Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Con la preghiera di dare massima circolazione, M.N. Opera Nomadi di Napoli.
L’Associazione Culturale “FIGLI DEL BRONX” PRESENTA: “SOTTO LA STESSA LUNA tour” con il contributo del Comune di Napoli (Assessorato agli Affari Sociali) programma delle dieci proiezioni del film “SOTTO LA STESSA LUNA” di Carlo Luglio una produzione “FIGLI DEL BRONX” prodotto da: Luca Liguori, Dario Cortucci, Gaetano Di Vaio
6 Febbraio 2006, proiezione e dibattito presso il teatro “AREA NORD” a Piscinola (In collaborazione con “Liberascenaensemble”) Ore 19,00, saluta Renato Carpentieri. A seguire: Performance musicale di Riccardo Veno; Proiezione del film; Dibattito con Maurizio Braucci (scrittore) Carlo Luglio (regista del film), Mario Martone, Roberto Saviano (scrittore), Giovanni Zoppoli (operatore sociale) e Marco Rossi Doria (maestro di strada).
16 Febbraio 2006, proiezione e dibattito presso “PIAZZA TELEMATICA” a Scampia (in collaborazione con l’associazione “AaQuaS”) Ore 19,00, saluta Padre Farbrizio Valletti (Gesuita a scampia). A seguire: Proiezione del film; Dibattito con Padre Fabrizio Valletti, Carlo Luglio, Raffaele Tecce (Assessore agli Affari Sociali del Comune di Napoli), Ciro Tarantino (ricercatore), Aldo Bifulco (Legambiente circolo “La Grù) e Francesco Minisci (responsabile cultura Prc).
27 Febbraio 2006, proiezione e dibattito presso il campo Rom del Comune di Napoli a Scampia, (In collaborazione con l’associazione “Opera Nomadi”) Ore 19,00, saluta Amedeo Curatoli (Presidente “Opera Nomadi”- regionale). A seguire: proiezione del film; dibattito con Amedeo Curatoli, Marco Nieli, Enzo Esposito (“Opera Nomadi”), Carlo Luglio, (Mario Martone), Marco Rossi Doria. (un Rom residente nel campo).
11 Marzo 2006, proiezione e dibattito presso il “PAN” (Palazzo delle Arti a via dei mille N° 60) (In collaborazione con il gruppo di lavoro “Chi rom e chi no”) ore 19,00: proiezione del film; a seguire: dibattito con Maurizio Braucci, Carlo Luglio, Rachele Furfaro (assessore alla Cultura del Comune di Napoli), don Tonino Palmese (Libera) e Gaetano Di Vaio (Figli del Bronx).
18 Marzo 2006, proiezione e dibattito presso il Centro Sociale “DAMM” a Montesanto (In collaborazione con il gruppo di lavoro “Chi rom e chi no”) ore 21,00: performance musicale di Riccardo Veno; proiezione del film; a seguire: dibattito con Maurizio Braucci, Carlo Luglio, gruppo di lavoro “Chi rom e chi no” associazione culturale “Figli del bronx” e gli attori del film.
30 Marzo 2006, proiezione e dibattito presso il Centro Sociale “GRIDAS” a Scampia (In collaborazione con “GRIDAS” e gruppo di lavoro “Chi rom e no”). Ore 19,00: proiezione del film; a seguire: dibattito con gli operatori del centro sociale “Gridas”, “Chi rom e chi no”, “Figli del Bronx”, Alessandro Fucito (Presidente Commissione Educazione Comune di Napoli) e con il regista e gli attori del film.
4 Aprile 2006, proiezione e dibattito presso la Facoltà di Architettura, (In collaborazione con “Terzopianoautogestito) ore 17.30: Performance musicale di Riccardo Veno a seguire: proiezione del film e dibattito con Maurizio Braucci, Giovanni Persico (docente di sociologia presso la Federico 2°) e Terzopianoautogestito.
- Aprile 2006, ore 18,30, proiezione e dibattito presso L’ORIENTALE in collaborazione con il gruppo di lavoro dell’orientale
-? Aprile 2006, ore 18,30, proiezione e dibattito presso (In collaborazione con la Film Commission Regione Campania) Daimmo.
6 Maggio 2006, priezione e dibattito presso la ex scuola media statale “DELEDDA” a Soccavo (In collaborazione con l’associazione “Opera Nomadi”) Ore 19,00: performance musicale di Riccardo Veno; a seguire: proiezione del film e dibattito con gli operatori delle Associazioni “Opera Nomadi”, “Figli del Bronx” e “chi Rom e chi no”
su Mundo_Gitano
il 23 gennaio sono apparsi 4 articoli sui Gitani in Colombia, a
cura di:
PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO
KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE
COLOMBIA, (PROROM)Organización Confederada a Saveto Katar le
Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)
Ecco una piccola selezione.
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In principio erano conosciuti come “egiziani”,
parola che si trasformò poi in "gitanos". I Rom,
il vero nome di questa comunità, arrivarono nelle Americhe
già nel 1492 quando quattro di loro si imbarcarono con
Cristoforo Colombo. Le migrazioni proseguirono in epoca
coloniale. La popolazione crebbe ancora all'epoca delle due
guerre mondiali, quando dall'Europa fuggivano al razzismo e alle
persecuzioni nazifasciste. Molte carovane seguirono la rotta
Caracas-Bogotá-Quito-Lima-Buenos Aires installandosi dove
si trovavano meglio. In Colombia si contano circa seimila gitani
raggruppati in Kumpanias. Le più famose sono quella di
Girón a Santander, di Cúcuta (una delle più
grandi, con circa mille Rom) e quella di Bogotá, con 250
persone. Hanno una legislazione proria per la risoluzione dei
conflitti sulla base del dialogo e dell'accordo. Così, in
caso di processi, si riunisce la Kriss Romaní, una specie
di tribunale interno dei gitani più anziani, che discutono
il problema e cercano come risolverlo, sulla base di una accordo
pacifico tra ambo le parti. “Odiamo la guerra, non usiamo
armi, siamo pacifisti totali”, dice Miriam.
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Il problema
“No signora, crede di poter fare ciò che vuole
perché lei è gitana?” Non può. I suoi
documenti non sono a posto” disse le rettrice del collegio
dove voleva studiare uno dei figli di Jenny. Ma i documenti erano
completi e compilati, con un unico problema: loro erano gitani.
Succede che non la facciano entrare nei negozi. “Il
commesso vede una donna vestita da gitana e le proibisce di
entrare, perché pensa che ruberà. Noi compriamo,
come tutti gli altri! Perché dovremmo rubare? Colpa di
quanti si spacciano per noi per darci la colpa”, protesta
Kolya.
Le loro speranze ora sono poste nelle promesse del 23 gennaio:
sistema sanitario con uno schema ispirato alle caratteristiche
del loro popolo, riconoscimento dell'etnia rom – con
documenti che permettano lo sviluppo dei commerci tradizionali e
della vita nomadica, negozi e officine dedicate alle loro
attività, tra l'altro.
“Siamo in tanti, colombiani come tutti gli altri, ma i
nostri costumi e tradizioni sono differenti. Non siamo maiali o
bruti, niente di tutto ciò. Abbiamo bisogno di aiuto
perché quando qualcuno di noi si ammala, non sappiamo come
curarlo”, dice Jenny.
Il merito dell'essere stati inseriti nel Piano Nazionale di
Sviluppo e del riconoscimento come colombiani, va a Prorom
(Proceso Organizativo del Pueblo Rom de Colombia), organismo
formato da loro stessi, che si occupa dei diritti di queste 6.000
persone e dei rapporti tra le comunità e le autorità
comunali e statali.
“Nel frattempo, molti di noi sono partiti per il Perù,
gli Stati Uniti o l'Ecuador. Se la situazione continua a
peggiorare, ci toccherà andarcene e la Colombia rimarrà
senza gitani”, continua Jenny.
La sera si avvicina e un gruppo attacca a suonare canti in
romanès e melodie orientali. Valentina balla, si muove e
fa roteare le mani. Resta solo una domanda: com'è stato
possibile mantenere la tradizione in tutto questo tempo? La
risposta di Jenny è di una semplicità disarmante:
“Non lo so, i bambini sanno di essere gitani, a loro piace
e non facciamo niente per convincerli. Non è difficile,
essere Rom è un orgoglio per tutti noi”.
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Popolazione vulnerabile
Non vivono più nei carri, ma in case di cemento e
mattoni: sono sedentari. Mantengono l'idioma, parente stretto del
sanscrito, e osservano leggi proprie, amministrata e tramandata
dalla kriss degli anziani. Si tramandano saperi e mestieri di
generazione in generazione. Gli uomini artigiani del rame e
commercianti di cavalli e scarpe. Il potere della casa poggia
sugli uomini, mentre alcune donne si dedicano alla lettura della
mano.
Dalila Gómez è una gitana fuori dagli schemi: ha
studiato all'università per coordinare gli sforzi
governativi per la scolarizzazione dei Rom. Si veste di seta, con
colori vivi e monili. Secondo lei, il suo gruppo etnico si
caratterizza per [un concetto di] frontiere più esteso di
quello della società maggioritaria, però giudica
importante l'impegno dello stato perché “prima di
essere un gruppo etnico, siamo una popolazione vulnerabile, e
cerchiamo che i politici si rivolgano a noi e ai nostri bambini
in maniera etno-educativa”.
Vénecer Gómez, un giovane gitano che non
differisce in niente da un qualsiasi studente universitario,
riconosce che “ci sono molte storie attorno al popolo
gitano. Alcune vere, altre totalmente false. Mi sono reso conto
che questo era il momento di farci conoscere”.
Una decisione che l'ha portato a studiare diritto
all'università di Bucaramanga. Dice che la cosa più
dura è stata accettare il fermarsi per anni nello stesso
posto. Ricorda di aver passato l'infanzia di villaggio in
villaggio, e di aver frequentato le elementari in diverse scuole.
“Mi stufa rimanere fermo in un posto” dice. Andai a a
scuola con i documenti di viaggio sotto braccio. I miei genitori
vedevano che non c'era lavoro e allora ci si spostava.
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Gli ultimi gitani
Le tre sorelle Gómez vivono in casa nel barrio El
Poblado di Girón (Santander). Condividono un grande salone
ben arredato e con dei grandi divani che nessuno o quasi adopera.
Il loro tempo trascorre sedute all'aperto, bevendo e osservando
loro fratello Roberto che si fuma quattro pacchetti di sigarette
al giorno. L'unica differenza con le vicine è quando
rispondono al telefono, in romanès, perché
nonostante il cognome e il tetto sulla testa sono gitane
purissime.
Loro padre, Matei Bolochoc, arrivò in Colombia dal
Venezuela all'inizio secolo. Proveniva da Parigi e si sposò
con Ana Teotiste Santos una colombiana che così acquisì
gli usi di uno dei popoli più antichi della terra.
Matei mutò il suo nome in Alfonso Gómez e
assieme ad Ana Teotiste rapidamente si mise in marcia,
rincorrendo con un carro trainato da cavalli i mezzi che da
Medellín arrivavano a San Cristóbal, in Venezuela.
Le sue figlie e Roberto, che poi avrebbe rifatto lo stesso
mestiere con un camion Silverado e la sua famiglia, vissero
quegli anni di polvere e pioggia come i più felici della
loro vita. Lo conferma Consuela a mezza voce: “Arrivavamo
in un paese e all'ingresso montavamo le tende. A volte durava
giorni, oppure settimane. Tutto dipendeva se eravamo graditi al
prete. Uno disse che eravamo ladri e malfattori, ci presero a
sassate, ma non importava. Eravamo libero e potevamo sempre
andare dove si voleva.” Il posto dove furono trattati
meglio è stato Armenia. Gli abitanti del villaggio li
accolsero nel mezzo di una tempesta, che ancora mette paura a
ricordarla.
I nuclei principali di gitani si trovano nei quartieri Atalaya
(Cúcuta), Galán, San Rafael, La Igualdad,
Primavera, Puente Aranda, Nueva Marsella, La Francia y Patio
Bonito (Bogotá), Santa María (Itagüí),
Jardín (Cali), Santa Inés (Sogamoso) e naturalmente
El Poblado, a Girón.
Nei dintorni di Bucaramanga, dove frequentemente piantavano
gli accampamenti, si stabilirono quando la violenza nelle
campagne fu tale da rendere impossibile il viaggiare oltre. Erano
proprietari del miglior locale della zona, il Bar Nebraska, che
aveva un'immensa barra tappezzata di rosso.
Oggi sono circa 150 i gitani che vivono in questa località
della zona di Santander. La maggioranza di loro mostra sulle
finestre un cartello “in vendita”, come simbolo del
loro vagabondare. Nel momento di accendere la quinta sigaretta e
con la terza tazza di caffé in mano in meno di venti
minuti (questo li distingue da quelli arrivati dall'Europa
Orientale, che consumano te nella medesima quantità),
Roberto spiega il perché del cartello: “Serve a
mantenere l'illusione che un giorno tutti potremo rimetterci in
cammino un'altra volta”.
Lui, secondogenito di una famiglia di dieci, viaggia da solo.
Qualche volta si sposta verso Boyacá, dove costruisce
forni per fusione e scappa da suo figlio Venecer, che lo
rimprovera preoccupato ogni sigaretta che si accende.
Occhi azzurri e statura considerevole, Venecer Gómez
Fuentes appartiene alla seconda generazione di una famiglia che
ha fatto la sua piccola fortuna sviluppando il mestiere
tradizionale della forgia del rame. Frequenta il quinto semestre
di Diritto nell'Università Industriale di Santander ed è
portavoce ufficiale del popolo Rom, come loro si definiscono.
Venecer non ha viaggiato con le tende, però conosce il
piacere e anche le scomodità che accompagnano l'essere
nomade della sua famiglia. “Con la Silverado abbiamo
percorso chissà quante strade, portando con noi solo i
cinque piatti per mangiare. Ognuno aveva con sé un sacco
di piume d'oca per ripararsi dal freddo e dalla pioggia”.
Naturalmente parla il romanès e nelal stanza canta canzoni
gitane che ha scaricato da internet. “La maggior parte sono
tristi all'inizio, come questa: Zia, prestami il tuo grembo per
riposare la mia testa pazza e stanca”.
Ma lo stesso è partecipe della tradizione. A 27 anni
non è stato ancora protagonista di uno dei riti
fondamentali: el abiao o matrimonio.
Per i gitani fondare una famiglia è uno degli scopi
della vita e molti lo fanno in giovine età. Senza dubbio,
le norme per sposarsi sono rigide. Gli uomini preferiscono
sposare una donna della loro etnia invece che una gadyi. In
compenso, le donne devono fidanzarsi con un gitano, pena
l'espulsione dalla comunità.
In silenzio, Venecer sembra opporre resistenza a sposarsi. Il
compito di portavoce che ha assunto lo ossessiona. Sa che se non
lavorerà per i loro diritti, i gitani di Colombia
spariranno definitivamente.
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Cari amici, ho il piacere di informarvi che le OnG dei Rom in Turchia hanno deciso di riunirsi come Federazione delle Associazioni dei Rom di Turchia (TROMDEF -Türkiye Roman Dernekleri Federasyonu), email edcinkay@mynet.com .
Di seguito trovate ulteriori riferimenti e un articolo pubblicato di recente
ANA OPRISAN, M.A., Programme Manager
IBC - INTERNATIONAL BLUE CRESCENT RELIEF AND DEVELOPMENT FOUNDATION ULUSLARARASI MAVI HILAL INSANI YARDIM VE KALKINMA VAKFI TURKEY Office Bostancı mah., Cami sok., Cesur apt. no 11 / 3, Bostanci, IstanbulWeb: www.bluecrescent.net Tel.: 0090 216 464 68 82Fax: 0090 216 361 57 45 PAKISTAN Office House no B 270, street 22, Sector E – 7, Islamabad E-mail: ana@bluecrescent.net Tel./fax: 0092 51 265 43 96 - Mobile: 00923015982075
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Mercoledì, 25 gennaio 2006
LE ORGANIZZAZIONI ROM CONTRO I PREGIUDIZI IN TURCHIA Yigal Schleifer 7/22/05
Non hanno ancora il telefono o il computer, alla nuova Fondazione per il Supporto, la Cultura, la Scolarizzazione e l'Autoaiuto dei Rom a Muratli, piccola città 100 Km. circa a ovest di Istanbul, ma l'attività ferve già. E' aperto da quando Yasar Atessacan, presidente dell'associazione, ha finalmente più tempo libero dal suo lavoro che lo porta nei campi attorno alla città.
Atessacan assieme a un piccolo gruppo di Rom di Muratli, hanno presentato la loro associazione due mesi fa, autotassandosi per affittare e risistemare un piccolo magazzino di una stanza. Il quarantanovenne Atessacan, fisico segaligno contornato da baffi sale-e-pepe, racconta che lui e i suo compagni hanno smesso di fumare e reinvestito il denaro risparmiato in questa nuova impresa. La maggior parte di loro, lo stesso Atessacan, campano di agricoltura o caricando balle di fieno sui camion in attesa.
Già da bambino, racconta Atessacan, si immaginava questa fondazione e che potesse difendere i diritti dei Rom di Muratli. “Ci sono famiglie che a fatica possono permettersi di mandare i bambini a scuola. Molti giovani sono senza lavoro. Abbiamo bisogno di case – attualmente un alloggio solo serve a due o tre famiglie”.
I diritti dei lavoratori Rom di Muratli, sono solo un esempio del risveglio civico tra i Rom della Turchia. Negli ultimi due anni, le loro associazioni hanno aperto uffici in cinque città, e in altre cinque apriranno a breve. Dopo decenni di vita ai margini della società turca, sembra che qualcosa possa cambiare.
“Penso a qualcosa di simile all'Europa negli anni '70, quando iniziò a svilupparsi il movimento per i diritti dei Rom” dice la ricercatrice Elin Strand Marsh, che insegna cultura Romanì all'università Bilgi di Istanbul. “Ora sembra che qualcosa del genere possa partire anche in Turchia”.
Ufficialmente, ci sono circa 500.000 Rom in Turchia. Gli attivisti delle comunità dicono che queste cifre risalgono a censimenti ormai datati e ribattono che il loro numero reale sarebbe di 2 milioni. Strand Marsh, assieme ad altri puntualizza che in Turchia i Rom non subiscono gli stessi aperti pregiudizi di altre parti d'Europa, ma la discriminazione è tuttora persistente. Le leggi risalenti al 1930 permettono al governo di rifiutare la cittadinanza e danno poteri alla polizia per controllare “quegli zingari che non abbiano un'occupazione definita”.
Gli attivisti per i diritti umani dicono che i Rom turchi fronteggiano di continuo problemi nell'accesso alla scuola, alla sanità e all'alloggio. Ad Istanbul, secondo un rapporto dell' European Roma Rights Center del 2003, il municipio aveva costruito un quartiere di alloggi popolari per i Rom, circondandolo con un muro alto due metri, che li isolava dal resto della città. Eppure, già questo era un miglioramento per Istanbul, dove i Rom si sistemano in case abbandonate o in aree industriali dismesse.
Atecassan dice che a Muratli la discriminazione nel lavoro è comune, adesso che i raccolti di fieno e di girasole attorno alla città stanno lasciando il posto alle industrie tessili. “I nostri giovani bussano alle fabbriche in cerca di lavoro, ma non lo ottengono a causa della loro origine” dice. “Rimane il lavoro stagionale dei campi. Ma questo non da nessuna sicurezza sociale”.
Così, se l'apparire di queste nuove organizzazione rappresenta un cambio importante, nella loro organizzazione persistono ostacoli significativi. “Abbiamo grandi esigenze. Anche se si sono organizzati, i Rom mancano di esperienza nella gestione di un'OnG, nel raccogliere fondi” dice Ana Oprisan, coordinatrice del progetto di International Blue Crescent riguardo alla comunità Rom.
E' partito un nuovo progetto, un corso di formazione sui diritti umani – a Edirne, con lo scopo di colmare il gap esistente. E' sviluppato dall'OnG turca “Assemblea dei Cittadini di Helsinky, dall'università Bilgi e dall' European Roma Rights Center di Budapest. Intende formare personale che si occupi dei diritti umani partendo dalle situazioni locali. Vi parteciperà anche Edcinkay, un'associazione per i diritti dei Rom che conta un anno di vita.
“Negli ultimi anni, abbiamo notato un miglioramento generale sul tema dei diritti umani in Turchia. Abbiamo potuto osservare immensi progressi riguardo la discussione su questi argomenti, ma i Rom non sono parte di questo progresso” dice Sinan Gokcen di Assemblea dei Cittadini di Helsinky. Aggiunge: “Non hanno alcuna forma di assistenza legale in questo paese”.
Erdinc Cekic, presidente di Edcinkay, spiega che proprio questa è stata la ragione per cui ha fondato la sua organizzazione. “Sappiamo che il problema degli -zingari- dovrà essere discusso [nell'Unione Europea, di cui la Turchia spera di diventare parte], così siamo coscienti che è un tema importante”. Cekic è un piccolo uomo d'affari, attivo nella politica comunale prima di fondare Edcinkay.
E' cresciuto nel quartiere rom di Edirne, ma l'identità familiare non è mai stata messa in discussione. I suoi genitori smisero di parlare il romanès in casa. “La ragione per cui sento di riaffermare la mia identità è politica”, ci dice Cekic, che ha un corpo da orso e una faccia da bambino, durante un incontro nella sede di Edcinkay. “I politici si sono sempre presentati nei nostri quartieri, facendo promesse che non avrebbero mai potuto mantenere, o usando termini umilianti, che mai avrebbero adoperato da nessun'altra parte. Questa è stata la spinta a lavorare per la mia comunità”.
Anche nel suo gruppo, fervono attività ed iniziative. All'inizio di maggio hanno ospitato un simposio sui Rom in Turchia e iniziato a a stabilire contatti con esponenti della politica e delle OnG. Inoltre intendono promuovere borse di studio per giovani.
“Uno dei nostri obiettivi, è formare 10 avvocati, 10 dottori e 10 giudici Rom,” ci dice Cekic. “Allora saremo in grado di cambiare la mentalità delle persone. Non abbiamo altra possibilità, se vogliamo riuscire... La prima cosa da fare sarà cancellare tutti i pregiudizi che la gente ha quando sente la parola -zingaro-”
Editor’s Note: Yigal Schleifer is a freelance journalist based in Istanbul.
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Yasar Atessacan, presidente della nuova Associazione Rom di Muratli.
Erdinç Çekiç (presidente dell'Associazione Rom di Edirne – EDÇÝNKAY), eletto presidente della Federazione delle Associazioni Rom di Turchia
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Di Daniele (del 27/01/2006 @ 01:19:17, in Europa, visitato 1707 volte)
Cari amici,
vorrei segnalarvi l'iniziativa del Comune di Pomigliano, oggi 27
gennaio alle 17 e 30 alla Biblioteca Comunale di Pomigliano,
consistente in un incontro con scolaresche e cittadinanza sul tema
degli stermini dimenticati. Presenti:
-Assessore alla Cultura di Pomigliano S. Salvati;
-Vicepresid. Opera Nomadi di NApoli, Prof. Marco Nieli;
-Avvocato delle MInoranze C. Valle;
-Prof. F. Severina, UNiversità di Napoli;
-UN rappresentante dei Testimoni di Geova;
-UN rappresentante di Amnesty International.
Dopo gli interventi, si prevede un ampio spazio per il dibattito
con gli studenti e gli insegnanti.
Partecipate in massa,
Marco Nieli
Dalle prime indiscrezioni pubblicate sul quotidiano Liberazione (organo di stampa di Rifondazione Comunista) sembra che il partito di Bertinotti non intenda ricandidare Livio Togni al Senato della Repubblica. Siamo molto dispiaciuti di quello che sta succedendo e speriamo che Rifondazione Comunista ripensi a questa scelta. Livio Togni, come molti di voi sanno, appartiene ad una delle più antiche famiglie circensi di origine sinta.
AL SEGRETARIO NAZIONALE DEL PRC ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PRC
Conveniamo che la formazione di una lista da presentare al corpo elettorale sia un momento delicato e complesso. A maggior ragione con la presente assurda legge elettorale che i componenti delle nuove camere,deputati e senatori vengono scelti dal vertice delle segreterie dei partiti e non dal popolo. Gli elettori vengono chiamati a ratificare quanto deciso dai vari vertici dei partiti. Questa è senza dubbio una democrazia improbabile. Premesso che il PRC è formato da diverse anime, è decisamente autolesionista ignorare una componente essenziale,sebbene attigua,che ha contribuito contribuisce alla crescita della forza della sinistra antagonista. Fatta questa premessa, riteniamo che sia un errore clamoroso eliminare dalla lista l'unico Senatore della Repubblica più votato d'Italia per il PRC. Nel Collegio n. 12 il PRC aveva circa 6.900 voti con la presenza di Togni il partito ha fatto un grosso balzo in avanti con 12.326 voti. Un incremento di 5.426 voti. Riteniamo, pertanto, un errore clamoroso eliminare dalla lista un personaggio appartenente alla storica dinastia del circo italiano, che da oltre sei generazioni vive nelle strade del mondo, figlio del leggendario Darix Togni, nato nel circo, nato in viaggio e così cresciuto. La madre di Livio è SINTA e non va trascurato minimamente che nelle liste del nostro Partito nella scorsa tornata elettorale sia stato eletto Consigliere Comunale effettivo a Mantova il SINTO italiano YURI DEL BAR. Anche a Bolzano un Sinto si è presentato nelle liste PRC e numerosi sono i nostri militanti iscritti all’Opera Nomadi. Come potrebbe spiegare Yuri del Bar alle migliaia di Sinti che il Sinto Livio Togni sia stato escluso dalle liste comuniste? In quale imbarazzo si troverebbero i nostri Compagni dell’Opera Nomadi? Infatti Livio Togni ha intrapreso, di concerto con l’Opera Nomadi, in questi anni numerose iniziative in sostegno a due delle rivendicazioni più importanti che riguardano il popolo dei Rom/Sinti soprattutto nel Centro-Nord :
• la questione della legalizzazione (e promozione istituzionale di nuove) delle microaree residenziali autocostruite dai Rom/sinti
• l’integrazione della Legge 211 (Giornata della Memoria) da cui il Parlamento Italiano escluse (oltre ai diversamente abili e gli omosessuali) incredibilmente i Rom/sinti come già aveva fatto con la Legge sulle Minoranze Linguistiche, sempre , purtoppo, durante le legislature dell’ULIVO.
Ancora più grave è che una parte consistente degli artisti, delle artiste e dei lavoratori dello spettacolo viaggiante, nonché i 30.000 SINTI Giostrai (fra cui molti non più Giostrai per la mancata diffusa applicazione della Legge 337/1968) sarebbe privato di un portavoce diretto che conosce la loro vita talvolta piena di stenti, difficoltà economiche, sofferenze e insicurezza per il futuro, sottoposti di frequente alla negazione dei loro diritti da parte delle burocrazie di turno che cercano spesso di sviare e non risolvere. E’ bene ricordare e sottolineare che qualsiasi lavoratore ha la stessa dignità, sia che trattasi di un metalmeccanico, di lavoratore che lavora in un cantiere edile, in agricoltura, in un centro commerciale.... nonché nello spettacolo viaggiante.
Tale scelta intrapresa da una parte del vertice del partito è in contraddizione con la svolta di Salerno operata da Palmiro Togliatti nel 1944, apertura alla società civile e non solo ai professionisti della politica per la costruzione di un partito di massa; nonché con la linea intrapresa sempre da Togliatti nel 1956, dopo il XX congresso del PCUS, diede l'avvio alla “destalinizzazione” del partito, impegnandosi per lo sviluppo di una via Italiana al socialismo. In ultimo, vogliamo riportare un estratto della testimonianza di Angelo Carenzio riportato sul quotidiano la Provincia di Como del 11/01/2006: Pier Amato Peretta, magistrato cui la piazza e poi stata intitolata, in piazza Duomo, esortò i comaschi ad armarsi per difendersi dai nazisti, subito dopo la caduta di Mussolini e l'armistizio. Era il 09/09/1943,12 nazisti entravano in città e Peretta, con molti altri,raggiunse le montagne dalle due sponde del lago di Como. I fucili erano nascosti proprio nella piazza che gli sarebbe stata intitolata, in una gabbia per leoni del Circo Togni.
primi firmatari
Rosanna Masini, Stefano Livero, Antonio Livero, Danilo Cavazzo, Marco Celli, Geny Voto, Ida Napoli, Nadia La Ventura, Valentina Balice, Domenico Cerone, Elisabeth Hiller, Massimo Converso, Kasim Cizmic
Inviatiamo tutti i lettori a firmare la lettera di seguito riportata e di inviarla al numero di fax 06 44182647 o ai seguenti indirizzi e-mail: fausto.bertinotti@rifondazione.it (segretario nazionale) salvatore.alfieri@rifondazione.it (direzione nazionale) FIRMA E INVIA L'APPELLO (al termine dovete solo aggiungere il vostro nome e cognome)
Di Fabrizio (del 26/01/2006 @ 11:40:03, in Italia, visitato 1945 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
Comunicato Stampa: Rosa nel Pugno, giorno della memoria: una targa anche per i Rom, per ricordare i genocidi dimenticati
Milano, giovedì 26 gennaio 2006
La Rosa nel pugno milanese ha richiesto al Comune di Milano, con un appello sottoscritto da importanti personalità del mondo della cultura, del giornalismo e dello spettacolo, di impegnarsi a porre una targa commemorativa del genocidio che i nazifascisti perpetrarono a danno dei Rom e dei Sinti, chiamati impropriamente “zingari”.
I Rom sono ancora oggi una minoranza molto debole ed è importante che le istituzioni si facciano carico di ricordarne lo sterminio in modo da conservare in futuro la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nazionale ed europea, affinché simili eventi non si ripetano mai più e le situazioni di discriminazione verso Rom e Sinti, tuttora esistenti, trovino una chiara e definitiva condanna.
L’appello è stato recepito da alcuni consiglieri di maggioranza e opposizione che lo presenteranno oggi in Consiglio comunale sotto forma di mozione.
Firmatari dell’appello:
Daria Bignardi, Marco Carapezza (Istituto filosofia del linguaggio - Università di Palermo), Leonardo Donofrio (segretario UIL Scuola-Milano), Mister Forest, Xavier Jacobelli, Gad Lerner, Luciana Litizzetto, Giovanni Morandi (direttore de Il Giorno), Moni Ovadia, Alessandro Cecchi Paone, Ottavia Piccolo, Platinette, Roberto Ponticelli (Segretario UIL Milano), Luca Sofri, Santino Spinelli (Prof. di Lingua e cultura romanì all’Università di Trieste), Rocco Tanica (Tastierista del gruppo Elio e le Storie Tese), Ivano Tajetti (Presidente Sez. ANPI Barona),
Per informazioni: Manlio Mele 3336342123
APPELLO AI SINDACI ITALIANI
I sottoscritti cittadini italiani,
Premesso che
-
durante la seconda guerra mondiale, per motivi razziali, furono uccisi circa 500.000 Rom e Sinti nei Lager nazisti dopo essere stati deportati, torturati e sottoposti ad esperimenti come cavie umane; numerosi altri gruppi di Rom e Sinti furono oggetto di aggressioni e vennero uccisi in esecuzioni di massa nei paesi dell’est europeo occupati dall’esercito nazista, mentre altri perirono per fame, freddo, epidemie, bastonate, torture e lavoro forzato;
-
fin dal 1938 il regime fascista intraprese politiche discriminatorie verso i cittadini italiani di etnia rom e sinta, arrivando alla deportazione di massa dalla zona della Venezia Giulia verso il meridione e la Sardegna;
-
dalla fine del 1940 a tutto il 1944 più di 6.000 Rom e Sinti, che abitavano nel nostro territorio nazionale, furono internati in campi di concentramento italiani e non, dove le dure condizioni di vita portarono alla morte di molti prigionieri;
Considerato che
-
nonostante sia ormai appurato che i Rom e i Sinti furono vittime della persecuzione e dello sterminio razziali praticati dai nazifascisti, l’opinione pubblica è per lo più all’oscuro di questa verità storica e nessun luogo pubblico reca una targa commemorativa di questo genocidio;
-
la legge n. 211 del 20 febbraio 2000 «Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti» non menziona il Porrajmos (sterminio dei Rom e dei Sinti);
Considerato inoltre che
l’European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia, nel suo resoconto annuale relativo al 2005, indica i Rom come il gruppo etnico che in Europa deve affrontare maggiori discriminazioni nel lavoro, nell’alloggio e nell’istruzione;
Invitano i Sindaci dei Comuni italiani a
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individuare un’area del territorio comunale dove porre una targa in italiano e romanès (lingua dei Rom e dei Sinti) che commemori le vittime rom e sinte causate dalla persecuzione razziale nazifascista;
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inaugurare entro due mesi, con una pubblica cerimonia, tale targa commemorativa;
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stabilire una data per ricordare ogni anno il genocidio dei Rom e dei Sinti;
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promuovere e patrocinare l’organizzazione di cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto ai Rom e ai Sinti, in modo da conservare in futuro la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nazionale ed europea, perché simili eventi non si ripetano mai più e le situazioni di discriminazione verso Rom e Sinti tuttora esistenti trovino una chiara e definitiva condanna.
Per aderire all'appello
Di Daniele (del 26/01/2006 @ 11:34:54, in Italia, visitato 1631 volte)
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Mercoledì 25 Gennaio 2006 13:12
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IN TRE MOSTRE GLI ORRORI DELL'OLOCAUSTO
E' stata inaugurata a Macerata la mostra sull'olocausto del popolo Rom "Tu taj me - Io e te per vincere il pregiudizio" curata dall'Istituto storico della Resistenza, che si occupa anche dell'organizzazione delle esposizioni "L'infanzia rubata" e "La rosa bianca - Volti di un'amicizia".
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MACERATA - E' stata inaugurata agli "Antichi forni", a Macerata, la mostra sulla cultura e l’olocausto del popolo Rom, dal titolo "Tu taj me – Io e te per vincere il pregiudizio". Resterà aperta al pubblico fino a sabato 28 gennaio dalle ore 9,30 alle 13 e di pomeriggio dalle 16 alle 18,30.
Alla cerimonia d’apertura sono intervenuti, fra gli altri, l’assessore provinciale all’Istruzione e ai Diritti dei bambini, Clara Maccari, e il vice sindaco di Macerata, Lorenzo Marconi. L’iniziativa – promossa dall’Istituto storico della Resistenza – si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per la "Giornata della memoria" che, come noto, è stata istituita – con legge dello stato – il 27 gennaio "per non dimenticare la Shoah".
Altre mostre rientrano nel programma delle manifestazioni coordinate dallo stesso Istituto storico. La prima è quella su "L’infanzia rubata", già inaugurata alla Biblioteca comunale Filelfica di Tolentino, dove sarà visitabile fino a sabato 28. La seconda, invece, dal titolo "La rosa bianca – Volti di un’amicizia" si apre mercoledì 25 all’Itis "Divini" di San Severino. Rimarrà nei locali dell’istituto settempedano fino a sabato prossimo, quando si trasferirà a Civitanova Marche, nel palazzo comunale, dove resterà aperta al pubblico dal 31 gennaio al 6 febbraio.
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Di Fabrizio (del 26/01/2006 @ 10:13:42, in Italia, visitato 2035 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir: Oggi 2006 i venti non sono ancora favorevoli per gli “zingari-nomadi”. L’idea di ricordare per non dimenticare, deve essere per tutte le vittime dell’Olocausto nei lager come quello di Auschwiz. Oggi si parla delle leggi razziali degli anni ’30-’40, ma bisogna ricordare che c’era una Legge che prevedeva di pulire la Germania e l’Europa intera dai Zigauneur, semplicemente perché considerati come degli “asociali”. Addirittura ad Aushwiz esisteva un ghetto nel ghetto, riservato proprio per i Rom e i Sinti: erano le baracche chiamate Zigauneur Lager, proprio per marcare questa divisione dagli altri internati. Non possiamo dimenticare che anche oggi continuano ad esistere i ghetti, sono i campi nomadi. Nei campi di concentramento i Rom e i Sinti avevano le pari opportunità per morire nelle camere a gas, come tutti gli altri prigionieri: Ebrei, Comunisti (prigionieri politici), omosessuali, testimoni di Geova… Anche oggi i Rom, ma solo tra di loro hanno le pari opportunità: lo stesso destino di essere espulsi da territorio Europeo per essere mandati in Kosovo, in Macedonia, in Bosnia-Hercegovina e quando arrivano là, vengono discriminati per non aver partecipato alle varie guerre di “liberazione”. Le loro case bruciate o occupate dai “liberatori”, altri vengono uccisi, addirittura davanti ai rappresentanti (soldati) delle Nazioni Unite: tutto in nome della “democrazia”. Alle baraccopoli dei Zigeuner Lager le donne Rom e Sinte potevano partorire i loro figli, mentre gli altri prigionieri erano divisi: uomini da una parte e donne dall’altra. Questo “generoso privilegio” serviva perché i bimbi Rom e Sinti, dovevano fare da cavie umane per il Dott.Menghele. Anche Eva Justin, altra famosa dottoressa si interessava soprattutto di ricerche sui bambini Rom, la sua attività preferita era la sterilizzazione delle bimbe Rom e Sinte di 14 e 16 anni, solo per evitare la nascita dei nuovi “bastardi asociali”. Oggi tante volte i Rom sono accusati di rapimento dei bambini gagjè (cioè non Rom), anche senza alcuna prova, ma l’opinione pubblica continua a pensarlo, alimentata dai mass media. Tanti gagjè, soprattutto gli operatori nel sociale, gli “esperti Rom”, gli educatori, gli assistenti sociali quelli che “lavorano” per il nostro bene, spesso approfittano della legge per “rubare” i nostri figli e lo fanno approfittando del disagio delle famiglie Rom e li affidano legalmente ai gajè, anche con i contributi delle Istituzioni, infine vengono adottati definitivamente da famiglie italiane. Anche questo è “rapimento”, fatto rispettando la legge, in nome della democrazia…ma guai a dire che sono stati rubati ai Rom, questo non lo si deve dire! Ma devo anche chiedermi, come mai nessuno si è preoccupato di contare le vittime Rom e Sinti nei Lager di Hitler? Si calcola che il numero và dai 700.000 a 1.500.000 vittime Rom. Infine voglio che sappiate che oggi il mio popolo ancora porta sulle spalle le conseguenze dell’esodo nazista di ieri, ma anche dell’esodo dal Kosovo, Macedonia, Bosnia-Hercegovina ancora in atto. Qui a Pisa esiste un progetto per i Rom: “Le città sottili” che tenta un cammino di integrazione, perché noi Rom vogliamo integrarci nella società Italiana ed Europea, ma siete voi gagjè (non Rom) che non ci date la possibilità, voi non volete la nostra integrazione perché avete ancora troppi pregiudizi verso di noi: siamo tutti ladri, sporchi, bugiardi… Le Istituzioni e i famosi esperti Rom, loro per primi devono darci la possibilità di cambiare, o meglio di ritornare alla nostra vita normale fatta di lavoro, di scuola, di una casa permettendoci di camminare con i nostri piedi. Chi altro meglio di noi può raccontare e spiegare la nostra storia, la nostra cultura e le sue tradizioni? Io sono uno dei pochi intellettuali Rom presenti a Pisa e in Italia e la mia “arma di combattimento” è la penna, quindi mi assumo la responsabilità di quanto ho voluto dire con questo mio scritto.
Dzevat Etem, Presidente A.C.E.R. di Pisa
Coltano, 24 Gennaio 2006
Teatar Roma / RomanoTeatro
Chaplin
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Link
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Cari amici, cari visitatori!
Le novità del nostro teatro in queste pagine, vi permetteranno di camminarci lentamente, proprio come Charlie Chaplin dare un occhio, informarvi e conoscere i componenti e il loro lavoro
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Il Teatro Chaplin!
- E' il teatro dei Rom della regione Primorsko-goranska, attivo dal 2004 nella città di Rijeka.
Conta diversi membri, tutti impegnati nel proteggere e promuovere i valori della cultura Rom. Per questo presentano i propri lavori in tutta la Croazia. Intendono anche presentarsi all'estero per stupire gli spettatori stranieri con i loro incredibili shows.
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Perché “Chaplin”?
- Abbiamo scelto il nome del famoso attore perché sua nonna era Romani. Ma non è l'unica ragione!
Ne " IL GRANDE DITTATORE " Charlie Chaplin proclama:
"Ci sarà una grande guerra, un bagno di sangue. Non voglio essere il dittatore in un mondo in cui i poveri soffrono, io voglio un mondo in cui possa far ridere le persone di tutte le razze e culture".
Proprio come Chaplin, i componenti del teatro vogliono portare il sorriso sulla volto di tanti, farli divertire e raggiungere il loro cuore, che siano bianchi, neri o gialli, perché sono tutti uguali davanti a Dio.
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La vita di Charlie Chaplin!
-Chaplin nacque il 16.04.1889. a Londra. Aveva un fratello di nome Sydney, e i suoi genitori divorziarono subito dopo la sua nascita.
Nel 1896, sua madre, Hannah, non era più i grado di badare ai figli e.così tutti furono costretti a trasferirsi. Nel 1910, Chaplin lasciò l'Inghilterra per gli USA, dove recitò come protagonista nelle commedie di McSennett. Nel 1914 divenne popolare con la sua caratterizzazione del clown. Dopo la I guerra mondiale, fndò una propria compagnia, che divenne molto rinomata. Morì il 25.12.1977, lasciando dietro a sè numerosi capolavori che vivranno per sempre.
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