Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
24. 10. 2005 - La presenza Rom europea è stimata tra i sette e i nove milioni,
praticamente la popolazione di un piccolo stato. Circa il 70% di loro vive nei
paesi di recente (o potenziale) adesione alla comunità europea. Pál Tamás
analizza la situazione dei Rom nella Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia,
chiedendosi: la UE può influenzare efficacemente la politica degli stati
membri, in particolare di quelli di recente ingresso? L'articolo è stato
pubblicato su The Analyst, rivista specializzata sui temi chiave della
politica e degli sviluppi economici e sociale nell'Europa Centro Orientale.
[nota del traduttore: molto lungo, meglio leggere a puntate oppure
offline]
Storicamente, la politica europea verso i Rom si è sempre focalizzata
sull'esclusione a priori - attraverso le espulsioni, la ghettizzazione forzata e
il diniego dei servizi - o viceversa perseguendo la loro piena assimilazione,
spesso ricorrendo a coercizioni. Esclusione ed assimilazione forzata condividono
un obiettivo: ridurre la visibilità dello stile di vita dei Rom - singoli o
comunità - marginalizzandoli e infine obbligandoli all'assimilazione.
Le strategie impiegate ricadono in questi quattro gruppi: politiche di
esclusione, assimilazione, integrazione e diritti delle minoranze. Questo
approccio riflette risposte differenti alle due domande di base: s ei Rom devono
essere considerati un gruppo distinto o membri individuali di una società più
vasta, e quanto le politiche romani debbano essere perseguite attraverso misure
coercitive piuttosto che col rispetto dei diritti dei Rom.
La presenza Rom europea è stimata tra i sette e i nove milioni, praticamente
la popolazione di un piccolo stato. Circa il 70% di loro vive nei paesi di
recente (o potenziale) adesione alla comunità europea. Difficile fornire una
risposta precisa alla domanda: quanti sono i Rom in Repubblica Ceca, Ungheria e
Slovacchia?
Nell'Europa Centrale ed Orientale le identità spesso sono confuse e
mischiate. Per questa ragione, è impossibile disegnare una chiara distinzione
tra gruppi etnici in maniera "obiettiva". Un'altra spiegazione è che
durante i censimenti i Rom hanno spesso mostrato paura e riluttanza a dichiarare
la loro identità etnica.
L'ultimo censimento (2001) nella Repubblica Slovacca riporta 89.920 Rom
dichiarati e residenti, circa l'1,7% della popolazione totale. Al contrario
altre fonti - per esempio l'OnG Minority Rights Group con sede a Londra -
stimano in 500.000 la popolazione Rom, cioè il 9-10% della popolazione.
Il censimento 2001 nella Repubblica Ceca riporta 11.718 Rom nel paese, stime
alternative indicano una cifra tra 160.000 e 300.000. Minority Rights Group
indica il loro numero in 275.000, il 2,5% della popolazione (UNPD 2002).
La comunità Rom in Ungheria si dimensiona su circa 600-640.000. Meno di un
terzo di loro si sono dichiarati col censimento.
Le testimonianze più antiche sulla presenza dei Rom nella regione datano
1322, testimonianze di gruppi nomadici con carte di viaggio compilate
dall'imperatore e dal papa. I Rom furono musicisti di corte, lavoratori del
metallo e servirono nell'armata reale ungherese. Le politiche anti-Rom
iniziarono in Europa nel XV secolo e si intensificarono nel regno d'Ungheria nel
XVI secolo, a seguito dell'occupazione turca dell'Ungheria centrale.
Le politiche restrittive continuarono nel XVIII secolo. Leopoldo I dichiarò
fuorilegge i Rom. La politica cambiò con l'imperatrice Maria Teresa e con
Giuseppe II. Entrambe mirarono all'assimilazione dei Rom come cittadini
dell'impero. Furono introdotte misure draconiane per obbligare i Rom a
stabilirsi, pagare le tasse e fornire servizi a favore dei proprietari terrieri.
Altri editti riguardavano la scuola dell'obbligo e la frequenza alle funzioni
religiose.
Questa doppia politica coercitiva continuo per tutto il XX secolo. Nella
Repubblica Cecoslovacca (1918-38) fu votata una legislazione che limitava la
mobilità e i diritti civili dei Rom, riferita ai gruppi nomadici e di senza
casa. La legge istituiva carte d'identità e l'obbligo delle impronte digitali.
Durante la II guerra mondiale l'espulsione dalla società coincise con lo
sterminio fisico. In tutta la regione, i Rom furono il bersaglio di diverse
leggi discriminatorie, e durante l'Olocausto la maggior parte dei Rom Cechi
perì nei campi di concentramento, ma solo alcuni dei Rom Slovacchi andarono nei
campi di sterminio, mentre la maggior parte di loro finì nei campi di lavoro
forzato. Le misure anti-Rom in Ungheria raggiunsero il culmine col 1944, quando
una gran parte di loro fu deportata nei campi di sterminio.
Dopo questa breve introduzione storica, vorrei soffermarmi su come i singoli
paesi europei hanno influito sul destino dei Rom. Solo recentemente queste
specifiche politiche sono diventate una tematica di interesse, per l'intenzione
politica di migliorare la loro situazione. Le cose, tuttavia, non sono cambiate.
La maggior parte dei Rom soffre l'esclusione sociale e la discriminazione, nelle
opportunità di lavoro, nella scuola, nei servizi pubblici, nell'accesso alla
casa. [...] Persistono i pregiudizi in tutta l'Europa Centrale e Orientale.
La maggior parte dei Rom che attualmente risiedono nella Repubblica Ceca sono
originari della Slovacchia, migrati alla fine della II guerra mondiale in cerca
di migliori condizioni di vita e di lavoro. In diversi casi, fu l politica ad
indurre queste migrazioni, destinando i Rom ad aree diverse.
I Rom Slovacchi arrivavano nella Repubblica Ceca lasciandosi alle spalle
miseria ed ignoranza. Vennero organizzati corsi di base per gli analfabeti negli
anni '50 e '60 e scuole speciali (differenziali NdR) nel tentativo di
accrescere le possibilità future. Nel contempo, in alcune aree fu offerta loro
la possibilità di usufruire di corsie preferenziale per gli asili nido e furono
istituite delle classi preparatorie all'accesso. tutto questo, ottenne qualche
successo. Il numero degli analfabeti nella generazione del dopoguerra calò
significativamente. Rimanevano altri problemi.
Negli anni '70 e '80 crebbe in maniera drammatica il numero dei bambini nelle
scuole per handicap mentali. E' un problema che persiste tutt'oggi, anche dopo i
cambiamenti nel sistema scolastico introdotti nel 1989.
La cittadinanza è stata un argomento discusso: nell'Atto Costitutivo del
1969 erano previsti due tipi di identità: come cittadini cecoslovacchi o con
doppia cittadinanza federale estesa al paese di provenienza. Sino al 1993 la
cittadinanza federale ha avuto un puro valore simbolico. Con la dissoluzione
della Cecoslovacchia, in molti hanno acquisito automaticamente la cittadinanza
slovacca, anche se nati nella Repubblica Ceca, avessero lì vissuto per lungo
tempo e lì risiedessero da tempo. Quanti erano cittadini slovacchi nel 1969,
hanno dovuto richiedere nuovamente la cittadinanza ceca nel 1994 - anche se
residenti permanentemente lì da decenni. Le procedure per i Rom si sono
mostrate più complicate, ad esempio: chi dichiarasse di avere una residenza
fissa doveva certificare che fosse almeno di 4 mq per ogni abitante. Fu a
cosiddetta "clausola zingara", che voleva colpire quei Rom con
famiglie numerose che abitavano in appartamenti sottodimensionati. Molto più
facile acquisire la cittadinanza slovacca: era sufficiente aver risieduto
permanentemente in uno dei due spezzoni federali prima che fossero dissolti. Si
ritiene che così furono 150.000 i Rom che sfruttarono questa possibilità.
Già nel 1992, prima della dissoluzione dello stato federale, c'erano timori
ed apprensioni su migrazioni di massa dalla Slovacchia verso la Repubblica Ceca,
paure che in realtà non si basavano su alcun dato di fatto, ma che spinsero il
Parlamento Ceco a proporre una legge anti-immigrazione, che non venne approvata,
ma che durante la discussione fece emergere chiaramente i generali sentimenti
anti-Rom.
Fu nel 1997 che nelle due differenti repubbliche iniziò un "esodo"
che denunciava la volontà dei Rom di rinunciare alla cittadinanza ceca e nel
contempo la richiesta di essere considerati cittadini come tutti gli altri-
Nell'ottobre 1999 la Repubblica Ceca ottenne l'indesiderata attenzione
internazionale, quando un comune nella Boemia Settentrionale votò per la
costruzione di un muro che dividesse i quartieri dei Rom da quelli degli altri
cittadini. I piani furono sottoposti al parere del governo nazionale. ma toccò
alle istituzioni comunitarie europee nel 1999, dare il parere finale sul
progetto.
Il destino dei Rom che vivevano nella parte slovacca fu lo stesso per
decenni: politiche stringenti ed aggressive tendenti alla sedentarizzazione, che
spaziavano dall'impiego alla scolarizzazione, Nel 1959 il governo iniziò una
pressante campagna contro il nomadismo, affiancandola con progetti specifici a rilocare
i Rom dalle aree della Slovacchia Orientale verso le aree ceche. Simili
sforzi vennero compiuti anche per aumentare la frequenza scolastica. In
effetti, la percentuale nella scuola dell'obbligo salì dal 17% del 1971 al 26%
del 1980.
Con i cambiamenti avvenuti nel 1991, il governo slovacco adottò "I
Principi della Politica Governativa Riguardante i Rom", però l'azione del
governo si avviò effettivamente solo alla fine degli anni '90. Dopo le elezioni
del 1998 venne istituito l'Ufficio del Plenipotenziario per le Comunità Rom;
sotto la giurisdizione del Ministero ai diritti umani, minoranze e sviluppo
regionale, guidato da un Rom sin dal 1999.
La situazione dei Rom slovacchi è così caratterizzata: la popolazione è
molto giovane e cresce più rapidamente degli altri gruppi etnici, specialmente
nelle aree più isolate e segregate. Il tasso di natalità slovacco è crollato
dal 15,2‰ del 1990 al 10,7‰ del 1998. Viceversa la speranza di vita
tra i Rom è di parecchio inferiore alla media nazionale, anche se non sono
disponibili dati ufficiali; le stime comparate tra i censimenti del 1970 e del
1980 indicherebbero rispettivamente in 55 e 59 l'aspettativa di vita tra uomini
e donne Rom, confrontata con 67 per gli uomini e 74 tra le donne della
popolazione globale.
Una ulteriore indagine stima 591 aree di insediamento dei Rom in Slovacchia
nel 1998, rispetto alle 278 del 1988. In crescita verticale il numero di chi vi
risiede: da 15,.000 circa nel 1988 ai 120.000 del 1997.
Tra i Rom sono diffusi alti tassi di disoccupazione e dipendenza
dall'assistenza sociale, con l'eccezioni di quanti tra loro vivano in aree
completamente integrate o in insediamenti in regioni con alti tassi di impiego.
Il tasso nazionale di disoccupazione era del 18% nel 2000, mentre tra i Rom era
dell'85% e nelle aree più segregate raggiungeva il 100%.
Una specifica della Slovacchia sono le terribili condizioni delle "osady":
i quartieri di baracche abitate esclusivamente dalle comunità rom. Erano già
1.305 le "osady" a metà degli anni '50, contavano 14.935 alloggi
(l'80% dei quali giudicato inadeguato per viverci) che ospitavano 95.000 Rom.
Il rifiuto di sviluppare le politiche di supporto ai Rom, sta causando
frizioni tra il governo centrale e le amministrazioni locali. In Slovacchia i
servizi essenziali (scuola, alloggio, welfare, sanità) dipendono quasi
totalmente dal potere locale. I sindaci rifiutano di impegnarsi a migliorare le
condizioni dei Rom, adducendo che nel territorio non ce ne sono. Portano a
testimonianza i risultati del censimento, dove sono registrati solo cittadini
"slovacchi". Nel 2004 la cosiddetta rivolta della fame nelle zone
orientali (cfr http://it.groups.yahoo.com/group/arcobaleno_a_foggia/message/261
e seguenti ndr), è stata una perfetta dimostrazione delle disastrose
condizioni di vita dei Rom. Condizioni che perdurano a peggiorare, di pari passo
coi pregiudizi della società maggioritaria.
La rappresentanza politica delle comunità Rom nella regione si è sviluppata
sotto l'influenza della cultura maggioritaria e del sistema politico dominante.
I primi giorni che seguirono la caduta del comunismo furono pieni di speranza
per i Rom dell'Europa centrale ed orientale, ma presto è sopravvenuta la
disillusione.
Ecco alcuni esempi: tra il 1991 e il 1994 si formarono forse una dozzina di
partiti, gruppi e coalizioni politiche Rom in Slovacchia, che poi si divisero e
svanirono per la maggior parte. Attualmente non ci sono Rom nel Parlamento. I
due partiti di Iniziativa Civica Rom e Movimento Politica dei Rom, assieme hanno
raccolto meno di 15.000 voti nelle elezioni 2002.
In Romania, nelle elezioni parlamentari del 2000, il Partito dei Rom ha
mantenuto il monopolio del voto Rom e conta due membri in Parlamento. nelle
recenti elezioni bulgare (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=119
ndr), i partiti Rom hanno ottenuto scarso successo; nelle precedenti
elezioni del giugno 2001, otto di loro avevano formato la coalizione Bulgaria
Libera, che però non aveva raggiunto il quorum previsto del 4%. La coalizione
si era fermata a meno dell'1%, a fronte di una percentuale del 70% dei Rom che
avevano partecipato al voto (secondo stime UNPD, i Rom sarebbero tra l'8 e il
10% dei votanti totali). Vi sono due Rom eletti in Parlamento, uno dei quali in
uno dei partiti Rom. In Ungheria ci sono poco meno di una dozzina di
parlamentari Rom, tanto nella coalizione di governo che all'opposizione, e due
parlamentari europee (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=193
ndr).
Il numero dei Rom eletti attraverso i principali partiti rimane basso e
addirittura si registra una loro diminuzione nell'ultimo decennio. Non ci sono
forti segnali che i Rom votino necessariamente per candidati Rom,
indipendentemente dalla posizione ideologica delle liste che li candidino.
Diverse OnG nei vari paesi indicano che i Rom hanno un voto molto disperso e che
in alcuni casi, siano attratti da partiti che hanno chiare istanze contro le
minoranze.
Virtualmente, non ci sono tra i maggiori partiti politici dei Rom nei tre
paesi, linee guida espressamente identificabili su principi e valori politici e
filosofici, ispirati a un programma anti-discriminatorio. In tutti e tre i
paesi, i Rom sono più politicamente attivi a livello locale che nazionale. La
loro tradizionale leadership politica - con rare eccezioni - appare impreparata,
inesperta e divisa.
Discorso simile per le elites dei Rom ungheresi. Dal 1989, lì si sono
sviluppate numerose politiche e progetti specifici, più che altrove.
Ciononostante, i Rom rimangono tra i gruppi più marginalizzati e le loro
condizioni socio-economiche restano ben al di sotto della media nazionale.
L'Ungheria ha sviluppato un quadro di riferimento nazionale per la protezione
delle minoranze; manca però una legge nazionale contro le discriminazioni e
capitoli anti-disciminatori sono suddivisi in leggi specifiche, come nel campo
del lavoro o della scuola. Nell'ambito del quadro di riferimento, nel 1990 è
stato stabilito un Ufficio per le Minoranze Etniche e Nazionali - NEKH - per lo
sviluppo e il monitoraggio delle politiche specifiche. Sin dalla metà degli
anni '90, il NEKH ha assunto un ruolo guida nei rapporti tra i Rom e il governo.
Dopo le elezioni del 2002, il governo ha stabilito un nuovo Ufficio Rom, sotto
la responsabilità del Primo Ministro, per il coordinamento delle politiche
romani, ufficio presso cui sono stati trasferiti molti dei dirigenti del NEKH, a
cui rimane il compito di sovrintendere alla cultura dei Rom e ai diritti delle
minoranze (cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=191
ndr).
La Commissione Parlamentare per le Minoranze Etniche e Nazionali (Minorities Ombudsman)
è un'istituzione indipendente per lo sviluppo dei diritti delle minoranze e per
indagare sulle lamentele, di conseguenza individuare i rimedi. Secondo l'ufficio
stesso, la maggior parte dei ricorsi avviene da parte dei Rom, principalmente
riguardo ad atti discriminatori. Circa il 48% di questi reclami è indirizzato
verso i governi locali.
Il Minority Act del 1993 allarga i diritti delle minoranze in Ungheria e
stabilisce un sistema elettorale, per cui le minoranze possono formare i propri
corpi elettivi tanto a livello locale che nazionale. Nel 1995 è stato stabilito
l'Auto-Governo delle Minoranze Nazionali.
Dal 1994 non si registrano differenze sostanziali nelle politiche verso i Rom
da parte delle differenti coalizioni di governo. Anche se non si possono
registrare miglioramenti significativi nelle loro condizioni, si è verificato
comunque il riconoscimento che i problemi specifici dei Rom non possono essere
separati da quelli della popolazione maggioritaria.
Uno dei principali limiti del sistema di auto-governo ungherese, è che
chiunque può votare per un rappresentante nel consiglio delle minoranze. Si
ritiene che meno del 10% di chi ha votato per un Rom, era Rom lui stesso. Ciò
è dovuto al fatto che il ballottaggio è distribuito sul voto complessivo,
essendo contro la legge di registrare nazionalità o etnicità dei votanti. In
questo modo, chiunque può avocare l'appartenenza ad una minoranza nazionale,
anche se al solo scopo di influenzare l'esito elettorale. Le modifiche
introdotte nel giugno 2005, hanno consentito di registrare l'appartenenza etnica
dei votanti. Si prevede che in futuro solo chi sarà identificato come
appartenente a una minoranza nazionale, potrà concorrere al voto. Le
organizzazioni Rom hanno ottenuto il diritto di controllare la registrazione dei
votanti. la decisione ha sollevato aspri dibattiti. Alcuni politici rom hanno
attaccato la decisione senza mezzi termini, con l'argomento che molti hanno
paura di identificarsi come Rom, e che così solo un terzo del totale sinora si
sono identificati come tali.
Nella Cecoslovacchia fu con la Primavera di Praga che emerse la prima
rappresentanza dei Rom nel dopoguerra. Nel novembre 1968 il Ministro degli
Interni approvò la costituzione di Unione dei Rom a livello nazionale. La sua
attività verteva a promuovere i Rom come minoranza nazionale. Ma questa
esperienza si interruppe forzatamente l'anno seguente.
Nel 1990 il primo partito Rom prese parte alle elezioni nell'allora
federazione della Repubblica Ceca e Slovacca, e 11 Rom candidati in diversi
partiti vennero eletti in Parlamento. Fu un successo eccezionale, dovuto
soprattutto al clima di generale euforia, con l'opinione pubblica che vedeva i
Rom come vittime del comunismo. Già le elezioni del 1992 videro un solo Rom
eletto al Parlamento. I due gruppi tuttora più significativi nella Repubblica
Ceca sono l'Iniziativa Civica Rom, fondata dopo il novembre 1989 e che contava
nel 1998 circa 12.000 aderenti - l'altro è l'Alleanza Democratica dei Rom.
Il coinvolgimento dei loro attivisti nel processo di integrazione nella
società, registrò un importante progresso nel 1997, con la creazione cella
Commissione Interdipartimentale, divenuta nel 2001 il Collegio Governativo per
gli affari della comunità Romani.
Nel marzo 1990 in Slovacchia, intellettuali Rom registrarono l'Iniziativa
Civica Rom (ROI) presso il Ministero degli Interni, un partito politico Rom su
base nazionale. Nel giugno 1990, concorse alle elezioni assieme al Forum Civico
e a Cittadini Contro la Violenza, tutti movimenti politici che avevano
contribuito alla caduta del comunismo. ROI ottenne quattro seggi nel parlamento
federale cecoslovacco e uno nella Camera Nazionale in Slovacchia.
Tutto il 1990 fu un periodo di grande vivacità politica, che vide nascere
nuove organizzazioni culturali e partiti politici dei Rom. Da lì, iniziò un
lungo periodo che vide il disperdersi del peso politico accumulato. ROI
partecipò da sola alle elezioni del 1992, come partito di ispirazione
indipendente. Raccolse soltanto lo 0,52%. Rimase comunque l'entità romani
politica più influente ed importante del paese. Tra la fine del 1996 e l'inizio
del 1997, crebbero le tensioni interne, che videro la contrapposizione sempre
più netta contro i movimenti degli skinheads. Tensioni che sfociarono in
conflitti più o meno aperti col resto della popolazione e che portarono alla
nascita di un nuovo partito: Intellettuali Rom per la Coesistenza nella
Repubblica Slovacca (RIS).
Sino a metà 1998, ci furono diversi infruttuosi tentativi di riunire i due
partiti, che riportarono però un risultato significativo alle elezioni
municipali di dicembre, con diversi candidati Rom eletti nelle liste del ROI,
del RIS e di altre liste locali indipendenti. Le elezioni videro la
partecipazione di 254 candidati Rom, 8 dei quali concorrevano per posizioni di
rilievo. Alla fine, furono eletti 56 Rom e sei divennero sindaci. Ma anche in
questo caso, il risultato non fu poi ripetuto e i partiti non riuscirono ad
accordarsi per una strategia comune alle elezioni del 2002.
Contemporaneamente, negli anni '90 la situazione dei Rom entrava nell'agenda
politica della Comunità Europea. Cominciava a porsi per gli stati sovrani
la questione dell'accesso alle strutture decisionali, come prerequisito
democratico per accedere all'Unione Europea. Il tema aveva una stretta attinenza
alle politiche di inclusione dei Rom e la Commissione Europea iniziò a
monitorare i progressi compiuti dai paesi candidati, sin dal 1998.
La risoluzione EU del maggio 1989 prevedeva corsi multiculturali per
l'insegnamento della storia, lingua e cultura dei Rom. Nel febbraio 1993 il
Parlamento Europeo adottò la risoluzione 1203 "Sulla situazione dei Rom in
Europa", che conteneva le disposizioni più urgenti per gli stati
candidati. Nel marzo 1994 si tenne a Siviglia il primo Congresso Europeo dei
Rom. Lo stesso anno venne formato il Comitato per la Cooperazione e il
Coordinamento delle Organizzazioni Rom d'Europa; tra i suoi scopi, stabilire una
base istituzionale di azione permanente, tramite un Ufficio per i Rom e
redigendo una Carta dei Diritti dei Rom, per definire la loro posizione legale
in Europa. Nel marzo 2005 l'Ufficio delle Istituzioni Democratiche e per i
Diritti Umani, formò un Punto d'Incontro sulle Tematiche Rom, il cui scopo è
la diffusione di informazioni, favorire la capacità organizzativa dei Rom e
studiare le discriminazioni e le violenze nei loro confronti.
Durante il processo di accesso, il principale canale EU nei paesi candidati
(Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Slovacchia) fu il Programma Phare,
che devolveva parte del budget ai programmi nazionali rivolti alle comunità
Rom. Il totale dei finanziamenti è cresciuto da 11,7 milioni di euro nel 1999,
ai 13,65 del 2000 3 ai 31,35 del 2001.
Un rapido sguardo ai differenti programmi e ai budget impegnati mostrano che
le iniziative (che spaziano nelle aree primariamente dell'antidiscriminazione e
dell'inclusione sociale, della scuola, del lavoro, delle relazioni esterne e
dell'assistenza regionale) hanno un alto potenziale riguardo al miglioramento
della situazione dei Rom. Il loro limite è di essere isolate l'una dall'altra e
di essere scarsamente efficienti per mancanza di coordinamento e di strategie
condivise. Col tempo, le strutture EU stanno mostrando più capacità di
adattamento alle realtà locali e maggiore proattività verso gli stati membri.
Questi diversi processi e cambiamenti, hanno favorito la formazione di
un'elite internazionale tra i Rom. E' strettamente legata alla risoluzione 1203
quando definisce i Rom "una minoranza realmente europea", il parziale
rifiuto delle elites, che rivendicano il carattere non statuale di questa
minoranza e la necessità di norme quadro che li proteggano in quanto minoranza
non-territoriale, di conseguenza la richiesta di uno status speciale europeo.
Le tematiche Rom come istanze transnazionali, il conseguente processo di
formazione politica e adattamento delle politiche nazionali, sottintendono
alcuni limite che attualmente paiono di difficile superamento. Molti Rom hanno
scarse capacità di spostamento e di produrre azioni positive di lobbying, e
rimane da definire quale possa essere l'istanza rappresentativa, il Roma
National Congress di Amburgo o invece la International Roma Union con sede a
Praga? Il popolo, la nazione Rom transnazionale, la nazione della diaspora, o la
minoranza presente in diversi stati, manca una definizione condivisa che
permetta di inquadrare gli interessi e gli obiettivi immediati da proseguire.
Nel frattempo il Roma National Congress spinge sul principio di
autodeterminazione, mentre International Roma Union persegue l'obiettivo di una
nazione senza stato territoriale.
Come intendere questo nuovo tipo di "cittadinanza postnazionale",
nell'ottica dell'integrazione di un gruppo che è stato perennemente
marginalizzato?
Già dai primi anni '90, le elites intellettuali transnazionali, hanno
focalizzato la loro azione nella difesa dei diritti umani e delle minoranze,
controllando che fossero tematiche presenti nelle agende e nei programmi
comunitari europei. Questa strategia ha permesso di ottenere visibilità e
capacità di interloquire a livello europeo e, di conseguenza, nazionale.
Conseguentemente, le strategie governative si sono evolute dalla generale
richiesta di democratizzazione, verso i nodi sociali da dipanare. Questo è
avvenuto per fasi nell'Europa Centrale:
- all'inizio si è trattato di sviluppare le tematiche dei diritti umani, ma
senza ottenere risultati significativi contro le discriminazioni;
- in seguito si è agito per diminuire le discriminazioni sociali ed
economiche, prestando attenzione al particolare momento storico di
transizione, che per molti Rom ha significato la perdita del lavoro e di
conseguenza l'accesso ai servizi essenziali. Occorre tenere conto che ci si
riferiamo a 1,2 - 1,5 milioni di persone, che vivono alla giornata in baia
di discriminazioni e pregiudizi;
- la terza fase vede la necessità del risveglio e della mobilitazione dei
diretti interessati.
Dal 1998 ad oggi, il maggior cambiamento ha riguardato leggi e norme, che
hanno dato spazio a nuove voci e sono la base per azioni future. I Rom hanno
iniziato ad essere identificati come minoranze nazionali. Questa cosa, ha
generato anche apprensioni in diversi stati, in particolare presso determinati
strati di popolazione, che non riescono ad identificare nei Rom alcun fattore
distintivo.
E' anche da ricordare che lo sforzo posto nell'enfatizzazione dei diritti
civili, ha ottenuto più attenzione presso la Comunità Europea che tra gli
stati nazionali. Resta da capire quanto l'Unione Europea può influenzare le
politiche nazionali degli stati membri, particolarmente quelli di nuovo e
recente ingresso.
Pál Tamás, è Direttore dell'Istituto di Sociologia, Accademia
Ungherese delle Scienze.
The article was published in The Analyst, a new quarterly focussed on the key political, economic and social developments in Central Eastern Europe.
(EurActiv.com, Pál Tamás)
- La leggenda della zingara rapitrice (II)
- Sgomberi in saldo
In questo periodo, ci sono numerose notizie estere che dovrei tradurre ma, impegni di lavoro a parte, ci sono alcuni fatti italiani che meritano un po' di
attenzione, diciamo che l'argomento è:
Diritti, Legalità, Sicurezza
Il blog di Miguel
Martinez ricostruisce un recente fatto di cronaca. Non so com' è andata, ma è l'unico che nella melassa di notizie, si discosta da quello che TUTTI ripetono in coro
Vietato guardare i bambini
[...]
Scendo dal treno a Firenze e trovo la città tappezzata di locandine dei giornali, che dicono tutte più o meno,
"nomadi tentano di rapire bambino in pieno centro".
Ancora, la leggenda della zingara
rapitrice...
Compro La Repubblica e La Nazione, dove leggo gli articoli, rispettivamente, di Michele Bocci e di
Amadore Agostini.
Cerco di ricostruire, non quello che è successo, ma almeno quello che scrivono. Abbiamo
una signora di 22 anni (Repubblica, cronaca nazionale) o di 24 anni
(La Nazione), di nome Alessia, con accanto il marito operaio di 40 anni, e il bambino di cinque mesi nel passeggino. Sono turisti provenienti da Sanremo, e sono a passeggio per una delle strade più famose di Firenze, via Calzaiuoli, alle 13.30.
Di sicuro c'è che si avvicinano due donne Rom. La mamma caccia un grande
urlo, le due donne scappano. Una riesce a fuggire, l'altra, "corpulenta e facile da riconoscere" anche per il vistoso e inconfondibile abbigliamento,
viene subito catturata dai carabinieri e portata al carcere di Solliciano
"per tentato sequestro di persona". E' una clandestina rumena, di 34 anni.
Non è chiaro cosa sia successo esattamente, nel "giro di cinque o sei
secondi", come scrive Agostini. La madre afferma che le donne non solo erano chine sulla culla, ma "cercavano di sganciare le cinture del passeggino".
A questo punto, il Commissario Maigret ha tutti gli elementi per ricostruire quello che è successo.
Prima ipotesi.
Un gruppo di persone che chiameremo la Banda dei Rom decide di compiere
uno dei delitti più rischiosi che si possano commettere in Italia. Perché quando scompare un bambino, non si mobilitano solo tutte le forze dell'ordine del paese.
Si mobilitano anche, e spesso per anni, i media e i politici, che tengono sotto pressione le forze dell'ordine e la magistratura.
Per eseguire questo audace colpo, la Banda dei Rom sceglie una città affollata, all'ora di
punta. Una delle città più sorvegliate d'Italia. In una zona praticamente chiusa al traffico: l'esecutore dovrà quindi
fuggire a piedi, dopo il colpo.
A custodire il bambino, oltre alla madre, c'è anche il padre, un signore descritto come
"operaio" e quindi presumibilmente non invalido.
Per compiere la missione, si sceglie l'esecutrice del delitto: una tonda signora, "brutta come una strega", dai vestiti coloratissimi.
Seconda ipotesi.
Due clandestine, che vivono in condizioni inimmaginabili di degrado, girano per uno dei centri più ricchi del mondo.
Penso a Gabriela Calderashi, certo non bellissima, rumena anche lei,
evangelica convinta, clandestina, che ogni tanto mi raccontava spezzoni della sua vita. So che aveva diversi figli, so che poi pensava di andare con il marito nelle Marche. E so anche che in una notte attorno al Natale del 1999, due bambini che di cognome facevano Calderashi
morirono nell'incendio di una roulotte, proprio nelle Marche. Baxtalì... la fortuna sia con te.
Ma torniamo alle due Romnì - donne Rom - di via Calzaiuoli. Forse volevano proprio vedere il
bambino. Perché, per quanto possa sembrare inimmaginabile a molti italiani,
le mamme Rom sono sentimentali esattamente quanto le mamme di Sanremo o
le nonne di Toscolano
Maderno.
I latifondisti bianchi del sud degli Stati Uniti potevano disporre come volevano delle loro
schiave. Mentre fino a tempi molto recenti, un nero che fosse sospettato di aver concupito una donna bianca veniva immediatamente linciato.
Allo stesso modo, quello che è la normalità per qualunque donna bianca - sciogliersi in complimenti per bambini casualmente incontrati per strada - è
delitto per le donne Rom.
Stanotte c'è in carcere una donna che avrà sicuramente mille difetti, che sarà veramente
brutta come una strega, ma che rischia anni di carcere per una leggenda metropolitana, deliberatamente alimentata da
persone come Bruno Vespa.
Sempre da Kelebek
SGOMBERI = LEGALITA' è la parola d'ordine che unisce Milano
a Bologna.
Con qualche ovvio mal di pancia e parecchi distinguo, nella sinistra storica,
che rischia di vanificare uno dei suoi punti della guerra allo sceriffo
Albertini, e di sparare al Tex Willer di Bologna (classe Sesto San
Giovanni e Bicocca, comunque).
E per la mia noia nel dover scegliere tra il "bertinottismo"
(impallinare qualcuno, purché sia un alleato di sinistra) e la scelta
tra una destra e una sinistra che, all'atto pratico, soffrono delle medesime
miopie.
Non intendo parlare oltre del solito teatrino nazionale, ma questa premessa
"politica" era necessaria, per capire alcuni corto circuiti mentali
tipici dei media, della gente comune, degli intellettuali e dei politici
europei.
Se a Milano gli sgomberi sono all'ordine del giorno (anche per una presenza
di insediamenti illegali - Rom e no - ben più estesa), a Bologna sembra ci sia
sorpresa per questa svolta autoritaria.
Ma è la stessa Liberazione che svela che il Reno era a rischio
per le copiose piogge. Qualsiasi giunta aveva il dovere di sgomberare le roulottes e le
baracche. Se la giunta chiude gli occhi, il sindaco ha fatto bene ad
intervenire.
Il problema "politico" per la sinistra è nel chiudere gli occhi e
sperare che l'abusivismo e gli abusivi siano in grado di badare a se stessi, senza
rompere le palle ai comuni e ai votanti. Che siano invisibili. La piena di
un fiume, chissà quanti indesiderati avrebbe fatto emergere.
La sinistra storicamente ha sempre combattuto contro gli abusi edilizi,
perché ha sempre riconosciuto il patrimonio pubblico come patrimonio della
collettività. Collettività, di cui gli stessi "abusivi" fanno parte
e devono godere, con pari diritti e doveri per tutti.
La distanza tra destra e sinistra non sta nella parola d'ordine della legalità:
ma nel coniugarla col darwinismo sociale piuttosto che con i diritti.
In parole povere: quando le ruspe intervengono, c'è la buona abitudine di non danneggiare le proprietà degli sgomberati (per quanto abusivi) e, visto la stagione, di assicurarsi che abbiano un posto dove andare.
Queste regole elementari valgono per tutti, a meno che la legge non prescriva (la cosa mi sfugge) che i Rom siano una categoria a parte e per loro il diritto non esista.
Rimando a voi la palla: se non esiste diritto, su cosa poggia la legalità?
Ma, sono così importanti le questioni di principio? Dipende: ad esempio sono
quelle gabbie mentali che ci permettono (a noi società maggioritaria e più
o meno regolare) di dividere il mondo in ladri e onesti, lavoratori e
sfaticati, cittadini e clandestini...
Poi, se permettete, esistono le questioni pratiche... Leggendo i giornali,
vengo a sapere che a Milano la giunta di destra smantella ville
(abusive) hollywodiane (sarà...), e a Bologna la sinistra un campo
(abusivo) di disperati. Quello che manca in queste cronache, è che non c'è
bisogno di casi estremi: in tutta la pianura padana casi simili si ripetono a pioggia in provincia di
Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Verona, Reggio Emilia... Famiglie di
Rom e Sinti che hanno un terreno di proprietà, ma condannati a non
stabilirvisi. Non chiamateli Nomadi, sono
sfollati, persino il termine "abusivi" è molto più rispettoso, perché
l'abusivo ha diritti e il Rom no.
In Kossovo sono rimpatriati a forza, e chi aveva una casa ora finisce
in un campo per rifugiati. In Gran Bretagna (ne ho scritto parecchie
volte) sono 10.000 i Rom e Viaggianti a rischio sgombero. Se non si trovano soluzioni, riempiremo le strade di nuove
carovane che, permettete anche a me un'immagine forte e scandalosa, "diffonderanno
il virus dei Nomadi in giro per il paese" (da leggere con sottofondo di
colonna sonora di film horror).
E intanto novembre è alle porte, e nessuno ha voglia di giocare all'allegro campeggiatore perché anche l'anno prossimo si vota.