Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:24:31, in Italia, visitato 1397 volte)
Autore: Daniele Ulderico
Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo
Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con
grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo
campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco
naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno
rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva
dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare:
in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con
tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di
rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle
politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello
innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le
fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i
diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come
criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e
forme inedite di potere.
Il 31 Gennaio, in piena emergenza freddo, il Comune ha sfrattato una donna
con cinque bambini al villaggio rom di Coltano: questa drammatica verità è stata
occultata da una sequela impressionante di dicerie, diffuse prima dagli
amministratori, poi dal principale partito della città. Una vera e propria
"macchina del fango" mobilitata per screditare un'intera famiglia.
A casa della donna, si è detto, si sarebbero trovati gioielli per centinaia di
migliaia di euro, frutto di attività criminose; i parenti sarebbero proprietari
di una villa e di attività commerciali confiscate dalla magistratura; infine, la
donna sarebbe tra le protagoniste del rapimento della "sposa bambina". Nessuna
di queste informazioni corrisponde a verità.
Per il sequestro dei "gioielli", la signora non è neanche imputata: è stata
giudicata estranea ai fatti, ed è un'altra la persona che andrà a processo.
Quanto alla "villa" dei parenti, il 12 Novembre 2011 la Corte d'Appello ne ha
annullato la confisca, mentre il procedimento di sequestro delle attività
commerciali è stato archiviato dal GIP il 10 Ottobre. Resta l'accusa della
"sposa bambina", su cui permangono molti dubbi che - si spera - verranno
chiariti nel processo.
La realtà dei fatti è molto semplice. La signora è stata sfrattata perché
imputata in un processo. Il Comune la considera colpevole a prescindere dalla
sentenza, violando così la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani e i
principi più elementari del diritto ("l'imputato è innocente finché una sentenza
non abbia accertato la sua colpevolezza"). Con ammirevole candore, il Partito
Democratico afferma che il Consiglio Comunale avrebbe chiesto di "superare, in
questo caso, la cosiddetta presunzione di innocenza". Un principio basilare
dello stato di diritto verrebbe dunque "superato" (sic) dalla delibera di un
Comune! Quando si tratta di rom si sospendono tutte le regole, salvo poi
richiamare gli stessi rom al "rispetto delle regole".
Il PD afferma che in questa vicenda le autorità locali "non hanno nulla di cui
vergognarsi". Perché allora lo sfratto è stato eseguito lontano dagli occhi
indiscreti dei giornalisti? Cosa c'era da nascondere, se tutto era "secondo le
regole"? Si voleva occultare lo spettacolo di una donna e cinque bambini
lasciati al gelo? Si voleva mostrare che la signora aveva "rifiutato le proposte
di accoglienza", nascondendo il fatto che si volevano dividere i piccoli dalla
loro mamma? Lo stesso comunicato del PD indica come soluzione l'affido a terzi
dei bambini (temporaneo, ma per quanto?): l'unica "salvezza" dei figli
consisterebbe dunque nel levarli alla madre… A Pisa quando si parla di rom la responsabilità personale sancita dalla
costituzione svanisce: si accusano intere famiglie, bambini compresi.
Ci pare che il senso vero di questa operazione sia più che trasparente. Il
Comune ha smantellato il programma Città Sottili, sostituendolo con una politica
sistematica di sgomberi. Lo sfratto di Coltano è solo uno dei tasselli di questa
politica, a cui si accompagnano velenose campagne di stampa: si pensi alle
continue esternazioni del Sindaco sulla presenza eccessiva di rom (come se un
gruppo fosse di per sé portatore di problemi). Pisa non è affatto
"all'avanguardia" nelle politiche sociali: le scelte di questa amministrazione
vengono al contrario seguite con crescente inquietudine dalle organizzazioni per
i diritti umani, come dimostra il recente rapporto del Consiglio d'Europa. La nostra città è diventata il teatro di una vera e propria "emergenza diritti
umani": è questa l'amara verità che ricaviamo dalla vicenda dello sfratto di Coltano.
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:20:17, in Regole, visitato 2476 volte)
La notizia mi era sfuggita, grazie a Daniele Mezzana per
la segnalazione
ultimo aggiornamento: 31 gennaio, ore 15:28
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - Mai più foto che ritraggono i volti dei
mendicanti. Lo intima la Cassazione, sottolineando che "non è possibile negare
l'oggettiva valenza diffamatoria" alla pubblicazione di uno scatto di chi chiede
la carità: "la coscienza comune - spiega la Quinta sezione penale - pone questi
soggetti in uno dei gradini più bassi della cosiddetta scala sociale ed è allora
naturale che chi sia costretto dalla necessità a praticare la mendicità e venga
additato come tale si sentirà mortificato e gravemente ferito nella sua
onorabilità".
Se si vuole denunciare il dilagare di un fenomeno, dice la Cassazione, è
necessario "coprire i volti delle persone coinvolte in fenomeni sui quali grava
un pesante giudizio negativo della collettività".
La vicenda analizzata dalla Suprema Corte nasce dalla querela sporta da una
rumena ultratrentenne, Ciurar C., comparsa in una fotografia pubblicata a
corredo di un articolo di un giornale di Trento nel quale venivano riportate le
reazioni e i commenti dei cittadini, pure loro rappresentati fotograficamente,
nell'ambito di una tavola rotonda sul 'pacchetto sicurezza' e sull'istituzione
delle ronde. A corredo del servizio, la foto della rumena accompagnata dalla
didascalia 'una questuante all'opera nel centro storico di Trento'. Il gip di
Trento, il 31 gennaio 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere "perché il
fatto non sussiste" nei confronti del direttore e dell'autore dell'articolo,
ritenendo non diffamatorio l'articolo e le foto improntati a scoraggiare
"fenomeni quali la prostituzione, il vandalismo e l'accattonaggio diffuso". La
Cassazione è stata di tutt'altro avviso.
La rumena fotografata a mendicare ha fatto ricorso in Cassazione, facendo notare
che era l'unica delle persone ritratte a rappresentare il problema che il
'pacchetto sicurezza' avrebbe voluto affrontare e che, nel testo, si parlava di
'accattonaggio diffuso legato ad organizzazioni criminali'. Piazza Cavour -
sentenza 3721 - ha accolto la tesi difensiva della rumena e ha osservato che "la
fotografia di Ciurar C., indicata come questuante all'opera, posta a corredo
dell'articolo non può essere considerata neutra, dal momento che il lettore è
portato ad identificare la persona rappresentata con uno dei mali da combattere
- l'accattonaggio diffuso - e l'ipotizzato collegamento con ambienti malavitosi
- ed uno dei problemi da eliminare per garantire una pacifica vita cittadina".
La Cassazione fa notare che "quando per esigenze di cronaca si mostrano immagini
di persone in qualche modo coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante
giudizio negativo della collettività - al fine di evitare che si crei un preciso
collegamento tra un fenomeno generale e una specifica e individuabile persona
fisica ed evitare quindi la conseguente e inutile carica di disdoro personale,
si usa sgranare o comunque coprire il volto della persona ritratta per renderla
non identificabile".
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:40:58, in casa, visitato 1585 volte)
Corriere
della Sera - I sinti dicono sì al trasferimento entro il 29 febbraio. L'Unar indaga
sulla denuncia per discriminazione.
Il campo nomadi (Fotogramma)
Niente proroghe: il campo nomadi di via Orzinuovi chiuderà formalmente il 29
febbraio, come deciso dalla Loggia. Entro quella data, tutte le 19 famiglie che
ci abitano (alcuni sin dal 1976) «sapranno dove andare», conferma il
vicesindaco, Fabio Rolfi. Ed è proprio per tracciare il futuro di queste persone
che in Prefettura è stato convocato un tavolo ad hoc. A raccolta il sindaco,
Adriano Paroli («È iniziato il dialogo per trovare soluzioni condivise»), Cgil,
Fondazione Piccini, Polizia Locale, una rappresentanza sinti e, non da ultimo,
Emanuele Nitri, dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che fa capo
alla Presidenza del Consiglio. Perché proprio all'Unar, e non solo, era
indirizzata la lettera in cui i sinti denunciavano il Comune di volerli
«cancellare dall'anagrafe» (vedi
QUI ndr). Un punto, questo, «su cui ci riserviamo di valutare
quando avremo risposte e motivazioni dagli uffici competenti», conferma Nitri.
Altra storia, lo smantellamento del campo, «nei tempi previsti», assicura Rolfi
che definisce «passi in avanti importanti» quelli delle ultime ore, visto che i
sinti «hanno accettato la chiusura del campo». Vero, «ma vorremmo stare insieme,
per cui faremo tutti domanda di trasferimento nei prefabbricati del Centro
emergenza abitativa di via Borgosatollo», riferisce Giovanni Torsi. Il Comune,
però, avrebbe già individuato quattro famiglie «disagiate» da destinare agli
alloggi protetti Aler. Tempo 15 giorni per le verifiche, «ma quantomeno si è
iniziato a discutere. E nessuno il 29 febbraio staccherà la corrente nel campo»,
commenta Damiano Galletti, segretario provinciale Cgil.
Di Sucar Drom (del 15/02/2012 @ 09:24:44, in Europa, visitato 1406 volte)
Swissinfo.chRom in cerca d'asilo invernale Discriminati, e perfino minacciati, i Rom non hanno molte possibilità di
ottenere l'asilo in Svizzera. (Keystone) - Di Isabelle Eichenberger
La Svizzera ha registrato negli ultimi mesi un aumento del numero di
richiedenti l'asilo serbi. Un "turismo invernale" che si spiegherebbe con un
peggioramento delle condizioni di vita della minoranza Rom, in Serbia come in
Kosovo.
Un fenomeno analogo era già stato registrato nel dicembre del 2009, quando era
stato abolito l'obbligo di un visto per i cittadini serbi, macedoni e
montenegrini intenzionati ad entrare nello spazio Schengen.
Questa apertura aveva spinto molti di loro a cercare fortuna in Svizzera. Si
trattava per lo più di persone bisognose, di etnia Rom, che pur sapendo di non
aver diritto all'asilo politico venivano a cercare lavoro in Svizzera.
«Alcune agenzie locali proponevano perfino viaggi diretti in automobile, spiega
Michael Galuser, portavoce dell'Ufficio federale della migrazione (UFM). Si
sapeva che la Svizzera assegnava un aiuto al ritorno di 600 franchi. E quando il
contributo è stato ridotto a 100, la somma necessaria per pagare il viaggio di
rientro, le domande sono diminuite».
Nel 2011 questo flusso migratorio ha però ripreso: su 22'551 domande d'asilo,
1'217 provenivano infatti da cittadini serbi (+33,7% rispetto al 2010), la
maggior parte di etnia Rom. Oltre la metà di queste richieste sono state
depositate tra novembre e dicembre.
Vitto e alloggio garantito
«Possiamo supporre che queste persone, che spesso vivono in campi molto precari,
scelgano di venire in Svizzera a trascorrere l'inverno. Qui trovano vitto e
alloggio, almeno durante il periodo necessario per esaminare la loro richiesta»,
spiega Michael Galuser.
Secondo il portavoce dell'UFM, i Rom conoscono le leggi sull'asilo in vigore nei
diversi paesi e sanno esattamente che la procedura elvetica, da due a tre mesi,
è più lunga rispetto a quella di paesi comparabili come la Norvegia o i Paesi
Bassi.
L'Organizzazione svizzera d'aiuto ai rifugiati (OSAR) condivide in parte
l'ipotesi di un "turismo invernale". «Ci sono molti rifugiati Rom di origine
bosniaca o kosovara che vivono in Svizzera in condizioni precarie dal 1999. Sono
coscienti di non avere alcuna possibilità, ma conoscono le debolezze della
nostra legislazione», precisa il segretario generale Beat Meiner.
La crisi economica che sta colpendo l'Europa non contribuisce di certo a
facilitare le cose. «I Rom sono spesso contenti di trovare un tetto provvisorio
nei centri di accoglienza, anche nei rifugi della protezione civile», aggiunge
Meiner.
Discriminati in patria
Stando ad Amnesty International, la situazione è però più complessa. «Può anche
essere che i Rom partano più facilmente durante la brutta stagione, ma non credo
che lo facciano unicamente con l'idea di trascorrere l'inverno al calduccio.
Potrebbero anche andare in Germania, o in altri paesi che d'inverno sospendono i
rinvii, contrariamente alla Svizzera», indica Denise Graf.
Amnesty International si dice invece preoccupata dal degrado della situazione
dei Rom rifugiati in Serbia. La discriminazione in atto impedisce loro di avere
un lavoro, commenta Denise Graf. «Il 97% dei rom è disoccupato». E stando
all'ultimo rapporto di Nicola Duckworth, responsabile del programma Europa e
Asia centrale di Amnesty sempre più Rom vengono cacciati dai loro appartamenti
in seguito a speculazioni immobiliari. «A Belgrado le loro case vengono rase al
suolo per far posto a progetti pubblici, senza pianificare dei nuovi alloggi né
garantire un'assistenza sociale».
D'altra parte si assiste a un inasprimento delle tensioni a Mitrovica, in
Kosovo, dove la minoranza serba continua a contestare l'indipendenza proclamata
nel 2008 dell'ex provincia a maggioranza albanese. «Le violenze dell'estate
scorsa hanno un'influenza diretta sulla situazione dei Rom, numerosi a Mitrovica»,
spiega Denise Graf. «La situazione è critica anche per i rom delle altre regioni
kosovare, che spesso sono stati accusati di aver collaborato con i serbi durante
la guerra».
Intervento in Serbia
Discriminati in patria, i Rom soffrono di una cattiva immagine anche in
Svizzera. «Sono considerati vagabondi e ladri, al punto che alcuni Rom integrati
preferiscono non menzionare le loro origini», conferma Cristina Kruck, della
Rroma Foundation di Zurigo.
In città come Losanna e Ginevra la polizia è intervenuta più volte a per
disperdere degli accampamenti selvaggi costruiti sotto i ponti o nei parchi.
Allarmata dalla situazione nei Balcani, Denise Graf lancia un appello alla
Svizzera a «far pressione sui partner in Serbia e in Kosovo affinché gli aiuti
dell'Unione Europea destinati al reinserimento dei Rom arrivino a destinazione».
E la Direzione dello sviluppo e della cooperazione rassicura: «Nel campo della
cooperazione internazionale, la DSC è cosciente dell'esistenza di un rischio di
trasferimento dei mezzi messi a disposizione. Esistono tuttavia degli strumenti
per farvi fronte, come delle valutazioni indipendenti dei progetti, sulla base
delle quali vengono attribuiti i sussidi».
Di Fabrizio (del 15/02/2012 @ 09:36:08, in sport, visitato 1379 volte)
Da
Mundo_Gitano, un caso simile in Italia
QUI e
QUI (vedi anche
QUI). Grazie a Flora Afroitaliani-e per la collaborazione.
Ideal.es
- Non vengono fatti entrare in piscina "perché sono gitani" Tre cittadini denunciano gli ostacoli che, secondo loro, vengono posti
nell'accesso al nuovo complesso sportivo della località - 01.02.12 - 19:10
- DIEGO QUERO | SANTA FE
Un gruppo di abitanti di etnia gitana denunciano la discriminazione
patita per il rifiuto di un nuovo centro sportivo nel farli entrare. Dicono che
gli sono stati chiesti sino a 106 euro per entrare dal cancello, anche se
secondo loro, gli altri utenti devono pagarne solo 34 al mese. Inoltre insistono
sul fatto di dover passare, come un filtro, per una lista di attesa.
Uno dei denuncianti è José Campos, consigliere del Partito Popolare e gitano lui stesso, che racconta come gli sono stati chiesti 56 euro, un prezzo speciale
secondo lui "per non essere feccia", però ad altri hanno chiesto "106 euro di
iscrizione" e sono stai messi "in lista d'attesa". Due di loro, José Tirado e Melchor
Tirado, illustrano il caso nel video che accompagna la notizia.
Da parte loro, i responsabili del nuovo spazio sportivo respingono le accuse
e assicurano di ammettere tutti quelli che vogliono accedere all'impianto.
Sarà presentato giovedì 16 febbraio alle 17.30 alla Biblioteca Delfini "Non ci
sono pesci rossi nelle pozzanghere" (Instar libri, 2011) di
Marco Truzzi,
vincitore del premio Bagutta "Opera prima" 2012.
Il libro - E' un viaggio nel mondo di Damian, diviso tra zingari e non zingari,
rom e gagi (così la comunità rom e sinta definisce coloro che non ne fanno
parte), dentro e fuori del campo alle porte di Correggio dove ormai da anni è
stanziata la sua comunità. C'è Gioele, che alleva pesci immaginari nelle
pozzanghere, c'è nonno Roman che armeggia con la pipa e, tra un silenzio e
l'altro, gli racconta di tempi remoti e luoghi lontani. Quando, un mattino di
marzo, Damian si incammina verso il suo primo giorno di scuola, il confine tra
le due realtà comincia a incrinarsi. Ci si mette anche la fortuna, che fa sì che
due pubblicitari di passaggio scelgano proprio il padre di Damian, Erik, come
protagonista della campagna promozionale di una nota marca di trapani elettrici,
rendendolo lo zingaro più benestante della zona. Crescendo e passando sempre più
tempo con i Gagi, Damian sembra fuggire dalle proprie radici alla ricerca di una
nuova identità.
Marco Truzzi è nato nel 1975 a Correggio, dove vive e lavora come addetto
stampa.
L'incontro, gratuito, fa parte del ciclo "Racconti e poesie migranti" che la
biblioteca organizza insieme al Centro territoriale permanente di Modena.
L'Autorità per l'energia e per il gas con Delibera 38/2012 ha sospeso la
Delibera 67/2010 che abrogava la possibilità di stipulare contratti a forfait a
favore delle famiglie sinte, rom, giostraie e circensi.
Dal 9 febbraio 2012 è possibile stipulare contratti annuali a forfait in media e
bassa tensione, sulla base della potenza richiesta e di una durata di utilizzo
pari a 6 ore/giorno.
In queste ore abbiamo verificato che molti gestori, a partire dall'ENEL, non si
sono ancora adeguati alle nuove disposizioni e per questo li invitiamo al
rispetto della Delibera 38/2012. La Federazione ha attivato uno sportello
segnalazioni (telefono 0376 360643, orario ufficio) che si occuperà di fornire
le informazioni esatte ed eventualmente segnalare alla stessa Autorità i
disservizi che si potessero creare nei prossimi giorni.
Un ringraziamento anche all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale ed
Etnica (UNAR), in particolare ringraziamo il Direttore Massimiliano Monnanni, e
il Punto di contatto nazionale per la strategia nazionale rom e sinti per il
supporto offerto alla Federazione Rom e Sinti Insieme.
Vilnius, 13/02/2012 - Parte di un villaggio rom alla periferia della capitale
Vilnius è stato demolito lunedì, mentre le autorità lanciavano una campagna per
reprimere l'abusivismo edilizio ed il presunto spaccio di droga.
Con l'ausilio di un escavatore, gli operai hanno smantellato tre case nel
villaggio di Kirtimai,
in gran parte popolato dalla minoranza rom.
Secondo l'amministrazione, a Kirtimai ci sono 100 case, di cui una sola è
legale. Le altre potrebbero essere abbattute se il sindaco di Vilnius, Arturas Zuokas,
vedesse approvato il suo piano di combattere il traffico di droga nella zona.
Nelle tre case vivevano sei famiglie, 25 persone, ma né loro né i vicini
hanno opposto resistenza alla demolizione.
Tuttavia, un leader rom accusa l'amministrazione di Vilnius per l'isolamento
e la povertà della comunità.
"Dite che qui siamo tutti illegali, ma cosa avete fatto per aiutarci, per
aiutare la nostra gente? Niente, vi limitate a sorseggiare il te, costruire
palazzi ed ora mandate gli scavatori nel nostro villaggio," dice Stemonas Vysockis.
Vysockis ha strappato la notifica di demolizione e l'ha gettata nella neve.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la campagna come una
grave violazione dei diritti umani.
La comunità rom aveva citato il comune di Vilnius diversi anni fa, chiedendo
5,5 milioni di litai (circa 1,5 milioni di euro) come risarcimento per le case
demolite in precedenti campagne simili. Il tribunale aveva stabilito che alla
comunità fossero pagati soltanto 100.000 litai (circa 29.000 euro) per danni non
materiali.
Di Fabrizio (del 17/02/2012 @ 09:20:00, in Regole, visitato 1521 volte)
Convegno sulle politiche nazionali d'integrazione della comunità Rom 22 Febbraio 2011
ore 15.00
Fabbrica delle e
Corso Trapani 91
Torino
La sentenza di novembre 2011 ha dichiarato inesistente lo stato d'emergenza
rispetto alla questione rom sollevata con il Piano Maroni nel 2008. Il decreto
emanato dall'ex- Ministro dell'Interno prevedeva la realizzazione di progetti
volti a controllare la presenza e l'esistenza dei Rom sui territori delle città
italiane maggiormente colpite dal fenomeno: Milano, Roma e Napoli e subito dopo
Torino e Venezia; censimenti, commissari speciali, campi con video sorveglianza
le misure previste per ridurre il pericolo e dare sicurezza ai cittadini
italiani all'alba delle elezioni.
Ora è il momento di porre la vera questione di emergenza per le comunità Rom.
Noi crediamo che sia l'inclusione sociale, sia ridare dignità a donne, bambini e
uomini che vivono in campi nomadi senza servizi igienici, a rischio alluvione e
senza i più diritti elementari. Vogliamo mettere insieme forze e idee per
garantire lo studio ai bambini, per l'inclusione abitativa delle famiglie e per
l'inserimento lavorativo degli adulti.
Abbiamo vissuto l'esperienza del Dado a Settimo, non solo una comunità di
accoglienza, ma un più ampio percorso sociale.
Oggi, anche in seguito alla recente visita al Dado del Ministro Fornero,
vogliamo confrontarci con le altre realtà, in particolare con le esperienze
delle città oggetto del decreto per scambiare buone pratiche, con la politica
locale e con la società civile, discutendo con chi vive con la comunità Rom
tutti i giorni, siano essi insegnanti, operatori sociali o mediatori, per capire
come andare avanti.
Dibattito moderano i giornalisti Gianluca Gobbi e Sara
Strippoli
Quali proposte per il futuro?
Interverranno: Antonio Ardolino, Progetto Controcampo e Cooperativa Berenice
di Roma Sergio Bontempelli di Africa Insieme di Pisa Don Massimo Mapelli per Casa di Carità di Milano Pietro Cingolani, FIERI Arch. Guido Lagana Ex docente Politecnico Torino Oliviero Alotto per Terra del Fuoco Aldo Corgiat, Sindaco di Settimo Torinese Elide Tisi, Comune di Torino
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