Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 09:19:57, in Italia, visitato 2580 volte)
LABORATORIO DI SVILUPPO LOCALE PARTECIPATIVO IV Edizione – Marzo-Giugno 2009
Organizzazione e Coordinamento: Prof. Andrea Membretti
Supervisione: Prof. Angelo Bugatti
Informazioni e contatti:
andrea.membretti@unipv.it
Comune di Pavia Settore Servizi Sociali
Università di Pavia - Facoltà di Ingegneria CdL Ingegneria Edile/Architettura
Corso di Sociologia Urbana e del Territorio
Il Laboratorio di Sviluppo Locale Partecipativo Il Laboratorio - a cui partecipano gli studenti del 4° anno del CdL in
Ingegneria Edile/Architettura, unitamente ad alcuni esperti esterni - è una
attività correlata al Corso di Sociologia Urbana e del Territorio; le sue
attività di studio e di ricerca progettuale si focalizzano sui temi dello
sviluppo socio-economico e territoriale di Pavia e provincia, con particolare
attenzione al rapporto tra dinamiche partecipative, qualità della vita e
dimensioni dell’abitare.
I Sinti abitano Pavia. La quarta edizione del Laboratorio è dedicata al tema dell’abitare in
riferimento alle comunità di Sinti che vivono stabilmente nella città di Pavia,
all’interno dei cosiddetti “campi nomadi”. L’obiettivo generale del Laboratorio
è quello di contribuire, tramite uno studio partecipativo di natura progettuale
che coinvolga direttamente i Sinti pavesi, a fare emergere possibili soluzioni
insediative in alternativa al modello dei “campi”: soluzioni che siano in grado
di coniugare il rispetto della norme vigenti con le esigenze e la cultura di cui
sono portatori i destinatari dell’intervento, favorendo nel contempo una
dialettica costruttiva con il resto della città e della popolazione in essa
residente.
I seminari pubblici Il Laboratorio prevede, come inquadramento generale del tema trattato, la
realizzazione dei seguenti incontri:
• 26 marzo, ore 18: Presentazione del Laboratorio presso
l’insediamento sinti di P.le Europa (sulla destra del Palazzo Esposizioni), con
la partecipazione degli studenti, della comunità sinta e del Comune di Pavia
• 30 marzo, ore 14: Lezione aperta sull’antiziganismo
presso l’insediamento sinti di Via Bramante (Borgo Ticino), con Andrea Membretti
(sociologo) e con Erasmo Formica (Associazione Sinti Italiani di Pavia)
• 6 aprile, ore 18, Sala Conferenze della Prefettura (p.zza Guicciardi):
Zingari: storia di un’emergenza annunciata, presentazione - in
anteprima pavese, con la partecipazione dell’autrice e del Prefetto di Pavia –
dell’omonimo volume (Liguori, 2008) di Anna Rita Calabrò, docente di Sociologia,
Università di Pavia
• 15 aprile, ore 14, aula A2 di Ingegneria: Politiche locali per i
rom e per i sinti in Italia, presentazione (in anteprima pavese e con la
partecipazione di alcuni degli autori) del volume collettivo (a cura di T.
Vitale): Politiche possibili. Abitare la città con i rom e con i sinti (Carocci,
2009)
• 20 aprile, ore 14, aula 8 di Ingegneria: Tra ghettizzazione,
persecuzione ed espulsione: il difficile rapporto tra comunità zigane e
territorio. Confronto con il regista e sceneggiatore Francesco Scarpelli,
a partire dalla visione di alcuni estratti dai suoi documentari su Rom e Sinti
nell’area milanese
• 22 aprile, ore 14, aula A2 di Ingegneria: Partecipazione
collettiva e gestione degli insediamenti sinti e rom: il caso di Buccinasco e il
caso di Voghera, con Ernesto Rossi e Augusto Luisi, dell’Associazione
ApertaMente di Buccinasco (Milano) e con Laura Giusti, volontaria Opera Nomadi
di Voghera
• 27 aprile, ore 14, aula 8 di Ingegneria: Realizzare insediamenti
con i Sinti e con i Rom: esperienze a confronto, con Armando de
Salvatore, associazione Architettura delle Convivenze (Milano)
Gli zingari li rubano davvero i bambini? La risposta nello spettacolo "Ma
ke razza di treno"
BELLINZONA - In occasione della Giornata Cantonale della memoria e della
giornata mondiale contro il razzismo, andrà in scena sabato prossimo, alle 20.30
allo Spazio Aperto di Bellinzona, lo spettacolo "Ma ke razza di treno" con la
compagnia Sugo d'inchiostro.
Nelle stazioni e nei treni nessuno é a casa. È tutto un brulicare di
viaggiatori, ognuno con il proprio bagaglio di sogni e paure. Una massa informe
dove tutti si sfiorano senza riconoscersi. Ma un giorno una musica
misteriosa e una notizia di cronaca spingono tre viaggiatori a togliersi la
maschera e a mettere a confronto le proprie storie nello scompartimento di un
treno.
Qual'è il filo che lega la studentessa che vorrebbe viaggiare, l’uomo impegnato
allergico agli stranieri e il clandestino rumeno col violino? E poi: gli zingari
li rubano davvero i bambini?
Uno spettacolo che scava fra i pregiudizi e gli stereotipi della vita
quotidiana, organizzato dalla Commissione Cantonale per l'integrazione degli
stranieri e la lotta contro il razzismo, dalla Commissione Cantonale Nomadi e
dall'Associazione Specchiati e Rifletti.
Interpreti: Simone Jaquet-Richardet, Marco Mottai, Francesco Mariotta
Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 09:31:59, in Italia, visitato 1433 volte)
Segnalazione di Consuelo Pollini
Da
corriere.it - I nomadi al cavalcavia Bacula: l'ennesimo blitz, a giorni, è già
deciso. L'appello: alcuni vogliono integrarsi
Il campo rom al cavalcavia Bacula (Fotogramma)
MILANO - Prima che "quelli di Bacula", nella geografia delle migrazioni
metropolitane dei rom loro sono conosciuti come "quelli della Bovisasca".
Attorno alle 150 unità, questi nomadi, romeni, l'anno scorso vennero sgomberati
da un prato di via Bovisasca in una giornata calda e tesa che fece arrabbiare e
in certi frangenti vergognare — "Violati i diritti umani" disse la Curia —,
dopodiché gran parte degli immigrati finì appunto sotto il cavalcavia Bacula.
Là, nel sottosuolo, c'era l'arsenico regalo delle vecchie fabbriche chimiche,
mentre sul suolo galoppavano i topi; qui, è pure peggio. Per com'è posto, in
campo aperto, sotto il cavalcavia il vento arriva con raffiche che gelano e
spengono i fuocherelli. Ci son tanti bimbi. E adulti che spesso non lavorano,
campano di elemosina, si lasciano andare.
Nell'insieme, per la Diocesi, "la situazione non è degna di una città
civile". Milano, a sentire il Comune, agirà con l'ennesimo blitz. A giorni. È
già deciso. Sostiene la Diocesi, nello specifico con un cartello che unisce
Caritas, Casa della Carità, Acli e Padri somaschi: "L'esperienza dovrebbe
insegnare che se ci limiterà all'azione di forza i rom se ne andranno da questo
precario insediamento ma — poco dopo — troveranno un altro posto ancora più
nascosto, ancora più indecente, ancora più inumano, dove tentare di
sopravvivere". Ora, non si dice che debbano rimanere dove sono. Anzi: "In quelle
condizioni non possono più stare". Si dice, piuttosto, che non "bisogna
vanificare il lavoro svolto", non "bisogna far cadere queste disponibilità". Il
riferimento è alle stesse quattro realtà elencate prima, che sotto il cavalcavia
hanno quasi quotidianamente inviato operatori e volontari, e non soltanto
coperte e generi di prima necessità.
È un appello, quello della Diocesi. Un invito. Non è un monito, almeno a
leggerlo così come è scritto. Ecco un altro passaggio: "Parte delle persone
accampate ha mostrato la volontà di integrarsi. Vanno riconosciuti e
incoraggiati i comportamenti civili e virtuosi di chi non delinque". Per vedere
baracchette e tende, dovete scendere di sotto, dal ponte si vede poco; si
vedono, questo sì, i panni stesi sulla massicciata che costeggia i binari delle
Nord, e chi di voi è pendolare non può non averci fatto caso. Davanti alle
baracchette e alle tende, c'è un campo, non piano. Attorno al prato, cespugli
usati come bagni. A inizio mese, c'era stato un corteo della Lega, nel
quartiere. Lungo il tragitto, erano comparsi ragazzi dei centri sociali e del
Naga, i medici e gli infermieri che nel dopolavoro curano i clandestini. Avevano
gridato: "razzisti"; "fascisti". Nulla di che, ma leggere tensioni c'erano
comunque state. "Tutte tensioni inutili", aveva comunque detto il vicesindaco
Riccardo De Corato, "perché entro marzo i nomadi saranno allontanati. Sono già
previsti gli interventi per la impedire la rioccupazione attraverso la
realizzazione di una recinzione di tre metri e mezzo".
Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 10:23:42, in media, visitato 1633 volte)
Ricevo da Paolo Buffoni:
Se un non rom fosse fotografato di faccia e di profilo con un cartello e
un numero, cosa accadrebbe? A fare questa domanda è un prete cattolico che vive
tra i rom. Schedature di massa in Veneto, persecuzioni a Roma: l’apartheid è una
realtà. A questi temi è dedicato il servizio di apertura e la copertina [con il
titolo "La questione zingara"] del nuovo numero di Carta in edicola a Milano da
ven. 20/03
Nel frattempo, ecco un anticipo pubblicato online
Pierluigi Sullo [19 Marzo 2009]
Nelle scorse due settimane il telefono di Anna Pizzo ha squillato molto più del
solito. Lei è consigliera regionale, e il suo cellulare è solitamente
irrequieto, ma questa volta ha superato tutti i limiti e io, che vivo con lei,
mi stavo innervosendo. A chiamare in continuazione era un certo Sandro. Anna mi
ha infine spiegato chi è Sandro: è uno dei capifamiglia di una famiglia
allargata di Rom, una cinquantina, metà circa bambini e ragazzi, tutti
cittadini italiani. "E che vogliono da te?", ho domandato. Lei mi ha spiegato
che si erano aggrappati a quella unica piccola finestra aperta sulle istituzioni
per cercare di risolvere il loro problema. "E qual è il problema?". La
spiegazione è stata lunga.
Prima c’è un gruppo di Rom che, dal Veneto, si trasferiscono molti anni fa a
Roma per lavorare. Fanno i "calderash", lavorano con i metalli, e sono così
bravi che ogni anno si trasferiscono al nord, dove molte chiese affidano loro
lavori di restauro. Negli anni, finiscono per stabilirsi nell’ex Mattatoio
romano, abbandonato e vuoto. Poi accadono due cose. La giunta Veltroni decide di
aprire lì la Città dell’Altra economia, iniziativa ottima che però comporta lo
spostamento dei Rom un po’ più in là, sulla sponda del Tevere. Veltroni se ne va
e arriva Alemanno, e il giorno dopo che il prefetto di allora, Mosca, aveva
dichiarato "non ci saranno mai più sgomberi di Rom", la polizia si presenta in
forze al lungotevere Testaccio, fa staccare luce e acqua e intima ai Rom di
andarsene. Dove?, chiedono loro. Non si sa. Mettono in fila camper e roulottes e
si avviano in un largo giro che si conclude nell’estrema periferia sud, dalle
parti della università di Tor Vergata. Il rettore protesta, allora vengono
ancora spostati: a Tor Sapienza. Un’unica fontanella e niente luce, nonostante
loro abbiano già pagato l’allaccio all’Enel. Passano mesi, e i cinquanta di
Sandro decidono di andarsene: il posto, già inospitale, si è ulteriormente
affollato. Comincia così un’odissea dentro e attorno a Roma: Romanina, Ardeatina,
Capannelle, uno spiazzo momentaneamente libero dal mercato settimanale, un
parcheggio semi-abbandonato, il terreno che provvisoriamente un parroco affitta
loro a prezzo assai modico, ecc. Ogni volta si presenta un carabiniere, un
poliziotto, una presunta ronda di individui con pettorine fosforescenti, la
guardia privata di un istituto di ricerca, per intimare loro di andarsene.
Subito. I cinquanta Rom caricano ogni volta la decina di camper e roulottes e se
ne vanno: non cercano rogne, e telefonano all’unica persona delle istituzioni
che – evidentemente – è disposta ad ascoltarli. La quale chiama assessori e
presidenti di Municipio, e perfino centri sociali, per trovare uno slargo, uno
spazio, un posto qualunque dove gli zingari erranti possano fermarsi. Nel
frattempo, i bambini non possono più andare a scuola, com’è ovvio, anche se le
maestre e molti genitori della scuola che frequentavano, al Testaccio, hanno
raccolto firme in loro appoggio. La figlia grande di Sandro ha appena finito la
quinta elementare, in pagella ha tutti voti ottimi.
Però nessuno sembra provare interesse per questi connazionali di cultura Rom,
con nomi e cognomi italiani e la faccia delle brave persone, per cui si
supporrebbe che tutti gli stereotipi sui Rom sporchi e ladri e mendicanti e
ladri di bambini debbano fare più fatica a penetrare nelle menti, per non
parlare delle amministrazioni. E d’altra parte, non erano quasi tutti cittadini
italiani i Sinti che all’inizio di marzo 150 poliziotti – che avevano fatto
irruzione all’alba in 15 campi del Veneto – hanno fotografato di faccia e di
profilo, con addosso un cartello con le generalità e, in molti casi, un numero?
Ma anche l’argomento "sono italiani" è debole: come spiega Tommaso Vitale,
sociologo e studioso dell’argomento, nel numero di Carta settimanale in uscita
domani [la cui copertina è dedicata alla "questione zingara"], in Italia si sono
inventati i "campi nomadi" e si è costruita – con la perdita di memoria
sull’Olocausto Rom e con un arsenale di schemi culturali razzisti – la figura
dell’"eterno straniero".
Negli ultimi giorni il cellulare di Anna si è placato, Sandro e i suoi hanno
trovato un posto: un campeggio di Bracciano, vicino Roma, dove potranno stare
per un mese pagando un prezzo molto scontato. Il proprietario del camping non ha
di questi pregiudizi, infatti è tedesco.
ROMA – Un fantasmino giallo che non fa paura, anzi sorride: è uno
spauracchio, ce lo ha pure scritto addosso. È questo il simbolo della Campagna
nazionale contro il razzismo, l’indifferenza e la paura dell’altro "Non aver
paura, apriti agli altri, apri ai diritti", presentata questa mattina al Teatro
Ambra Jovinelli di Roma.
Disegnato da Viorel Samuel Cirpaciu, bambino rom di 11 anni, lo
‘spauracchio’ è il simbolo di una campagna organizzata da 26 organizzazioni, tra
cui l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, associazioni religiose e laiche e
Ong internazionali, oltre che i sindacati. "È una campagna che abbiamo voluto
lanciare oggi non a caso – ha spiegato Laura Boldrini, portavoce dell'Alto
Commissariato Onu per i rifugiati -, alla vigilia di una data importante che è
il 21 marzo, Giornata mondiale contro il razzismo. Una campagna che ha la
pretesa di essere un’iniziativa culturale, grazie al fatto che abbiamo
convogliato diverse organizzazioni diverse, un’ampia fetta della società civile
italiana".
Obiettivo della campagna, sensibilizzare la società civile al tema del razzismo
tramite l’impegno delle organizzazioni aderenti che saranno protagoniste di
quella che definiscono una vera e propria maratona di iniziative locali e
nazionali, e una raccolta di firme che sottoscrivano il manifesto
dell'iniziativa. L'invito alla riflessione è rivolto anche al mondo politico e
alle istituzioni, anch’esse invitate a firmare contro il razzismo." In questi
anni – ha spiegato Boldrini - una buona parte della politica ha coniugato
l’immigrazione con la sicurezza, trascurando tutti gli altri aspetti
dell’immigrazione, positivi che non hanno avuto il peso che meritavano".
Punta di diamante della campagna uno spot televisivo e radiofonico firmato da
Mimmo Calopresti, con l’interpretazione di Francesca Reggiani, Lello Arena,
Salvatore Marino e Cumbo Sall. "I media in questi anni - ha affermato Boldrini -
non ci hanno aiutato a capire l’importanza del fenomeno migratorio. Hanno dato
grande spazio alla cronaca nera legata all’immigrazione oscurando il resto,
oppure hanno usato termini allarmistici e questo ha generato paura. Questa paura
è basata sull’immagine dell’immigrazione resa, che non necessariamente
corrisponde alla realtà".
Nello spot, i diversi attori si ritrovano a riscoprire le loro piccole posizioni
razziste, nonostante si dichiarino non razzisti a vicenda. Bloccati da una
intricata rete di fili, Francesca Reggiani interpreta una persona del Nord
Italia che guarda con sospetto i meridionali. Il ‘sospettato’ è interpretato
proprio da Lello Arena, che nella parte diffida degli arabi. Marino, cittadino
italiano con madre eritrea scarica la colpa sugli africani ed infine Sall, anche
lei italiana di padre senegalese restituisce il colpo sui rom. Da questo
groviglio di parole e di fili, spunta proprio Viorel, l’autore del fantasmino
giallo, che a differenza degli altri protagonisti, riesce a venire fuori dalla
matassa.
La campagna giunge in un anno che gli organizzatori definiscono ‘nero’. "Ci
siamo chiesti se il razzismo fosse cresciuto – ha spiegato Boldrini -. Da marzo
2008 a marzo 2009, limitandoci alla semplice raccolta di eventi riportati dalle
agenzie di stampa, abbiamo raccolto 8 pagine di eventi di razzismo, centinaia di
eventi che hanno portato a definire quest’anno un anno da dimenticare".
L'iniziativa è promossa dalle Acli, l'Alto Commissariato dell'Onu per i
rifugiati, Amnesty, Antigone, Arci, Asgi, Cantieri sociali, Caritas italiana,
Centro Astalli, Cgil, Cir, Cisl, Cnca, Comunità di Sant'Egidio, Csvnet, Emmaus
Italia, Federazione Chiese evangeliche in Italia, Federazione Rom e Sinti,
FioPsd, Gruppo Abele, Libera, Rete G2, Save the Children, Sei - Ugl, Terra del
Fuoco e Uil.
Di Fabrizio (del 21/03/2009 @ 09:13:34, in Europa, visitato 1687 volte)
Segnalazione di Clochard
12 marzo 2009 di Carlos Enrique Bayo
Gli assalti ai comandi del Servizio di Sicurezza di Ucraina (SBU) alle sedi di
Kiev del monopolio del gas Naftogaz e dell'autorità che controlla i gasdotti del
paese Urkrtransgaz, hanno colpito la nostra attenzione negli ultimi giorni. Ma
senza ombra di dubbio è molto più importante e preoccupante l'assalto cittadino
che si sta protraendo di fronte alle succursali ucraniane della Banca Rodovid,
che ha limitato il prelievo di soldi a meno di 28 euro giornalieri perché è sul
bordo della bancarotta.
In realtà, ciò che è in bancarotta è lo stesso stato di Ucraina, dove città
intere, per interi giorni, sono rimaste senza riscaldamento e acqua corrente
perché le istituzioni non possono pagare le bollette; il servizio della
metropolitana di Kiev è vicina al collasso per mancanza di fondi; gli
stabilimenti siderurgici e l'industria chimica, motori economici del paese,
stanno licenziando a migliaia di operai e il valore della moneta nazionale, l'hryvnia,
è crollato.
L'Ucraina è il paradigma del fallimento dell'Europa Centrale come conseguenza
della crisi globale e deve metterci all'erta su quello che è sul punto di
succedere negli altri paesi ex-sovietici della regione che sono membri dell'UE
ma che vedono rifiutati le loro richieste di aiuto. Il primo ministro ungherese,
Ferenc Gyurcsany ha messo in guardia i suoi colleghi che una "nuova cortina di
ferro divida l'Europa", ma è stato inutile. Aveva richiesto un fondo speciale di
190.000 milioni di euro per proteggere i membri più deboli dell'UE, e il suo
governo ha fatto circolare un documento che riportava la cifra di 300.000
milioni di euro come preventivo per coprire il vero bisogno che quest'anno per
la ri-finanziazione dell'Europa centrale.
Questa cifra è uguale a quella che hanno sborsato i governi dell'Ue per
ri-capitalizzare le banche oltre ad aver dato garanzie di credito per 2.5 mille
milioni di euro.
Ma i crediti continuano a non arrivare alle aziende e ai privati che
dovrebbero riattivare l'economia. In questo modo i paesi ricchi, cominciando
dalla Germania (dove il cancelliere, Angela Merkel, affronterà le elezioni
generali a settembre), negano questo carissimo salvagente ai membri più
orientali, che presto dovranno dichiarare la sospensione dei pagamenti:
Ungheria, Romania e i paesi baltici.
Queste nazioni sono sul punto di naufragare perché alla crisi economica
mondiale si è aggiunto la caduta delle sue divise(moneta) di fronte all'euro, e
si vedono impossibilitati a ridare i crediti alle banche dell'eurozona(che sono
i loro principali creditori) in un momento di una forte riduzione della domanda
dei suoi prodotti in Europa occidentale. Il nucleo duro dei 16 paesi che
condividono l'euro (con un economia nel suo insieme tanto importante quanto
quella degli Usa) ha la pretesa di salvarsi escludendo ai suoi soci più recenti.
Ma le misure protezionistiche non manterranno a galla potenze come la Germania,
la cui prosperità dipende dalle esportazioni a mercati che non hanno una
capacità d'acquisto.
Il rischio non è solo economico, ma anche geopolitico, dato che quei soci
orientali hanno vissuto la recente esperienza di rinunciare ai loro sistemi
economici centralizzati e super regolati, attraversando una terapia d'urto che
li ha sottomessi a grandi penurie quando avevano appena cominciato a recuperare
e stabilizzarsi.
Proprio quando erano a punto di degustare il miele del capitalismo prospero,
questo affonda e nega loro l'ancora di salvezza.
Il caso dell'Ucraina è da esempio e la sua stabilità è fondamentale per il
continente perché la Russia non solo approfitterà del suo crollo per dominarla
attraverso il suo predominio etico e linguistico nell'est e nel sud del paese,
ma il Cremlino presenterà questo fallimento come paradigmatico di ciò che
succede quando le economie ex-sovietiche si sommergono nel libero mercato.
L'Ue non può permettere che la crisi affoghi i suoi membri più deboli,
neanche i suoi vicini orientale, perché non è sufficiente con il non saperne
nulla per evitare che chi affonda, disperato, trascini anche noi nel fondo.
Di Fabrizio (del 21/03/2009 @ 09:40:01, in Italia, visitato 2802 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi
Atto di diffida e messa in mora
delle seguenti associazioni, facenti parte del coordinamento Tavolo Rom:
ARCI, Aven Amentza, CGIL, Comitato per le libertà e i diritti sociali,
Federazione rom e sinti insieme, NAGA, Nocetum, Opera Nomadi, Avvocati per
niente, Asgi, in persona del loro legale rappresentante pro-tempore,
tutte elettivamente domiciliate presso lo studio degli avv.ti Alberto Guariso e
Livio Neri, in Milano, Viale Regina Margherita 30
Premesso che
Nei giorni scorsi diversi organi di stampa hanno riportato la notizia
dell’intenzione del Comune di Milano di procedere in tempi brevi allo
sgombero forzato del campo nomadi situato nelle aree del cavalcavia Bacula e
di via della Pecetta;
Nel suddetto campo nomadi al momento vivono circa 150 persone, per lo
più cittadini comunitari di nazionalità rumena e di etnia rom, in condizioni
di gravissimo disagio abitativo e sociale;
Fra loro vi sono numerosi minori (alcuni dei quali frequentano la scuola
dell’obbligo); donne in gravidanza o in puerperio; individui affetti da
varie infermità, riscontrate nel corso delle visite mediche effettuate da
medici appartenenti alle suddette associazioni;
L’annunciato sgombero avverrà secondo modalità e in data non conosciute
agli interessati, senza alcuna preventiva consultazione e possibilità di
contraddittorio, senza che ai nuclei familiari che vivono nel campo sia
stata prospettata alcuna alternativa abitativa e senza che si siano adottate
misure atte a proteggere il diritto all’abitazione, all’istruzione e alla
salute delle persone;
I nuclei familiari in questione sono stati oggetto nell’ultimo anno di
altri interventi di sgombero forzato, e in particolare dello sgombero
dall’area dismessa della Bovisasca effettuato nel mese di marzo del 2008,
con distruzione delle loro abitazioni e dei loro beni personali, con
l’allontanamento dei minori dalle scuole frequentate, con nessun supporto
sociale e abitativo e nessuna garanzia di accesso alle cure mediche
essenziali;
Un ulteriore sgombero dei suddetti nuclei familiari sarebbe illegittimo,
in quanto costituirebbe una violazione del diritto di partecipazione al
procedimento amministrativo e del diritto al contraddittorio del
destinatario dei provvedimenti amministrativi; nonché una violazione del
diritto alla privacy, al domicilio e alla vita familiare, protetti,
oltre che dagli artt. 14 e 29 Cost., e dagli artt. 7 e 33 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea, dall’art. 8 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU), dall’art. 12 della Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo, dall’art. 17 del Patto internazionale sui diritti civili e
politici e dalle relative leggi di ratifica; una del diritto a
un’abitazione tutelato, oltre che dall’art. 2 Cost., dall’art. 34 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dall’art.11 del Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, dall’art. 25
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dall’art. 5 della
Convenzione Internazionale per l'Eliminazione di Tutte le Forme di
Discriminazione Razziale, dall’art. 14 della Convenzione per l'eliminazione
di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne e dall’art. 27 della
Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica;
del diritto all’istruzione dei minori, tutelato, oltre che dall’art.
34 Cost., dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, dall’art. 13 del Patto Internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali,dagli artt. 28 e 29 della Convenzione sui Diritti
dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica; del diritto alla salute,
tutelato dall’art. 32 della Cost., dall’art. 35 Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, dall’art. 12 del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali,dall’art. 24 della Convenzione sui
Diritti dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica;
La violazione delle sopra citate disposizioni di diritto internazionale
(come ha chiarito di recente la Corte Costituzionale nelle importanti
sentenze n. 348 e 349 del 2007) vanno considerate una violazione anche del
limite previsto dall'art. 117, comma 1 Cost., che impone ai poteri pubblici
di rispettare gli obblighi internazionali;
Detti parametri di legittimità sono costituiti non soltanto dalle norme
di diritto internazionali in sé, ma anche dalle norme come interpretate
dagli organismi cui è deputato il compito di garantirne l’applicazione;
Le Prescrizioni delle Nazioni Unite in materia di sgomberi forzati,
stabilite nelle Linee guida sugli sgomberi forzati del 20 maggio 1997 del
CESCR (Comitato per l’osservanza dei diritti economici, sociali e
culturali), e la Raccomandazione 2005 (4) adottata il 23 febbraio 2005
dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa stabiliscono precise
e cogenti garanzie procedurali e sostanziali, relative fra l’altro a
dettagliati obblighi di: (a) consultazione genuina delle persone e dei
gruppi interessati; (b) adeguata e preventiva notifica a tutte le persone
interessate della data e delle modalità dello sgombero; c) identificazione
dei soggetti istituzionali incaricati di eseguire lo sgombero; d) garanzia
del contraddittorio e di accesso alla tutela in giudizio dei propri diritti;
f) predisposizione di adeguate alternative abitative per i nuclei familiari
affetti; g) garanzia della vita familiare e dei diritti fondamentali delle
persone;
Il mancato rispetto di tali norme a danno dei nuclei familiari
soggiornanti nell’area affetta dagli annunciati sgomberi, in considerazione
della loro appartenenza all’etnia Rom, deve considerarsi anche una
violazione del divieto di discriminazioni razziali ed etniche, stabilito
da numerose norme di diritto internazionale, comunitario e nazionale, ed in
particolare dall'art. 43 D.Lgs. 286/1998 (T.U. immigrazione) e dall’art.
2 D.Lgs. 215/03, di recepimento della direttiva CE 2000/43 sul divieto di
discriminazioni basate sulla razza e l’origine etnica;
Sia il T.U. 286/1998 che il D.lgs. 215/03 assegnano alle associazioni
che operano a tutela dei diritti degli immigrati e delle persone affette da
discriminazioni razziali ed etniche la facoltà di agire a difesa degli
interessi delle persone lese e dell’interesse collettivo alla non
discriminazione;
Il Prefetto di Milano è stato nominato Commissario per l’emergenza Rom
in forza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio
2008, con cui è stato dichiarato, fino al 31 maggio 2009, lo stato di
emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio
delle regioni Campania, Lazio e Lombardia, e dell’Ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008, n. 3677;
Con detti provvedimenti il Prefetto è stato delegato, fra l’altro, alla
“realizzazione dei primi interventi idonei a ripristinare i livelli minimi
delle prestazioni sociali e sanitarie”;
Per l'avvio dei primi interventi di cui alla suddetta ordinanza, è stato
assegnato al Commissario delegato un primo stanziamento di euro 1.000.000;
Tutto ciò premesso, le Associazioni in epigrafe
INTIMANO
Al Prefetto di Milano, …..e al Comune di Milano, in persona del Sindaco Letizia
Moratti,
di astenersi dal compiere o dal far compiere lo sgombero annunciato a
danno degli abitanti del campo nomadi dell’area del cavalcavia Bacula
di adottare i provvedimenti indicati dalle Prescrizioni del CESCR del 20
marzo 2007 e dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 23 Febbraio
2005, ed in particolare, di individuare idonee alternative abitative ed
interventi idonei a ripristinare i livelli minimi delle prestazioni sociali
e sanitarie a favore degli abitanti del suddetto campo nomadi, come
prescritto dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30
maggio 2008, n. 3677
AVVERTONO
Che in mancanza adempimento agiranno in giudizio, anche nella loro qualità di
associazioni iscritte nel registro di cui al Dlgs 215/03, ai sensi degli
articoli 44 Dlgs 296/98 e art. 2 Dlgs 215/03.
Lunedì sera? ....Muzikanti!
Al circolo ARCI BELLEZZA (via Giovanni Bellezza 16, Milano) lunedì 23 marzo
serata culturale, culinaria e danzereccia
BORDER - Percorsi attraverso il concetto di confine
Parte la rassegna BORDER,
una rete che coinvolge più realtà del panorama artistico culturale milanese.
Prima serata al Bellezza proposta da Opera Nomadi
BORDER - PERCORSI ATTRAVERSO IL CONCETTO DI CONFINE
dal 20 marzo al 4 aprile - rassegna autoprodotta
programma completo con tutti gli artisti e le sedi coinvolte sul sito
border.fotoup.com
23 marzo al Bellezza
dalle ore: 18.00
*OPERA NOMADI presenta “I ROM E L’AZIONE PUBBLICA”
libro a cura di G. Bezzecchi, M. Pagani, T. Vitale * Romharmony
documentario di Mariano Leotta. Alla ricerca dell'armonia romanì. *PROIEZIONE di filmati sulla cultura zingara a cura di OPERA NOMADI
www.operanomadimilano.org *APERITIVO ETNICO a cura della cooperativa Romano Drom (percorso zingaro)
ore: 21.30 *I MUZIKANTI
concerto di musiche balcaniche rom - JOVICA BALVAL JOVIC, MARTA PISTOCCHI,
ALESSIO RUSSO
BORDER si propone come un progetto in divenire, una rete di persone,
associazioni e luoghi, discipline e linguaggi che attraverso una serie di
appuntamenti intende esplorare i significati del confine con l’obiettivo di
ritrovare al suo epicentro la valorizzazione delle diversità, la
socializzazione, la responsabilità sociale, lo scambio interculturale, le
pratiche artigiane, altre pratiche del vivere e dell’abitare, la città come
territorio di relazioni, e non ultimo, un punto di vista inedito che ribadisca
che il confine non è una linea che separa bensì un territorio dove avvengono
relazioni, scambi e contaminazioni in termini di arricchimento. BORDER.FOTOUP.NET
Conversazione reale in savo in una città nel 1989:
Guy: - Così lei è americana? Quel posto ha un sacco di problemi sociali!
Un sacco di problemi.
Io: - Sì, vero, ce ne sono.
Guy: - Come il razzismo! In Finlandia non abbiamo razzismo.
Io: - Beh, non avete neanche tante razze. Benché abbiate gli zingari…
Guy: -(questa frase è in finnico): - Niin... mutta onneks ei oo niitä paljoo!
IL RAZZISMO PUO' ritenersi come un nuovo tema qui in Finlandia, dato
che negli ultimi 10-15 anni abbiamo avuto molta gente arrivata qui da altri
paesi.
Ma non è nuovo, e penso sia un errore parlarne come una cosa nuova che ha a
che fare solo con i nostri nuovi immigranti.
Dato che dobbiamo affrontarlo, fino a che la Finlandia non si occuperà del
proprio buon vecchio razzismo tradizionale ed esperto, non potrà passare ad
occuparsi [di questo] di nuovo tipo.
Quello tradizionale è così familiare che non sono sicuro che la gente persino
lo riconosca.
Per alcune ragioni sembra esserci un'opinione che sia una cosa differente,
non è razzismo, o per lo meno, non è come il razzismo in altri posti.
Ho avuto gente che mi diceva:
- Ma questo è differente! Noi non diciamo queste cose. In questo caso, sono
davvero REALI!
Sembrano non sapere che i razzisti di ogni tipo in tutte le parti del mondo
hanno le stesse identiche proteste.
MI RICORDO un altro caso vero e reale di qualche tempo fa.
Quando mi a figlia aveva circa 7 anni, ci accadde di vedere un film una
domenica pomeriggio sul primo bambino afro-americano che andò in una scuola per
soli bianchi.
Lei mi ha chiesto perché fosse così difficile andare a scuola, perché i
bambini avessero bisogno di uomini armati che li scortassero.
Le ho risposto come ho potuto, raccontandole la storia del razzismo negli
USA.
Quando le ho detto che nel Sud erano comuni i cartelli "Solo per Bianchi",
lei ha risposto:
- Ma non succede in Finlandia?
Le ho detto di no.
E speravo di aver ragione.
Ma la settimana seguente lei ed io eravamo nel centro di Tampere e stavamo
andando in una piccola drogheria, quando notammo un cartello sulla porta:
"Qui gli Zingari non saranno serviti."
Era il 1997.
LE COSE SI SONO evolute un poco più tardi. Ci sono stati tentativi un
po' alla volta di comprendere meglio la loro cultura.
E ci stiamo abituando ad usare il termine corretto per la gente rom (ho
dovuto cercare il termine inglese in internet, il mio"Uusi suomi-englanti
suur-sanakirja" del 1984 non conteneva la parola "romani").
La mia speranza è che un giorno mi a figlia racconterà ai suoi bambini la
storia di quel cartello, e spero che saranno sorpresi che una cosa simile sia
accaduta, perché per loro sarà inimmaginabile.
VOCABOLARIO: Zingaro: mustalainen (e mi scuso per usare questo
termine, ma è l'unico usato sinora), Immigrato: maahanmuuttaja, Avere a che fare
con: käsitellä, Riconoscere: tunnistaa, Reclamare: väite, Inimmaginabile: jota ei voi
kuvitella.
La comunità mondiale da tempo non è più silente sull'apolidia. Negli anni
recenti, paesi come il Bangladesh, l'Estonia, la Mauritania, il Nepal, e lo Sri
Lanka hanno fatto passi significativi per proteggere i diritti delle persone
apolidi. E' migliorata la risposta delle Nazioni Unite. Le agenzie non
governative, gli esperti legali, gli interessati ed altri stanno unendo le forze
per condividere informazioni più accurate e ridurre l'incidenza di questo
fenomeno globale spesso sottovalutato. E' cresciuta l'attenzione dei media.
Circa 12 milioni di persone nel mondo sono ancora apolidi, ed il progresso verso
la fine del problema è lento e limitato. La campagna per i diritti di
nazionalità è lungi dal dirsi conclusa.
La nazionalità è un diritto umano fondamentale ed un fondamento di identità,
dignità, giustizia, pace e sicurezza. Ma l'apolidia, o la mancanza di
nazionalità effettiva, riguarda milioni di uomini, donne e bambini in tutto il
mondo. Essere apolidi significa non avere protezione legale o diritto di
partecipare ai processi politici, inadeguato accesso al sistema sanitario e
scolastico, scarse prospettive di lavoro e povertà, poche opportunità di
possedere proprietà, restrizioni di movimento, esclusione sociale, vulnerabilità
ai traffici, minacce e violenze. L'apolidia ha un impatto sproporzionato sulle
donne e bambini.
Le persone apolidi si trovano in tutte le regioni del mondo. Tra i gruppi più
vulnerabili ci sono i Rohingya a Burma ed in Asia, i Bidun in Medio Oriente, i
Rom in Europa, i figli dei migranti haitiani nei Caraibi, individui dell'ex
blocco sovietico, Kurdi denazionalizzati, alcuni palestinesi ed alcuni gruppi in
Thailandia. La loro situazione di limbo legale dipende da molti fattori come i
cambiamenti politici, l'espulsione da un territorio, discriminazione,
nazionalità basata sulla sola discendenza e leggi che regolano il matrimonio e
la registrazione delle nascite.
Dato che gli stati hanno il diritto sovrano di determinare le procedure e le
condizioni per l'acquisizione e la perdita della cittadinanza, l'apolidia e le
nazionalità controverse vanno risolte per ultimo dai governi. Ma la decisioni
dello stato sulla cittadinanza devono conformarsi ai principi generali della
legge internazionale. Numerosi strumenti internazionali, inclusa la
Dichiarazione Universale sui Diritti Umani, affermano i diritti di nazionalità.
Esistono da tempo due convenzioni ONU sull'apolidia, ma non sono ratificate
estesamente. Ad oggi, 63 paesi sono diventati partecipi della Convenzione del
1954 riguardo lo Status delle Persone Apolidi, e 35 paesi hanno aderito alla
Convenzione del 1961 sulla Riduzione dell'Apolidia.
La Convenzione del 1954 identifica una persona apolide come qualcuno che non
ha un legame legale di nazionalità con alcuno stato. Quanti legittimamente
reclamano la cittadinanza, ma che non possono provarla, o a cui i governi
rifiutino di dare effetto alla loro nazionalità, sono pure considerati apolidi.
Il numero delle persone apolidi nel 2009 uguaglia circa quello di rifugiati in
tutto il mondo. Ma a differenza dei rifugiati, gli apolidi - particolarmente
quelli che non possono essere classificati come rifugiati - spesso non
beneficiano della protezione ed assistenza dei governi, agenzie di aiuto, o
dell'ONU, nonostante il mandato di quell'istituzione di assistere le persone
apolidi.
Dal 2004, Refugees International (RI) ha visitato oltre una dozzina di
paesi per valutare la situazione di chi è apolide o a rischio di esserlo. Nel
2005, RI pubblicò il suo primo studio globale sull'apolidia, Lives on Hold: The
Human Cost of Statelessness, per rinnovare l'attenzione sul problema,
asserendo che "doveva chiudersi il gap tra diritti e realtà".
Questo rapporto, Nationality Rights for All: A Progress Report and Global Survey on
Statelessness, fornisce uno studio globale ed aggiornato sull'apolidia in
oltre 80 paesi ed accerta i progressi dal 2005 nel proteggere i diritti umani
delle persone apolidi e nel prevenire e ridurre l'apolidia. In cambio sono
riflessi importanti sviluppi nella legge internazionale e nei passi intrapresi
da governi, organizzazioni internazionali ed OnG. E mentre l'Ufficio ONU
dell'Alto Commissario per i Rifugiati (UNHCR) sta pensando più strategicamente
di prima per mantenere fede ai suoi obblighi, le agenzie dell'apolidia rimangono
severamente sotto organico e mal finanziate rispetto le altre funzioni
organizzative. Deve migliorare il coordinamento tra le agenzie ONU che si
occupano di apolidia.
Tre casi di progresso - Bangladesh, Etiopia e Kenia - illustrano come possono
accadere i miglioramenti, ma anche quali sfide rimangono per completare e
rafforzare le soluzioni sull'apolidia. Questi tre casi dimostrano il ruolo
critico della volontà politica (o della sua mancanza), dei quadri legali di
riferimento internazionali e nazionali, degli sforzi di collegamento tra l'ONU e
le altre agenzie, come pure delle iniziative degli apolidi stessi.
In Bangladesh, a seguito di un precedente legale, la maggior parte della
minoranza di lingua urdu (chiamati anche "Bihari" o "Pakistani in
difficoltà") è stata riconosciuta come cittadini in un giudizio dell'Alta
Corte del maggio 2008. Dal 1971, almeno 200.000 ma probabilmente 500.000,
componenti di questa minoranza hanno vissuto in squallide baraccopoli, con
accesso limitato alla sanità, istruzione [...] Per 37 anni, né il Bangladesh
né il Pakistan li hanno riconosciuti come cittadini. Come primo passo verso
l'integrazione, l'Alta Corte ha ordinato la registrazione al voto degli
adulti consenzienti ed emesso le carte nazionali d'identificazione.
In Etiopia, almeno 120.000 ma forse 500.000 persone di origine eritrea
furono private della cittadinanza durante il conflitto di confine con
l'Eritrea del 1998-2000. Circa 75.000 furono deportati in Eritrea, dividendo
diverse famiglie. Chi non venne deportato apparentemente sembrava in grado
di riacquisire la cittadinanza con la Proclamazione Eritrea della
Nazionalità, ma è difficile ottenere numeri certi.
In Kenia, circa 100.000 Nubiani hanno avuto meno difficoltà
nell'ottenere le carte d'identità, particolarmente da quando fecero causa
nel 2003 e nel 2004 contro il governo, attraverso l'Alta Corte del Kenia e
la Commissione Africana sui Diritti Umani con base in Gambia.
Redatto alla luce di questi sviluppi, questo rapporto ha lo scopo di
espandere la comprensione del problema dell'apolidia, aumentare il
riconoscimento del diritto di nazionalità e promuovere soluzioni per la fine
del'apolidia. I tre casi mostrano che soluzioni fattive per l'apolidia si
estendono oltre l'individuazione delle determinazioni accurate dello status
giuridico. Comprendono processi di integrazione a lungo termine e la gestione
della diversità. I governi devono assicurare che le istituzioni pubbliche -
scuole, ospedali, comuni, tribunali - applichino pienamente la legge. La
direzione governativa è importante per instaurare un tono conciliatorio.
Dato che l'apolidia è spesso un problema nascosto, un soggetto sensibile e
talvolta ad un punto morto diplomatico, si sbiadisce sullo sfondo. Ma la perdita
della nazionalità e la sua negazione protratta spesso portano al diniego massivo
dei diritti umani. Le iniziative locali per risolvere l'apolidia devono essere
incoraggiate, ma l'impegno dell'UNHCR è essenziale per aumentare la forza e la
legalità degli standard internazionali legali sui diritti di nazionalità ed il
loro sviluppo nella pratica.
Verso queste mete, Refugees International raccomanda a tutti gli stati
di rispettare ed assicurare il diritto di ogni persona ad avere una nazionalità,
lavorare per l'acquisizione della nazionalità, e sostenere gli standard
internazionali per proteggere le persone apolidi, prevenire e ridurre
l'apolidia. Refugees International preme anche sull'UNHCR perché compia
passi concreti per tenere pienamente fede al suo mandato. Anche i gruppi
non-governativi hanno un importante ruolo da giocare. Sforzi concreti per
terminare l'apolidia sono in grave ritardo.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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