Sono Rom e provengono dal medesimo povero villaggio in Romania. Ora sono a
Copenhagen suonando l'armonica per i passanti. Catalin Tudorache e Puiu Toader
fanno quello che possono per racimolare abbastanza soldi per le loro famiglie a
casa - By Simon Ankjaergaard
Come per molti altri Rom, la vita in Romania è sempre stata una lotta per
Catalin e Puiu. Uno stipendio medio non basta a sostenere una famiglia. In
quanto Rom, sei automaticamente al livello più basso nella gerarchia sociale. La
scelta tra un lavoro instabile per 3 o 4 sterline all'ora o il più basso assegno
sociale di circa 1,70 sterline, sono ben lontani da coprire le spese per cibo,
vestiti, gas ed elettricità. Non bastano neanche a pagare l'istruzione, cruciale
ai bambini rom per rompere la spirale negativa e costruire una vita migliore per
loro stessi.
Sei anni fa, Catalin e Puiu decisero di lasciare la povera casa nel
villaggio di Mârgineanu, 50 km. a nord-est di Bucarest, per tentare la fortuna
fuori dalla Romania. Con gli ultimi soldi comprarono un biglietto d'autobus,
destinazione Copenhagen.
Da allora, hanno viaggiato avanti e indietro tra la capitale danese e
Bucarest. Tre o quattro mesi in Danimarca, un mese in Romania. E non sono i
soli. L'autobus del ritorno è sempre pieno di Rom poveri. Qualcuno ha racimolato
solo i soldi per il biglietto. Altri hanno contratto debiti con usurai locali
con l'ordine di non mostrarsi in Romania fin quando non avranno guadagnato
abbastanza da cancellare il proprio debito.
Pagamenti illegali
"Per sei anni, abbiamo vissuto in questo modo, ma non è diventato più facile.
Ogni giorno è ancora una lotta", dice il trentenne Catalin, che ha lasciato in
Romania una moglie ed un figlio di tre anni.
Pone la sua armonica in grembo e si accende una sigaretta. Nella luce fioca
sotto il ponte della stazione Noerrebrola gente è come un flusso uniforme.
Inspira e sorride a più gente che può. Servizio Clienti. Forse gli getteranno
una o due monete nella giacca stesa a terra la prossima volta che passeranno.
Oggi ha guadagnato 55 corone (£6.20). Più in là in Frederikssundvej, dove il
quarantatreenne Puiu lascia che i brani di "Somewhere Over the Rainbow"
soddisfino i clienti del supermercato, il reddito della giornata è di 30 corone
(£3.40).
"Il nostro reddito dipende dal clima e dalla stagione", dice Puiu. "Quando
piove, guadagniamo quasi niente, perché la gente è troppo occupata a cercare di
evitare la pioggia." Suonare l'armonica è l'occupazione principale dei due
amici, che però sono più contenti quando ottengono qualche lavoro occasionale.
"Ci pagano illegalmente, così non posso dire per chi lavoro. Significherebbe
non lavorare più per lui," dice Puiu, che deve racimolare i soldi per sua moglie
e tre bambini. "Talvolta sono altri Rumeni che ci raccomandano. Altre volte,
sono i capi del commercio che ci trovano per strada e chiedono se vogliamo
aiutarli. A volte Danesi, altre volte stranieri", dice.
In quel momento, d'improvviso Puiu smette di parlare e si sbraccia
entusiasticamente verso un uomo in tuta da jogging all'altro lato della strada.
"E' l'Arabo", dice con un gran sorriso.
"E' mio amico. Ha assunto sia Catalin che me diverse volte. Abbiamo costruito
un muro per lui ed anche altre cose. A volte ci paga bene, perché sa che il
denaro va alle nostre famiglie. E mi ha dato questa. Gratis." Puiu indica
l'armonica.
L'Arabo zigzaga lungo la strada e stringe calorosamente la mano di Puiu. Puiu
lo interroga sulle prospettive di lavoro. L'uomo scruta pensieroso e sembra non
promettere troppo. Alla fine si stringe nelle spalle. "Forse. Ho il vostro
numero di cellulare, Puiu. Ti chiamerò."
"E' mio amico," ripete Puiu e lo segue con gli occhi mentre l'altro si
immerge nuovamente nella via trafficata. "E' per lui che possiamo prendere
l'autobus per Copenhagen e per tornare."
Oltre a lavorare come muratori, Catalin e Puiu hanno montato controsoffitti
in cartongesso e fatto lavori di pulizia. Il pagamento avviene sempre in
contanti. Non dispongono di conti bancari e i loro principali non intendono
informare le autorità fiscali. I salari variano da poche centinaia di corone a
qualche migliaia, dipende dalla quantità di lavoro. Sanno perfettamente di
essere scelti per un lavoro soltanto perché sono a buon mercato. Ma non importa:
anche uno stipendio ben al di sotto del minimo salariale danese può fare
meraviglie per le famiglie a Mârgineanu.
Puiu ripone l'armonica, accende un'altra sigaretta e ingoia una pillola per
l'ulcera. Agita lo sporco tubetto delle pillole. "Mi costano 500 corone (£56.20) al
mese. Devo prendere sei pillole al giorno. L'ulcera è peggio dei miei calcoli
renali," dice. Scuote le spalle e si avvia verso il rifugio di Catalin. Sono due
km. e mezzo di strada. Il biglietto dell'autobus è troppo caro.
Senza tetto
Catalin accoglie Puiu con un sorriso. Conosce la routine. Il lavoro ora, come
ogni giorno, è di immaginare dove andranno a passare la notte. La notte scorsa
hanno dormito da un amico rumeno, ma stanotte non c'è spazio. Sono tornati a
Copenhagen in 50 dal villaggio, e così hanno iniziato a telefonare e cercare di
trovare un tetto sopra la testa prima che scenda l'oscurità. Spesso la risposta
è negativa -come oggi. Altri sono arrivati prima di loro.
Puiu e Catalin restano insieme. Tendono a rimanere isolati dal resto della
popolazione rom il più possibile. Non vogliono unirsi al grande gruppo di Rom
che si accomodano nei campi o nelle fabbriche abbandonate. Hanno paura di finire
negli arresti di massa, come quello di Copenhagen lo scorso luglio, quando la
polizia ha sgomberato un campo e una fabbrica. 23 Rom sono stati deportati.
Invece si spostano verso l'area di Amager - in metropolitana, ma senza
biglietto. Risalgono e camminano in un parchetto. Qui è dove dormono se non
hanno la fortuna di trovare sistemazione da amici. Hanno scelto un boschetto,
nascosto lontano dalle panchine piene di graffiti e dai sentieri. Con le teste
appoggiate sulle loro piccole borse sportive, parlano tra loro con calma finché
non sono interrotti dalla vibrazione del cellulare di Catalin. Al telefono c'è
sua moglie. Ha bisogno urgente di soldi. Catalin deve deluderla. Ha soltanto 400
corone (£45), così ci vorrà molto tempo prima che possa tornare a casa. Ma Puiu
dovrà aspettare anche di più. Tira fuori 80 corone (£9) dalla tasca. Sono tutti
i suoi averi.
"Non possiamo tornare a casa finché non abbiamo almeno 2.000 corone (£225) in
contanti per la famiglia," dice Catalin con un sospiro. "Durante un buon mese,
possiamo guadagnare fino a 2.500 corone (£280), ma dobbiamo togliere 1.000
corone (£110) per cibo e sigarette. E dobbiamo considerare che il biglietto del
bus per il ritorno costa 1.000 corone."
Spesso ci vogliono tre o quattro mesi perché i due abbiano abbastanza soldi
per tornare a casa dalle loro famiglie. E dopo, occorre un altro mese per
guadagnare denaro per un nuovo viaggio in autobus sino a Copenhagen. Di solito
cercano di trovare lavoro come manovali, ma spesso i posti di lavoro sono presi
da manodopera a basso costo proveniente da paesi ancora più a est.
La soluzione finale è di affidarsi agli strozzini. E con loro, parte la
spirale del debito. "Ho avuto diverse volte in prestito i soldi del biglietto
del bus," dice Catalin. "Quel debito dev'essere pagato ed è per questo che devo
guadagnare di più quando sono in Danimarca. E poi ci vuole più tempo prima che
possa rivedere mio figlio e mia moglie," sospira.
Sente di trascurare la sua famiglia con le sue lunghe assenze, ma Puiu non è
d'accordo. Può darsi che il loro cuore appartenga a Mârgineanu, ma è la
necessità che li ha spinti in Danimarca. Puiu pone la domanda retorica:
"Cos'altro dovremmo fare? Non possiamo guadagnare abbastanza in Romania da
provvedere alle nostre famiglie e pagare l'istruzione dei figli. Non è
negligenza. E' una necessità."
Schiocca l'indice destro nel palmo della mano per sottolineare l'argomento.
"Se ne avessi la possibilità, certo che starei in Romania. Ma è impossibile.
Fintanto che la Romania rimarrà povera, viaggeremo verso i paesi più ricchi per
far soldi. E' così semplice."
Di Fabrizio (del 12/11/2010 @ 09:58:11, in scuola, visitato 1678 volte)
Ricevo da Stefano Nutini
Buongiorno a tutte/i,
dopo il finanziamento di tre borse lavoro, abbiamo deciso di finanziare tre
borse di studio.
I beneficiari sono tre ragazzi: Ovidiu, Marian e Belmondo, che abbiamo
conosciuto perché i loro fratelli più piccoli frequentano (o hanno frequentato)
le scuole di Rubattino.
Ovidiu, 15 anni, e Marian, 16 anni, frequentano dal 2 novembre 2010 la scuola
bottega dell’EINAIP di Pioltello: ci sono laboratori di alfabetizzazione e
socialità e molti laboratori di formazione (cucina, carpenteria, meccanica…), da
frequentare per 4 pomeriggi alla settimana. Quando gli educatori ritengono che i
ragazzi siano pronti, li inseriscono in un tirocinio. Per Marian, che ha già
ottenuto la licenza media al CPT, il percorso di apprendimento dovrebbe essere
abbastanza breve e dovrebbe essere inserito rapidamente in un tirocinio. Ovidiu
avrà tempi più lunghi: da due anni non va più a scuola e un tentativo di
inserirlo alle medie è fallito.
Belmondo, 16 anni, sempre dal 2 novembre 2010 sta frequentando un corso di
scuola bottega (in particolare di meccanica della bicicletta) presso le Vele di
Pioltello. E’ inserito in un gruppo di lavoro ristretto (si tratta infatti di
6/7 ragazzi) e questo consente di fare un corso molto intensivo. Tra l’altro
anche la frequenza è molto impegnativa: fino a giugno tutti i giorni dalle 9
alle 17, eccetto il lunedì mattina. Per Belmondo sarà una vera rivoluzione:
dalla quarta elementare non va più a scuola e il suo italiano è piuttosto
stentato.
Ovidiu da qualche tempo ha una situazione più stabile: vive in una casa di
assegnazione provvisoria e suo padre lavora come muratore. Marian e Belmondo
invece “abitano” all’interno di campi irregolari.
I corsi che stanno frequentando sono gratuiti: noi copriamo per tutti e tre i
ragazzi il costo dei trasporti (abbonamento ATM e treno) e a due di loro
assegniamo anche un contributo mensile di 100€ ciascuno per sostenere questo
percorso.
Il contributo della Comunità di S Egidio è stato fondamentale, in particolare
per l’individuazione dei corsi più adatti e per il lavoro svolto insieme agli
educatori dell’EINAIP e delle Vele affinchè questi corsi possano avere la
maggior efficacia possibile.
Di nuovo grazie a tutte/i Le mamme e le maestre di Rubattino
De Corato (Pdl): "Se cominciamo a dare le case ai Rom, ne arriverà un
milione". Salvini (Lega): "Nessuno fa politica nella Lega per dare privilegi a
chi vive nei campi".
Trascinata fino alle soglie della nuova campagna elettorale per le prossime
comunali, a Milano l'emergenza nomadi stenta a trovare una conclusione.
Nonostante i milioni di euro stanziati dal ministero dell'Interno, la
maggioranza di centro destra litiga sulle soluzioni.
Le ambizioni di Roberto Maroni si infrangono sui muri del più grande campo di
Milano, quello di via Triboniano, dove l'assegnazione di alcune case comunali ha
fatto insorgere Lega e Pdl. Il Comune fa marcia indietro, ma i contratti ci
sono, e i Rom portano Maroni e la Moratti in tribunale.
A proposito:
Nell'ambito della campagna DOSTA! di Milano
12 novembre - ore 18-20.30 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, via Romagnosi
3 MILANO "Rom: a Milano si può? Politiche abitative (e altro): soluzioni possibili" Saluti: Carlo Feltrinelli presidente della Fondazione Giangiacomo
Feltrinelli
Introduzione: un esponente dell'UNAR; Alfredo Alietti, Upre Roma, docente di
sociologia università degli studi di Ferrara
Testimonianze: don Massimo Mapelli, Casa della Carità; abitanti dei campi;
Interventi: Laura Balbo, docente di sociologia università degli studi di Padova;
Antonio Tosi, docente di sociologia urbana al Politecnico di Milano; Tommaso
Vitale, Scientific Director of the Master "Governing the Large Metropolis" CEE,
Sciences Po Paris
E' stata invitata Mariolina Moioli, assessore alle politiche sociali Comune di
Milano.
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 08:58:03, in Europa, visitato 1629 volte)
Presseurope Una settimana da rom 10 novembre 2010 ADEVĂRUL BUCAREST
Un giornalista si cala nei panni di uno zingaro per comprendere meglio il
"problema" che divide l'Europa. E scopre che il disprezzo per la diversità è
forte, ma la discriminazione è dovuta soprattutto alla povertà.
Cristian Delcea
Mai prima d'ora i rom erano stati tanto al centro del dibattito pubblico.
Quest'anno sono stati espulsi dalla Francia ottomila zingari romeni, anche se la
metà di loro vi ha già fatto ritorno. Quali speranze hanno di essere accolti in
Romania? Io ho cercato di scoprirlo indossando per una settimana i panni dello
zingaro-tipo: cappello, camicia variegata, giacca di pelle, pantaloni di
velluto. Mi sono lasciato crescere i baffi. La pelle scura l'avevo già,
grazie a dio.
Ho iniziato da Piazza dell'Università a Bucarest. C'erano alcuni studenti
ubriachi che si sono fatti beffe di me, gridandomi dietro quegli insulti
arci-noti nella lingua zigana: “mucles” (chiudi il becco!), “bahtalo” (buona
fortuna!), “sokeres” (come va?). Un tipo biondo grande e grosso mi ha scattato
qualche fotografia, poi ha fotografato le bottiglie allineate sul marciapiedi, i
cani, i mendicanti. Probabilmente, sul suo computer in Scandinavia la mia
fotografia sarà etichettata “spazzatura a Bucarest”.
Quella stessa sera, sul tardi, sono andato al Teatro Nazionale. La gente che mi
stava intorno non era in verità lieta della mia presenza, ma nessuno ha detto
nulla. Ho sentito le stesse risate di prima, provenienti da un gruppo di
giovani. Mi è sembrato che siano proprio loro i più cattivi verso gli zingari.
Ti ridacchiano sempre dietro le spalle. Può anche darsi che i loro sguardi
facciano più male ancora dell'occhiata crudele di Nicolas Sarkozy, il presidente
francese.
Vorremmo che gli zingari profumassero
Da noi ci sono campagne per l'integrazione e l'alfabetizzazione dei rom, ma non
ci sono campagne perché la gente eviti di ridere alle spalle di uno zigano per
strada. Ma questa non è discriminazione. Nessuno mi ha cacciato da un bar o da
un ristorante. Finché hanno incassato i miei soldi, mi hanno accolto a braccia
aperte. A esser vittima di discriminazione in Romania non sono gli zingari,
bensì i poveri.
Vorremmo che gli zingari profumassero e amassero l'arte, ma nessun datore di
lavoro vuole assumere uno zingaro. E senza soldi lo zingaro precipita nella
miseria, oppure cerca dei mezzi non convenzionali per procurarseli. Ho cercato
di ricorrere ai mezzi convenzionali, ho fatto tutto quanto era in mio potere per
farmi assumere. Ho consultato la pagina delle offerte di lavoro sui giornali per
operai non qualificati, lavamacchine, autodemolitori.
A telefono mi hanno detto che posti di lavoro ne avevano ancora, ma quando sono
arrivato alcuni mi hanno semplicemente detto “Vattene, zingaro!”, altri mi hanno
scacciato insultandomi e dicendo: “Non assumiamo più nessuno!” Perfino i
netturbini mi hanno respinto. La figlia del capo mi ha guardato dietro gli
occhiali e mi ha detto: "Non assumiamo. Non l'abbiamo mai fatto". Il che
significa, indubbiamente, che gli spazzini che si davano il cambio in cortile
devono essersi tramandati quel lavoro di padre in figlio.
Sulla strada
Pensavo, in ogni caso, che una certa solidarietà esistesse. Se non nella
popolazione, quanto meno tra automobilisti. Alla periferia di Bucarest ho forato
una gomma, più o meno di proposito. Ho trascorso più di tre ore sul ciglio della
strada, gesticolando, facendo segno agli altri automobilisti di passaggio di
aver bisogno di aiuto. Ho letto parolacce e ingiurie sulle labbra di alcuni.
Altri mi hanno suonato dietro il clacson ridendo. Uno ha perfino fatto finta di
venirmi addosso. Ero completamente solo. Centinaia di persone mi sono passate
accanto senza prestare soccorso. In quel preciso momento ho compreso perché gli
zingari si spostano in gruppo: se restassero soli morirebbero.
Alla fine si è fermata una vecchia Skoda Octavia. Ne è sceso un disgraziato
sulla cinquantina, che indossava una salopette sporca. Nei due minuti necessari
ad aiutarmi a sostituire la ruota, mi ha aperto il suo cuore: "Ti avevo visto,
due ore fa, quando mi avevi fatto segno di fermarmi. Ti ho guardato nello
specchietto retrovisore e mi sono pentito di non essermi fermato subito. Mi sono
ripromesso, se tu fossi stato ancora qui al mio ritorno, di fermarmi. Ecco:
credi che abbia fatto una buona azione?" A testa bassa gli ho risposto: "Sì,
signore".
Ripartendo per Bucarest mi sono fermato a fare benzina. Un impiegato della
stazione di servizio è uscito dal gabbiotto un po' impaurito e mi ha chiesto:
"Ti sei rifornito alla pompa 5?" No, alla pompa 4. Alla pompa 5 avevano fatto
benzina alcuni zingari a bordo di un'automobile dalle targhe gialle (quelle
temporanee delle automobili appena acquistate in Germania, difficili – per non
dire impossibili – da rintracciare). Avevano fatto il pieno e si erano
dimenticati di pagare. Mi sono voluto illudere che anche loro fossero
giornalisti alle prese con un esperimento giornalistico.
Questo articolo finisce dove è iniziato, in Piazza dell'Università. Credo di
aver concluso ben poco, di non aver trovato una soluzione al problema dei rom.
Come vuole la società che vada a finire per loro? Dopo essere stato trattato
come uno zingaro per sette giorni, oserei dire che la risposta l'ho trovata
sulla parete di una vecchia casa, dove qualcuno ha riportato un versetto del
vangelo (Giovanni 3,7): “Bisogna che voi siate generati di nuovo”. E in questo
caso non si tratta di una metafora. (traduzione di Anna Bissanti)
Siete curiosi di sapere come si vive davvero in un campo rom autorizzato,
meglio noto come "villaggio attrezzato" del Comune di Roma?
Volete sapere se strutture del genere favoriscano effettivamente la sicurezza e
l'integrazione dei rom, come sbandierato dalle autorità? Volete scoprire se i
diritti fondamentali dei bambini siano pienamente garantiti e se le case, gli
spazi e le condizioni igienico-sanitarie rispettano realmente i parametri di
legge?
Allora non mancate all'appuntamento con la presentazione della ricerca: "Esclusi
e ammassati: il Piano Nomadi a Roma e l'infanzia rom", a cura dell'Associazione
21 luglio, che si terrà sabato 20 novembre 2010 alle ore 10:30 nella cornice di
Palazzo Frascara in piazza della Pilotta 3, nel pieno centro di Roma.
Il rapporto è nato dall'esigenza di analizzare l'impatto che hanno avuto le
politiche sociali del Piano Nomadi di Roma sui diritti dell'infanzia rom e, in
particolare, prende in esame un "villaggio attrezzato" modello del Piano Nomadi
messo a punto dall'amministrazione comunale della Capitale.
L'indagine si concentra su alcune caratteristiche fondamentali riscontrabili
all'interno del campo, quali le dimensioni delle abitazioni, gli spazi dedicati
alle attività sportive, la distanza tra il villaggio stesso e i servizi
essenziali (ospedali, luoghi di socializzazione, trasporto pubblico), la
sicurezza, l'istruzione dei minori e le condizioni igienico-sanitarie.
Attraverso queste analisi, l'Associazione 21 luglio ha voluto verificare di
prima mano le possibili situazioni di esclusione, segregazione e privazione dei
diritti sanciti dalle convenzioni internazionali che riguardano i minori rom
nella città di Roma, facendo riferimento principalmente alla Convenzione sui
diritti dell'Infanzia siglata a New York il 20 novembre 1989.
L'indagine, iniziata il 1 luglio 2010 e conclusa il 15 settembre 2010, è stata
condotta con una ricerca sul campo, utilizzando alcuni strumenti dell'analisi
qualitativa quali l'osservazione diretta e le interviste in profondità. L'equipe
di ricerca è composta da un antropologo, un esperto di storia e cultura rom, una
mediatrice culturale, un esperto di diritti umani, un avvocato, un ingegnere e
una psicologa.
All'evento del 20 novembre, Giornata per i Diritti dell'Infanzia, che sarà
condotto dal direttore di Current Tv Davide Salenghe, saranno presenti numerosi
rappresentanti dell'associazionismo (tra cui non mancherà Amnesty International.
Sarà proiettato, infine, il bellissimo film documentario "Me sem rom".
Di Fabrizio (del 14/11/2010 @ 09:32:29, in scuola, visitato 1879 volte)
Segnalazione di Laura Coletta
sabato 20 al teatrino del parco ex trotter h. 11.30 – 13,00 i bambini della scuola elementare Russo – Pimentel presentano
una danza del Congo per il progetto Harembee Baninga (lavoriamo insieme amici).
A seguire: QUANDO IL DIRITTO DI ANDARE A SCUOLA E’ IN PERICOLO - incontro pubblico sulla
situazione dei bambini delle comunità rom di Milano
Interventi e testimonianze: mamme e maestre di via Rubattino;
mamme e maestre di via Russo
don Massimo Mapelli della Casa della Carità
di Patrizia Quartieri
F. Casavola del comitato Vivere zona 2
comunità di Sant’Egidio
Verrà proiettato il film “Seminateci bene” alla presenza
degli autori.
Il GiornaleIl gruppo rock locale Vama lancia un pezzo (in inglese) per
criticare la politica delle espulsioni del presidente francese: "Se tutti i
nomadi fossero ladri avrebbero già rubato la Tour Eiffel...". E sul web diventa
subito un tormentone
Rimpatri forzati? Al presidente francese gli zingari rispondono per le
rime... e pure in musica. Proprio così: una canzone dal tipico sound gitano
per denunciare la politica di Nicolas Sarkozy sull'espulsione di rom e nomadi.
La hit s'intitola "Sarkozy versus Gipsy", il video della canzone - composta
dai Vama, uno dei più celebri gruppi rock della Romania - con tanto di parodia
dell'inno francese, e già impazza sul web transalpino. Ecco alcuni passaggi del
testo: "Hey, hey, Sarkozy, why don't you like the Gypsies?" (Sarkozy, perché non
ami i gitani?), recita il ritornello. E ancora la curiosa argomentazione: "Se
tutti i rom fossero ladri, la Torre Eiffel sarebbe già scomparsa". Quindi
l'amaro sfogo: "Cerchiamo una vita migliore, ma voi decidete che non possiamo
restare. Noi siamo esseri umani prima di tutto", cantano i Vama in inglese.
"Per noi - spiega Tudor Chirila, leader del gruppo, in Romania una vera star
- è un modo per denunciare con ironia l'assurda soluzione trovata dal presidente
francese per risolvere la questione" dell'integrazione dei rom. "Volevamo anche
dimostrare che fare delle generalizzazioni è pericoloso", taglia corto Chirila.
Che intanto passa al botteghino...
Siamo contemporaneamente una "tribù nomade" o un "incubatore per generare
crimine". Questi commenti fatti dal primo ministro Boyko Borisov e dal vice
ministro e ministro degli interni Tsvetan Tsvetanov il mese scorso a Bruxelles
danno uno sguardo a come ci sente ad essere Rom nel mio paese. Nonostante
Tsvetanov si sia lamentato che i media abbiano travisato le sue parole, il danno
è fatto per me, per la mia famiglia e per gli 800.000 Rom che vivono in
Bulgaria.
La Commissione Europea ha giudicato il commento del ministro degli interni
"inaccettabile", ma mi chiedo se le sue osservazioni siano inaccettabili anche
per il Bulgaro medio. Ci si rende conto che il modo in cui i Rom sono trattati
nel nostro paese non è giusto? Perché siamo così svelti nel difenderci dagli
attacchi alla nostra identità nazionale e ancora silenti sul trattamento
alla più vasta minoranza etnica del paese? Invece di dibattere sulla validità di
queste dichiarazioni, potremmo semplicemente pensare a come trattiamo i nostri
connazionali Rom?
Nel 2009, gli eletti ed il pubblico di massa bulgari reagirono con
indignazione quando il paese venne ritratto come una "latrina" dall'artista
David Cerny. Ci si sentiva male a sedersi ed accettare un simile stereotipo.
Lo stesso vale per la nostra immagine in Italia. I Bulgari sono ritratti nei
media come criminali e la grande maggioranza delle notizie sui Bulgari si
focalizza sulla criminalità. Naturalmente, il Bulgaro medio mai accetterebbe
questa generalizzazione. Ma quando si tratta dei nostri stereotipi sui Rom, in
qualche modo dimentichiamo cosa vuol dire essere trattati in maniera
dispregiativa. E' facile per noi semplificare i nostri pensieri su di un certo
gruppo di persone quando leggiamo solo brutte notizie su di loro. Ma non è
corretto, semplicemente non è giusto.
Tsvetanov ha fatto le sue dichiarazioni senza pensare alle conseguenze delle
sue parole. In seguito ha anche affermato di essersi basato sui risultati
riguardo al numero dei crimini registrati nel paese. Bene, si potrebbe
facilmente chiedere a Tsvetanov se conosce o meno il numero reale dei Rom in
Bulgaria, così potrebbe fare una buona analisi comparativa sul numero di crimini
commessi da diversi gruppi etnici. Ma ignoriamo questo punto.
Perché quando un Rom commette un reato viene lui solo etichettato come tale,
ma quando vince un campionato europeo di boxe, come Boris Georgiev, viene
etichettato semplicemente come Bulgaro? La criminalità non ha etnia, e gli
stereotipi criminali negativi non servono a nessuno se non ai politici
populisti. Sì, abbiamo bisogno di aprire gli occhi e guardare in faccia i nostri
problemi, ma stigmatizzare i Rom e rimproverare i governi precedenti per aver
fallito nell'integrazione non è una via d'uscita.
Invece, dovremmo cercare soluzioni su come i Rom possano avere le stesse
opportunità, diritti e doveri del resto della società bulgara. I Rom non
dovrebbero vivere come emarginati nei ghetti e/o segregati in quartieri ai
margini delle nostre città. I Rom dovrebbero vivere con la maggioranza, e questo
succederà soltanto quando non sarà più accettabile che i nostri eletti possano
fare questa sorta di dichiarazioni.
Tsvetanov ha mai visto coi suoi occhi come vive una singola famiglia in un
quartiere rom? Ha mai chiesto loro dei loro problemi o sulle opportunità che
hanno avuto nella loro vita, prima di fare simili affermazioni? I Rom, come
molti altri Bulgari, lasciano il paese per ottenere una vita migliore. La
maggioranza delle persone in Bulgaria sono espulsi dal paese a causa della
povertà. Per i Rom la situazione è ancora peggiore dato che il tasso di
disoccupazione è il più alto in tutta la Bulgaria. I Rom lasciano la Bulgaria
perché si trovano di fronte alle discriminazioni e sono in cerca di una vita
migliore.
Dobbiamo svegliarci e guardarci attorno per vedere cosa sta succedendo.
Viviamo in un paese che dal 2007 è membro dell'Unione Europea. Il nostro governo
ha concordato di essere parte di un'Unione sulla base di valori come il rispetto
della dignità umana, libertà ed uguaglianza. Ognuno ha il diritto di vivere con
dignità in condizioni di vita normali e pari accesso ad un'istruzione di
qualità, assistenza sanitaria ed occupazione, ma la maggioranza dei Rom in
Bulgaria non usufruisce di questi diritti.
Insistiamo nello stereotipare i Rom perché sono visti come "stranieri" dalla
popolazione maggioritaria. Questi stessi stereotipi hanno portato i genitori
bulgari di Pazardjik a ritirare i loro figli dalle classi con studenti rom.
Questo non è come immagino la mia vita o quella dei miei figli. Non voglio
cercare opportunità in un altro paese. Voglio godermi i miei diritti e vivere in
dignità come Bulgara, Europea e Rom. Tsvetanov, dovremmo aprire un dialogo e
parlare ai Rom. Sia il governo che i Rom devono lavorare assieme per
un'integrazione di successo ed una strategia inclusiva dove i Rom diventino
cittadini a pieno diritto. Oggi, l'Unione Europea ci sta dando una mano. Tsvetanov,
lavoriamo assieme per costruire una società aperta e giusta, dove il nostro
governo sia responsabile per tutti i Bulgari - Rom e non-Rom.
L'associazione LA CONTA vi invita a partecipare alla serata "DJELEM DJELEM"
(ho camminato, ho camminato), con cena con cibi da ricette tradizionali/popolari
dell’Est Europa e GEORGE MOLDOVEANU, in concerto con il suo violino di musiche
popolari zigane e non solo, organizzata dall'Associazione La Conta -
ONLUS, che ci sarà venerdì 26 novembre 2010 alle ore 19,45 presso la CGIL
- Salone Di Vittorio, in Piazza Segesta 4 con ingresso da Via Albertinelli 14 a
Milano.
Sarà una serata piacevole e conviviale con
George
Moldoveanuin concerto con il suo magico violino, che ci
presenterà alcune delle splendide musiche tradizionali/popolari zigane e non
solo, capaci di sorprendere ed emozionare per la loro bellezza e per la bravura
di George. Si potranno inoltre apprezzare i cibi da ricette
tradizionali/popolari dall’Est Europa, preparati con passione e cura dai
nostri cuochi e, se lo si desidera, associarsi all' Associazione La Conta -
ONLUS, per contribuire alla realizzazione del progetto associativo di
solidarietà sociale e di valorizzazione della cultura popolare. Per la serata è
richiesto a ciascuno un contributo all'Associazione di 25,00 euro.
GEORGE MOLDOVEANU
E' un bravissimo violinista solista e direttore d’orchestra. Figlio d’arte, a 15
anni si esibisce nel suo primo concerto pubblico. A 33 anni è già direttore di
un complesso di musica popolare e fino al 1989 dirige l’Ansamblul Doina Doljului
di Craiova (Romania), per poi diventare primo violino di uno dei più importanti
complessi romeni, l’Ansamblul Maria Tanase, pluripremiato in numerose tournées
all’estero (Parigi, Atene, Sofia, Il Cairo, ecc.). A Milano dal 1999 George
Moldoveanu ha suonato all’Auditorium del Centro Bonola, a Radio Popolare, al
Palalido (presentato da Gaetano Liguori e complimentato da Dario Fo e Franca
Rame), alle Vie dei Canti, manifestazione promossa da Comune di Milano e Arci,
all’Università Cattolica, alla Provincia di Cremona, all' Università Statale di
Milano e in varie altre occasioni. George ha al suo attivo uno splendido cd "Iubire
de femeie" - 2003, Romania. George suona anche nelle strade e piazze della
nostra città nonché ai matrimoni, nelle feste di compleanno e popolari, facendo
conoscere ed apprezzare lo splendido repertorio violinistico zigano.
Per ragioni organizzative vi saremo grati se confermate la vostra presenza alla
serata con cena prima possibile ma comunque entro e non oltre martedì
23 novembre 2010 all'indirizzo
laconta@intrefree.it
Milano. Continua il viaggio di c6.tv alla scoperta della vera realtà dei rom
italiani, oltre gli sgomberi e i disagi. Oggi siamo stati ospiti di Aldo Deragna
che con la sua famiglia vive da 10 anni nel campo di Chiesa Rossa. Un campo
fatto di case mobili e in muratura, niente a che vedere con le immagini di
sgomberi e disagio a cui siamo abituati. Lui e gl altri rappresentanti del campo
hanno scritto una lettera al prefetto per invitarlo a toccare con mano ciò che
amministra e che probabilmente non conosce. Attendono una risposta e nel
frattempo, alle prossime comunali, Aldo dice che voterà Boeri. Servizio di
Claudia Bellante
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