Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 30/10/2008 @ 09:17:17, in scuola, visitato 2015 volte)
Da
Romano Them
La famiglia Bislimi è arrivata in Francia nel 2006. Dopo tre traslochi dovuti
alla precarietà della loro situazione e diverse domande di regolarizzazione
(seguite al rigetto delle domande d'asilo), Kenan, Mirusche ed i loro quattro
bambini Mirem, Skender, Avni e Haldimir sono arrivati al gruppo scolastico
Gaspard Monge il 4 settembre 2008. I bambini hanno bisogno di stabilità per
continuare a progredire nel loro apprendimento, e questo è incompatibile con la
minaccia permanente di espulsione verso il Kosovo, che pesa sulla loro vita
quotidiana.
I Rom, dopo aver subito persecuzioni da parte dei Serbi e degli Albanesi, non
hanno alcun diritto e nessuna prospettiva di futuro, soprattutto dopo la recente
indipendenza del Kosovo. D'altra parte, abbiamo appreso che la madre di Kenan (Mirem,
47 anni) ed i suoi fratelli e sorelle (Hetem, 22 anni, Roki, 19 anni, Mustapha,
16 anni e Sabrina, 9 anni!!!) sono attualmente per strada da settembre perché la
loro situazione non è stata regolarizzata malgrado le domande presentate [...].
Questo rende la scolarizzazione della giovane Sabrina presso la scuola dei
fratelli Chappe quasi inesistente.
Domandiamo quindi al prefetto della Loira, Christian Decharrière, la
regolarizzazione di tutta la famiglia Bislimi ed il rispetto della Convenzione
Internazionale dei Diritti del Fanciullo.
Il comitato di sostegno, 25 ottobre 2008
[...]
Sui fatti di ieri in
Spagna, ricevo da Union Romani
Stimati amici,
In risposta agli orribili accadimenti di Castellar (Jaen), dove la
comunità gitana ha dovuto abbandonare le proprie case per paura delle
aggressioni di alcuni cittadini, vi rimettiamo un comunicato stampa in cui la
Unión Romaní spiega i fatti e le azioni che ha intrapreso.
Chiediamo la massima diffusione
Saluti
Silvia Rodríguez - responsabile stampa
OCCORRE PORRE FRENO A QUALSIASI MANIFESTAZIONE CHE COMPORTI PERICOLO PER
L'INTEGRITA' DELLA COMUNITA' GITANA
Il Presidente di Unión Romaní, Juan de Dios Ramírez-Heredia, a nome di tutta
la Giunta Direttiva della Federazione, ha inviato una petizione alla Delegazione
Governativa della Giunta Andalusa, perché si prendano tutte le misure necessarie
riguardo ai deplorevoli accadimenti che si stanno vivendo nella località jaense
di Castellar.
Nel documento citato, il Presidente di Unión Romaní vuole manifestare la
grave preoccupazione creatasi nella comunità gitana spagnola, per i fatti
accaduti nella città di Castellar, ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione
in tutta la Spagna, dove si mostra il confronto tra giovani "payos" e gitani,
che ha motivato la fuga massiva dei gitani residenti a Castellar.
Inoltre, si spiega nel testo che nessuno ha riportato che la Unión Romaní si
è messa in contatto con le autorità municipali di Castellar, in particolare col
sindaco, al fine di avere una conoscenza precisa dei fatti così ampliamente
diffusi.
Da questa conversazione col sindaco, Juan de Dios Ramírez-Heredia ha ricevuto
la più ferma rassicurazione che l'autorità non si farà influenzare da pretesi
estremisti di qualsiasi segno e che non ci sarà la più minima concessione dalla
sua ferma volontà di difendere i diritti costituzionali di tutti i cittadini di
Castellar, della cui popolazione i gitani formano parte indiscutibile ed
indivisibile.
Coscienti che il razzismo sia una ferita latente in buona parte della società
spagnola, e che in questi momenti sia come un appello a cui rispondere con
grande facilità, Unión Romaní manifesta la sua più ferma volontà a difesa della
comunità gitana, da sempre la parte più vulnerabile in questi tipi di conflitti.
Nello scritto inviato alla Giunta Andalusa, affermiamo, con la forza della
Legge e della Costituzione, che non si permetterà nessuna aggressione, da
qualsiasi parte arrivi, contro la popolazione gitana di Castellar e si esige che
le autorità civili e politiche garantiscano il ritorno in pace e sicurezza delle
famiglie gitane che, a causa di minacce o di legittima paura, si sono viste
obbligate ad abbandonare le loro residenze.
Su questa linea, l'organizzazione ha manifestato la più ferma volontà nel
richiedere tutta l'assistenza da parte delle Forze dell'Ordine Pubblico, a
difesa dell'integrità delle famiglie gitane oggi allontanate dai loro domicili.
In questa forma si è chiesto - per un elementare senso di prudenza ed in base
alla triste esperienza acquisita in circostanze molto simili - che venga
impedita o posposta qualsiasi manifestazione che sotto il motto di altre
rivendicazioni, possa sottintendere il pericolo che si incendino gli animi e,
una volta di più, siano i gitani le vittime dell'odio razzista e di azioni
incontrollate dei più violenti.
Per tutto questo, in conclusione, Unión Romaní ha sollecitato la Delegazione
Provinciale del Governo della Giunta Andalusa a ricevere un gruppo di persone
che a nome dell'organizzazione e capeggiato da don Antonio Torres Fernández,
presidente della Unión Romaní Andalucía e vicepresidente dell'Unión Romaní
Spagnola, al fine di manifestare apertamente la posizione dell'organizzazione e
concordare, appena possibile, le azioni da prendere a difesa dei diritti
costituzionali di tutti.
Barcelona y Castellar, 29 de octubre de 2008
JUAN DE DIOS RAMÍREZ-HEREDIA
UNION ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail: u-romani@pangea.org
URL:
http://www.unionromani.org/index_es
Di Fabrizio (del 31/10/2008 @ 09:33:39, in casa, visitato 2991 volte)
Colombo (PD): "Quando la roulotte si ferma, di notte, i vigili picchiano
sulla roulotte e spaventano i bambini". La Lega smentisce
Roma – 30 ottobre 2008 - Attacco nell'Aula della Camera di Furio Colombo (Pd) in
difesa di una famiglia sinti. "Mentre noi stiamo parlando - ha detto Colombo
- una roulotte con una famiglia, madre, padre e cinque figli, viene tenuta dal
sindaco di Chiari, il senatore leghista Sandro Mazzatorta, in continuo
movimento. Si tratta di cittadini italiani sinti. Quando la roulotte si ferma,
di notte, i vigili picchiano sulla roulotte e spaventano i bambini".
La famiglia, fino al 2004, era legalmente residente in un'area sulla quale la
precedente amministrazione comunale (nel 2001) utilizzando un finanziamento
regionale aveva anche collocato cinque case. Ma, nel 2006, l'attuale
amministrazione ha consegnato l`ingiunzione di sgombero dal campo a questa e ad
altre quattro famiglie e il 25 settembre del 2007 il sindaco di Chiari ha
ordinato la cancellazione della residenza.
La Lega non tarda a rispondere, dichiarando che sulla vicenda Colombo sta
mentendo. "Non è vero che a Chiari i vigili vanno a picchiare la gente. Noi
chiediamo legalità". Claudio D'Amico (Lega) sostiene "che tre famiglie
risedevano in un piccolo campo nomadi, in modo abusivo, e quando il neo-sindaco
gli ha chiesto di regolarizzare la situazione gli hanno creato problemi".
La famiglia, dice D'Amico, "non ha rispettato" il nuovo regolamento comunale per
il funzionamento del campo nomadi e l'amministrazione "li ha sfrattati. Loro
hanno fatto ricorso al Tar che ha dato ragione all'amministrazione.
L'amministrazione ha offerto loro tre case che sono state rifiutate. Hanno
chiesto qualcosa per lasciare il campo. L'amministrazione gli ha dato 18mila
euro a fondo perduto ma ora quando tornano in luoghi non consentiti vengono
allontanati, non con i bastoni, non con la forza, ma in modo molto fermo".
Di Fabrizio (del 31/10/2008 @ 12:22:13, in Italia, visitato 2246 volte)
31 Ottobre 2008, 08:00 - Pur nella canea razzista e anti-tsigana,
esiste una buona base di consenso per investire in politiche sociali e
culturali. Senza farsi schiacciare dall’emergenza. [...].
Come ragionare sulle politiche locali per i rom di recente immigrazione?
La ricerca empirica sulle dinamiche dell’opinione pubblica mostra come il 94%
della popolazione italiana non sappia stimare nemmeno con una certa
approssimazione il numero di rom e sinti in Italia, tendendo a sovrastimarlo di
molto; il 76% degli italiani non sa che circa il 50% dei rom e dei sinti hanno
la cittadinanza italiana; l’84% degli italiani non è consapevole che la
stragrande maggioranza dei rom non sono più itineranti (nomadi non lo sono mai
stati); solo il 37% degli italiani sa che i rom non sono un popolo omogeneo per
cultura e religione, ma semmai una sorta di "galassia di minoranze". Prendendo
per buoni i dati dei sondaggi, solo un italiano su mille ha un’informazione
soddisfacente sulle popolazioni tsigane.
In questo quadro si aprono enormi possibilità di intervento per politiche
sociali e culturali da implementare per ridurre i pregiudizi, creare spazi di
incontro, favorire l’interazione costruttiva e rispettosa, rendere esigibili i
diritti fondamentali anche per rom e sinti. Per altro, seppure in un clima di
forte ostilità anti-tsigana, diffusa e radicata, se è vero che in prima battuta
un italiano su due pensa che la condizione degli "zingari" in Italia migliorerà
solo quando rispetteranno le "nostre" leggi e smetteranno di chiedere
l’elemosina, il 68% degli italiani propone soprattutto (il 30%) o anche e
parimenti (il 38%) politiche di pubblica responsabilità per l’inclusione
scolastica, abitativa e lavorativa. In altri termini, anche nella canea razzista
e anti-tsigana del 2007, una buona base di consenso per investire in politiche
sociali e culturali, era già presente.
Vi sarebbero, perciò, le condizioni per estendere l’orizzonte temporale delle
politiche per i rom e i sinti e darsi degli obiettivi ambiziosi di medio
periodo, senza rimanere schiacciati dalle emergenze e resistendo all’attrazione
sempre esercitata sul ceto politico dal ciclo degli sgomberi.
Tuttavia, le politiche locali rivolte verso i rom e i sinti sembrano
indifferenti alla ricerca di strade praticabili per migliorare le condizioni di
vita di queste popolazioni, invertire le traiettorie di degrado, ridurre la
conflittualità diffusa e contrastare effettivamente pratiche devianti di
microcriminalità e piccola delinquenza.
Sono politiche demagogiche. Istituiscono un contesto di ostilità e avversione,
in cui anche le alleanze fra attori anti-razzisti sono difficili e poco
praticate (sia le coalizioni fra associazioni e movimenti solidaristici con i
sindacati, sia le alleanze più ampie con alcune categorie socio-professionali
quali operatori sociali, insegnanti, artisti, avvocati e non ultimo operatori
della polizia locale e giornalisti).
Analizzando i casi di successo sperimentati in Europa, tre sono le principali
linee di politica su cui le città possono sviluppare una politica complessa ed
efficace.
In primo luogo, un disegno incrementale di politiche sociali e politiche
culturali: politiche integrate che sostengano le capacità di abitare, lavorare e
socializzare di queste persone. Politiche non specialistiche, semplicemente
politiche sociali e culturali ordinarie, ma che si aprono e coinvolgono anche le
popolazioni tsigane, senza immaginare una regolazione ad hoc, specializzata,
sempre pericolosa. Nelle esperienze europee di maggiore successo, il punto di
partenza, intorno a cui vengono integrate e articolate altre politiche, è il
sostegno alla capacità di abitare.
Preziose sono le considerazioni-metodo sviluppate a proposito da Antonio Tosi
(2008): "Si tratta anzitutto di offrire una gamma differenziata di possibilità
abitative-insediative: la pluralizzazione delle formule comporta il rifiuto
dell’idea (che non trova applicazione per altre popolazioni e che è un segno del
carattere strumentale dell’approccio al problema) che una popolazione possa
essere ‘assegnata’ ad una particolare formula abitativa".
Data l’eterogeneità delle popolazioni tsigane, e le grande varietà di percorsi,
competenze, sensibilità, vocazioni e progetti dei singoli individui, "occorre
ammettere che qualunque formula è in linea di principio applicabile, nessuna è
generalizzabile" (ibidem). In questo senso non c’è tipologia che possa essere
esclusa, in linea di principio, dalla gamma delle soluzioni: (1) abitazioni
ordinarie, di produzione pubblica (affiancate da brevi periodi di mediazione
all’inizio); (2) abitazioni ordinarie, di produzione privata (con formule si
sostegno per l’accesso al mutuo e meccanismi di sostegno alla reputazione di
singoli nuclei familiari rom); (3) autocostruzioni accompagnate dal movimento
cooperativo; (4) aree attrezzate in funzione residenziale (di proprietà o in
affitto) per gruppi (solitamente non superiori alle 60 persone) che scelgono di
vivere insieme (sulla base di legami familiari o di affinità); (5) interventi
non specialistici a bassa soglia per l’emergenza abitativa temporanea (come
nella formula dei villaggi solidali); (6) aree di sosta per quanti esercitano
ancora mestieri itineranti; (7) upgrading (miglioramenti infrastrutturali) delle
baraccopoli, non per intrappolarvi a vita le persone ma come strategia di
riduzione del danno e cura incrementale della qualità della vita di chi è
momentaneamente costretto risiedervi.
In secondo luogo, diviene importante anche quella che potremmo definire una
strategia "repubblicana", di controllo da parte di autorità terze sull’operato
delle amministrazioni locali. E’ il ruolo di denuncia e di sostegno che, ad
esempio, può esercitare l’UNAR (l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni
Razziali) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità.
A diversa scala, sono molte le agenzie preposte a monitorare (e, in alcuni casi,
anche a sanzionare) il rispetto dei diritti fondamentali e lo stato di
discriminazione delle minoranze. A titolo di esempio, si pensi al CERD (Comitato
per l’eliminazione della discriminazione razziale), alla FRA (Agenzia per i
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), all’OHCHR (Alto Commissariato per i
Diritti umani delle Nazioni Unite), o all’ECRI (Commissione Europea per la lotta
contro il razzismo e l’intolleranza).
Queste agenzie raccomandano e denunciano, e, perciò, se valorizzate dagli attori
locali, possono contribuire ad attirare e indirizzare l’attenzione dei media.
Possono, cioè, essere valorizzate per contribuire a orientare in senso non
xenofobo le dinamiche dell’opinione pubblica. Inoltre, queste agenzie forniscono
spesso supporto informativo e formativo ad attivisti e amministratori locali
interessati a implementare politiche di contrasto all’esclusione delle
popolazioni rom e sinte.
In terzo luogo, ma non per questo meno importante, in un clima in cui
l’opposizione razzista all’insediarsi di rom e sinti è così dura, dovrebbe
essere dedicata molta intelligenza a negoziare e mediare con la popolazione
maggioritaria residente le ragioni e le condizioni dell’accoglienza e degli
insediamenti. Niente è impossibile: le politiche, quando implementate con cura e
attenzione, sono capaci di invertire sentimenti di ostilità.
La ricerca ci aiuta e conforta in questa strada, dando prova di casi di successo
sperimentati, e delle avvertenze metodologiche da adottare in questi processi di
negoziazione e riconoscimento incrementale. Si tratta di avviare una vera e
propria strategia deliberativa, capace di preparare un contesto positivo per il
dibattito ed orientare la percezione dei gruppi tsigani fra gli abitanti e nei
media locali. Questo richiede di creare occasioni di incontro, di conoscenza e
di socialità in comune, facendo leva sullo sport e sulla musica, creando cioè
non solo occasioni di conoscenza e informazione, ma anche di sguardo reciproco e
mutuale, di dialogo esperito.
Uno strumento importante può essere quello di mostrare casi di buona
(auto)gestione dei siti in cui già vivono dei gruppi tsigani. Certamente delle
politiche volte a una buona comunicazione, in grado di creare chiari e semplici
criteri per la selezione dei luoghi in cui insediare i gruppi rom e sinti sono
importanti per promuovere reazioni positive alle proposte, mentre al contrario
una discussione poco gestita può minare i progetti di attribuzione.
Una strategia di promozione di occasioni deliberative richiede che la leadership
politico-amministrativa (assessori, ma anche dirigenti della polizia, dei
servizi scolastici e sanitari) investa per mediare i conflitti e non per
"soffiare sulla cenere" e incrementare polarizzazioni e lacerazioni. Fermo
restando che qualsiasi pratica negoziale e deliberativa che non abbia come
soggetti di interlocuzione e negoziazione i rom stessi, nelle forme di
rappresentanza che questi si danno in autonomia, non può avere efficacia.
Tommaso Vitale
Ricercatore di Sociologia generale presso il Dipartimento di Sociologia e
ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna
Programmazione sociale e Sviluppo Locale e coordina il Gruppo di studio e
ricerca sulle politiche locali per i rom e i sinti in Europa all’interno del
Laboratorio di Sociologia dell’azione pubblica "Sui generis".
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