Di Fabrizio (del 23/11/2009 @ 08:59:32, in media, visitato 2072 volte)
Da Milano Città Aperta
Ciao a tutti,
come sapete dalle mail che sono circolate in mailing list e dai media,
l'altro ieri è stato sgomberato il campo Rom di via Rubattino a Lambrate.
Circa 300 persone, tra cui moltissime donne e bambini anche
piccolissimi sono stati lasciati al freddo sotto un ponte, senza alcuna
alternativa praticabile (si proponeva la solita soluzione che prevedeva la
divisione di uomini da una parte, donne e bambini dall'altra, bambini sopra i 6
anni da un'altra ancora).
Ieri si è svolto un presidio davanti alla prefettura, in cui una delegazione
ha chiesto, tra le altre cose, perlomeno di poter usufruire temporaneamente dei
container anti-freddo presenti nell'area di Via Barzaghi. Non solo neppure
questo è stato accettato, ma stamattina la polizia ha di nuovo sgomberato i rom
dall'area sotto il ponte di Rubattino dove si erano rifugiati provvisoriamente,
per permettere la solita passerella mediatica oggi pomeriggio a De Corato. (in
allegato o linkati a questa mail trovate altro materiale informativi per
approfondire meglio la vicenda).
Ieri al presidio erano presenti diversi di noi di Milano Città Aperta (io,
Natascia, Betta, Paolo, Giuliano, Veronica). Parlando si è pensato a far
qualcosa, trovare qualche strumento di pressione nei confronti del prefetto e
della giunta comunale. Coloro che sono andati in delegazione dal prefetto hanno
riferito infatti che la prefettura (a differenza dell'inflessibile
assessore Moioli) è stata abbastanza colpita dalla partecipazione cittadina
al presidio e in generale dalla solidarietà della cittadinanza nei confronti dei
Rom. Tanto nei giorni prima, che al momento dello sgombero, che ieri al
presidio erano presenti e si erano mobilitati diversi degli insegnanti della
scuola frequentata dai piccoli bimbi Rom e finanche genitori dei loro compagni
di classe. Segno evidente che, quando affianco alle "solite" meritorie
organizzazioni di "addetti ai lavori", si muovono in prima persona anche
i cittadini, a non pochi vengono fastidiosi mal di pancia.
D fronte a questo l'idea che è venuta a me e Natascia è quella di intasare
gli indirizzi che vi riporto qui sotto (del prefetto, del vicesindaco De Corato
e dell'assesore Moioli) di mail di protesta, per far capire che la cittadinanza
non rimane passiva di fronte allo scempio e alla barbarie degli sgomberi senza
alternative dei campi rom e delle correlate violazioni dei diritti umani
fondamentali.
Più sotto vi riporto un testo già scritto da noi (molto sintetico per
forza di cose, in modo che possa essere condiviso da tutti), ma che tutti
possono ovviamente arricchire e personalizzare come vogliono.
Nel fare questa improvvisata, ma utilissima azione di mail-bombing, vi
raccomandiamo pero di seguire alcune precauzioni volte a non
compromettere l'efficacia e l'utilità dell'azione:
a) scrivere ognuno un oggetto diverso alla mail, in maniera che i
destinatari non possano bypassare le mail, mettendo filtri che le releghino alla
posta indesideata. Sfruttate tutte le varianti possibili!
b) Girare quest'email e quest'appello a a tutte le persone che conoscete
chiedendo di prendere parte a questa iniziativa nel più rapido tempo possibile
(nel weekend!)
c) Inviare una copia della mail in copia conoscenza nascosta al seguente
indirizzo da noi creato ad hoc
rubattino@email.it, in maniera da poterci contare, sapere quante persone
hanno preso parte all'iniziativa ed eventualmente farlo pesare a chi di dovere,
al momento opportuno.
Il testo da copia-incollare (e se volete da personalizzare ) è il seguente
"Io cittadino di Milano sono indignato dallo sgombero del campo rom di
via Rubattino avvenuto il 19/11/09 e dalle precedenti e successive proposte
e risposte del Comune alle legittime richieste di cittadini rom e delle
associazioni. Non sono queste le autorità che mi rappresentano, non è questa
la città che voglio."
Mi raccomando, se lo ritenete utile, partecipate a questo piccolo,
simbolico, ma molto significativo gesto di solidarietà nei confronti dei Rom
sgomberati, al più presto (entro il fine settimana) E giratelo a tutti
i contatti che avete e credete siano interessati e sensibili sulla
questione.
I curatori di tre importanti spazi web (Yuri Del Bar per
U Velto – Il Mondo,
notizie e immagini dai mondi sinti e rom, Fabrizio Casavola per Mahalla e
Davide Casadio per
Sinti italiani in viaggio per il diritto e la cultura), dialogano
con il pubblico sulla necessità di un'informazione obiettiva e attenta riguardo
i mondi rom e sinti
Ieri nell’aula consiliare di Palazzo Marino l’assessore alla Famiglia (!)
Mariolina Moioli festeggiava la XXª Giornata internazionale dei diritti
dell’Infanzia. Poche ore prima, in un’alba livida come questa città, centinaia
di poliziotti, carabinieri, poliziotti locali sgomberavano 300 persone di etnia
rom con 80 bambini, 40 dei quali frequentavano le scuole del quartiere. Con le
poche cose personali, venivano distrutte le speranze di una vita meno
disumana per queste 40 famiglie, per chi aveva un lavoro, precario e in nero ma
lavoro, e aveva cercato di inserirsi in un contesto civile grazie alla
solidarietà delle maestre delle scuole, di cittadini che accompagnavano i
piccoli «zingari» a scuola e soprattutto delle associazioni – la comunità di
Sant’Egidio e i Padri somaschi soprattutto - che sostenevano questo faticoso
percorso di inserimento sociale. In questa coincidenza, non casuale, perché uno
sgombero non si improvvisa, c’è tutta la ferocia di questa città, della sua
squallida amministrazione i cui spiriti più brillanti sono il vicesindaco De
Corato che si vanta di circa 150 sgomberi in un anno e il capogruppo leghista
Salvini, quello delle carrozze separate per gli extracomunitari e del fora dai
ball per i rom e «mai una moschea a Milano».
Si può essere stupefatti dall’arroganza di questa amministrazione nell’esercizio
del potere, che non teme nemmeno la critica e se ne frega, virilmente, delle
normative nazionali e internazionali che tutelano l’infanzia e che prevedono
garanzie in caso di sgomberi (preavviso, alternative, ecc.). Ma io non mi
stupisco più, ho capito che questa Milano, con il suo Expo, i suoi affari in
mano a ‘Ndrangheta e Camorra, la scelta di cancellare la cultura
dell’accoglienza e della solidarietà, è una città fuori dall’umanità, una città
che perde i suoi giovani e la sua cultura, una città senza più anima, destinata
a essere un deserto nel quale le voci dell’umanità si spengono. Ma in questa
città io ho fatto un figlio e ho visto nell’ospedale nel quale mio figlio è nato
tante altre zingare, tanti altri extracomunitari che mettevano al mondo i loro
figli e credo che con queste nuove vite abbiamo seminato il fiore della
speranza. Quando cresceranno questi bambini così diversi da De Corato e da
Salvini (ma com’erano da piccoli, rubavano i giochi ai loro vicini?) non saranno
soli e tutti insieme aiuteranno questa città e ritornare civile, giusta e umana.
PRISTINA, Kosovo, 16 novembre (UNHCR) – Ukshin Toplica sentiva che sarebbe
tornato veramente a casa, una volta che avesse rinnovato la casa che era stato
costretto a lasciare un decennio fa nella capitale del Kosovo Pristina.
"Ora che la mia casa è finita, non mi sono mai sentito meglio," dice
orgogliosamente il 49enne Ukshin ai visitatori della sua nuova casa."Non c'è
nessun posto come casa propria." E' di buon umore perché ha iniziato una piccola
attività in proprio, con i fondi UNHCR, provvidenziale per la sua famiglia di 11
persone in duri tempi economici.
Ma per molti anni Ukshin ha pensate che non avrebbe mai potuto ritornare in
Kosovo dall'esilio nella vicina Repubblica di Macedonia. "Ho sempre voluto
riportare indietro la mia famiglia. Ma ci era stato detto che gli Albanesi
avevano occupato tutte le case nel nostro vecchio quartiere, così non ci
sentivamo sicuri a tornare."
Non è sempre stato così. Per anni lui e la sua famiglia di Rom di lingua
albanese, conosciuti come Askali, avevano vissuto serenamente accanto all'etnia
albanese nel distretto di Vranjevic della capitale Pristina. Ukshin lavorava
come guardia di sicurezza. "Il salario bastava per la mia famiglia, e prima del
conflitto vivevamo bene," ricorda.
Ma la vita della famiglia Toplica fu gettata nel trambusto quando la NATO
intervenne militarmente alla fine del marzo 1999, dopo aver richiesto il ritiro
delle forze di sicurezza serbe dal Kosovo e la fine alla discriminazione contro
i kosovari albanesi.
"Tutti lasciarono le loro case una volta che iniziò il bombardamento in
Kosovo," ricorda Ukshin, aggiungendo che la sua famiglia seguì i propri vicini
albanesi e fuggì in Macedonia. "Non avevamo scelta," spiega. Invece, la maggior
parte dei kosovari non albanesi di lingua rom fuggirono oltremare al termine del
conflitto.
Circa 1 milione di persone hanno cercato rifugio in Macedonia ed in altri
paesi durante il conflitto, terminato nel giugno 1999 quando le forze serbe
furono respinte e le truppe NATO inviate sul territorio. Il ritorno degli
Albanesi innescò l'esodo di circa 200.000 Serbi, Rom, Askali, Egizi ed altre
minoranze.
"Tutti avevamo tanta paura," dice Ukshin della sua famiglia fuggita in
Macedonia. Nella confusione e nella fretta, furono separati ed arrivarono in
aree differenti della Macedonia settentrionale. "Dopo tre giorni, mi riunii con
la mia famiglia a Skopje. Eravamo terrorizzati e depressi perché non sapevamo
mai cosa sarebbe successo il giorno dopo."
Ukshin e sua moglie, Hatixhe, hanno lottato per vestire e nutrire i loro
sette figli a Skopje. Altri due sono nati nella capitale macedone. Grazie ad un
contributo di 210 €u. dell'UNHCR, hanno affittato una casa alla periferia di
Skopje. "Non c'erano possibilità di lavoro. A volte, pulivo le strade e mi
davano qualcosa. Dipendevamo dall'UNHCR," rivela.
Negli anni seguenti, circa 16.000 Serbi e Rom sono ritornati in Kosovo, ma la
famiglia Toplica era preoccupata per la situazione ed ha aspettato sino a
novembre dell'anno scorso prima di tornare. "Sono andato all'UNHCR ed ho
registrato la mia famiglia per ritornare, così ci hanno portato qui. Il giorno
che siamo rientrati in Kosovo è stato davvero emozionante, mia moglie ed i
bambini non ci credevano che eravamo a casa," dice Ukshin.
La famiglia si è trasferita nella casa rinnovata nel loro vecchio quartiere.
Lo staff UNHCR a Pristina visita regolarmente la famiglia per verificare il suo
reintegro. E' stato un anno di sfida. Nel mezzo della recessione globale, hanno
affrontato difficoltà economiche in un'area dove circa metà della popolazione
adulta è disoccupata. Ma hanno beneficiato di un pacco aiuto dell'UNHCR e dei
suoi partner, che includeva cibo per sei mesi ed assistenza extra-alimentare.
Ukshin si è unito anche ad un progetto UNHCR che aiuta chi ha fatto ritorno a
sviluppare nuove capacità e diventare autosufficienti. Ha acquistato un mini
trattore col rimorchio per raccogliere plastica e scarti da rivendere ad una
compagnia di riciclaggio. Inoltre usa il suo veicolo per fornire un servizio di
trasporto nel quartiere. "Ho la mia attività," dice Ukshin, aggiungendo:
"Possiamo vivere del nostro denaro e delle nostre fatiche."
I membri della famiglia Toplica si sentono pienamente integrati nella loro
comunità. Come per altri che han fatto ritorno in Kosovo, la sfida principale è
di migliorare le proprie condizioni di vita ed assicurarsi la sopravvivenza
economica. UNHCR continua ad offrire aiuto e consulenza.
Sabato 28 novembre 2009, Mantova, Teatro Bibiena, ore 21.00 Norig, la nuova grande voce della sterminata koiné gitana. Intensa,
magnetica, affascinante, Norig è il presente e il futuro di un approccio al
canto che ha pochi uguali per capacità di trasformare la voce in un mobile e
sensuale segno di umanità.
Di Fabrizio (del 25/11/2009 @ 09:03:04, in Italia, visitato 2628 volte)
Segnalazione di Consuelo Pollini
Caritas Ambrosiana è lieta di invitarvi al convegno IL BELPAESE DEI ROM.
stereotipi pregiudizi conflitti utopie. L’incontro si terrà giovedì 3 dicembre
dalle ore 9.00 alle ore 17.00 nella SALA ASSEMBLEE INTESA SANPAOLO - Piazza
Belgioioso, 1 – Milano. I posti sono limitati, è necessaria l’iscrizione tramite
e-mail arom.ambrosiana@caritas.it
o attraverso il modulo di iscrizione on-line all’indirizzo
http://www.caritas.it/belpaese/
CONVEGNO 3 DICEMBRE 2009 IL BELPAESE DEI ROM stereotipi pregiudizi conflitti utopie SALA ASSEMBLEE INTESA SANPAOLO - Piazza Belgioioso, 1 - Milano
9.00 Introduzione e saluti di benvenuto
Don Roberto Davanzo
Direttore Caritas Ambrosiana
Fondazione Cariplo
Coordina Diego Cipriani, Caritas Italiana
10.00 Definizione, origine e sviluppo dello stereotipo
Alessandro Dal Lago
Professore ordinario di Sociologia dei processi culturali, Università di Genova
10.45 Rom e Sinti in Italia tra stereotipi e diritti negati
Gianni Loy
Professore ordinario di Diritto del lavoro, Università di Cagliari
Pausa
11.45 Non solo pregiudizio. La costruzione del Rom come nemico pubblico
Marcello Maneri
Docente e ricercatore in Sociologia e Ricerca sociale, Università di
Milano-Bicocca
12.15 Il pregiudizio antizigano, sensibile ai contesti di politica locale
Tommaso Vitale
Docente e ricercatore in Sociologia urbana e Sociologia politica, Università di
Milano-Bicocca
12.45 Dibattito
Buffet pranzo
Coordina Paolo Lambruschi, Giornalista
14.00 Proiezione del video “Via Novara 523”, regia di Gaetano Maffia
14.30 Muoversi nella complessità tra passato presente e futuro
…con i rom di via Novara
A cura di Caritas Ambrosiana
15.00 Uguali e diversi. È possibile coabitare?
Mediazione e gestione dei conflitti
Marco Bertoluzzo
Docente di Psicologia, Università di Torino
15.30 Dal pregiudizio alla diversità come bene pubblico. Oltre l'idea di
minoranza
Ilenia Ruggiu
Ricercatore di Diritto costituzionale, Università di Cagliari
16.00 Dibattito e conclusioni
Mostra fotografica “Ieri, oggi e domani… altri occhi su una stessa realtà” di
Elena Gagliardi
Con preghiera di diffusione.
Segreteria Rom- Sinti
Caritas Ambrosiana via San Bernardino, 4
20122 Milano
02 76037262
Di Fabrizio (del 25/11/2009 @ 09:10:44, in Italia, visitato 1491 volte)
Ricevo da
Eugenio
Viceconte: Ricevo e pubblico questo comunicato di Andrea Alzetta di Roma in
Action.
Mi associo preoccupato perché Forza Nuova sta soffiando sul fuoco del razzismo,
di recente lo ha fatto ad Alba Adriatica, ora torna a farlo a Roma.
Venerdi’ 27 novembre forza nuova ha indetto una manifestazione contro i Rom di
Casilino 900. Si tratta dell’esasperazione ulteriore e preoccupante di un clima
che alimenta la guerra tra i poveri e l’intolleranza, dimenticando la
solidarietà e il rispetto per i diritti umani e sociali.
Questa provocazione di Forza Nuova è inaccettabile, soprattutto dopo che la
stessa Amnesty International ha sollevato il problema del rispetto dei diritti
umani dei Roma. Non è accettabile consentire che un gruppo razzista, nazista e
xenofobo offenda la tradizione democratica di questa città, proponendo pulizie
etniche e appartaid.
Il sindaco intervenga immediatamente, se non vuole avvallare il sospetto che sia
interessato ad esasperare gli animi sulla questione rom per giustificare
ulteriore sgomberi indiscriminati.
Ricordo che è stato Alemanno a negare la possibilità di uno sgombero forzoso,
parlando invece di un trasferimento in un campo attrezzato, previsto dal piano
nomadi.
Mi auguro che il prefetto vieti la manifestazione. La manifestazione va vietata
e non per una questione di ordine pubblico, ma per una questione di civiltà,
perché la questione dei rom non va affrontata in modo disumano, ma contemperando
le esigenze dei residenti con il rispetto dei diritti umani.
Ma comunque ci penseranno le realtà sociali e il movimento a cacciare questi
reietti dal quartiere e dalla città e a porre un argine democratico alle derive
xenofobe e naziste.
Andrea Alzetta, Roma in action
Action-diritti in movimento
Due ragazzi sono balzati sotto un treno perché i genitori di lei non
volevano che uscisse con un ragazzo zingaro.
La ragazza ha scelto la morte prima di rompere con il quindicenne Tsetso.
[...] Questa storia di Romeo e Giulietta ha avuto luogo domenica mattina
sulla ferrovia tra i villaggi di Dubova Mahala e Brusartsi, vicino alla città di
Lom. La sedicenne Albena Mitova ed il suo innamorato Tsvetan Plamenov, di un
anno più giovane, hanno deciso insieme di suicidarsi, perché i genitori della
ragazza non volevano che si impegnasse con uno zingaro. I due si son presi per
le braccia e sono saltati sulla sede ferroviaria. Il treno merci era in
arrivo, prestava regolare servizio da Vidin e Sofia e li ha investiti. Albena è
stata uccisa dall'impatto e Tsvetan sta lottando per la vita nell'Ospedale di
Lom.
Sabato tutto sembrava normale nelle case dei due ragazzi. Benjy, come
la chiamava Tsetso, aveva cenato con la sua famiglia nella loro casa in
Kniazheva Mahala.
"Quel giorno eravamo andati a far compere. Mi aveva detto che aveva rotto col
ragazzo zingaro. Eravamo molto intime e mi diceva tutto," ha detto ieri Nadia,
la mamma di Albena, ai giornalisti di The Monitor. Secondo la madre, che
gestisce la locale locanda, non c'erano segni che sua figlia intendesse
suicidarsi. Dopo che i genitori erano andati a letto verso le 23.00, Albena
aveva chiamato Tsetso.
"Era balzato sulla sua bicicletta ed era scomparso. Sembrava completamente
impazzito. Non mi ha dato il tempo di chiedergli dove andasse o cosa stesse
succedendo," dice Plamen, il padre del ragazzo, con le lacrime agli occhi.
Con la sua famiglia vive nel vicino villaggio di Dinkovo, che è a 3 o 4 km.
da Kniazheva Mahala. Nessuno sa cosa è successo quella notte. Circa alle 5 di
mattina, il 35enne ingegnere Rossen N. ha visto due persone sulla massicciata
della ferrovia. Preso dalla paura ha azionato la sirena del treno, ma non si
sono mossi. Il dipendente della BDZ ha fatto quanto possibile per arrestare la
macchina di 223 tonnellate, ma la collisione è stata inevitabile. L'ingegnere ha
visto i corpi dei due ragazzi volare per aria come bambole di stracci. Rossen ha
fermato il treno e riportato l'incidente ai suoi superiori. I medici arrivati
sulla scena hanno determinato che la ragazza era morta ma che Tsetso respirava
ancora. I genitori dei ragazzi hanno offerto due versioni completamente
differenti di ciò che era successo.
"Non può aver preso questa decisione da sola. Era una ragazza quieta e
modesta. Era sempre in casa davanti al PC. Non c'era modo che potesse conoscere
a che ora passava il treno," dice Nadia fissando il nome sulla corona funeraria.
"Venite a vederla. Il suo corpo non è stato mutilato. Il medico mi ha
detto che aveva rotti i due legamenti. Ha battuto la testa cadendo e quella è
stata la causa della sua morte," dice il padre addolorato, Dimcho, che è anche
il sindaco del villaggio. Albena era la loro unica figlia. La adottarono appena
nata.
"Era la luce dei miei occhi. Le davamo tutto. Era stata accettata alla Scuola
Superiore di Economia di Vratsa. Per tutti noi fu una grande notizia. Dev'essere
successo qualcosa. Qualcuna deve averla convinta. Non mi fermerò finché non
troverò la verità," è il voto della madre che continua a singhiozzare.
Plamen è categorico quando dice che suo figlio era innamorato perso di Benji.
"I ragazzi non volevano essere separati. Spesso Dimcho veniva qui con la polizia
per portare via sua figlia ed il giorno dopo erano di nuovo insieme," dice il
padre del ragazzo ferito. Si lamenta che ai genitori di Albena non piaceva
Tsvetan non solo perché aveva la pelle scura, ma anche perché era povero.
Non aveva soldi neanche per una fetta di pane
Tsvetan ora ha bisogno di 260 Leva per un'operazione alle braccia, entrambe
fratturate. Ha un ematoma al cervello ed è in coma. Dall'incidente non ha
ripreso conoscenza e non può raccontare cos'è successo alla sua amata. Tranne a
sua madre, Valentina, a nessuno è permesso visitarlo. Lei dice che un lato della
testa del ragazzo è gonfio in maniera preoccupante.
"Sono così poveri che non so come potranno permettersi le cure per il
ragazzo, dice Yulia Georgieva, sindaco del paese di Dinkovo.
Infatti, suo padre è l'unico parente che ha Tsetso. I due vivono in una
povera casa ad un piano. Suo padre va di porta di porta dai vicini ad offrire i
suoi servizi, per avere un po' di denaro. La madre del ragazzo li ha lasciati
circa un anno fa per vivere a Sofia, e tornava ogni tanto a trovarli. I vicini
si sono sentiti offesi ieri a vederla tornare da Sofia su un taxi.
"L'altro giorno Tsetsko e suo padre non avevano soldi per comperare il pane.
Gli ho dato quattro fette ed un Lev. Mi hanno detto poi che quel giorno Plamen
aveva perso i sensi perché non aveva mangiato," ci ha detto un vicino. Quando
gli abbiamo parlato ieri, il padre del ragazzo era preoccupato che quando
scoprirà cos'è successo ad Albena, Tsetso tenterà nuovamente di uccidersi.
Katia Ilieva and Galia Petrova
.....Achili man jag kiti te na merav shilestar ...
...davla tuke andar vogiestar!
Romani Baht Fountation
8 Nov Jivot str.
1373 SOFIA
BULGARIA
Tel./fax +359 2 920 42 72
Di Sucar Drom (del 25/11/2009 @ 14:35:52, in Kumpanija, visitato 2116 volte)
«La comunità di Casilino 900 chiede alla società civile, ai cittadini,
alle associazioni, ai comitati di quartiere di essergli vicino il prossimo
venerdì 27 novembre dalle ore 17, mentre si svolgerà
la
provocatoria manifestazione razzista di Forza Nuova che intende raggiungere
il campo esasperando la spinta politica già messa in atto con Casilino 700».
È questo l’appello
di Najo Adzovic, portavoce del Casilino 900. «Stiamo lavorando con tutto
il nostro impegno perché la baraccopoli di Casilino 900 venga chiusa e affinché
venga offerta a quanti ci vivono una reale possibilità di riscatto sociale e di
integrazione partecipando fattivamente ai tavoli con l’Amministrazione Comunale
e la Prefettura».«Vogliamo che la chiusura del Casilino 900 risulti un passaggio
storico verso il superamento dei campi, luoghi di rifiuto e di segregazione
sociale e non l’ennesimo sgombero senza alcuna alternativa. Siamo i primi a
voler andar via, nessuno ama vivere in baracche tra topi e immondizie, e siamo
disposti lavorare sodo per vivere meglio, ma non ce la facciamo più ad essere
scacciati e rifiutati, additati come la peste, fa male a noi come a tutta la
società di cui ci sentiamo di far parte. I nostri figli sono nati qui, vanno a
scuola con i bambini italiani, e si sentono italiani anche loro. Pensiamo a un
futuro di integrazione per questi ragazzi attraverso la formazione, il lavoro e
una vita fuori dai campi».
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