Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Education 2.0 di Livio Sossi | del 24/05/2011 |
Non c'è il bosco incantato, non c'è il panierino con il buon cibo, non c'è la
mantellina rossa, eppure... Il progetto culturale, pedagogico, didattico "Chi ha
paura di Cappuccetto Rosso?" comprende anche un cortometraggio, un racconto
fotografico, un laboratorio di giornalismo, ed è stato proposto in molte scuole,
suscitando domande e riflessioni sulla realtà dei popoli Rom e Sinti.
Attualizzazioni in nuovi contesti storici e geografici, contaminazioni, parodie,
rovesciamento dei ruoli, modifiche degli attributi, cambiamento dei punti di
vista narrativi oggi costituiscono altrettante modalità letterarie di intervento
sull'impianto delle fiabe di tradizione orale: modalità di intervento rese
possibili dalla a-temporalità e dalla a-spazialità che contraddistinguono, come
ha rilevato lo studioso svizzero Max Luthi questo genere letterario.
A questo filone letterario si ricollega anche questo "Chi ha paura di
Cappuccetto Rosso?" di Eva Ciuk (vedi
QUI precedenti ndr), fiaba attorno alla quale si sviluppa il
progetto descritto dal libro della giornalista triestina di madrelingua slovena,
alla sua prima pubblicazione per ragazzi.
Il tema è oggi di estrema attualità. Si dice, generalizzando, che i Rom rubano,
che i Rom praticano furti e rapine. Espressioni e idee che derivano da
stereotipi culturali e che possono originare atteggiamenti xenofobi. Il libro
della Ciuk si propone di combattere questi stereotipi e ci vuole far conoscere
la realtà della cultura Rom e Sinti per affermare una cultura del dialogo e
dell'accoglienza.
Il percorso didattico proposto dal libro è originalissimo per l'impiego di
diversi linguaggi: il cinema, il teatro, la musica, la scrittura, l'immagine
animata. Diverse sono le operazioni letterarie e gli impliciti messaggi che Eva
Ciuk ha voluto condurre e trasmettere ai lettori (bambini, ma anche adulti) in
questo lavoro.
Il testo teatrale di uno spettacolo messo in scena da un ricreatorio
(doposcuola), la simulazione di un notiziario, le fotografie scattate dei
bambini Rom e Sinti, i commenti pubblicati come post sulla pagina internet di
Trool fanno parte di un più
ampio progetto culturale, artistico, pedagogico e didattico che parte dalla
visione di un cortometraggio con inserti di cartoni animati, realizzato sempre
dall'autrice, e che ha per obiettivo la conoscenza e l'integrazione del popoli
Rom e Sinti.
Eva Ciuk utilizza lo stereotipo di Cappuccetto Rosso: lo stereotipo della
bambina graziosa, capricciosa, un po' viziata e, contro l'omologazione del
personaggio e della fiaba, lo mette a confronto con un altro Cappuccetto Rosso,
quello che è stato realmente rappresentato dai bambini Rom nel campo sfollati di
Plementine nel Kosovo, territorio sconvolto dalla recente guerra tra i Serbi e
gli Albanesi, una guerra che ha coinvolto anche le comunità Rom e Ashkaelia.
Ecco allora che la Cappuccetto Rosso romanzesca indossa una tuta di ginnastica
blu e una coroncina di fiori rossi di plastica. Ecco che la nonna non abita
nella casetta al di là del bosco, ma all'interno dello stesso campo sfollati. Il
bosco non c'è, portato via dalla guerra e dall'inquinamento. La fiaba
perraultiana viene attualizzata e così diventa strumento di conoscenza e di
lettura della realtà. "Le fiabe - scrive Italo Calvino - sono vere. Sono una
spiegazione generale della vita".
Dal confronto stridente tra i due personaggi il lettore potrà ricavare molti
spunti di riflessione. Potrà interrogarsi sulla diversità culturale, potrà
chiedersi perché non si possa passeggiare nel bosco.
La scrittura, ce lo ricorda anche Francesco D'Adamo, non deve fornire delle
risposte. Deve suscitare domande e interrogativi. Ma la Cappuccetto della fiaba,
incontrando Cappuccetto Rom, venendo a contatto con un mondo, con una realtà che
non conosceva, a poco a poco cambia le sue opinioni, modifica il suo pensiero in
un processo di formazione e di crescita che le consente di superare
l'egocentrismo e di conoscere e capire l'altro.
E il lupo? Qui il lupo è metafora dell'uomo che uccide. È metafora della guerra
e delle tante paure che durante la guerra del Kosovo hanno sofferto i bambini
Rom. Il finale è naturalmente aperto. Cappuccetto Rosso vorrebbe sistemare una
volta per tutte il Lupo, ma non è così facile: il lupo è una bestiaccia molto
furba!
giovedì 16 giugno alle ore 21.00
ARCI BELLEZZA Via Giovanni Bellezza, 16 - 20136 Milano
VI ASPETTIAMO PER BALLARE PAZZAMENTE E FESTEGGIARE L'USCITA DEL NOSTRO NUOVO
FRIZZANTE DISCO ''TUTTI FRUTTI''
ingresso gratuito con tessera Arci
2 comunicazioni di servizio: la prima riguarda l'orario, saremo (e siate!)
puntualissimi, perché alle 23 la musica deve finire...
la seconda è che se piove salta tutto, ma tanto non pioverà
impaziente di vedervi tutti quanti, a giovedì prossimo!
Di Fabrizio (del 14/06/2011 @ 09:20:15, in lavoro, visitato 2029 volte)
Da
Sintiitaliani.blogspot.com
Alberto Canterini, giostraio di Passo Corese (Foto: Cat. Fa.)
TevereNotizie.it
Una piccola e semplice realtà, nella complessità di un paese in via di
sviluppo
PASSO CORESE- "La più bella vita del mondo!" così esordisce Alberto
Canterini, giostraio, che vive a Passo Corese da ormai cinque anni. Alberto è
uno di quelli che generalmente chiamiamo "zingari", ma che in realtà è nato a
Rieti 46 anni fa ed è di origine marchigiana. La sua vita può davvero dirsi un
po' "zingara", perché in lui la componete nomade è presente e forte. "Esiste una
differenza tra quelli che in genere si definiscono zingari - spiega Canterini -
ci sono i rom che di norma si occupano di raccogliere ferro e lavorano il rame e
poi ci siamo noi, i sinti, quelli che fanno i mestieri, quelli che voi
considerate esercenti dello spettacolo viaggiante, giostrai". E da questo
momento si apre un mondo nuovo, un racconto di libertà ed emarginazione. Una
storia di vita, come tante altre, ma allo stesso tempo estremamente diversa.
LA SUA STORIA. Alberto Canterini, il cui vero cognome dovrebbe essere Cantarini,
è figlio e nipote di giostrai. Vive fisso a Passo Corese da qualche anno, per
amore dei suoi tre figli che così possono frequentare le scuole. Ma la sua vita
è stata per lungo tempo la vita nomade di coloro che portano divertimento alle
feste del patrono o nelle più diverse occasioni nei paesi. Con la sua famiglia
montano e smontano le loro autoscontro e i trenini, vivono di questo. Per lo
meno fino a poco tempo fa. La crisi ha toccato anche loro. Alberto si confida e
dice "Io, che sono nato libero, che ho vissuto dove il vento mi diceva di
andare, mi sono ritrovato a dover chiedere lavoro sotto padrone. Adesso faccio
il muratore. Non c'è più posto per noi con le nostre piccole giostre, adesso ci
sono i grandi parchi di divertimento. Stanno uccidendo la nostra tradizione".
Vivere alla giornata, come faceva prima di avere una famiglia a cui pensare, non
è più possibile. Anche il suo lavoro da giostraio è sempre più complesso. Le
piazze, un tempo luogo principale d'incontro non solamente durante le occasioni
festive, non ci sono più, sono state trasformate in parcheggi. Non c'è più posto
per loro, anche se la giostra è la festa, un punto di ritrovo soprattutto per i
giovani.
IL RAPPORTO CON GLI ALTRI. La vita dei nomadi non è facile, che essi siano rom o
sinti. Questo lo sappiamo; hanno la loro cultura particolare e spesso sono
protagonisti di spiacevoli episodi. Alberto lo riconosce, ma sottolinea anche
che "le mele marce sono dovunque. Noi ci troviamo bene, io ho tanti amici qui,
ma anche in tutta la Sabina, dal momento in cui ho passato la mia vita a girare
per tutti i vari paesi qui intorno. Mi conoscono, sanno che di me si possono
fidare". Ma ovviamente il pregiudizio accompagna da sempre la loro presenza. A
volte basta il fatto di vederli girare con la roulotte per far nascere il
pensiero che vivano in un ambiente sporco e promiscuo. Ma non è così. Perlomeno
in questo caso. Alberto spiega, infatti, come lui e la sua famiglia vivano in
una roulotte, ma che ognuno ha la sua camera con la porta e mantiene la propria
privacy. "Io ho anche una casa a Monterotondo, è di mia madre - racconta
Canterini - ma io sono nato in una roulotte. Questa è casa mia, l'unica che mi
dà la libertà di muovermi come e quando voglio."
L'UOMO. Alberto è un uomo segnato dalla vita intensa che ha condotto fino ad
ora, ma ha gli occhi vivi di un bambino. Sorride, ha le mani nervose. "Io vorrei
che i miei figli potessero scegliere la loro strada senza nessun ostacolo - dice
- non voglio che facciano i giostrai. Probabilmente noi siamo destinati a
sparire. Se non fosse per loro, non venderei mai la mia libertà alle regole
della società. Ma ho scelto l'amore per la mia famiglia e sto pagando con
l'omologazione ad un mondo che non mi appartiene".
di Caterina Fava
Vi aspettiamo Mercoledì 15 giugno alle ore 17 presso il Roma Scout
Center per l'evento finale del progetto "Profumi e sapori della
tradizione rom"!
Il progetto, che ci ha visto impegnati in un percorso di ricerca sulla cucina e
le tradizioni rom, si conclude con la pubblicazione del libro "Profumi e
sapori della tradizione rom". Il cibo, le fiabe e le nostre storie di vita
costituiscono il filo conduttore per raccontare la cultura romanì.
Durante la serata potrete assaggiare i piatti tipici della tradizione culinaria
rom e divertirvi insieme a noi con la musica e le danze tradizionali.
La Romà Onlus ha sostenuto l'iniziativa attraverso l'attività di coaching svolta
dal presidente Graziano Halilovic.
Il progetto è finanziato dal programma della Commissione europea Youth in
Action.
Vi aspettiamo in massa!
Gruppo Informale Giovani Insieme
PROGRAMMA DELL'EVENTO:
Profumi e Sapori della Tradizione Rom
15 giugno – Roma Scout Center
Largo dello Scautismo, 1 – Roma
Ore 17:00 – Presentazione delle attività del progetto e della pubblicazione
finale
Interviene il gruppo di giovani partecipanti rom e non rom
Saluti delle autorità locali
Ore 18:00 – Degustazione dei piatti tipici della gastronomia romanì
A seguire musica e danze tradizionali
Il progetto è stato ideato e realizzato dal gruppo informale di giovani rom e
non rom "Giovani insieme".
Associazione di Promozione Sociale
Via Altavilla Irpina, 34/36
00177 - Roma (Italy)
Phone +39 06 64 82 97 95
Fax +39 06 64 82 97 95
info@romaonlus.it
http://www.romaonlus.it
martedì 21 giugno, ore 18.30
La Feltrinelli, Piazza Piemonte, Milano
Presentazione del libro
NIENTE E’ PIU’ INTATTO DI UN CUORE SPEZZATO
Insieme all’Autrice Vanna De Angelis
interviene Moni Ovadia
Musiche di Jovica Jovic
Storie di vita vera, drammi e avventure, amori e orrori – dall’olocausto rom
alla rivolta degli zingari nello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau - si
mescolano a tradizioni, folclore e costumi in un’avvincente epopea che prende il
via negli ultimi anni della seconda guerra mondiale. E che parla di ieri per
raccontare anche l’oggi. Niente è più intatto di un cuore spezzato è la storia
vera di Dusan e Radmila Balval, due giovanissimi rom, genitori di Joviça Jovic,
il talentuoso fisarmonicista rom che collabora con Moni Ovadia, Dario Fo, Piero
Pelù, Vinicio Capossela, Goran Bregoviç e altri grandi musicisti internazionali.
Dusan e Radmila Balval, due giovanissimi rom, sono i protagonisti di un racconto
eccezionale che comincia quando Dusan, che ha poco più di quindici anni e un
incredibile talento per il violino, vive e viaggia con la sua famiglia e altre
affini - la sua kumpania - nella Serbia affidata dal Reich al generale
filonazista Nediç. La kumpania si sta spostando verso sud, con la speranza di
sfuggire alla violenza razzista al momento riservata agli ebrei, in una
rocambolesca peregrinazione da un paese all’altro in cui i rom portano musica e
abilità di calderai, maniscalchi, acrobati. Intanto, l’apocalisse della guerra
incalza. Storie di vita vera, musica e miseria, amori e orrori, dall’olocausto
rom alla rivolta dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau dove, alla fine di
aprile del 1944, quattromila zingari (fra cui il giovanissimo Dusan) lottano
contro i tedeschi per non finire nelle camere a gas. Drammi e avventure si
mescolano al racconto vivido di tradizioni, folclore e costumi, in un’odissea
indimenticabile.
Vanna De Angelis
Vive a Milano. Narratrice e saggista, sceneggiatrice per la radio e la
televisione, ha pubblicato con successo saggi divulgativi sui processi alle
donne accusate di stregoneria e sull’amazzonato e, con il nome collettivo di
Gordon Russell, quattro romanzi sulla gladiatura. Tra i suoi titoli, La bambina
del bosco degli elfi (Piemme 2010).
Di Sucar Drom (del 15/06/2011 @ 09:23:41, in blog, visitato 1640 volte)
SISTRI, rinviata l'entrata in vigore
Una intesa per rimodulare l’entrata in funzione del Sistri, il sistema di
tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi è stato raggiunto ieri a tarda
sera fra il ministero dell’Ambiente e le principali organizzazioni
imprenditoriali Confindustria e Rete Imprese. Lo comunica una nota del ministero
dell...
Storie di donne rom fra tradizione e cambiamento
Luciana Tufana Editrice (distribuita da Mursia) ha dato alle stampe il libro di
Paola Galli "Storie di donne rom fra tradizione e cambiamento" che registra la
voce dalle donne rom, profughe dalla ex Yugoslavia, che vivono a Firenze nel
villaggio del Poderaccio. Il libro tratta tematiche estremamente attuali
all’interno del contesto della vita i...
Roma, presentazione del report "La casa di carta"
Lunedì 30 maggio 2011, alle ore 16:30, presso la Facoltà di Architettura
dell'Università Roma Tre (via Madonna dei Monti 40, Roma), l'Associazione 21
luglio presenterà il report "La casa di carta", una ricerca approfondita...
Milano, Commissario Hammarberg: "sono rimasto scioccato"
Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha
così commentato il suo recente viaggio in Italia: "Sono rimasto scioccato
dall'uso fatto durante la campagna elettorale a Milano di messaggi xenofobi
contro i rom, ma anche contro i musulmani"...
Milano, Giuliano Pisapia è il nuovo Sindaco e la gente in piazza canta: siamo
tutti zingari
La vittoria di Giuliano Pisapia a Milano ha entusiasmato, ha commosso e ha
accesso una luce di speranza in tutti i sinti e rom italiani. La Milano
dell'odio, della paura, della violenza contro chi è diverso e in part...
Roma, il Papa riceve in udienza rom, sinti, manuches, kale, yenish e travellers
d’Europa e d’Italia
Sabato prossimo, 11 giugno, alle 12 il Papa riceverà in udienza privata in
Vaticano una delegazione di rom, sinti, manuches, kale, yenish e travellers
europei. Lo rende noto il Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e
degli itineranti. A...
Papa Benedetto XVI: mai più vessazioni contro i rom e i sinti
Il Papa nel discorso pronunciato di fronte ai circa 2mila sinti, kale, manouche,
rom, jenisch ricevuti nell'aula Paolo VI in Vaticano: ''Mai più il vostro popolo
sia oggett...
Seguire la strada indicata da Benedetto XVI
Ieri 11 giugno 2011 papa Benedetto XVI ha ricevuto la delegazione europea delle
comunità rom, sinti, manuches, kale, jenish e travellers, in tutto circa 2 mila
persone - in occasione di un pellegrinaggio di due giorni a Roma organizzato...
Benedetto XVI: la Chiesa cammina con voi
Venerati Fratelli, cari fratelli e sorelle! o Del si tumentsa! [il Signore sia
con voi!] È per me una grande gioia incontrarvi e darvi un cordiale benvenuto,
in occasione del vostro pellegrinaggio alla tomba dell’Apostolo Pietro.
Ringrazio l’Arcivescovo Mons. Antonio Maria Vegliò, Presid...
Sinti e Rom in Udienza da Papa Benedetto XVI
Domenica undici giugno il Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza 2000 sinti,
rom, manouche, kalè e jenisch provenienti da tutta l'Europa. Per tutti hanno
parlato tre persone: Pamela Suffer, Ceija Stojka (in foto) e Carlo Mikic...
Di Fabrizio (del 16/06/2011 @ 09:03:18, in Italia, visitato 2739 volte)
PREMESSA
Recentemente è tornata nelle cronache la questione campi nomadi, come una
delle concause della situazione di forte arretratezza sociale in cui si trovano
ancora oggi le comunità rom e sinte in Italia.
Come nel passato, quando questi sembravano l'unica soluzione per Rom e Sinti,
nei ragionamenti attuali c'è un vizio di forma. Non siamo stati consultati
allora e, ancora oggi, nessuno sente il dovere di discutere assieme a noi le
soluzioni per superare i campi o quantomeno renderli vivibili per chi non ha
avuto nessun'altra alternativa.
Se i campi sono ghetti istituzionalizzati, la nostra comunità che vive nella
zona 2 di Milano da quasi 50 anni (prima in insediamenti di fortuna e gli ultimi
22 anni in un campo sosta comunale), pone alcune questioni:
- la vera discriminazione è sempre stata considerare i Rom come cittadini
di seconda categoria, senza che avessero voce in capitolo nelle scelte che
li riguardavano. Per questo la nostra comunità ha avviato da tempo un
dialogo con le associazioni e le forze politiche di zona, come primo passo
per uscire dai rispettivi ghetti mentali che ci dividevano dalla popolazione
maggioritaria;
- i campi nomadi sono diventati col tempo una fonte di rendita non per chi
ci viveva, ma per le associazioni che li gestivano. Associazioni che si sono
sempre sentite in diritto di rappresentare le nostre istanze a loro uso e
beneficio;
- infine, se sono un ghetto, non è abolendoli che si risolve il problema.
Sarebbe spostare il problema per l'ennesima volta: lo affermiamo sapendo di
alcune famiglie rom che sono andate ad abitare in casa, abbandonate a se
stesse, portandosi dietro tutti i loro problemi e trovandosene di nuovi.
Ribadendo che allora per superare le indecisioni del passato e mettere in
atto strategie efficaci è indispensabile una nostra partecipazione, in quanto
cittadini titolari di diritti e doveri, a tutte le istanze che ci riguardano, da
quelle centrali a quelle del decentramento.
Una buona base di partenza può essere il
documento
presentato a maggio 2010 dal Tavolo Rom milanese, soprattutto su alcune
questioni:
- riconosce che le comunità rom e sinte nel nostro territorio sono
diversificate per storia, comportamenti, insediamento, e quindi la soluzione
non può essere unica;
- propone quindi soluzioni abitative diversificate;
- individua una serie di soggetti da coinvolgere nelle politiche future;
- individua il legame tra soluzione alloggiativa e autonomia nel lavoro.
Occorre infine, secondo noi, programmare una serie di incontri periodici per
verificare progressi e criticità.
IL NOSTRO CAMPO
Attualmente conta circa 130 residenti, tutti cittadini italiani, di cui la
metà minorenni. Gli ultimi due anni hanno rappresentato un periodo di grande
incertezza per la nostra comunità, dovuta al progetto di sostituire quella che a
tutti gli effetti è la nostra casa, con un campo di sosta a rotazione. Progetto
mai attuato, anche perché assurdo (nella nostra zona o altrove), ma mai
sconfessato. A parte questo, non siamo mai riusciti a capire perché noi
cittadini italiani in zona da sempre avremmo dovuto andare via, per lasciare il
posto a gente che in tre mesi teoricamente avrebbe dovuto trovare casa e lavoro.
Attendiamo una dichiarazione pubblica che indichi espressamente che il campo
di transito non si farà, anche perché sarebbe osteggiato principalmente dai
cittadini che vivono attorno a noi.
Questa incertezza, unita a promesse di finanziamenti dal Comune per chi
intendeva lasciare il campo, ha portato qualcuno ad aprire un mutuo per
l'acquisto di un rustico da ristrutturare, altri a fare domanda per le case
popolari. Sinora alle promesse non sono seguiti i fatti, e viviamo nel costante
timore di ritrovarci per strada da un giorno all'altro.
Se invece venissero mantenuti gli impegni di assistere chi ha scelto di
essere accompagnato nell'uscita dal campo, e nel contempo venissero allontanati
definitivamente da chi ne ha il potere, le poche famiglie degli occupanti
abusivi (che hanno comunque residenza altrove), la nostra presenza nel campo si
ridurrebbe a circa 70/80 unità, dimezzando praticamente l'area sinora occupata e
rendendo possibile la trasformazione da campo-ghetto ad un vero e proprio
villaggio alle porte di Milano.
Come soluzione abitativa indicheremmo quella già presente nel programma
elettorale del sindaco, cioè l'autocostruzione di moduli abitativi non ancorati
al terreno.
Detto questo, il nostro campo che sino a 10 anni fa era indicato come un
modello, ultimamente ha sofferto di mancanza di manutenzione. Sono necessari
alcuni interventi:
- ristrutturazione dei servizi igienici, che cadono a pezzi;
- risistemazione del sistema fognario, perché con la pioggia il campo si
allaga;
- collegamento delle bocchette antincendio;
- ripristinare la cabina elettrica, divelta il marzo scorso dalla pubblica
sicurezza. Come succede già in altri campi, richiediamo tariffe familiari a
forfait;
- infine, risistemare le piazzole esistenti, che sono deteriorate e
calibrarle per gli occupanti che rimarranno.
Questi sono semplici interventi manutentivi, secondo noi affrontabili con
poca spesa se, a differenza del passato, gli appalti dei lavori verranno
assegnati con chiarezza e a ditte responsabili.
Riguardo alla questione lavoro, già dal 1990 abbiamo fondato una nostra
cooperativa, LACI BUTI (Buon lavoro in lingua rom), che si occupa di:
- Manutenzione delle aree verdi (taglio dell’erba e delle siepi)
- Potatura piante alto fusto
- Pulizia di aree urbane
- Sgombero cantine e magazzini
- Creazione recinzioni
con personale che ha seguito corsi professionali di operatore del verde.
Nel passato dava lavoro ad una ventina di persone, ma via via col tempo il
Comune ci ha tagliato gli appalti, e l'ultimo anno abbiamo lavorato solo due
giorni. Eppure il lavoro è tutto intorno a noi: il nostro campo è situato nei
pressi del parco Lambro, e via Idro è praticamente un corridoio verde (che
le forze politiche e le associazioni di zona vorrebbero rivalutare) che collega
il parco Lambro e il parco del naviglio Martesana al parco della Media Valle del
Lambro. Quello che è mancato negli ultimi anni è stata la volontà politica di
mantenerci in vita.
Inoltre in passato alcuni giovani sono stati assunti all'AMSA, anche se
attualmente ne sono rimasti a lavorare solo due. Potrebbe essere un'esperienza
da riprendere, soprattutto per quelli che hanno meno di trent'anni.
Per terminare, il centro polifunzionale all'interno del campo, attualmente
non utilizzato, potrebbe essere adoperato anche per opportunità di lavoro
femminile, con laboratori di sartoria e cucito, visto che già a Milano ce ne
sono di simili. Intendiamo far diventare lo stesso centro uno spazio aperto a
tutta la popolazione per iniziative culturali e sociali.
La comunità rom di via Idro 62, riunita in assemblea il 15 giugno
Di Fabrizio (del 16/06/2011 @ 09:21:37, in Italia, visitato 1400 volte)
Da Sintiitaliani.blogspot.com
Il Giornale di Vicenza CAMPI NOMADI. Rifondazione comunista e Davide
Casadio dell'associazione Sinti rispondono a Pecori e Sandoli 11/10/2009
«Leggiamo sui quotidiani l'assurda polemica sulle micro aree per Sinti e Rom.
Vogliamo far presente che i "campi storici" - si legge in una nota firmata da
Irene Rui, responsabile del dipartimento per le politiche migratorie ed etniche
di Rifondazione comunista e da Davide Casadio, presidente dell'associazione
"Sinti italiani in viaggio per il diritto e la cultura" - vivono una
situazione insostenibile sia sotto il profilo della sicurezza, che igienico
sanitario, essendo i sottoservizi vecchi. Le microaree rappresentano una
soluzione per dare finalmente a queste famiglie una vita dignitosa e serena».
Inoltre, continuano i due rappresentanti, «facciamo presente a Massimo Pecori
capogruppo Udc che non parliamo di extraterrestri, ma di cittadini vicentini.
Altresì rispondiamo ad Alessio Sandoli, segretario cittadino della Lega Nord che
questi cittadini, pur con difficoltà pagano tasse, servizi e vivono del loro
lavoro: un'occupazione onesta e non illegale come qualcuno può pensare. Le
microaree e gli eventuali alloggi non sono un regalo a cittadini facinorosi, ma
un atto dovuto a famiglie che sono disposte a contribuire economicamente. Infine
- concludono - vogliamo rispondere a Valerio Sorrentino attuale consigliere del
Pdl, che il degrado è frutto di dieci anni della loro amministrazione che non ha
voluto affrontare i problemi dei cittadini Sinti e Rom, ed ha preferito lasciare
i campi al degrado e non ha dato la possibilità ai Rom, proprietari del campo di
via Nicolosi, di adeguarlo con i sottoservizi e con le opere indispensabili. Con
la costruzione delle microaree, non ci saranno né degrado, né microcriminalità».
Di Fabrizio (del 17/06/2011 @ 09:28:49, in media, visitato 1371 volte)
Segnalazione di Enrica Bruzzichessi
Bandiera
Gialla
Cospe e Controradio lanciano "Basta un minuto!": un concorso video rivolto ai
giovani (18-35 anni) interamente dedicato a cortometraggi di lunghezza massima
di un minuto, che affrontano il tema del contrasto al razzismo e alle
discriminazioni sia nelle pratica che nel tifo sportivo.
In particolare i video dovranno rappresentare in modo originale e significativo
come lo sport possa costituire un fondamentale momento di integrazione e di
lotta ad ogni forma di discriminazione, stigmatizzando nello stesso tempo i
comportamenti razzisti e violenti.
Le opere dovranno essere presentate entro il 15 luglio. Videominuto e Cospe
effettueranno una pre-selezione dei video pervenuti e sottoporranno alla giuria
i video finalisti. La giuria, composta da registi, sportivi, giornalisti ed
esperti di tematiche legate alla discriminazione e all’antirazzismo valuterà i
video sotto l’aspetto della promozione alla lotta al razzismo e alle
discriminazioni, l'impatto, l'originalità e la realizzazione tecnica.
Il video primo classificato si aggiudicherà il primo premio di 800 euro e alla
menzione speciale verranno assegnati due biglietti per il Torneo 6 Nazioni di
Rugby.
Per informazioni e iscrizioni
info@videominuto.it -
cerretelli@cospe-fi.it
Di Carlo Berini tratto dalla newsletter n. 19 di Articolo 3
Secondo l'UNHCR, le
domande di asilo presentate in Italia nel 2008 sono state 30.324, e i
principali paesi di origine dei richiedenti asilo sono stati, nell'ordine,
la Nigeria con 5.333 domande, la Somalia con 4.473 domande, l'Eritrea con
2.739 domande, l'Afghanistan con 2.500 domande e la Costa d'Avorio con 1.844
domande.
Il numero complessivo dei rifugiati riconosciuti residenti in Italia è
indicato dall'UNHCR come pari, a giugno 2009, a circa 47.000 persone.
A titolo di confronto, può evidenziarsi che i rifugiati accolti in Germania
sono circa 580.000, quelli accolti nel Regno Unito 290.000, mentre quelli
ospitati nei Paesi Bassi ed in Francia sono, rispettivamente, 80.000 e
16.000
(it.wikipedia.org/wiki/Diritto_di_asilo)
A fronte dei numeri dobbiamo certo interrogarci su quanto la nostra
legislazione riesca a recepire in maniera adeguata le richieste d'asilo, ma
anche le richieste per lo status di rifugiato. In questo breve intervento, però,
vorrei limitarmi a sollevare una questione poco affrontata in Italia, ovvero il
diritto d'asilo per quei Cittadini di Paesi terzi che appartengono alla
minoranza linguistica rom.
In Italia sono presenti dal '400 sinti e rom italiani, a cui per altro lo
Stato italiano non ha ancora riconosciuto lo status di appartenenti ad una
minoranza storica linguistica (articolo 6 della Costituzione e legge 482/99), ma
sono anche presenti rom immigrati dalla ex Yugoslavia e rom immigrati dalla
Romania. Sui numeri delle presenze effettive c'è molta confusione, ma
incrociando le stime dell'Istituto
di Cultura Sinta e i dati del Ministero dell'Interno, la presenza di queste
minoranze è molto esigua. Unendo i dati riferiti sia ai sinti e rom italiani che
ai rom immigrati non superiamo le centomila persone.
L'immigrazione più consistente di rom in Italia si è vista negli anni Novanta
ed è essenzialmente dovuta a due fattori: la dissoluzione della ex Yugoslavia e
la caduta del comunismo in Romania.
La dissoluzione della ex Yugoslavia (compresa la guerra in Kosovo nei due
momenti, 1996 e 1999) è presente in tutti noi per gli orrori che ha provocato e
per il diretto coinvolgimento dell'Italia nel secondo periodo. In quegli anni i
rom vengono risucchiati nella voragine della guerra e della violenza ma, non
avendo né ambizioni nazionalistiche né rivendicazioni territoriali, sono
schiacciati tra le diverse fazioni in guerra. Il risultato evidente, anche per
chi è stato poco attento a quanto è avvenuto, è che oggi non esiste uno Stato
nazionale rom.
Per queste ragioni le famiglie rom che sono scappate, principalmente dai
territori della Bosnia-Erzegovina e dai territori del Kosovo, lo hanno fatto
perché le loro case sono state distrutte o occupate da famiglie appartenenti ad
altre minoranze, perché erano perseguitate, perché rischiavano di essere
sterminate.
Mentre altri Paesi europei si sono attivati per un pronto sistema di
accoglienza, con il riconoscimento del diritto d'asilo, in Italia ciò non è
successo: ad un primo rilascio dei permessi di soggiorno umanitari non è seguita
nessuna altra azione, tant'è che oggi ci sono intere famiglie che non hanno
nessun documento. Inoltre, al contrario di quanto fatto per gli altri profughi,
queste famiglie sono state costrette a vivere nei cosiddetti 'campi nomadi' (sia
regolari che irregolari, come ad esempio il Casilino 900 di Roma chiuso un anno
fa), un'invenzione legislativa tutta italiana che non ha eguali in Europa (per
la Lombardia si veda la legge 77/89).
I pochi rom profughi dalla ex Yugoslavia che hanno ottenuto il diritto d'asilo
lo hanno ottenuto dopo aver intrapreso un percorso giudiziario come è successo a
R. A., nata a Sarajevo, che nel 2005 ottiene dal tribunale di Roma il
riconoscimento del diritto d'asilo.1
Per quanto riguarda in particolare i rom profughi dal Kosovo, il Ministero
dell'Interno nel 1999/2000 stimava l'arrivo di circa 5.000 persone: la maggior
parte ha ricevuto la protezione umanitaria temporanea, pochissimi hanno avuto il
riconoscimento del diritto d'asilo e quasi nessuno lo status di rifugiato,
secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra.
Nel tempo molte famiglie provenienti dalla ex Yugoslavia, soprattutto in Toscana
e in Piemonte, sono riuscite ad ottenere permessi di soggiorno permanenti, ma in
alcune Regioni, come la Lombardia e il Lazio, la situazione è ancora irrisolta
con conseguenze prevedibili. E' però da segnalare l'iniziativa del Comune di
Roma, che negli ultimi mesi ha iniziato, a partire dagli ex abitanti di Casilino
900, un processo di regolarizzazione per molte famiglie. Diversa è la situazione
a Milano, dove la passata Amministrazione comunale aveva di fatto dichiarato
guerra ai rom. L'allora Vice Sindaco di Milano, Riccardo De Corato, aveva
dichiarato: "Queste sono persone di pelle scura, non europee come voi e me", ha
poi aggiunto: "Il nostro obiettivo finale è quello di avere zero campi nomadi a
Milano".2
La situazione milanese vede per altro coinvolti soprattutto i rom immigrati
dalla Romania. Le migrazioni più consistenti si hanno nel periodo compreso tra
il 1990 e il 1997 e nel 2002. Le due immigrazioni hanno avuto motivazioni
diverse. La prima per sfuggire ai pogrom, la seconda per motivi economici,
facilitata dalla possibilità di entrare in Italia senza il bisogno del visto.
Nel 2007 con l'entrata della Romania nell'Unione europea gli arrivi in Italia
sono insignificanti.
Le esplosioni di violenza razzista nei confronti delle comunità rom sono
ampiamente documentate da diversi organismi internazionali; esemplare in questo
senso, e ormai tristemente famosa, è la sommossa di Hadareni, avvenuta nel 1993,
durante la quale tre rom furono torturati e uccisi, 19 case bruciate e 5
distrutte.3 Eppure, se prendiamo il periodo compreso tra il
1990 e il 2002, non troviamo nessuna persona appartenente alla minoranza rom, di
fatto profuga dalla Romania, che abbia ricevuto una qualsiasi protezione da
parte dell'Italia.
La situazione che ho illustrato è stata fotografata alcune settimane fa anche
dal Rapporto della Commissione per i diritti umani del Senato.4
Questa breve riflessione vuole porre un problema che è ben presente sul
nostro Paese, ma che quasi nessuno sta affrontando, con conseguenze drammatiche
per famiglie intere che dopo essere sfuggite dai loro Paesi si ritrovano nel
nostro, l'Italia, che ancora oggi non applica le convenzione internazionali che
ha sottoscritto.
1
http://www.giuristidemocratici.it/post/20050429052522/post_html
2
http://www.giornalettismo.com/archives/87829/giro-vite-rom-italia-riflette/
3
http://www.comune.torino.it/intercultura/s3.asp?p0=44&p1=APPROFONDIMENTI&p2=Documenti&p3=Minoranze
4
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/dirittiumani16/RAPPORTO
ROM .pdf
|