Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/04/2009 @ 09:56:13, in scuola, visitato 1614 volte)
CARI AMICI,
sono Barbara Bello, una dottoranda di ricerca dell'Università Statale a Milano e
trainer giovanile. Ho ricevuto la richiesta di diffondere l'informazione di una
seminario internazionale per giovani Rom e Sinti o per giovani trainer e leaders
che lavorano con giovani Rom e Sinti. Il Seminario, organizzato
dall'associazione tedesca Amaro Drom, rientra nel quadro "Gioventù per
l'Europa". L'età dei partecipanti dovrebbe essere tra i 20 e 25 anni. Visto che
lo scopo di questo seminario consiste nel promuovere futuri progetti, sarebbe
veramente importante che i partecipanti siano ragazzi attivi.
Vi sarei grata se poteste diffondere l'informazione.
Resto a vostra disposizione per ulteriori approfondimenti.
Vi auguro una buona giornata,
Barbara Bello <BGBELLO@libero.it>
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:11:16, in Italia, visitato 1846 volte)
Ho organizzato una mostra fotografica sul mondo Rom
nella magnifica Genova.
Oltre ad immagini realizzate da professionisti, ci saranno anche più di 200
immagini scattate dai bambini khorakhanè e sinti di Genova. Abbaimo dato loro 12
macchinette fotografiche e li abbiamo lasciati liberi di fotografare tutto quel
che volevano. Le foto sono venute molte bene e la vedute d'insieme che
caratterizza l'installazione le abbellisce ulteriormente. Ci sono ritratti di
fratelli, sorelle, immagini dei campi, qualche genitore, e tanti sorrisi
(insieme a dita davanti all'obiettivo e ad incredibili immagini composte da
striature rose e blu, quasi un quadri di Rothko). Ben lontane dalle classiche
immagini che di solito tg e giornali pubblicano, bimbi abbandonati a loro stessi
mentre vagano tra la rumenta. Troppo facile dare l'immagine di un popolo
incivile, in questa maniera. Noi proviamo a rispondergli in questa maniera.
Rispondiamo a chi voleva le impronte digitali dei bambini Rom, mettendoci
addirittura le facce.
Ci saranno dei testi che accompagneranno le immagini, tentando di spiegare ai
gagè cosa contraddistingue la cultura Rom, qual è la loro storia, quanti ce n'è,
in Italia e nel mondo. Provando a fargli capire qualcosa in più sul vostro
mondo. A cui mi sono avvicinato assai di recente, grazie ad un libro, quello di
Pino Petruzzelli. Che qui a Genova ha anche aperto un corso di formazione
teatrale per Rom e Sinti.
Sono un po' dispiaciuto per non essere riuscito a coinvolgerli di più in questo
progetto, ma problemi logistici/temporali non mi hanno permesso di essere
quotidianamente in contatto con loro. Anche se Sergio mi ha dato una grossa
mano. Questo probabilmente l'aspetto negativo del progetto (e qui tralascio il
fatto che la Provincia di Genova - finanziatrice dell'iniziativa - abbia
preferito, diciamo così, "sorvolare" sulla denuncia delle discriminazioni che
quotidianamente i Rom subiscono, puntando principalmente sull'aspetto culturale.
Quello che volevo fare anche anche io, mettendoci un po' di palle in più. Ogni
tanto penso che questa sia un'occasione sprecata per far sentire realmnte la
vostra voce - anche se Ismet e Tito delle due comunità genovesi interverranno
alla conferenza per l'inaugurazione, lunedì 27. D'altro canto, questa mostra
vuole essere istruttiva, educativa, insegnare ai gagè qualche cosa in più sul
mondo Rom, scopriranno ad esempio, che una bassissima percentuale è ancora
nomade ed immagino la sorpresa sui loro volti. Non affrontare la questione
politica potrebbe essere anche giusto, quindi. Reste il fatto che, se non avessi
avuto vincoli monetari, sarebbe stata una mostra ancora più coraggiosa!)
Ma sono contento lo stesso, ogni giorno di più, quando sento dalla bocca della
gente fuoriuscire la parola Rom sorrido (per non piangere...) nel sentire quanto
ignoranza c'è in giro. E mi sorprendo per essere riuscito ad uscire dalla melma
ignobile che ricopre il nostro paese. Sto dalla parte dei Rom, questa mostra
l'ho fatta per loro e dopo farò ancora di più. Li coinvolgerò direttamente
(questa volta sul serio) nel realizzare un libro fotografico con le immagini dei
bambini che saranno esposte; un progetto a lungo termine, da realizzare con un
po' più di calma ma che, sono sicuro, riscuoterà grande successo anche tra di
loro. Giovedì li ho incontrati e tutti mi sono parsi entusiasti di questa
mostra, i ragazzi in particolare. Ne sono assai felice. Avendoli conosciuti
direttamente, mi incazzo ancora di più quando sento i beceri stereotipi che, per
una volta, uniscono politica, popolo e "informazione".
Mi sono dilungato troppo, credo.
Spero possa piacervi l'iniziativa che ho realizzato ma soprattutto, spero
possiate venire a Genova ad ammirarla (le foto sono tutte magnifiche, da Roma,
Milano, Siviglia, Balcani e Genova, naturalmente.
Buone giornate,
luca
ROM? ROM!
VIAGGIO NEI MONDI ROM
Quando si affronta il tema dei Rom, anche le persone piu' sensibili tendono
inevitabilmente a ripiegarsi su loro stesse e ad accettare acriticamente i
luoghi comuni, quasi sempre negativi, che da sempre accompagnano questo popolo.
La mostra fotografica che in questa sede proponiamo, con immagini scattate a
Milano, Roma, Siviglia e Genova vuole essere quindi anche un tentativo di
esplorare sia pur minimamente (vista l'ampiezza dell'argomento) un mondo -
appunto quello dei Rom - così complesso e sfaccettato. Per l'occasione sono
state distribuite a molti bambini dei campi genovesi delle macchine fotografiche
usa e getta, con le quali essi hanno potuto scattare liberamente fotografie di
momenti e/o situazioni, dal loro punto di vista, particolarmente importanti e
significativi.
Una prospettiva di analisi quindi tutta interna alla loro sensibilita' e un
ulteriore modo per tentare di alzare un velo su una realta' misconosciuta e
molto spesso fraintesa per gli stereotipi che da sempre la circonda.
MOSTRA FOTOGRAFICA dal 27 aprile al 18 maggio
2009
Fotografie di:
Giorgio de Finis
Max Intrisano
Luana Monte
Alessandro Pangallo
Michele Palazzi
L'altro punto di vista - Visioni dal mondo Rom.
200 fotografie realizzate dai bambini delle comunità khorakhanè e sinti di
Genova
Installazione dell'opera
"Margini di realta'"
a cura di Stefania Gessi, Lara Grillo,
Silvia Cappuccio e Annalisa Rossi.
Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.
Aperta tutti i giorni dalle 15.30 alle 20
ingresso libero.
INAUGURAZIONE
Lunedì 27 aprile 2009, ore 10.00
Introduzione di Giorgio Devoto (Assessore alla Cultura della Provincia di
Genova)
Interverranno gli autori delle fotografie
ed i portavoce delle comunita' khorakhane' e sinti di Genova
A seguire:
proiezione del cortometraggio Savorengo Ker di Fabrizio Boni
e del documentario Porrajmos, di Paolo Poce e Francesco Scarpelli.
Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.
Per maggiori informazioni:
010 5499357 (Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova) -
romrom09@libero.it
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:26:41, in Italia, visitato 2012 volte)
24
aprile 2009| Bruno Viani
Nell’album dei ricordi conservano ancora gelosamente le immagini della visita
del cardinale Dionigi Tettamanzi, nel 1995. "Piccolo di statura, ma un grande
uomo - raccontano - che ha saputo ascoltare i nostri problemi. Sì, quando è
morto Giovanni Paolo II abbiamo pianto tutti, ma poi abbiamo fatto il tifo
davanti alla televisione perché fosse Tettamanzi il nuovo pontefice. Sarebbe
stato, davvero, il nostro Papa".
Eccolo, il conclave visto con gli occhi dei rom korakané di via Adamoli, che
si apprestano ad accogliere l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, in visita
pastorale al vicariato dell’alta Valbisagno.
L’appuntamento è fissato per il primo pomeriggio di domani, intorno alle ore 15.
E gli zingari musulmani si sono organizzati, con l’aiuto dei volontari di
Sant’Egidio, per accogliere a braccia aperte l’arcivescovo che rappresenta la
Chiesa cattolica.
"Non esiste un solo popolo degli zingari - racconta Ismet Cizmic, 41 anni,
rom di Sarajevo - ci sono gli ortodossi cresciuti nella ex Jugoslavia, i sinti
cattolici italiani, e ci siamo noi korakané, vuol dire “lettori del Corano”.
Eppure, è come se fossero le dita di una mano: sono distinte, però formano un
unico arto. E tutti crediamo in un unico Dio".
Cosa si aspettano i rom della Valbisagno dalla visita dell’arcivescovo?
Soprattutto, sperano di trovare un uomo che li ascolti. E si sforzi di capire
anche le diversità. "Quando io ero bambino, a Roma - riprende Ismet -
l’accampamento si trasferiva quasi ogni notte, da un quartiere all’altro. I
carabinieri ci sgomberavano e noi ci spostavamo un po’ più in là, ma il
risultato era che nessuno dei nostri poteva frequentare le scuole. Vivevamo
accampati senza riscaldamento e senza servizi igienici, senza acqua".
Altri ritmi, altre tradizioni. Un’altra vita. Ismet è nato nel 1967, per i
nostri parametri è un uomo nel pieno dell’età. "Ho nove figli - racconta - e
sono già nonno di una bambina di sei mesi".
Il decimo figlio è in arrivo, dice indicando con un sorriso il pancione della
moglie Jasminka. Quando nascerà, l’ultimogenito di casa Cizmic sarà più giovane
dei suoi nipoti.
E anche Jasminka racconta. Parla dei dolci bosniaci fatti con miele e noci,
preparati tanti anni fa per il cardinale Tettamanzi ("Li rifarò uguali per il
cardinale Bagnasco, ma non voglio rovinare la sorpresa"). E parla con semplicità
dei dolori di un’esistenza difficile. "Qui i vecchi non esistono, è anziano chi
ha cinquant’anni - dice - tanti inverni al gelo, senza igiene, lasciano il
segno"
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:49:30, in Italia, visitato 1641 volte)
Segnalazione di Elisabetta Michelini, dal blog del
circolo Pasolini di Pavia
di Erasmo Formica - Associazione Sinti Italiani di Pavia
In questi giorni in cui sembra esser diventato sport nazionale "la caccia al
rom", la cosa più intelligente l’ho letta sul nick di messenger del mio amico
napoletano Piero: "Vittime sono tutti, perché ai rom è stata tolta la
casa/baracca, ai cittadini la capacità di ragionare col proprio cervello". La
guerra anti-rom scoppiata a Napoli, e diffusasi in altre città d’Italia, non è
altro che l’ennesima goccia (e purtroppo non sarà l’ultima) che cade da un vaso
già da parecchio traboccato e che ha come maggior responsabile un sistema
politico e mediatico che, fondandosi su pregiudizi antichi e leggende popolari,
ha deciso di identificare i rom e, più in generale, tutto ciò che è "diverso",
come nemico da combattere. "Difendi il tuo simile… distruggi il resto" questo lo
slogan stampato sulle magliette di tante vittime che hanno perso la capacità di
ragionare col proprio cervello e che, riposti i propri pensieri e le proprie
idee nella naftalina, hanno ceduto la propria abilità di discernere alle parole
dei Tg o a quelle scritte sui maggiori quotidiani nazionali. Ma in fondo tutto
diventa vero se a parlare è una fonte autorevole come la televisione, i giornali
o, magari, un conoscente di un amico. Si parla solo di singoli reati commessi da
rom, capaci di far sparire tutti gli altri crimini, di uguale efferatezza,
commessi da altri. Sono loro il male della nostra amata Italia, è a causa loro
che non possiamo uscire di casa, è stando contro di loro che si vincono le
elezioni, tolleranza zero contro gli zingari e non contro camorra, mafia, usura,
sfruttamento della prostituzione, spaccio, abusivismo, sfruttamento del lavoro
Festa del 12 Settembre 2008 sinti di Via Bramante, inaugurazione
Associazione. Alcune persone per la prima volta sono venute nel nostro campo
E queste persone, che erano poi la maggioranza, le si riconosceva subito… Le
vedevi per i primi tre minuti in un misto di paura e sorpresa, potevi leggere
sui loro volti i pensieri che nel mentre gli scorrevano nella mente: ma questi
Sinti sono come noi, mangiano, ridono, si divertono, sono gentili e dentro le
loro Roulottes c’è un ordine ed una pulizia incredibile… i bambini ridono e
abbracciano la mamma ed il papà… mi offrono da mangiare invece di puntare al mio
portafoglio…
Una trasformazione per tanti. Scoprire che quel mondo terribile non esiste,
scoprire nel "diverso" la sua bellezza, la sua accoglienza, la sua dignità.
Riattivare, attraverso l’incontro ed il confronto con la realtà, il proprio
cervello… C’è chi ci sta chiedendo di barricarci in casa protetti da inferiate e
antifurti, ci impongono aver paura, ci dicono di pensare a noi stessi e che
saranno loro a mostrarci cosa avviene all’esterno e perché abbiamo bisogno della
loro sicurezza, ci fanno vedere il mondo attraverso i loro occhi, attraverso una
scatola quadrata che ci offusca la mente con soubrette e delitti, creano mostri
e con quelli ci minacciano affinché scegliamo noi stessi di delegare a loro le
nostre esistenze.
Abbiamo deciso che vogliamo essere noi a scoprire cosa è reale e cosa non lo
è.
Da
Roma_Francais
Dal 2006, nel dipartimento Seine-Saint-Denis esiste qualcosa chiamato
"villaggi d’inserimento per i Rom". Dietro a questa felice espressione si
nascondono in realtà dei quasi campi di internamento. Nel nome del principio
della libertà e della dignità umana, l’associazione "La voix des Rroms" (La voce
dei Rom) denuncia questo tipo d’iniziative ed invita tutte le altre
associazioni, soprattutto quelle che si occupano di Rom, a fare altrettanto. Per
informare il pubblico sull’argomento, l’associazione ha creato un blog,
http://villagedinsertion.blogspot.com, sul quale è disponibile, tra le altre
cose, un breve rapporto sull’argomento inviato alle istituzioni europee che si
occupano di Diritti Umani.
Nell’autunno 2006 è stato avviato nella città di Auberville un progetto privato
di opera urbana e sociale (MOUS), a beneficio di alcune famiglie rom originarie
della Romania. Consiste nell’installazione di alcuni bungalow nei quali
collocare tali famiglie, che saranno seguite dal punto di vista sociale da
alcune associazioni autorizzate dalla prefettura di Seine-Saint-Denis. Un
progetto analogo viene attuato l’anno successivo a Saint-Denis, ed un terzo nel
2008 a Saint-Ouen.
Il tutto si svolge ogni volta secondo lo stesso copione: un’inchiesta sociale
condotta da Pact Arim, una selezione secondo criteri annunciati dalla
sotto-prefettura di Saint-Denis e mai realmente rispettati, e soprattutto il 90%
circa degli intervistati che si vede recapitare l’ordine di abbandonare il
territorio francese. Il 10% selezionato viene posto sotto sorveglianza in aree
chiuse, controllare 24 ore su 24 ed alle quali non è consentito accedere a
chiunque provenga dall’esterno, che si tratti di familiari, amici o persino i
media.
C’è voluto qualche mese ai gestori di questi luoghi per trovare un nome alle
loro "creature". Si è optato per "villaggio d’inserimento". Ma si può chiamare
"villaggio" un luogo chiuso, dove un nonno non può ospitare il nipotino di un
anno? Si può parlare di "inserimento" allorché la prefettura, che partecipa a
questi progetti della durata prevista di tre anni, non consegna i permessi di
soggiorno o le autorizzazioni al lavoro alle persone che pretende di "inserire"?
Si può parlare di "inserimento" quando queste persone non hanno contatti con
l’esterno?
"La voix des Rrom" ed altre associazioni rom di Francia hanno allertato il
Commissario per i Diritti dell’Uomo presso il Consiglio d’Europa, l’Agenzia dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Commissione Europea, a cui queste
associazioni hanno indirizzato una nota a proposito del trattamento riservato ai
Rom in Francia attraverso le "aree d’accoglienza per le persone nomadi" ed i
"villaggi d’inserimento per i Rom". Tali note, così come altri documenti scritti
ed audiovisivi, sono disponibili sul sito
http://villagedinsertion.blogspot.com .
"La voix des Rrom" lancia un appello alla società civile, ed in particolare alle
associazioni che si occupano di Rom migranti, affinché si oppongano a quella che
sembra essere proprio una bomba ad orologeria. In questi tempi di crisi, la
pubblicità ingannevole di sedicenti "progetti d’integrazione dei Rom" rischia in
effetti di dare vita a un’onda razzista come quella che da due anni a questa
parte è possibile osservare in Italia. L’adagio "chi tace acconsente" esprime in
questo caso il suo pieno significato.
Di Fabrizio (del 27/04/2009 @ 09:41:02, in Italia, visitato 1447 volte)
Scrive Francesco Piastra
Nel giorno 24/04/09 (Venerdì) alcuni agenti della polizia di stato insieme a
militari dell'esercito hanno fatto "visita" all'insediamento
ROM di Via di Centocelle e senza mezzi termini hanno comunicato ai residenti
che il giorno 29/04/09 (Mercoledì prossimo) provvederanno a demolire
l'insediamento. Hanno inoltre minacciato che chi ancora non avesse provveduto da
solo allo sgombero del luogo, gli sarebbero stati tolti i propri figli minori ed
affidati, quindi, ai servizi sociali.
Anche se le condizioni igienico sanitarie dell'insediamento sono a dir poco
fatiscenti, lo sgombero che dovrà subire questa piccola comunità non è per
garantirgli una situazione abitativa migliore ma solo per allontanare un
"problema di ordine pubblico". Una volta sgomberati saranno costretti a
dividersi e spostarsi in altri campi già sovraffollati con condizioni abitative
ancora più umilianti e lontani dalle scuole fin'ora frequentate dai loro
bambini. Infatti, quasi tutti i bambini della comunità sono regolarmente
iscritti a scuola, i genitori stessi li portano tutti i giorni a scuola e li
rivanno a prendere, e molti di essi ricevono borse di studio per l'alta
frequenza; tutto ciò non sarà più possibile dopo lo sgombero, che condannerà
anche queste nuove generazioni al non accesso alla cultura e quindi alla
negazione del proprio futuro. Questa comunità sta facendo sforzi enormi per
riscattare la propria condizione sociale, non merita di ricevere un tale
trattamento.
Come cittadini non possiamo permettere a nessuno di trattare come un problema di
ordine pubblico una comunità ridotta ormai da troppi decenni in una condizione
di emarginazione ed infamia sociale. Non possiamo permettere che i bambini
vengano strappati dall'affetto delle proprie famiglie; non possiamo ancora
permettere che i bambini ROM non possano accedere all'istruzione; non possiamo
permettere che siano ancora una volta i più deboli a pagare il prezzo più alto.
Per tutto questo è IMPORTANTE essere in TANTI:
MERCOLEDI' (29 Aprile) MATTINA PRESTO PER SCONGIURARE ED OPPORCI ALL'ENNESIMO
ATTO DI INTOLLERANZA NEI CONFRONTI DI QUESTA COMUNITA'.
Di Fabrizio (del 27/04/2009 @ 09:43:57, in lavoro, visitato 1948 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
Coinvolti 30 giovani romeni di etnia rom, tra i 18 e i 35 anni, in corsi
di formazione. Selezionati i rom dei campi di Candone (XV municipio) e Salone (VIII
municipio) di Sabina Cuccaro - 26/04/2009
"Siamo alla vigilia del varo del piano nomadi: i passaggi burocratici sono stati
risolti e siamo in grado di partire con le gare d'appalto". Presto, insomma, ci
saranno nuovi campi rom attrezzati. Ad annunciarlo è stato il sindaco di Roma,
Gianni Alemanno, aggiungendo che "entro 15 giorni ci sarà una conferenza stampa
con il Ministro e il Prefetto durante la quale presenteremo sia i campi
autorizzati sia i nuovi, destinati ad accogliere coloro che adesso si trovano in
campi tollerati".
L’assessore capitolino alle Politiche Sociali, Sveva Belviso, da parte sua ha
assicurato che prima dell’estate saranno aperti i cantieri di lavoro. Il sindaco
ha, poi, tenuto a precisare che i campi nomadi non saranno solo strutture di
permanenza ma "posti nei quali chi vuole, e io credo saranno tanti, potrà
trovare integrazione nel rispetto delle nostre leggi".
Non solo. "I nomadi stessi lavoreranno insieme alle imprese per realizzare i
nuovi campi". Esperienza di formazione e lavoro, dunque, come base
dell’integrazione da parte di un’etnia ancora poco amata dai romani. Il comune
si sta impegnando in questo senso con numerosi progetti per l’inserimento. il 24
aprile 2009 è stato presentato, a questo proposito, il progetto ‘La fabbrica dei
mestieri’, realizzato dall’Assessorato capitolino alle Politiche Sociali, in
accordo con il Ministero del Lavoro e in collaborazione con l’associazione
Programma Integra.
"L’accordo tra comune e Ministero prevedeva il reinserimento dei rom nel sociale
– ha spiegato l’assessore Belviso-. Noi abbiamo proposto la
professionalizzazione perché siamo convinti che ci sia integrazione solo con
strumenti specifici, a partire dalla capacità lavorativa". Il progetto vede
coinvolti 30 giovani romeni di etnia rom, di età compresa tra i 18 e i 35 anni,
in corsi di formazione professionale. "Sono stati selezionati i rom dei campi di
Candone (XV Municipio) e Salone (VIII Municipio) in base alla conoscenza della
lingua, esperienze precedenti ed alle motivazioni personali", ha continuato la
Belviso. Nello specifico i corsi, composti da 10 allievi l’uno, sono tre:
edilizia, idraulica e impiantistica elettrica. È prevista una fase iniziale con
moduli teorici e pratici per una durata complessiva di 300 ore. Grazie ad un
accordo tra comune, imprese e cooperative sociali ci sarà, poi, un tirocinio
formativo di 200 ore nei mesi estivi (da maggio a luglio) presso le imprese
operanti nei tre settori di riferimento.
Alla fine i giovani romeni riceveranno un attestato di qualifica professionale:
"Avere uno strumento effettivo che testimoni ciò che una persona può dare e fare
è l’unico valore aggiunto che un’amministrazione può fornire", ha concluso
l’assessore Belviso assicurando, inoltre, che si impegnerà personalmente per
seguire l’inserimento lavorativo dei ragazzi. Alemanno ha definito il progetto
"un segnale di speranza verso i tanti giovani nomadi che vogliono trovare
lavoro, il vero motore dell’integrazione".
Giovani come Alin, un romeno di 18 anni (in Italia da 6) che sta seguendo il
corso di impiantistica elettrica. Spera di trovare un lavoro da elettricista.
Da Libero 25.04.2009
Di Fabrizio (del 28/04/2009 @ 00:30:40, in Italia, visitato 5121 volte)
I link
AudioVideo del Congresso
della Federazione Rom e Sinti Insieme (attenzione, dopo 3 settimane i file cessano di
essere scaricabili) registrato da Radio Radicale.
QUI (da Rom Sinti @ Politica) le reazioni della stampa. Sempre su Rom
Sinti @ Politica, il
testo in italiano del Rapporto 2009 del Commissario del Consiglio
d'Europa Thomas Hammarberg.
Commento e fotografie di Eugenio Viceconte (Alcuni
diritti riservati)
E' stata una manifestazione densa di contenuti e di fermenti democratici.
Sono particolarmente contento e fiero di aver seguito i lavori del congresso.
I miei complimenti al lavoro fatto dalla Federazione.
La volontà e la capacità di far convergere posizioni politiche e esigenze
sociali anche distanti in una posizione unitaria che nasce non dal compromesso
ma da una visione alta della politica come condivisione di valori e rispetto
delle diversità è un esempio democratico veramente encomiabile.
Mi ha piacevolmente colpito la qualità e lo spessore e la concretezza degli
interventi non solo degli esponenti del direttivo ma dei rappresentati di tutte
le realtà locali.
[...]
Piacevolissima l'atmosfera e ed amichevoli gli incontri. Finalmente ho stretto
la mano a Yuri ed a Carlo, che ha fatto un intervento particolarmente
significativo.
Non ultimo davvero buono il catering delle ragazze belle e gentili di
Romano hape
Le foto su Flickr (riportate in formato ridotto, fare clic
QUI per accedere all'album e vederle in dimensione originale)
Congresso della Federazione Rom e Sinti Insieme
Il messaggio di Thomas Hammarberg
Santino Spinelli,
Alexian musicista, docente universitario, leader dei diritti dei Rom, abruzzese
Bruno Morelli, pittore ed intellettuale, abruzzese, rom
Massimiliano Monnanni, direttore generale dell'UNAR
Marco Perduca, senatore (PD - Radicali)
Luca Cefisi, Sinistra e Libertà
Demir Mustafa è nato a Skopje (Macedonia) nel 1960 da una famiglia di
rom dzambasa (allevatori di cavalli) in Italia dal 1989. Scrittore e poeta, lavora per l'Arci in progetti finalizzati all'inserimento sociale di Rom e Sinti.
Presidente dell'associazione Amalipe Romanó e vicepresidente della federazione Rom e Sinti insieme.
Anna Pizzo, consigliere della Regione Lazio
Dijana Pavlovic
Dijana Pavlovic
Nazzareno Guarnieri. E' il carismatico presidente della Federazione Rom e Sinti Insieme
Dijana Pavlovic, serba naturalizzata italiana, è una attrice ed una donna
passionale prestata alla politica. Eva Rizzin, italiana, dottore in
geopolitica e geostrategia. Dijana è rom, Eva è sinti, ed insieme si battono
contro il pregiudizio e contro antiziganismo, per superare la discriminazione
della minoranza più perseguitata d'Europa.
Giulio Russo - Casa dei diritti sociali. Presidente dei Centri di Servizio per
il Volontariato CESV (Centri di Servizio per il Volontariato) e SPES (Associazione Promozione e Solidarietà)
Roberto Ermanni, responsabile nazionale delle Politiche della Comunità Rom, Sinti e Camminanti
Letizia De Torre, deputato (PD)
Massimo Mapelli, Casa della Carità
Vojislav Stojanovic, consulente del Consiglio regionale del Piemonte, è membro del consiglio direttivo della federazione Rom e Sinti Insieme
Pietro Soldini, CGIL
Giuseppe Casucci, UIL
Eva Rizzin
Piero Colacicchi, rappresentante di Osservazione
Federico Schiavon, sacerdote, Responsabile per la Pastorale della Chiesa Italiana per i Rom e i Sinti
Federico Schiavon
Carlo Berini, promotore dell'Istituto di Cultura Sinti e della associazione Sucar Drom, dell'Opera Nomadi di Mantova
Valentina Halilovic, studentessa dell'istituto alberghiero, discriminata a scuola perché rom
Naio Adzovic, portavoce del campo rom Casilino 900
Romano hape
Romano hape
Romano hape
Romano hape
Romano hape
Romano hape
Il consiglio direttivo della Federazione Rom e Sinti Insieme
Il consiglio direttivo della Federazione Rom e Sinti Insieme
Radames Gabrielli, promotore
dell'associazione Nevo Drom di Bolzano, membro del consiglio direttivo della federazione Rom e Sinti Insieme
Di Fabrizio (del 28/04/2009 @ 08:53:27, in Regole, visitato 1857 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia 25 aprile 2009 - Fonte: Beta
BELGRADO - La polizia serba (MUP) ha annunciato di aver arrestato cinque
minori, sospettati di aver pianificato un attacco all'insediamento rom di
Nuova Belgrado.
I ragazzi, nati tra il 1991 e il 1994, sono stati
identificati con le sole iniziali. La polizia ha detto di aver trovato in
loro possesso al momento dell'arresto sbarre di metallo ed esplosivi.
Dopo una consultazione col Tribunale Minorile Distrettuale, la MUP ha
deciso di rilasciare i sospetti, ma anche di archiviare le accuse a loro
carico.
Le accuse si baseranno sulla presunta violazione di due leggi riguardanti
armi, munizioni e dispositivi esplosivi.
Di Fabrizio (del 28/04/2009 @ 09:01:32, in scuola, visitato 2283 volte)
Da
Roma_Daily_News (I
Lyuli - o Luli
- sono una storica comunità discendente dalla migrazione rom verso occidente,
dislocati nelle ex repubbliche sovietiche asiatiche. Ndr)
by
Hamid Toursunof - 23 aprile 2009
Barriere linguistiche e scarsi investimenti, l'unica scuola del
Kirghizistan per i Lyuli riflette le limitate opportunità della piccola comunità
OSH, Kirghizistan | "Voglio diventare dottore," dichiara Nafisa, all'ottavo
grado presso la scuola Nr. 105 nella periferia della seconda più grande città
del Kirghizistan. "La mia amica Aziza vuole fare la maestra."
Ma il commento successivo di Nafisa rivela la distanza tra ambizione e realtà
in questa scuola frequentata interamente dalla piccola minoranza lyuli del
Kirghizistan: "Vorrei avessimo una biblioteca."
Una giovane scolara studia kirghizo alla scuola Nr.
105. Gli studenti non ricevono alcuna istruzione nella loro lingua nativa, che
assomiglia di più al tagico.
La mancanza di una biblioteca può essere l'ultimo dei problemi per i 230
studenti dell'insediamento Jangi-Kyshtak (NuovoVillaggio), che ospita circa
3.300 Lyuli nel distretto Kara-suu della provincia di Osh. La misera costruzione
ad un piano non ha riscaldamento, gli scolari indossano cappotti e cappelli a
novembre e dicembre, ed hanno vacanza obbligatoria da gennaio a marzo. La
mobilia consumata è vecchia di decadi, e cartelloni dell'era sovietica decorano
le pareti. Gli insegnanti usano ramoscelli invece degli indicatori. Alla scuola Nr. 105, il tempo sembra essersi fermato agli anni '70.
In questa scuola solo-per-Lyuli gli insegnanti non sono di origine lyuli. Non
ci sono insegnanti di inglese o russo. Non ci sono libri di testo o altro
materiale nella loro lingua, che Fatima Toichieva, la direttrice, descrive come
"Tagico mischiato con un vocabolario specifico usato solo dalla comunità."
Per la maggior parte degli studenti, questa è l'unica istruzione disponibile.
L'insediamento non ha una scuola superiore, e l'isolamento sociale e linguistico
lasciano gli alunni della scuola Nr. 105 inadatti a proseguire gli studi con i
loro compagni Kirghizi e Uzbechi. Come i loro genitori e nonni, sono destinati
alla segregazione a Jangi-Kyshtak.
Studenti ed insegnanti col gioco da tavolo kirghizo del
toguz korgool. Il sistema di riscaldamento inadeguato li obbliga a coprirsi
quando il tempo si fa freddo.
PASSATO INCERTO, FUTURO INCERTO
La storia dei Lyuli rimane una questione aperta. Sono spesso collegati
etnicamente ai Rom - molti studiosi dicono che condividono radici similari con
l'India - ma a differenza della maggioranza dei Rom europei, praticano l'Islam.
Abdurashid Urinov, leader della comunità di Jangi-Kyshtak, sostiene che i Lyuli
sono di origine persiana, più vicini ai moderni Tagichi.
Sulle origini del loro ghetto, non ci sono dubbi.
"Le autorità sovietiche destinarono delle aree alla periferia di Osh alle
prime 20 famiglie Lyuli di 25 che erano, alla fine degli anni '50, e li
obbligarono a vivere lì," dice Adyljan Obidov, esperto di istruzione ed analista
per il Centro di Appoggio Iniziative Civiche, una OnG di Osh. "Tutte le scuole
primarie in quella parte della città erano di lingua uzbeca, così la classe
prima per i bambini lyuli fu aperta pressa la scuola uzbeca più vicina. Da
allora l'insegnamento è stato in lingua uzbeca."
Tradizionalmente una società chiusa e strutturata a clan, i Lyuli hanno
mantenuto il loro isolamento durante l'era sovietica. Arsen Ambaryan, capo
dell'associazione di Osh, Nashi Prava (I Nostri Diritti), che ha compiuto gli
studi più estesi sulla comunità, la caratterizza come "una situazione né di
guerra né di pace - tu non mi tocchi e io non ti tocco."
"Questa situazione esisteva nell'era sovietica, e da quando il Kirghizistan
ha ottenuto l'indipendenza negli anni '90, non è cambiato niente," dice. "C'è
poca comprensione che l'istruzione segregata basata sull'etnia è una
reminescenza sovietica, ed una delle ragioni per cui non c'è un processo di
integrazione nella società kirghiza."
Anche oggi, i Lyuli raramente si avventurano fuori da Jangi-Kyshtak, e la
gente delle aree lì intorno raramente vi entrano, considerandola un focolaio di
mendicanti e piccoli criminali. La disoccupazione nell'insediamento è vicina al
90%, secondo un rapporto del 2005 di Nashi Prava, e circa la metà dei bambini
non ha i certificati di nascita, così che non possono richiedere i benefici
governativi.
"Né le autorità o la società kirghiza vogliono seccature rispondendo alle
nostre richieste. Viviamo qui come se non esistessimo," dice amaramente Urinov.
"I membri della nostra comunità non hanno una buona istruzione, così non
possiamo trovare lavori qualificati. E senza un buon lavoro, non possiamo
fornire buona istruzione ai nostri figli, non possiamo mandarli a scuole
migliori. Ed inoltre, l'istruzione superiore non è più gratuita. C'è poco che
possiamo fare per cambiare la situazione."
La direttrice della scuola Nr. 105, Toichieva, che è di origine uzbeka, dice
che i genitori a Jangi-Kyshtak "hanno iniziato a capire che una buona
istruzione aprirà le porte ai loro bambini per diventare bravi cittadini," ma
gli steccati sono alti.
"Non ci sono insegnanti o dottori Lyuli, traduttori o ingegneri. Io voglio
fare l'insegnante, ma non sono sicura che i miei genitori possano permettersi di
pagarmi gli studi all'università," dice Nafisa. "I miei genitori hanno lavori
temporanei, che permettono appena di sopravvivere."
LINGUA DI APPRENDIMENTO
I soldi non sono l'unico ostacolo. Obidov, l'esperto di istruzione, dice che
né le autorità sovietiche né i successori kirghizi hanno fatto alcuno sforzo
serio di fornire istruzione in tagiko, la lingua più vicina al dialetto lyuli.
"Sino a poco tempo fa, l'unica lingua di insegnamento [nella scuola] era
l'uzbeko. Recentemente abbiamo aperto un gruppo pilota in cui si insegna la
lingua [kirghiza] statale," dice l'insegnante Gulnara Abylova. Come risultato,
dice "I bambini lyuli trovano difficoltà nell'apprendere le lezioni. Devono
tradurre dal kirghizo e dall'uzbeko per capire questo o quel materiale
d'insegnamento."
"Non ho mai visto un singolo libro nella nostra lingua," dice Aziza
che frequenta l'ottavo grado. "A casa non abbiamo libri scolastici eccetto
quelli in uzbeko e kirghizo." I libri per gli studenti universitari sono
frequentemente in russo, "e noi non parliamo o leggiamo il russo per niente,"
aggiunge.
Toicheva dice che gli studenti hanno grandi difficoltà a trasferirsi nelle
principali scuole superiori, sia a causa delle barriere linguistiche e dello
stigma collegato alla loro etnia e alla scarsa istruzione di base.
Cartelloni dell'era sovietica tuttora allineati sulle
pareti della scuola Nr. 105
"I nostri bambini, quando lasciano la scuola, non vogliono andare alle
superiori uzbeke o kirghize, dove sono trattati male e spesso picchiati dagli
altri ragazzi," dice. "Abbiamo bisogno di una scuola superiore appropriata.
D'altra parte, come possono i bambini della nostra scuola diventare dottori,
maestri o giudici se sono deprivati di un'istruzione adeguata?"
La direttrice ricorda una visita alla scuola due anni fa del difensore
civico Tursunbai Bakir uulu, che regalò 10 computer alla scuola. In seguito si
rivolse ai responsabili per l'istruzione per l'apertura di una scuola superiore
per Lyuli, ma la richiesta fu ignorata. Dopo due anni, i computer rimangono
inutilizzati. Toicheva dice che la scuola manca di un docente con sufficiente
capacità IT per formare gli studenti.
Il capo istruzione di Kara-suu, Rakhmon Nazarov, ha detto che il distretto
ha intenzione di costruire altre scuole locali ma "cercheremo di ottenere i
fondi per la costruzione di una scuola superiore per la comunità lyuli nel
2011." Nel frattempo, ha detto che i Lyuli che vogliono continuare gli studi
dopo l'ottavo grado possono studiare presso la vicina scuola di lingua uzbeka.
Nazarov cita segni di progresso nella scolarizzazione dei Lyuli, come il
programma per l'istruzione in kirghizo, che dice ha incontrato il favore dei
genitori della comunità. Ha aggiunto che tre studenti lyuli "sono stati formati
al Collegio Pedagogico di Osh, e speriamo che tornino alla loro scuola come
insegnanti."
Ma un simile ottimismo non sembra essere ancora filtrato sino alla scuola Nr.
105.
"Tutte le mie compagne di scuola sono Lyuli come me. Non ci sono Uzbeki,
Russi o Kirghizi nel nostro quartiere o a scuola," dice Aziza. "Credo che non
abbiamo abbastanza conoscenze e non potremo passare gli esami se vorremo andare
all'università... Così, non so se avrò mai la possibilità di diventare dottore o
infermiera. Il tempo lo dirà."
Hamid Toursunof is a TOL correspondent in Kyrgyzstan. Photos by Hamid Toursunof.
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