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Alberto Canterini, giostraio di Passo Corese (Foto: Cat. Fa.)
TevereNotizie.it
Una piccola e semplice realtà, nella complessità di un paese in via di
sviluppo
PASSO CORESE- "La più bella vita del mondo!" così esordisce Alberto
Canterini, giostraio, che vive a Passo Corese da ormai cinque anni. Alberto è
uno di quelli che generalmente chiamiamo "zingari", ma che in realtà è nato a
Rieti 46 anni fa ed è di origine marchigiana. La sua vita può davvero dirsi un
po' "zingara", perché in lui la componete nomade è presente e forte. "Esiste una
differenza tra quelli che in genere si definiscono zingari - spiega Canterini -
ci sono i rom che di norma si occupano di raccogliere ferro e lavorano il rame e
poi ci siamo noi, i sinti, quelli che fanno i mestieri, quelli che voi
considerate esercenti dello spettacolo viaggiante, giostrai". E da questo
momento si apre un mondo nuovo, un racconto di libertà ed emarginazione. Una
storia di vita, come tante altre, ma allo stesso tempo estremamente diversa.
LA SUA STORIA. Alberto Canterini, il cui vero cognome dovrebbe essere Cantarini,
è figlio e nipote di giostrai. Vive fisso a Passo Corese da qualche anno, per
amore dei suoi tre figli che così possono frequentare le scuole. Ma la sua vita
è stata per lungo tempo la vita nomade di coloro che portano divertimento alle
feste del patrono o nelle più diverse occasioni nei paesi. Con la sua famiglia
montano e smontano le loro autoscontro e i trenini, vivono di questo. Per lo
meno fino a poco tempo fa. La crisi ha toccato anche loro. Alberto si confida e
dice "Io, che sono nato libero, che ho vissuto dove il vento mi diceva di
andare, mi sono ritrovato a dover chiedere lavoro sotto padrone. Adesso faccio
il muratore. Non c'è più posto per noi con le nostre piccole giostre, adesso ci
sono i grandi parchi di divertimento. Stanno uccidendo la nostra tradizione".
Vivere alla giornata, come faceva prima di avere una famiglia a cui pensare, non
è più possibile. Anche il suo lavoro da giostraio è sempre più complesso. Le
piazze, un tempo luogo principale d'incontro non solamente durante le occasioni
festive, non ci sono più, sono state trasformate in parcheggi. Non c'è più posto
per loro, anche se la giostra è la festa, un punto di ritrovo soprattutto per i
giovani.
IL RAPPORTO CON GLI ALTRI. La vita dei nomadi non è facile, che essi siano rom o
sinti. Questo lo sappiamo; hanno la loro cultura particolare e spesso sono
protagonisti di spiacevoli episodi. Alberto lo riconosce, ma sottolinea anche
che "le mele marce sono dovunque. Noi ci troviamo bene, io ho tanti amici qui,
ma anche in tutta la Sabina, dal momento in cui ho passato la mia vita a girare
per tutti i vari paesi qui intorno. Mi conoscono, sanno che di me si possono
fidare". Ma ovviamente il pregiudizio accompagna da sempre la loro presenza. A
volte basta il fatto di vederli girare con la roulotte per far nascere il
pensiero che vivano in un ambiente sporco e promiscuo. Ma non è così. Perlomeno
in questo caso. Alberto spiega, infatti, come lui e la sua famiglia vivano in
una roulotte, ma che ognuno ha la sua camera con la porta e mantiene la propria
privacy. "Io ho anche una casa a Monterotondo, è di mia madre - racconta
Canterini - ma io sono nato in una roulotte. Questa è casa mia, l'unica che mi
dà la libertà di muovermi come e quando voglio."
L'UOMO. Alberto è un uomo segnato dalla vita intensa che ha condotto fino ad
ora, ma ha gli occhi vivi di un bambino. Sorride, ha le mani nervose. "Io vorrei
che i miei figli potessero scegliere la loro strada senza nessun ostacolo - dice
- non voglio che facciano i giostrai. Probabilmente noi siamo destinati a
sparire. Se non fosse per loro, non venderei mai la mia libertà alle regole
della società. Ma ho scelto l'amore per la mia famiglia e sto pagando con
l'omologazione ad un mondo che non mi appartiene".
di Caterina Fava