Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 06/03/2006 @ 09:09:23, in Europa, visitato 2089 volte)
«Sono considerati stranieri in patria»
Membro della Lega per i Diritti dell'Uomo e del collettivo Romeurope, Malik Salemkour sottolinea la stigmatizzazione e il rifiuto permanente verso le popolazioni itineranti, vittime di pregiudizi e sospetti
Si può parlare di deterioramento delle condizioni di vita della gens du voyage, in quest'ultimi anni?
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Nel 2000, la legge Besson richiedeva che, entro quattro anni, fossero realizzate su tutto il territorio nazionale delle superfici di sosta e d’accoglienza della gens du voyage, per permettere una sistemazione regolare durante gli spostamenti. Questa stessa legge e questi stessi termini doveva esaminare, nei piani locali d’urbanizzazione, le condizioni dei sedentari che abitano in caravan. Il legislatore ha aggiunto un termine di due anni. La maggior parte dei comuni è dunque ancora in norma. E quasi tutti i dipartimenti della Francia hanno uno schema dipartimentale, ma le superfici di parcheggio, non sono ancora realizzate. Si ritiene tra 6.000 e 7.000 il numero di posti conformi disponibili per le persone che vivono in abitazione mobile. Ma, le necessità stimate nella legge del 2000 erano di 30.000. Si è ancora lontani. In compenso, le espulsioni e le sanzioni per parcheggio irregolare sono la norma. Non si può dire che i sindaci sono fuorilegge. Spingono gente ad emigrare, a causa della carenza di azione pubblica. Inoltre, sono sopravvenute leggi a stigmatizzare la gente del viaggio. In particolare, la legge di sicurezza interna di Nicolas Sarkozy, che sancisce il parcheggio irregolare con ammende, ritiri di patente, delle richieste di veicoli, qualora non ci siano posti. Si è nel mantenimento della stigmatizzazione ed il non riconoscimento di quest'uomini e queste donne.
E' il loro modo di vita che fa paura?
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Sì, come tutte le implicazioni che sono dietro l’itinerante, i pregiudizi sui ladri di galline, i deterioramenti. Perché ha un modo di vita diverso, si ritiene che non possa educare i suoi bambini, che sia incapace di lavorare come gli altri e, più generalmente, di inserirsi. Non è tanto come si procuri da vivere c'è sempre un sospetto di attività illecite in ogni lavoro stagionale: nell’agricoltura, nell'artigianato, nel recupero dei metalli. C'è la sensazione di essere aggrediti, sia da parte degli abitanti sedentari che degli eletti locali, per il solo chiedere di vivere tranquillamente su terreni autorizzati. Il non riconoscimento della casa mobile comporta anche grandi difficoltà per aprire un conto bancario, per i crediti. Facendosi gli interventi polizieschi sempre più violenti, le società rifiutano di assicurarli. Sono considerati stranieri in patria e non figli della repubblica.
La gens du voyage è vincolata ad un taccuino di circolazione. Non è una pratica discriminatoria?
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La legge del 1912 eliminò il passaporto interno per tutti i francesi, ma instaurò un taccuino antropometrico per i nomadi. Fu necessario attendere il 1969 per vederlo scomparire. Oggi, ogni persona che vive in casa mobile, indipendentemente dalla sua cultura e origine – anche se fosse troppo povera per pagarsi qualsiasi altra cosa - è sottoposta ad un taccuino o ad un opuscolo di circolazione, secondo il tipo di risorse. Sono così collegati amministrativamente ad un comune, cosa che apre loro diritti civici, ma ogni volta, con dispositivi particolari. Ad esempio, le persone che vivono per strada e che sono domiciliate in un centro sociale o altro, possono votare entro sei mesi mentre la gens du voyage deve attendere tre anni. Il documento deve essere vistato dalla polizia ogni tre mesi o tutti gli anni, poiché si considera che chi si muove di continuo, sia a priori da sorvegliare. E' una pre-classificazione come delinquente. Ma le associazioni rappresentative della gens du voyage non richiedono l’abrogazione di questo taccuino. Ritengono che è grazie a quello che possono esistere.
L’assenza di riconoscimento riguarda anche il passato doloroso di queste popolazioni...
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[Nel periodo di Vichy ndr] Il nomadismo fu proibito in Francia su richiesta delle autorità tedesche. Si ritiene 500.000 il numero di zingari sterminati in Europa, durante la seconda guerra mondiale. Non si hanno cifre precise riguardo coloro che provenivano dal territorio francese. Si sa semplicemente che furono internati d’ufficio. Il dovere di memoria sulla deportazione di queste popolazioni è stato un poco onorato a Auschwitz. Ma in Francia, a parte Arles (Bouches-du-Rhône) e Montreuil-Bellay (Maine-et-Loire), non c'è lavoro di riconoscimento e di accettazione di questa Comunità che ha una storia in Francia. Si dice che i primi zingari furono registrati a Colmar verso il 1417. Dopo questa data, non ci sono che atti di proibizione, di cacciata. Aujourd’hui si trova ancora a di alcuni luoghi pubblici o di comuni, dei pannelli "proibisce ai nomadi ".
Qual'è la situazione di queste popolazioni nel resto d'Europa?
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La gens du voyage è una specifica francese. Si valuta la popolazione ambulante tra le 250.000 e le 300.000 persone. Negli altri paesi europei, hanno subito una sedentarizzazione forzata o sono state considerate come minoranze. In alcuni paesi dell'Europa dell'Est, si è assistito a pogroms a negli anni 1995-1997. in altri si sospettano, ancora oggi, sterilizzazioni forzate di donne. Si è oltre alla discriminazione, si è nel razzismo. Nel 2001-2002, Rom dell'Ungheria hanno anche ottenuto l’asilo in Francia e oggi il loro paese è nell’Unione europea.
Entretien réalisé par L. T
édition du 25 février 2006
Raccolto da Toon Machiels (BE) su Roma_Literature
His i molo, na 's i mol'.
C'era una volta in un paese non lontano da qui, un vecchio saggio
Rom che viveva sulla riva di un grande lago. Questo vecchio saggio
non aveva figli e viveva rivendendo l'acqua del lago: alcuni dovevano
pagare e altri no. Gli abitanti del villaggio pensavano che l'acqua
avesse poteri speciali, altrimenti il Rom non l'avrebbe venduta.
Un giorno arrivò sul lago una giovane Romnì. Era da
sola e non voleva comperare l'acqua, ma chiese al vecchio se la
voleva prendere come figlia. Il Rom acconsentì immediatamente,
ma le disse anche: “Certamente, ma dovrai rispettare tre
condizioni: dovrai vivere in casa mia, dovrai vendere l'acqua e non
dovrai mai entrare in cucina.”
Erano condizioni accettabili (soprattutto quella della cucina,
pensò la giovane). Così iniziò il suo nuovo
lavoro. Rispettò coscienziosamente le condizioni. Vendeva le
bottiglie e l vecchio saggio ogni giorno le chiedeva se aveva udito
qualche novità dai clienti di passaggio. Siccome il vecchio
chiedeva sempre notizie, la Romnì prese a dare molta
attenzione a ogni nuovo arrivo. Passava le notizie al vecchio, che
era molto contempo, e così di ritorno anche lei. In quelle
occasioni, lui le dava istruzioni su chi doveva pagare e chi no.
Passarono i giorni, le settimane, i mesi. La giovane diventava
sempre più impaziente: cosa doveva imparare ancora? Era
passato un anno e così la Romnì chiese al vecchio
quando sarebbe stata pronta per conoscere bene quel lavoro. Stupito,
il Rom la guardò e disse che lei conosceva già quasi
tutto. Ma la donna non era convinta e voleva spiegazioni. L'uomo
rise, capendo che era giunto il momento di chiarire il suo mestiere
visto che la donna aveva sempre rispettato il patto iniziale.
“Ti starai chiedendo perché qualcuno deve pagare e
altri invece hanno le bottiglie gratis, non è così?”
Naturalmente” rispose la Romnì, “ma non
solo. Voglio sapere cosa fai nella cucina. Perché è lì
che aggiungi le polverine magiche.”
Il Rom rise di nuovo. “Quando i giovani devono indovinare, i
vecchi scherzano” disse misteriosamente. “Però
ora tu conosci tutti i clienti, le loro famiglie, quando sono
contenti, quando si lamentano e quando hanno paura. Ora, se viene
qualcuno che è malato, io gli darò gratis una
bottiglia. Ma loro hanno l'abitudine di andare dal dottore del
villaggio, che li curerà. Ma se vengono qui a mostrare i loro
dispiaceri, allora io vendo loro una bottiglia e il loro male
svanisce, perché credono in me.”
Poi la portò in cucina, dove non c'era proprio niente di
speciale o di magico. “Qui faccio bollire l'acqua per
un'ora. Non voglio che i miei clienti si ammalino!” La
giovane capì come il vecchio Rom aveva guadagnato il rispetto
di tutto il villaggio e ascoltò con ancora più
attenzione i clienti. Ben presto fu a conoscenza di molti più
segreti di quanti ne conoscessero le altre donne del villaggio.
Col tempo ebbe sempre meno bisogno dei consigli dell'anziano e
divenne una Romnì rispettata da tutti.
Di Fabrizio (del 05/03/2006 @ 10:23:35, in Europa, visitato 2430 volte)
La Bulgaria e l'Europa (III puntata)
Parte delle difficoltà nell'esaminare il problema
dell'integrazione dei Rom in Bulgaria sono le critiche rivolte
dall'estero. Variano dalle preoccupazioni generali ad un'attitudine a
patrocinare la politica bulgara, come se lo stato dovesse essere
messo alla prova sul problema dell'integrazione. Ma la situazione dei
Rom è forse differente o migliore nel resto d'Europa, in
particolare nella EU?
Si dovrebbe iniziare ricordando che le statistiche riguardo ai Rom
sono tanto variabili quanto inaffidabili. Per diverse ragioni:
la loro natura transitoria,
particolarmente in Europa occidentale;
in alcuni paesi c'è il
timore a definirsi Rom a causa dei connotati negativi (anche in
Bulgaria c'è qualcosa di simile, molti Rom sia
autodefiniscono Vlach oppure Pomak);
in Grecia, ad esempio, le autorità
rifiutano o mancano di valutare e misurare il problema;
gli stessi Rom non sono un'unità coesa: chi parla il
romanès, chi il sinto, chi la lingua locale.
Inoltre, nasce ancora confusione dalla commistione con altri
popoli itineranti nel nord Europa, come i Travellers in Gran Bretagna
e Irlanda, che passano le medesime discriminazioni, anche se sono più
da considerarsi un gruppo culturale piuttosto che etnico. [...]
Quindi, quanti sono i Rom in Europa e nell'Unione Europea? Le
stime dicono tra gli otto e i 13 milioni, una popolazione indigena
che attraversa Svizzera, Irlanda e Scandinavia. Inoltre esistono area
dove sono presenti comunità di Rom immigrati. Quando Romania e
Bulgaria si uniranno alla EU, i Rom saranno più numerosi della
popolazione di Scozia, Galles, Irlanda o Danimarca. [...] La
questione dell'integrazione pone pressione a tutto il continente, non
riguarda solo il caso di qualche mendicante nel metrò di
Parigi.
Quale integrazione? L'aneddotica evidenzia incrociandole,
discriminazioni verso i Rom e percezioni di una loro attitudine
antisociale. Nella città di Usti nad Labem, nella repubblica
Ceca, venne costruito un muro attorno all'area dei Rom, creando
effettivamente un ghetto fisico – non è una storia del
1937, ma del 1999. In maniera simile, ci sono città italiane
che “pagano” i Rom residenti perché lascino la
città con l'inizio della stagione turistica, ritenendo che la
loro presenza allontani i visitatori. All'opposto quello che è
successo a Kosice, dove le autorità hanno costruito un gran
numero di appartamenti per la locale popolazione rom, ma dopo pochi
mesi i divisori, le tubature, gli stessi vetri erano stati rimossi e
venduti. Nel 2004 il tentativo del governo slovacco di tagliare i
benefici sociali per i disoccupati, provocò una vasta rivolta
nella comunità rom.
C'è senza ombra di dubbio un problema di integrazione su
scala europea. Ciò è chiaramente visibile nella
scolarità, che può promuovere l'integrazione e
migliorare le condizioni delle minoranze, basti il risultato ottenuto
in GB con gli immigrati dell'Asia del sud est. Nella comunità
Rom i successi sono trascurabili. Nella repubblica Ceca, oltre metà
dei bambini nelle scuole per ritardati mentali sono rom. Una
situazione forse ancora peggiore riguarda la Slovacchia e l'Ungheria,
i paesi con la più alta percentuale di Rom sulla popolazione
globale. Anche qua ci sono problemi legati alla comunità, come
l'assenteismo scolare, che non contribuiscono a risolvere i problemi.
La situazione nell'università è tragica, con la
comunità rom che è presente con meno dell'1% che
continua gli studi, confrontato col 21% europeo. Anche se la
posizione sociale e le condizioni di vita sono simili, è
difficile fare un confronto con esperienze simili, ad esempio la
comunità afro-americana, perché manca il termine di
paragone delle aspettative comunitarie. Forse la Bulgaria sta
compiendo più di uno sforzo nel tentativo di desegregare il
proprio sistema scolastico: la Danimarca recentemente ha introdotto
le scuole speciali per i Rom “che non possono essere tenuti
nelle classi regolari, e la segregazione norma comune in Spagna e
nell'Europa centrale, tramite veri e propri ghetti, che si perpetuano
anche nella scuola.
Quali sono le altre aree da tenere sotto controllo? [...] La
disoccupazione è molto estesa nelle comunità rom in
Europa, con tassi dell'85%, 50% e 65% rispettivamente in Slovacchia,
Spagna e repubblica Ceca. In campo sanitario, i tassi di vaccinazioni
tra i bambini sono molto distanti da quelli europei mentre, ad
esempio, il livello di epatite B è dell'8,4%, contro l'1,4%
che è la media europea. Quanto alle aspettative di vita, che
tra gli indicatori generali è quello più significativo,
tra i Travellers in Irlanda è di 11 anni inferiore alla media
nazionale, tra i Rom della Slovacchia è di 15 anni inferiore.
E' evidente la mancanza di storie positive riguardo la comunità
rom. Il recente vincitore del Grande Fratello croato è un Rom.
Ci sono grandi festival culturali in Spagna e Francia, come quello di
Sainte Marie de la Mer. Ma sono casi piuttosto isolati.
Sembra che i Rom abbiano perso molto del loro spazio nella
società, attraverso l'erosione dei loro commerci tradizionali
[...] e della cultura (a causa dell'integrazione e della
sedentarizzazione forzata sotto il comunismo). Forse il primo passo
per migliorare la situazione sarebbe ricollocare questa comunità
culturale, eventualmente attraverso la sua rappresentazione politica,
sull'esempio di quanto è già successo con le comunità
scozzesi, gallesi, irlandesi e danesi, che a livello europeo hanno
assunto in prima persona le questioni che riguardano il loro gruppo
etnico.
Segnalazioni precedenti: Bulgaria
I Bulgaria
II
Di Fabrizio (del 04/03/2006 @ 11:37:16, in Europa, visitato 2907 volte)
E' importante conoscere i complessi processi sociopolitici che influenzano la determinazione di quello che si etichetta come "Rom".
Negli ultimi 15 anni, l'intelligentsia romanì in Ucraina ha iniziato ad auto-organizzarsi culturalmente e politicamente, attraverso un network di OnG. Un numero considerevole delle 80 OnG romanì in Ucraina oggi sono finanziate esternamente da enti come l'Open Society Institute e la International Renaissance Foundation di Kiev, che sono parte delle fondazioni finanziate da George Soros. Loro scopo è sponsorizzare progetti ed attività volte ai bisogni e agli obiettivi individuali e comunitari. [...] Giocano anche un ruolo importante nella politica post-socialismo, perché danno forza ai gruppi che mancano di una presenza pubblica e continuano ad essere marginalizzati socialmente, politicamente ed economicamente.
Le organizzazioni del terzo settore all'interno della sfera romanì contribuiscono a mobilitare idee, risorse finanziarie e culturali, collegamenti politici a livelli transnazionale. L'introduzione di capitali e nuove idee attraverso le strutture delle OnG, ha aiutato nel creare una nuova realtà sociale e politica che metta in discussione i rapporti tra maggioranza e minoranza in Ucraina. Gli sviluppi hanno dato accesso ai leaders di queste organizzazioni a vari media [...] e permesso eventi come l'annuale festival culturale Amala a Kiev. [...]
POLITICA CULTURALE
In Ucraina si sente sempre più spesso parlare di "Rinascimento Romani": [...] culturale quanto politico. In effetti molti Rom che si sono impegnati nelle rivendicazioni per i diritti civili hanno un passato artistico: Aladar Adam, direttore di Romani Yag (Fuoco Romani), che è sia la più grande OnG Rom in Ucraina che il titolo di un giornale pubblicato a Uzhorod, era musicista nell'orchestra di famiglia. Ihor Krykunov, organizzatore del festival Amala, era un componente del Teatro Romen di Mosca; è anche un attore conosciuto, avendo interpretato Tsyahn (termino ucraino per Zingaro) nel film sovietico Tsyganka Aza (1987).
Progetti come Romani Yag e il festival Amala rivelano i complessi processi che contribuiscono a costruire la coscienza dei Rom come "un popolo unico". Gli intellettuali rom sono al lavoro per unificare le differenze culturali e linguistiche tra i vari gruppi sparsi in Ucraina sotto il comune ombrello "Rom" [...] Nazione transnazionale ma senza stato, i cui componenti condividono radici storiche e linguistiche che sono piantate nell'India da cui migrarono attorno al X secolo. Una nozione che ricorre nel festival Amala, la parola in romanès indica "armonia" e deriva dal sanscrito amal, "pulito, puro". [...] e il progetto consiste nel cercare i legami e le similitudini comuni ai gruppi. Questo porta alla partecipazione al festival di gruppi dalla Macedonia, dalla Germania, dalla Slovacchia e dalla Russia. [...]
Ma chi sono veramente i "Rom ucraini"? Chi li rappresenta? La risposta appare meno chiara per chi come me ha lavorato come etnografa e compiuto ricerche sulle tradizioni musicali e sui movimenti romanì in Ucraina sin dal 2000. Mi è capitato spesso nei villaggi transcarpatici, quando chiedevo di parlare con i "Rom" che mi sentissi rispondere "noi siamo Tsyhany - per trovarli devi andare a Uzhorod." Il fatto è che ad Uzhorod hanno sede le più influenti OnG che operano in nome dei Rom, mi ha stupito su questo passare dalle ambizioni transnazionali alle identificazioni meno che locali - stupore confermato dal direttore di Romani Yag quando afferma: "Senza George Soros, non ci sarebbero Rom".
E' importante la conoscenza dei complessi processi sociopolitici che influenzano la costruzione cosciente dei cosa significhi l'etichetta "Rom". E' altrettanto cruciale riconoscere che le indicazioni riferite ai Rom sono polisemiche e devono essere interpretate come forme vaganti tra conscio e inconscio, attraverso riferimenti politici, etnici e classisti. Nel quadro del festival Amala, particolarmente riguardo le tradizioni dei gruppi di Rom Servy dell'Ucraina centrale e orientale, viene presentato un repertorio Servy che differisce da quello tradizionalmente romani dell'area transcarpatica, sia in termini di linguaggio, uso della vocalità, improvvisazione, scelta degli strumenti musicali (i Rom usano tradizionalmente strumenti a corda di derivazione ungherese, che i musicisti Servy non adoperano). Ho chiesto perché i Rom della Transcarparzia, la regione che ha il maggior numero di insediamenti rom, non partecipino al festival Amala; gli organizzatori hanno addotto difficoltà finanziarie. Nel contempo, i musicisti rom di Uzhorod parlano di grandi opportunità apertesi per le altre bande dell'Ucraina orientale, che rende questi ultimi gruppi popolari tra Rom e no. Le discussioni spesso non intervengono su quello che è il livello di vita delle comunità rom nell'est del paese, che è miserrimo rispetto a quello dell'area transcarpatica, come venne testimoniato da un reportage di Krykunov del 2002. Quindi, una mancanza di dialogo e di omogeneità che persiste tra le varie comunità e i suoi stessi esponenti intellettuali [...].
TRA POLITICA ED AUTORAPPRESENTAZIONE
La sfera [riguardante] le minoranze spesso si presentano come parallele a quella riguardanti i settori integrati [...] Mentre i movimenti sociali di minoranza contribuiscono a costituire gli spazi pubblici in cui i conflitti guadagnano la visibilità, ogni vittoria nel campo dei diritti delle minoranze ha un contrappeso nelle istituzioni e nello stato. Malgrado gli sforzi delle OnG, la mancanza di miglioramenti significativi nella vita di tutti i giorni, rivela che gli aiuti internazionali e la politica transnazionale, da sole non sono sufficienti. Le OnG forniscono servizi che di fatto sono di responsabilità del governo, inclusa l'assistenza legale, il sostegno alle attività culturali, l'accesso alla scuola e ai servizi sanitari, tutti quello di cui beneficiano i cittadini ucraini. Il punto, è che il governo ha potuto ignorare queste richieste, proprio per lo sviluppo di OnG finanziate dall'occidente, che si sono accollate della questione.
Il governo uscito dalla rivoluzione arancione ha espresso la volontà di cooperare con i leaders romani che fanno riferimento alle OnG riconosciute. Nell'aprile 2005, il comitato parlamentare sui diritti umani e le minoranze si è riunito per preparare un incontro col governo, le OnG e i rappresentanti delle minoranze. A discolpa dell'inattività governativa, la presidente Hennadiy Udovenko ha dovuto ammettere che "il governo non è in grado di conoscere quanti Rom vivano in Ucraina". Le stime variano tra 47.600 (dati del censimento 2001) e 400.000 (fonte International Renaissance Foundation). Cifre che rivelano tanto la portata della sfida dei Rom in Ucraina che il livello di dilettantismo che lo stato continua a mantenere. Mentre le organizzazioni meglio collegate tra loro, come OSI e IRF si sono fiondate dove lo stato aveva fallito o non era stato in grado di provvedere, c'è il pericolo reale che la presenza di OnG al servizio della comunità romanì continui a giustificare la mancata presa di responsabilità dell'apparato dello stato.
Per una politica governativa efficace è cruciale riconoscere i Rom come una minoranza non omogenea. [...] Ogni segmento della popolazione rom affronta le relative difficoltà ed il governo ucraino deve prendere considerazione nelle differenze linguistiche e culturali regionali fra i vari gruppi [...]
Adriana Helbig opera nel campo etnografico sui collegamenti tra cultura e politica presso le comunità rom nei Transcarpazi. Insegna storia della musica alla Fordham University di New York e traduce in inglese il giornale Romani Yag
Di Fabrizio (del 03/03/2006 @ 10:28:50, in Europa, visitato 1854 volte)
D'accordo, sembra una barzelletta... ma ditemi: cosa ci faceva Paul Wolfowitz,
Presidente della Banca Mondiale, con degli "zingari"? E di cosa possono aver
parlato, se è lecito?
Comunque, è stato un
incontro pubblico (any use should include copyright to the World Bank and
credit the photographer). E' aperta la caccia alla battutaccia, vi ricordo
che non siete presidenti del consiglio, e che vi tocca farmi ridere (son mica
Bruno Vespa, io!).
A parte questo, e a parte le polemiche sull'utilità o meno del
Decennio dell'Inclusione dei Rom, azzardo la mia ipotesi: il Presidente
(suppongo) conosce il suo mestiere quali che siano le sue idee, e difficilmente
l'Europa potrà essere unita o coesa, se 10 milioni dei suoi abitanti
(praticamente: più del Belgio, dell'Austria o della Norvegia) vivono in
Europa nelle condizioni di un Rom o di un Sinto. Il resto, secondo me, è
fumo. Posso sbagliarmi, fatemelo sapere.
Di Fabrizio (del 03/03/2006 @ 09:45:42, in Europa, visitato 1834 volte)
COMUNICATO STAMPA
Avrebbero potuto farmi una telefonata e si sarebbe evitata la solita figuraccia.
Comunque, mio cugino che sta in un campo alla periferia di Lione, possiede una quota dell'energia elettrica (vedi l'accrocco della foto), e si poteva iniziare l'OPA da lì. Se ci ripensate, non sperate di cavarvela col solito generatore di seconda mano.
fimato: Kalderosh
Di Fabrizio (del 02/03/2006 @ 18:00:46, in scuola, visitato 1957 volte)
Ho il dubbio... che ci stiamo pedinando a vicenda Questi gli ultimi aggiornamenti (al solito, linkando il titolo, potete leggere l'articolo completo e vedere le immagini):C’ERA UNA VOLTA……..Perché raccontarvi storie di miseria, disagio, malattia, discriminazione ? Basta leggersi i rapporti dell’Unicef sullo stato dell’infanzia nel mondo con le loro cifre impressionanti…ma queste cifre, ahimè, forse non colpiscono quanto dovrebbero, forse ci siamo abituati e non suscitano più sdegno ? Dietro quelle... SUPPORTO PER 13 BAMBINI PER LA FREQUENZA DELLA SCUOLA DI MUSICANel quartiere di Cerkez Mala c’è un asilo diurno per i bambini rom, costruito dal Governo Svizzero, che l'UNICEF ha contribuito ad arredare ed avviare e che, dopo un periodo di inattività, è stato riaperto nel giugno del 2004 grazie all’aiuto della...
Di Fabrizio (del 02/03/2006 @ 14:39:19, in Regole, visitato 1962 volte)
Pubblicato su Romano LilIn attesa della pubblicazione degli “Atti” dell’VIII Seminario Nazionale dell’Opera Nomadi, tenutosi a Roma lo scorso 6-7 dicembre, si riporta la relazione del “Gruppo diritti”. Una relazione che traccia un quadro sicuramente incompleto, ma di grande preoccupazione sui Rom, una delle grandi questioni morali e civili dell’Europa di oggi. Una relazione in fase di rifinitura da parte degli “esperti” dell’Opera Nomadi ma, come al solito, aperta al contributo di tutti quelli che ne siano interessati. Basta contattare la sede nazionale.
Di Fabrizio (del 02/03/2006 @ 09:53:41, in casa, visitato 5352 volte)
Ricerca fotografica: Microaree abitative per Rom e Sinti (ha collaborato la redazione di Sucar Drom)
cliccare sulle immagini per ingrandirle
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Una micro-area è costituita da unità abitative singole per ogni nucleo familiare. al massimo sei nuclei famigliari tutti legati da stretti vincoli di parentela o affinità. Inoltre, la micro-area deve essere progettata insieme alle famiglie che l'abiteranno in un percorso guidato dalla mediazione culturale
...
La manutenzione ordinaria è a carico delle famiglie, la straordinaria al comune se resta proprietario. pensiamo anche a percorsi dove le famiglie acquistano le stesse micro-aree. In ogni spazio famigliare deve esserci un'unità abitativa, una casa, pensata per la famiglia che ci abiterà e uno spazio, almeno 500mq, per l'arrivo di parenti. Inoltre nello studio preliminare è da considerare la proiezione demografica per i successivi quindici anni. Naturalmente a questi progetti vanno affiancati altri sui temi del lavoro e della scuola
Yuri del Bar (cooperativa Sucar Drom) intervista a Mahalla – 9 settembre 2005
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Il cantiere della microarea di Guastalla (RE)
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L'articolo di redattore sociale.it
Terreni e non campi: sarebbero ormai 5000, soprattutto nel nord Italia, le aree private ad uso agricolo acquistate da famiglie sinte e rom per viverci con le proprie roulotte. Ma per lo Stato si tratta di abusi edilizi...
continua
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Le unità abitative terminate, sempre a Guastalla
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Testi e immagini che seguono, sono tratte da tempiespazi.toscana.it
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Dal campo nomadi alla città Ipotesi di residenza per donne e uomini rom che hanno deciso di fermarsi
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planimetria generale
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Linee di progetto
Gli alloggi, i laboratori artigiani, lo spazio attrezzato per la preparazione e vendita di piatti tradizionali, il mercato coperto e scoperto, la piccola moschea, l' ambulatorio-centro sociale e il giardino, sono stati delineati lasciando margini di flessibilità per dare spazio non soltanto a bisogni particolari, ma anche alla creatività degli abitanti.
La configurazione tipologica degli alloggi permette, nel tempo, di modificarne la grandezza a seconda delle esigenze familiari (garantire ad esempio agli anziani di vivere questo loro tempo della vita vicini a figli e figlie, ma in autonomia).
Al Piano Terra é stata prevista inoltre la possibilità di trasformare un vano per organizzare un laboratorio dove svolgere lavori compatibili con la residenza (sartoria, assemblaggio di elementi elettrici, piccole riparazioni, ecc.).
L'articolazione degli spazi e le loro diverse funzioni rispecchiano chiaramente la scelta di non limitarsi soltanto all'alloggio (che é certamente importante per chi parte da zero), ma di affrontare il nodo dell'occupazione creando opportunità di lavoro, senza il quale non è possibile nessun cambiamento significativo, nessun riscatto personale e collettivo dalla povertà e da tutto ciò che ne consegue, nessuna inversione di rotta delle politiche rispetto -ma non solo- all'accoglienza dei cosiddetti nomadi.
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Unità abitativa, A
Ho cercato una forma spaziale che consenta ai singoli nuclei familiari di aggregarsi fra loro garantendo ad ognuno spazi, sia chiusi che aperti, esclusivi. La 'piccola piazza' é il luogo dove il clan familiare si ritrova insieme per celebrare i propri riti, le proprie feste e tutti quei momenti che segnano una quotidianità dove lo spazio esterno é parte integrante oltre che specchio di quello interno. E' lo spazio che protegge i giochi dei bambini più piccoli e lo svago degli anziani che fan fatica a camminare.
La 'piccola piazza' non ha porte, ma la sua organizzazione richiama in qualche modo al rispetto di una intimità che si infrange soltanto se si é invitati ad entrarvi. Lo spazio aperto 'grande' é di tutti, come il mercato circondato dai laboratori dove scoprire o ritrovare antiche e nuove abilità e creatività. E' un frammento di città dove possono incontrarsi e convivere culture, tradizioni e religioni diverse
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sezione
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prospetto
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piano terra
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primo piano
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Risorse: Fondazione MichelucciArticolo precedente: Progetto di recupero ambientale-lavorativo
Di Daniele (del 02/03/2006 @ 09:00:15, in Europa, visitato 2277 volte)
AFP/File Photo: Elena Gorolova, 37 anni, in posa il 18 febbraio 206 nel suo appartamento di Ostrava. E' una delle 87 Romnià che hanno chiesto risarcimento per le sterilizzazioni forzate operate negli ultimi 40 anni. "Una donna sterilizzata è come un albero morto, tutto quello che gli resta è di essere abbattuto."Con voce emozionata Natasa Botosova, 39 anni, racconta il suo caso ad una quindicina di donne rom, decise, come lei, ad ottenere giustizia dopo anni di silenzio. L'uditorio condivide la stessa esperienza: esse dichiarano di essere state sottoposte a sterilizzazioni forzate; Jirina "senza saperlo", Anna "senza capirlo", ed Elena "senza dare il proprio assenso". Per anni, Natasa ha osservato il silenzio "perché essere sterilizzate è una vergogna personale", in una comunità nella quale i bambini sono una ragione di orgoglio. La recente vittoria legale di una zigana di 22 anni, Melena Ferencikova, seguita dalle conclusioni di un rapporto ufficiale che ammetteva per la prima volta l'esistenza di vittime di "sterilizzazioni illegali" nella Repubblica Ceca, ha dato loro il coraggio di lottare. Ferencikova, la cui vergogna non è diminuita dall'evento del 2001, ha spiegato cosa accadde; "stavano per praticare un cesareo, mi fecero firmare una carta, poi ho saputo quando mi sono svegliata che ero stata sterilizzata". A novembre, la corte regionale di Ostrava ha detto che "i suoi diritti personali sono stati disprezzati", perché non aveva dato "il suo chiaro consenso" ai medici. La deliberazione ha rappresentato un inizio nell'Europa centrale, secondo il Centro europeo per i diritti dei rom con sede a Budapest. Proteste contro tali pratiche eugenetiche erano state espresse nella Repubblica Ceca dal 1978, ma un delegato ceco nel 2003 aveva garantito ad una sessione delle Nazioni Unite che erano "una leggenda". Ferencikova dice che la sua vittoria "appartiene a tutte le donne di Ostrava", una fredda città industriale nell'est del paese, e che lotterà "fino alla fine". La Corte ha ordinato all'ospedale di scusarsi per quello che è successo ma ha respinto le richieste di risarcimento dicendo che il termine ultimo per i danni era scaduto. Il caso ora è soggetto di un ricorso separato. L'avvocato della Ferencikova afferma che no si dovrebbe rinunciare ai danni per una violazione dei diritti personali, l'ospedale basa il suo appello al fatto che ha agito secondo le procedure mediche stabilite. In totale, 87 rom hanno presentato denuncia contro la sterilizzazione forzata nella Repubblica Ceca dal 2004. Senza aspettare che le autorità esaminino i casi, l'ombudsman – incaricato di difendere i diritti dei cittadini contro la pubblica amministrazione – ha aperto un'inchiesta. Nel suo rapporto di dicembre, il risultato di 12 mesi di indagini, ha stabilito che ci sono stati circa 50 casi di "sterilizzazioni illegali" senza il dovuto consenso. In ciascuna occasione, i medici hanno richiesto l'accordo scritto della paziente prima di chiudere le tube. Ma secondo il rapporto, alcune donne non sapevano scrivere né leggere, altre "non avevano ricevuto sufficienti informazioni, il che non è secondo la legge", e a nessuna fu concesso abbastanza tempo per riflettere sulle loro azioni. Le annotazioni mediche mostrano infatti che a volte appena venti minuti separano l'entrata della paziente nella sala operatoria e l'operazione di sterilizzazione. Nelle sue conclusioni, l'ombudsman propone i danni per quei casi precedenti al 1991, il periodo dove le politiche sociali messe in atto dal regime comunista cecoslovacco assegnarono "premi di sterilizzazione" e alla pressione sociale per limitare la fertilità zigana. Dopo il 1991, l'ombudsman colloca la colpa al personale individuale medico e sociale nei differenti casi. "Per anni abbiamo sollecitato i zigani di essere sterilizzati perché pensavamo che era per il loro bene, l'ho fatto io stessa, è quello che abbiamo imparato nelle scuole," ha detto l'assistente sociale Anna Geleticova, iscritta all'associazione "Live together", che si colloca dietro la mobilitazione della questione della comunità zigana di Ostrava. Il problema della sterilizzazione è lontano dalla creazione dell'unanimità dentro la società ceca. "Tutti sanno che i zigani fanno i bambini per il beneficio della famiglia che loro possono rivendicare, che le donne che furono sterilizzate per i bonus e che oggi il loro unico traguardo è di ottenere altri danni," Patarina, una giovane insegnante di Ostrava, ha commentato chiaramente. Per Ferencikova e le altre "la cosa più importante è di essere riconosciute come vittime e di sapere che altre non soffriranno lo stesso destino. - AFP
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