Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Da
Repubblica.it
Quelli che sono riusciti a trovare un lavoro e a mandare i figli a scuola
Da Milano a Roma passando per Fano. Ma solo il dieci per cento degli zingari
ce la fa
Le danze di Belykize e i camion di Arif
Storie di ordinaria integrazione
La storia di Vintila, rom romeno titolare di impresa edile e judicator nel suo
campo
Il paradosso di Walter, sinti, italiano, quattro figli, paga le tasse ma non
riesce ad avere una casa
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - "Mi chiamo Belykize, nella mia lingua era il nome della regina di
Saba. Ho 19 anni, sono zingara e ne sono fiera. E questa, l'Italia, è la mia
terra". Belykize è una rom kosovara nata in Italia, a Napoli, dove la sua
famiglia è arrivata nel 1985 da Mitrovica, città ora sotto il controllo
delle Nazioni Unite, uno di quei distretti simbolo dei furori etnici scoppiati
nei Balcani. Belykise è sempre andata a scuola, fin dall'asilo, e ora frequenta
l'ultimo anno dell'istituto tecnico "Adriano Olivetti" di Fano. "So cucire,
modifico i vestiti, so ballare, mi porto dietro tutti i colori e i suoni della
cultura della mia gente e il mio sogno è aprire un negozio oppure lavorare come
commessa".
Poi le voci di Arif Thairi, il padre di Belykise; di Costantin Marin Vintila,
rom romeno, un judicator a capo del cris, il tribunale della sua
comunità che è il campo nomadi vicino al Cimitero Maggiore a Milano. E di Walter
Tanoni, un sinti italiano, giostraio figlio di una famiglia di giostrai da
quattro generazioni e ora preoccupato di segnare le differenze: "I sinti
italiani sono zingari ma più nomadi: siamo cittadini italiani in tutti i sensi e
paghiamo le tasse. Il problema sono gli altri zingari, gli slavi e adesso i
romeni, che rischiano di avere più diritti di noi". Sono quelli che ce l'hanno
fatta. Che si sono integrati senza omologarsi, senza rinunciare a ciò per cui i
popoli e le culture zigane sono riuscite nel tempo - ma sempre meno - ad
affascinare: quel misto di anarchia mescolato alla capacità di fare festa, di
gioire e di convivere con le tragedie quotidiane. Secondo il presidente
dell'Opera Nomadi Massimo Converso "in Italia solo il 10 per cento dei 160 mila
rom ufficiali si sono integrati". Forse una percentuale ottimista. Di sicuro
minima. Ognuno di loro ce l'ha fatta in un modo diverso.
Belykize, 19 anni, fiera di essere zingara - La voce di Belykize arriva
squillante via cellulare. E' domenica sera ed è appena tornata dal mare con gli
amici "...e col mio fidanzato". Italiano? "No, rom kosovaro come me, della mia
stessa città...". E le scappa da ridere. La prima cosa che impressiona è la
qualità dell'italiano. "Per forza, sono nata qui, sono andata a scuola da
sempre, fin dall'asilo. Comunque, oltre all'italiano, so parlare cinque lingue:
romanì (l'idioma dei rom ndr), inglese, serbo, croato, bosniaco. Con i
miei cugini però parliamo sempre italiano". Belykize abita a Fano, nella Marche.
"Io e la mia famiglia viviamo in una casa, ho appena finito di cucire delle
tende che a me piacciono molto, piene di colori, mi sono fatta dare degli
scampoli nei negozi, li buttavano via e me li hanno regalati. Essere sempre
vissuta in una casa è stata, forse, la cosa più importante, non mi sarebbe
piaciuto vivere in una roulotte. Quando andavo a trovare mio nonno a Napoli, al
campo, non mi piaceva. Ora vive in Francia, in un casa, anche lui" .
Belikyze trasmette normalità e leggerezza. "Non mi sono mai vergognata di essere
una rom. Anche a scuola, non ho mai avuto problemi. Io parlo, sono una aperta,
se qualche volta qualcuno mi ha detto "tu sei una zingara" non l'ho mai
rinnegato, anzi, me ne vanto. Lo so cosa vuoi sapere, te lo dico subito: mi
vesto come una qualsiasi ragazza italiana, sono pulita e in casa mia nessuno è
mai andato a rubare. Quindi nulla di cui vergognarmi. Quest'anno mi diplomo, ho
già fatto degli stage di due settimane in un supermercato e in un
negozio. Il preside è stato molto contento".
La giornata tipo di Belykize è la mattina a scuola, "il pomeriggio aiuto un po'
mia mamma in casa dove viviamo in otto e faccio i compiti" Le piace ballare,
anzi è una apprezzata ballerina di cocek, tipo danza del ventre, e di
oro, un ballo di gruppo gitano. "Appena posso guardo la tv, soprattutto i
telefilm che mi piacciono tanto. Seguo molto anche i telegiornali per capire in
che mondo mi trovo". La questione nomadi nelle ultime settimane è spesso nei tg.
"Io non posso dare la mia mente e il mio cuore agli altri - dice
Belykize - se questi rom trovano normale uccidere, rubare, bere, vivere con i
soldi degli altri e non fare nulla, restare sporchi e incivili, io posso dire
che sbagliano, che stanno sbagliando tutto. Lo dico, sempre, anche a scuola. Ma
poi loro sono loro e io sono io. Voglio dire che noi zingari non siamo tutti
uguali, non andiamo tutti a rubare e non siamo dei mostri".
Zingaro deriva dal nome del monte Athinganos con cui i greci indicavano
una setta eretica di intoccabili. Gitano e zigano deriva da egiziano. Rom vuol
dire fango. Ma uno dei primi nomi degli zingari è stato anche bohèmien,
chi vive in miseria della propria arte e delle proprie passioni, glielo aveva
dato il re di Bohemia. La condanna, ma anche le contraddizioni, delle gente rom
comincia dall'inizio, dal nome. E si nutre di secoli di ruberie, furti,
violenze, maltrattamenti. Cervantes nel '500 così raccontava la vita con gli
zingari in Spagna: "Sembra che gitani e gitane non siano sulla terra che per
essere ladri; nascono da padri ladri, sono educati al furto, s'istruiscono nel
furto e finiscono ladri belli e buoni al centro per cento". E l'inventore di Don
Quixote era certamente un sognatore democratico.
Belykize ne è consapevole. "Quasi comprendo il disprezzo per la mia gente. Molti
rubano, sono sporchi. Ma qualcuno ce la può fare, se il padre lavora il figlio
andrà a scuola, se la donna è rispettata anche la figlia lo sarà, se avranno un
lavoro potranno avere una casa, pagare affitto e bollette e tenerla pulita. Da
qualche parte bisogna cominciare". La prima cosa che farebbe Belykize è
"riscattare le donne, toglierle dalla rassegnazione che devono subìre". "Nella
nostra società - ammette - il capofamiglia è e sarà sempre un uomo ma questo non
vuol dire che le donne debbano accettare un marito ubriaco che le picchia o fa
altro".
Arif, tre nazioni in una sola casa - Belykize non è un "miracolo". E
quindi può non essere un'eccezione. Se lei ce l'ha fatta - e senza nemmeno
troppo faticare - dietro di lei ci sono un padre e una madre che invece di
fatica ne hanno fatta molta. Arif Thairi, il padre, oggi ha la sua partita Iva e
una ditta di autotrasporti e facchinaggio a Fano. Prima, per 14 anni, ha
lavorato nei cantieri navali. Prima ancora ha lottato con le unghie e con i
denti nei campi rom di Napoli e Messina. E' originario di Mitrovica ed è
arrivato in Italia nel 1985. Ha 45 anni ma se lo ascolti sembra che abbia già
fatto sette vite. "Da Mitrovica negli anni è scappato un intero quartiere, 180
mila persone, prima per le persecuzioni poi per la guerre. La mia famiglia è di
origine rom, zigana, ma noi a Mitrovica avevamo la nostra casa e quando ci
passavano davanti quelli con le roulotte dicevamo che non avremmo mai voluto
fare quella fine. Poi siamo dovuti scappare e adesso non abbiamo più documenti
di nulla, nè della casa, nè del casellario giudiziario, nè del comune perchè
Mitrovica non si sa più di chi è. Così, io che potrei avere la carta di
soggiorno e chiedere la cittadinanza, non posso avere nulla perchè l'Italia non
sa se sono serbo, kosovaro o croato".
Non avendo un paese di origine, Arif e tanti altri come lui non possono neppure
avere un paese che li accoglie. Un po' come Tom Hanks nel film di Spielberg
The Terminal . Come Tom Hanks, Harif si è arrangiato. "Quando con mia moglie
e due figli vivevo nel campo nomadi di Napoli, ho trovato lavoro nei cantieri
navali di Fano. Ero abbastanza disperato, mi sono fatto coraggio, sono andato
dal sindaco e gli ho detto che volevo trasformare la mia famiglia in persone
tranquille e normali. Mi ha ascoltato e ha avuto fiducia". Nel 1987 Arif ha
avuto il primo permesso di soggiorno. Dal 1990 ha vissuto per undici anni in una
casa comunale. Ora in una casa popolare di cui paga affitto, bollette e tutto il
resto. "Siamo in otto e tre paesi diversi: io e mia moglie kosovari, due figli
croati, due figli e una nipotina di otto mesi italiani". Arif non ha dubbi su
quella che può essere la via dell'integrazione: "La prima cosa che l'Italia deve
fare è un censimento vero, reale, di tutti i rom dividendoli però per etnia. Poi
ci deve essere una verifica altrettanto reale di chi ha la volontà di cambiare,
di faticare e di inserirsi. A quel punto dare i documenti e la possibilità di un
lavoro qualsiasi per responsabilizzare le persone. Vivere nel campo può andare
bene all'inizio, appena arrivi, ma poi te ne devi andare perchè, se non ci sono
controlli molto severi, il campo serve solo a moltiplicare chi ruba e chi si
ubriaca. Chi sbaglia, chi delinque, deve essere fuori per sempre, dall'Italia e
dalla comunità rom. Come quello di Napoli, quello che ha rubato la macchina e ha
ucciso la donna: quello faceva meglio a buttarsi già da un ponte quel giorno".
Arif mette in guardia da un rischio che si chiama rom romeni: "Loro adesso
stanno arrivando in massa, senza controlli perchè sono cittadini europei e
avranno molti più diritti di me che invece sono qui da più di vent'anni.
L'Italia deve stare attenta perchè rischia di fare molti errori con questi nuovi
arrivi".
Vintila, il rom romeno - Una barbona bianca folta, 54 anni, venti nipoti,
capo-famiglia di un clan di 50-60 persone: Costantin Marin Vintila è proprio lo
zingaro dell'immaginario romantico, per quel poco che può sopravvivere in
qualcuno di noi. "Sono anche judicator - racconta - sono l'anziano che
giudica le liti interne e familiari, convoco il cris e decido chi ha
torto e chi no". Una giustizia parallela a quella italiana? "No per carità, sto
parlando di questioni interne, liti di famiglia. Per il resto posso dire che
siamo l'occhio della polizia dentro il campo". Vintila è in Italia dal 1991,
vive a Milano nel campo vicino al cimitero Maggiore che ospita 7-800 persone.
Non è certo uno dell'ultimo flusso dalla Romania. Però si dichiara con grande
orgoglio "cittadino europeo, sono come un francese e un tedesco". Non ha una
casa, ("e come potrei se non ce l'hanno neppure gli italiani") ma ha una ditta
edile e la sua partita Iva. "I miei figli lavorano con me, uno fa il benzinaio,
qualcuno ha trovato casa, in affitto, ma non ha detto di essere rom". Vintila è
per la tolleranza zero:"Servono più controlli e pene rigorose per i genitori che
non mandano i bambini a scuola e li mandano a chiedere l'elemosina. Pene ancora
più dure per gli adulti che rubano. Deve restare qui solo chi rispetta le
regole. Gli altri fuori, altrimenti danneggiano tutti noi che siamo venuti per
lavorare".
Walter, il giostraio - In questo viaggio tra i rom che ce l'hanno fatta,
la storia di Walter Tanoni è forse la anomala - è un sinti italiano, quindi
cittadino italiano - e la più incredibile. E anche la più simile a un vecchio
film. "Ho 38 anni, sono figlio e nipote di giostrai, veniamo dal nord Italia ma
ho sempre vissuto nel Lazio. Mio nonno, per dirne una, lavorava con Moira Orfei
che abitava nella roulotte davanti a noi. Quando ero ragazzino eravano ancora
nomadi, giravamo di paese in paese e la gente ci veniva incontro felice perchè
portavamo la festa, la musica e l'allegria. Avevo una ragazzina in ogni paese e
mia moglie, che è italiana di borgata, è diventata la mamma dei miei quattro
figli anche perché è stata l'unica che ha voluto seguirmi sulla roulotte". Da
quando, nel 1998, è stato abolito il Dipartimento dello Spettacolo viaggiante e
i giostrai hanno perso un interlocutore istituzionale vero e unico: "La nostra
attività sta scomparendo. I giostrai sono sempre meno, restiamo sulle roulotte e
non abbiamo una casa. Sono molto preoccupato". Il problema sono quelli che
ottengono, per mille altri motivi, le licenze per i parchi giochi e simili. "Ci
levano il lavoro e partono troppo avvantaggiati perchè hanno il terreno e i
mezzi" spiega Walter. La sua è una battaglia per la sopravvivenza. Di un favola
e di un sogno, come le giostre. "I giostrai hanno la fama di rapire i bambini?
Guai a generalizzare. Anche i pastori sardi hanno questa fama...". Walter si è
arrangiato così: "Grazie al comitato di quartiere mi hanno affidato un'area
verde in zona Torraccia. Qui ho montato le giostre fisse, tengo pulito e sono un
po' il custode del giardino pubblico della zona. Sono anche l'unico punto di
aggregazione sociale in questa zona". Walter è amico di tutti nel rione. Ma
preferisce non dire che è zingaro di etnia sinti e che vive con la famiglia in
una roulotte a Casal Bertone, un piccolo campo di circa sessanta persone, tutte
italiane. "Dico che sto in una casa popolare. Ho quattro figli dai quindici ai
tre anni che vanno tutti a scuola, perfettamente integrati, bravi, pago le tasse
ma quando chiedo la casa mi dicono che ho solo otto punti. E restiamo nella
roulotte. Non capisco e non so più a chi chiedere". Far vivere il mondo delle
giostre e dei giostrai. La via dell'integrazione dei popoli rom passa anche da
qui.
Di Fabrizio (del 24/05/2007 @ 12:29:50, in Italia, visitato 2376 volte)
Da
Rom
Sinti @ Politica
Come cittadini italiani appartenenti a una minoranza,
quella ebraica, ci opponiamo alla CACCIATA dei Rom da Roma, per tre precisi
motivi:
1)Come Ebrei abbiamo Memoria della storia di questo popolo vittima insieme a
noi della più grande barbarie prodotta dalla civiltà occidentale, la Shoah.
E’ il popolo che ha pagato più di ogni altro l’industrializzazione del mondo
occidentale con una crescente emarginazione produttiva e esistenziale. Mentre
con l’avvento della società moderna la maggior parte dei cittadini acquistava
nuove libertà, i rom venivano stigmatizzati per la loro improduttività(d’altra
parte l’accusa di devianza rispetto all’ottica della produttività non è molto
dissimile da quelle portate storicamente contro noi ebrei), additati a pubblico
disprezzo e discriminati, impedendo alla loro diversità culturale di mescolarsi
a tutte le altre.
2)Come cittadini di fronte al problema della sicurezza, evidente nelle nostre
metropoli(ma le cui cause vanno ricondotte ad un processo involutivo dovuto alle
politiche urbanistiche degli ultimi decenni), riteniamo che la deriva
securitaria che hanno preso alcuni sindaci di sinistra, partendo da Cofferati,
passando per Chiamparino, Zanonato, per arrivare a Veltroni, ora legittimati dal
Ministro dell’interno Amato, rappresenti non solo una perdita di memoria storica
ma anche un pericoloso rincorrere gli umori della cosiddetta GENTE aizzati a
bella posta dai cosiddetti imprenditori politici del razzismo nostrano, un tempo
tutti collocati a destra. Inoltre viene leso un caposaldo dello stato di diritto
che vuole che le persone siano considerate come individui e non come gruppo,
perché in caso di misure collettive viene trattato allo stesso modo chi ha
diversi comportamenti e nel caso di misure repressive le pagano anche coloro che
sono completamente estranei a condotte illecite, solo perché facenti parte della
categoria sociale presa di mira.Un politico di sinistra, non cedendo sulle
infrazioni della legge commesse dai singoli, dovrebbe porsi rispetto ai gruppi
sociali con l’ottica dell’integrazione per promuovere la conoscenza reciproca
tra le culture e nel caso specifico innanzitutto: FARE STORIA DELLA CULTURA ROM.
3)E' da tempo in atto una campagna virulenta che partendo da specifici fatti di
cronaca e ignorando altri episodi che vedono come vittime gli immigrati, vede
schierate le televisioni, i giornali (purtroppo anche legati all'attuale
maggioranza governativa come Repubblica), il centrodestra e parte del
centrosinistra. Si alimenta un clima di paura che porta ad identificare nello
“straniero” il capro espiatorio. Il concetto di “sicurezza” è declinato
totalmente in chiave di ordine pubblico. Per noi sicurezza significa anche
sicurezza di un posto di lavoro (o di un reddito), sicurezza di una casa,
sicurezza di poter accedere a quei beni comuni, dall'acqua all'istruzione,
fondativi di una comunità civica basata sull'inclusione e non sull'emarginazione
sociale. La sicurezza o è SOCIALE o non è!
Con questo nostro appello sollecitiamo l'associazionismo politico, sociale e
culturale, i singoli sensibili a fermare questa deriva, e parte della stessa
classe politica non disposta a farsi arruolare in questa nuova, grave, crociata
securitaria a prendere l'iniziativa e promuovere un appuntamento nei prossimi
giorni a Roma per dare un segnale di civiltà e di opposizione a questa indecente
campagna.
Irene Albert, Andrea Billau, Giorgio Canarutto, Paola Canarutto, Ilan Cohen,
Marina Del Monte, Gabriele Fiorentino, Giorgio Forti, Ivan Gottlieb, Joan Haim,
Dino Levi, Patrizia Mancini, Miriam Marino, Ernesto Muggia, Stefano Sarfati
Nahmad, Carla Ortona, Renata Sarfati, Hanna Cristina Scaramella, Sergio
Sinigaglia, Stefania Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Jardena Tedeschi, Ornella
Terracini
Per adesioni: campodellapace@yahoo.it
Di Fabrizio (del 25/05/2007 @ 10:29:50, in casa, visitato 2056 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Il 23 Maggio 2007, l’ERRC (Centro Europeo per i Diritti dei
Rom) e OsservAzione – centro di ricerca azione contro la discriminazione di
rom e sinti hanno inviato una lettera alle più alte autorità italiane,
sollecitando un’azione urgente per rescindere i “Patti per la Sicurezza”
recentemente firmati a Roma e Milano, che prevedono l’allontanamento
forzato di più di 10.000 Rom. La lettera, inviata al Presidente della
Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli
Interni e all’ufficio italiano anti-discriminazione (UNAR) richiede alle
autorità italiane di rispettare gli obblighi dettati dalla legislazione
internazionale e di adottare politiche e programmi abitativi che evitino
l’ulteriore segregazione di Rom e Sinti e offrano soluzioni abitative reali
ed adeguate a Rom e Sinti che attualmente vivono in insediamenti precari in
Italia. Nella loro lettera, inviata in copia alle competenti agenzie europee
ed internazionali, ERRC ed OsservAzione hanno ricordato la decisione del
Comitato Europeo per i Diritti Sociali del dicembre 2005, che ha riscontrato
nei riguardi di Rom e Sinti la violazione da parte dell’Italia delle
garanzie del diritto all’abitazione contenute nella Carta Sociale Europea
Revisionata. Il testo completo della lettera
QUI in
formato .pdf.
A coloro che desiderino esprimere simili preoccupazioni, si consiglia
vivamente di contattare:
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana
Palazzo del Quirinale, Piazza del Quirinale
00187 Roma, Italia
Fax +39 06 46993125
Romano Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370
00187 Roma, Italia
Fax: +39 06 6779 5342/5326
Giuliano Amato, Ministro degli Interni
Ministero degli Interni, Palazzo Viminale
00187 Roma, Italia
Fax: +39 06 46549815
Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR)
Dipartimento Diritti e Pari Opportunità
Largo Chigi 19
00187 Roma, Italia
Fax: +39.06 67792272
Vuk Jeremić
Ministro degli Esteri della Repubblica Serba
Presidente di turno del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
24-26 Kneza Milosa St., 11000 Belgrado, Serbia
Fax +381 11 3618 366
Hans-Gert Pöttering
Presidente del Parlamento Europeo
Parlamento Europeo
Rue Wiertz, PHS 11B011, 1047 Bruxelles, Belgio
Fax: +32 2 28 49769
Polonca Koncar
Presidente del Comitato Europeo per i Diritti Sociali
Segreteria della Carta Sociale Europea, Direttorato dei Diritti Umani
Counsiglio d’Europa, 67075 Strasburgo Cedex, Francia
Fax: +33 3 88 41 3700
Miloon Kothari
Referente Particolare delle Nazioni Unite per un’Abitazione Adeguata
Ufficio delle Nazioni Unite
Alto Commissariato per i Diritti Umani
UNOG-OHCHR, 1211 Ginevra 10, Svizzera
Fax: +41 22 917 9006
Thomas Hammarberg
Commissariato per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa
Ufficio del Commissariato per i Diritti Umani
Consiglio d’Europa
67075 Strasburgo Cedex, Francia
Fax: +33 3 90 21 50 53
Helene Flautre
Presidente del Comitato del Parlamento Europeo per i Diritti Umani
Bureau d'Hélène Flautre al Parlamento Europeo
8G130, 60 rue Wiertz
1049, Bruxelles, Belgio
Fax: +32 2 28 49 364
Jan Andersson
Presidente del Comitato del Parlamento Europeo per il Lavoro e gli Affari
Sociali
Ufficio di Jan Andersson al Parlamento Europeo
14G306, 60 Rue Wiertz
1047 Bruxelles, Belgio
Fax: +32 2 28 49554
OsservAzione è un'associazione di promozione sociale (ONLUS) impegnata nella
lotta contro l'anti-ziganismo e le violazioni dei diritti umani e per la
promozione dei diritti di rom e sinti in Italia
Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC) ha sede a Budapest ed è
un’organizzazione impegnata nella tutela dei diritti umani dei Rom in Europa
Di Sucar Drom (del 26/05/2007 @ 10:33:34, in blog, visitato 2177 volte)
Palazzo
Marino: troppi Rom a Milano
Il Comune di Milano non si fa attendere e chiede di accelerare la nomina del
prefetto Valerio Lombardi a commissario straordinario sui "nomadi" per poter
istituire un limite massimo di immigrati in città.
Secondo Palazzo Marino è difficile stabilire quanti rom vivono a Milano: le
stime parlano di una cifra compresa tra i 6 mila e i diecimila, ma sono tanti i
campi abusivi sparsi s...
Foggia, il Comune sgombera i Rom da Borgo Segezia
Lo sgombero dei rom da Borgo Segezia è imminente. Dopo le lamentele degli
abitanti per le condizioni igienico-sanitarie e di scarsa sicurezza in cui
verserebbe la zona, molto probabilmente lo smantellamento delle baracche dei Rom
avverrà nei primi giorni della prossima settimana.
«Non servirà a molto - afferma Antonio Vannella, presidente regionale dell’Opera
Nomadi - questa è ormai una r...
Themoro korik, Aldani torna tra i Sinti e i Rom
Nel suo ultimo romanzo, Themoro korik, ritorna a occuparsi del popolo che fu
protagonista del suo capolavoro, Quando le radici. La Perseo Libri presenta
l’ultima “fatica” del grande Lino Aldani: il romanzo Themoro Korik.
Aldani è nato nel 1926 a San Cipriano Po e molto giovane si trasferisce a Roma
dove frequenta il liceo scientifico e in seguito fa vari lavori come operaio,
impiegato di ba...
La discriminazione distribuita gratuitamente
Che cosa sta succedendo in Italia… mentre tutti gli stati vogliono l’unità…
l’Italia vuol dividere. Ieri gli Stati Uniti d’America, unì gli stati Americani.
Oggi è l’Europa che si sta unendo, l’Europa Unita per creare un solo grande
Stato, il progettato e realizzato grazie alla volontà di grandissimi personaggi
che hanno avuto la costante volontà di lavorare tutti insiemi, riuscendo a fare
...
Toc toc, UNAR dove sei?
Un silenzio pesante aleggia nel nostro Paese. L’Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali ed Etniche (UNAR) non parla e non scrive: è
assente! Davvero strano che l’unica agenzia governativa per il contrasto delle
discriminazioni etniche / “razziali”, rimanga in completo silenzio dopo
l’iniziativa vergognosa del Ministro Amato.
Non crediamo che questo silenzio sia frutto di una mancata ...
Mantova, la M.E.Z. invita la stampa
I Pastori della Missione Evangelica (M.E.Z.) invitano la stampa al Convegno
Religioso che si tiene a Mantova da mercoledì 23 a giovedì 31 maggio 2007. In
questi giorni si parla molto di Sinti e di Rom ma pochi di noi hanno la
possibilità di parlare pubblicamente ed esprimere i nostri pensieri.
Per le Istituzioni e per tanti giornali noi dobbiamo stare in silenzio e subire
le decisioni pres...
Roma, ha ucciso un Rom il Carabiniere condannato a tre anni
Tre anni di reclusione e circa 200mila euro di risarcimento alla famiglia della
vittima. È stata questa la condanna inflitta al vicebrigadiere dei carabinieri
Domenico Serafino, che il 2 febbraio del 2002 uccise, vicino al "campo nomadi"
di via Salone a Roma, con un colpo di pistola un Rom di 16 anni, Fabio Halilovic,
il quale, con altre quattro persone era a bordo di un’automobile rubat...
Roma, il Prefetto Serra istituisce la commissione per segregare i Sinti e i Rom
Istituita nella Capitale la commissione per i villaggi destinati ai Sinti e ai
Rom capitolini. A designarla è il prefetto Achille Serra (in foto) d'intesa con
il sindaco Walter Veltroni, un atto previsto dal ''Patto per Roma Sicura''
firmato lo scorso 18 maggio.
La commissione avrà il compito di individuare le aree in cui allestire i
"villaggi della solidarietà" e sarà coordinata da un vic...
Mirano (VE), l'inutilità degli sgomberi
Questione Rom e Sinta ancora in primo piano a Mirano, nonostante lo sgombero
delle famiglie che nei giorni scorsi avevano occupato i cantieri dell’alta
velocità e del Passante in via Vetrego.
La questione non è naturalmente risolta: «Un fenomeno di queste proporzioni -
rivela il sindaco Gianni Fardin - non si è mai verificato a Mirano: il problema
andrà affrontato in un contesto più genera...
Vinci (FI), l’informazione sui diritti umani
Si terrà sabato 26 maggio 2007 il convegno "l’informazione sui diritti umani",
presso la Biblioteca Leonardiana di Via G. la Pira n. 1 a Vinci (FI). Il
convegno sarà un momento importante di studio sia sui problemi evidenziati nella
stampa italiana che sui problemi della nostra giustizia sul tema dei diritti
umani...
Di Fabrizio (del 27/05/2007 @ 09:46:59, in media, visitato 2828 volte)
Da Hungarian Roma
Mi chiamo Csaba Báder. Vorrei informarvi che settimana scorsa abbiamo lanciato un network sociale in Internet, chiamato Zhoriben.net. Nostri partners sono RomNet-Media Foundation e Rádió C (Gipsy Radio).
Il linguaggio di default è il lovara, il più comune dialetto romani in Ungheria. Il sito è internazionale, oltre al lovara è disponibile in inglese, tedesco, ceco, slovacco, croato e rumeno. Intende favorire il più vasto coinvolgimento dei Rom in Internet, la diffusione del linguaggio e della cultura, come anche promuovere reti e comunicazioni tra i Rom ed anche i non-Rom. In futuro vorremmo integrare altri linguaggi, inclusi altri dialetti rom.
Gli sviluppatori del software hanno come referenza iwiw.hu, un network sociale ungherese con oltre 2 milioni di utenti [...]
Sarei contenta di invitarvi. Scrivetemi a badercs@romnet.hu
Csaba Báder
Di Fabrizio (del 27/05/2007 @ 12:31:01, in scuola, visitato 2410 volte)
Pubblicato su
Rom
Sinti @ Politica, con richiesta di diffusione
Da mesi tutti i bambini Rom e Sinti che vengono
forzatamente e “legalmente” allontanati dopo l’abbattimento delle
loro povere baracche dalle ruspe, vagano per la Capitale in cerca di un posto
dove dormire.
Vista l’insensibilità e l’ipocrisia dei nostri politici, sul concetto di
solidarietà e legalità, come mamma e insegnante, mi rivolgo a tutte le
persone che hanno a cuore i bambini e chiedo loro di sottoscrivere e diffondere
questa foto con uno degli articoli della Convenzione Internazionale sui diritti
dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989 e ratificata anche dall’Italia
Articolo 2 della Convenzione
1.Gli Stati parti s'impegnano a rispettare i diritti che sono enunciati nella
presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo nel proprio ambito
giurisdizionale, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di
sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, del
fanciullo o dei suoi genitori o tutori, della loro origine nazionale, etnica o
sociale, della loro ricchezza, della loro invalidità, della loro nascita o di
qualunque altra condizione.
2.Gli Stati parti devono adottare ogni misura appropriata per assicurare che il
fanciullo sia protetto contro ogni forma di discriminazione o di sanzione
motivata dallo status, le attività, le opinioni espresse o il credo dei suoi
genitori, dei suoi tutori o di membri della sua famiglia.
Quanti volessero sostenere questo appello, sono pregati di:
- inserirlo nei loro blog
- inviarlo ai loro amici e conoscenti pregandoli di fare la stessa operazione
- trasmetterlo ai vari organi di stampa e informazione
- consegnarlo a persone dello spettacolo, della cultura, del cinema, della
musica,dello sport….
- coinvolgere le varie organizzazioni sindacali
- esporre il volantino nei luoghi di lavoro, di culto, presso le università…..
- farlo pervenire all’Unicef e a tutte le associazioni che si occupano di minori
- ………
Maria Grazia Dicati
“La tua casa non c’è più e dovunque andrete vi manderemo via”
(Foto di Simona Caleo)
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 09:54:52, in casa, visitato 2703 volte)
ITALIA. Per le città, un nuovo patto sociale - di solidarietà!!!
Se è vero che sicurezza e legalità non sono né di destra né di sinistra, va detto con chiarezza che anche il razzismo non è né di destra né di sinistra: è razzismo e basta, e l’apartheid è apartheid ovunque, anche nella nostra società democratica. Documento ARCI Toscana, COSPE e Fondazione Michelucci sui "patti di sicurezza" - a cura di pfls
venerdì 25 maggio 2007.
[...] Le nostre città non hanno bisogno di patti che interpretino la sicurezza esclusivamente in chiave di controllo e di criminalizzazione. La sfida da accettare è piuttosto quella di mettere in campo politiche urbane, abitative, sociali, culturali in grado di assicurare solidarietà, partecipazione e diritti, con procedure democratiche adeguate alla diversità delle popolazioni che vi sono presenti [...]
Per le città chiediamo un patto di solidarietà
Nel momento in cui vengono proposti "patti per la sicurezza" tra governo e amministrazioni comunali, presentati come rimedio al degrado delle città, chiediamo agli amministratori delle nostre città di non abdicare al loro ruolo di governo del territorio, di non rinunciare alle politiche inclusive e solidali che con fatica sono state costruite in collaborazione con tante associazioni, di continuare a perseguire una coesione sociale non fondata sull’esclusione delle figure più deboli e stigmatizzate.
Le nostre città non hanno bisogno di patti che interpretino la sicurezza esclusivamente in chiave di controllo e di criminalizzazione. La sfida da accettare è piuttosto quella di mettere in campo politiche urbane, abitative, sociali, culturali in grado di assicurare solidarietà, partecipazione e diritti, con procedure democratiche adeguate alla diversità delle popolazioni che vi sono presenti.
E’ preoccupante la piatta adesione di organi di stampa e forze politiche del campo della sinistra alla campagna su ordine e sicurezza, è preoccupante la volontà di contendere alla destra il primato dell’intransigenza verso i capri espiatori di turno.
E’ preoccupante che si rinunci a contrastare con la forza di proposte e di politiche inclusive i proclami xenofobi e razzisti della destra che tenta di capitalizzare l’indubbia presenza di una fascia di cittadini ed elettori sensibili ai timori per la presenza di stranieri sul territorio.
E’ l’effetto perverso delle recenti elezioni francesi che ha persuaso autorevoli rappresentanti di forze politiche e intellettuali di riferimento che si possa interpretare meglio - o solo più facilmente - l’inquieta società contemporanea assecondandone le ansie e le paure (del futuro precario, del lavoro che manca, delle protezioni sociali che diminuiscono, e forse anche dell’immigrazione) piuttosto che affrontandone le cause, più complesse e difficili da risolvere.
Il prezzo da pagare a questo nuovo realismo politico, incardinato sulla "tolleranza zero", è la cancellazione di 15 anni di impegno, di vertenze, di politiche per la convivenza, di faticosi percorsi di inclusione di ormai milioni di immigrati, per uno sviluppo democratico e interculturale della società italiana.
Il primo frutto velenoso di questa campagna sono i "patti per la sicurezza" che il Ministero dell’Interno sta stipulando con alcune grandi città italiane, in primis Roma e Milano. Infatti, tra le misure previste da questi patti, oltre a consueti strumenti di lotta al crimine come l’aumento dell’organico di polizia, figurano la delega ai prefetti per la localizzazione dei campi nomadi, e nientemeno che la delocalizzazione dei quartieri "etnici".
Cosa c’entrino i cinesi di via Paolo Sarpi a Milano, o di via Pistoiese a Prato o dell’Esquilino a Roma, con la lotta alla criminalità nessuno lo ha spiegato; e in quale misura l’allontanamento dei campi nomadi dalle città verso improbabili campagne possa favorire l’inclusione dei Rom (o, se si vuole, il loro "rispetto delle regole"), anche questo nessuno si azzarda a motivarlo.
Se è vero che sicurezza e legalità non sono né di destra né di sinistra, va detto con chiarezza che anche il razzismo non è né di destra né di sinistra: è razzismo e basta, e l’apartheid è apartheid ovunque, anche nella nostra società democratica.
L’accreditamento di un nesso tra domanda di sicurezza e immigrazione, supportato dall’utilizzo di una (presunta) scientificità di dati sulla devianza degli immigrati, è giocato sull’effetto-annuncio piuttosto che su una attenta analisi delle cifre. Nessuno dei suoi propugnatori ha mai chiarito in cosa effettivamente consiste questo "bisogno di sicurezza" e in che cosa questo trovi motivazioni nell’immigrazione: piuttosto questa campagna ha utilizzato in maniera enfatizzata alcuni piccoli o grandi episodi di cronaca, questioni differenti e spesso indipendenti tra loro, artificiosamente e forzosamente collegate, in un rapporto tra cause ed effetti che risponde non alla realtà ma ad una sua rappresentazione drammatizzata a fini politici e propagandistici.
Le città sono oggi la frontiera sulla quale si scaricano gli effetti dell’economia globalizzata, che le politiche degli stati non riescono efficacemente a intercettare e regolare. Sono lo spazio vissuto nel quale si rappresentano le contraddizioni che una volta dividevano il mondo ricco da quello povero, e che nelle grandi aree urbane devono trovare una forma di governo non autoritaria e non escludente. Le città sono cerniere tra economia e società, tra culture e provenienze differenti; sono luoghi di incontro e di scontro. La costruzione dei modelli di convivenza non può avvenire al prezzo della condanna a un destino di emarginazione per individui e comunità che vi hanno radicato le loro speranze.
Arci Toscana
Cospe
Fondazione Michelucci
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 10:50:31, in Italia, visitato 2701 volte)
Ricevo da Mariagrazia Dicati
Dal blog :
Rom
Sinti @ Politica,
testimonianza di alcuni ragazzi delle scuole di Ostia (Roma) e video dello
sgombero di un campo nomadi avvenuto il 10 maggio in via Aldobrandeschi a
Roma
Siamo un gruppo di studenti di Ostia, delle
scuole Labriola, Anco Marzio, Faraday e Toscanelli.
Abbiamo letto con indignazione dello sgombero avvenuto a via
Capo Sperone di circa 15 romeni (tra cui 3 minori) la scorsa settimana.
Alcuni mesi fa, accorgendoci della presenza di questo campo, abbiamo
scelto una strada diversa da quella che tutti ci consigliavano, quella
che pareva più normale: disprezzare, distogliere lo sguardo, affidarci
ai pregiudizi.
Abbiamo scelto invece di andare a conoscere di persona questi uomini,
donne e bambini che lì vivevano nell’abbandono più totale.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, nessuno di noi è stato
minacciato, derubato o malmenato una volta entrati nel loro campo. Siamo
stati invece accolti con una simpatia e un calore tale da farci vergognare
dei nostri pregiudizi. Difficilmente tra i nostri coetanei italiani
abbiamo mai ricevuto un’accoglienza così bella.
Non solo ci hanno fatto entrare a casa loro, ma ogni volta che siamo
tornati ci hanno sempre trattato come ospiti d’onore.
Crescendo l’amicizia con loro, di settimana in settimana, ci siamo anche
accorti della condizione tragica in cui versava tutto il loro campo: niente
corrente elettrica, niente gas né acqua corrente, che andavano a prendere da
una fontanella a 500 metri di distanza.
continua
link dello sgombero
http://www.youtube.com/watch?v=LddCcwdsj-Y
Di Fabrizio (del 29/05/2007 @ 10:04:16, in casa, visitato 4101 volte)
La sottoscritta Paola
Cecchi del C.N.J. (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia) e dell’ass.
A.I.Z.O. rom e sinti sottopone alla vostra attenzione la situazione di 5
famiglie che si trovano attualmente a vivere in modo precario in Viale XI
Agosto nel cosiddetto “CAMPO NOMADI OLMATELLO”, va subito messo in evidenza
che nessun “nomade” vive in questo luogo, ma vivono tutti cittadini
Jugoslavi, la maggior parte sono originari della regione del Kosovo-Metohija,
la situazione nel campo è molto disagiata e le strutture dove sono
alloggiate le persone sono roulottes alcune in pessime condizioni,
attraverso una cooperativa interna il campo viene pulito regolarmente, molte
delle persone che vivono nel campo sono di etnia rom, i servizi come negozi,
autobus, ecc. sono molto distanti. Molte persone che prima vivevano nel
campo hanno avuto accoglienza come profughi in normali abitazioni o nel
corso degli anni hanno raggiunto i punti per poter avere un alloggio
popolare e sappiamo che di qui a breve diverse famiglie troveranno una
collocazione ed il campo dovrebbe essere chiuso, ma alcune nuclei “storici”
sono ritenuti dal quartiere 5 “non autorizzati” a stare nel campo e viene
loro intimato di lasciare, in breve, la precaria sistemazione dove vivono.
Si parla di 5 nuclei:
la famiglia Ibrahimi con due figlie piccole, la famiglia Bejzak con tre
piccoli (Edison ha 3 mesi)! La famiglia di Mustafa R. con due figli piccoli
e la giovane moglie è incinta ed altri due fratelli di Mustafa R. con
relative mogli e figli, quasi tutti i genitori sono nati in Italia o sono
arrivati da anni, i minori in totale sono 14 e sono tutti nati a Firenze e
stanno frequentando le scuole del quartiere, sappiamo che sono famiglie che
non sono certo in grado di sopportare le spese proibitive di un affitto.
Com’è noto in Kosovo
circa 300.000 persone di tutte le etnie, ma nella stragrande maggioranza
serbi e rom sono stati scacciati dalla loro terra nel 1999 e sono stati
costretti a diventare profughi!
Non scacciamo persone
che vivono da anni in baracche ! Cerchiamo insieme una sistemazione
dignitosa per queste persone e per questi piccoli.
In attesa di vostre
comunicazioni vi invio cordiali saluti
dott. Paola Cecchi
50144 Firenze
e-mail:
ristori @tin.itDestinatari:
Spett. sindaco
Leonardo Domenici, comune di Firenze
All’ass. Lucia De
Siervo comune di Firenze
Al pres. Eros
Croccolini comune di Firenze
Al cons. Pab Diaw
PRC comune di Firenze
Alla pres. IV
commissione Susanna Agostini comune di Firenze
Al cons. Jacopo
Borsi PRC quartiere 5 Firenze
Al cons Sandro
Targetti PRC capogruppo provincia di Firenze
Al cons. Aldo
Manetti PRC regione Toscana
Al cons. Mario
Lupi Verdi Regione Toscana
Ad Andrea
Martocchia - Coord. Naz. per la Jugoslavia
Alla pres.
A.I.Z.O. Carla Osella - Torino
Firenze 25 maggio 2007
Di Daniele (del 30/05/2007 @ 09:00:40, in Europa, visitato 2920 volte)
Da
La Stampa
Italia, arriviamo
In viaggio con i Rom In Romania vivo con due euro al giorno. "Con mezz'ora di elemosina
guadagno di più"
BRUNO VENTAVOLI
INVIATO A CRAJOVA (ROMANIA)
Violeta ha trentanove anni ed è già nonna. E’ stata espulsa dall'Italia
perché il «permesso di soggiorno era scaduto». Avrebbe voglia di ritornare,
e se riuscirà a mettere da parte un po’ di soldi ritenterà l’avventura. Ma
più di 2-3 euro al giorno, con lavori saltuari, non tira su. Bastano appena
per sfamarsi. Violeta è una rom, una di quei due milioni e mezzo che vivono
sparsi per la Romania, dalle profonde campagne alle metropoli. Abita a
Crajova, nel sud, città della Valacchia circondata da una pianura piatta e
immensa. Gli abitanti sono oggetto barzellette, come da noi i carabinieri. E
il 5% circa appartengono alla minoranza rom. Di qui partono quelli che
arrivano a Roma, perché ogni zona della Romania alimenta un flusso
migratorio verso una particolare città italiana.
Senza frontiere
Un tempo venire all’Ovest era arduo. Prima bisognava bucare la cortina di
ferro, poi i confini di Schengen. Ora che non ci sono più frontiere basta
avere i soldi per il viaggio. I rom del duemila sono infatti cittadini
dell’Unione, che votano, che aspirano ad avere diritti, a coltivare la
propria identità, anche se non hanno mai posseduto una patria loro e non
hanno mai combattuto (forse unici al mondo) guerre per conquistarla o
difenderla. E possono muoversi liberamente, come qualunque abitante della
nuova Europa, di quella povera, che spera in un futuro migliore in Occidente
e crea allarme sociale per i difficili processi di integrazione nelle nostre
metropoli che scoppiano di stranieri. Hanno un passaporto romeno, che oggi,
nel bacino carpatico, vale moltissimo. Ma null’altro. Perché nella Romania
che corre selvaggia verso il capitalismo, dove vedi capre che pascolano
accanto a concessionarie di Porsche, spesso sono più poveri dei poveri
romeni. Naturalmente ci sono anche gli intellettuali, i politici, i sindaci,
gli imprenditori rom. Ma sono ancora pochissimi. E se in Italia va male, in
mezz’ora a lavare vetri, si guadagna come un mese.
I soldi
Per arrivare in Italia servono 250-300 euro. Racimolarli, qui, non
è facile. Spesso te li fai prestare da un amico. E poi glieli restituisci.
«Senza interessi», ci assicurano. Quando hai la somma parti. E se qualcuno
pensa ancora alle carovane degli «zingari» (termine politicamente scorretto
e offensivo), che si spostano nomadi con carabattole e misteri, si sbaglia
di grosso. Ora si viaggia in auto o nei pulmini. L'appuntamento è in qualche
piazza della città. Poi via, lungo le strade strette, malsicure, che reggono
tutto il traffico tumultuoso della Romania (ancora povera d’autostrade), tra
lenti tir inquinanti e Suv che sfrecciano in sorpassi pericolosi.
La prima tappa è l'Ungheria. «Ogni tanto c'è qualche problema al confine -
dice Ion, esperto di viaggi italiani -. Magari trovi un poliziotto che fa
storie. Se vogliono, qualcosa che non funziona c'è sempre e ti fanno
aspettare anche 24 ore. Ma se allunghi 50 euro le grane scompaiono. E fino
all’Italia fila tutto liscio». Perché i rom vogliono venire nel nostro
Paese? Non servono sociologi per capirlo. Basta andare alla periferia di
Crajova, dove vivono i rom più poveri. Non ci sono «campi», né nomadi, né
roulotte, come molti potrebbero pensare guardando le sistemazioni precarie
dell’Italia, ma una lunga teoria di piccole casette d’un paio di stanze.
Costruite con materiali di recupero, misere, sbreccate, ma anche colorate e
pulite nell'interno. Le strade sterrate s'insinuano tra palizzate di legno.
Di automobili non c’è quasi traccia, solo cavalli e carretti di legno.
La parabola sul tetto
Alcune abitazioni hanno la parabola della tv, molte invece sono prive di
elettricità e acqua corrente. Chi è fortunato scava dei piccoli pozzi
intorno a casa. Non ci sono gabinetti, ma buchi nella terra coperti da
gabbiotti d'assi. Mihai ha quattro figli, una moglie, due figli. In questo
periodo va nei campi, è un bracciante tuttofare. Sette o otto ore di lavoro
per 3 euro al giorno. «L'Italia? Certo che ci vorrei andare. Perché lì
mangerei tutti i giorni». Graziano, invece, vive bene. Fa il macellaio, ha
un buon stipendio. Ha fatto studi economici, adora il «suo» paese, la
Romania, e non pensa ad emigrare. In Italia c'è stato, ma solo per andare a
matrimoni o «per vedere il Colosseo e il Vaticano». «Per i rom poveri, però,
non è così - spiega -. Loro vivono in condizioni pietose. Sanno che in
Italia la vita nei campi è dura. Ma una roulotte laggiù, per quanto
distrutta, è meglio che qui».
Pitei, suo cugino, è stato in Italia qualche mese. Ora è tornato a Crajova.
«Perché qui vivono i miei figli e i miei parenti - spiega -. Molti della mia
gente vorrebbero svegliarsi al mattino sapendo di avere un lavoro. Se ci
aiutassero ad avere case decenti, ad avere un lavoro in Romania, nessuno
partirebbe per andare all'estero. Io guadagno bene, ho comprato una bella
macchina, ma quando esco resto soltanto un rom e questo certe volte pesa».
La legge
I rom sono una minoranza tutelata formalmente dalla legge romena, come
quella magiara in Transilvania. Esistono organi istituzionali per garantire
diritti, accesso al mercato del lavoro (con «quote rom»), all’università, ma
nonostante i tentativi del governo, persistono grandi differenze
socioeconomiche. E questo, mescolato alla secolare diffidenza verso quel
popolo senza terra che andava contro tutte le certezze e i valori
dell'Occidente, aumenta l'emarginazione, i sospetti, le tensioni nella
pratica quotidiana.
«Non possiamo entrare nei locali - ci dice Graziano - su 60 ristoranti,
possiamo frequentarne appena tre. Niente piscine e neppure discoteche. E i
giovani questa situazione non la tollerano». Per un bisticcio tra una
guardia privata e un rom all'entrata di un locale, qualche mese fa, c'è
stata anche una notte di proteste e risse. Ovviamente i romeni smentiscono
le discriminazioni. Il governo lo fa ufficialmente, temendo bacchettate
dalla Ue. I cittadini che trovi per strada, o ai tavolini di un McDonald's,
lo fanno invece con ardore e aneddoti. E per convincerti ti portano a vedere
le strade dove vivono i rom ricchi, che hanno aperto negozi e imprese, o
sono tornati dall’estero con i soldi, e poi si costruiscono grandi ville
«che nemmeno i romeni hanno».
I rom di Crajova sono in stretto contatto con i parenti di Roma. Li sentono
almeno tre volte la settimana tramite cellulari. Sanno che l'Italia non è un
paradiso? E che cresce l'insofferenza dopo i fattacci di cronaca nera che
hanno visto i rom protagonisti in negativo? «Be' forse siamo troppi e gli
italiani hanno ragione ad essere arrabbiati perché quello è il loro Paese -
dice Graziano -. Però noi abbiamo il diritto di muoverci, la nuova Europa
non ha barriere. La maggior parte di noi vuole venire in Italia per
lavorare. Chi vive qui in miseria ha diritto di sognare una vita migliore,
di provarci. I criminali esistono dappertutto, tra i rom, ma anche tra i
romeni e gli italiani».
5 DOMANDE A MASSIMO CONVERSO, OPERA NOMADI
Massimo Converso, presidente dell’Opera nomadi, ci sono oltre due
milioni di Rom - solo dalla Romania - liberi di venire all’Ovest. Per
l’Italia sarà un problema?
«Sì, perché il governo si è fatto trovare impreparato. Non dispone di
consulenti nelle comunità Rom, malgrado l’Opera nomadi insista da anni sulla
necessità di avviare un dialogo».
La soluzione dei «grandi campi» di accoglienza funzionerà?
«I megacampi aumenteranno i fenomeni di devianza. Si è visto chiaramente, a
Roma, sulla via Pontina: favoriscono la criminalità, l’evasione scolastica,
la tossicodipendenza».
Che cosa suggerite, voi dell’Opera nomadi, per affrontare il
problema?
«Lo Stato italiano dovrebbe intervenire sul fronte degli affitti agevolati,
aiutare i Rom dell’est, che sono abituati da decenni a vivere in case
monofamigliari, a trovare abitazioni. La cosa peraltro già avviene, da
Mazara del Vallo a Merano, con una buona integrazione con la popolazione
italiana. In Italia, soprattutto nel sud, ci sono vecchi paesini quasi
abbandonati. Potrebbero essere ripopolati dai Rom. La possibilità esiste,
occorre la volontà politica. Bisogna anche offrire ai Rom la possibilità di
lavorare. Noi suggeriamo di sostenere la nascita di cooperative, di
sviluppare il commercio ambulante e i mercati dell’usato che appartengono
alla loro tradizione, legalizzare i musicisti di strada, aiutare i gruppi
che fanno la raccolta dei rifiuti differenziata».
Insistete anche su interventi all’estero.
«L’Italia dovrebbe investire nei Paesi d’origine, come la Romania,
per migliorare le condizioni di vita, per aumenti mirati dei salari.
Naturalmente serve l’aiuto di consulenti locali, altrimenti sono soldi
sprecati».
E’ aumentato il pericolo sociale degli «zingari» in arrivo dall’Est?
«La stragrande maggioranza dei rom dell'Est si dedica alla questua o svolge
lavori in nero nell'edilizia. Anche se nell'immaginario collettivo “tutti”
gli zingari sono delinquenti, solo il 10% compie attività illegali.
Purtroppo ci sono minoranze aggressive che occupano spazi criminali,come
prostituzione e rapine. E in alcuni campi non c'è stata resistenza alla
pressione dei pedofili. Ma mi creda, se avessero la possibilità di lavorare,
i Rom preferirebbero farlo. Anche perché le attività criminali non sempre
sono così redditizie. L'arresto di un rom costa alle famiglie migliaia di
euro in avvocati».
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