Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 07/04/2006 @ 09:48:32, in blog, visitato 2002 volte)

Ieri sera mi ha contattato Lilicka di Tanalab, sta coordinando una trasmissione sui Rom. Potrete ascoltarla dalle h. 20.00 in streaming QUI

Purtroppo (parole sue) non c'è stato il tempo per organizzare un'intervista ai diretti interessati. Le ho chiesto di presentare il suo lavoro:

La trasmissione parlerà dei rom: popoli straordinari che attraversano il mondo senza leggi a regolare i loro rapporti interni: nè stati, nè presidenti, nè confini.
I rom per questo loro modo di vivere hanno sempre fatto paura e sono stati vittime delle peggiori discriminazioni e repressioni da parte dei /gagè/.
Attraverso un percorso storico cercheremo di parlare dei vari popoli e delle varie culture nomadi, delle discriminazioni forti che attraverso i secoli si sono avute nei loro confronti, fino ad arrivare all'attualità e ai campi di sinti presenti in Italia e delle notizie riguardanti l'attuale situazione dei nomadi nel mondo nell'epoca delle "GRANDI DEMOCRAZIE" e della farsa di leggi che ancora una volta discriminano le persone per la loro cultura e appartenenza etnica.


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Di Fabrizio (del 07/04/2006 @ 10:52:26, in Europa, visitato 2030 volte)

di: Vesna Peric Zimonjic su Roma_ex_Yugoslavia

BELGRADE, Apr 5 (IPS) - In migliaia che hanno abbandonato la Serbia dopo le guerre succedutesi negli anni '90 stanno per tornare, dove nessuno lo sa. Sono circa in 150.000 che hanno vissuto illegalmente nelle nazioni europee per anni.

La maggior parte di loro sono poveri ed illetterati, si sono occupati di lavori manuali all'estero quando è stato possibile, secondo i dati ufficiali. La maggior parte si è ritrovata in Germania, Svezia, Danimarca ed Italia.

Tra di loro, molti sono Rom, o di etnia albanese dalla provincia meridionale del Kosovo, o di etnia bosniaca sempre dal Kosovo o dal vicino Sangiaccato.

Le loro richieste di asilo sono state rigettate dalle autorità straniere, particolarmente dopo la caduta dell'ex presidente Slobodan Milosevic nel 2000. La scusa del rifiuto è diventata la fine delle ragioni [politiche] che erano alla base della loro fuga dalla madrepatria.

"Da quando vennero siglati i primi accordi sui rimpatri nel 2001, i cittadini di Serbia sono ritornati al ritmo di 8.500 all'anno" dice ai giornalisti Rasim Ljajic, ministero per i diritti umani.

Ljajic ha recentemente aperto un ufficio di accoglienza per rimpatriati all'aeroporto di Belgreado, dove in migliaia avevano già fatto ritorno negli anni scorsi. L'ufficio, che prevede la la presenza di due assistenti sociali e di un operatore della Croce Rossa, è stato reso possibile con lo stanziamento di 85.000 $ dalla Svezia.

"Ma la maggior parte di loro è gente che nessuno vuole" dice Danilo Rakic dell'OnG su diritti umani "484" di Belgrado: "Sono rimandati qua, ma non hanno un posto dove andare."

La maggior parte dei Rom di ritorno trova rifugio in catapecchie nel quartiere periferico di Novi Beograd [...] Sotto ai raccordi autostradali fioriscono dozzine di "villaggi di cartone" abitati da persone che si offrono per qualsiasi lavoro manuale.

Molti di loro parlano del rimpatrio come di una deportazione. In buona parte hanno avuto solo 48 ore di preavviso.

Un Bosniaco di Kosovska Mitrovica che si presenta come "H.P." lasciò il Kosovo nel 1996 e finì nei Paesi Bassi. La sua casa natale venne distrutta dai bombardamenti NATO tre anni dopo. Come non-Albanese, teme il ritorno in Kosovo, dove le minoranze non sono benvenute, nonostante la presenza di NATO e ONU.

"Dove posso andare? Non ci sono più case a Mitrovica. Non voglio andare a Pristina (la capitale), dove sarei circondato dall'etnia albanese, che non vogliono nessun altro attorno."

H.P. attualmente vive con la famiglia nella città meridionale di Novi Pazar nel Sangiaccato, ai confini col Kosovo. E' un'area a popolazione predominante di musulmani slavi o bosniaci. Come molti altri, non ha un lavoro.

Kadrija Mehmedovic, che guida l'OnG "Povratak" (Ritorno) sempre a Novi Pazar, dice che sorgono particolari problemi con i minori: un terzo di loro parla solo la lingua del paese da cui provengono, e spesso finiscono nelle scuole per bambini disadattati. Molti genitori decidono di non mandarli del tutto a scuola.

Circa in 40.000 sono stati deportati in Sangiaccato dal 2000" ha raccontato recentemente Mehmedovic ai media belgradesi. "Nel passato fuggivano dalla povertà, ma questa è tuttora presente."

Gli attivisti per i diritti umani puntano il dito contro le assurdità burocratiche nei paesi che hanno deportato gli immigrati. Ad esempio, nota Danilo Rakic: "Un componente di una famiglia si vede approvato il permesso di residenza, agli altri componenti viene rifiutato, così le famiglie preferiscono affrontare assieme la deportazione. Dietro, ci sono storie di matrimoni misti, che so Serbia e Macedonia. Succede che le coppie vengano separate e rimpatriate in diversi paesi."

Ma gli attivisti rimproverano anche la Serbia per fare poco o niente per chi viene rimpatriato.

"Si tratta di nostri concittadini e abbiamo l'obbligo di re-integrarli nella società." ci dice Sanja Mrvaljevic dell'ufficio EU in Serbia. "C'è necessità di sviluppare strategie, che sono totalmente mancanti."

Se non c'è una strategia, "ci resta solo la speranza" dice H.P.  (END/2006)


Visto che si è parlato di Serbia, da Zajedno/Insieme:

APPROVATO IL PROGETTO "AIUTO ALLA SCUOLA SPECIALE SVETI SAVA" A Maggio partirà il progetto "AIUTO ALLA SCUOLA SPECIALE SVETI SAVA", finanziato da "AIUTARE I BAMBINI", vedi qui

La Scuola speciale “Sveti Sava” ospita 98 bambini dai 7 ai 15 anni, quasi tutti rom, con patologie fisiche e psichiche; in particolare 10 sono audiolesi, 10 affetti da sclerosi multipla, 67 hanno ritardi mentali, 5 hanno la sindrome di Down, 6 sono autistici..
La scuola, su una collina, lontana dalle abitazioni, ha un ampio giardino, ben curato, ma vuoto. E’ una scuola statale, con programmi molto rigidi che non dan...

[continua]


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Di Fabrizio (del 07/04/2006 @ 11:48:32, in Italia, visitato 1923 volte)

Ciao Fabrizio,
ti mandiamo un comunicato molto importante e speriamo che lo prenderai in considerazione.

Saluti,
Giulia e Valeria

W.A.M.
WE ARE ALL MIGRANTS!

Siamo tutti migranti!
Viale Giustiniano Imperatore 272
(Metro B – San Paolo)
 

Comunicato Stampa n°1

Dalla presa di coscienza della violazione dei diritti fondamentali dell’uomo;
dalla consapevolezza che nella vita di ogni persona la condizione di migrante è sempre possibile; dalla voglia di reagire per la riaffermazione dello Stato di diritto, rimanendo nella legalità;
NASCE W.A.M., UN’ASSOCIAZIONE, UN MOVIMENTO PER LA TUTELA, LA PROMOZIONE E
LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI!

Sono Jsac, Kawa, Suliman, Daniel. Ognuno ha con sé la sua valigia: all’interno il proprio dramma da raccontare.

Tutto ha inizio una settimana fa, quando a Daniel Osis Chuta viene consegnata da parte della Cooperativa Sociale a.r.l. “Programma Integra” una lettera per il Prof. Mati dove gli viene chiesto di lasciare l’appartamento “CASA DI INTEGRA” viale Giustiniano Imperatore 272. A Daniel invece la lettera con il medesimo contenuto viene consegnata dal Prof. Saber socio e collaboratore della suddetta cooperativa.

Al portavoce del SLM (ITALIA) Suliman Ahmed non è stata necessaria neanche la lettera di preavviso. Prima della sua partenza in CIAD (13 SETT 2005), per le elezioni del presidente del Darfur e dei portavoce del Movimento di Liberazione del Sudan (SLM), il presidente della suddetta cooperativa gli aveva assicurato la permanenza nella “Casa d’integra” al suo rientro in Italia; ma al suo ritorno Suliman viene trasferito nel CENTRO DI ACCOGLIENZA di SCORTICA BOVE n° 151 ROMA.

Hanno ricevuto l’ultimo invito a lasciare l’appartamento di viale Giustiniano Imperatore, 272 in Roma che gli era stato “concesso” da istituzioni locali, nazionali ed europee attraverso progetti individuali di “integrazione”.

Li avevano riappropriati della speranza di una vita migliore di quella da cui erano fuggiti.

E, invece, ancora una volta, si ritrovano sull’orlo della precarietà esistenziale. Raggirati da false promesse, che presagivano una tranquillità tanto agognata, hanno ricevuto un invito ad abbandonare la casa, che finalmente li aveva tolti dalle fredde strade capitoline, dagli stenti che questa città impone a coloro che arrivano in clandestinità solo per
reclamare i diritti fondamentali, a cui ogni essere umano “dovrebbe” essere ammesso a godere.

Gli avevano promesso il sostegno lavorativo ed abitativo che tutti gli Stati democratici occidentali mirano a garantire sulle solenni carte.

Jsac, Kawa, Suliman, Daniel, e tanti altri non vogliono tornare a vivere nel Parco delle Farfalle – Colle Oppio – né nei freddi e fetidi centri di accoglienza del Comune di Roma. Alcuni di loro collaboravano per progetti d’integrazione del Comune di Roma, che prevedevano la garanzia di un alloggio: sono stati “licenziati” e invitati a lasciare l’appartamento concesso. Ad altri era stata promessa la collaborazione continuata nel tempo: sono stati illusi! Altri ancora, che attualmente collaborano come i primi e i secondi, hanno paura di fare la stessa fine. Fuggivano da guerre fisiche e si ritrovano a combattere con noi la guerra alla precarietà che risucchia sempre più persone.

Vorrebbero affrancarsi da un modello assistenziale che li sfrutta fino al limite, ma il loro scarso potere economico non gli consente indipendenza.

Hanno cercato modesti alloggi da affittare, ma quando l’interlocutore sente la loro voce straniera, diventa sordo.

Jsac Mati. Iracheno, oppositore del regime di Saddam Hussein, professore all’Università di Mosul, fondatore di “Justice now” Responsabile dei diritti umani per la Free Lance International Press . Torturato. Richiedente asilo. In Italia dal 2003.

Kawa Saber Said. Curdo iracheno, oppositore del regime di Saddam Hussein, professore all’Università di Soulemaniya. Minacciato dai fanatici musulmani. Torturato. Imprigionato. Rifugiato politico. In Italia dal 2002.

Suliman Ahmed Hamed. Sudanese. Membro fondatore e portavoce in Italia del “Movimento di Liberazione del Sudan” (S.L.M.). Presidente dell’Associazione “Figli di Darfur”. Torturato. Rifugiato politico. In Italia dal 2003.


Per questi motivi “il fuggitivo e il privilegiato” decidono di camminare insieme, stretti in un abbraccio lungo un progetto senza fine. Un percorso in continua evoluzione, nell’intreccio della conoscenza dei propri compagni di viaggio. L’insoddisfazione verso ciò che già è stato precostituito dall’alto spinge queste persone

all’AUTO-ORGANIZZAZIONE e all’AUTO -DETERMINAZIONE

per il perseguimento di uno scopo genuino.
DIRITTO AD UNO SPAZIO DIGNITOSO ED ADEGUATO IN CUI VIVERE, LAVORARE, ESPRIMERSI. Realtà migranti si mescolano, mantenendo la propria identità.
Rifugiati politici, italiani, studenti, torturati, oppositori a regimi politici, storici ed ideologici, uniti nella concretizzazione di un modello alternativo di Intercultura.

Perché un’alternativa è possibile.
ORA!

Roma 31 Marzo 2006

Info: Prof. Saber - 338.8103338, Prof. Mati 333.3898386, Najo Azdovic 340.9756277
Nicola Depalo – 388.3609410, Francesco Palazzo – 393.2167026

Ufficio stampa: Valeria Brigida – 348. 9582943
Giulia Zanfino- 347.7303058

www.flipnews.org - dirittiumani@flipnews.org

www.donnelibertadistampa.ilcannocchiale.it

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Di Fabrizio (del 08/04/2006 @ 11:48:32, in Europa, visitato 4383 volte)

Praga, 6. 4. 2006, 13:00 (ROMEA): Il Giorno Internazionale dei Rom è una delle poche feste Rom che negli anni '90 sono diventate avvenimenti internazionali. Nonostante gli sforzi per la sua propagazione, non è molto conosciuto neanche tra gli stessi Rom. Piuttosto raccoglie attenzione tra quanti lavorano nel settore civico, gente che poi cerca di portare questa celebrazione nelle proprie città.

La Giornata venne celebrata la prima volta nel 1990, durante il IV congresso di International Roma Union (IRU) che si svolgeva a Varsavia. La giornata vuole ricordare la mutua cooperazione che si deve stabilire tra i Rom, quando il loro movimento assume una dimensione socio-politica ed internazionale. Durante questa giornata, i partecipanti si ritrovano a celebrare le comuni origini sociali, linguistiche, culturali: tutto ciò che li unifica, in particolare la "romipen" (preservazione dell'identità)

Il Giorno Internazionale dei Rom si celebra in onore del primo incontro internazionale, che avvenne l'8 aprile 1971, vicino a Londra. Tra i promotori ricordiamo Grattan Puxon e Donald Kenrick dall'Inghilterra, i Rom yugoslavi rappresentati da Jarko Jovanovićem, i cosiddetti Manouches rappresentati da Matéo Maximoff. Era presente anche l'Unione dei Rom-Zingari dell'ex Cecoslovacchia.

Attività del movimento internazionale Rom
Parigi divenne il centro del movimento internazionale dei Rom sin dai primi anni '60. Lì ebbe sede il Comité International de Tzigane, che organizzò il primo congresso internazionale del 1971. In quell'occasione venne fondata la International Roma Union, quindi quest'anno ne ricorre il 35° anniversario.

Il congresso si svolse dal 7 al 12 aprile 1971 a Chelsfieldu, 15 Km. da Londra. Vi parteciparono delegati da 14 paesi e lì vennero adottati bandiera e simboli del movimento. La bandiera si ispirava a quella usata nel congresso di Bucarest del 1933 e poi adottata dal comitato internazionale francese. Originariamente era soltanto blu e verde. La ruota rossa (la cosiddetta chakra di Ashock) fu aggiunta come simbolo della madrepatria rom - l'India, durante il congresso. Venne approvato l'uso del termine Rom al posto di Zingaro. Fu preconizzata la collaborazione con ONU, e in particolare con l'UNESCO, per affrontare le questioni della cultura e della sua trasmissione.

Nel 1977 nacque ufficialmente l'International Romani Union. L'ONU riconobbe l'esistenza dei Rom come specifico gruppo etnico nella sua raccomandazione del settembre 1977, per prevenire le discriminazioni contro questa minoranza.

La prima azione della neonata organizzazione fu il secondo congresso, tenutosi a Ginevra nel 1978. Arrivarono circa 120 delegati da 26 paesi. Mancarono i delegati della Cecoslovacchia, che non ottennero il permesso delle autorità di recarsi all'estero. Un indubbio successo fu il riconoscimento ONU dell'IRU come OnG, a marzo 1979 nel palazzo dell'ONU di New York.

Nel 1981 il terzo congresso si tenne a Gottinga, in Germania. Lì il governo tedesco riconobbe le proprie colpe verso i Rom durante il nazismo. Poi il congresso di Varsavia nel 1990, che vide la nascita del Giorno Internazionale dei Rom. Il quinto congresso si tenne a Praga nel 2000, con oltre 250 delegati da 40 paesi, che concordarono un programma comune, uno statuto ed elessero un nuovo presidente: il dottor Emil Ščuka della Repubblica Ceca.

L'ultimo congresso avvenne nel 2004 a Lanciano, in Italia, dove venne elette nuovo presidente il polacco Stanislaw Stankiewicz.

Negli anni '80 emersero nuove organizzazioni, in particolare nell'Europa occidentale, il cui intento era la creazione di una lobby a favore degli immigrati Rom dall?Europa dell'Est e meridionale. Sulle stessi basi, venne fondato anche il Roma National Congress (RNC), con leader Rudkem Kawczynskim.

Sino al giorno d'oggi, che vede nel settembre 2005 la nascita dell'European Roma and Travelers Forum (EFRT), che è parte del corpo del Consiglio d'Europa.

ROMEA

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Di Fabrizio (del 09/04/2006 @ 10:47:39, in Italia, visitato 3371 volte)
da: Pensiero in migrazione

(le proposte di carie assoiciazioni milanesi, tra cui Naga, Arci, Sincobas e Todo ccccambia) per il prossimo sindaco di Milano)

SNODI FOCALI:
1. Spostamento delle competenze per tutte le pratiche inerenti il rilascio e il rinnovo
del permessi dalle questure agli enti locali;
2. Riconoscimento del diritto di voto a livello amministrativo
3. Utilizzo dello strumento della requisizione temporanea degli immobili sfitti e
abbandonati e destinazione di una quota dell’ICI per l’implementazione di politiche
abitative;
4. Costruzione di un sistema di accoglienza per rifugiati, richiedenti asilo e detentori
di permesso umanitario;
5. Definizione di un ruolo attivo del Comune negli interventi di contrasto dello
sfruttamento del lavoro nero attraverso lo strumento della polizia locale;
6. Rendere effettivo l’esercizio del diritto alla salute universale per migranti regolari e
irregolari
7. Avvio di percorsi di pedagogia e programmi interculturali con attenzione anche
alla conoscenza e studio delle religioni e culti “altri” all’interno del sistema scolastico
comunale;
8. Creazione di un Osservatorio permanente contro le discriminazione e il razzismo;
9. Costruzione di luoghi di rappresentanza degli immigrati non solo a carattere
Consultivo;
10. Dichiarazione di Milano “città No-CPT”.


PREMESSA
Il 59,5% degli immigrati presenti in Lombardia ha un ‘anzianità di soggiorno maggiore di 5 anni. Questo dato indica una tendenza, confermata anche dal numero elevato di ricongiungimenti familiari, da parte dei cittadini immigrati a confermare la scelta di vivere stabilmente nelle città lombarde.

Nel comune di Milano, infatti, vivono 188.000 cittadini immigrati, di cui il 14,9% è rappresentato da minori. Un aspetto fondamentale della scelta compiuta dai cittadini immigrati nell’ individuare il Comune di Milano come luogo in cui vivere e investire è rappresentato anche dalla presenza di minori nelle scuole milanesi:
· 35.241 sono gli alunni stranieri con un incidenza complessiva del 7,3% della popolazione scolastica
· Il 16,5% dei bambini/e nelle Scuole di Infanzia sono figli di immigrati

Altro dato interessante relativo sia alla stabilizzazione che alla “trasformazione in atto della società” può essere rappresentato dal sensibile aumento dei matrimoni o coppie miste ( nel 2004 7.944, con un aumento del 3,3% rispetto al 2001)[1]

Questa è la fotografia di una città che è cambiata e che cambia con l’arrivo di nuovi cittadini, gli immigrati e le immigrate. E da qui partiamo per articolare alcune proposte politiche per il Comune di Milano

L’Italia ha smesso solo da pochi decenni di essere un paese di emigrazione e si è rapidamente trasformata in paese di immigrazione, con una percentuale di popolazione immigrata ormai simile a quella di altri paesi europei. A differenza di Francia, Inghilterra o Germania, paesi di più lunga tradizione di immigrazione, da noi la seconda generazione sta crescendo soltanto ora. Questo ci offre l’opportunità di guardare alle esperienze altrui, delle altre grandi città europee, per valutarne gli aspetti positivi e, soprattutto, per non ripeterne i fallimenti.
In questi anni in Italia e a Milano però hanno prevalso politiche improntante quasi esclusivamente a misure repressive, rinunciando a politiche attive che potessero accompagnare il cambiamento in atto e favorire l’accoglienza e l’inclusione. Il risultato è che oggi corriamo non soltanto il rischio di ripercorrere le strade fallimentari di altri, ma di fare di peggio. Le preoccupanti tendenze xenofobe e razziste, le tesi islamofobiche e i richiami allo “scontro di civiltà”, ne sono un inquietante segnale d’allarme. Rischiamo una città di tanti ghetti urbani, sociali ed etnici, attraversata da muri visibili e invisibili. Rischiamo una città insicura, invivibile e precaria per tutti e tutte.

Ecco perché vogliamo una politica riguardante l’immigrazione che si basi su un approccio completamente innovativo. Lo vogliamo non solo perché questo è giusto, ma soprattutto perché questo è necessario e urgente.

Non possiamo, quindi, accettare, l’idea di vivere in una società di cittadini di serie a, b e c, basata sulla discriminazione tra immigrati e italiani, tra immigrati regolari e irregolari, sul tragico ma concreto “transito” da una condizione di regolarità a una di irregolarità e sull’improprio sillogismo irregolarità=clandestinità=delinquenza e partiamo dal fatto incontestabile che nella decade 1994-2004 solo il 5-6% dei migranti è entrato in Italia regolarmente (cioè con visto rilasciato dal Consolato - dati pubblici -), mentre tutti gli altri hanno "beneficiato" delle varie sanatorie transitando dalla condizione di clandestino a quella regolare.
Non possiamo, accettare, che nel territorio milanese continuino le discriminazioni verso Ia popolazioni rom e sinti, ricordando anche che circa metà dell’attuale popolazione presente sul territorio italiano gode già della cittadinanza italiana[2], ma non riesce ad agire i propri diritti, schiacciata dalla forzata precarietà abitativa e lavorativa, dalla difficoltà di accedere alla formazione e alla scolarizzazione.

Vogliamo che dal COMUNE DI MILANO parta una forte iniziativa politica e culturale che segni una controtendenza rispetto allo spirito che ha caratterizzato tutte le normative sull’immigrazione finora elaborate, a partire dalla chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea, passando per la fine della stagione del diritto speciale e del doppio binario giuridico per gli immigrati, l'approvazione di una normativa sul diritto di asilo, la riforma della Cittadinanza, il riconoscimento del diritto di voto, fino ad arrivare al capovolgimento dell'impostazione insensata secondo cui il permesso di soggiorno deve essere richiesto dall'estero

La Milano che vogliamo è una città che assuma fino in fondo e responsabilmente il suo processo di trasformazione, a partire da quello rappresentato dalla composizione demografica, per passare alla trasformazione culturale-sociale, per arrivare al ripensamento dello stesso concetto di cittadinanza e di che cosa sia società e che cosa faccia comunità.
A questo proposito sottolineiamo che i diritti di cittadinanza devono essere fondati sulla residenza in un paese, piuttosto che sul possesso di un passaporto; altrimenti la costruzione di una nuova società resterà un obiettivo lontano e controverso.

Non c'è parità possibile e non si costruisce una società partecipata e basta sul rispetto reciproco se l’esercizio dei diritti e dei doveri non sono prodotti di assunzione collettiva di responsabilità, ma solo di imposizioni.
Una nuova Milano, che metta al centro le persone senza discriminazione, la qualità della loro vita e i loro diritti; lo sviluppo e il cambiamento della comunità urbana dovrà in primo luogo affermare e potenziare il carattere pubblico e universale del welfare, privo di barriere tra i cittadini.



IN CONCRETO ALCUNE PROPOSTE
Riteniamo, prioritario per accompagnare la città nella sua trasformazione che il primo passo sia di intraprendere quegli atti dovuti a concretizzare l’effettivo spostamento delle competenze dalle questure agli enti locali per tutte le pratiche inerenti il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e di prevedere nella fase intermedia percorsi di aiuto e facilitazione per il disbrigo delle pratiche, volte ad accorciare le inumane e insensate lunghe attese dei rinnovi; come ad esempio il rinnovo automatico dei permessi, come sperimentato come già con successo in altre città.

Il comune di Milano individui i suoi interventi nell’ambito dell’immigrazione con una visione non emergenziale, ma di cittadinanza e in un ottica di sistema, promuovendo politiche tese a garantire, senza discriminazione e per tutti, che siano cittadini italiani o stranieri, l’accesso al diritto alla casa, al lavoro, all'assistenza sociale e sanitaria, alla scuola, alla formazione, alla libertà di culto, al contrasto del razzismo (primo ostacolo alla trasformazione di Milano), alla promozione dei diritti di rappresentanza, di aggregazione e di partecipazione, anche con il riconoscimento del diritto di voto ATTIVO E PASSIVO.
Concretamente riteniamo che il Comune di Milano possa farsi promotore del riconoscimento del diritto di voto per gli immigrati a livello amministrativo.
Concretamente crediamo che il Nuovo Comune di Milano possa promuovere politiche attive sull’immigrazione e accompagnare la città nella sua trasformazione attraverso la creazione di un Assessorato ai Diritti di Cittadinanza con effettive deleghe e competenze e che si assuma la funzione di :

· indirizzo delle politiche e degli interventi nel quadro della trasformazione generale della città e non solo nella gestione dell’emergenza o dei problemi;
· coordinamento inter-assesorile per programmare politiche e interventi integrati e di sistema, visto la frammentarietà delle deleghe all’interno della macchina comunale monitoraggio/valutazione del processo di trasformazione della società milanese;
· Attivazione di tavoli non consultivi, al di fuori della mera gestione dell’ordine pubblico, stabili e composti da associazioni, istituzioni e funzioni competenti e rappresentanze di immigrati/e, che svolgano la funzione di monitoraggio e di azione diretta in relazione ai rapporti immigrati questura-prefettura;
· coordinamento degli “assessorati ai diritti di cittadinanza” decentrati nei consigli di zona, che svolgano la funzione di accompagnare le comunità territoriali nel processo complicato e delicato della trasformazione attraverso percorsi di confronto, interazione e di mediazione fra i cittadini per costruire nuovi patti di cittadinanza.

Abbiamo organizzato le nostre proposte in capitoli specifici di diritto, da non intendersi, in coerenza con l’impostazione generale del documento, come “diritti speciali e specifici” per gli immigrati. Riteniamo, infatti, che alcune proposte sotto riportate abbiano una valenza generale per l’intera cittadinanza milanese mentre altre siano specifiche per gli immigrati/e in ragione della discriminazione culturale- sociale tutt’ora esistente e nei confronti della quale richiediamo un forte impegno da parte del Comune.


Politiche abitative e di accoglienza
· Si destini una quota dell’ICI - almeno il 4%, a favore e a sostegno di politiche di implementazione del patrimonio di edilizia pubblica a canone moderato e sociale;
· Istituzione di un fondo comunale per il canone sociale per agevolarne l’accesso;
· Si utilizzi lo strumento della requisizione temporanea degli immobili sfitti e abbandonati da tempo, per fare fronte alle emergenze abitative (come, per esempio, fatto dal presidente del x municipio di Roma nel settembre del 2005 e ritenuto legittimo dal Tar del Lazio nella recente ordinanza del 25 gennaio 2006);
· Si preveda lo strumento della mutazione di destinazione d’uso degli immobili pubblici inutilizzati da almeno 5 anni a scopi sociali-abitativi;
· Si promuovano una campagna e interventi di sensibilizzazione per ridurre la discriminazione degli immigrati nell’accesso al mercato degli affitti (da una ricerca del 2005 diretta da APPC- associazione piccoli proprietari di case- emerge che a Milano il 70% dei proprietari non affitta case agli stranieri);
· Si attui un intervento di coordinamento reale, di monitoraggio, razionalizzazione e rafforzamento del sistema di accoglienza esistente. Un sistema di accoglienza diversificato e coerente alle esigenze, specificità dei singoli o dei gruppi ( rom, rifugiati , senza dimora, ecc), coerente con un modello di accoglienza modulare, non incardinato su pensiero- pratica del parcheggio non rispettoso della dignità e dei diritti delle persone, ma della promozione dell’ all’autonomia delle persone;
· La costruzione di centri di accoglienza per rifugiati, richiedenti asilo politico e detentori di permesso umanitario;
· Si superi la logica politica- culturale e gestionale dei “campi nomadi” per avviare politiche orientate all’individuazione di soluzioni abitative alternative, rispettose della convivenza reciproca, della consistenza di nuclei familiari assai dissimili dalla famiglia nucleare italiana;
· Si costituisca un tavolo permanente fra i diversi attori istituzionali – terzo settore per monitorare e valutare l’efficacia delle politiche abitative e dell’accoglienza specifica.

Politiche del lavoro e di contrasto del lavoro nero:
· Si attuino politiche di stabilizzazione e rafforzamento di sistemi integrati e misti dei servizi di formazione, accompagnamento e inserimento lavoro e sociale con il coinvolgimento attivo di tutti gli attori, funzioni e competenze responsabili ( mondo dell’impresa, servizi pubblici e privati);
· Definizione di un ruolo attivo del Comune in concerto con altri soggetti negli interventi di denuncia e di contrasto dello sfruttamento del lavoro nero attraverso l’utilizzo della polizia locale (controllo degli appalti, utilizzo e applicazione dell’articolo 18 previsto dalla D.Lgs . 286/98 contro la riduzione ella schiavitù);
· Strutturazione di specifici percorsi di inserimento lavorativo per i rifugiati, richiedenti asilo politico e detentori di permesso umanitario attraverso accordi specifici con sindacati e associazioni di categoria.

Politiche socio –sanitarie
· Garantire l’effettiva accessibilità al welfare locale integrato con il sistema di inserimento lavorativo rimuovendo le barriere ostacolanti da individuare:
o comunicazione- informazione
o relazione fra cittadino straniero e servizi
· Rendere effettivo l’esercizio del diritto alla salute universale per migranti regolari e irregolari
(come stabilito dall’art. 35 D.Lgs 286/98) attraverso la codifica omogenea di accordi, protocolli e
procedure operative con tutte le Asl e Ospedali milanesi;
· Rendere effettivo il diritto dei genitori migranti ad accedere al sostegni alla genitorialità garantiti alle famiglie autocotone;
· Presa in carico da parte delle funzioni competenti dei soggetti vittima di tortura con attivazione di percorsi di riabilitazione medico/psicologica e sociale.

Politiche dell’educazione e dell’istruzione
· Implementare in modo capillare nel territorio le scuole di italiano per immigrati attraverso il potenziamento della rete delle scuole del pubblico, del privato sociale e dell’autorganizzazione sociale,
· Attivare sportelli di informazione e di accompagnamento per l’avvio delle procedure per il riconoscimento dei titoli di studio;
· Avviare percorsi di pedagogia e di programmi interculturali all’interno del sistema scolastico come adeguamento coerente alla trasformazione culturale e sociale di Milano;
· Implementare e sostenere attraverso finanziamenti progetti interculturali all’interno delle scuole;
· Reintroduzione, previo ripensamento concettuale su obiettivi e funzioni , dei mediatori culturali linguistici nelle scuole;
· Realizzare percorsi formativi interculturali per tutti i/le docenti;
· Istituire apprendimenti per la lingua e cultura d’origine in orario scolastico ed extra-scolastico Scuole aperte anche al sabato mattina a complemento delle attività di lingua e cultura d’origine;
· Individuazione di tutela ed esercizio del diritto di studio e di istruzione per i cittadini maggiorenni non in regola con la normativa relativa all’ingresso e al soggiorno.

Politiche per la liberta’ di culto e dell’espressione delle religioni
· Facilitare e favorire senza discriminazioni la possibilità di costruzione di spazi idonei all’esercizio della libertà di culto e di preghiera;
· facilitare e promuovere all’interno dei programmi scolastici e nelle cosiddetta “ora di religione” percorsi di conoscenza delle religioni e culti diverse presenti nella comunità milanese.

Politiche di cittadinanza
In questo specifico si riportano tutte le proposte che riteniamo utili sia sul piano culturale e politico per rendere chiaro e sostantivo il percorso di trasformazione di Milano.
1. DISCRIMINAZIONE E RAZZISMO
- Creazione di un Osservatorio permanente contro la discriminazione e il razzismo, i cui compiti sono:
· promozione e realizzazione di un sistema annuale di monitoraggio e di valutazione degli atti di discriminazione perpetuati a danno degli immigrati nei servizi pubblici e sul territorio;
· raccolta di segnalazioni da parte dei cittadini;
· organizzazione e promozione di campagne di sensibilizzazione sui diritti e sui temi del razzismo, sul territorio e nelle scuole;
· interventi formativi rivolti agli operatori della pubblica amministrazione e dei servizi;
· istituzione di un fondo a sostegno della tutela dalla discriminazione attraverso lo strumento previsto dall' Art. 45 del D.lgs 286/98
· inserimento nel processo di affidamento dei servizi a terzi del criterio vincolante della non discriminazione degli immigrati siano essi utenti che lavoratori del servizio stesso.
2. DIRITTO DI ASSOCIAZIONISMO E DI RAPPRESENTANZA
· Promozione dell’associazionismo straniero e assegnazione di spazi idonei;
· Avvio di processi di costruzione di luoghi di rappresentanza non solo a carattere consultivo in rete con il Municipio e le sue articolazioni territoriali;
· Creazione di una casa dei popoli come luogo di incontro, conoscenza e confronto;
· La creazione di una casa del rifugiato, inteso come luogo nel quale organizzare momenti di dibattito fra i soggetti coinvolti nella tematica del rifugio.

Milano citta’ no – cpt
· Dichiarazione di Milano “Città No-Cpt” e conseguente richiesta al Ministero degli Interni della chiusura immediata della struttura detentiva di Via Corelli;
· Promuovere iniziative atte alla pubblicità diffusa dei dati sull’ingresso il trattenimento, l’allontanamento degli immigrati da CPT e centro di identificazione sul territorio;
· Impedire la realizzazione di espulsioni collettive di migranti nel territorio milanese”;
· Impedire anche il solo transito sul territorio comunale di convogli che trasportino cittadini stranieri espulsi collettivamente altrove;
· Garantire la funzione pubblica di accesso, monitoraggio e controllo delle zone “no fly” degli aeroporti e all’interno dei CPT e deI centro di identificazione;
· Istituzione del Garante dei diritti degli detenuti/trattenuti immigrati:organismo molteplice formato dalle associazioni/gruppi che si occupano di carcere e dei luoghi di detenzione per immigrati, da più rappresentanti dei detenuti/trattenuti, da un funzionario comunale e da un funzionario dell'amministrazione penitenziaria/ del centro di trattenimento.


Politiche per il reinserimento sociale dei detenuti stranieri
· Attivare a cura del Comune uno sportello informativo e di monitoraggio interno alle strutture detentive cittadine che:
➔ presti supporto e consulenza per ogni pratica relativa al permesso di soggiorno ed alla normativa relativa;
➔ orienti in relazione alla normativa vigente tempo per tempo in materia di immigrazione;
➔ orienti in relazione alla fruizione di percorsi alternativi alla detenzione;
➔ verifichi anche attraverso contatti con il Centro per l'Impiego del Comune la possibilità di collocamento al lavoro dei liberandi.
· Attivazione di una struttura abitativa da adibire a residenza temporanea per detenuti stranieri al fine di rendere effettivo il diritto a percorsi alternativi alla detenzione.
· Predisposizione di un protocollo amministrativo per l'ingresso nelle strutture detentive del territorio di mediatori linguisitici e culturali nonché per l'attivazione di corsi graduati di italiano.


Rom e Sinti
L’idea di destinare una parte del documento appositamente al popolo Rom non vuole costituire l’ennesima ghettizzazione, nè etnicizzare la differenza di un gruppo rispetto agli immigrati in generale, ma vuole richiamare l’attenzione su un popolo che risulta tra i più esposti al rischio di discriminazione a livello nazionale ed europeo.

In prima battuta è necessario rilanciare campagne antirazziste e contro la discriminazione dei popoli Rom e Sinti, che i questi anni a Milano è stato oggetto di politiche pubbliche differenziali, che hanno promosso un processo di ghettizzazione ed esclusione rispetto ai concittadini milanesi. Più in generale questo processo di esclusione a livello nazionale si è concretizzato nel mancato riconoscimento di minoranza linguistica.
È necessario che la nuova amministrazione comunale contrasti efficacemente la discriminazione anche attraverso la valorizzazione e il riconoscimento delle popolazioni Rom e Sinti, promuovendo dentro l’amministrazione stessa e nella città un approccio culturale non discriminante e rispettoso.

Di seguito segnaliamo una serie di criticità sollevate dalla situazione del popolo Rom che sono di interesse generale anche per altri immigrati e per i cittadini italiani.

Questione abitativa
Il diritto ad abitare non coincide immediatamente o semplicemente con il possesso di una casa, le comunità Rom esprimono modalità di abitare diverse da quelle attualmente in uso nel nostro paese. La sfera pubblica ho promosso solo la forma del campo, che appare oggi intollerabile non solo per la segregazione cui sono sottoposte le popolazioni che vi abitano, le precarie condizioni igieniche e di sicurezza, ma anche per l’enorme spesa che grava sulle finanze comunali; è necessario ragionare in termini di riconversione della spesa. Quanto viene speso per mantenere la vergogna dei campi nomadi può essere utilizzato per promuovere e sostenere nuove modalità di insediamento familiare, (ad es. micro aree abitative), il recupero e la trasformazione ad uso residenziale di spazi inutilizzati, l’accesso alla casa, il sostegno all’affitto.
Le condizioni degradanti in cui sono costretti a vivere i popoli Rom e Sinti producono a loro volta solo degrado sociale e culturale, non solo rischi per l’igiene e l’incolumità delle persone.
Queste politiche vanno promosse con l’obiettivo principale di sostenere non solo l’autonomia individuale, ma anche la capacità di accesso ai servizi e alle risorse, attraverso pratiche di autogestione già in uso presso le comunità.
L’uscita dai campi deve avvenire compatibilmente con il rispetto della struttura della famiglia allargata, investendo sulle comunità in questo risorse e promuovendo, a questo proposito, le pratiche di autogestione, autocostruzione già in atto nelle comunità, favorendo e incentivando le formule di mutuo aiuto esistenti tra le famiglie.

Questione scolastica
A fronte di un aumento dei dati riferiti alla frequenza, non corrisponde ancora un esito positivo del processo formativo scolastico, non solo in termini dispersione scolastica, ma anche di esito formativo. Rendere affettivamente accessibili e fruibili i servizi fin dalla scuola materna, sostenere adeguatamente in termini di risorse materiali e umane i percorsi scolastici nella scuola dell’obbligo, incrementare le forme di sostegno e promozione alla formazione professionale e alla scolarizzazione superiore. La mediazione culturale e’ lo strumento privilegiato attraverso cui superare le criticità in ambito scolastico e nel lavoro sociale all’interno delle comunità. È quindi necessario investire su mediatori culturali rom, sulla loro formazione e la possibilità di svolgere un lavoro all’interno dei servizi del territorio, come forma più generale di investimento sulla comunità intesa come risorsa.
Importante anche svolgere campagne informative nelle scuole, creare momenti di socialità, investire fortemente sulla formazione del personale docente e non docente.


Servizi socio sanitari
Promuovere l’effettiva presa in carico da parte dei servizi delle esigenze e delle problematiche espresse dai cittadini rom, estendendo l’applicazione di pari opportunità generalmente riconosciute alla maggioranza dei cittadini.

Mediazione culturale
La partecipazione effettiva dei cittadini rom alle diverse forme di promozione sociale agite dall’ente pubblico può trovare nei mediatori culturali rom la forma più avanzata di comunicazione e di attivazione con le comunità rom per un processo decisionale non escludente e più partecipato. La mediazione culturale in ambito scolastico e sanitario merita un capitolo a parte per il valore che riveste dentro e fuori le comunità: essa favorisce delle forme positive di riconoscimento, da parte dei Rom e dei Sinti che non si vedono più come figure marginali, da parte degli italiani che vengono costretti a rivedere i propri pregiudizi.
Il fatto che le mediatrici abitino nei campi e a stretto contatto con le altre famiglie consente di sviluppare delle forme effettive di tutoraggio delle famiglie più bisognose di accompagnamento nelle struttura scolastiche e sanitarie italiane, soprattutto nei consultori familiari, nel sostegno alla genitorialità, nell’assistenza alle partorienti.
Ciò consente anche di promuovere dei modelli di vita alternativi all’interno della comunità Rom e Sinti, agendo sull’autonomia economica dei soggetti che lavorano nella mediazione (soprattutto donne).

Lavoro
Potenziamento delle forme cooperativistiche rom sorte in questi anni a Milano, per la gestione di interventi specifici rivolti all’accoglienza abitativa dei rom e la promozione di percorsi di formazione e inserimento lavorativi delle giovani generazioni, con l’affidamento di nuovi servizi di utilità sociale.
Riconoscimento e certificazione delle competenze sorte nelle comunità e loro utilizzo a fini professionali.
Aprire nuove opportunità di lavoro legate all’effettivo recupero e investimento delle capacità autoimprenditoriali e artigianali, sia attraverso l’accesso alle “piazze di mercato”.


[1] Fonti ISMU e CARITAS 2005
[2] I censimenti delle popolazioni Rom e Sinti in Italia sono aleatori (approssimativi e in continua evoluzione) e generali, ciò è dovuto al fatto che queste popolazioni non sono riconosciute dallo Stato come minoranza linguistica. Si parla di circa 150.000 presenze in Italia, di cui circa 70.000-80.000 (50%) cittadini italiani, di cui Sinti sono circa 35.000. I non italiani sono soprattutto Rumeni, Kanjarja, Xoraxanè, Rudari, Kaulija e ora anche della Bulgaria, la cui presenza pare superare, in questi ultimi anni, quella dei titolari di cittadinanza italiana. Fonte Maurizio Pagani, Opera Nomadi Milano.

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Di Fabrizio (del 10/04/2006 @ 01:53:51, in media, visitato 1914 volte)

Mamma mia! Neanche una settimana fa, dicevo che il Giornale stava togliendomi una delle mie poche certezze. Ma che per fortuna, almeno dedicava una misera pagina alla storia europea dei Rom e tre pagine alla volta per ogni loro malefatta.

Ieri altra escalation: ben 11 pagine di intervista a uno dei Rom + discussi in Italia. Curiosi??

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Di Fabrizio (del 10/04/2006 @ 09:20:06, in Italia, visitato 2333 volte)

Vigilia di scrutinio elettorale, dedicata a rimettere in ordine le (mie) idee. Chi sono gli "Zingari"?

  • per qualcuno sono un problema (in effetti...);

ma nell'immaginario collettivo

  • sono un gruppo di deviati o criminali;

oppure (come se fosse necessario individuare un'immagine speculare)

  • un insieme strano di ballerini, cavallerizzi e suonatori di talento.

Stabilito che non si nasce ladri o artisti, dagli ultimi due approcci non si tira un ragno fuori dal buco, se non il rafforzare un immaginario che non risolve i problemi esistenziali, ma li perpetua. Proviamo a stabilire un punto di partenza dai PROBLEMI: ad esempio, la prima volta che, mio malgrado, entrai in un campo, capii subito che era uno schifo e che le malattie (o gli incendi) non sono razziste: ci mettono niente a lasciare le baracche e giungere alle nostre case.

MANDARLI LONTANO DALLE NOSTRE CASE, non risolve il problema a nessuno. Nota Tommaso Vitale:

...Se si costruiscono delle case popolari, queste per legge devono possedere i requisiti di abitabilità. Si possono costruire degli obbrobrii che vengono criticati a lungo: è una questione di merito sulla qualità e l’opportunità dell’intervento pubblico ed attiene alla sfera del un giudizio politico sulla politica sociale. Nel caso dei campi per i Rom, però, il problema non è se un campo è bello o brutto, se è funzionale o meno, se è collocato nel luogo più opportuno o meno, se è una forma di intelligenza o di stupidità sociale. Il problema è se questi campi rispettano i criteri minimi di abitabilità: reti elettriche e fognarie....

A queste persone sono implicitamente attribuiti dei requisiti che sono propri degli animali, dei quali si prevede che di giorno agiscano grazie alla luce del sole e che di notte si orientino al buio, ed espletino le funzioni corporali all’aria aperta. Per questo gli animali non hanno bisogno della rete elettrica e fognaria. I requisiti di animalità sono attribuiti di fatto dal trattamento amministrativo che spesso subiscono i Rom. Certo, si può obiettare che quegli habitat siano stati costruiti così in emergenza, e che poi “i Rom si sarebbero arrangiati”: ma l’arrangiarsi non rientra nella legalità, e un’amministrazione non può programmare una modalità di risoluzione illegale. È un’obiezione insostenibile. Evidentemente, nei confronti dei Rom, scatta un’idea differenzialista per la quale essi manifestano esigenze tutte diverse dalle nostre, intendendo per nostre le esigenze della ‘comune umanità’...

Soluzioni che poggiano sull'IMMAGINARIO (buono o cattivo che sia). Eppure non si tratta di una presenza recente. La loro presenza in Italia è testimoniata dal 1422.

Esiste un problema culturale? Della loro lingua, delle espressioni artistiche, del sincretismo religioso, ne sappiamo pochissimo. Allora, quando va bene, è più comodo etichettarli come "artisti naturali incompresi".

Sì, ma che senso ha questa cultura, se non ha possibilità di esprimersi e di confrontarsi? Se rimane chiusa nei ghetti o nei campi? E' come parlare dei menestrelli medievali, con la differenza che i cavalieri antichi sono estinti, e qua ci riferiamo a un popolo che vive in mezzo a noi. Insomma, buoni o cattivi, sembra che l'importante sia percepirli come DIVERSI.

Diversi, lo siamo tutti, non vedo qua il problema. Il problema è quando la diversità è un alibi per vivere separatamente e senza confronto. Da questo tipo di diversità, non può che nascere una società malata, da un lato e pure dall'altro.

Mentre si continuano a tenere le distanze, i Rom e i Sinti (per natalità o per fuggire alle guerre e alle persecuzioni), sono diventati la minoranza etnica più vasta della Comunità Europea. 10/12 milioni (non lo sappiamo), più degli abitanti dell'Austria o del Belgio. E si affacciano nuove generazioni... - http://sivola.blog.tiscali.it/yf1926617/

La diversità: si parla di loro come se fossero un corpo unico, ma è la stessa storia che ha fatto nascere presenze varie e distanti: tra un Lom in Iran e un Sinto in Germania ci sono tanto similitudini che mondi di differenze.

Tendono a nascondersi: è parte della loro cultura, ma c'è tra loro il muratore, il giardiniere, la babysitter, magari li conoscete e vi hanno sempre nascosto la loro identità. Non sapete se vivono in un campo o in casa. Chiediamoci perché la maggior parte di loro nasconde la sua origine anche se non ha commesso nessun reato.

In realtà, la loro storia va paragonata alle tante minoranze, che in 1000 anni di storia europea si son trovati a scegliere tra assimilazione o sterminio. Apposta, ho usato la parola assimilazione, che è una parola brutta quasi come sterminio. Perché sono le alternative che l'Europa offre da quando ha coscienza di essere continente, diciamo dalle crociate. Faccio notare che in questi secoli ce ne sono di Rom che si sono assimilati, si sono annullati, e quindi non ha senso logico chiedere “quando saranno assimilabili”?

Sterminio e assimilazione non sono le condizioni più propizie al diffondersi di una cultura. Magari qualcuno conosce qualcosa di più, grazie a concerti o convegni che ALTRI organizzano al posto loro.

Conoscersi: in forme differenti, con buona parte di loro condividiamo (da più di 500 anni) un territorio, dove entrambe i popoli (Rom ed Italici) sono stati prima nomadi e poi hanno teso a sedentarizzarsi. Oggi tra Rom e Sinti il nomadismo è un fenomeno residuale, la maggior parte è diventata stanziale quando ho potuto, o è condannata al nomadismo dello sfrattato (cacciato dalla Romania, dalla ex Yugoslavia, dalle tante periferie).

Se manca la consapevolezza di un territorio dove poter stare, la cultura (i costumi, le tradizioni) saranno per il Rom il baluardo con cui difendersi, non il patrimonio da diffondere. La sua unica preoccupazione (comune oggi a buona parte di loro): il mettere assieme il pranzo con la cena.

Quindi la politica, lasci ai Rom e ai Sinti (se vorranno) lo spiegare le proprie usanze e sistema di valori, ma offra invece soluzioni per vivere e convivere (evito il termine INTEGRARSI che può essere equivocato)

In tempi più fortunati, non sarebbe stato uno scandalo chiedere aiuto per una fascia sfortunata della popolazione (si presume 150.000 Rom e Sinti in Italia). Ma oggi questa scelta (politica) si scontra con:

  • fallimenti precedenti;
  • scontento sociale delle altre fasce povere della popolazione (anche loro toccate dalla crisi), che non ci stanno a dividere una torta sempre più piccola.

Cosa chiedere: se alcune istanze (fine delle politiche discriminatorie, riconoscimento come minoranza) hanno valore di diritto universale, quindi spettano alla "politica alta", la convivenza e le scelte territoriali spettano alla politica locale.

Il programma che porto ad esempio (che, beninteso, non è automaticamente replicabile, è solo la sintesi di un lavoro non improvvisato) ha questi punti di forza:

  • nasce sai Rom stessi e dalla LORO conoscenza del territorio dove vivono da anni;
  • valorizza un patrimonio locale (il verde pubblico) sempre più raro e maltrattato da interessi privati;
  • valorizza professioni antiche della comunità e professioni nuove, quando il comune ha investito in corsi professionali senza curare la continuità;
  • il piano si concretizza in soluzioni abitative più rispettose della persona e delle tasche dei contribuenti;
  • prevede uno sviluppo di benessere comune a tutta la popolazione;
  • non ultimo, visto che le famiglie che l'hanno elaborato sono cittadini italiani e votano, hanno la forza di sostenere le loro decisioni e di spingere i politici a riflettere su questa forza che sinora non hanno mai valutato.

Tutto questo lo scrivo, prima di conoscere i risultati di queste nervose elezioni. E' un discorso che volevo rivolgere tanto a destra che a sinistra, quindi incrocio le dita e tengo per me le speranze sul risultato. Mi permetto una sola nota polemica: se il sistema maggioritario avrebbe dovuto assicurare più governabilità a questo paese, il rischio che si corre, questa campagna elettorale ne è stato l'esempio lampante, è di trasformare le elezioni in referendum. Purtroppo, un referendum infinito, che toglie ossigeno alla POLITICA vera:

  • fare del proprio paese/quartiere un posto vivibile;
  • trasmettere le esperienze e imparare dagli altri;
  • affrontare le proprie responsabilità senza dare la colpa ad altri.

Non vi mancano queste cose?

Taccuini elettorali precedenti

PS: lo so, che a molti il brano musicale scelto sembrerà un cavolo a merenda (e pure vecchio!). Dopo una campagna elettorale sfibrante come come un derby argentino, avevo voglia di un motivo meticcio e speranzoso.
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Di Fabrizio (del 10/04/2006 @ 11:33:48, in musica e parole, visitato 1926 volte)

Scrive Elisabetta Vivaldi: Il 7 Aprile, è stato presentato a Novi Sad un libro dedicato a Trifun Dimic (romologo 1956-2001). Il memoriale, realizzato anche grazie al contributo di Dragoljub Ackovic, vuole essere un omaggio ad un grande letterato rom contemporaneo.
Poeta, traduttore, scrittore ed esperto di folklore Trifun Dimic ha onorato e rappresentato la comunità rom con opere di grande consistenza. La sua morte inaspettata ha influito sul proseguimento di tanti altri progetti letterari rimasti, purtroppo, incompleti.
Consiglio agli interessati di Romologia di prestare attenzione a questo autore perchè merita davvero di essere ricordato.
(Le sue opere sono state pubblicate in romanès in serbo ed in lingua inglese)

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Di Fabrizio (del 11/04/2006 @ 00:35:54, in Italia, visitato 1557 volte)
Ma se al posto del direttore della Nexus, prendevano il + malmesso del campo + malmesso...
Secondo voi si notava la differenza?
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Di Fabrizio (del 11/04/2006 @ 10:05:28, in musica e parole, visitato 3114 volte)

La Compagnia del Teatro Officina e gli Ospiti della Casa della Carità presentano

l' evento teatrale su memoria storica e intercultura

"VOCI DAI QUARTIERI DEL MONDO"

Regia di Massimo de Vita

con il Patrocinio della Provincia di Milano
- produzione Teatro Officina e Fondazione Casa della Carità -

con la partecipazione di Lella Costa
….e dopo una lunga notte sarà FESTA con l'Original Rom Big Band 
per affermare il valore della pace e della solidarietà

12 APRILE 2006 - ORE 20.30

AL TEATRO DAL VERME

Via San Giovanni Sul Muro (MM1 CAIROLI)

INGRESSO GRATUITO

Informazioni: 02.2553200
 

Un quartiere di una grande metropoli può ancora avere memoria della sua storia?
Sì che può. Non la troverà forse nei monumenti, e neppure nei libri di scuola: sta nascosta nella storia delle persone semplici, impregnata dei colori e degli odori che riempivano l'aria di certi giorni, depositata nei resti che la Storia ha lasciato dietro di sé (le aree industriali dismesse sono come grandi musei sempre aperti).
E chissà se la memoria degli Stranieri che ora abitano Milano ha qualche radice comune con la nostra memoria storica?
Questo spettacolo è fatto con le memorie degli anziani di Crescenzago e con quelle degli Ospiti Stranieri della Casa della Carità di Don Virginio Colmegna.
Le mette accanto e lascia che qualcosa accada nello spettatore.
Tocca allo spettatore cogliere i possibili legami e cercare di ricomporre un senso.
Tocca a noi cittadini - in fondo - lavorare per una città solidale e rispettosa delle diverse culture di provenienza.

 

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