COLLOQUIO CON
BAJRAM HALITI, MEMBRO DEL PARLAMENTO MONDIALE DEI ROM E PRESIDENTE
DELL'UFFICIO CENTRALE DEI ROM IN KOSOVO
intervista di Casper
Molenaar
Con l'auspicio di parlare apertamente del carico di
miserie che i Rom stanno trasportando nel III millennio, intervistiamo
Bajram Haliti, di professione avvocato, noto commentatore e giornalista,
e delegato dell'associazionismo rom.
Casper Molenaar: Mr.
Haliti, può presentarsi con tre parole?
Bajram Haliti:
Sono nato il 21 maggio 1955 a Gnjilane, Kosovo. Sono Rom.
Sono giornalista dal 1985, ho fatto tutta la trafila da praticante sino
ad editore di un programma romanì. Ho avuto riconoscimenti come
giornalista e scrittore.
Ho pubblicato studi, articoli, critiche e documentari. Come giornalista,
letterato ed avvocato attraverso i miei lavori ho descritto al mondo
come l'odio e l'ineguaglianza siano sormontabili, attingendo dagli
esempi del passato, anche senza andare troppo in là col tempo.
Il mio libro "Contemplations on Roma issue" ha ottenuto il primo premio alla
XII edizione della manifestazione internazionale "Amico Rom", che si
tiene ogni anno a Lanciano.
Sono editore responsabile delle riviste d'informazione (in lingua serba e
romanì) "Ahimsa" - "Nenasilje" (nonviolenza), presidente
dell'agenzia informativa dei Rom di Sebia e Montenegro, e membro
dell'associazione dei letterati della Repubblica Serba.
L'8 aprile del 2002, in concomitanza con la Giornata Internazionale del
Popolo Rom, ho ottenuto il premio "Slobodan Berberski" per la
letteratura e il giornalismo: la prima volta che questo premio andasse
alla Repubblica Federale di Yugoslavia. Ho anche ottenuto il premio "Peace and Tolerance",
per il contributo alla pace, alla tolleranza e alla comprensione tra i
popoli e le nazioni, premio ottenuto per quanto era stato svolto
allo sviluppo culturale ed educativo nella repubblica Serba, il
riconoscimento "per l'aiuto e la cooperazione nello sviluppo e nel
lavoro associativo", "Per il lavoro in forma scritta per l'affermazione
della cultura" dal Consiglio Nazionale della Minoranza Rom. [...]
Casper Molenaar: Può descrivere il suo impegno per
il Kosovo?
Bajram Haliti: Ho fatto quanto possibile per una soluzione
pacifica, attraverso il dialogo e i mezzi democratici, per cancellare le
diseguaglianze, i pericoli e la povertà, conservando i vantaggi
multietnici e multiculturali della regione.
Penso che la cosa più difficile sia superare l'odio in Kosovo.Sono state
fondate diverse OnG, nelle scuole si deve parlare delle conseguenze che
ha la guerra e dei valori della pace. In occidente molti programmi sono
dedicati a ciò, ma questo manca completamente nei programmi scolastici e
nei libri di testo in Kosovo.
Sono tanti gli analisti politici che sottolineano la necessità di
cambiare per il futuro e come questa sia la sfida più grande.
Naturalmente, sono richieste che nascono dalla logica umana. Ma nella
pratica, non è così facile. Se mancano orientamenti sul futuro - nessun
popolo potrà avere diritto al proprio futuro - questo è chiaro, come
pure che non si può vivere nel passato.Il passato è qualcosa che è
successo ed è terminato, e il politico che vi fa riferimento rischia di
scatenare nuove distruzioni.
Ciò comporta alcune condizioni da rispettare: per virare verso il
futuro c'è bisogno della salvaguardia della propria vita e che vi
siano condizioni minime per pianificare il proprio futuro - il futuro
non lo si può improvvisare, dev'essere progettato, e progettato assieme
se si vive in comunità varie e diverse.
Io spero che nel Kosovo, l'UNMIK, la comunità internazionale, i partiti
di governo degli Albanesi come pure quelli Serbi, riescano infine a
trovare soluzioni comuni secondo quanto descritto dalla Risoluzione
1244. Dovrebbe portare pace e sicurezza a chiunque viva in Kosovo,
tenendo conto dei circa 200.000 che si sono rifugiati all'estero e
dovranno fare ritorno.
Ciò a cui ho lavorato negli ultimi due anni è stato nell'interesse di tutti
i cittadini, soprattutto nel sviluppare le relazioni interetniche in
Kosovo e sviluppare relazioni democratiche per un domani (e un oggi!)
migliore.
Casper Moleanaar: Secondo lei, quale la miglior
soluzione per lo status del Kosovo?
Bajram Haliti: E' politicamente necessaria la formazione di
cantoni per assicurare una vita pacifica a tutte le componenti del Kosovo.
E' un processo inevitabile dopo tutto quel che è successo. [...] Ritengo
debba esserci pure il cantone Rom, che sono un gruppo nazionale numeroso in
Kosovo.
La stessa necessità vale per la Bosnia. Altre soluzioni, sfortunatamente non
esistono, per lo meno al momento. Può essere che in futuro questo diventi
superfluo, c'è bisogno di persone capaci che si concentrino sul futuro
dell'ex Yugoslavia, potrebbe esserci una domanda di unità, economicamente
all'inizio, culturalmente e politicamente in seguito.
Per
formare una comunità autonoma dei Rom in Kosovo, è necessario che il
Consiglio di Sicurezza dell'ONU prevedano una Risoluzione speciale.
Il senso e i contenuti di base di questa Risoluzione è la realizzazione
dei diritti speciali della comunità rom, cioè la possibilità di continuare
ad esistere in Kosovo, e la concretizzazione dl ritorno dei profughi dalla
Serbia centrale e dall'Occidente. L'esperienza di circa sei anni di presenza
delle Nazione Unite, militare e civile, dimostrano che la sopravvivenza e il
rimpatrio sono possibili soltanto applicando un meccanismo simile a quello
del governo provvisorio come dall'articolo 10 della Risoluzione 1244 del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU, previsto per l'intera provincia nel quadro
della Federazione Yugoslava, che può riassumersi in "sostanziale autonomia".
La nuova Risoluzione non sostituirebbe la 1244, ma la integrerebbe in
funzione dello status del Kosovo e Methoia e conseguente presenza della
comunità nazionale Rom, il riconoscimento dei suoi problemi e la difesa dei
suoi diritti basici.
Questa nuova Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, dovrebbe contenere la
formulazione e l'adozione dello Statuto di Autonomia della comunità del
Kosovo. Lo statuto determinerebbe l'area interessatae le strutture di un
governo temporaneo. L'unica differenza sarebbe nel prevedere la presenza nel
governo provvisorio, l'UNMIK, le comunità albanesi, dei Rom (attualmente la
loro presenza è solo formale), e i rappresentanti della Serbia e del
Montenegro, in funzione del recente referendum. [...] (la formulazione
integrale della proposta in
questo articolo ndr.)
Casper Molenaar: Ha amici in Kosovo e di quale
comunità etnica?
Bajram Haliti: Naturalmente, ho amici tra tutte le
comunità del Kosovo: Albanesi, Serbi, Musulmani, Turchi, Gorani, Egizi
ed Askhali.
Albanesi, Serbi e Rom per lungo tempo hanno convissuto in pace e
collaborazione. Gli ultimi 10- 15 anni hanno visto l'aumento della
tensione etnica. Dobbiamo trovare il modo di far diminuire le tensioni.
L'unico modo è che Albanesi, Serbi e Rom inizino ad interagire e
dialogare apertamente. [...] Non esiste una ragione per cui le varie
comunità non riprendano ad agire come avevano fatto sinora. Ma gli
Albanesi devono chiaramente sconfessare la violenza e mostrare
comprensione verso quanti devono tornare alle loro case.
Casper Molenaar: Come si immagina il Kosovo
futuro?
Bajram Haliti: Voglio un Kosovo stabile, multietnico, grazie
alla collaborazione e la coesistenza delle varie comunità, che il Kosovo e Methoia
diventino una regione indipendente d'Europa, e dove l'Unione Europea
mostri la capacità di assicurare la sua presenza economica e politica,
perché siano assicurate la pace, la libertà di movimento e la sicurezza
di ogni individuo e comunità.
Consiglierei che il Kosovo sia fondato come entità politica di varie
entità, con parlamenti regionali e corpi esecutivi.
Con Pristina -città aperta, comunità che accetterà tutti i
cittadini IDP (dispersi interni ndr) ed in esilio. Una parte di
Europa organizzata su base federativa, dove le città prevedano entità
comunali volte allo sviluppo locale e alla convivenza pacifica tra le
etnie.
Con un Parlamento bicamerale.
Io chiedo:
Che siamo consci del peso di ogni compromesso, degli accordi che
riguardano la Serbia, perché possa integrarsi nella Comunità Europea nella
maniera più consona, riconoscendo il suo ruolo nel futuro del Kosovo.
Perché lavorino affinché il Kosovo sia stabile, una comunità aperta e una
società libera e democratica. Questo non sarà possibile senza il rientro
degli IDP e di quanti sono in esilio. Lo scopo comune è una politica che
porti il Kosovo democratico nell'Unità Europea.
A tale riguardo, due elementi importanti:
Soprattutto, le forze internazionali rimarranno ancora per molto nella
provincia.
Va presa ad esempio la situazione in
Bosnia Herzegovina, dove le forze di pace sono presenti dal
1995. Se la NATO dovesse ritirare le proprie forze, l'Unione Europea deve
sostituirvisi. La NATO è in Kosovo dal 1999 e tuttora conta 20.000 soldati.
Ma , secondo la mia opinione, il punto chiave è il miglioramento della
situazione economica, che faccia da volano al lavoro e agli affari, tenendo
sempre conto dell'aspetto di collaborazione, che è l'altro punto chiave per
far scendere le tensioni. Come ho detto prima, occorre un rafforzamento
dell'esecutivo e che siano assicurati alla giustizia i colpevoli dei crimini
del passato.