Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (del 28/10/2011 @ 09:43:14, in media, visitato 1776 volte)
e nota finale
Ieri alle ore 9.00 gli agenti hanno notato la presenza di tre donne di cui due
di esse vestite in maniera consona e di giovane età mentre la terza di chiara
etnia rom che si aggiravano per il centro cittadino con fare sospetto. Gli
agenti dopo un breve pedinamento le fermavano già all’interno di un cortile in
viale Caduti. Prontamente fermate sono state accompagnate in ufficio ancora
prima che mettessero in atto i loro chiari intenti illegali.
Al termine degli accertamenti le tre donne, con diversi precedenti di polizia
per reati contro il patrimonio, sono state munite di Foglio di Via Obbligatorio
dal Comune di Sassuolo della durata di tre anni.
C.A. del 1984 residente in un campo nomade in Desenzano del Garda (BS) e T.B.
classe 58 e T.S. classe 77 residente in un campo nomadi di Reggio Emilia sono
state foto segnalate e accompagnate fuori dalla Provincia.
Parere da lettore:
Per chi se lo ricorda, il conte di mai dire gol, era un aristocratico, ma
non disdegnava le "donne facili". Letto l'articolo, ho capito molto di quel
personaggio:
sono aristocratico: se non avessero inventato i computer e ci
fossero ancora macchine da scrivere e telescriventi, probabilmente non vi
ammorberei con i miei scritti, ma il giornalismo sarebbe ancora una
professione dove un minimo d'impegno è richiesto;
quanto alle "donne facili": probabilmente si prostituiscono
per qualcosa di più (e forse con più etica) di tanti giornalisti.
Come fa notare chi ha segnalato la notizia (insomma... sembra che in
certi paesoni del nord, anche un fatto simile diventi cronaca da mettere sul web)
a tre donne di aspetto incerto, ma una sicuramente rom, viene impedito l'accesso
ad un mercato, si suppone pubblico, dato che una di loro era vestita in maniera
un po' troppo zingaresca e ovviamente aveva un "fare sospetto".
Dato che avevano precedenti penali, vengono allontanate per tre anni da
Sassuolo. Cos'hanno fatto di male? Niente.
E cosa fa il nostro impavido giornalista? Chiede, indaga, si informa?
Macché: da per assodato sin dall'inizio che gli intenti fossero "chiaramente"
illegali, così accontenta in un colpo solo polizia e direttore, e buonanotte
alla professione!
Sono preoccupata. No, niente che minacci la mia persona, ma il fatto e' che le
cose, qui, sono sempre state viste in due modi differenti: dagli ottimisti e dai
pessimisti. Io ero un'ottimista, credevo che col tempo le cose sarebbero
migliorate per il mio popolo. Oggi, pero', sto passando dall'altra parte perche'
vedo che gli avvenimenti precipitano e mi accorgo che i problemi non sono solo
quelli dati dall'intolleranza dei gadje', ma le incomprensioni che ci sono fra
noi rom.
Ovvero, divisioni di vario tipo ci sono sempre state fra Romungro, cioe' rom di
lingua ungherese, e chi parla solo Romanes. Ma non e' solo una questione
linguistica. E' proprio un fatto culturale. Una frattura che esiste fra chi ha
fatto di tutto per integrarsi e chi, invece, non ha mai voluto far niente,
restando attaccato alle proprie tradizioni anche quando queste sono entrate in
contrasto palese con la realta' circostante. Come si puo' voler vivere
sott'acqua ad ogni costo senza usare maschera, boccaglio e bombola d'aria?
I matrimoni combinati fra anziani e bambine, i test di verginita' a cui le
adolescenti sono obbligate, la sottomissione totale della moglie al marito, sono
cose che, ormai, chi ha avuto modo di studiare ed evolvere culturalmente, non
accetta piu'. Mentre sono pratiche assai diffuse fra chi ancora vive ai margini,
in poverta', nei ghetti, prima di tutto penalizzato dal non aver voluto imparare
la lingua del paese in cui vive, nonostante i suoi antenati ci siano arrivati
secoli fa, rifiutando ostentatamente di adeguarsi al fatto che se non si fanno
compromessi si rischia di essere cancellati per sempre dalla Storia. Il
multiculturalismo che serve a tutelarci non e' solo qualcosa che gli altri
devono avere nei nostri confronti, ma e' anche un impegno nostro a migliorarci,
e si basa sul rispetto che dobbiamo avere anche noi per gli altri, oltre che per
noi stessi.
Non si puo' togliere dagli studi una bambina solo perche', con la puberta',
rischia di perdere la verginita' a causa di qualche compagno di scuola. Non si
puo' imporre a quella stessa bambina di sposare un uomo di trent'anni piu'
vecchio e non si puo' pretendere di fare la serva tutta la vita, sfornando un
figlio dopo l'altro. Tutto cio' e' un crimine contro di lei, ma e' ancor piu' un
crimine contro tutta la nostra gente. Chi non studia, chi non vuole evolvere,
chi soprattutto obbliga anche i propri figli a fare altrettanto, non rende
deboli e vulnerabili solo loro - una romni' che non sa leggere non potra'
difendersi sia quando le faranno firmare un foglio di sgombero, sia quando le
faranno firmare una carta liberatoria in cui accetta di farsi sterilizzare - ma
ci rende deboli e vulnerabili tutti. Incapaci di reagire, di contare qualcosa,
di costruire un futuro migliore.
Da una parte devo riconoscere che, forse, c'e' un po' di "spocchia" - e qui mi
ci metto anche io - in chi si sente superiore perche' ha studiato, conosce le
cose e le sa analizzare in modo piu' accurato, meno influenzato dalla
superstizione. Dall'altra, lo capisco, c'e' il risentimento provato verso chi si
pensa abbia tradito la propria gente, la propria storia; verso chi si e'
adeguato ad una vita piu' comoda e privilegiata che non va d'accordo con
l'antica cultura dei padri. I primi dicono: “E chi se ne frega dell'antica
cultura dei padri? Se non cambiassimo mai le cose l'umanita' sarebbe ferma alle
caverne e al fuoco acceso con lo sfregamento dei legnetti”. I secondi, invece,
sono convinti che, se non si rispettano certe regole e non si seguono le antiche
tradizioni, si smarrisce la propria identita', e il nostro popolo svanisce.
Sono queste due anime che con difficolta' hanno sempre convissuto e coesistono,
finora senza troppi strappi, ma che sempre piu' entrano in tensione. Soprattutto
adesso che la poverta' sta aumentando, le possibilita' di lavoro sono quasi
nulle, e il risentimento e la rabbia diventano qualcosa di inevitabile. Si passa
cosi' da cio' che e' sempre stata una questione culturale a una questione che
riguarda la sopravvivenza personale.
In Ungheria, oggi, quasi un rom su dieci e' disoccupato. Vive di espedienti, di
malaffare, di furto o come meglio puo'. Il governo ha deciso, in parte, di
tollerare i reati meno gravi perche' non ha i mezzi per arginare il fenomeno -
li chiama "reati di sopravvivenza" - ma questo fatto scatena l'inevitabile
rabbia dei gadje' e le critiche da parte di chi, come me, vorrebbe che non si
prestasse il fianco alle inevitabili strumentalizzazioni, fornendo il pretesto
ai razzisti e agli xenofobi per arrivare alla violenza fisica. Che poi, si sa,
violenza genera violenza e su questo c'e' chi fa conto per sguazzarci
politicamente.
Ma capisco anche che non e' possibile arginare un fiume in piena se continua a
piovere ininterrottamente. Dopotutto che fanno questi giovani che non trovano
lavoro? Come vivono? Tutto il giorno non hanno altro da fare che odiare e
affilare il coltello. E siccome molti non hanno studiato, non hanno le basi per
costruirsi un'etica e una morale piu' alta e non hanno grandi valori da
condividere, si affidano all'unico vero valore che conoscono bene: il denaro
facile. Perche' col denaro si puo' far tutto, anche diventare delle persone
rispettabili (e rispettate) e non importa con quali mezzi lo si ottiene.
E' logico che i gadje' si sentano minacciati e non mi illudo che con le buone
intenzioni si possa riuscire a far capire loro che non tutti siamo uguali. Che
non tutti rubiamo, spacciamo, ci ubriachiamo e ci abbandoniamo all'indolenza
tipica di chi sente di non aver piu' alcuna speranza. D'altro canto non ho
neppure la forza per convincere chi delinque a non farlo, perche' se fossi
indigente e disperata, se abitassi nei ghetti ai margini dei villaggi dove le
case fatiscenti stanno su per miracolo e dove si vive in quindici in appena tre
stanze, forse anch'io coverei risentimento, odio e rassegnazione.
Sono quindi nel mezzo. Da una parte capisco gli uni, ma non posso condannare gli
altri, e cio' mi crea un corto circuito a cui, ovviamente, non do modo di
esprimersi in pubblico, ma che in privato si ripercuote intimamente sul mio
umore. A tutto questo si aggiunge il fatto che, per via della crisi, i soldi
sono sempre di meno. Il governo ha operato numerosi tagli, soprattutto al
welfare e ai fondi destinati alla tutela dei piu' deboli, e si arriva cosi' ad
una situazione che e' tipica nelle navi che affondano: ognuno per se'.
Volevo scrivere un articolo che illustrasse bene tutto questo. Volevo spiegare
perche' da ottimista sono passata ad essere pessimista. Volevo fosse chiaro che
questo mio cambiamento di umore non dipende dalla crescente ondata xenofoba che
esiste un po' in tutta Europa, che' quella era prevedibile, ma ha a che fare con
qualcosa di interno alla stessa mia etnia. Una problematica che prima o poi
doveva esplodere e della quale, forse, io sono anticipatrice.
Adesso non so se lo faro' piu'. Non so se scrivero' ancora quell'articolo. Sento
di avere, infatti, un dovere verso la mia gente che ha gia' innumerevoli
problemi. Non posso infierire facendo emergere un'immagine che mostra come, in
fondo, non ci sia unita' fra noi. Abbiamo troppo bisogno della solidarieta'
degli altri per gettarla via con un atto di mera sincerita'. Sono certa che chi
leggesse le mie parole direbbe: "Vedi? Anche fra loro si detestano. Perche'
dovremmo giustificarli noi?". Ci sarebbe chi per ignoranza non capirebbe le mie
ragioni ed anche chi con malafede le userebbe come strumento di propaganda. Ma
le crescenti fratture che si vengono a creare all'interno della comunita' rom in
Ungheria sono una realta'. Non si possono ignorare. Le organizzazioni che si
occupano dei diritti dei rom tacciono perche', come me, sanno che si perderebbe
una fetta di solidarieta' della gia' poca che abbiamo.
Ecco, mi rendo conto adesso che, se tutto cio' avviene in un paese come il mio
dove siamo integrati e facciamo parte della cultura nazionale - la stessa musica
ungherese non esisterebbe senza di noi -, dove abbiamo convissuto in pace fra
noi e con gli altri per oltre cinque secoli, immagino quale debba essere la
situazione altrove, nei paesi in cui le popolazioni locali ci vedono come
qualcosa di estraneo, invasivo, apportatori di sporcizia e malavita. E capisco
anche che nostri nemici non sono solo coloro che non ci conoscono e che di noi
hanno paura, ma cio' che dobbiamo temere alloggia soprattutto dentro noi stessi.
Sono i nostri fantasmi di sempre, la nostra rassegnazione, il nostro non
sentirci come gli altri, la nostra incapacita' di farci accettare perche', in
fondo, forse, non vogliamo essere davvero accettati, ne' vogliamo accettare
nessuno.
Scusate lo sfogo. Non era previsto, ma e' venuto giu', cosi', una parola dietro
l'altra.
GIOVEDI’ 3 NOVEMBRE, ORE 21, via Irma Bandiera 1/5 Bologna
AMNESTY INTERNATIONAL DI BOLOGNA, in collaborazione con il gruppo
culturale "Alieni per caso/a", vi invita alla
Presentazione del nuovo libro di Paul Polansky
"LA MIA VITA CON GLI ZINGARI" (traduzione di Valentina Confido, edizioni Datanews 2011)
Presentato da Dimitris Argiropolous, Università di Bologna, in dialogo
con l’autore
per info: Patricia Quezada 3391923429 Pina Piccolo 3386268250 o Amnesty
International 051434384 o al sito
gr019@amnesty.it
Lunedì 7 novembre ore 20,30 Biblioteca Lame - via Marco Polo, 21/13 - Bologna
Presentazione del nuovo libro di Paul Polansky "LA MIA VITA CON GLI ZINGARI"(edizioni Datanews)
Sarà presente l'autore, che ne parlerà con: Amelia Frascaroli - Assessore ai Servizi Sociali, Volontariato,
Associazionismo e partecipazione del Comune di Bologna, Dimitris Argiropoulos - Università di Bologna, Sara Montipò - Centro Accoglienza la Rupe Lucio Serio - Società Dolce gli operatori dell'associazione Harambé
Paul Polansky, nato nel 1942, è un poeta, scrittore e fotografo statunitense, ed
è noto per il grande impegno civile e sociale avente per scopo la salvaguardia
dei diritti umani a favore del popolo Rom nell'est dell'Europa. Dopo aver
lasciato gli Stati Uniti per proseguire gli studi a Madrid, dove lavora come
giornalista free lance, ha intrapreso un lungo percorso di ricerca sulle origini
della propria famiglia, studi durante i quali scopre documenti che permettono di
riportare alla luce l'esistenza di un campo di concentramento Lety, in
Repubblica Ceca.
Nel 1999 viene ingaggiato dalle Nazioni Unite e inviato nel Kosovo come
intermediario tra le istituzioni e i gruppi rom perseguitati.
Nel 2004 Paul Polansky è insignito del premio Human Rights Award, consegnatogli
direttamente da Günter Grass.
Del 2005 il suo film-documentario "Gipsy Blood", premiato al Golden Wheel
International Film Festival di Skopje, è visibile su
youtube.
Di Fabrizio (del 31/10/2011 @ 09:12:10, in Europa, visitato 2138 volte)
Per chi mastica l'inglese, l'articolo
sul sito della BBC di mercoledì scorso che fa il bilancio ad una settimana
dallo sgombero di Dale Farm e sempre della stessa emittente,
QUI si può scaricare la trasmissione, sempre di settimana scorsa, che in Gran Bretagna
ha mandato sulle furie molti benpensanti. La parola passa al blog di Nando Sigona, un italiano che risiede in Inghilterra.
Nel frattempo...
"Abbiamo messo il sito in sicurezza", dice Tony Ball, il sindaco di Basildon.
Decine di giornalisti giunti da tutto il mondo lo circondano. Telecamere, cavi,
microfoni, macchine fotografiche e riflettori sono in postazione da giorni,
insolita scena in questo paesone della contea di Essex. Basildon è una new town
nata nel dopoguerra dalla fusione di tre villaggi, architettura modernista a
basso costo per i pendolari della trasbordante Londra. Tony Ball, uno dei tanti
conservatori che governano l'Inghilterra non metropolitana, è un politico di
provincia che una vicenda di abusi edilizi ha portato sorprendentemente alla
ribalta internazionale.
La vicenda in questione si può riassumere in due righe: ottantasei famiglie
hanno costruito e abitato abusivamente su terreni di loro proprietà per dieci
anni tentando ripetutamente, ma senza successo, di condonare gli abusi post
facto. Una vicenda, tutto sommato, di ordinaria amministrazione che però ha
intercettato, per caso o per astuta pianificazione, interessi e dibattiti che
avevano luogo in altre sedi – a Westmister, a Brussels, a New York. Ed è così
che Tony Ball si è trovato lo scorso 19 Ottobre a commentare in diretta sui
media di mezzo mondo lo sgombero violento di alcune piazzole di Dale Farm,
un'area di sosta privata abitata complessivamente da un migliaio di cittadini
britannici appartenenti alla minoranza legalmente riconosciuta degli Irish
Travellers.
Mentre Tony Ball rassicurava il mondo sul positivo svolgimento dello sgombero,
la sua voce era offuscata dall'incessante rumore del elicottero della polizia
che per ore ha sorvolato e filmato l'area dello sgombero. Intanto a poche decine
di metri dalla sala di comando dove si svolgeva l'intervista, centocinquanta
poliziotti in tenuta anti-sommossa facevano irruzione nel perimetro non
autorizzato di Dale Farm. Impalcature e barricate messe su nelle settimane
precedenti si sono sbriciolate in pochi minuti. I poliziotti in gruppi serrati
urlavano e battevano i manganelli contro la plastica degli scudi, come
suggerisce i manuale di istruzioni sullo sgombero perfetto. Attivisti e
volontari di varia provenienza che per settimane sono stati accampati a Dale
Farm in segno di solidarietà hanno provato ad interporsi, a rallentare
l'avanzata, ma i poliziotti procedono inesorabilmente alla ‘bonifica' per
lasciare spazio alle ruspe e allo squadrone di duecento ufficiali giudiziari e
operai che mettono su teli e nastri colorati, delimitano le piazzole, leggono
delibere e iniziano la demolizione.
Alcune famiglie hanno trasportato le loro case mobili in terreni di parenti e
amici nei giorni precedenti per evitare la distruzione ‘accidentale' della loro
casa, altri hanno traslocato i loro oggetti più cari nella parte autorizzata
dell'insediamento, altri ancora aspettano non avendo altro posto dove andare.
I giornali popolari di destra hanno attizzato l'opinione pubblica per mesi,
facendo diventare Dale Farm l'inferno in terra, ‘il più grande insediamento di
zingari d'Europa': un'assurdità, ma molto efficace. Questa campagna si è
intensificata quando la vicenda ha iniziato ad assumere rilievo internazionale.
Quando, in particolare, un discreto numero di agenzie e organizzazioni europee
ed internazionali per i diritti fondamentali, umani e delle minoranze ha
iniziato a protestare, facendo giungere le proprie perplessità sulla gestione
della vicenda al governo Cameron. L'intervento esterno ha incrinato il supporto
che i conservatori erano riusciti a creare per il loro approccio ‘law and order'
(incluse alcune frange di lettori del progressista Guardian). La risposta del
governo a queste critiche è stata quella di chiudersi a riccio, accusando la
comunità internazionale di interferenze indebite. Un tipico esempio di due pesi
due misure da parte della Gran Bretagna.
Nel silenzio dei politici laburisti, una delle poche voci critiche nel panorama
politico inglese è stata quella di Lord Avenbury, un liberal democratico con una
storia di battaglie per i diritti umani e le minoranze. In un interrogazione
alla Camera dei Lord, ha chiesto: "Onorevoli colleghi, cosa pensate della
decisione di spendere £117000 per famiglia per sgomberare queste persone da Dale
Farm considerando il fatto che non ci sono aree alter aree disponibile nel paese
dove indirizzarli?".
Purtroppo l'intervento di Lord Avebury non ha cambiato il percorso della
vicenda. Un'altra indicazione delle relazioni di forza nell'attuale governo di
coalizione conservatori-liberal democratici.
Ai contrbuenti britannici l'operazione di sgombero di Dale Farm è costata quasi
venti milioni di sterline oltre a mettere sulla strada quattrocento persone che
ora dovranno trovare altre aree di sosta dove fermarsi. Ma le aree di sosta che
non ci sono come ben sanno il comune di Basildon e il governo britannico. Il
precedente governo aveva elebarato un piano che prevedeva l'individuazione di
quattromila nuove piazzole, non sufficienti per coprire il bisogno abitativo di
tutti, ma un passo avanti. Purtroppo come spesso accade negli interventi a
sostegno di queste comunità la volontà politica si è dissolta prima che il piano
diventasse progetti concreti, con qualche eccezione. Il comune di Bristol ha
allestito due aree sosta per Travellers all'interno dei suoi programmi di
edilizia popolare per una cinquantina di famiglie per un costo totale di tre
milioni di sterline. Quando è arrivato il governo conservatore il piano dei
laburisti è stato relegato in un cassetto. Niente di personale e certamente non
si tratta di razzismo, hanno più volte ripetuto i politici conservatori. Bisogna
dare più potere di scelta alle municipalità, non si possono imporre interventi
del genere dall'alto è la giustificazione che echeggia il programma ‘localista'
del nuovo governo.
C'è però anche un'altra parte del programma di governo che i rappresentati
istituzionali hanno astutamente omesso di richiamare durante gli accessi
dibattiti che hanno preceduto lo sgombero, cioè quella che prometteva la riforma
radicale della normativa sull'urbanistica e di attuare una devolution della
materia per dare ai cittadini (e agli imprenditori edilizi) maggiore libertà di
edificare, rivedendo anche le norme che riguardano la protezione delle cinture
verdi (green belt) che circondano le aree urbane. Strano che nessun conservatore
si sia ricordato di questa decennale battaglia durante la vicenda Dale Farm.
Infatti, la colpa imperdonabile compiuta dai Travellers è stata proprio quella
di aver costruito su terreni di loro proprietà ma non edificabili perché
all'interno della green belt di Basildon.
Infine, vale la pena ricodare che i conservatori hanno un'enorme responsabilità
per aver creato i presupposti che hanno portato agli abusi edilizi di Dale Farm.
Nel 1994 fu infatti proprio il governo conservatore di John Major ad abolire il
Caravan Sites Act del 1968 che imponeva ai comuni di predisporre aree per la
sosta dei viaggianti e destinava fondi nazionali a tali progetti, incoraggiando
inoltre i Travellers ad acquistare pezzi di terra da adibire alla sosta (sul
modello della Thatcher che aveva messo in vendita il patrimonio di case popolari
pochi anni prima), e i comuni ad essere più flessibili nella valutazione delle
richieste per permessi edilizi dei Travellers visto il loro oggettivo
svantaggio. Il primo insediamento a Dale Farm è parte di questa storia, così
come il suo successivo allargamento. Purtroppo però il comune di Basildon,
sebbene conservatore, non ha mantenuto la sua parte di promessa.
Oxford-based researcher on migration, asylum and
minority issues. "Postcard from..." collects thoughts, images, and variously
assorted memorabilia related to my research interests.
...il mondo va avanti, si sa, ma stavolta sembra che
questo sgombero non sia
passato come al solito come acqua sulla sabbia. Qualcosa è rimasto.
Diario del Web - Occupy Wall Street non si ferma, altro weekend di
protesta | Pubblicato venerdì 28 ottobre 2011 alle 21.16
LE PROTESTE DEGLI INDIGNATI NEL MONDO
La mobilitazione culminerà con una marcia a favore dell'introduzione della Robin
Hood tax. A Londra si dimette il canonico di Saint Paul: non voglio violenza
NEW YORK - Occupy Wall Street non si ferma. Anche il prossimo sarà un
weekend di mobilitazione per gli occupanti di Zuccotti Park. Si comincia da
venerdì, quando ci sarà una marcia sotto i quartier generali di Bank of America,
Morgan Stanley, Wells Fargo, Citigroup e JpMorgan Chase. Durante la
manifestazione, i dimostranti organizzeranno «un enorme lancio di aeroplani di
carta», fatti piegando le migliaia di lettere ricevute dal movimento in cui i
cittadini americani esprimono la loro insoddisfazione verso le istituzioni
finanziarie di Wall Street.
Sempre venerdì, si terrà una riunione informativa a Zuccotti Park in
preparazione della Robin Hood march, prevista in tutto il mondo per il
giorno successivo. La nuova giornata di manifestazione internazionale, che Adbusters - la rivista canadese che quest'estate ha dato il via alla protesta -
ha organizzato a pochi giorni dal nuovo vertice del G20 a Cannes, in Francia. La
marcia servirà per chiedere l'introduzione di una tassa dell'1% (la Robin Hood
tax appunto) su tutte le transazioni finanziarie e gli scambi di valuta. Alle 12
dello stesso giorno, ci sarà una marcia da City Hall, il municipio di New York,
a Zuccotti Park a sostegno dei diritti civili. Per l'occasione, Occupy Wall
Street sarà affiancato da una serie di sigle sindacali e di gruppi a favore dei
diritti delle minoranze.
Domenica è il proverbiale giorno di riposo anche per i manifestanti. Nel
tardo pomeriggio, sempre a Zuccotti Park, ci sarà un cineforum, seguito da
un'assemblea generale. Vista la concomitanza con i festeggiamenti per Halloween
verrà proiettato «La notte dei morti viventi» di George Romero. Halloween
s'intreccerà con le proteste anche il giorno successivo quando Occupy Wall
Street prenderà parte alla tradizionale parata di Halloween che si tiene nel Village, una delle più grandi di tutti gli Stati Uniti.
A Londra si dimette il canonico di Saint Paul: non
voglio violenza - Il reverendo Giles Fraser ha lasciato la Cattedrale di
Saint Paul perché non avrebbe potuto sopportare l'idea di una «Dale Farm sui
gradini di Saint Paul». Lo spiega lo stesso canonico in un'intervista rilasciata
al Guardian, in cui ricorda lo sgombero del campo nomadi Dale Farm, in Essex,
avvenuto all'inizio del mese con violenti scontri.
La polizia londinese si sta infatti preparando a intervenire contro i
manifestanti che da 13 giorni sono accampati davanti alla cattedrale e che negli
ultimi giorni hanno più volte respinto gli inviti a lasciare la City. Saint Paul
ha chiuso la scorsa settimana, per motivi igienici e di sicurezza, ma riaprirà
oggi.
«Non posso tollerare l'idea che ci possa essere Dale Farm sui gradini di Saint
Paul - ha detto Fraser - avrei voluto poter trattare sulla grandezza del campo,
e chiedo a quelli che sono lì di aiutarci a far andare avanti le attività della
cattedrale, e se questo significava riconoscere loro un diritto legale di
rimanere allora è questa la posizione che avrei assunto. Penso che si sia
intrapresa una strada che potrebbe portare dove io non voglio andare».
Di Fabrizio (del 31/10/2011 @ 09:58:04, in scuola, visitato 1803 volte)
Scrive Agostino Rota Martir: Altra "perla" apparsa su il Tirreno di
Pisa, merita leggere per intero l'articolo (ho solo il .pdf e sotto riporto
l'edizione breve su web, ndr) per renderci conto della pericolosità sociale,
che l'Amministrazione sta conducendo con caparbietà verso i Rom... l'assessore
al sociale gradualmente e poco alla volta sta iniettando nell'opinione pubblica
il virus anti rom e che purtroppo sembra assimilare bene, grazie all'impegno
costante del Il Tirreno (area PD??)
Ora il loro messaggio si potrebbe tradurre così: (parole mie) l'integrazione può
diventare un pericolo per la sicurezza cittadina, perché questa non scoraggia i
Rom a lasciare il territorio, anzi ne attira altri! Quindi rendiamo difficile la
frequenza dei bambini Rom nelle scuole cittadine...
Il Tirreno di Donatella Lascar L'assessore: non aveva senso mantenerlo, quella struttura va chiusa
TIRRENIA. Quest'anno niente scuolabus per i bambini del campo rom della
Bigattiera. Secondo Guia Giannessi, insegnate della scuola media di Marina e
responsabile per l'intercultura dell'istituto, molti di questi bambini hanno
smesso di andare a scuola perché non tutti i genitori hanno un mezzo per
accompagnarli e la fermata dell'autobus di linea è troppo lontana dal campo per
arrivare a piedi. «Molti sono venuti a scuola solo i primi giorni arrangiandosi
in qualche modo - afferma l'insegnante -, sperando che poi ci sarebbe stato il
pulmino come ogni anno. Quando però hanno visto che per loro questo servizio non
era stato ripristinato, hanno smesso di venire. Molte mamme, che magari hanno il
marito in carcere, non possono portare i bambini a scuola perché non hanno né
patente, né macchina. Dei rom presenti sul territorio vengono solo quelli che
risiedono all'Ittiogenico in viale D'Annunzio perché da quella strada passa
l'autobus di linea. Tutto questo mette a rischio il progetto di integrazione
iniziato diversi anni fa e interrompe i rapporti con le famiglie che ormai ci
avevano accordato la loro fiducia». Ma per l'assessore alle politiche sociali
Maria Paola Ciccone, che in questo caso è anche la dirigente scolastica
dell'istituto comprensivo del litorale, la cancellazione del servizio al campo
rom è dovuta alla decisione già presa da mesi di smantellare il campo e serve
anche a disincentivare nuovi arrivi. «Nel momento in cui avevamo detto che il
campo sulla Bigatti era doveva essere chiuso - sostiene l'assessore -, non
potevamo attivare il servizio, sarebbe servito solo ad illudere chi invece deve
andarsene e magari ad attivare nuovi arrivi dai comuni limitrofi. Arrivi che non
sono stati autorizzati né dai comuni di provenienza e né dalla Società della
Salute - afferma l'assessore Ciccone -. Comunque, nel campo ci sono genitori che
hanno mezzi propri e che accompagnano i figli a scuola e la fermata dell'autobus
di linea non è poi così lontana. Ci sono ragazzini che fino ad ora non hanno
saltato neanche un giorno di scuola. Mentre per i piccolini delle materne stiamo
cercando una soluzione con dei volontari. Il comune di Pisa sta lavorando con la
Regione e i comuni di Livorno, Cascina, Santa Croce, e Cenaia, ossia quelli da
cui provengono le famiglie rom che si sono aggiunte in quest'ultimo anno a
quelle storiche della Bigattiera, per raggiungere un accordo su un progetto per
il loro rientro».
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