Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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Di Fabrizio (del 25/04/2008 @ 09:23:51, in Italia, visitato 2226 volte)

Le autorità di Milano commettono un nuovo crimine contro i Rom: antifascisti, vi invitiamo a ritrovare i valori della Resistenza

di Roberto Malini - Gruppo EveryOne

Milano, 24 aprile 2008. La città della Madonnina si prepara a festeggiare la Liberazione capovolgendone lo spirito. La liberazione che Milano e i suoi politici, una banda di razzisti senza scrupoli, inseguono è quella dai poveri, dalle minoranze deboli, dalle famiglie Rom. Milano dedica mezzi e risorse, impiega decine di agenti della forza pubblica per trasformarsi in una città "Zigeunerfrei", libera dagli zingari. Ho vissuto a Milano per tanti anni e l'ho abbandonata quando da città della solidarietà è divenuta città dannata, in preda a deliri architettonici, fieristici e razziali, come la Berlino di Hitler. Oggi una "squadra di protezione" formata da agenti in assetto antisommossa, agli ordini dell'Obergruppenführer Gianvalerio Lombardi ha compiuto un'operazione di sgombero nei confronti della comunità di Rom romeni, provenienti da Timisoara, che si era rifugiata in un campo del quartiere Giambellino. Il campo era "abusivo": numerose famiglie in condizioni di miseria tragiche si erano rifugiate lì per evitare di morire di fame e malattie nella loro città di origine, vivevano in una situazione di segregazione e discriminazione insostenibile. L'azione degli agenti - ma per amor del vero, dopo aver osservato le loro malefatte con i miei occhi, preferisco chiamarli "sgherri" - è stata eseguita con metodi brutali. Uomini, donne e nugoli di bambini sono stati costretti a uscire dalle loro baracche, messi in fila come gli ebrei rastrellati dai nazisti durante l'Olocausto e costretti ad assistere alla distruzione del loro piccolo, miserabile mondo. Le baracche sono state distrutte e date alle fiamme senza che agli occupanti fosse concesso di prelevare i propri pochi beni. Una mamma supplicava gli uomini in divisa: "Per piacere, lasciatemi prendere le copertine per i miei bambini". Un poliziotto le rispondeva con un ghigno: "Non ti servono a niente, perché adesso, con il nuovo governo, vi rimandiamo tutti in Romania". I bambini piangevano, mentre i loro aguzzini li spintonavano e li intimidivano con parole dure, offensive, improntate all'odio razziale. Una delle famiglie cacciate in malo modo dalla squadraccia era la famiglia Covaciu, il cui capofamiglia è un missionario evangelico, noto presso i Rom di Milano per gli innumerevoli gesti di altruismo compiuti nei riguardi delle famiglie perseguitate. Sua moglie parla cinque lingue: il romeno, il romanes, il francese, lo spagnolo e l'italiano. Una dei loro quattro bambini, Rebecca Covaciu, 11 anni, è dotata di un notevole talento nel campo delle arti plastiche, tanto che alcuni dei suoi disegni - che documentano la vita dei Rom in Italia - sono stati esposti a Napoli, nel corso della Giornata della Memoria 2008, presso le prestigiose sale dell'Archivio Storico, che li ha acquisiti in permanenza. Altre opere di questa bambina straordinaria fanno parte del Museo d'Arte contemporanea di Hilo (Stato delle Hawaii, U.S.A.). Le opere grafiche di Rebecca sono state selezionate inoltre all'interno del Festival di Intercultura di Genova "Caffé Shakerato" e concorrono per il Premio UNICEF 2008. Nonostante questi suoi meriti, nonostante l'impegno del padre Stelian a cercare un lavoro anche umilissimo in Italia, la famiglia Covaciu era costretta a vivere in una baracca, in mezzo ai topi e ai parassiti, senza acqua potabile né corrente elettrica. Solo l'aiuto offerto dai membri del Gruppo EveryOne ha evitato che Stelian, sua moglie e i loro quattro bimbi subissero un destino tragico. Ora Rebecca - che non è solo una grande promessa dell'arte europea (promessa che sarà mantenuta solo se la persecuzione razziale in Italia non la ucciderà), ma un angelo di sensibilità, altruismo e bontà - si è incamminata in una "marcia della morte" verso il nulla, con i suoi cari. Noi cerchiamo di aiutarli come possiamo, così come cerchiamo di soccorrere tanti altri Rom, ma le nostre possibilità sono limitate e le tragedie causate dal razzismo e dalla spietatezza delle istituzioni italiane sono migliaia. Non basta "occuparsi della questione-Rom", bisogna che i veri antirazzisti, le poche persone che ancora credono nel valore dei Diritti Umani, i veri spiriti umanitari e coraggiosi si cerchino e facciano fronte, insieme, a una tragedia che per orrore e dolore ricorda molto da vicino gli anni dell'Olocausto, della Shoah, del Samudaripen.

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Di Fabrizio (del 26/04/2008 @ 09:15:25, in Italia, visitato 2379 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

Presentati i risultati del progetto realizzato tra l’ottobre e il novembre del 2006 dal Gruppo immigrazione e salute del Lazio. Coinvolti 140 operatori. 1.500 le schede compilate. 384 casi di ipertensione, il 77% in persone con più di 35 anni
ROMA – Gli operatori sanitari coinvolti sono stati in tutto 140. Tra questi c’erano 63 medici, 58 infermieri e 24 altre figure professionali. Cinque le Asl di Roma coinvolte per una campagna che si è sviluppata tra l’ottobre e il novembre del 2006 e che ha interessato circa 5000 nomadi Rom e Sinti presenti nei 35 campi della capitale. Si tratta del progetto “Salute senza esclusione” il cui obiettivo era quello di avvicinare la popolazione Rom e Sinti alle strutture sanitarie pubbliche e nello stesso tempo verificare lo stato di salute e le eventuali emergenze sanitarie della popolazione nomade. Sono questi i dati salienti del progetto curato dal Gris del Lazio (gruppo immigrazione e salute del Lazio) e dall’area sanitaria della Caritas, con il patrocinio della Società italiana di medicina delle migrazioni.

I risultati del progetto sono stati presentati questa mattina a Roma nel complesso monumentale del Santo Spirito, alla presenza dell’assessore regionale alla sanità, Augusto Battaglia e del neo senatore Lucio D’Ubaldo, già presidente del Cda Laziosanità-Asp. Alla presentazione hanno partecipato poi anche Pietro Grasso, direttore generale Asl-Roma E e naturalmente Maurizio Sprovieri (Asl Roma E e Gris Lazio) che ha coordinato i lavori e Salvatore Geraci, dell’area sanitaria della Caritas, uno dei curatori della ricerca e della realizzazione del progetto. I risultati quantitativi sono stati presentati dalla dottoressa Laura Cacciani (AspLazio). La popolazione interessata dal progetto si aggira sulle 5000 persone, in 35 campi nomadi della capitale.


Complessivamente gli operatori che sono stati coinvolti nel progetto sono riusciti a compilare circa 1500 schede. Secondo il racconto degli operatori, la maggiore sensibilità si è riscontrata tra le donne Rom che si sono avvicinate con più facilità e si sono mostrate più curiose nei confronti del progetto sanitario. Interessante il dato sul controllo della pressione arteriosa, soprattutto degli uomini. Rispetto a circa 2000 contatti che si sono potuti realizzare, i medici delle Asl coinvolte hanno riscontrato 384 casi di pressione alta o ipertensione. Il 77% dei casi di ipertensione si è riscontrata tra persone con più di 35 anni. Di questi casi il 71% riguardava una ipertensione lieve, il 21% una ipertensione moderata e infine un 8% una ipertensione grave. (pan) (vedi lanci successivi)


Campagna sanitaria a Roma, nessuna emergenza

Importante la vaccinazione dei bambini (''scoperto'' solo il 9%), ma hanno pesato gli sgomberi del 2007. In alcuni insediamenti non è stato possibile accertare completamente le condizioni igieniche e sanitarie


ROMA - Non si sono riscontrati casi di malattie infettive, né emergenze sanitarie particolari nel corso della campagna di avvicinamento alle strutture sanitarie pubbliche per i Rom e i Sinti di Roma che è stata realizzata nella capitale alla fine del 2006 dal Gris (gruppo immigrazione e salute) e dalla Caritas. A distanza di due anni si è fatto oggi un bilancio di quella esperienza per poter estendere il modello di ricerca e di intervento anche ad altre realtà. Lo spunto per avviare una campagna sanitaria era stato dato nel 2005 da due casi di poliomelite che si erano manifestati in quell'anno in Bulgaria. Non c"è stato comunque nessun stato d’allerta, ma la campagna sanitaria del 2006 a Roma ha permesso comunque di vaccinare decine di bambini che erano rimasti fino ad allora fuori dal sistema di prevenzione e controllo.

Il dottor Giovanni Baglio, presentando questa mattina a Roma i risultati della campagna di sanità pubblica, ha detto che allora c’erano state ragioni epidemiologiche fondate, ma che poi per fortuna non si sono riscontrate particolari emergenze sanitarie in Italia tra i Rom e Sinti. Gli obiettivi della campagna sanitaria nei campi Rom sono stati dunque due: il primo relativo alla copertura delle vaccinazione e il secondo relativo all’accesso ai servizi da parte dei Rom e Sinti. La campagna del 2006 ha fatto seguito a un precedente intervento del 2002, durante il quale è stato vaccinato l’80% dei bambini dei campi nomadi. Il grado di "scopertura”, ovvero il grado di assenza di vaccini, è passato così dal 40% al 9%.

Molto importante, secondo il dottor Baglio, ma anche secondo il dottor Sprovieri della Asl Roma E che ha coordinato i lavori di presentazione della ricerca, è stato il grado di coinvolgimento del privato sociale nell’attività delle strutture sanitarie pubbliche. Nelle conclusioni della ricerca, si mette comunque anche in evidenza che l’impatto generale dell’intervento sanitario è stato in parte vanificato dagli sgomberi avvenuti nel corso del 2007 a Roma. La finalità del progetto era quella di favorire un rapporto stabile tra la polazione dei Rom e Sinti e i servizi sanitari territoriali, ma ovviamente questo deve presupporre un certo radicamento o quantomeno una stanzialità. In alcuni insediamenti non è stato possibile accertare completamente le condizioni igieniche e sanitarie.

Dall’esperienza che i medici e in generale gli operatori hanno fatto nei campi Rom, si ricavano alcune conclusioni che sono generalizzabili. Ci sono cioè alcune parole-chiave che sono emerse: 1) lavoro in rete; 2) integrazione e sinergia tra pubblico e privato sociale; 3) approccio al tema con equipe multidisciplinari; 4) offerta attiva di prestazioni sanitarie; 5) coinvolgimento attivo della popolazione di riferimento. (pan) (vedi lancio successivo)

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Di Sucar Drom (del 27/04/2008 @ 11:12:31, in blog, visitato 2284 volte)

Genova, un condominio per i Rom?
Un condominio per un’ottantina di Rom, profughi dalla ex Jugoslavia, potrebbe essere ricavato dalla ristrutturazione di un edificio disabitato in via dei Laminatoi, a Cornigliano. I Rom sono quelli che abitan...

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«Il problema è Alemanno, non Storace. Con lui smetto i viaggi ad Auschwitz» Piero Terracina, sopravvissuto al campo di sterminio, attacca: «Il Pdl? Anche lì c'è un'anima fascista ...

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Ue, Tajani non ricoprirà la delega di Frattini
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Roma, salute senza esclusioni
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Napolitano: i giovani sono chiamati a contrastare i nuovi autoritarismi e integralismi
“La Storia sembra assegnare a ogni generazione una missione”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esterna questa sua riflessione ricevendo al Quirinale, alla vigilia della celebrazione del 25 aprile, festa della Liberazione, i rappresentanti delle associazioni nazionali combattentistiche e d...

Veneto, le osservazioni e le proposte dell’Associazione Rom Kalderash
Il 25 luglio 2007 sono state presentate alla sesta commissione consiliare permanente della Regione Veneto le osservazioni e le proposte di Loris Levak e Aldo Levak dell’Associazione ...

Milano, una brutta storia
Una donna rom rumena di 40 anni è stata segregata per 7 giorni nel “campo” di Bisceglie, alla periferia di Milano. La polizia ha fermato due connazionali. I due uomini, di 33 e 40 anni, sono stati bloccati ieri dalla squadra Mobile di Milano con l'accusa ...

Veneto, abrogate la legge regionale
Il 19 gennaio 2006 il Consigliere regionale Federico Caner ha presentato il progetto di legge regionale n. 115 “abrogazione della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 54 (interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti)”. Il progetto di legge regionale n. 2...

25 aprile, le radici profonde del razzismo italiano
Non è vero che le leggi sulla razza emanate dal governo fascista ed entrate in vigore il 1 settembre 1938 furono un episodio isolato e neppure l'automatico prodotto dell'alleanza con la Germania di Hitler. La cultura italiana - q...

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Di Fabrizio (del 28/04/2008 @ 09:24:04, in Europa, visitato 2275 volte)

L'ambasciata tedesca di Pristina seguirà due progetti per le comunità Rom, Askali ed Egizia nel Kosovo.

Questi progetti istruiranno le donne e sensibilizzeranno sul traffico di persone e gli abusi sessuali nelle comunità, particolarmente vulnerabili a questi rischi. Il governo tedesco finanzierà il progetto con 13.000 €.

I progetti saranno condotti dall'OnG Prosperità, che per la prima volta si rivolgerà specificatamente alle donne di queste comunità sull'argomento del traffico di persone e relativi rischi.

Il secondo progetto riguarderà i casi di abuso sessuale. Riguarderà le risorse disponibili per le donne nei casi di abusi o violenze sessuali.

Le tre comunità riceveranno assistenza dal governo tedesco come parte del Patto di Stabilità.

Entrambe i progetti saranno lanciati lunedì a Gjakova da Hans-Dieter Steinbach, ambasciatore tedesco in Kosovo.

http://www.newkosovareport.com/20080426908/Society/Germany-to-help-in-minority-women-trafficking-and-violence-awareness.html

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Di Fabrizio (del 29/04/2008 @ 08:50:24, in Kumpanija, visitato 2359 volte)

SIEC. Actualidad Étnica, Bogotá, D.C. 23/04/2008. Le Nazioni Unite avvertono che la diversità linguistica si vede minacciata in tutto il mondo e che i popoli indigeni sentono questa minaccia con particolare intensità tanto che circa 600 idiomi sono spariti. Il documento preparatorio al dibattito sulla questione degli idiomi indigeni, da realizzarsi il 24 aprile 2008 come parte del settimo periodo delle sessioni del Foro Permanente per le Questioni Indigene delle Nazioni Unite, contiene i diritti linguistici e varie raccomandazioni per proteggere e promuovere gli idiomi indigeni.

La settima sezione del Foro Permanente per le Questioni Indigene si riunirà nella sede delle Nazioni Unite a New York dal 21 aprile al 2 maggio 2008. Le Nazioni Unite sostengono che "secondo l'UNESCO, circa 600 idiomi sono spariti nell'ultimo secolo ed altri seguono sparendo, al ritmo di un idioma ogni due settimane. Se non si farà niente per lottare contro le tendenze attuali, è probabile che entro la fine del secolo oltre il 90% degli idiomi mondiali sarà sparito."

Le Nazioni Unite avvertono che ogni volta sono meno i bambini che apprendono l'idioma indigeno in forma tradizionale, dai genitori ed antenati; "Anche quando la generazione paterna parla la lingua indigena, non tende a trasmetterla ai figli. Ogni volta è più frequente che soltanto gli anziani utilizzino gli idiomi indigeni."

Davanti a questo rischio imminente l'ONU sottolinea l'importanza di proteggere gli idiomi indigeni ed esige dagli Stati, dai governi e dalla società un reale compromesso; "salvare gli idiomi è una questione che riveste somma urgenza ed è fondamentale per assicurare la protezione dell'identità e della dignità dei popoli indigeni e per salvaguardare il loro patrimonio tradizionale."

Secondo la massima istanza internazionale in materia di Diritti Umani, gran parte dell'enciclopedia dei conoscimenti tradizionali indigeni che suole trasmettersi oralmente da una generazione all'altra, corre il rischio di perdersi per sempre come conseguenza dell'erosione linguistica; "Questa perdita è irreparabile e non rimpiazzabile. Le norme consuetudinarie dei popoli indigeni si fondano sull'idioma e se questo di perde, il popolo non può capire le proprie leggi ed il proprio sistema di governo che sottintende alla sopravvivenza futura."

Le Nazioni Unite enfatizzano il fatto che la perdita degli idiomi indigeni significa non solamente la perdita delle conoscenze tradizionali ma anche della diversità culturale, che riguarda l'identità e la spiritualità dei popoli e delle persone. "Le diversità biologiche, linguistiche e culturali sono inseparabili e si rafforzano reciprocamente, di modo che quando si perde una lingua indigena, si perdono anche i conoscimenti tradizionali su come conservare la diversità biologica del mondo e far fronte al cambio climatico ed altri problemi ambientali."

Diritti linguistici

In questo aspetto l'ONU assicura che "I diritti linguistici non sono adeguatamente riconosciuti in molti paesi e frequentemente le legislazioni e le politiche nazionali li lasciano a lato. Alcuni idiomi ricevono un riconoscimento ed uno statuto ufficiale mentre alla maggioranza degli idiomi, specialmente quelli indigeni, viene negato il riconoscimento giuridico. Gli idiomi e le persone che li parlano sono rifiutati e vengono fatti sentire inferiori, ciò da luogo a politiche e pratiche discriminatorie."

Però non basta il diritto base per conservare e utilizzare il proprio idioma; le Nazioni Unite sostengono che i diritti linguistici dei popoli indigeni includono: "Il diritto a ricevere educazione nella lingua materna. Il diritto che gli idiomi indigeni siano riconosciuti nelle costituzioni e nelle leggi. Il diritto a non essere discriminati per motivi di lingua ed il diritto a creare mezzi di comunicazione nella lingua indigena e ad averne accesso."

Protezione e promozione degli idiomi linguistici

Le Nazioni Unite segnalano che la Dichiarazione delle Nazioni Unite Sui Diritti dei Popoli Indigeni, approvata l'anno scorso dall'Assemblea Generale, insieme ad altre norme pertinenti i diritti umani, propone la base per formulare politiche e norme relative alla promozione ed al rafforzamento degli idiomi indigeni. "Per la sopravvivenza e lo sviluppo degli idiomi indigeni si richiedono la volontà e gli sforzi dei popoli indigeni, come pure l'applicazione di politiche di appoggio, specialmente nel campo dell'istruzione, da parte degli Stati Membri."

Questi sono alcuni dei mezzi che, secondo le Nazioni Unite, si devono adottare per proteggere e promuovere gli idiomi indigeni:

  • Garantire il diritto all'educazione nell'idioma materno per i bambini indigeni.
  • Assegnare fondi e ricorsi necessari per conservare e sviluppare gli idiomi indigeni, specialmente per l'istruzione.
  • Tradurre negli idiomi indigeni leggi e testi politici chiave, in modo che i popoli indigeni siano nelle condizioni migliori per partecipare nelle sfere politiche e giuridiche.
  • Stabilire programmi di immersione in un idioma per i popoli indigeni, tanto per bambini che adulti.
  • Aumentare il prestigio degli idiomi indigeni, favorendone l'uso nell'amministrazione pubblica e nelle istituzioni accademiche.
  • Utilizzare gli idiomi indigeni in modo che vengano mantenuti vivi e siano trasmessi da una generazione all'altra.

Tomado de: http://www.etniasdecolombia.org/actualidadetnica/detalle.asp?cid=6645

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Di Fabrizio (del 30/04/2008 @ 09:08:03, in Regole, visitato 2396 volte)

Da Hungarian_Roma

Il sig. Horvath è di origine Rom, figlio di un sopravissuto all'Olocausto ed in patria è spesso stato vittima di violenze da parte della polizia e degli skinheads, incluso un accoltellamento quasi fatale. Sua moglie e suo figlio stanno chiedendo al governo canadese di fermare il suo ingiusto rimpatrio da una nazione in cui si era rifugiato.

Al termine dell'articolo, c'è una lista di cose che è possibile fare. Giovedì 1 Maggio ci sarà una dimostrazione alle 14.00 davanti al Consolato Ungherese di Toronto (425 Bloor Street East - Sherbourne subway). Abbiamo elencato altri consolati ungheresi (Calgary, Winnipeg, Vancouver) ed un'ambasciata (Ottawa) nel caso qualcuno volesse organizzare manifestazioni simili.

Grazie!

Toronto Action for Social Change, tasc@web.ca, (416) 651-5800


By Colin Perkel, Canadian Press

TORONTO - Adolf Horvath, 51 anni, è un rifugiato rom terrorizzato di essere rimandato in Ungheria si nasconde mentre sua moglie ed il figlio fanno appello al ministro federale della giustizia per riconsiderare la sua estradizione.

[...] In vista dell'imminente estradizione, Horvath è sparito da cinque settimane.

"Ho perso mio padre" dice suo figlio Adam, 13 anni e studente a Toronto, mentre le lacrime gli rigano il volto. "Non ho futuro senza mio padre, non posso vivere senza di lui. Se andrà in Ungheria, può essere ucciso e io non lo voglio."

Horvath ha ragione di aver paura di essere rimpatriato. E' stato ripetutamente assalito e minacciato in Ungheria, dove gli abusi sui Rom sono comuni. Durante un attacco a casaq sua, gli skinheads lo colpirono e accoltellarono di fronte alla moglie terrorizzata, Erika di 36 anni, e al figlio Adam, che allora aveva 2 anni e mezzo. "Quasi l'ammazzavano," dice Erika Horvath. "Anch'io sono stata colpita."

Horvath lasciò l'Ungheria per il Canada nel 1999. Sua moglie ed il figlio ottennero lo status di rifugiati e le autorità canadesi nel 2004 decisero che a causa della sa origine rom c'era "più di una possibilità di persecuzione."

Come risultato, il Canada l'ha ritenuto "persona bisognosa di protezione," cosa che avrebbero dovuto precludere il suo ritorno in Ungheria.

Tuttavia, in risposta alla richiesta del governo ungherese di estradizione, il Ministro della Giustizia Rob Nicholson ha deciso che la cosa sarebbe dovuta essere decisa in tribunale.

Nel prendere la sua decisione, Nicholson ha contato in parte sulle informazioni dell'allora ministro dell'immigrazione, Monte Solberg, che concludeva dicendo che Horvath affrontava rischi di abusi una volta ritornato in patria. Tuttavia, Solberg ha deciso che Horvath potrebbe contare in Ungheria sulla protezione statale e quindi potrebbe essere estradato.

Dice Ronald Poulton, avvocato di Horvath: "Tutto ciò è ridicolo. E' imbarazzante che il governo canadese prenda questa decisione. Se gli succederà qualcosa, riterrò responsabile il governo canadese."

Laszlo Bakos, dell'ambasciata ungherese ad Ottawa, dice di non avere conoscenze di prima mano sui maltrattamenti, ma aggiunge che Horvath non dovrebeb aver paura di fare ritorno.  Dice: "Non ci sono casi di tortura in Ungheria."

Il mese scorso la Corte Suprema del Canada non ha dato motivi di sostenere le decisioni degli altri tribunali minori. Ciò significa che, a meno di un cambiamento del ministro della giustizia, Horvath ha esaurito ogni mezzo legale per rimanere in Canada.

Piuttosto che ricorrere contro l'estradizione, Horvath si è nascosto ed è scomparso. "Avrebbe fatto così chiunque, giusto?" dice Erika.

Aggiunge: "Onestamente, non capisco. Se qualcuno cerca protezione dal paese da cui scappa, perché vogliono rimandarlo indietro?"

Horvath ha consegnato al tribunale documenti che indicano che le richieste ungheresi tendono solo a nascondere le accuse alla polizia. Ci sono inoltre nuovi documenti che suggeriscono che l'Ungheria ha chiesto l'estradizione per accuse mai poste.

La famiglia ora prega Nicholson di terminare il processo di estradizione.

"Ho ancora incubi dove la polizia picchia la mia famiglia," Ha scritto Adam al ministero, ricordando il disegno che fece quattro anni fa dove un poliziotto rideva mentre picchiava suo padre.

"Sarò disperato per il resto della mia vita se dovrà andare."

Un portavoce del Dipartimento di Giustizia dice che Nicholson non avrebbe commentato.

I Rom sono stati spesso perseguitati in Europa, con decine di migliaia di loro morti per mano dei nazisti.

Sia il Dipartimento di Stato USA che Amnesty International hanno notato che i Rom affrontano maltrattamenti e persino torture per mano della polizia o dei razzisti.

Poulton, che ha denominato il rischio di danno al suo cliente in Ungheria "estremamente acuto," ha detto che è preoccupato per la famiglia.


Take Action: Stop Mr. Horvath's Forced Removal to Persecution and Cruel Treatment

1. Call and write Justice Minister Rob Nicholson, ask how Canada can forcibly return a person in need of protection to the country from which he needs protection? Ask that the extradition of Adolf Horvath by halted. (613) 995-1547, Fax: (613) 992-7910, nichor@parl.gc.ca, Nichor1@parl.gc.ca

2. Call and write Hungarian Embassy (613) 230-2717, PVastagh@kum.hu, FBanyai@kum.hu, LBakos@kum.hu, and Consulate of Hungary,
hungarian.consulate@bellnet.ca (416) 923-8981.
Politely ask that they communicate to their government your desire to see them drop the extradition against Adolf Horvath, especially since the two complainants in the case against Mr. Horvath recanted their evidence, saying they only made the allegations under police pressure. PLEASE leave a message if you get the answering machine.

Embassy of the Republic of Hungary
299 Waverley Street, Ottawa, Ontario K2P 0V9
Tel.: (613) 230-2717
Fax: (613) 230-7560

Consulate General of the Republic of Hungary in Toronto
425 Bloor Street East., Suite 501, Toronto, Ontario M4W 3R4
Tel.: (416) 923-8981
Fax: (416) 923-2732
hungarian.consulate@bellnet.ca

Calgary
Honorary consul: Mr. Arthur Szabo
400, 1111 - 11th Avenue SW , Calgary, Alberta, T2R 0G5
Tel.: (403) 229-1111/ # 313
Fax: (403) 245-0569
huconsul@mac.com

Vancouver – Honorary Consulate General
Honorary consul general: Mr. André Molnár
1770 West 7th Ave. Suite 412, Vancouver, BC V6E4P5
Tel: (604) 730-7321
Fax: (604) 730-7339


Vancouver
Honorary consul: Mr. Zoltan Vass
Suite 310 - 885 Dunsmuir Street, Vancouver, BC, V6C, 1N5
Tel: (1) (604) 909-3750
Fax: (1) (604) 608-1027
E-mail: zvass@tradingpostfinancial.com


Winnipeg – Honorary Consulate
Honorary consul: Mr. Thomas Frohlinger
Suite 301, 204 Kennedy Street, Winnipeg, Manitoba R3C 1T1
Telephone: (204) 956-0490;
Fax: (204) 947-3747
frohlinger@pkf-law.com

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