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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 09/06/2008 @ 09:16:25, in media, visitato 1471 volte)

Da Roma_Francais

Viktoria Mohacsi, Rom, Ungherese, deputata dell'Alleanza dei democratici e liberali europei (ADLE) al Parlamento Europeo.

L'Europa, sola speranza dei Rom - LE MONDE | 07.06.08

Lo chiedono le OnG che reclamano una commissione d'ispezione europea in Italia, lei ha visitato dei campi rom a Napoli e Roma, il 17 e il 18 maggio. Cosa le hanno raccontato i Rom?

La prima reazione è stata: "Siete la nostra ultima possibilità. L'ultima che possa aiutarci. Perché tutti quelli che ci hanno fatto visita, personalità politiche, del governo, delle organizzazioni civili, ci hanno abbandonato di fronte al pericolo. Rom come loro, ero l'ultima in cui potevano avere fiducia. Quanto avviene in Italia è semplicemente spaventoso Ma non sono io quella che può cambiare il sistema italiano.

Su 200.000 Rom che vivono in Italia, 80.000 sono cittadini italiani, 120.000 ex Yugoslavi e Rumeni. La maggioranza tra loro è in una situazione molto particolare: possiedono un passaporto yugoslavo, che non corrisponde più ad alcun paese esistente, abitano in Italia da oltre venti, trenta o cinquant'anni. I figli nati in Italia hanno quasi totalmente dimenticato il romanì (lingua largamente condivisa tra i Rom in Europa).

Lei è, con Livia Jaroka, una delle due sole deputate rom del Parlamento Europeo, dove è entrata a 29 anni. Come è arrivata sino a lì?

Nei tre piccoli villaggi ungheresi dove ho passato la mia infanzia, alla frontiera con la Romania, vivevamo come una grande famiglia. Un terzo ungherese, un terzo rumeno, un terzo rom, ci si conosceva tutti. Tuttavia, sembrava completamente naturale, malgrado i risultati eccellenti, che fossi relegata in fondo alla classe. Era la discriminazione, ma non eravamo in pericolo, come è il caso odierno dei Rom in diversi paesi dell'Unione Europea.

Quando avevo 14-15 anni, cercavo sempre di aiutare i miei a migliorare la loro situazione. Organizzammo un club con i miei compagni di classe e con dei componenti della mia famiglia per studiare assieme, per essere piazzati meglio nella scuola e poi, più tardi, sul mercato del lavoro. Al liceo, volevo preparare una scuola di giornalismo: volevo lottare contro i problemi della discriminazione che constatavo tutti i giorni per strada e nelle istituzioni. Ho capito allora che il mezzo più efficace era di parlare a tutti. L'opinione pubblica, ne ero persuasa, non poteva che giudicare inaccettabile tutto quello che subivano le minoranze: difficoltà sociali, segregazione nella scolarità, ghettizzazione, rifiuto d'accesso al sistema sanitario.

I Rom hanno rivendicazioni in termini di identità?

In Italia, assolutamente no. Il discorso non è rivolto alle rivendicazioni identitarie, perché sono in una situazione d'urgenza. Viceversa, nel resto d'Europa, numerose organizzazioni civili lavorano per ottenere che il romanes diventi una lingua ufficiale della UE. Le conferenze sui Rom riuniscono differenti stati membri e si tengono in romanes. In Ungheria, uno dei primi risultati del movimento rom è stato l'ufficializzazione del romanes: possiamo studiare ed ottenere diplomi alla scuola ed all'università in romanes (o in beash, altra lingua parlata dai Rom). L'università possiede un dipartimento di romologia. Ma la medaglia ha il suo contrario: essere bilingue romani ed ungherese spesso è percepito male.

I Rom hanno una reale volontà d'integrazione?

Se non desiderassero ottenere la cittadinanza italiana, i 100.000 ex-Yugoslavi ritornerebbero in Serbia, in Montenegro, in Bosnia, in Kosovo... La questione della volontà d'integrazione non si pone per una popolazione che non ha più una terra nel paese dove è nata. Quando la Yugoslavia s'è divisa su base etnica, i Rom non ebbero più il loro posto. Sono fuggiti nei paesi più vicini. Poco importava che si trattasse dell'Italia, della Gran Bretagna o del Belgio.

Io non so chi ha cominciato a dire che era nel loro sangue il vivere da nomadi. I Rom non sono nomadi. Non si muovono. Si stabilizzano, anche se nelle baraccopoli. La maggior parte dei Rom d'Italia vogliono essere regolarizzati. Non considerano la Serbia o la Croazia come i loro paesi. In questo momento, con molte OnG internazionali, stiamo mobilitando degli avvocati per raccogliere tutte le carte dei Rom per permettere loro di ottenere la nazionalità italiana. Occorre trattare individualmente ogni singolo caso.

Di fronte alla delinquenza, in Italia come in Bulgaria, i cittadini si mobilitano in milizie per garantire la sicurezza dei quartieri. I Rom rispettano il diritto comunitario (Romani Criss) ma non altrettanto il diritto nazionale?

La Romani Criss è l'eredità storica dell'arrivo dei Rom dall'India in Europa nel XIV secolo. Allora erano illegali, cacciati da un paese all'altro. Ed in questo contesto specifico, si sono dotati di un mezzo per risolvere i problemi della comunità. Hanno fondato la Romani Criss, una sorte di corte di giustizia composta dagli uomini più anziani che potevano condannare un Rom al bando o ad avere il cranio rasato. Questo funzionamento era legato al nomadismo, al quale erano allora forzati. La comunità non dipendeva da alcun cuore nazionale. Ma la Romani Criss non è una legislazione, è un'etica comunitaria. E le regole della Romani Criss non sono in opposizione alle legislazioni nazionali.

Illegali, i Rom in Italia non beneficiano ai sostegni sociali a cui hanno diritto i cittadini italiani poveri. IO non dico che non pratichino alcuna sorte di criminalità, ed il bisogno non è una scusa. I crimini devono essere puniti. La risposta dev'essere la stessa per ogni individuo.

Qual'è, a suo avviso, l'approccio migliore per far evolvere la situazione dei Rom: nazionale od europea?

Tutte e due. Penso da qualche anno che la questione dell'integrazione debba essere di responsabilità nazionale, perché ciascuno dei 27 Stati membri ha una situazione differente: problemi sociali, cittadinanza in Italia, segregazione scolastica altrove. Ma adesso, dopo la mia esperienza al governo in Ungheria (come ministro delegata all'istruzione), so che la responsabilità dev'essere doppia. Ho potuto fare adottare leggi contro la segregazione che hanno permesso di sviluppare un programma per l'istruzione, largamente finanziata dall'Europa.

L'Ungheria ha ricevuto 215 milioni di euro per la lotta alla segregazione: cinque scuole ghetto sono state chiuse, ma ne esistono sempre 400. La legge non sempre basta, occorre una pressione dei politici nazionali ed europei. I sindaci, compresi quelli che hanno votato la politica d'integrazione e i deputati, non la applicano per timore di mettersi contro gli elettori. Ecco perché c'è bisogno di fondi specifici della UE per l'integrazione dei Rom: alloggio, lavoro, sanità, istruzione. Occorre ugualmente una giustizia molto severa contro la discriminazione.

La questione della rappresentazione dei Rom per i Rom è sempre più attuale. E' diventata interlocutrice di differenti comunità rom in Italia, Spagna, Francia?

Se i Rom si rivolgono a me, nei campi in Italia o nel mio paese, è sicuramente perché rappresento la nostra comunità. Ma io sottolineo sempre che sono un'eletta liberale che lavora per i Rom. Il partito liberale (SzDSz) mi ha chiesto di essere messa in lista per difendere le minoranze e i Rom in particolare, dato che in Ungheria la situazione diviene sempre più pericolosa con la crescita dell'estrema destra. Ma non mi penso come rappresentante di tutti i Rom. Anche se è il mio sogno.

La rappresentazione dei Rom è una questione molto complessa. Quando lavoravo per il Centro europeo dei diritti dei Rom, prima di entrare in politica, giocavamo un ruolo molto efficace d'informazione presso la UE sulle discriminazioni. In molti mi chiamano ancora oggi quando arriva loro qualche cosa. Ma rendere un servizio ai discriminati di ogni sorte è più facile come semplice militante che come membro del governo o come eletta nella UE.

I rappresentanti politici rom sono la speranza dei Rom, ma non sono mai stati molto efficaci. Si sentono investiti di una missione e fanno del loro meglio. Ma quando uno di loro prende la parola, davanti al Parlamento ungherese, numerosi eletti escono dalla sala. Anch'io, quando ho suggerito al mio gruppo politico che prima dell'adesione della Bulgaria e della Romania, dovevamo cambiare la politica dell'immigrazione in seno alla UE, sono stata derisa da tutti. Si sono presi gioco di me, dicendo che la questione era già stata trattata nel processo di adesione.

La Commissione pubblicherà entro luglio un rapporto sulle politiche, gli strumenti esistenti ed i progressi realizzati da ciascuno stato membro per l'integrazione dei Rom. A settembre si terrà una conferenza a Bruxelles. Cosa possono sperare i Rom e gli stati?

L'integrazione! Che il governo dia una risposta immediata alle discriminazioni! I Rom in Italia attendono una risposta. Io non so cosa possa proporre Bruxelles. C'è urgenza. E' per questo che abbiamo iniziato a lavorare con le OnG. Ed in attesa di ottenere dei fondi di Bruxelles specificatamente per i Rom, l'Italia e la Romania dovranno regolare il problema. Per quanti sono in Italia, il meglio sarebbe una regolarizzazione caso per caso degli ex-Yugoslavi. E, per i Rom rumeni, cominciare seriamente ad integrarli in Romania.

Propos recueillis par Anne Rodier

 
Di Fabrizio (del 12/06/2008 @ 09:33:46, in media, visitato 1520 volte)

Da Roma_Daily_News

La commedia "Rromeo thaj Julieta" ha ricevuto il Premio per il migliore spettacolo "off" del Festival della Commedia Nazionale festCo, organizzato dal Teatro della Commedia di Bucarest.

Come presentato nel discorso di apertura degli organizzatori, "la commedia affronta un argomento, troppo spesso considerato un tabù (l'argomento della minoranza etnica Rom in Romania), trattato con humour ed ironia. Il testo intende smantellare i clichés sociali sui Rom, portandoli assieme sotto un ombrello comune, più o meno divertente, delle polarizzazioni e dei preconcetti che tutti abbiamo sulla vita in generale."

Il ruolo di Romeo è stato interpretato dall'attore rom Sorin Aurel Sandu.

DIVERS – www.divers.ro

 
Di Fabrizio (del 14/06/2008 @ 08:58:10, in media, visitato 1815 volte)

Si intitola così il libro che le edizioni BFS propongono, destinato non ai cani ma ai loro padroni. È nato pensando al fatto che alcune cose, alcuni concetti, siano molto semplici. E che in realtà non c’è nulla di complicato nella questione “zingara”, se non le barriere mentali che noi stessi costruiamo. Ne pubblichiamo qui l’introduzione.

Chiariamo subito una cosa. Questo libro non è destinato ai cani, ma ai padroni dei cani. È importante dirlo. Non è scritto pensando che chi vuol capire qualcosa in più sull’antiziganismo – ossia sui pregiudizi contro rom e sinti – sia un cane. Anzi. Questo libro è nato pensando al fatto che alcune cose, alcuni concetti, siano molto semplici. E che, in realtà, non c’è nulla di complicato nella “questione zingara” se non le barriere mentali che noi stessi costruiamo. Questo scritto, quindi, affronta alcuni luoghi comuni sugli “zingari” e cerca di spiegare perché non hanno senso.

Gli “zingari”

Finora abbiamo scritto “zingari” tra virgolette. Cominciamo dai termini corretti. Non si può, infatti, parlare di qualcosa e usare termini sbagliati. Perché è sbagliato usare la parola “zingari”? Prima di tutto perché si tratta di un eteronimo. Cioè di un termine attribuito dall’esterno, imposto. Se vogliamo ragionare insieme e dialogare, dobbiamo chiamarci con il nostro nome.
La parola “zingaro” di per sé non è dispregiativa, come non lo sarebbe la parola “negro”. Negro, una volta, non era un dispregiativo. Ora lo è diventato. E se il termine “zingaro” non avesse un carattere negativo? Potrebbe pure essere corretto se nella trattazione ci si riferisse ad un insieme di gruppi molto eterogenei tra loro per lingua, cultura, valori, modi di vita. Se si vuole invece far riferimento a gruppi particolari, è appropriato utilizzare termini più specifici. Se poi desiderassimo essere aperti alla comunicazione, ancora di più dovremmo rispettarci e chiamarci con il nostro nome. Se invece vogliamo esprimere dei pregiudizi, va benissimo.
Se vogliamo riferirci ai gruppi presenti storicamente in Italia, dovremo parlare di rom e sinti. Ogni gruppo ha poi denominazioni specifiche. Ci sono i rom napulengre (di Napoli), i rom abruzzesi, i sinti piemontesi, lombardi, veneti, teich (tedeschi), marchigiani, emiliani. E poi ancora ci sono i roma harvati, detti anche istriani o sloveni, anch’essi cittadini italiani dal secondo dopoguerra. Rispetto a questi ultimi, infatti, va considerato che il rimescolamento geografico dei rom e sinti europei a causa delle due guerre mondiali è stato forte. Durante il nazifascismo, poi, sono stati deportati e sterminati, per non essere infine riconosciuti come vittime di persecuzione razziale neppure al processo di Norimberga.
Negli ultimi anni ci sono anche state nuove migrazioni. Non stiamo parlando di nomadismo, ma di migrazioni. Molti rom sono giunti da diversi paesi dell’ex Jugoslavia, sono scappati dalle persecuzioni e dalle guerre. Recentemente molti rom sono giunti dall’Est Europa, principalmente dalla Romania, ma anche dalla Bulgaria e dalla Slovacchia. Migrano perché in questi paesi, oltre ad esservi meno ricchezza economica, vi è molta discriminazione nei loro confronti. Non che in Italia non ce ne sia, ma almeno c’è qualche opportunità in più di rifarsi una vita.

I “nomadi”

Il termine “nomadi” andrebbe usato solamente nel caso in cui si stia parlando di gruppi che effettivamente praticano il nomadismo. Pare un concetto nient’affatto complicato. Eppure è un argomento difficile. Oltre il 95% dei rom e sinti presenti in Italia non pratica il nomadismo. Anni fa i gruppi sinti si spostavano molto di più, giravano per i paesi, praticavano vecchi mestieri. Ma le cose cambiano.
Se non sono nomadi, perché i rom e i sinti vengono sempre etichettati come nomadi? È uno dei temi interessanti da affrontare. Una delle ragioni dell’odio nei confronti di rom e sinti è dovuto alla loro presunta non integrabilità. Il nomadismo calza bene con questo concetto. In uno stato-nazione fondato sul territorio, sulla sua difesa, sull’identità territoriale, uno che non è legato al territorio è pericoloso. Più o meno inconsciamente il nostro ragionamento si alimenta del fatto che questi “nomadi” non sono integrabili, che non lo sono perché non sono legati ad un territorio. Quindi sono asociali. Sono infatti asociali in quanto, si legge nelle carte del III Reich che giustificavano il loro internamento e sterminio, possiedono il gene del nomadismo, il Wandertrieb.
Come accennavamo prima, durante il processo di Norimberga non venne riconosciuto il fatto che lo sterminio di quasi un milione di rom e sinti sia stato dovuto a ragioni razziali. In fondo, si disse, erano stati perseguitati in quanto asociali. Certo, ammisero i giudici, tutti gli “zingari” sono asociali per vocazione innata. Razzialmente asociali allora? No, ma in fondo tutti sappiamo che gli “zingari” sono asociali e non integrabili. Questa logica fa acqua da tutte le parti, ma si comprende benissimo dove vada a parare.
È qui che lo “zingaro” cade a fagiolo. Perché in qualche modo ci fa comodo identificarlo con il nostro peggior nemico. Sono i nomadi coloro che mettono in pericolo il nostro ordine, coloro che ci derubano, che ci rapiscono i bambini, che stuprano le nostre donne. Li odiamo. Oppure li vogliamo normalizzare, rieducare. Ecco allora che siamo noi a voler portare via loro i bambini per educarli, integrarli nelle leggi di ordine, proprietà e uniformità. Il termine “nomade” è difficile da combattere per queste ragioni.
Ma forse i rom e sinti non si riconoscono in questo ruolo. Forse non sono i razziatori. Forse non agiscono per danneggiare qualcosa o qualcuno. Insomma: e se, invece, tutto fosse solo nella nostra testa?

I figli del vento

Il pregiudizio non è solo negativo. Quello positivo può essere altrettanto dannoso. Infatti, non ci aiuta certo nella comprensione. Lo “zingaro” libero, figlio del vento, l’artigiano nomade che lavora il rame, l’allevatore di cavalli, appartenente al popolo anarchico per eccellenza, che balla e canta melodie struggenti al chiaro di luna, che dorme sotto le stelle e vive alla giornata. Sono in genere nient’altro che luoghi comuni dell’esotismo, proiezioni romantiche di ciò che vagamente vorremmo essere. In ogni caso, sono costruzioni arbitrarie e unilaterali.
L’idea del Wanderer (“viandante”) era centrale nel romanticismo tedesco di inizio Ottocento. La fuga come desiderio poetico statico – desidero la fuga perché sono incapace di realizzarla – è però ben diversa dalla fuga reale o immaginaria, ma creativa e ricombinatoria, di chi ricerca e persegue la trasformazione.
L’attrazione astratta ed asettica verso colui che è capace di lasciare tutto (gli affetti, la casa, le proprietà) per mettersi in viaggio verso l’ignoto rischia di essere il contraltare dell’odio e del desiderio di annientamento nei confronti di chi incarna questa capacità. La staticità monolitica del III Reich, apice dello sforzo omologante ed identitario sorge, non a caso, in seno alla stessa società che ha generato l’idea romantica del Wanderer, a suo modo nutrendosene. Da Wanderer a Wandertrieb il passo può essere breve.

Gli “zingari” vogliono integrarsi?

Se gli “zingari” vogliano integrarsi è una delle domande più comuni che circolano. A chi chiede una cosa simile mi è capitato di rispondere di sì, che in realtà la stragrande maggioranza dei rom e sinti che vivono in Italia vogliono integrarsi. Ed è un dato di fatto. Se solo fossimo capaci di ascoltare, ci verrebbe detto da loro stessi.
Se inoltre fossimo capaci di vedere, ci accorgeremmo che quelli che noi etichettiamo come “zingari” sono solo una parte dei rom e sinti presenti in Italia. Molti rom e sinti sono assolutamente “integrati” e mai si sognerebbero di andare a dire in giro di essere “zingari”. Hanno una casa, un lavoro, le donne non portano le gonne lunghe. Nessuna di queste caratteristiche in realtà è fondamentale per essere rom o sinti.
Ma torniamo all’“integrazione”. Cosa intendiamo con “integrarsi”? Non facciamo confusione. Non vuol dire assimilarsi. Se per un attimo prendiamo in considerazione il fatto che in una società integrarsi significhi convivere civilmente ed essere rispettati nella propria diversità, allora può andare bene. Purtroppo le società aperte a questo tipo di integrazione sono rare. Assimilare, invece, vuol dire pretendere dall’altro l’omologazione: un atteggiamento molto più diffuso.
Pur essendo ottimista e considerando l’integrazione possibile in una società aperta, quando sostengo che i rom e i sinti vogliono integrarsi provo sempre un forte disagio. Proviamo anche solo un momento a dircelo da soli: “Sono integrato”, “Mi sento pienamente integrato”. Deprimente. L’integrazione, insomma, è una fregatura. Non prevede l’apertura verso l’altro, il diverso. Al massimo lo tollera, se è disposto a sottomettersi alle leggi civili.

Famiglia e famiglie

Il nostro concetto di famiglia, poi, raggiunge il suo apice quando finalmente le istituzioni cercano di dare risposte alle situazioni più critiche, spesso create da loro stesse. Esempio. Un campo viene sgomberato per accorgersi solo dopo, stranamente, che intere famiglie con bambini piccoli sono state lasciate per strada, magari in pieno inverno. In tali casi, le istituzioni “cattive” che hanno messo in strada le famiglie fanno un passo indietro, e subentrano quelle “buone” – loro stesse, a volte – che per necessità devono intervenire. I bambini vanno tutelati. Come se i bambini non fossero parte della famiglia. Come se la tutela dei bambini non passasse attraverso i diritti dei genitori. Come a voler dire che in realtà sarebbe meglio, per il bene dei minori, separarli dai loro padri e madri incapaci, che forse li maltrattano e li sfruttano pure. In queste circostanze imbarazzanti, spesso viene offerta una “soluzione” assistenziale solo ai bambini e alle loro mamme. I nuclei familiari vengono in pratica smembrati. I padri restano tagliati fuori e si trovano, da un giorno all’altro, per strada. Riempiamoci la bocca di famiglia, allora, per usarla come randello e strumento di coercizione e ordine, da tirare fuori quando è utile per poi riporlo quando intralcia.
L’idea di integrazione di rom e sinti che coviamo nel profondo passa proprio da questo. Dall’annullamento di ogni legame con i genitori, con il passato, con una cultura rom e sinta che giudichiamo irredimibile.

Emergenza campi

L’assunzione dello stato di emergenza è un classico nella gestione del “problema zingaro”. Così come sono dei classici le promesse fatte e non mantenute dalle istituzioni. E anche la collocazione dei campi in “nonluoghi”, in prossimità di frontiere, vicino ai cimiteri, accanto alle discariche, tra gli svincoli autostradali. E, infine, l’utilizzo fallimentare del privato sociale per la realizzazione di percorsi di scolarità e rieducazione.
Gli “zingari” vengono spesso trattati alla stregua di spazzatura. Nessuno li vuole sul proprio territorio. I soldi spesi per i campi vengono buttati senza controllo, senza alcun monitoraggio, vengono dati dalle istituzioni pubbliche al settore del privato sociale per scaricare un problema, mai per risolverlo. Puntualmente va a finire che la situazione non migliora per i rom, mentre il privato sociale tende non a risolvere i problemi ma a campare di quello che ne ricava, gestendo luoghi infami e badando bene a non criticare l’istituzione che fornisce i finanziamenti.
Esiste un problema di logica elementare nelle politiche di “delocalizzazione” dei rom. O si trova un luogo isolato da tutto e da tutti, oppure ci sarà sempre qualcuno per cui la delocalizzazione è in realtà una localizzazione “a casa propria”. Per questo si finisce sempre per destinare i campi a nonluoghi. Andiamo al punto: chi non vuole gli “zingari” a casa propria dovrebbe ammettere chiaramente che l’unica soluzione è sterminarli. O vogliamo ipocritamente pensare che chi non li vuole a casa propria trovi qualcuno che li accolga altrove?

Buone azioni o cattive pratiche?

Con queste premesse, come si può chiedere ai rom e sinti di “rispettare le regole” in cambio della presunta concessione di diritti? Quali diritti? L’idea di sedersi ad un tavolo e discutere con i diretti interessati per uscire da condizioni spesso drammatiche, mettendo in gioco tutte le energie vitali possibili, a nessuno passa nemmeno per la testa. La pianificazione nel sociale (ovvero in ciò che ha a che fare con la dimensione della socialità, della relazione) in Italia è quasi sempre un fallimento. Gli “zingari” rappresentano, in questo ambito, una cartina di tornasole.
Insomma, questi esperimenti privi di strategia complessiva sembrerebbero puntare alla rieducazione. Anche tralasciando il cupo retroterra di questo concetto, che quantomeno rimanda ai gulag – sempre di campi si tratta – non è possibile tacere sul fatto che la rieducazione, esplicita o implicita, è nemica del coinvolgimento diretto. E se questo non viene perseguito è perché manca il riconoscimento di base, quello al diritto di esistenza. Esisti, ti riconosco, parlo con te, ti ascolto.
In questo vuoto comunicativo succede spesso che gli operatori impreparati si fidino, per tenere sotto controllo i rom giustamente incazzati, di quei rom che sui campi come terra di nessuno ci fanno affari. I furbi e i delinquenti che tengono a bada coloro che si sentono schiacciati. Con il passare del tempo, i campi diventano luoghi ingestibili, pieni di miseria e frustrazione, in cui l’apatia è un peso che spinge sempre più in basso, là dove comandano i furbi.
Nel constatare un riprodursi perenne di problematicità, l’istituzione si indigna. Vorrebbe che i derelitti che sta salvando fossero riconoscenti, e vorrebbe vedere secoli di emarginazione svanire davanti ad una buona azione caritatevole. Invece rom e sinti non accolgono la rieducazione e nemmeno ringraziano. Magari sfasciano tutto. Nel frattempo, in genere, crescono le pressioni da parte della “gente” e di chi alimenta l’odio per professione e, con queste, anche l’astio e l’impotenza in chi pensava di poter risolvere il problema. A questo punto si abbandona la via assistenzialista e si passa alla repressione, all’espulsione, allo sgombero.

Il sospettabile mostro

Il semplice fatto di essere “zingaro” e di vivere in un campo fa cadere una persona nella categoria dei sospettabili. Se poi un rom o un sinto infrange le regole, i giornali, il sistema politico e l’opinione pubblica si scatenano.
Fa strano vedere come l’opinione pubblica sia scossa e spiazzata davanti al gioco dei sospettabili. Gli “zingari” sono sospettabili. Anzi, colpevoli. Ma quello, quello era uno dei nostri. Il marito che picchia la moglie, la signora che uccide il figlio che frigna troppo, il figlio che uccide la madre e il fratello, i pedofili che agiscono negli asili e tra le mura di casa. Stranamente, mentre in Italia crescono i fatti di sangue e la violenza in famiglia, la gente ha sempre più paura dell’altro, di chi appartiene alla categoria dei sospettabili. Il cittadino integrato non si vuole chiedere perché la nostra società partorisce crescente frustrazione e violenza, non si ferma a ragionare sul tessuto sociale che si disgrega, sull’incertezza del lavoro e del futuro, sulla banalità del successo dei meccanismi di potere che dividono i cittadini integrati in coloro che fottono o sono fottuti, in winners or losers. Se la paura rimane, lo sfogo si focalizza sul sospettabile, su colui che temo possa rubarmi i privilegi accumulati, con o senza merito, o che possa rendermi ancora più precaria ed insicura la vita.

Il nostro giudizio universale

Qualche anno fa ho lavorato ad uno studio sulla relazione tra la salute dei bambini e le condizioni di vita in cinque campi di rom kosovari e macedoni. La decisione di approfondire questo tema non era una mia idea, ma nasceva dal confronto con le famiglie che vivevano nei campi: la questione della salute dei bambini era la loro maggiore fonte di ansia. I genitori erano preoccupati per la salute dei loro figli. Lo studio dimostrò che gli effetti di tali condizioni sono devastanti. Non certo per colpa dei genitori. Quelle famiglie che vivevano in campi regolari, messi in piedi dalle amministrazioni locali di cinque capoluoghi di provincia, non potevano fare di meglio. I colpevoli erano e sono le istituzioni, sole responsabili di un danno al futuro dei bambini rom che non pagheranno mai.
Siamo sinceri. Possiamo dire che vi sono bambini (non necessariamente rom) sfruttati dai loro genitori e/o da organizzazioni criminali. È tragicamente vero. Ma attaccare i rom e i sinti su questo piano è operazione subdola e razzista. I rom e i sinti amano i propri figli come ogni genitore. Con chiare eccezioni, come ovunque nel mondo. Che vi siano rom e sinti che rubano è innegabile. Il furto è sempre esistito (da sempre sanzionato) in tutte le società e tanto più in quelle in cui è accentuato il divario tra benessere e miseria. Poi ci sono anche gli insospettabili che rubano ben protetti in alto, delle istituzioni (pubbliche o private) e che a molti possono persino fare invidia per la facilità con cui accumulano successo e denaro.
La questione non è negare che vi siano rom e sinti che delinquono. Il problema è quello di parlare di rom e sinti come dei delinquenti. Questo equivale a stravolgere la realtà, a raccontare menzogne. I rom e sinti che vivono nei campi sono le prime vittime di questo pensiero.

Eppure non basta mai

Intanto, comunque, i rom e sinti arrancano. Sfangarsi non è facile. La strada per liberarsi dal peso del pregiudizio è in salita. Si può vivere come se non esistesse? La letteratura scientifica è piena di studi sulle implicazioni negative dell’appartenenza a gruppi emarginati, sulla difficoltà di credere nelle proprie forze al di là dei meccanismi di oppressione. È facile chiedersi perché i rom non escono dai campi e non trovino delle soluzioni alternative.
Ho visto un’opera di suore rifiutarsi di accettare donne rom in corsi per collaboratrice domestica che avrebbero dato loro accesso al permesso di soggiorno ed a un’eventuale occupazione. Le suore hanno una paura fottuta degli “zingari” come chiunque altro. Figuriamoci un datore di lavoro medio. Un’amica che fa la bidella ha una paura tremenda che si venga a sapere che è sinta. Perché dovrebbe avere paura? Ha un lavoro regolare, paga le tasse. Eppure non basta mai. Se non hai un lavoro è perché sei un disadattato, se lo hai sei automaticamente sospettato di combinare guai. Non fa differenza se lavori, se hai una casa, se i tuoi figli vanno alle superiori. Lo stigma dell’essere un non integrabile continua a perseguitarti.
I rom e i sinti sono belli e brutti, intelligenti e stupidi, modesti e arrivisti, sinceri e falsi, aperti e chiusi come tutti noi, come i nostri parenti e i nostri vicini di casa. E si trasformano e si adattano al mondo. Ogni volta che ho una certezza, le nuove conoscenze la spazzano via. Più vado avanti e più mi accorgo che alle domande che mi pongono sui rom e i sinti rispondo: «dipende». L’uomo nero è una nostra invenzione, è frutto del nostro sistema e delle nostre proiezioni. Tocca a noi, e non a rom e sinti, comprendere cosa lo genera e lo alimenta.

Lorenzo Monasta

Lorenzo Monasta
è nato ad Embu (Kenia) nel 1969. Si è dottorato in epidemiologia con una tesi sulla relazione tra salute dei bambini e condizioni di vita in campi di rom macedoni e kosovari in Italia (vedi in www.osservazione.org). È tra i fondatori di OsservAzione, centro di ricerca azione contro la discriminazione di rom e sinti. Sulla loro condizione ha pubblicato: Vite Costrette (con B. Hasani, Ombrecorte 2003); Note sulla mappatura degli insediamenti di Rom stranieri presenti in Italia (In Italia Romaní, Vol. IV., a cura di C. Saletti Salza, L. Piasere, CISU 2004); Cittadinanze imperfette (con N. Sigona, Spartaco 2006).

 
Di Fabrizio (del 25/06/2008 @ 10:13:45, in media, visitato 2183 volte)

Da Roma_Italia

di Dinorah Cervini e Paul Nicol Adriana ha diciotto anni e tre figli. Dopo cinque anni trascorsi in italia, vivendo in condizioni indescrivibili, torna con il marito in romania. Lorel, cinque figli, campa recuperando tra i rifiuti napoletani rame e alluminio. Florin, in italia da otto anni, fa il muratore e vive in una bella casa. Sono alcune delle storie raccontate nel servizio che falò ha realizzato nei campi nomadi di Napoli e Reggio Emilia, in una comunità che in italia viene accusata delle peggiori nefandezze e soprattutto di rubare i bambini. Nelle scorse settimane due casi di presunti tentati rapimenti hanno fatto la prima pagina dei giornali, proprio nel momento in cui il governo varava le nuove misure su clandestini e sicurezza. Facile l’associazione di idee fra i rom brutti, sporchi e cattivi e l’insicurezza percepita da chi vive nelle periferie e nei quartieri popolari. Ma è davvero tutta colpa dei rom? E quanti sono davvero quelli irregolari? Come si difendono dalle accuse di essere tutti ladri e malfattori? I tentativi di risposta nel servizio di Dinorah Cervini e Paul Nicol.

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Di Fabrizio (del 27/06/2008 @ 10:54:34, in media, visitato 1689 volte)

Da Roma_Daily_News

Migliorare via internet le opportunità per le minoranze svantaggiate. Il ruolo delle pagine web di idebate.org nell'affermare la causa Rom

Presentazione di Valery Novoselsky per il BarCamp 2008 ad Istanbul, 21-22 giugno 2008.

L'affermarsi di Internet e la sua crescita di popolarità come strumento di ricerca, istruzione e comunicazione ha grandemente migliorato le possibilità per le comunità svantaggiate, come i Rom, di partecipare nelle attività politiche e contribuire al rafforzamento del movimento Romani a livello pan-Europeo.

Col decrescere del divario digitale sempre più individui ed organizzazioni Romani usano portali internet, forum e chat come fonte di informazione o come mezzo di pressione. Internet è anche uno strumento essenziale nel costruire ed aumentare le relazioni con altre comunità e per l'integrazione della tematica Rom.

La diplomazia pubblica Rom si focalizza oggi nello stabilire o costruire relazioni con altre comunità, maneggiando le informazioni, conducendo ricerche e facendo presentazioni ed internet sta diventando un mezzo attuale ed essenziale per questo. In seguito, analizzerò come idebate.org è diventato parte essenziale del processo attuale nel processo di costruzione nazionale nella comunità Rom.

Contesto storico

Sin dagli inizi negli anni '70 la parola Rom, scelta tra le tante denominazioni di quanti erano chiamati "Zingari" dagli altri, ha iniziato a dominare il dibattito politico. La parola "Zingaro" ha origine nella parola "Egitto", come l'inesatta presunta regione di origine dei Rom. D'altra parte, questa parola "Zingaro"  non è mai stata usata dalla maggioranza dei Rom stessi, molti dei quali considerano la parola Zingaro e i termini corrispondenti in altre lingue, come Tsigan o Gitano, peggiorative. Nonostante il fatto che non tutti i popoli percepiti come Zingari dalla maggioranza si riferiscano a loro come Rom, la parola "Rom" è diventata il termine più politico.

I Rom non costituiscono un gruppo etnico omogeneo, ma incorporano una varietà di gruppi e sottogruppi etnici correlati, ognuno con una propria identità. D'altra parte, sin dagli inizi degli anni '70, stiamo assistendo alla crescita di un movimento politico pan-Europeo ed all'unificazione di gruppi e sottogruppi differenti sotto la bandiera di una comune identità Romani. Questa è la ragione per cui il nome "Rom" è diventato l'autodenominazione preferita di organizzazioni che trattano i diversi aspetti delle "tematiche Rom" a livello locale, regionale e, specialmente, internazionale.

Ci sono molti Rom che parlano varianti isolate o localizzate del Romanes, mentre altri parlano varianti che sono transnazionali come i dialetti Kalderash o Lovara, tra gli altri. Il Romanes è una lingua che appartiene al gruppo Indo-Iraniano della famiglia contemporanea delle lingue Indo-Europee, e relato a lingue che sono diffuse in Pakistan e nell'India del nord-ovest. Di solito, i Rom parlano anche la lingua principale della regione o paese dove vivono. I moderni linguisti collegano il Romanes al dialetto Pothohari della lingua del Punjab, che è parlata in Pakistan e nell'India del nord-ovest. Ma parlare il Romanes non è un elemento obbligatorio dell'identità Rom, dato che molte comunità, come la maggioranza dei Rom in Spagna o Ungheria, hanno perso questo linguaggio o sono stati forzati ad abbandonarlo in seguito a politiche assimilazionistiche

La possibilità e la sfida di internet

Sin dagli inizi degli anni '90, Internet è diventato un mezzo di comunicazione di massa, ricerca e diplomazia pubblica. Ha un impatto vitale nello sviluppo della coscienza politica dei gruppi minoritari come i Rom. Internet fornisce nuove opportunità e funzioni come piattaforma per iniziative culturali, politiche e diplomatiche e rende le preoccupazioni pubblicamente evidenti.

Internet è già usato per rafforzare la comunità Romani permettendo comunicazioni rapide tra i confini che è particolarmente importante per una comunità, che vive sparsa attraverso l'Europa e il mondo. Questa interazione permette di condividere esperienze, risolvere problemi simili condivisi dalla comunità ed unirsi per trovare una soluzione alle numerose sfide. E' anche importante per l'integrazione della tematica Rom come mezzo di ottenere una soluzione.

Gli obiettivi per lo sviluppo della propria comunità richiedono ai professionisti Rom di utilizzare attivamente gli strumenti on-line per informare il pubblico delle preoccupazioni della comunità. La strategia della diplomazia pubblica Rom si focalizza nel costruire relazioni con altre comunità, nel maneggiare informazioni, condurre ricerche e facendo presentazioni efficaci. In vista di tali mansioni l'integrazione di Internet nel comportamento della diplomazia pubblica è essenziale, attuale e supportiva.

Gli effetti di Internet nello stabilire un'unità Romani virtuale

Le moderne tecnologie di comunicazione trasformano i modi di interazione sociale e networking. Il diffondersi di Internet sta generando comunità virtuali in cui individui simili interagiscono tra loro attraverso lo spazio e il tempo. La creazione di relazioni, costruzione di alleanze, condivisione di testi e grafica, si sviluppa in progressione geometrica. Questo processo fornisce la possibilità di far crescere comunità virtuali, dove i partecipanti, oltre ad usare internet come fonte di informazione, possono diventare attivamente coinvolti ed esprimere/sviluppare il loro interesse e senso di comune appartenenza alla comunità (sociale, culturale, etnica/nazionale, politica, ecc.).

Queste tendenze interessano inevitabilmente la comunicazione interna ed esterna delle comunità Rom, del movimento politico Rom e le relative politiche a livello pan-Europeo ed internazionale.

Il senso di consapevolezza, solidarietà ed identità delle comunità virtuali esistenti è stimolato e rafforzato nel processo della comunicazione online. Questo è persino il caso dei Rom, una comunità che è presente in tutto il mondo. Il Web permette a queste comunità, da una parte, di superare la loro separazione geografica e, dall'altra parte, di mobilitarsi culturalmente, socialmente e politicamente. Questa unificazione è facilitata attraverso la comunicazione e lo scambio giorno per giorno delle tematiche politiche e nella ricostruzione di esperienze condivise.

Così, le comunità Rom beneficiano in maniere differenti di Internet:

  • il Web serve come fonte di informazione su diversi argomenti;
  • funziona come mezzo di comunicazione e coordinamento dal livello locale sino alla disposizione di diplomazia e di politica reali;
  • funziona anche come "vetrina" per l'auto-proclamazione e per l'immagine della comunità, lobbying e lo sviluppo e promozione della cultura Romani.

Il World Wide Web offre anche una varietà di servizi, come format per presentazioni, software per l'elaborazione della comunicazione, collezione e disseminazione di informazione, forme di sottoscrizione a comunità e di sottoscrizione, e programmi creati allo scopo di facilitare le discussioni ed applicare le funzioni per gli attivisti comunitari. A tal riguardo, il ruolo dei già esistenti siti web di organizzazioni Rom pubbliche e di associazioni culturali è vitale.

Il ruolo della pagina web idebate.org (http://www.idebate.org/roma/) è diventato significativo in questo senso dalla primavera 2006. L'aspetto di queste pagine è amichevole. Aiuta ad accedere alle informazioni secondo il paese e l'argomento, inoltre c'è un archivio http://euyouthspeak.org/roma/?cat=4 L'opportunità di iniziare o raggiungere le discussioni sui vari argomenti è fornita dai forum online su http://www.idebate.org/discussion/view_forum.php?id=54 che è un utile supplemento alle pagine di articoli.

A lato del ruolo enorme delle pagine web IDEA ci sono agenzie Rom di informazione, come Dzeno e Romea, non possiamo dimenticare il ruolo dell'European Roma Information Office (ERIO). ERIO ha adoperato Internet come mezzo per informare, istruire ed organizzare il popolo Romani, con lo scopo di combattere la discriminazione anti-Rom, far crescere la coscienza sui problemi affrontati dalle comunità Rom e patrocinare i loro diritti. Il panorama di notizie settimanali offerto da ERIO è composto in collaborazione con http://www.idebate.org/roma/

I siti web dei Rom nella mobilitazione etnica e nella comunicazione cross-culturale

Molti siti web di organizzazioni internazionali, come quelli di Romano Centro, European Roma Rights Centre (ERRC), ed European Roma Information Office (ERIO), che si rivolgono primariamente ad attivisti Rom che vivono nelle rispettive località, promuovono un senso di appartenenza alla comunità. Fornendo informazioni aggiornate ed analisi di eventi locali ed internazionali, questi siti simbolizzano, nel contempo, nozioni molto specifiche di comunità che includono la condivisione del medesimo spazio e tempo. Questi siti incoraggiano il senso di comunità, come fanno le loro organizzazioni, e cercano la difesa degli interessi della comunità quando confrontati (rilevanti specialmente nel sito di ERRC). Le pagine Rom di IDEA rispecchiano le le pubblicazioni e le campagne più sensibili descritte su questi siti, giocano cioè il ruolo di supporto nel consolidare internamente la minoranza Rom in Europa.

Un altro aspetto positivo nell'uso del web nella comunicazione cross-culturale è di aiutare a superare la ghettizzazione etnica. Questo tipo di attività è mostrato da annunci via web, richieste, appelli e comunicazione virtuale. Informazioni sulle attività delle comunità e movimenti Rom vengono facilmente trasportati ad un pubblico che è pronto ad adottare queste informazioni, contribuire ad uno scambio di idee e partecipare alla vita comunitaria.

Quindi, al giorno d'oggi le pagine web di IDEA sono tra le fonti affidabili per l'apprendimento della storia contemporanea dei Rom e di attrezzo on-line per la partecipazione. Il design correttamente organizzato di http://www.idebate.org/roma/ contribuisce a trasferire informazioni su argomenti importanti come salute, lavoro, casa, istruzione e politica ai lettori interessati in una maniera più accessibile.

A causa del relativamente facile accesso e dei bassi costi, la gente ha preso Internet come un mezzo emancipatorio per aprire canali di scambio d'informazioni e creare un innovativo spazio politico. Rappresentanti di una minoranza etnica sono oggi capaci di rendere pubblico il proprio punto di vista e reclamare attraverso Internet la loro identità. Le comunità web hanno permesso al popolo Romani di sviluppare relazioni che spesso sono inter-culturali e cross-culturali.

D'altra parte, causa il significativo tasso di povertà, le barriere linguistiche e l'analfabetismo tra i Rom, il divario digitale è ancora molto presente. Le comunità Rom hanno perciò un bisogno urgente di propri centri Internet, punti di raccolta ed istituzioni per formare gli esperti tecnici locali che possano fornire il supporto ICT per le organizzazioni senza scopo di lucro e di supporto legale.

Il ruolo del Internet nella prestazione della diplomazia pubblica Rom, particolarmente per le giovani generazioni

I moderni significati di comunicazione elettronica costituiscono il più ovvio cambio strutturale dello sviluppo in cui hanno operato gli attivisti delle pubbliche relazioni durante le ultime due decadi. Le diplomazie pubblica e dei media devono essere viste come complementari. Di conseguenza, l'interazione con i media dovrebbe essere il punto focale del lavoro quotidiano di un professionista della diplomazia pubblica.

E' diventata una pratica standard per i moderni attivisti Rom, di consultare regolarmente i siti web di differenti agenzie informative nazionali ed internazionali. Ogni attivista politico ha anche familiarità con le homepage di organizzazioni ed istituzioni rilevanti per il proprio lavoro. Gli attivisti Rom oggi si mettono in rete con colleghi attraverso il mondo, contando sull'accesso facile ad importanti, aggiornate, informazioni web. L'accesso a Internet aumenta la somma di informazioni che una persona deve processare, selezionare e disporre in un sistema conoscitivo.

Le pagine web di IDEA già servono come canale per l'espressione delle preoccupazioni e della fonte di informazioni per gli strati intellettuali entro le comunità Rom. Mentre la condivisione delle informazioni è diventata più facile, la gestione delle informazioni è diventata più appropriata. Nuove procedure elettroniche devono essere stabilite ed elaborate. I gestori delle informazioni e conoscenze Rom devono essere istruiti ed adeguatamente posizionati nelle strutture direttive delle OnG Romani. I siti web hanno bisogno di sviluppo e manutenzione professionali e dovrebbero assumere un importante funzione nella rappresentazione di una nazione non-territoriale Rom. Queste mete sono state parzialmente raggiunte nella funzione della nostra pagina web e molto lavoro dev'essere ancora fatto!

Conclusioni

Il ruolo di Internet è importante nel mantenere la comunicazione e coordinamento delle comunità Rom sparse attraverso il mondo. Aiuta la diffusione e la discussione di informazioni sensibili su temi rilevanti. Gli attivisti Rom hanno bisogno di usare una strategia per la diplomazia pubblica che costruisca relazioni, il comprendere le culture ed i bisogni di altre culture ed identificare aree comuni di interesse.

La diplomazia pubblica Rom può realizzare un insieme di obiettivi: aiutare gli altri a pensare alle tematiche Rom; creare un'opinione positiva sulla comunità Rom; promuovere per esempio il profilo di individui Romani di successo; incoraggiare gli altri a vedere al comunità Rom come destinataria di relazioni e ricerche; e permettere appoggio pubblico e politico alle preoccupazioni delle comunità Rom. Tutti questi obiettivi sono più facilmente raggiungibili per l'attività delle pagine web di IDEA, che rispecchia le preoccupazioni e speranze del popolo Romani e, nel contempo, chiede una risposta d'aiuto ai lettori.

Attraverso la pratica di condividere informazione e conoscenza online, le comunità Rom disperse diventano coscienti della loro comune eredità e sono disposte ad integrarsi con la nozione di unità etnica. Questo processo è proseguito da quando le reti Rom già esistenti sono diventati attori internazionali influenti nel campo della diplomazia pubblica. Il punto positivo è che tutte queste reti sono presentate pubblicamente su http://www.idebate.org/roma/ tramite la pubblicazione del loro materiale sui temi più importanti.

 
Di Fabrizio (del 02/07/2008 @ 19:08:52, in media, visitato 1657 volte)

Da Il Manifesto

di Giacomo Russo Spena

"La discriminazione contro di noi è accettata e condivisa, non fa neanche più scandalo". Eva Rizzin, trentenne nata ad Udine, è una delle tante sinte italiane. "Stiamo qui dal 1400 - precisa - Nomade è infatti un termine improprio, la maggior parte di noi è sedentaria". Laureata con una tesi sulla sua comunità e dottorata sui fenomeni dell'antiziganismo, oggi lavora con l'associazione articolo 3, un gruppo che difende "tutte le minoranze discriminate". Rom, ebrei, omosessuali e migranti.

Che ne pensa della proposta di Maroni di schedare con le impronti digitali i bambini dei campi?
Mi inorridisce. E' una proposta demagogica, discriminante, persecutoria. Di stampo razzista. Ci riporta indietro nella storia: durante la II guerra mondiale sono stati sterminati dai nazisti dai 400 ai 600 mila rom e sinti. Per motivi razziali siamo stati seviziati, gasati nei campi di concentramento e usati come cavie per esperimenti medici. Solo perché "zingari". Eravamo indegni di esistere. E l'Italia ha contribuito a questo massacro: già nei primi anni del regime fascista infatti è iniziata la persecuzione dei rom. Oggi ci risiamo. Con leggi non molto diverse.

Ma il ministro dice che il suo intervento è mirato a tutelare i bambini.
Macché. Lui alimenta solo quell'antiziganismo che nel paese ha raggiunto livelli drammatici. Dal 2005 c'è stata un'escalation incredibile: tra sgomberi dei campi, episodi di violenza gratuita come Napoli, per finire ora alla negazione dei diritti. Mi auguro che quella di Maroni sia solo una provocazione senza seguito, perché proposte del genere possono minare la sicurezza di tutti. Sono altri gli strumenti per risolvere delle problematiche realmente esistenti.

Che pensa delle tante le voci sollevate contro la sua ordinanza?
Mi confortano. C'è bisogno di unità e sostegno in questa fase: qualsiasi persona a prescindere dalle appartenenze deve manifestare oggi il proprio dissenso. Se crede nello stato di diritto e nei valori della democrazia. Lancio una campagna provocatoria: chiedere a tutti gli adulti di affiancare i bambini dando anche loro le impronte digitali. Sarebbe un forte segnale politico. Poi spero che le indignazioni degli organismi italiani e internazionali facciano cambiare idea al governo. Esistono strumenti finanziari e normativi dell'Unione Europea, capaci di trovare le giuste soluzioni. Basterebbe applicarli. Ma l'Italia non lo fa.

Interventi di che tipo?
Sono previsti servizi di mediazione interculturale in collaborazione con enti locali e istituzioni. Inoltre si stabiliscono dei diritti primari da dare ai rom, come la casa e l'istruzione. In Italia invece la gente si indigna per le condizioni disumane in cui crescono i bambini nei campi, senza far pressioni per trovare loro una soluzione alternativa. Un giusto alloggio. I campi nomadi infatti sono un'invenzione tutta italiana: la maggior parte di noi vuole il rispetto del diritto all'abitare.

Esiste però un problema di bambini che non vengono mandati a scuola.
Solo in piccola parte. Quelli che non ci vanno sono impossibilitati. Tra sgomberi forzati, comportamenti discriminatori e barriere, come la sostenibilità dei costi e la distanza dell'istituto, la scuola diventa impossibile. Comunque la maggioranza dei bambini inizia il ciclo formativo. La scolarizzazione è una chiave importante per l'emancipazione delle future generazioni. Ma bisogna costruire una scuola che riconosca la cultura dei bambini sinti: nelle classi esistono tuttora forme di segregazione.

Ha delle ricette per contrastare le politiche razziste del governo?
Politiche efficaci si ottengono solo creando una relazione coi rom e sinti. Come suggerisce l'Europa. Invece c'è un'assoluta ignoranza su di noi: si pensa che il furto e l'accattonaggio siano caratteristiche della nostra cultura. Assurdo. Conoscenza, confronto, dialogo e partecipazione sono gli strumenti per sconfiggere i pregiudizi. In questo momento esiste un forte attivismo delle comunità rom, ripartiamo da lì.

 
Di Fabrizio (del 06/07/2008 @ 00:06:15, in media, visitato 1533 volte)

Da MicroMega

di Furio Colombo

LA FRASE DEL GIORNO
“Il ministro Maroni fa bene a mantenere il suo impegno. Se vogliamo aiutare i piccoli zingari dobbiamo sapere chi sono”.
On. Prof. Franco Frattini, ministro degli Esteri, Repubblica Italiana.

Ma tu guarda le combinazioni. Il ministro dell’Interno Maroni (quello che passerà alla Storia per la sua ferma decisione di prendere le impronte digitali dei bambini Rom, metà dei quali italiani), e il ministro degli Esteri Frattini (che sarà ricordato come l’unico uomo di governo che fa pressioni per mandare in zone il più possibile rischiose di combattimento i soldati del Paese che rappresenta), hanno appena finito di parlare del nobile progetto di sapere, magari anche con la prova del DNA, chi sono davvero questi bambini Rom che attentano, molto più che Mafia e Camorra e Al Qaeda, alla sicurezza di “un grande popolo” (vedi discorso di Assunta Almirante, vedova di uno che di impronte e di vere minacce al “grande popolo italiano” se ne intendeva).

Hanno, dicevo, appena finito di parlare in apertura di Tg1 (30 giugno) che “segue notizia”: è in due parti, con una coincidenza che ha del miracoloso.

Parte 1: Quattro zingarelle (sic!) sorprese a rubare (dove? Ma nell’operoso Veneto, che domande!) sono state “accompagnate” in un centro di raccolta (mancano descrizioni dell’accogliente luogo). Ma le ingrate, profittando del fatto che nessuno ha preso le loro impronte, sono fuggite.

Parte 2: Nonostante ciò: alcuni formidabili segugi le hanno prontamente rintracciate tra la onesta e operosa folla del mercato italiano dove - veniamo a sapere - “Avrebbero di nuovo rubato “pena percosse e sevizie del campo nomadi”.

Ma il Tg1 ci ha fatto sentire gli squilli di tromba della cavalleria di Maroni e Frattini. Arrivano i nostri? Dentro il Tg, a distanza di due minuti dall’annuncio, i piccoli zingari sono salvi e tamponati.

P.S. Il giorno dopo la magistratura competente ha dichiarato il caso “inventato” e rimesso tutti (grandi e piccoli) in libertà. Si può capire che i giudici siano così malvisti nel paese di Berlusconi.

 
Di Fabrizio (del 06/07/2008 @ 08:48:25, in media, visitato 1567 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Schedatura dei Rom con o senza rilievo impronte digitali: gli italiani sono decisamente contrari

Abbiamo effettuato un sondaggio a Rimini, riservato esclusivamente ai cittadini italiani. In questo periodo la località balneare romagnola ospita turisti provenienti da tutta l'Italia e dunque il sondaggio è particolarmente rappresentativo del clima che caratterizza il nostro Paese rispetto al progetto di schedatura etnica dei cosiddetti "nomadi". La domanda posta a un campione di 786 cittadini era la seguente: Schedatura dei Rom (con o senza rilievo delle impronte digitali): secondo il governo è un censimento che tutela sia le esigenze di sicurezza della collettività che i diritti delle persone sottoposte al provvedimento. Secondo le organizzazioni per i Diritti Umani si tratta, al contrario, di una violazione della privacy e della dignità dei Rom. Lei è favorevole o contrario? Il risultato del sondaggio va decisamente controtendenza rispetto a sondaggi sullo stesso tema proposti da alcuni quotidiani e ripresi dai politici: favorevole 255, contrari 519, indecisi 12. Schiacciante vittoria del partito dei contrari e dato che, se confermato, attesterebbe un recupero da parte del popolo italiano dei valori antirazzisti e solidali. A.B.

info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com

 
Di Fabrizio (del 09/07/2008 @ 09:50:52, in media, visitato 1688 volte)

Cari Amici!

Vi prego di visitare il sito promozionale http://www.trikkan.netfirms.com/ dell'edizione finale di PURANO MANUSH.

Grazie!

Suresh Kumar Pillai
Diaspora Cultural Programme
Indira Gandhi National Center for the Arts
CV Mess, Janpath, Ne wDelhi 110001
Tel: 91 11 2338602, Fax: 23388280
Mobile: 91 9910357997
Alt Email: diaspora@ignca.org 
http://www.ignca.gov.in/

 
Di Fabrizio (del 11/07/2008 @ 00:40:41, in media, visitato 1515 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Rivolgo un appello a tutti coloro che in questo periodo si sono mobilitati per denunciare il provvedimento del governo relativo alle impronte dei bimbi rom, affinché si proceda rapidamente nei confronti di Panorama e si valuti se ci sono gli estremi per una denuncia : "Continuiamo a difendere e proteggere i bambini!"

Rom nati per rubare e impronte ai bambini
di osservatoriosullalegalita.org

La copertina del settimanale Panorama di questa settimana rappresenta un bambino rom con la scritta: "Nati per rubare" e sottotitolo "LADRI BAMBINI Appena vengono al mondo li addestrano ai furti, agli scippi, all'accattonaggio. E se non ubbidiscono sono botte e violenza. Ecco la vita di strada (e le voci) dei piccoli rom che il ministro Maroni vuole censire, anche con le impronte digitali".

L'Osservatorio sulla legalita' e sui diritti onlus denuncia il messaggio vergognoso e per di piu' falso e disinformativo di tale titolo.

Presupporre che il crimine sia una caratteristica tipica di un'etnia non solo e' una conclusione arbitraria, ma equivale ad etichettare un'intero popolo, a partire dai minori. E il messaggio e' letto da chiunque lo veda esposto in edicola, anche se non compra il giornale.

Il tutto per giustificare le discusse scelte del governo sulla questione sicurezza (e' di oggi la bocciatura da parte del parlamento UE della schedatura dei Rom voluta dal governo italiano).

Ricordiamo, con parole molto piu' autorevoli delle nostre, cosa significa e cosa comporta quanto sta accadendo. E lo ricordiamo soprattutto alle destre, che quando fa comodo (cioe' per opporsi all'Islam o a parte della sinistra che contesta Israele) si schierano con gli Ebrei:

Il presidente dell'Unione delle comunità ebraica in Italia, Renzo Gattegna (agenzia APcom del 15 maggio 2008):
"L'indiscriminata espulsione di massa di un gruppo etnico potrebbe forse produrre momentanei consensi e una breve ed effimera illusione, ma ben presto la vera natura discriminatoria di un simile atto emergerebbe con chiarezza e verrebbero messi a nudo tutti gli errori e le omissioni che nel tempo hanno prodotto questa degenerazione ingovernabile. Porto l'esempio dei nomadi, ma dobbiamo ricordare che le stesse pericolose dinamiche potrebbero colpire chiunque...
Di fronte a gravi crimini commessi da singoli individui che la giustizia non riesce a perseguire, si riversano odio e sospetto su intere collettività senza nessuna distinzione tra persone oneste e criminali. ... Se proseguisse un processo di criminalizzazione generalizzata, sia nei confronti dei nomadi che di qualsiasi altro popolo, gli onesti, abbandonati e discriminati, resterebbero in ostaggio dei criminali. E la sconfitta dello Stato sarebbe totale".

L’ANED (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti) di Roma esprime "la più sentita riprovazione per il disegno di legge che prevede la schedatura dei Rom e Sinti presenti sul territorio italiano, tramite la rilevazione delle impronte digitali come in uso per i criminali. Il provvedimento è particolarmente odioso e inaccettabile, perché rivolto anche ai bambini e a tutti i minori che, finora, anche se privi di documenti, hanno potuto frequentare la scuola pubblica del nostro paese.
Il progetto di schedatura è, oltretutto, in totale contrasto con la Convenzione Internazionale per i Diritti del Fanciullo promulgata nel 1989 dall’ONU e ratificata dallo Stato italiano. Tale provvedimento richiama procedure di schedatura razzista utilizzate dai regimi nazifascisti durante il secolo scorso, per costruire archivi che miravano alla individuazione, emarginazione, concentrazione e conseguente deportazione di ogni minoranza e diversità. Nel caso che questo provvedimento venisse approvato, l’intero Consiglio direttivo dell’ANED di Roma chiede di essere schedato insieme ai Rom".

Il presidente della Comunita' ebraica romana Riccardo Pacifici (agenzia ANSA, 15 MAG):
''Vigileremo affinche' sia garantita, prima di tutto, la sicurezza di tutti noi tutti cittadini italiani, ma anche che le misure adottate a contrasto dei fenomeni criminali non abbiano un capro espiatorio, vittima sacrificale, delle cose che non vanno... Il nostro spirito era e rimane quello di costruire dalla brutta lezione della seconda guerra mondiale un approccio del nostro rapporto con le minoranze basato sulla lotta prima di tutto all'indifferenza, nemica dei diritti di chi subisce l'ingiustizia''.
Per Pacifici la nomina di un Commissario per l'emergenza Rom ''sulla spinta di sentimenti nati dalla paura e che attraversano trasversalmente tutte le forze politiche non e' lo strumento di comunicazione migliore. Le parole hanno un peso. Mentre sarebbe meglio adottare le stesse misure parlando di 'Emergenza sicurezza' generica per reati che provengono da ogni etnia, italiana compresa. La nostra non e' una polemica ma una pacata riflessione per fare in modo che forze xenofobe e razziste estranee alle nostre istituzioni non possano farsi giustizia da sole''.

Il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici (intervista ad Ecoradio):
"Possiamo concordare con il Ministro Maroni riguardo il rispetto della legalità e la tutela dei minori ma il problema è forse l'errore di comunicazione compiuto che è legato all'idea di una schedatura che possa colpire solo certe persone, solo una certa categoria di cittadini. É un errore su cui si rischia di fare una sorta di cortocircuito, su cui bisogna stare molto attenti.
Ci devono essere provvedimenti uguali per tutti i cittadini che vivono nel suolo italiano, immigrati e non. È questo il punto sul quale dobbiamo lavorare. Le impronte ai bambini rom, inoltre, non hanno alcun senso perchè si modificherebbero col passare del tempo e sarebbe vano lo sforzo fatto. È sbagliato, inoltre, fare una legge ad hoc solo per i rom. Non bisogna dare sfogo a chi può coltivare sentimenti razzisti che possono sorgere nei monenti di paura e insicurezza nella popolazione. Dobbiamo fare un'opera di prevenzione.
Ben vengano- conclude Pacifici- iniziative a tutela dei bambini rom nei casi di sfruttamento ma deve emergere nella comunicazione che esiste tutto un mondo di rom dove vige la legalità, dove i bambini vanno a scuola, dove la gente paga le tasse e dove, insomma, si vive nella piena regolarità. Ecco bisogna far emergere anche il buono che c'è in questa comunità e che rappresenta la maggior parte dei Rom."

 

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