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Di Fabrizio (del 14/07/2006 @ 10:22:45, in conflitti, visitato 1666 volte)
COLLOQUIO CON BAJRAM HALITI, MEMBRO DEL PARLAMENTO MONDIALE DEI ROM E PRESIDENTE DELL'UFFICIO CENTRALE DEI ROM IN KOSOVO

intervista di Casper Molenaar

Con l'auspicio di parlare apertamente del carico di miserie che i Rom stanno trasportando nel III millennio, intervistiamo Bajram Haliti, di professione avvocato, noto commentatore e giornalista, e delegato dell'associazionismo rom.

Casper Molenaar: Mr. Haliti, può presentarsi con tre parole?

Bajram Haliti: Sono nato il 21 maggio 1955 a Gnjilane, Kosovo. Sono Rom.
Sono giornalista dal 1985, ho fatto tutta la trafila da praticante sino ad editore di un programma romanì. Ho avuto riconoscimenti come giornalista e scrittore.
Ho pubblicato studi, articoli, critiche e documentari. Come giornalista, letterato ed avvocato attraverso i miei lavori ho descritto al mondo come l'odio e l'ineguaglianza siano sormontabili, attingendo dagli esempi del passato, anche senza andare troppo in là col tempo.
Il mio libro "Contemplations on Roma issue" ha ottenuto il primo premio alla XII edizione della manifestazione internazionale "Amico Rom", che si tiene ogni anno a Lanciano.
Sono editore responsabile delle riviste d'informazione (in lingua serba e romanì) "Ahimsa" - "Nenasilje" (nonviolenza), presidente dell'agenzia informativa dei Rom di Sebia e Montenegro, e membro dell'associazione dei letterati della Repubblica Serba.
L'8 aprile del 2002, in concomitanza con la Giornata Internazionale del Popolo Rom, ho ottenuto il premio "Slobodan Berberski" per la letteratura e il giornalismo: la prima volta che questo premio andasse alla Repubblica Federale di Yugoslavia. Ho anche ottenuto il premio "Peace and Tolerance", per il contributo alla pace, alla tolleranza e alla comprensione tra i popoli e le nazioni, premio ottenuto per quanto era stato svolto allo sviluppo culturale ed educativo nella repubblica Serba, il riconoscimento "per l'aiuto e la cooperazione nello sviluppo e nel lavoro associativo", "Per il lavoro in forma scritta per l'affermazione della cultura" dal Consiglio Nazionale della Minoranza Rom. [...]

Casper Molenaar: Può descrivere il suo impegno per il Kosovo?

Bajram Haliti: Ho fatto quanto possibile per una soluzione pacifica, attraverso il dialogo e i mezzi democratici, per cancellare le diseguaglianze, i pericoli e la povertà, conservando i vantaggi multietnici e multiculturali della regione.
Penso che la cosa più difficile sia superare l'odio in Kosovo.Sono state fondate diverse OnG, nelle scuole si deve parlare delle conseguenze che ha la guerra e dei valori della pace. In occidente molti programmi sono dedicati a ciò, ma questo manca completamente nei programmi scolastici e nei libri di testo in Kosovo.
Sono tanti gli analisti politici che sottolineano la necessità di cambiare per il futuro e come questa sia la sfida più grande.
Naturalmente, sono richieste che nascono dalla logica umana. Ma nella pratica, non è così facile. Se mancano orientamenti sul futuro - nessun popolo potrà avere diritto al proprio futuro - questo è chiaro, come pure che non si può vivere nel passato.Il passato è qualcosa che è successo ed è terminato, e il politico che vi fa riferimento rischia di scatenare nuove distruzioni.
Ciò comporta alcune condizioni da rispettare: per virare verso il futuro c'è bisogno della salvaguardia della propria vita e che vi siano condizioni minime per pianificare il proprio futuro - il futuro non lo si può improvvisare, dev'essere progettato, e progettato assieme se si vive in comunità varie e diverse.
Io spero che nel Kosovo, l'UNMIK, la comunità internazionale, i partiti di governo degli Albanesi come pure quelli Serbi, riescano infine a trovare soluzioni comuni secondo quanto descritto dalla Risoluzione 1244. Dovrebbe portare pace e sicurezza a chiunque viva in Kosovo, tenendo conto dei circa 200.000 che si sono rifugiati all'estero e dovranno fare ritorno.
Ciò a cui ho lavorato negli ultimi due anni è stato nell'interesse di tutti i cittadini, soprattutto nel sviluppare le relazioni interetniche in Kosovo e sviluppare relazioni democratiche per un domani (e un oggi!) migliore.

Casper Moleanaar: Secondo lei, quale la miglior soluzione per lo status del Kosovo?

Bajram Haliti: E' politicamente necessaria la formazione di cantoni per assicurare una vita pacifica a tutte le componenti del Kosovo. E' un processo inevitabile dopo tutto quel che è successo. [...] Ritengo debba esserci pure il cantone Rom, che sono un gruppo nazionale numeroso in Kosovo.
La stessa necessità vale per la Bosnia. Altre soluzioni, sfortunatamente non esistono, per lo meno al momento. Può essere che in futuro questo diventi superfluo, c'è bisogno di persone capaci che si concentrino sul futuro dell'ex Yugoslavia, potrebbe esserci una domanda di unità, economicamente all'inizio, culturalmente e politicamente in seguito.
Per formare una comunità autonoma dei Rom in Kosovo, è necessario che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU prevedano una Risoluzione speciale.
Il senso e i contenuti di base di questa Risoluzione è la realizzazione dei diritti speciali della comunità rom, cioè la possibilità di continuare ad esistere in Kosovo, e la concretizzazione dl ritorno dei profughi dalla Serbia centrale e dall'Occidente. L'esperienza di circa sei anni di presenza delle Nazione Unite, militare e civile, dimostrano che la sopravvivenza e il rimpatrio sono possibili soltanto applicando un meccanismo simile a quello del governo provvisorio come dall'articolo 10 della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, previsto per l'intera provincia nel quadro della Federazione Yugoslava, che può riassumersi in "sostanziale autonomia".
La nuova Risoluzione non sostituirebbe la 1244, ma la integrerebbe in funzione dello status del Kosovo e Methoia e conseguente presenza della comunità nazionale Rom, il riconoscimento dei suoi problemi e la difesa dei suoi diritti basici.
Questa nuova Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, dovrebbe contenere la formulazione e l'adozione dello Statuto di Autonomia della comunità del Kosovo. Lo statuto determinerebbe l'area interessatae le strutture di un governo temporaneo. L'unica differenza sarebbe nel prevedere la presenza nel governo provvisorio, l'UNMIK, le comunità albanesi, dei Rom (attualmente la loro presenza è solo formale), e i rappresentanti della Serbia e del Montenegro, in funzione del recente referendum. [...] (la formulazione integrale della proposta in questo articolo ndr.)

Casper Molenaar: Ha amici in Kosovo e di quale comunità etnica?

Bajram Haliti: Naturalmente, ho amici tra tutte le comunità del Kosovo: Albanesi, Serbi, Musulmani, Turchi, Gorani, Egizi ed Askhali.
Albanesi, Serbi e Rom per lungo tempo hanno convissuto in pace e collaborazione. Gli ultimi 10- 15 anni hanno visto l'aumento della tensione etnica. Dobbiamo trovare il modo di far diminuire le tensioni. L'unico modo è che Albanesi, Serbi e Rom inizino ad interagire e dialogare apertamente. [...] Non esiste una ragione per cui le varie comunità non riprendano ad agire come avevano fatto sinora. Ma gli Albanesi devono chiaramente sconfessare la violenza e mostrare comprensione verso quanti devono tornare alle loro case.

Casper Molenaar: Come si immagina il Kosovo futuro?

Bajram Haliti: Voglio un Kosovo stabile, multietnico, grazie alla collaborazione e la coesistenza delle varie comunità, che il Kosovo e Methoia diventino una regione indipendente d'Europa, e dove l'Unione Europea mostri la capacità di assicurare la sua presenza economica e politica, perché siano assicurate la pace, la libertà di movimento e la sicurezza di ogni individuo e comunità.
Consiglierei che il Kosovo sia fondato come entità politica di varie entità, con parlamenti regionali e corpi esecutivi.
Con Pristina -città aperta, comunità che accetterà tutti i cittadini IDP (dispersi interni ndr) ed in esilio. Una parte di Europa organizzata su base federativa, dove le città prevedano entità comunali volte allo sviluppo locale e alla convivenza pacifica tra le etnie.
Con un Parlamento bicamerale.
Io chiedo:

  1. ALLA COMUNITA' INTERNAZIONALE:
  • di fermare il terrorismo,
  • di creare un ambiente pacifico e
  • di aiutare il Kosovo a ricostruire la coesistenza che guidi la formazione di una comunità civile e multietnica.
  1. ALLA SERBIA:

Che siamo consci del peso di ogni compromesso, degli accordi che riguardano la Serbia, perché possa integrarsi nella Comunità Europea nella maniera più consona, riconoscendo il suo ruolo nel futuro del Kosovo.

  1. A SERBI, ALBANESI E ROM:

Perché lavorino affinché il Kosovo sia stabile, una comunità aperta e una società libera e democratica. Questo non sarà possibile senza il rientro degli IDP e di quanti sono in esilio. Lo scopo comune è una politica che porti il Kosovo democratico nell'Unità Europea.
A tale riguardo, due elementi importanti:

  1. La situazione della sicurezza in Kosovo deve migliorare, anche se ora è migliore di quella di qualche anno fa. Occorre che il governo sia rafforzato e nel contempo che siano puniti i colpevoli di crimini.
  2. Va migliorata la situazione economica. La percentuale di disoccupazione varia tra il 5 e il 60%. In altre paure, senza migliori condizioni di impiego, manca la possibilità di un ritorno dei Rom alle loro case.

Soprattutto, le forze internazionali rimarranno ancora per molto nella provincia. Va presa ad esempio la situazione in Bosnia Herzegovina, dove le forze di pace sono presenti dal 1995. Se la NATO dovesse ritirare le proprie forze, l'Unione Europea deve sostituirvisi. La NATO è in Kosovo dal 1999 e tuttora conta 20.000 soldati.
Ma , secondo la mia opinione, il punto chiave è il miglioramento della situazione economica, che faccia da volano al lavoro e agli affari, tenendo sempre conto dell'aspetto di collaborazione, che è l'altro punto chiave per far scendere le tensioni. Come ho detto prima, occorre un rafforzamento dell'esecutivo e che siano assicurati alla giustizia i colpevoli dei crimini del passato.

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Di Fabrizio (del 13/07/2006 @ 09:49:08, in Kumpanija, visitato 2073 volte)

Se mai interessasse a qualcuno, sarò presso il Centro Documentazione dell'Opera Nomadi di Milano (via De Pretis 13 - zona Barona), tutte le mattine di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì, dalle 9.00 alle 12.00.

Per chi volesse passare di lì (per motivi di studio - ricerca o anche solo per conoscersi) , consiglio di avvisare in anticipo, per evitare giri a vuoto.

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Di Fabrizio (del 12/07/2006 @ 10:35:54, in musica e parole, visitato 1669 volte)
Direttamente dalla Guca Fest, la mitica Boban Markovic Orkestar con gli ottoni in gran spolvero.
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Di Fabrizio (del 11/07/2006 @ 10:57:49, in Europa, visitato 1780 volte)
Non è la prima volta che CaféBabel dedica interessanti articoli alla condizione dei Rom n Europa. Questa è la volta di un'intervista alla parlamentare europea Lívia Járóka.

Lívia Járóka, europarlamentare ungherese impegnata nella lotta per i diritti dei rom, non per questo ha dimenticato la propria casa.
 Ci siamo incontrati il giorno della visita a Budapest di Vladimir Putin. Mentre l’attenzione dei media era tutta sul leader russo, in un angolo tranquillo di Budapest avevano luogo dibattiti altrettanto importanti. Lívia Járóka, membro del Parlamento europeo, ha accettato di incontrarmi durante una pausa da questi dibattiti. Mentre i politici la aspettavano nell’altra stanza Járóka chiacchierava con passione in merito alla sua missione: porre fine al razzismo contro i rom e sostenerli nella ricerca di un loro posto in Europa.

La lunga storia della sofferenza
I rom sono uno delle minoranze etniche che più ha sofferto in Europa. Si crede siano migrati dall'India in Europa intorno all'anno Mille. Nel 1471, in Svizzera, fu approvata la prima legge contro gli zingari. E i cinque secoli a venire videro intensificarsi le ostilità nei loro confronti. Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti sterminarono dai 200.000 agli 800.000 rom in un tentativo di genocidio, conosciuto come Porajmos. Questo vergognoso capitolo della storia europea continua nel 1999, con la pulizia etnica della comunità rom in Kosovo. Ancora oggi l’Errc – il Centro Europeo per i diritti dei rom – riscontra in tutta Europa un razzismo diffuso nei confronti di questo popolo. Gli attivisti rom, tra cui Lívia Járóka, stanno cercando di trovare una soluzione europea ad un problema che va oltre i confini del continente.
Sin dall’inizio della sua carriera Lívia Járóka ha richiamato l’attenzione degli ungheresi e degli europei sulla situazione della minoranza rom. La pacata e allo stesso tempo determinata attivista mi racconta riguardo agli esordi della sua carriera: «In quanto antropologa interessata per anni alla vita dei rom, il mio nome non era sconosciuto ai politici che si occupavano di diritti umani. Chiedevano costantemente la mia opinione e, se necessarie, non esitavo a muovere delle critiche».
Durante il suo corso di studi all’estero, Lívia Járóka ha iniziato a collaborare con le organizzazioni civili dei rom al di fuori dell’Ungheria. Nel 2004 è stata eletta membro del Parlamento Europeo all’interno del maggior partito ungherese di opposizione, il Fidesz, diventando così il primo deputato parlamentare rom. Trovò velocemente la sua strada diventando membro del Ppe, il Partito Popolare europeo, e vicepresidente dell’intergruppo europeo sul razzismo e la diversità.

Un duro lavoro
Lívia Járóka non sembrava sorpresa quando le ho chiesto se, come giovane donna dell’est Europa, non fosse difficile riuscire a non essere considerata soltanto “esotica”, in un mondo di uomini di mezza età. «L’essere presa sul serio mi richiede un lavoro straordinario» risponde e continua dicendo: «I miei colleghi ed io conduciamo in modo serio e professionale il nostro lavoro nel portare l’attenzione dei politici europei sulla situazione delle popolazioni rom. Diversamente dal caso di altre minoranze, non è stata creata una rete di organizzazioni civili, è mio compito favorirne la nascita e ripulire la mentalità europea dalle errate concezioni sui rom». E aggiunge che «i politici europei dovrebbero venire a conoscenza della situazione di questa gente».
Mi chiedevo se fosse facile conservare i propri ideali occupandosi di politica europea. «Dopo aver lottato da attivista ho dovuto imparare a scendere a compromessi» risponde. «Non devi perder di vista i tuoi obiettivi, anche nella complessa rete di interessi europei, si possono raggiungere accordi utili. Ora i politici europei iniziano a rendersi conto che la situazione dei rom non può essere sottovalutata».

Speranze per il futuro
Dopo anni di lotte, nel 2005 si è approva la Risoluzione Europea sui diritti dei rom, ma più che di una risoluzione sostanziale si trattava di una valutazione dettagliata della situazione. Si evidenziava il fatto che «i 12-15 milioni di rom presenti in Europa, di cui dai 7 ai 9 milioni vivono nell’Ue, subiscono discriminazioni razziali e sono soggetti in molti casi a una severa discriminazione strutturale, che implica povertà ed esclusione sociale; questi sono vittime di un’ulteriore discriminazione in base al sesso, all’età, all’invalidità e all’orientazione sessuale». I recenti problemi con l’immigrazione in Europa, quali le rivolte del 2005 nelle banlieue francesi, hanno reso più difficile la lotta per i diritti dei rom, in quanto minoranza non privilegiata ed esclusa dalla società francese. Lívia Járóka ha l’impressione di essere sola, talvolta, nella propria lotta contro la burocrazia dell’Ue. Fortunatamente i deputati del Parlamento Europeo di tutti i partiti offrono il loro sostegno al caso. «Possiamo andare avanti solo se uniamo le forze» aggiunge.
Lívia Járóka è determinata a vincere nella sua lotta, a costo di ricorrere a metodi poco ortodossi. Impegnata nella campagna del Ppe finalizzata alla modernizzazione della propria immagine, la deputata afferma «stanno per realizzare un’autorizzata “Alleanza di valori” e io sarò il volto della campagna. Ero solita tenermi al di fuori del marketing politico e del branding, ma mi sono resa conto che l’immagine riveste un ruolo importante nell’attuale mondo dei media. Occupandomi di politica, devo cogliere questa opportunità come parte della mia lotta alla discriminazione».

Restare in contatto
Lívia Járóka trascorre la maggior parte del suo tempo a Bruxelles e in giro per l’Europa. In un ambiente come questo, chiedo, come mantieni i contatti con le persone che tornano a casa? «Non c’è molta più differenza in Europa rispetto a quella tra l’area diplomatica di Bruxelles e i quartieri poveri dell’Europa dell’est. Ci sentiamo quotidianamente per telefono o attraverso internet e torniamo a casa quasi ogni settimana».

Nonostante tutto il suo lavoro, Lívia Járóka sta attenta a non perdere di vista le sue priorità. «Naturalmente la cosa più importante per me è la famiglia. Stiamo assieme il maggior tempo possibile. È necessario che loro si spostino sempre con me - la mia famiglia mi da tutto il supporto di cui ho bisogno per il mio lavoro. Questo è la mia famiglia». Non lascerà facilmente che l’Europa si dimentichi della condizione dei rom.
Gellért Rajcsányi - Budapest - 8.7.2006 | Traduzione: Linda Baldessari
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Di Fabrizio (del 11/07/2006 @ 10:18:55, in Kumpanija, visitato 1645 volte)
Christine Colomo suggerisce il sito Cultures Tsiganes:
E' ricco di notizie, immagini e colori, una bella miniera per avvicinarsi a Gitani, Rom, Manouches di Francia.

da vedersi con la dovuta calma...
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Di Fabrizio (del 10/07/2006 @ 11:55:16, in Regole, visitato 1855 volte)
Ricevo da Nando Sigona, con richiesta di diffusione:

Salve, sto facendo una ricerca sulla presenza di rom e sinti nell'ultima campagna elettorale per le amministrative e mi sarebbe molto utile avere foto di manifesti elettorali che parlano di "rom", "nomadi", "zingari".

Se ne avete o volete saperne di piu' sulla ricerca, potete contattarmi a questo email: postmaster@osservazione.org

grazie e saluti
Nando

PS mi interessa in particolare materiale su Roma e Milano.
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Di Fabrizio (del 10/07/2006 @ 10:46:17, in Europa, visitato 1911 volte)

Durante il convegno, indetto dall'UDC, si è discusso anche della condizione delle Romni in Europa. Chi volesse leggere tutto l'articolo QUI

Discriminazione delle donne rom

Le donne rom sono discriminate in Europa e, pertanto, i deputati chiedono agli Stati membri di adottare misure volte a superare la loro “segregazione razziale” negli ospedali e nelle scuole, a migliorarne le condizioni abitative e a favorirne l’occupazione e l’inclusione sociale. Sono poi sollecitati interventi, anche finanziari, a favore dell’imprenditoria delle donne rom. La loro situazione deve costituire un criterio chiave in vista delle future adesioni all’UE.
Adottata dall’aula con 412 voti favorevoli, 21 contrari e 48 astensioni, la relazione esorta i poteri pubblici dell’Unione ad effettuare rapide indagini in merito alle accuse di gravi abusi dei diritti dell’uomo nei confronti delle donne Rom, a punire rapidamente i colpevoli e a fornire un adeguato indennizzo alle vittime. In tale contesto , invita gli Stati membri a inserire tra le loro «priorità principali» le misure intese a fornire una migliore protezione per la salute riproduttiva e sessuale delle donne, a prevenire e vietare la sterilizzazione forzata e a promuovere la pianificazione familiare, le soluzioni alternative ai matrimoni in giovane età e l’educazione sessuale. Ma anche a prendere misure proattive per debellare «la segregazione razziale nei reparti maternità», a garantire l’elaborazione di programmi destinati a fornire servizi alle vittime Rom di atti di violenza domestica, e ad essere particolarmente vigilanti per quanto riguarda il traffico di donne Rom.
Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero elaborare una serie di misure volte a garantire che le donne e le ragazze abbiano accesso, a condizioni di parità , ad una istruzione di qualità, «anche approvando leggi positive che esigano la fine della segregazione nelle scuole e definiscono i dettagli di progetti destinati a porre fine all’istruzione distinta e di seconda classe destinata ai bambini Rom».
Dovrebbero anche migliorare le condizioni abitative dei Rom prevedendo il riconoscimento, da parte della legislazione nazionale, del diritto ad un alloggio decente, adottando progetti generali per finanziare il miglioramento delle condizioni di vita e di alloggio nei quartieri con una considerevole popolazione Rom e «ordinando ai poteri locali di garantire rapidamente l’approvvigionamento in acqua potabile ed elettricità, lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti pubblici e le strade». Gli Stati membri sono anche invitati a mettere a disposizione campi per i Rom nomadi «affinché essi possano disporre di un livello di confort ed igiene soddisfacente».
Per il Parlamento gli Stati membri dovrebbero anche garantire l’acceso di tutte le donne Rom alle cure sanitarie di base, di urgenza e preventive, nonché la parità di trattamento e le pari opportunità nelle politiche in materia di occupazione e inclusione sociale. A quest’ultimo proposito, si tratterebbe di affrontare il problema dei tassi di disoccupazione molto elevati tra le donne Rom e, in particolare, di lottare contro i grandi ostacoli determinati dalla discriminazione diretta in fase di assunzione. La relazione chiede inoltre l’adozione del principio di “obbligo positivo”, in virtù del quale gli enti statali sono tenuti per legge a garantire una rappresentanza di donne Rom proporzionata alla loro presenza in seno alla popolazione locale.
I governi sono esortati ad esaminare gli ostacoli all’attività indipendente delle donne Rom, a definire programmi destinati a permettere una registrazione agevole, rapida e poco onerosa delle donne Rom imprenditrici e che esercitano un’attività indipendente, a favorire l’accesso al credito, compreso il microcredito, per il finanziamento di imprese da parte di donne Rom. Il Parlamento, poi, raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di promuovere modelli d’imprenditorialità sociale, appositamente rivolti alle donne Rom. All’Esecutivo, inoltre, è chiesto di appoggiare, «mediante i suoi numerosi meccanismi finanziari», le attività destinate in particolare alle donne Rom e di riesaminare le norme per l’attribuzione di tutti i tipi di finanziamento «al fine di garantire disposizioni particolari volte ad includere le donne Rom».
I deputati, d’altra parte, invitano le istituzioni della UE a considerare la situazione delle donne Rom nei paesi candidati «un criterio chiave per valutare il livello di preparazione di detti paesi all’ingresso nell’Unione europea», compresa la situazione delle donne Rom nei paesi candidati non tradizionalmente o immediatamente associati alle questioni dei Rom. Nel chiedere poi alle istituzioni comunitarie di incitare i governi a raccogliere e a pubblicare dati sulla situazione degli uomini e delle donne Rom, il Parlamento invita l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia ad avviare una serie di studi sul ruolo dei media nel promuovere l’antinomadismo e, in particolare, sulla popolazione di stereotipi negativi sulle donne Rom.

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Di Daniele (del 10/07/2006 @ 10:19:22, in conflitti, visitato 2288 volte)

Rifugiati serbi intrappolati nel limbo

di Matthew McAllester - NEWSDAY

Podgorica – Montenegro

Circa 5000 rom kosovari rifugiati in due campi (Konik 1 e 2) nella periferia della capitale del nuovo stato del Montenegro, denunciano le violenze subite in Kosovo dopo l'aggressione della NATO del 1999, e le attuali terrificanti condizioni di vita e di impossibilità di rientro nelle proprie case in Kosovo.

Bedri Shala, rifugiato del campo Konik 2, riassume così la situazione: "Kosovari albanesi, dopo la guerra del 1999, mi hanno rapito, torturato e stuprato ripetutamente, hanno ucciso mio fratello e provato ad uccidere me. Riuscito a scappare mentre ammazzavano mio fratello, mi sono ritrovato in un torrente d'acqua cosparso di cadaveri, alla sembianza, uccisi di recente. A quel punto siamo scappati in Montenegro. Non abbiamo la possibilità, dopo 7 anni, di tornare in Kosovo perché le nostre case sono state bruciate o occupate. Tutto questo perché gli albanesi kosovari dicono che i rom hanno collaborato con i serbi nelle violenze prima del 1999."

Politici e personale umanitario parlano di enormi difficoltà di vita, di igiene, di integrazione e di lavoro dei rom rifugiati. Molti problemi sono dovuti anche alla diversa cultura sociale dei rom, soprattutto in ambito di educazione famigliare e scolastica.

Bedri Shala, come molti rom del campo rifugiati, sogna di andarsene via. "Voglio andare in un altro paese", dice. "Ovunque. Ma non in Kosovo e non qui."

--
ЈУГОСЛАВИЈА:
www.flickr.com/photos/gustomaina

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Di Sucar Drom (del 09/07/2006 @ 12:17:53, in Regole, visitato 1585 volte)
Piovene Rocchette (VI), diffidati i Carabinieri e i Vigili Urbani: Nei giorni scorsi Carlo Berini, Presidente dell'Opera Nomadi di Mantova, ha firmato le diffide per i Carabinieri di Piovene Rocchette e i Vigili Urbani di Schio perchè Maurizio Colman, Sindaco di Piovene Rocchette, ha dichiarato di non voler annullare l'Ordinanza n.128: "non sussistono i presupposti per la revoca confermando la piena legittimità dell’ordinanza medesima nonché la non fondatezz...


Venezia, seminario europeo per il contrasto delle discriminazioni
: The European Social Network e la Regione Veneto organizzano un seminario europeo per socializzare pratiche atte a contrastare le discriminazioni. L'evento europeo si terrà a Venezia, il 20 e 21 luglio 2006 all'Isola di San Servolo.
Il seminario è principalmente rivolto alle amministrazioni pubbliche venete e prevede una parte pubblica il 20 luglio e una parte riservata il giorno dopo...
Articolo Permalink Commenti Oppure (0)  Storico >>  Stampa Stampa
 
Di Fabrizio (del 09/07/2006 @ 09:00:08, in casa, visitato 1479 volte)

Il Consiglio cittadino di York adopererà i primi £.30.000 dei fondi assegnati dal governo, per rinnovare tre campi sosta: [...] James Street, Water Lane in Clifton e Osbaldwick.

I lavori dureranno due anni e comprenderanno l'adeguamento dei collegamenti elettrici in James Str., il rinnovo delle aree di sosta e la sostituzione delle porte e l'installazionie di recinzioni e la messa a drenaggio del terreno negli altri tre terreni.

Steve Waddington, a capo dei servizi alloggiativi del consiglio, precisa: "E' importante costruire e parlarne pubblicamente, perchè la comunità di nomadi e viaggianti è uno dei gruppi etnici più socialmente escluso, deprivato e isolato in UK."

[...]

L'anno scorso, il governo annunciò che c'erano fondi disponibili per il rinnovo e la costruzione di nuovi spazi.

Il consiglio ha presentato un'offerta di £. 402.220, di cui concorrerà per il 25%.

Questa settimana è giunta conferma che i fondi governativi saranno così assegnati: £. 156.765 per il 2006/07 e £144.905 per il 2007/08: £. 301.670 in totale.

LO scopo è di assicurare che le aree di sosta incontrino le necessità della comunità viaggiante, come pure stabilire che tipo di piano di rinnovo sia necessario per migliorare la qualità di vita.

Il programma è stato discusso sin dall'estate scorsa e la discussione pubblica ha ottenuto un incredibile 92,3% di pareri favorevoli.

Il consiglio si è impegnato a continuare la politica del confronto anche in seguito.

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