Rom e Sinti da tutto il mondo

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Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 29/01/2011 @ 09:40:23, in Italia, visitato 1909 volte)
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Di Fabrizio (del 29/01/2011 @ 09:52:37, in Europa, visitato 2148 volte)
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Di Sucar Drom (del 30/01/2011 @ 09:18:41, in blog, visitato 2047 volte)
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Di Fabrizio (del 30/01/2011 @ 09:41:31, in Europa, visitato 2143 volte)
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Di Fabrizio (del 31/01/2011 @ 09:17:27, in Italia, visitato 2364 volte)
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Di Fabrizio (del 02/02/2011 @ 09:16:43, in media, visitato 1942 volte)

Segnalazione di Voijslav Stojanovic

EaST Journal di Matteo Zola

"Un giorno metti la pentola a bollire sul fuoco, e sei in un posto. Quando l'acqua bolle sei in un altro. Quando la pasta cuoce in un altro, e la mangi chissà dove". Con queste parole la vecchia nonna di Laura Halilovic commenta lo sgombero che la polizia ha imposto al campo nomadi in cui si trova. Laura, dal canto suo, ne ha fatto un film: "Io la mia famiglia Rom e Woody Allen", in cui racconta la sua vita e quella dei suoi cari, tra discriminazioni e vita quotidiana. Il titolo è una citazione proprio di un film di Woody Allen. Il cineasta americano ha letteralmente folgorato la piccola Laura che, ancora bambina, si trovò da allora a coltivare un sogno: fare la regista. Oggi, con questo film documentario prodotto in collaborazione con RaiTre e Film Commission Torino, quel sogno è diventato realtà.

A META' TRA DUE CULTURE
«Da quando ho fatto questo film molti si interessano a me. Certo, il pericolo è che lo facciano solo perché sono Rom, che mi mettano addosso quest'etichetta e ci si interessi a me perché "diversa"».
Una diversità che le viene additata anche dalla sua comunità: «Sono diversa per gli italiani e sono diversa per i Rom perché non voglio vivere secondo la nostra tradizione e non intendo sposarmi per realizzare "il mio futuro"». Proprio con queste parole infatti i genitori di Laura, nel documentario, la spingono al matrimonio: "Sei già vecchia, hai 19 anni", le dicono. «Così mi trovo a metà tra due culture, in bilico – prosegue Laura – e certo è una sofferenza, è una situazione che vivo malissimo».
Ma la giovane regista ha le spalle larghe e con tenacia procede nel suo cammino umano e artistico: «Anche la mia famiglia ora si è convinta, ma all'inizio è stata dura poiché una ragazza Rom non può studiare e nemmeno lavorare, può solo sposarsi».

LIBERTA' E PRIGIONIA
Nata a Torino, Laura ha vissuto nel campo vicino all'aeroporto di Caselle fino all'età di otto anni. Poi la sua famiglia ottiene una casa popolare dove vanno a vivere in nove: lei e i suoi quattro fratelli, i genitori e due cognati. Della vita del campo resta un ricordo indelebile di libertà e prigionia al contempo: «Mi ricordo la libertà, noi bambini stavamo sempre in giro nel campo, solo il cielo a farci da confine. Ma ricordo anche il filo e la rete che delimitavano il campo, eravamo come animali in gabbia». Le difficoltà coi "Gagé" – i non Rom – iniziarono con la scuola: «Ricordo la mia felicità, il primo giorno. E ricordo come gli altri genitori commentassero: "Ci mancava anche la zingarella". Quel giorno non parlai con nessuno e corsi via appena la campanella suonò».

INTEGRAZIONE NON E' ESSERE TUTTI UGUALI
Questo dolore è quello che, secondo Laura, farà sempre sentire i Rom inferiori. Un'inferiorità interiorizzata a tal punto da renderli incapaci di rivendicare i loro diritti. «E non cambierà mai. Come mai cambierà l'atteggiamento dei Gagé che continueranno sempre a disprezzarci. Un'integrazione è impossibile». Poi, con un sospiro: «Integrazione non è essere tutti uguali, non è –per un Rom – diventare Gagé. I Rom non vogliono diventare Gagé. Se non ci fosse più diversità, nel futuro, forse non ci sarebbe più discriminazione. Ma poi saremmo tutti più poveri».
Nella parole di Laura echeggia la saggezza della vecchia nonna, che nel film è il simbolo di una cultura antica, modellata dai secoli e dai chilometri percorsi da questo popolo nomade. «Quando mi dicono: "vai a casa tua" io mi domando qual è la mia casa, la casa di un nomade è ovunque». Laura non nasconde che ci siano dei problemi: «Le persone però non devono fare di tutta l'erba un fascio, tra di noi siamo diversi. Tra un Rom Romeno e uno bosniaco c'è differenza, ad esempio. Non conoscono la nostra cultura». E davvero è arduo conoscere la cultura Rom, il film di Laura è un ponte per la reciproca conoscenza. Forse così sarà possibile capire che: «Non è vero che i Rom sono tutti ladri e delinquenti». "Quando un Rom fa un reato, a venire puniti sono tutti i Rom" si dice nel film.

CASETTE IN FILA
E Laura fa un agghiacciante parallelismo: «Quando vedo le casette in fila, tutte uguali, del nuovo campo di via Germanasca a Torino, con un recinto di ferro intorno alto tre metri, mi vengono in mente i campi di concentramento dove sono morti i miei bisnonni». Già, poiché molti dimenticano che, insieme agli ebrei, ad Auschwitz trovarono la morte milioni di zingari. «Se mai incontrassi Woody Allen di persona – conclude Laura – gli chiederei come ha vissuto il suo essere ebreo. E come ne ha fatto una risorsa».

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Di Fabrizio (del 02/02/2011 @ 19:28:17, in Italia, visitato 1732 volte)

COMUNICATO

La Polizia Locale ha preannunciato per domani giovedì 3 febbraio 2011 lo sgombero con l'intervento delle ruspe del Campo Rom di Via Cavriana.

IL GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI (scendiamoincampo@gmail.com) svolge la sua attività umanitaria all’interno del campo Rom di via Cavriana da oltre due anni in stretta collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi.

Le famiglie che risiedono in questo campo sono ormai, con quello preannunciato per domani, al loro quindicesimo sgombero; hanno trovato nel nostro gruppo sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende, oltre all’accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti, molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche, traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione, nel totale disinteresse delle degli organi preposti alla tutela della salute anche di questi cittadini/e.

Tra gli abitanti Vi sono giovani adulti soli, anziani in coppia o singoli, una famiglia con una bimba di neanche due anni, ormai giunta al suo ottavo sgombero, e un nucleo familiare coi figli in Romania.

Chiamiamo alla mobilitazione e alla presenza la cittadinanza, le forze politiche e sociali, gli organi di comunicazione, per impedire uno sgombero incivile e brutale, come quelli già sperimentati nelle precedenti occasioni.

L’appuntamento è per domani mattina, giovedì 03 febbraio 2011 alle ore 07,00, in via Cavriana (traversa di viale Forlanini).

GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI - scendiamoincampo@gmail.com

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Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:24:01, in Italia, visitato 1776 volte)

L'Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara", laboratorio di ricerca dell'Università di Roma Tre, in collaborazione con OsservAzione, centro di ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti, ha realizzato negli scorsi mesi una ricerca sul sistema di protezione dei minori rom nella regione Lazio.  La ricerca è stata commissionata dall'European Roma Rights Center, ente che svolge funzioni consultive presso il Consiglio d' Europa, che ha promosso questa attività nel nostro e in altri sei paesi su finanziamento della Commissione Europea.

In questo quadro, l'Osservatorio, di intesa con gli altri partner della ricerca e nel quadro delle azioni di disseminazione dei risultati della stessa, organizza una tavola rotonda che presenterà gli esiti del lavoro svolto nella regione Lazio; l’iniziativa si terrà presso la facoltà di Scienze della Formazione, sede di Piazza della Repubblica (aula 7) il 9 febbraio, dalle ore 15.

info: oss.razzismo@uniroma3.it

Coordina:
Francesco Pompeo responsabile Osservatorio sul razzismo Università Roma Tre

Presentazione della ricerca:
Francesca Saudino e Daria Storia Osservazione, Ulderico Daniele Osservatorio sul razzismo

Interventi di:
Claudio De Angelis Procuratore del Tribunale per i Minori di Roma
Donatella Caponetti Centri per la Giustizia Minorile
Franco Alvaro Garante per i Diritti dei Minori Regione Lazio
Stefano Giulioli Ufficio Tutele Comune di Roma
Nazzareno Guarnieri Federazione Romanì, Graziano Halilovic Romà Onlus
Gabriella Telesca Avvocato
Marco Cappuccino Save the Children, Vittoria Quondamatteo Il fiore nel deserto
Antonio Ardolino Berenice, Monica Lanzillotto La Casa Gialla

Conclude:
Vittorio Cotesta docente Università Roma Tre

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Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:40:34, in Italia, visitato 1920 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir

Il senso della giornata della Memoria appena vissuta è di ricordare il dramma vissuto da milioni di persone nei lager nazisti, durante il conflitto della 2° guerra mondiale. E' una nobile iniziativa!

Ricordare per non ripetere, ricordare per continuare a resistere e smascherare quelle forme "soft" di divoramento (porrajmos nella lingua romanès) che oggi i Rom spesso continuano a subire, perfino all'interno di Istituzioni democratiche, anche se non sotto quella forma disumana dello sterminio vissuto nel secolo scorso.

E' innegabile che i Rom ne hanno fatta di strada da allora ad oggi, innanzitutto sono sopravissuti al progetto che prevedeva la loro eliminazione, o per lo meno il loro controllo. Hanno preso coscienza non solo della loro storia, delle tragedie subite, rivendicano la loro identità come popolo, con le loro diversità culturali, sociali e religiose. Chiedono anche di essere loro stessi i protagonisti del loro futuro, reclamano il rispetto dei loro diritti e desiderano essere trattati alla pari di ogni essere umano, non reclamano sconti, ma nemmeno leggi speciali per loro. Essere ri-conosciuti come Rom, è parte integrante della giornata della memoria, altrimenti si corre il rischio di ripetere gli errori del passato.

Il nuovo villaggio Rom di Coltano, ad esempio quanto è "ri-conosciuto" come abitato da Rom? Il suo regolamento cosa recepisce del "vivere Rom", quando questi in effetti è stato decretato senza alcun coinvolgimento e partecipazione dei Rom stessi?

E' un regolamento che condiziona pesantemente il "vivere Rom", anzi sembra volerlo limitare, per imporre controllo e intrusione nella vita privata, tutto questo nella convinzione di fare il bene degli "assistiti", arrivando anche a decidere arbitrariamente l'allontanamento di nuclei, colpevoli di "aver tradito" la fiducia dei "benefattori".

Operatrice al villaggio Rom di Coltano:

"S.(maggiorenne) la devi smettere di passare il tempo da tua madre, tutte le volte che vengo qui ti trovo da lei, tu hai il tuo appartamento, devi stare là e farti la tua vita."

"Vogliono farci vivere come gli Italiani, ma noi siamo diversi. Gli operatori non lo capiscono ancora o fanno finta. Vengono qui solo per controllare e minacciare di non rinnovarci il contratto, non è giusto!"

"Paghiamo l'affitto, le bollette di luce, acqua e gas e paghiamo caro anche perché la posta arriva una volta al mese e ci tocca pagare la tassa perché è scaduto il termine, ma non possiamo essere padroni in casa nostra, viviamo sotto la continua minaccia del comune che può mandarci via quando vuole, temiamo anche di ospitare i nostri parenti."

"Di questo passo, senza lavoro dovrò ritornare a manghel, ma ho paura che poi mi tolgono l'appartamento. Prima era diverso tra di noi, sì le case sono più belle delle baracche di prima, ma ora è cambiato troppo, non ci fidiamo più neanche tra di noi."

"Anni fa, ricordo che noi Rom facevamo spettacoli a Pisa, era bello. Ora invece, più niente, nessuno ci chiama! C'è solo Livorno che ci invita a ballare, a parlare, a cucinare le nostre specialità... perché lì ancora non hanno il Progetto Città sottili."


Dettagli... l'Olocausto in un certo senso è stato preparato, coltivato dai "dettagli" (la banalità del male!), che pian piano hanno convinto gran parte dell'opinione pubblica a ritenere necessari e normali quei provvedimenti che limitavano le libertà a determinate categorie di persone, viste come dei corpi malati o asociali, che dovevano essere controllati e guariti dalla parte sana della società!

Convinti di fare del bene, allora come oggi, in questo senso la storia si ripete, anche se in forme diverse, ma a volte con la stessa la logica: il virus della sicurezza si è trasmesso, e affidato come per vocazione o per contratto agli stessi operatori e assistenti sociali. Oggi la sicurezza si serve anche delle gambe di quegli operatori che lavorano nel sociale..possibilmente con gambe veloci e scattanti, disposti ad accelerare i tempi per non aspettare i tempi lunghi della Democrazia e della Giustizia!

«Aver memoria non significa soltanto ascoltare una testimonianza o vedere immagini mostruose... Non basta osservare l'orrore, per rifiutarlo. Bisogna capire come funzionava la sua potente macchina, e com'è stata raccontata più tardi dai suoi artefici.. Quegli uomini non erano nati violenti: lo sono diventati. Le loro testimonianze ci dicono molto di più di quel che ci raccontano i crimini commessi». (David Bidussa)

L'Olocausto ha avuto una sua fase di incubazione, una preparazione in genere affidata a gente comune, convinta di fare bene e che considerava del tutto normale e legittimo che Ebrei, Rom, handicappati.. (persone viste come una minaccia, degli a-sociali da controllare), fossero privati dei loro diritti, applicando esclusivamente a loro delle direttive speciali, al di fuori di quelle ordinarie.

Dettagli , che ritornano a distanza di tempo: un esempio è il regolamento "Città Sottili" di Pisa, che si pone per sua natura "fuori legalità", avocando a sé il diritto di prendere provvedimenti amministrativi a prescindere dall'esito di un procedimento penale ancora in atto verso dei Rom, il riferimento è al caso della "sposa bambina", ma non solo.

Oggi, come ieri i Rom sono ancora visti come corpi malati, che devono essere controllati per essere guariti, o sgomberati per timore di possibili "contagi" alla nostra sicurezza sociale. Chi tra i Rom non accetta, chi osa alzare la testa, chi mostra un po' di coraggio e dignità nel ribellarsi, allora contro costoro si scatena la macchina persecutoria: i loro diritti vengono sospesi, anche con il consenso di una società ormai anestetizzata e drogata, le bugie vengono istituzionalizzate, le verità dei fatti scivolano via, censurate con ogni mezzo e in ogni sede.

Oggi è ancora difficile ri-conoscere la vita Rom.. forse è vero: "alla «banalità del male si può solo opporre la bontà insensata".

don Agostino Rota Martir
Campo nomadi – Coltano (PI) - 31 Gennaio 2011

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