Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Grazie al lavoro dell'UNICEF in Uzbekistan, i membri della comunità
rom conoscono ora i pericoli dell'HIV e chiedono attivamente il parere medico -
By Matthew Taylor
TASHKENT, Uzbekistan, 20 maggio 2009 – Yurunatuz è una comunità rom a
Margilan, Uzbekistan. L'uso di droghe per endovena è comune, come la mancanza di
conoscenza sull'HIV. Su una popolazione di 810, 10 sono morti recentemente di
AIDS.
Halida, che lavora con l'UNICEF, sta aiutando attivamente la comunità nella
prevenzione dell'HIV/AIDS. Sogna che un giorno i residenti di Yurunatuz
affrontino apertamente la questione dell'HIV e pongano fine all'uso di droghe
per endovena. Lavora per la Clinica Numero Quattro e recentemente ha ricevuto
formazione per la campagna sponsorizzata dall'UNICEF. I Rom una volta andavano
dai guaritori tradizionali per curare le loro malattie. Ora vanno da lei.
"Sono un gruppo molto unito ed ora credono in me, singolarmente e come
gruppo," dice.
Partner nella qualità di vita
Yurunatuz è una comunità tra le tante in cinque regioni che stanno ricevendo
appoggio dall'OnG "Hayot Sifati Hamrohi" (che significa Partner nella qualità di
vita) assistita dall'UNICEF. L'OnG aiuta persone come Halida ad aumentare la
consapevolezza sull'HIV e cambiare gli atteggiamenti per fermare la sua
diffusione.
L'UNICEF sta anche lavorando in tutto il paese per combattere i recenti
scoppi di HIV che si ritiene siano il risultato di pratiche mediche insalubri.
Ha spedito equipaggiamento medico nella provincia orientale del Namangan.
L'equipaggiamento è anche sulla strada per la vicina provincia di Andijian.
Risposta immediata
Il nuovo equipaggiamento- inclusi kit medici monouso che riducono il rischio
di trasmissione accidentale dell'HIV - è parte della risposta immediata
dell'UNICEF in appoggio agli sforzi del governo per combattere l'HIV/AIDS in
queste regioni, migliorando la sicurezza dei pazienti nelle istallazioni
sanitarie.
"Il kit monouso è il primo passo vitale nel rendere più sicura la sanità e
combattere l'HIV/AIDS nell'est. La nostra risposta comune è stata rapida.
Naturalmente siamo qui per aiutare in tutte le aree per fermare la diffusione
dell'HIV in Uzbekistan," ha detto Mahboob Shareef, rappresentante locale
dell'UNICEF.
Una serie di misure più ampie sono state concordate per affrontare l'HIV e le
tematiche relative nelle regioni. Includono un piano d'azione con le autorità
regionale per la prevenzione dell'HIV tra le donne, bambini ed adolescenti, come
pure per un miglior trattamento e cura delle donne e dei bambini affetti da HIV.
Fiducia stimolante
Nel frattempo, la fiducia che Halida ha stimolato nella comunità rom, ha
portato a diagnosticare e trattare nuovi casi.
"Una madre era preoccupata perché suo figlio aveva l'HIV, dato che si drogava
parecchio," dice. "Mi ha chiesto di aiutare suo figlio a fare un test HIV, ed il
ragazzo è risultato positivo. Da allora è stato seguito e curato."
L'artista fotografa serba Tijana Pakic Feterman in questo momento espone a
Belgrado le sue foto di giovani zigane che Bajram Haliti ha visitato e
apprezzato:
Tijana PAKIC-FETERMAN espone attivamente dal 2000 in Serbia e nel mondo
(Austria, Danimarca, Francia, Russia). Questo ultimo lavoro intitolato ČAROLIJE
è una serie di ritratti-foto di giovani zigane dai 7 ai 15 anni, realizzate
all'interno delle bidonville di Belgrado dove vivono.
Čarolije è una parola serba che si traduce letteralmente per magie. In questo
preciso contesto, Čarolije designa l'incanto, il carisma e l'aura di queste
giovani donne che trapassano l'obiettivo.
L'apparenza e la postura di queste damigelle zigane fanno direttamente
riferimento alle foto delle riviste di moda. Si evitano così gli stereotipi dei
foto-reportage sulla rappresentazione delle minoranze zigane (cattive condizioni
di vita, povertà, discriminazione). L'artista porta avanti il paradosso delle
foto di moda, dell'elitismo e del glamour, confrontato alla bellezza naturale e
magiche di queste ragazze gitane. Il gioco continua con la scelta di utilizzare
la luce naturale e dei decori imperfetti (drappi ripassati male, mal piazzati)
per accentuare il fatto che non si tratta di vere foto di moda, ma di ritratti
realizzati in uno studio fotografico improvvisato in mezzo alla bidonville, e
che rappresentano le ragazze come sono.
Le questioni di nazione, d'appartenenza etnica e religiosa, particolarmente
nelle regioni dell'ex-Jugoslavia sono sempre alla frontiera del tabù, e
fotografare la popolazione rom, come comunità che non è particolarmente
integrata in queste società è una tematica sfruttata unicamente attraverso degli
stereotipi. La novità che l'artista apporta col suo lavoro è giustamente di
trasporre queste giovani rom nel glamour del mondo della moda, propone così di
interrogarsi abbordando elementi di riflessioni sulla tematica proposta.
Queste giovani non sono mai sposate, condizione obbligatoria perché possano
essere fotografate in questa maniera, cosa che le rende, loro ed il progetto
nell'insieme, ancora più esclusivo.
La televisione pubblica ceca ha ritirato la trasmissione di uno spot della
campagna del Partito Nazionale di estrema destra. Questo spot per le europee
parlava di una soluzione finale alla questione rom. Il governo l'aveva
condannato come un incitamento all'odio razziale. Il presidente della
Commissione per i media si felicita di questo ritiro:
"Proporre una soluzione finale, evidentemente ricorda qualcosa. E penso che
nonostante la legge, in questo caso debba applicarsi una legge superiore, la
legge morale. sono molto felice che oggi si sia messo da parte questo annuncio",
ha spiegato.
In questi ultimi mesi, gli episodi di violenza contro la comunità rom si sono
moltiplicati nella Repubblica Ceca. Il Partito Nazionale non è il solo ad
alimentare il razzismo. I neonazisti del Partito Operaio organizzano
regolarmente marce anti-rom e sperano di passare anche loro alle elezioni
europee.
La comunità rom del paese rappresenta dall'1,6 al 3% della popolazione e si
dice vittima di discriminazioni in materia di alloggio, istruzione, impiego o di
cure.
Helsingin Sanomat
First published in print 16.5.2009 Il sindaco Pajunen vuole una nuova legge per proibire
l'accattonaggio By Jussi Pajunen (sindaco di Helsinki) Un libro
di Kimmo Oksanen pone il fenomeno nel contesto europeo
Un nuovo libro del giornalista Kimmo Oksanen, Kerjäläisten valtakunta – Totuus
kerjäävistä romaneista... ja muita valheita (Il Regno dei Mendicanti - la
Verità dei Rom Mendicanti e Altre Bugie) è un libro di mio gradimento.
Non è una proclamazione. Non contiene alcuna singola verità.
Pone un fenomeno che esiste di fronte ai nostri occhi nel quadro europeo di
riferimento. E, soprattutto, racconta dei Rom che mendicano, che sono tra noi.
Sta al lettore tirare le conclusioni. Il testo si divide in due parti: Finlandia
ed estero.
Per me, gli eventi ad Helsinki ed in Finlandia sono riportati circa nella
stessa maniera che ho sperimentato nel mio ruolo di Sindaco di Helsinki.
Gli eventi partono dall'inizio del 2007, quando Romania e Bulgaria diventano
membri della UE. Un gruppo di Rom mendicanti dalla Romania ha fatto sbarco ad
Helsinki.
Nelle nostre strade siamo costretti a testimoniare ad un fenomeno estero.
Qualcosa che è familiare a chi ha viaggiato, ma nel contempo è strano vederlo
sui nostri marciapiedi.
Molti sentono che è un affronto alla società del welfare che noi
apprezziamo così tanto. "Qui nessuno deve mendicare."
Oksanen da una faccia ai mendicanti Rom. Sono persone proprio come noi. Persone
che hanno sviluppato il loro proprio modello per sopravvivere nei secoli.
Mendicare è la loro professione. Mendicare non è illegale in Finlandia.
Non tutti i Rom sono mendicanti. La maggior parte di loro sono cittadini
ordinari che soffrono povertà e discriminazione.
Questo appare nella parte del libro che riguarda la Romania. Ci sono anche
gruppi di Rom che commettono crimini.
Secondo Oksanen, non ci sono segni di una più vasta invasione di crimine Rom. In
altri paesi europei è norma.
Una parte interessante del libro riguarda un paragone tra le nostre
azioni e la realtà di certi paesi europei. Si stima che ci siano circa 200
mendicanti Rom in Finlandia. In Italia, le stime parlano di 70.000 Rom dalla
sola Romania.
Paura e fenomeni razzisti contro gli immigrati scuotono le fondamenta della
democrazia in quel paese. Qui in Finlandia, e ad Helsinki, siamo molto lontani
[da quei fenomeni].
I mendicanti nelle nostre strade sono una parte minima rispetto all'Italia.
Fortunatamente per noi.
Il libro dettaglia la storia dei mendicanti nelle nostre strade. Da una
parte, la storia della gente che mendica e dall'altra, le reazioni ufficiali a
questo fenomeno.
I diversi dipartimenti della Città di Helsinki sono perciò in una posizione
chiave. Posso dire di provare un tiepido senso di orgoglio che molti incaricati
cittadini hanno reagito prontamente alla forte crescita della popolazione
migrante nella nostra città.
E' una buona idea di essere proattivi. Così agendo, possiamo essere preparati a
confrontarci con un aumento dei crimini. D'altra parte, tenere la questione in
forte considerazione può avere un effetto diretto nel prevenire l'aumento
ulteriore del fenomeno dell'accattonaggio.
Oksanen descrive le reazioni dei vari gruppi ai mendicanti che arrivano
nel nostro paese. Da molti quartieri inaspettati arrivano resistenze.
Il fatto che loro stessi non vogliano avvalersi dei nostri servizi di welfare,
per molti è duro da capire.
Ho smesso di pensare quanto del nostro modello di welfare si è inavvertitamente
mutato dall'essere un benefattore ad essere sistema chiuso.
Kimmo Oksanen offre una vasta considerazione nel suo libro alla domanda
su come aiutare i Rom nel loro paese. E' facile concordare col suo pensiero. Il
Consiglio Cittadino di Helsinki recentemente ha approvato la strategia per
l'attuale termine elettorale, richiedendo la progettazione di una responsabilità
globale della città.
Il mio personale punto di vista sull'accattonaggio per strada è chiaro.
Non voglio che questo tipo di professione si radichi qui. Non è parte della
nostra cultura.
Sarebbe bene se l'accattonaggio fosse contro la legge. Sfortunatamente non
abbiamo cercato e testato le ordinanze cittadine a nostra disposizione .
Sarebbero uno strumento più flessibile. "Non si può mendicare o sollecitare".
Ma... ogni mendicante Rom deve avere lo stesso valore di ogni altro essere
umano. Potrebbe essere uno di noi. Ognuno di noi potrebbe essere uno di loro.
Di Fabrizio (del 24/05/2009 @ 09:47:54, in Italia, visitato 2555 volte)
Ricevo da Watching the Sky Group
COMUNICATO STAMPA - Gruppo EveryOne: "I dati che diffonde sono immaginari
e rientrano in una vergognosa propaganda. Siamo costernati di fronte alle
esternazioni xenofobe del Pd milanese, basate su vili pregiudizi nei confronti
di una minoranza tutelata nell'Unione europea. Presenteremo un esposto alla
Procura per istigazione all'odio razziale".
Milano, 22 maggio 2009. La sezione milanese del Partito Democratico, in
controtendenza rispetto alla sinistra europea, scaglia un attacco contro i Rom a
Milano, giudicando le azioni di polizia e le innumerevoli espulsioni attuate
durante la giunta Moratti come "una politica per la sicurezza inesistente".
"Il sindaco, dopo la visita di Maroni," afferma la consigliera del PD Carmela
Rozza, "ha sostenuto che i Rom a Milano, sarebbero scesi da 5.000 a 3.500 in un
anno. Non è vero, perché sono ancora più di 5.000". Ma al Pd non basta
contestare i numeri. "Violando le Direttive europee e la stessa Carta dei
diritti fondamentali nell'Ue," spiegano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario
Picciau, leader del Gruppo EveryOne, " gli esponenti del Pd milanesi, per bocca
del loro capogruppo Pierfrancesco Majorino, sollevano ancora riguardo ai Rom
un'emergenza sicurezza che è solo una vile strumentalizzazione politica. I Rom a
Milano sono meno di 2.500 e sono in continuo calo. I dati forniti dal sindaco
sono molto più vicini alla realtà. Il Pd dovrebbe protestare contro le azioni
poliziesche simili a pogrom, che colpiscono a un ritmo quotidiano famiglie
innocenti, mettendole in mezzo alla strada e causando una morìa di esseri umani,
soprattutto fra i bambini, donne incinte, malati". In effetti, visitando gli
insediamenti autorizzati e quelli cosiddetti "abusivi", si fa fatica a
raggiungere le 1.500/2.000 unità. "Ma non è tutto, " prosegue EveryOne, "perché
almeno mille fra i Rom che sopravvivono a Milano circondati da odio razziale,
violenza e abbandono, vorrebbero rientrare in patria, ma non hanno il denaro per
rinnovare i documenti e pagarsi il biglietto. Abbiamo chiesto personalmente,
durante incontri faccia a faccia, all'onorevole Gianfranco Fini, Presidente
della Camera, e all'onorevole Alfredo Mantovano, sottosegretario del ministro
dell'Interno, di stanziare fondi per rendere possibili i rimpatri volontari. A
Milano, bastavano 150 mila euro. Li hanno negati, ma ne hanno stanziati 10
milioni per mettere in sicurezza i campi-ghetto e sgomberare brutalmente e senza
alternative sociali gli insediamenti ancora esistenti". I dati sulla presenza
dei Rom sul territorio milanese derivano da un attento e preciso monitoraggio,
confermato nel corso delle visite che il Gruppo EveryOne ha condotto
recentemente a Milano, accompagnando due delegazioni di studiosi, politici e
attivisti con il massimo grado di competenza sulla cultura e la vita del popolo
Rom nell'Unione europea: da Viktoria Mohacsi a Istvan Fenyvesi, da Katalin
Barsony alle rappresentanze dell'OSI, dell'ERRC e del Coordinamento Sa Phrala.
Il Gruppo EveryOne ha inviato una lettera di protesta ai vertici del Pd italiano
e del Pse contro le dichiarazioni degli esponenti del Pd milanese, improntate
alla calunnia etnica e all'istigazione all'odio razziale. Contemporaneamente,
hanno presentato un esposto presso la Procura della Repubblica di Milano
prefigurando gli estremi degli stessi gravi reati contro l'umanità.
"Cosa significa per te scuola speciale?" "Scuola speciale è la scuola
zingara." (Bambina rom di 12 anni, allieva della scuola elementare speciale di
Pavlovce nad Uhom)
Ogni bambino ha diritto all'istruzione senza discriminazione. In Slovacchia, un
gran numero di bambini rom vede negato questo diritto.
La maggior parte è obbligata a frequentare "scuole speciali" o classi per
bambini con disabilità mentali, o viene segregata in scuole o classi ordinarie
per soli rom, dove studiano un programma ridotto in un isolamento virtuale dagli
altri alunni. Studi indipendenti stimano che circa l'80% dei bambini che
frequentano le scuole speciali della Slovacchia sono rom.
Le scuole speciali destinate a bambini con disabilità mentali forniscono ai
bambini rom programmi di qualità inferiore e ridotti. Esiste uno scarto di
quattro anni tra i programmi delle scuole primarie speciali e ordinarie, ciò
significa che i bambini di dieci anni nelle scuole primarie speciali apprendono
un'alfabetizzazione di base.
"Nella settima classe della scuola speciale ho imparato le stesse cose che
avevo imparato nella scuola ordinaria" (Ragazzo rom di 14 anni, che si è scoperto essere collocato erroneamente in
una scuola speciale).
Una scuola speciale di Pavlovce nad Uhom è una delle scuole segregate di fatto
in Slovacchia dove il 99,5 % dei circa 190 alunni sono bambini rom. Secondo una
ricerca di Amnesty International, questa non è un'eccezione. L'Organizzazione
teme che il modo in cui sono condotti gli accertamenti e i criteri utilizzati
per collocare un bambino in una scuola speciale possano equivalere a una
discriminazione, poiché, di fatto, non tengono conto delle differenze culturali
e linguistiche.
Amnesty International ritiene che in Slovacchia migliaia di bambini rom siano
collocati erroneamente in scuole speciali o segregati in scuole per soli rom.
Il fallimento del governo slovacco nel fornire un'istruzione adeguata a tutti i
bambini rom compromette il loro futuro nel campo dell'istruzione e nelle
prospettive lavorative e aumenta la marginalizzazione e la povertà delle persone
di etnia rom.
Amnesty International sollecita il governo slovacco a porre fine alla
discriminazione razziale nell'istruzione e ad affrontare le gravi violazioni del
diritto all'istruzione per i bambini rom.
Guarda il
video sui bambini rom in Slovacchia (in inglese)
Dušan Čaplovič
Deputy Prime Minister for Human Rights and Minorities
Sekcia ľudských práv a menšín, Úrad vlády Slovenskej republiky
Nám. slobody 1
813 70 Bratislava
Slovakia
Fax: +421 2 52 491 647
Email:podpredseda@vlada.gov.sk
Egregio Vice primo ministro,
Le scriviamo per esprimere la nostra preoccupazione circa l'alto numero di
bambini di etnia rom segregati in scuole e classi speciali in Slovacchia.
Secondo la nuova Legge sulla scuola, la discriminazione nell'istruzione,
particolarmente la segregazione, è illegale. Tuttavia, nessuna misura è stata
ancora presa per assicurare che questa proibizione sia attuata nella pratica. La
esortiamo, quindi, a rivedere il mandato del Centro nazionale slovacco per i
diritti umani al fine di assicurare che si conformi agli standard degli altri
organismi sui diritti umani che monitorano la legge anti-discriminazione e la
sua attuazione. Il Centro dovrebbe avere l'autorità avviare indagini proprie, di
indagare sulle denunce individuali e raccomandare soluzioni; di monitorare e
sanzionare la segregazione.
La sollecitiamo, inoltre, a raccogliere in modo sistematico i dati, disaggregati
in base al genere e all'etnia, importanti per poter monitorare la portata della
segregazione e riuscire ad eliminarla.
Inoltre, La esortiamo a definire la categoria degli studenti di provenienza da
ambienti socialmente svantaggiati, termine comunemente usato per i bambini rom,
in modo che si possano distinguere dagli studenti con disabilità mentali. Nessun
bambino senza una reale disabilità mentale provata dovrà mai più essere
collocato in una scuola speciale.
Le ricordiamo, infine, che la scuola elementare speciale nella cittadina di
Pavlovce nad Uhom resta una scuola segregata per soli rom; molti bambini di
etnia rom vi sono stati collocati erroneamente e si vedono negare un'istruzione
di qualità. Siamo a conoscenza del fatto che questo caso è giunto all'attenzione
del governo slovacco, la sollecitiamo, dunque, a cogliere questa opportunità e
ad assicurare che il nuovo anno scolastico metta fine all'istruzione segregata
per i bambini rom di Pavlovce nad Uhom.
Lunedì 25 maggio 2009 ore 11.30 presso il Naga in
via Zamenhof 7a
"Ordinanza storica del TAR di Milano sui sinti italiani di Gambolò: accolto il
ricorso presentato dal Naga e sospeso lo sgombero coattivo. Le differenze sono
una ricchezza culturale da tutelare, non da tollerare."
Intervengono:
Pietro Massarotto avvocato e presidente del Naga
Franco Ovara Bianchi cittadino italiano di origine sinti, residente in Gambolò
"Che tu possa essere sano e fortunato" è il saluto che sinti, rom, gitani si
scambiano ad ogni incontro. Ed è lo stesso saluto che ha aperto, alla facoltà di
lettere di Palermo, la presentazione di "Yek dui trin..Rou(t)e", il libro che
raccoglie racconti, esperienze e progetti con il popolo Rom di Palermo. Cinque
anni di incontri, di timori superati, di battaglie,o difficili da racchiudere in
130 pagine. Sfogliandole però si entra in uno spaccato di vita e si varca la
soglia del pregiudizio e del luogo comune per entrare nella cruda esistenza di
una comunità che giorno dopo giorno prova a difendere identità e radici e cerca
una cittadinanza negata nonostante 20 e più anni di residenza. "Venite a dormire
nel nostro campo per due o tre giorni per conoscerci" è l’invito
provocatorio di Hasan Salihi, musicista rom kossovaro, rappresentante della
comunità di Palermo. "Trovereste tante sorprese ma vi imbattereste anche con i
nostri nemici: i topi, le fogne a cielo aperto, l’assenza totale di servizi".
La parola residente, cittadino suona strana e sembra quasi il tradimento di
quella che comunemente è considerata la vocazione di questo popolo:il nomadismo.
"Anche questo è un pregiudizio duro a morire" spiega Alexian Santino
Spinelli, docente di cultura rumena all’università di Chieti, poeta e musicista
rom( in foto). "In realtà il popolo romanì è una nazione senza territorio, ma in Italia
ben il 70% dei rom vi risiede stabilmente". Il professore fa un excursus storico
delle vicende del suo popolo e racconta la fuga dall’India, le persecuzioni
sotto il nazismo, il loro sterminio sotto l’indifferenza di tutti. "Quale è
stata la nostra arma di difesa? Una mano tesa che chiede insistentemente. Chiede
l’elemosina per sopravvivere, ma chiede anche una sicurezza, domanda una patria
e una dignità negata". Le parole cadono come macigni nell’aula magna di lettere,
dove alcuni operatori sociali denunciano l’assenza delle istituzioni e
l’utilizzo improprio delle risorse che la comunità europea ogni anno destina ai
campi nomadi. "Solo per Roma vengono assegnati due milioni di euro ogni anno: ho
chiesto case per la mia gente e anche per i romani, ma nessuna risposta è mai
arrivata, ci si disperde in mille progetti che non risolvono i nostri problemi".
"In realtà manca il coraggio di passare da una società multietnica ad una
comunità interculturale dove i rom non sono mediatori, ma rappresentanti di un
popolo e protagonisti del loro presente", conclude Nazzareno Guarnieri, rom
abruzzese, presidente della Federazione italiana rom e sinti. A Palermo in
questi cinque anni si è molto investito in questa direzione, dai tornei
sportivi, ai laboratori di conoscenza, alla lotta alla dispersione scolastica,
ma molto resta da fare per sollevare questo velo che inevitabilmente separa la
città dal campo.
Manca il coraggio di mettersi in cammino al fianco di questo popolo e forse la
presentazione di questo libro prova a tracciare un sentiero comune percorribile
da tutti: rom e palermitani insieme, provando ad essere per una volta tutti
"figli del vento", come cantava De Andrè.
Gli "Zigani" ritrovano pezzi di memoria
Swissinfo.ch par Isabelle Eichenberger
Passaporto svizzero di Thedo ed Anna B. annullato nel 1931
e mai rinnovato (Archivi federali svizzeri)
La Svizzera non è mai stata tenera con la "sua" gens du voyage e s'è
superata durante la II Guerra per liquidare il problema degli Zigani che
scappavano dallo sterminio nazista. Un libro infine chiarisce questa zona
d'ombra della politica dei rifugiati.
Primo caso illustrato: l'attuale presidente dell'associazione yéniche di
Svizzera, Robert Huber, è stato internato nel penitenziario di Bellechasse a 17
anni, in mezzo ai criminali, giusto perché faceva parte di questa minoranza di
"asociali".
Secondo caso: Anton Reinhard, giovane Sinto tedesco rifugiato in Svizzera,
espulso nel 1944 verso la Germania, dove fu ucciso nel 1945.
"Perseguitati già sotto l'Ancien Régime, gli Yénich e gli altri
"Zigani" hanno sofferto molto nel XX secolo. Con l'arrivo del nazismo, la
discriminazione s'è mutata in persecuzione". Thomas Huonker è uno dei migliori
specialisti della gens du voyage in questo paese.
Assieme a Regula Ludi, ha scritto "Roms, Sintis et Yéniches – La 'politique
tsigane' suisse à l'époque du national-socialisme", per la Commissione
indipendente di esperti "Svizzera - II Guerra mondiale" (CIE).
Alla pubblicazione del rapporto finale nel 2002, la CIE aveva
rinunciato a tradurre i suoi studi in francese ed italiano. Ora è cosa fatta
grazie alle Edizioni Pace Deux.
Fonti rare
Le pubblicazioni su questa popolazione sono rare come le fonti ufficiali,
perché gli "Zigani" hanno una tradizione orale ed erano registrati solamente sui
registri della polizia (che sono segreti). Questo statuto giuridico particolare
fa sì che gli storici lavorano soprattutto con le testimonianze. Inoltre, le
famiglie spesso sono state separate e le tradizioni familiari perdute. Bisogna
quindi rendere omaggio alla pazienza dei due storici.
A differenza dei Rom e dei Sinti di origine indiana, gli Yénich sono una
minoranza autoctona dalla notte dei tempi e si stima che il 10% sia ancora
nomade. "Sono cittadini svizzeri dal 1851, ma sono rimasti una sospetta" spiega
Thomas Huonker. E poi "dal 1926 c'è stata quell'azione Enfants de la Route de
Pro Juventute per neutralizzare gli Yénich e sterilizzarli, separare le
famiglie ed affidare i bambini a famiglie o case d'accoglienza".
Thomas Huonker, storico e specialista degli Yénich
(swissinfo)
"Razze straniere"
Quanto ai Sinti e ai Rom, sono stati ugualmente sospetti ed indesiderabili.
"Sono stati sistematicamente cacciati dalla Svizzera, tranne tra il 1848 e il
1888," prosegue lo storico. "Dal 1906, la frontiera per loro si è chiusa e non
avevano il diritto di viaggiare in treno. Le autorità non volevano questo gruppo
culturale nel paese. Questa terribile tradizione è durata sino al 1972 e non si
è interrotta neanche durante l'Olocausto."
Questa gente è stata assimilata alle "razze straniere" della dottrina ariana
dei nazisti. Le autorità svizzere erano informate delle persecuzioni, ma non
hanno lo stesso accordato l'asilo alla gens du voyage. Hanno continuato
ad espellerle e sterilizzarle.
"Erano sottoposti ad una procedura di registrazione," prosegue Thomas Huonker.
"Gli uomini erano internati per mesi nei penitenziari (a Witzwil, Bellechasse,
ecc.) o in clinica psichiatrica e la loro famiglia nelle case dell'Armée du Salut
o della Caritas. Li si riuniva solo per espellerli."
Un'antica maledizione
Perché questo accanimento? Per Thomas Huonker, è il problema classico delle
minoranze, un'antica maledizione, come quella degli ebrei o degli indigeni nei
paesi colonizzati. "Una volta rinchiusi nello stereotipo della minoranza senza
voce, è molto difficile uscirne perché i pregiudizi persistono, la maggioranza
insiste nel trattarli da stranieri." Questi meccanismi sociologici perseguitano
la gens du voyage.
Le cose hanno cominciato a cambiare negli anni '70, dopo la denuncia dello
scandalo di Enfants de la route. Ma è occorso tempo. Solo nel 1987 il presidente
della Confederazione, Alfons Egli, ha presentato scuse ufficiali alla gens du voyage.
Adesso resta loro da ritrovare il loro passato sparpagliato ai quattro venti.
"Gli Yénich hanno domandato ricerche ufficiali dal 1975. Si sono dovuti
attendere vent'anni perché cominciassero. In effetti ci sono state resistenze ad
aprire gli archivi, soprattutto da parte della Pro Juventute, delle
polizie cantonali e delle istituzioni psichiatriche", racconta lo storico.
Lo yénich è stato riconosciuto come una lingua nazionale ma, politicamente,
questa minoranza è assente dal paesaggio. "Provano a fare parlare di loro per
difendere la loro perpetua ricerca di terreni d'accampamento (vedi
QUI ndr), ma non sono rappresentati nelle istanze politiche, come gli
Uranais o gli Appenzellois. Ce ne sono uno o due nei Grigioni che
hanno responsabilità comunali, ma si definiscono come grisoni, non come yéniche",
spiega ancora Thomas Huonker.
ROMA (21 maggio) - È stato arrestato dagli agenti della polizia municipale lo
zingaro Sinti, di origine italiana, Pietro Setrow, di 38 anni, che stamani, nel
tentativo di opporsi alla demolizione della villa abusiva in costruzione a
Fontana Candida e di proprietà della sua famiglia, ha minacciato di suicidarsi.
Per bloccare l'uomo dal portare a termine gesti estremi, uno degli agenti
diretti dal comandante Antonio Di Maggio, è rimasto ferito. L'uomo dovrà
rispondere di aggressione e lesioni a pubblico ufficiale.
«Hanno colpito noi perché siamo zingari. Qui tutti hanno costruito in modo
abusivo, tutti hanno pagato qualcuno, anche chi oggi è qui ad abbattere la
nostra casa, anche i vigili urbani, perché non vedesse. Non abbiamo più pagato e
ci hanno colpiti». È lo sfogo di uno dei componenti la numerosa famiglia di
sinti italiani. La villa abbattuta avrebbe dovuto «ospitare una trentina di
persone del clan». Gli zingari hanno spiegato di avere comprato il terreno in
quella zona «perchè ci avevano detto che si poteva costruire abusivamente e,
infatti, tutti sono abusivi».
La villa di circa 300 metri quadrati e del valore di circa 900 mila euro, era
già stata sequestrata tre volte. L'edificio era stato poi dissequestrato per
l'abbattimento alcuni giorni fa dal pm Assunta Cocomello della procura di Roma.
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