Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:40:34, in Italia, visitato 1920 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Il senso della giornata della Memoria appena vissuta è di ricordare il dramma
vissuto da milioni di persone nei lager nazisti, durante il conflitto della 2°
guerra mondiale. E' una nobile iniziativa!
Ricordare per non ripetere, ricordare per continuare a resistere e smascherare
quelle forme "soft" di divoramento (porrajmos nella lingua romanès) che oggi
i Rom spesso continuano a subire, perfino all'interno di Istituzioni
democratiche, anche se non sotto quella forma disumana dello sterminio vissuto
nel secolo scorso.
E' innegabile che i Rom ne hanno fatta di strada da allora ad oggi, innanzitutto
sono sopravissuti al progetto che prevedeva la loro eliminazione, o per lo meno
il loro controllo. Hanno preso coscienza non solo della loro storia, delle
tragedie subite, rivendicano la loro identità come popolo, con le loro diversità
culturali, sociali e religiose. Chiedono anche di essere loro stessi i
protagonisti del loro futuro, reclamano il rispetto dei loro diritti e
desiderano essere trattati alla pari di ogni essere umano, non reclamano sconti,
ma nemmeno leggi speciali per loro. Essere ri-conosciuti come Rom, è parte
integrante della giornata della memoria, altrimenti si corre il rischio di
ripetere gli errori del passato.
Il nuovo villaggio Rom di Coltano, ad esempio quanto è "ri-conosciuto" come
abitato da Rom? Il suo regolamento cosa recepisce del "vivere Rom", quando
questi in effetti è stato decretato senza alcun coinvolgimento e partecipazione
dei Rom stessi?
E' un regolamento che condiziona pesantemente il "vivere Rom", anzi sembra
volerlo limitare, per imporre controllo e intrusione nella vita privata, tutto
questo nella convinzione di fare il bene degli "assistiti", arrivando anche a
decidere arbitrariamente l'allontanamento di nuclei, colpevoli di "aver tradito"
la fiducia dei "benefattori".
Operatrice al villaggio Rom di Coltano:
"S.(maggiorenne) la devi smettere di passare il tempo da tua madre, tutte
le volte che vengo qui ti trovo da lei, tu hai il tuo appartamento, devi stare
là e farti la tua vita."
"Vogliono farci vivere come gli Italiani, ma noi siamo diversi. Gli operatori
non lo capiscono ancora o fanno finta. Vengono qui solo per controllare e
minacciare di non rinnovarci il contratto, non è giusto!"
"Paghiamo l'affitto, le bollette di luce, acqua e gas e paghiamo caro anche
perché la posta arriva una volta al mese e ci tocca pagare la tassa perché è
scaduto il termine, ma non possiamo essere padroni in casa nostra, viviamo sotto
la continua minaccia del comune che può mandarci via quando vuole, temiamo anche
di ospitare i nostri parenti."
"Di questo passo, senza lavoro dovrò ritornare a manghel, ma ho paura che poi mi
tolgono l'appartamento. Prima era diverso tra di noi, sì le case sono più belle
delle baracche di prima, ma ora è cambiato troppo, non ci fidiamo più neanche
tra di noi."
"Anni fa, ricordo che noi Rom facevamo spettacoli a Pisa, era bello. Ora invece,
più niente, nessuno ci chiama! C'è solo Livorno che ci invita a ballare, a
parlare, a cucinare le nostre specialità... perché lì ancora non hanno il
Progetto Città sottili."
Dettagli... l'Olocausto in un certo senso è stato preparato, coltivato dai
"dettagli" (la banalità del male!), che pian piano hanno convinto gran parte
dell'opinione pubblica a ritenere necessari e normali quei provvedimenti che
limitavano le libertà a determinate categorie di persone, viste come dei corpi
malati o asociali, che dovevano essere controllati e guariti dalla parte sana
della società!
Convinti di fare del bene, allora come oggi, in questo senso la storia si
ripete, anche se in forme diverse, ma a volte con la stessa la logica: il virus
della sicurezza si è trasmesso, e affidato come per vocazione o per contratto
agli stessi operatori e assistenti sociali. Oggi la sicurezza si serve anche
delle gambe di quegli operatori che lavorano nel sociale..possibilmente con
gambe veloci e scattanti, disposti ad accelerare i tempi per non aspettare i
tempi lunghi della Democrazia e della Giustizia!
«Aver memoria non significa soltanto ascoltare una testimonianza o vedere
immagini mostruose... Non basta osservare l'orrore, per rifiutarlo. Bisogna
capire come funzionava la sua potente macchina, e com'è stata raccontata più
tardi dai suoi artefici.. Quegli uomini non erano nati violenti: lo sono
diventati. Le loro testimonianze ci dicono molto di più di quel che ci
raccontano i crimini commessi». (David Bidussa)
L'Olocausto ha avuto una sua fase di incubazione, una preparazione in genere
affidata a gente comune, convinta di fare bene e che considerava del tutto
normale e legittimo che Ebrei, Rom, handicappati.. (persone viste come una
minaccia, degli a-sociali da controllare), fossero privati dei loro diritti,
applicando esclusivamente a loro delle direttive speciali, al di fuori di quelle
ordinarie.
Dettagli , che ritornano a distanza di tempo: un esempio è il regolamento "Città
Sottili" di Pisa, che si pone per sua natura "fuori legalità", avocando a sé il
diritto di prendere provvedimenti amministrativi a prescindere dall'esito di un
procedimento penale ancora in atto verso dei Rom, il riferimento è al caso della
"sposa bambina", ma non solo.
Oggi, come ieri i Rom sono ancora visti come corpi malati, che devono essere
controllati per essere guariti, o sgomberati per timore di possibili "contagi"
alla nostra sicurezza sociale. Chi tra i Rom non accetta, chi osa alzare la
testa, chi mostra un po' di coraggio e dignità nel ribellarsi, allora contro
costoro si scatena la macchina persecutoria: i loro diritti vengono sospesi,
anche con il consenso di una società ormai anestetizzata e drogata, le bugie
vengono istituzionalizzate, le verità dei fatti scivolano via, censurate con
ogni mezzo e in ogni sede.
Oggi è ancora difficile ri-conoscere la vita Rom.. forse è vero: "alla «banalità
del male si può solo opporre la bontà insensata".
don Agostino Rota Martir
Campo nomadi – Coltano (PI) - 31 Gennaio 2011
Di Fabrizio (del 03/02/2011 @ 09:24:01, in Italia, visitato 1775 volte)
L'Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara", laboratorio di
ricerca dell'Università di Roma Tre, in collaborazione con OsservAzione, centro
di ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti, ha realizzato negli
scorsi mesi una ricerca sul sistema di protezione dei minori rom nella regione
Lazio. La ricerca è stata commissionata dall'European Roma Rights
Center, ente che svolge funzioni consultive presso il Consiglio d' Europa, che
ha promosso questa attività nel nostro e in altri sei paesi su finanziamento
della Commissione Europea.
In questo quadro, l'Osservatorio, di intesa con gli altri partner della ricerca
e nel quadro delle azioni di disseminazione dei risultati della stessa,
organizza una tavola rotonda che presenterà gli esiti del lavoro svolto nella
regione Lazio; l’iniziativa si terrà presso la facoltà di Scienze della
Formazione, sede di Piazza della Repubblica (aula 7) il 9 febbraio, dalle ore 15.
info: oss.razzismo@uniroma3.it
Coordina:
Francesco Pompeo responsabile Osservatorio sul razzismo Università Roma
Tre
Presentazione della ricerca:
Francesca Saudino e Daria Storia Osservazione, Ulderico Daniele
Osservatorio sul razzismo
Interventi di:
Claudio De Angelis Procuratore del Tribunale per i Minori di Roma
Donatella Caponetti Centri per la Giustizia Minorile
Franco Alvaro Garante per i Diritti dei Minori Regione Lazio
Stefano Giulioli Ufficio Tutele Comune di Roma
Nazzareno Guarnieri Federazione Romanì, Graziano Halilovic Romà
Onlus
Gabriella Telesca Avvocato
Marco Cappuccino Save the Children, Vittoria Quondamatteo Il fiore
nel deserto
Antonio Ardolino Berenice, Monica Lanzillotto La Casa Gialla
Conclude:
Vittorio Cotesta docente Università Roma Tre
Di Fabrizio (del 02/02/2011 @ 19:28:17, in Italia, visitato 1732 volte)
COMUNICATO
La Polizia Locale ha preannunciato per domani giovedì 3 febbraio 2011 lo
sgombero con l'intervento delle ruspe del Campo Rom di Via Cavriana.
IL GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI (scendiamoincampo@gmail.com)
svolge la sua attività umanitaria all’interno del campo Rom di via Cavriana da
oltre due anni in stretta collaborazione con altre Associazioni di
volontariato sociale milanesi.
Le famiglie che risiedono in questo campo sono ormai, con quello preannunciato
per domani, al loro quindicesimo sgombero; hanno trovato nel nostro gruppo
sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende,
oltre all’accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti,
molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse delle degli organi preposti alla tutela della salute
anche di questi cittadini/e.
Tra gli abitanti Vi sono giovani adulti soli, anziani in coppia o singoli, una
famiglia con una bimba di neanche due anni, ormai giunta al suo ottavo sgombero,
e un nucleo familiare coi figli in Romania.
Chiamiamo alla mobilitazione e alla presenza la cittadinanza, le forze politiche
e sociali, gli organi di comunicazione, per impedire uno sgombero incivile e
brutale, come quelli già sperimentati nelle precedenti occasioni.
L’appuntamento è per domani mattina, giovedì 03 febbraio 2011 alle ore 07,00,
in via Cavriana (traversa di viale Forlanini).
GRUPPO DI SOSTEGNO FORLANINI -
scendiamoincampo@gmail.com
Di Fabrizio (del 02/02/2011 @ 09:16:43, in media, visitato 1942 volte)
Segnalazione di Voijslav Stojanovic
EaST Journal di Matteo Zola
"Un giorno metti la pentola a bollire sul fuoco, e sei in un posto. Quando
l'acqua bolle sei in un altro. Quando la pasta cuoce in un altro, e la mangi
chissà dove". Con queste parole la vecchia nonna di Laura Halilovic commenta lo
sgombero che la polizia ha imposto al campo nomadi in cui si trova. Laura, dal
canto suo, ne ha fatto un film: "Io la mia famiglia Rom e Woody Allen", in cui
racconta la sua vita e quella dei suoi cari, tra discriminazioni e vita
quotidiana. Il titolo è una citazione proprio di un film di Woody Allen. Il
cineasta americano ha letteralmente folgorato la piccola Laura che, ancora
bambina, si trovò da allora a coltivare un sogno: fare la regista. Oggi, con
questo film documentario prodotto in collaborazione con RaiTre e Film Commission
Torino, quel sogno è diventato realtà.
A META' TRA DUE CULTURE
«Da quando ho fatto questo film molti si interessano a me. Certo, il pericolo è
che lo facciano solo perché sono Rom, che mi mettano addosso quest'etichetta e
ci si interessi a me perché "diversa"».
Una diversità che le viene additata anche dalla sua comunità: «Sono diversa per
gli italiani e sono diversa per i Rom perché non voglio vivere secondo la nostra
tradizione e non intendo sposarmi per realizzare "il mio futuro"». Proprio con
queste parole infatti i genitori di Laura, nel documentario, la spingono al
matrimonio: "Sei già vecchia, hai 19 anni", le dicono. «Così mi trovo a metà tra
due culture, in bilico – prosegue Laura – e certo è una sofferenza, è una
situazione che vivo malissimo».
Ma la giovane regista ha le spalle larghe e con tenacia procede nel suo cammino
umano e artistico: «Anche la mia famiglia ora si è convinta, ma all'inizio è
stata dura poiché una ragazza Rom non può studiare e nemmeno lavorare, può solo
sposarsi».
LIBERTA' E PRIGIONIA
Nata a Torino, Laura ha vissuto nel campo vicino all'aeroporto di Caselle fino
all'età di otto anni. Poi la sua famiglia ottiene una casa popolare dove vanno a
vivere in nove: lei e i suoi quattro fratelli, i genitori e due cognati. Della
vita del campo resta un ricordo indelebile di libertà e prigionia al contempo:
«Mi ricordo la libertà, noi bambini stavamo sempre in giro nel campo, solo il
cielo a farci da confine. Ma ricordo anche il filo e la rete che delimitavano il
campo, eravamo come animali in gabbia». Le difficoltà coi "Gagé" – i non Rom –
iniziarono con la scuola: «Ricordo la mia felicità, il primo giorno. E ricordo
come gli altri genitori commentassero: "Ci mancava anche la zingarella". Quel
giorno non parlai con nessuno e corsi via appena la campanella suonò».
INTEGRAZIONE NON E' ESSERE TUTTI UGUALI
Questo dolore è quello che, secondo Laura, farà sempre sentire i Rom inferiori.
Un'inferiorità interiorizzata a tal punto da renderli incapaci di rivendicare i
loro diritti. «E non cambierà mai. Come mai cambierà l'atteggiamento dei Gagé
che continueranno sempre a disprezzarci. Un'integrazione è impossibile». Poi,
con un sospiro: «Integrazione non è essere tutti uguali, non è –per un Rom –
diventare Gagé. I Rom non vogliono diventare Gagé. Se non ci fosse più
diversità, nel futuro, forse non ci sarebbe più discriminazione. Ma poi saremmo
tutti più poveri».
Nella parole di Laura echeggia la saggezza della vecchia nonna, che nel film è
il simbolo di una cultura antica, modellata dai secoli e dai chilometri percorsi
da questo popolo nomade. «Quando mi dicono: "vai a casa tua" io mi domando
qual
è la mia casa, la casa di un nomade è ovunque». Laura non nasconde che ci siano
dei problemi: «Le persone però non devono fare di tutta l'erba un fascio, tra di
noi siamo diversi. Tra un Rom Romeno e uno bosniaco c'è differenza, ad esempio.
Non conoscono la nostra cultura». E davvero è arduo conoscere la cultura Rom, il
film di Laura è un ponte per la reciproca conoscenza. Forse così sarà possibile
capire che: «Non è vero che i Rom sono tutti ladri e delinquenti». "Quando un
Rom fa un reato, a venire puniti sono tutti i Rom" si dice nel film.
CASETTE IN FILA
E Laura fa un agghiacciante parallelismo: «Quando vedo le casette in fila, tutte
uguali, del nuovo campo di via Germanasca a Torino, con un recinto di ferro
intorno alto tre metri, mi vengono in mente i campi di concentramento dove sono
morti i miei bisnonni». Già, poiché molti dimenticano che, insieme agli ebrei,
ad Auschwitz trovarono la morte milioni di zingari. «Se mai incontrassi Woody
Allen di persona – conclude Laura – gli chiederei come ha vissuto il suo essere
ebreo. E come ne ha fatto una risorsa».
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