibilità, ma conoscono le debolezze della
nostra legislazione», precisa il segretario generale Beat Meiner.
La crisi economica che sta colpendo l'Europa non contribuisce di certo a
facilitare le cose. «I Rom sono spesso contenti di trovare un tetto provvisorio
nei centri di accoglienza, anche nei rifugi della protezione civile», aggiunge
Meiner.
Discriminati in patria
Stando ad Amnesty International, la situazione è però più complessa. «Può anche
essere che i Rom partano più facilmente durante la brutta stagione, ma non credo
che lo facciano unicamente con l'idea di trascorrere l'inverno al calduccio.
Potrebbero anche andare in Germania, o in altri paesi che d'inverno sospendono i
rinvii, contrariamente alla Svizzera», indica Denise Graf.
Amnesty International si dice invece preoccupata dal degrado della situazione
dei Rom rifugiati in Serbia. La discriminazione in atto impedisce loro di avere
un lavoro, commenta Denise Graf. «Il 97% dei rom è disoccupato». E stando
all'ultimo rapporto di Nicola Duckworth, responsabile del programma Europa e
Asia centrale di Amnesty sempre più Rom vengono cacciati dai loro appartamenti
in seguito a speculazioni immobiliari. «A Belgrado le loro case vengono rase al
suolo per far posto a progetti pubblici, senza pianificare dei nuovi alloggi né
garantire un'assistenza sociale».
D'altra parte si assiste a un inasprimento delle tensioni a Mitrovica, in
Kosovo, dove la minoranza serba continua a contestare l'indipendenza proclamata
nel 2008 dell'ex provincia a maggioranza albanese. «Le violenze dell'estate
scorsa hanno un'influenza diretta sulla situazione dei Rom, numerosi a Mitrovica»,
spiega Denise Graf. «La situazione è critica anche per i rom delle altre regioni
kosovare, che spesso sono stati accusati di aver collaborato con i serbi durante
la guerra».
Intervento in Serbia
Discriminati in patria, i Rom soffrono di una cattiva immagine anche in
Svizzera. «Sono considerati vagabondi e ladri, al punto che alcuni Rom integrati
preferiscono non menzionare le loro origini», conferma Cristina Kruck, della
Rroma Foundation di Zurigo.
In città come Losanna e Ginevra la polizia è intervenuta più volte a per
disperdere degli accampamenti selvaggi costruiti sotto i ponti o nei parchi.
Allarmata dalla situazione nei Balcani, Denise Graf lancia un appello alla
Svizzera a «far pressione sui partner in Serbia e in Kosovo affinché gli aiuti
dell'Unione Europea destinati al reinserimento dei Rom arrivino a destinazione».
E la Direzione dello sviluppo e della cooperazione rassicura: «Nel campo della
cooperazione internazionale, la DSC è cosciente dell'esistenza di un rischio di
trasferimento dei mezzi messi a disposizione. Esistono tuttavia degli strumenti
per farvi fronte, come delle valutazioni indipendenti dei progetti, sulla base
delle quali vengono attribuiti i sussidi».
Di Fabrizio (del 15/02/2012 @ 09:36:08, in sport, visitato 1375 volte)
Da
Mundo_Gitano, un caso simile in Italia
QUI e
QUI (vedi anche
QUI). Grazie a Flora Afroitaliani-e per la collaborazione.
Ideal.es
- Non vengono fatti entrare in piscina "perché sono gitani" Tre cittadini denunciano gli ostacoli che, secondo loro, vengono posti
nell'accesso al nuovo complesso sportivo della località - 01.02.12 - 19:10
- DIEGO QUERO | SANTA FE
Un gruppo di abitanti di etnia gitana denunciano la discriminazione
patita per il rifiuto di un nuovo centro sportivo nel farli entrare. Dicono che
gli sono stati chiesti sino a 106 euro per entrare dal cancello, anche se
secondo loro, gli altri utenti devono pagarne solo 34 al mese. Inoltre insistono
sul fatto di dover passare, come un filtro, per una lista di attesa.
Uno dei denuncianti è José Campos, consigliere del Partito Popolare e gitano lui stesso, che racconta come gli sono stati chiesti 56 euro, un prezzo speciale
secondo lui "per non essere feccia", però ad altri hanno chiesto "106 euro di
iscrizione" e sono stai messi "in lista d'attesa". Due di loro, José Tirado e Melchor
Tirado, illustrano il caso nel video che accompagna la notizia.
Da parte loro, i responsabili del nuovo spazio sportivo respingono le accuse
e assicurano di ammettere tutti quelli che vogliono accedere all'impianto.
Sarà presentato giovedì 16 febbraio alle 17.30 alla Biblioteca Delfini "Non ci
sono pesci rossi nelle pozzanghere" (Instar libri, 2011) di
Marco Truzzi,
vincitore del premio Bagutta "Opera prima" 2012.
Il libro - E' un viaggio nel mondo di Damian, diviso tra zingari e non zingari,
rom e gagi (così la comunità rom e sinta definisce coloro che non ne fanno
parte), dentro e fuori del campo alle porte di Correggio dove ormai da anni è
stanziata la sua comunità. C'è Gioele, che alleva pesci immaginari nelle
pozzanghere, c'è nonno Roman che armeggia con la pipa e, tra un silenzio e
l'altro, gli racconta di tempi remoti e luoghi lontani. Quando, un mattino di
marzo, Damian si incammina verso il suo primo giorno di scuola, il confine tra
le due realtà comincia a incrinarsi. Ci si mette anche la fortuna, che fa sì che
due pubblicitari di passaggio scelgano proprio il padre di Damian, Erik, come
protagonista della campagna promozionale di una nota marca di trapani elettrici,
rendendolo lo zingaro più benestante della zona. Crescendo e passando sempre più
tempo con i Gagi, Damian sembra fuggire dalle proprie radici alla ricerca di una
nuova identità.
Marco Truzzi è nato nel 1975 a Correggio, dove vive e lavora come addetto
stampa.
L'incontro, gratuito, fa parte del ciclo "Racconti e poesie migranti" che la
biblioteca organizza insieme al Centro territoriale permanente di Modena.
L'Autorità per l'energia e per il gas con Delibera 38/2012 ha sospeso la
Delibera 67/2010 che abrogava la possibilità di stipulare contratti a forfait a
favore delle famiglie sinte, rom, giostraie e circensi.
Dal 9 febbraio 2012 è possibile stipulare contratti annuali a forfait in media e
bassa tensione, sulla base della potenza richiesta e di una durata di utilizzo
pari a 6 ore/giorno.
In queste ore abbiamo verificato che molti gestori, a partire dall'ENEL, non si
sono ancora adeguati alle nuove disposizioni e per questo li invitiamo al
rispetto della Delibera 38/2012. La Federazione ha attivato uno sportello
segnalazioni (telefono 0376 360643, orario ufficio) che si occuperà di fornire
le informazioni esatte ed eventualmente segnalare alla stessa Autorità i
disservizi che si potessero creare nei prossimi giorni.
Un ringraziamento anche all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed
Etnica (UNAR), in particolare ringraziamo il Direttore Massimiliano Monnanni, e
il Punto di contatto nazionale per la strategia nazionale rom e sinti per il
supporto offerto alla Federazione Rom e Sinti Insieme.
Vilnius, 13/02/2012 - Parte di un villaggio rom alla periferia della capitale
Vilnius è stato demolito lunedì, mentre le autorità lanciavano una campagna per
reprimere l'abusivismo edilizio ed il presunto spaccio di droga.
Con l'ausilio di un escavatore, gli operai hanno smantellato tre case nel
villaggio di Kirtimai,
in gran parte popolato dalla minoranza rom.
Secondo l'amministrazione, a Kirtimai ci sono 100 case, di cui una sola è
legale. Le altre potrebbero essere abbattute se il sindaco di Vilnius, Arturas Zuokas,
vedesse approvato il suo piano di combattere il traffico di droga nella zona.
Nelle tre case vivevano sei famiglie, 25 persone, ma né loro né i vicini
hanno opposto resistenza alla demolizione.
Tuttavia, un leader rom accusa l'amministrazione di Vilnius per l'isolamento
e la povertà della comunità.
"Dite che qui siamo tutti illegali, ma cosa avete fatto per aiutarci, per
aiutare la nostra gente? Niente, vi limitate a sorseggiare il te, costruire
palazzi ed ora mandate gli scavatori nel nostro villaggio," dice Stemonas Vysockis.
Vysockis ha strappato la notifica di demolizione e l'ha gettata nella neve.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la campagna come una
grave violazione dei diritti umani.
La comunità rom aveva citato il comune di Vilnius diversi anni fa, chiedendo
5,5 milioni di litai (circa 1,5 milioni di euro) come risarcimento per le case
demolite in precedenti campagne simili. Il tribunale aveva stabilito che alla
comunità fossero pagati soltanto 100.000 litai (circa 29.000 euro) per danni non
materiali.
Di Fabrizio (del 17/02/2012 @ 09:20:00, in Regole, visitato 1516 volte)
Convegno sulle politiche nazionali d'integrazione della comunità Rom 22 Febbraio 2011
ore 15.00
Fabbrica delle e
Corso Trapani 91
Torino
La sentenza di novembre 2011 ha dichiarato inesistente lo stato d'emergenza
rispetto alla questione rom sollevata con il Piano Maroni nel 2008. Il decreto
emanato dall'ex- Ministro dell'Interno prevedeva la realizzazione di progetti
volti a controllare la presenza e l'esistenza dei Rom sui territori delle città
italiane maggiormente colpite dal fenomeno: Milano, Roma e Napoli e subito dopo
Torino e Venezia; censimenti, commissari speciali, campi con video sorveglianza
le misure previste per ridurre il pericolo e dare sicurezza ai cittadini
italiani all'alba delle elezioni.
Ora è il momento di porre la vera questione di emergenza per le comunità Rom.
Noi crediamo che sia l'inclusione sociale, sia ridare dignità a donne, bambini e
uomini che vivono in campi nomadi senza servizi igienici, a rischio alluvione e
senza i più diritti elementari. Vogliamo mettere insieme forze e idee per
garantire lo studio ai bambini, per l'inclusione abitativa delle famiglie e per
l'inserimento lavorativo degli adulti.
Abbiamo vissuto l'esperienza del Dado a Settimo, non solo una comunità di
accoglienza, ma un più ampio percorso sociale.
Oggi, anche in seguito alla recente visita al Dado del Ministro Fornero,
vogliamo confrontarci con le altre realtà, in particolare con le esperienze
delle città oggetto del decreto per scambiare buone pratiche, con la politica
locale e con la società civile, discutendo con chi vive con la comunità Rom
tutti i giorni, siano essi insegnanti, operatori sociali o mediatori, per capire
come andare avanti.
Dibattito moderano i giornalisti Gianluca Gobbi e Sara
Strippoli
Quali proposte per il futuro?
Interverranno: Antonio Ardolino, Progetto Controcampo e Cooperativa Berenice
di Roma Sergio Bontempelli di Africa Insieme di Pisa Don Massimo Mapelli per Casa di Carità di Milano Pietro Cingolani, FIERI Arch. Guido Lagana Ex docente Politecnico Torino Oliviero Alotto per Terra del Fuoco Aldo Corgiat, Sindaco di Settimo Torinese Elide Tisi, Comune di Torino
Un viaggio attraverso le regioni montuose della Bosnia centrale dove vivono
alcune comunità di rom kaloperi: famiglie stanziali che possiedono una casa,
guardano con sospetto gli zingari dediti al nomadismo e non parlano volentieri
la lingua romanì. Di villaggio in villaggio, vengono scrutate attentamente tutte
le abitudini più ordinarie dei membri delle varie famiglie e vengono registrate
alcune testimonianze: esperienze e pensieri di differenti generazioni che
cercano di aprire un nuovo sguardo sulla diversità e la ricchezza dei popoli
rom.
Di ciò che risponde all'idea comune di "zingaro", ci sono solo le immagini.
Frutto di un viaggio invernale nel cuore della Bosnia compiuto nel 2004, il
documentario di Massimo D'orzi vive di immagini libere e fluide colte
nell'intimità di quei piccoli gruppi di rom bosniaci che trovano nella
dimensione quotidiana degli affetti familiari e del lavoro la loro condizione
ideale.
Questa carattere "erratico" e in divenire della ripresa è evidente nella
condizione temporale che impone da subito il lavoro: privilegiando i tempi
morti, uno sguardo da documentario antropologico e una dimensione evocativa
attivata dall'accompagnamento costante della fisarmonica di Hazdovic Ruzdija. La
vocazione naturalista del lavoro non preclude tuttavia che il suo obiettivo sia
quello di raccontare attraverso una serie di testimonianze dirette una storia
differente rispetto alle idee e ai luoghi comuni sui gitani. Obiettivo evidente
fin dal titolo, che privilegia il carattere della piccola Adisa, la più giovane
fra le protagoniste intervistate, e la mette a confronto con l'esperienza di una
nonna particolarmente vivace ed emancipata, ma soprattutto con una cultura nata
mille anni fa nell'India d'epoca medievale. Un confronto fra generazioni nel
quale emerge anche un certo disagio per l'identità del popolo rom e per tutti
quei sottogruppi dediti al nomadismo e al brigantaggio.
È vero che c'è una certa discrasia fra il modo di condurre le interviste
(che, per quanto informali, appaiono in più momenti pilotate, animate dalla
volontà di far emergere i pensieri pacifisti e quelli anti-tradizionalisti delle
famiglie kaloperi) e quello di guardare al paesaggio. Ma, preso come un'unica,
lenta e lunga panoramica, il film trova una temporalità personale che riesce a
dare un ritmo anche a questa dialettica fra immagini entranti e immagini
contemplative. Fra ottica di studio e ottica di poesia.
Di Fabrizio (del 19/02/2012 @ 09:52:21, in sport, visitato 1756 volte)
Precisazione per i lettori che non masticano di sport: quel tipo allegro
ritratto qui sopra è un calciatore (fin qui ci arrivavate da soli), pure bravino,
sino a qualche mese fa molto amato dai tifosi bergamaschi. Non mi risulta che
abbia cromosomi "zingari", come è successo ad
altri
campioni..
Seconda precisazione: anni fa ho linkato con Google Alert la parola "zingari" per
ricevere segnalazioni puntuali sull'attenzione dei media. Ebbene, da qualche
mese le segnalazioni sono aumentate notevolmente, ma Rom e Sinti c'entrano una
beata cippa. Riguardano, ad ondate regolari, storie legate ad una nuova Calciopoli.
Sintesi: prima o poi qualcuno doveva scriverlo, è toccato a
Ticinonews:
"Voglio però aggiungere una cosa", prosegue Giulini. "Qui si sente parlare di
"zingari" e di "slavi" e queste sono reminiscenze che mi ripugnano. E che non
fanno bene a nessuno. Secondo me bisogna usare nomi e cognomi".
E se cercate altre notizie di sport, eccovi una settantina di
segnalazioni DOC.
Di Fabrizio (del 20/02/2012 @ 09:19:22, in lavoro, visitato 1273 volte)
Tzigania Tours (TzT) è
un'organizzazione senza scopo di lucro, che porta il turismo nelle comunità rom
tradizionalmente ostracizzate di Romania. Il nostro prodotto ed il suo lavoro
sono rom al 100%, anche se esiste un forte interesse internazionale sui Rom.
Siamo la prima e unica agenzia turistica in tutta Europa
specializzata in questioni rom.
TzT presenta la vita reale. Invitiamo a vedere i Rom come sono realmente. Non
troverete "arte performativa" nei nostri piani Tzigania, ma soltanto forti dosi
di realtà traboccante di zingari che indulgono nel loro naturale stile di vita
bohemienne.
La nostra ricerca ha trovato che mentre quasi tutti sanno dei Rom - pochi
sanno qualcosa su di loro al di là delle immagini poco lusinghiere o altrimenti
romantiche, veicolate dagli schermi televisivi. Ancora più scoraggiante che nove
turisti su dieci che visitano la Romania, sono soggetti ai molti livelli degli
stereotipi negativi, dei miti e/o esagerazioni che circolano sui Rom: che sono
sporchi, rubano, che detestano il lavoro, ecc. I nostri programmi offrono ai
turisti l'opportunità di incontrare e di conoscere per gradi i Rom in un
rapporto uno-a-uno, nel loro ambiente naturale e prendendo le loro decisioni...
Quello che troverete potrebbe sorprendervi.
Però, il nostro programma non è disegnato esclusivamente a vendere
divertimenti e riscoprire ricordi; la nostra forza propulsiva è più profonda. I
nostri obiettivi a lungo termine e ciò che ci aiuta a motivarci nel far
progredire lo status-quo attuale della segregazione sociale dei Rom, è di
aiutare a cambiare la mentalità di entrambe le parti in causa. Non è soltanto la
prospettiva dei non-Rom ad essere negativamente influenzata dagli stereotipi, ma
i Rom stessi soffrono di paura e diffidenza verso i "gagé" (i non-Rom). Tutti
hanno da guadagnare da queste esperienze uno-a-uno.
Quella è metà dei nostri obiettivi... I nostri progetti intendono anche
contribuire al miglioramento delle comunità fiscalmente prosciugate con
l'introduzione di una nuova forma di reddito: il turismo. Oggi, le entrate nelle
comunità zingare marginalizzate in Romania provengono principalmente dal sistema
assistenziale. Anche se nei quartieri zingari c'è abbondanza di manodopera e di
competenze, non ci sono investimenti, per cui i risultati sono la stagnazione e
la sopravvivenza giorno per giorno. Portare il turismo nelle comunità è il
nostro trampolino per stimolare l'economia zigana e suscitare nuovo interesse
per queste comunità abbandonate, la sua gente, le loro abilità ed i prodotti
romanì.
Di Fabrizio (del 20/02/2012 @ 09:40:12, in Regole, visitato 2048 volte)
Giornalismi.info L'avvocato del ragazzo italiano: "rispetto per la vittima,
ma va fatta giustizia, è competente il tribunale dei minori". Hanno puntato il dito contro Rom, Slavi, Nomadi e "Zingari": ma l'arrestato
e' italiano, come anche suo padre. Hanno detto che il ragazzo e' maggiorenne
basandosi sull'approssimazione di un esame radiologico, ma il test del DNA e i
certificati di nascita dicono il contrario. Quando la sete di giustizia si
trasforma in voglia di vendetta e "caccia allo straniero". 18 febbraio 2012
-
Carlo Gubitosa
(clicca per ingrandire)
Rom, rom di etnia sinti, zingaro, nomade di origine slava, slavo nato in
Germania. Sul ragazzo recluso a San Vittore per l'omicidio del vigile urbano
Nicolò Savarino è stato detto di tutto, ma ora sappiamo che Remi Nikolić è un
cittadino italiano nato a Parigi il 15 maggio 1994, fratello di Gojko Jovanović
(cittadino italiano nato ad Hamm, Germania), figlio di Snežana Nikolić
(cittadina serba nata a Rašanac) e di Zoran Jovanović (che nonostante il suo
nome straniero è un cittadino italiano nato a Busnago, nel cuore brianzolo della
Padania).
Mentre la comunità Rom di Milano attende invano delle scuse per il trattamento
da "caccia allo zingaro" riservatole dalla stampa quotidiana nel corso di questa
vicenda, la procura di Milano sarà chiamata nelle prossime ore a misurarsi con
questi dati, che oggi noi possiamo confermare in esclusiva dopo aver esaminato i
documenti del nucleo familiare e Il test forense del DNA datato 10 febbraio 2012
che ne certifica gli effettivi legami di sangue.
Dati che sembrano consegnare alla cronaca un ulteriore dramma che si aggiunge al
lutto della famiglia Savarino: la possibilità molto concreta che un ragazzo
minorenne sia recluso in un carcere per adulti tra i più "duri" d'Italia, con la
giustizia che si trasforma in vendetta negando quel supporto educativo,
psicologico e assistenziale che la legge prevede anche per gli assassini, quando
hanno meno di 18 anni.
Un pasticcio aggravato dalle false generalità fornite dal ragazzo, che
attualmente è registrato a San Vittore con il nome del fratello ventiquattrenne
Gojko, a cui si aggiunge l'ondata di sdegno che ha attraversato il paese in
seguito all'omicidio Savarino, aumentando il "peso" sul tavolo del Gip
dell'esame radiologico che attribuiva al ragazzo una età approssimativa di
diciotto anni.
In assenza dei riscontri che oggi il test del DNA è in grado di fornire,
la
competenza del caso è stata quindi attribuita al tribunale ordinario, e sono
serviti a poco il certificato di nascita rilasciato dalla quarta circoscrizione
del comune di Parigi (dichiarato inammissibile in quanto prodotto in copia) e il
documento d'identità rilasciato al ragazzo dal comune di Albignasego, che a sua
volta aveva provveduto alle opportune verifiche con le autorità francesi.
(clicca per ingrandire)
Per confermare la competenza del tribunale dei minori sul caso del vigile ucciso
a Milano, l'avvocato David Russo, che assiste il minore Remi Nikolić, ha
richiesto e ottenuto che si procedesse ad un test del DNA per verificare gli
effettivi legami di parentela tra le persone coinvolte nella vicenda. Dai
risultati delle analisi forensi effettuate dalla sezione dipartimentale di
Medicina Legale dell'Università degli studi di Milano, il ragazzo arrestato
risulta figlio della signora Nikolić con una probabilità del 99,999% il che
dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio che è proprio lui quel ragazzo nato
a Parigi "domenica quindici maggio 1994, alle ore ventuno e trentacinque minuti,
in rue D'Arcole n.2" e registrato dalle autorità francesi diciassette anni e
nove mesi fa come figlio di Snežana Nikolić.
Anche il legame di paternità risulta confermato dalle analisi con valori che
"consentono di ritenere i rapporti di maternità, paternità e genitura come
praticamente provati".
Le prove sono state presentate nel corso dell'udienza che si e' svolta il
15
febbraio presso il tribunale del riesame di Milano, dove David Russo, l'avvocato
del ragazzo, ha invocato ancora una volta la competenza del tribunale dei minori
per questo caso.
"Siamo ben consapevoli che è stata stroncata una vita umana - ha dichiarato
l'avvocato Russo - e non possiamo che essere vicini al dolore dei familiari.
Ma
quello che chiediamo è che venga fatta giustizia, e non possiamo condannare
questo ragazzo se prima la giustizia non accerta chi è e quanti anni ha. E'
prioritario effettuare questo accertamento - prosegue Russo - perché c'è il
rischio che tutti gli atti processuali raccolti finora possano essere
considerati nulli in quanto prodotti da un tribunale incompetente".
Analisi di maternita' e paternita'
(clicca per ingrandire)
Ma il 17 febbraio il tribunale del riesame di Milano ha deciso: al collegio
giudicante basta un semplice esame radiografico (e non una perizia legale) per
determinare che quel ragazzo è maggiorenne con assoluta certezza, e valgono a
poco certificati di nascita e test del DNA, di cui potete visionare degli
estratti in questa pagina.
Le motivazioni di questa maggiore età "assegnata d'ufficio" sono piuttosto
kafkiane. Di fronte a quell'unico esame radiografico, a detta dei giudici Martorelli, Taccone e Corte il dubbio sull'età del nomade "sfuma, ed appare
evidentemente superfluo, foriero di inutili costi per la collettività".
E qui l'interpretazione si fa difficile: il dubbio sfuma o è
superfluo? Perché
se sfuma bisogna capire cosa lo fa sfumare, e quali documenti di prova lo fanno
sfumare perfino di fronte ad un test del DNA eseguito dall'Università di Milano.
Se invece il dubbio sembra superfluo, allora state violando i diritti di un
minore perché il codice penale prevede che in caso di dubbio si facciano degli
accertamenti affidando il soggetto al tribunale dei minori fino alla
determinazione della sua età, e quindi il dubbio sarà superfluo per il collegio
giudicante, ma è fondamentale per il codice penale.
Alle motivazioni incomprensibili si aggiungono quelle risibili: per il tribunale
del riesame il ragazzo "in più occasioni, ha dichiarato date di nascita che ne
attestano la maggiore età", e poco importa che poi sia stato indagato con
l'accusa di false generalità.
Per il collegio giudicante i documenti prodotti dalla difesa si basano su
"dichiarazioni di sedicenti parenti e testi", ma la parentela "sedicente" è in
realtà biologica, visto che i giudici non hanno in alcun modo confutato il test
del DNA eseguito dalla sezione dipartimentale di Medicina Legale dell'Università
degli studi di Milano. Semplicemente non lo hanno preso in considerazione.
Inquietante poi l'affermazione in base alla quale sarebbero "costi inutili"
quelli sostenuti dalla collettività per la tutela legale dei minori o dei "non
certamente maggiorenni", anche quando sono assassini. Chi se ne frega se ha 17
anni e 9 mesi o 18? Lo buttiamo in galera, gettiamo la chiave e risparmiamo
anche dei soldi.
Ma la vera motivazione di questa negazione dell'evidenza documentale sembra
trasparire da un'altra frase del collegio giudicante, che attribuisce al ragazzo
"assoluto spregio per la vita umana", e probabilmente è questa la ragione per
cui "si merita" di stare a San Vittore, indipendentemente dalla sua età e da
quello che prevede la legge per ragazzi della sua età.
Ma questo non è diritto, è vendetta. Una vendetta che a qualcuno potrà dare una
forma di macabra soddisfazione, appagamento o sollievo, ma che di fatto aggiunge
una nuova vittima a questa tragedia: lo stato di diritto. Se abbandoneremo la
giustizia per passare al giustizialismo, all'elenco delle vittime di questo
dramma umano, familiare, cittadino e sociale andrà aggiunta anche la nostra
civiltà democratica, che si manifesta anche anche in quel rispetto della persona
umana e dei suoi diritti riconosciuto dal codice penale e dalla costituzione
anche ai criminali.
Se cederemo all'odio, alla vendetta e alle reazioni di pancia che portano alla
negazione dell'evidenza documentale perfino quelli che indossano una toga, su
quel maledetto asfalto non avremo perso solo la vita di un vigile, ma anche lo
stato di diritto, che un tempo nel nostro paese veniva fatto valere anche per
capimafia come Riina e Provenzano, senza processi sommari e con un puntiglioso
esame delle carte. E questo nonostante l'"odiosità dei crimini commessi" e il
più che assoluto disprezzo per la vita umana attribuito agli imputati.
Oggi questo stato di diritto sembra sospeso per questo ragazzo a cui le carte
rifiutate dal tribunale attribuiscono 17 anni e 9 mesi, un ragazzo che possiamo
odiare quanto ci pare in quanto assassino o presunto tale, ma che almeno in
teoria non possiamo privare di quei diritti che lo stato riconosce "perfino"
agli assassini minorenni, a meno di non voler sostituire il codice penale con
l'"occhio per occhio".
E noi adulti non dovremmo essere migliori dei ragazzi a cui pretendiamo di
insegnare la morale e la giustizia? Vogliamo davvero che l'omicidio che ha
portato in galera questo ragazzo trascini a fondo anche noi, in un sonno della
ragione che porta i tribunali ad azioni che negano la realtà documentale e il
diritto penale? Cedere alla giustizia sommaria non è in fin dei conti una
sconfitta per chi cede alla tentazione della barbarie e della vendetta? La
giustizia chiara, limpida e cristallina al di sopra di ogni dubbio o sospetto
sui diritti negati all'imputato non è anche un dovere di rispetto verso la
famiglia della vittima?
Domande, queste, destinate a perdersi nei corridoi del palazzo di Giustizia di
Milano, dove il ventennale di "Mani Pulite" verrà macchiato da una grave
ingiustizia che nega elementi chiave di fatto e di diritto. Ma questa macchia la
vedrà soltanto chi avrà la mente abbastanza aperta da capire la differenza tra
la tolleranza verso un omicidio e l'intolleranza verso l'ingiustizia.
La famiglia di questo ragazzo se ne faccia una ragione: la civilissima Italia ha
deciso che non merita gli stessi percorsi di recupero riconosciuti agli
assassini minorenni, l'ha fatta troppo grossa, ha dato troppo scandalo.
E'
"maggiorenne ad honorem", perché Milano ha deciso che il Beccaria è un carcere
troppo leggero per lui. Che rimanga pure a San Vittore.
La "caccia al Rom" sui media italiani
L'omicidio dell'agente di polizia municipale Nicolò Savarino e' stato arricchito
nella cronaca da molti particolari "etnici", con la comunita' Rom di Milano nel
mirino dei titoli di giornale.
"Vigile ucciso, è caccia a due slavi" (La Repubblica),
"Incastrati dal cellulare:
sarebbero due rom sinti" (Corriere della Sera), "I Rom finiscono sotto torchio"
(Il Giornale), "Blitz nel campo rom ma gli assassini erano appena fuggiti" (Il
Giornale), "Basta fare favori ai Rom" (Libero): E' stato questo il tenore dei
titoli apparsi nei giorni immediatamente successivi all'uccisione del vigile.
A partire da questi titoli, l'ondata di intolleranza si e' propagata, con
articoli a sostegno della pena di morte e vere e proprie istigazioni al
linciaggio che hanno attraversato per giorni i blog e i social network.
Ma ora la cittadinanza italiana di Remi Nikolic, attualmente recluso a San
Vittore, e' un dato consegnato alla cronaca, come le origini "padane" del padre Zoran Jovanović, che nonostante il suo nome straniero è un cittadino italiano
nato a Busnago, nel cuore della Brianza.
Di fronte al trattamento riservato dalla stampa alla comunità rom in occasione
dell'omicidio del vigile Savarino, c'e' chi ha chiesto ragione di quello che a
posteriori appare come un "accanimento mediatico". Tra questi c'è
Dijana
Pavlovic, membro della "Consulta Rom" del Comune di Milano e vicepresidente
della Federazione "Rom e Sinti Insieme", che ha stigmatizzato il ruolo giocato
dai media e dalla politica in questa vicenda.
"E' l'ennesima volta che si strumentalizzano fatti di cronaca - afferma la
Pavlovic - con vere e proprie istigazioni all'odio razziale che hanno portato a
situazioni violente come quelle che si sono verificate a Torino. Sin da subito
abbiamo invocato il rispetto della carta di Roma, chiedendo che la vicenda di
Milano non venisse cavalcata politicamente e mediaticamente, ma questo e'
avvenuto nonostante i nostri inviti".
Dopo essere stata trascinata suo malgrado sulle prime pagine dei giornali, la comunita' Rom di Milano adesso presenta il conto della disinformazione. "Di
fronte alla provata falsita' di tutte le etichettature etniche dell'omicidio
Savarino - ha dichiarato Dijana Pavlovic - valuteremo con l'Osservatorio sulla
discriminazione la possibilita' di intraprendere opportune azioni legali a
tutela della comunita' Rom di Milano".
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