Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Dall'archivio di Pirori, una segnalazione dell'11 dicembre 2004. Utile per entrare nel tema di una sorpresa che sto preparando per settimana prossima. Aggiornamenti a mercoledì prossimo...
Sentivamo la stessa pena
Ho tentato di tradurlo meglio possibile. L'originale su The Guardian (29 novembre 2004) mi è stato indicato da Nigel su http://groups.yahoo.com/group/allgypsies/ Da leggersi, consiglio, a puntate.
Per molti anni, Walter Winter non parlò di quello che gli successe tra i 20 e i 25 anni. Dopo la guerra, testa bassa e lavorare: le giostre e il matrimonio con Marion, da cui ebbe sei figli, là nel nord est della Germania dove i Winter vivevano da quando lui ne ha memoria. Ad 84 anni, vive ancora lì. "Noi siamo duri" dice, riferendosi alle tempeste sulla sua famiglia e, più in generale, a quelle sulla sua razza. "Siamo forti, perché dobbiamo esserlo."
Herr Winter e sua moglie vivono in un appartamento pieno di ricordi di un mondo che da tempo ha cessato di esistere. Ecco l'orologio del nonno e una scatola con un servizio cinese da te, appeso alla parete un violino circondato da quadretti con scene di carovane a botte, cavalli e bambini. Un modo di vita che esisteva quando Winter era poco più che ragazzo, con otto fratelli, negli anni che lui chiama "dell'Olocausto dimenticato".
Nel 1943, lui e due suoi fratelli finirono nel settore "Zigenuer" di Auschwitz. Sua sorella Maria di otto anni, morì per mano di Josef Mengele; la prima moglie di Winter, Anna, che conobbe nel campo e il loro bambino, morirono dopo che furono trasferiti a Ravensbruck. Suo fratello Erich fu sterilizzato.
"Vogliono che questo sia dimenticato," dice. "Ja. E' una lunga tradizione perseguitare i Sinti. Sempre, sempre."
Non esistono molte testimonianze scritte sul mezzo milione di Rom, Sinti e altre popolazioni nomadi che perirono nei campi, a causa, dice Winter, di una cultura tradizionalmente orale e non letteraria. Diversamente dagli Ebrei, molti dei quali provenivano dalla classe media scolarizzata, i Sinti vivevano della terra. La famiglia diWinter alternava il tradizionale lavoro stagionale nell'agricoltura con quello delle giostre e dei circhi. Erano egregi cavallerizzi e cavallerizze, Winter stesso lo fu.
Già negli anni '20, venivano accompagnati dalla polizia ai confini delle contee tedesche. "Un esempio" racconta Winter attraverso l'interprete, "fu quando avevo sei anni. I miei genitori stavano bevendo il caffè, quel mattino saremmo dovuti partire. Un poliziotto picchiò alla porta della nostra carovana e ci disse che dovevamo partire subito. Mia madre disse, 'Non possiamo partire immediatamente, i bambini stanno facendo colazione.' Ma il poliziotto non voleva aspettare. Estrasse il proprio manganello e mio padre, rapidamente, cominciò a preparare la roba per partire. Ma non era troppo veloce per quel poliziotto. Prima incitò i cavalli e poi bastonò mio padre."
Queste e altre scene sono ricordate nel suo libro, Winter Time, dove alcuni accademici hanno riportato le intervisti che ha rilasciato loro. Non è stata un'esperienza felice, non solo per il dolore di rivivere certe memorie - per quanto sia stato difficile - ma anche per una sorta di malfidenza verso chi aveva ottenuto la patente di "esperto" dell'Olocausto, studiandolo ma non vivendolo in prima persona. Inoltre, l'amarezza per la sorta diversa toccata a chi sopravvisse e ai loro eredi. "E' una discussione terribile" dice della "gerarchia del dolore" su chi appartenga all'Olocausto. Ma non può non rimarcare come, in Europa sia tabù dirsi apertamente antisemiti e tranquillamente accettato essere apertamente antizingari, cosa di cui non ha bisogno di leggere i giornali popolari inglesi per averne conferma.
Nel 1939, la popolazione totale di Rom e Sinti in Germania era stima ta di poco inferiore al milione di persone. Parlavano Romani (o Romanés) una lingua derivata dal Sanscrito. Nel 1938 furono soggetti alla circolare di Heinrich Himmler intitolata "Combattere il Fastidio Zingaro", in cui tutti i Sinti di età superiore a sei anni venivano divisi in tre gruppi: Zingari, parzialmente Zingari e persone nomadi dai costumi zingari. I tentativi di sterminarli furono meno sistematici di quelli diretti contro la popolazione ebraica - erano classificati nemici a bassa-priorità - ma nondimeno furono identificati pubblicamente dal triangolo nero (asociali), o dalla lettera Z (Zingari) e trasportati in gran numero nei campi di sterminio.
La famiglia Winter allora viveva nella regione di Wittmund, dove avevano una casa e i bambini frequentavano la scuola, seguiti da un'insegnante quando i genitori erano assenti per lavoro. Rom e Sinti, racconta Winter, allora erano "popolari e di successo". Alcuni di loro giocavano nella squadra nazionale di calcio, prima di esserne estromessi nel 1933 come "non-ariani". Allo stesso modo a Winter fu imposto di lasciare la marina tedesca, tra l'imbarazzo dei suoi pari. Un addestramento che sarà poi lo salverà una volta rinchiuso nei campi, dove le SS riconobbero la sua preparazione militare.
Verso la metà degli anni '30, il padre di Winter disse alla famiglia di non parlare Romanés in pubblico. Si raccontava di infiltrati nelle comunità Sinte, allo scopo di denuciarli alle autorità. Erano anche identificabili dal nome. "Molti Sinti sono cattolici," dice Winter. "Da quando sono scampato, non ho voluto più aver niente a che fare con la chiesa. I preti mostravano alle SS gli elenchi dei matrimoni, indicando quali fossero i nomi Sinti." Tra Sinti ed Ebrei c'era anche sovrapposizione dei nomi: Weiss, Rosenberg, Bamberger erano comuni in entrambe le comunità.
Questi metodi di denuncia, lasciarono un segno che resiste tuttora. In alcune regioni popolate da Sinti, si registra oggi la spinta ad insegnare la lingua Romanés, ma la generazione di Winter è contraria. "Se la gente parlasse la nostra lingua, ci potrebbe identificare," spiega cupamente "perché mai vogliono impararla?"
Quando venne la polizia ad arrestare i suoi fratelli e sorelle, loro vivevano in una città vicina. Winter andò lì per capire cosa fosse successo e fu arrestato anche lui. Il resto della famiglia riuscì a cavarsela per la protezione che ebbe dal capo del governo regionale, che era andato a scuola con la mamma di Winter (sette degli otto fratelli di Winter sono ancora vivi, uno di loro è diventato milionario col brevetto di una giostra). Winter e i suoi fratelli, oltre a due cugini, furono internati ad Auschwitz. E' una cosa che riemerge della terribile competizione tra chi soffrì così tanto: il relativo merito di essere stati internati, contrapposto alla sicurezza del resto della famiglia. Ancora Winter: "Vedere soffrire la propria famiglia può essere ancora più duro che esserne separati. Ma questo è un confronto senza alcun senso. Non può essere stato peggio per gli uni o per gli altri, Abbiamo avuto lo stesso dolore."
I Sinti, racconta, avevano una reputazione nei campi. Erano forti e coraggiosi, con una lunga esperienza di lavori manuali, Ed erano, aggiunge, incredibilmente "naif". Un giorno, un suo fratello colpì una guardia, nel tentativo di rapire una donna dal blocco e fuggire assieme; incredibilmente, fu graziato. E Winter stesso affrontò Mengele a proposito della diminuzione delle razioni destinate ai bambini del campo. Mengele, conquistato dalla sua chutzpah (Yiddish = audacia, insolenza, coraggio, ndr), acconsentì ad aumentare le razioni, ma questo non salvò i nipoti di Winter.
Qualche volta, Winter si sveglia immaginando di essere ancora lì. E' stata dura per Maron, sua moglie, convivere con la compulsione del marito di raccontare cos'era successo. E' di 20 anni più giovane, mezza Sinti e mezza Ebrea, ha conosciuto sua marito mentre era ricoverata in ospedale. E Winter racconta che per lei ha imparato a cucinare. Si rimbocca le maniche per simulare una gestualità domestica. "Ed ora" dice, allungando le braccia, "vi mostrerò il mio numero."
Nel dopoguerra, a differenza della maggior parte dei sopravvissuti Ebrei, i Winter tornarono nella zona dove avevano vissuto. Come la maggior parte dei Sinti. Dovete capire, ci dice, che non eravamo gente sofisticata o che parlava ingese, l'idea di emigrare in America non faceva per noi. Così ripresero la vecchia vita. Appena trasferiti, furono accusati dai vicini di "rubare l'acqua". Le discriminazioni non erano cambiate da prima della guerra ed inoltre, i soldati inglesi circondavano completamente Amburgo. Così è continuato negli anni a venire. Negli anni '80, Winter fu chiamato a testimoniare contro Ernst Konig, accusato di crimini di guerra, ufficiale nel settore zingaro di Auschwitz, e suicidatosi in seguito alla condanna a vita. Winter fu zittito per i scuo scoppi di rabbia durante il processo. Il giudice disse: "Si calmi, vogliamo un processo civile". E lui rispose: "E chi mai ci ha trattati civilmente?"
"Oggigiorno," continua, "in Germania i neonazisti sono accettati meglio di noi Sinti." E' furioso col cancelliere Schröder che all'inizio di quest'anno ha presenziato all'apertura della galleria fondata da Christian Friedrich Flick, nipote di un industriale nazista. "Una mostra pagata col denaro di noi forzati". Per protesta, si è dimesso dal partito socialdemocratico. Non ha rapporti con altri sopravvissuti; dice di sentirsi in comunanza "mentalmente". Ma vorrebbe che le attività di testimonianza nelle scuole - intende riferirsi agli attivisti ebraici - fossero più comprensive verso i Sinti, che ritiene esserne rimasti esclusi per la differente cultura. "Juden, juden, juden," dice "Sinti, nix." Regolarmente è in viaggio per Berlino, dove si discute ancora invano (http://sivola.blog.tiscali.it/ye1721208/ ndr) sulla costruzione di un monumento per le vittime Sinti. "Sono un vecchio di 84 anni, che deve ancora dimostrare e andare a Berlino..." Qui la sua voce si rompe e d'improvviso abbandona la stanza.
I Sinti nelle posizioni pubbliche sono ancora riluttanti ad ammettere la loro appartenenza. Allora Winter va nelle scuole e nelle università, raccontando le sue storie. Anni passati nel circo, l'hanno reso uno "showman" naturale. E' convinto che la sua storia vada raccontata, perché c'è sempre più gente, ad ogni livello, che vuole negarla. Qualche anno fa era in vacanze a Gran Canaria, quando un'anziana coppia tedesca gli chiese cosa fosse quel numero che aveva sul braccio. "Voi che avete la mia età," rispose, "voi sapete che cos'è." Spera che, come Israele, possa esserci uno stato Sinto? "Ach so," a questa idea fa cenno di diniego con la testa. "Ich bin Deutsche. Ich bin Deutsche."
Winter Time: Memoirs of a German who Survived Auschwitz è pubblicato da University of Hertfordshire, prezzo £9.99.
Da Karin Waringo
Salve!
Vi allego un articolo sulla tensione tra le comunità Rom e Musulmana a Perpignan, Francia. Un retroscena sicuramente complesso, su cui l'articolo sviluppa alcune riflessioni, di parte, ma utili ad avere un quadro più completo della situazione.
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Vivere all'estero – Francia
8 feriti dopo l'assassinio di un Marocchino
By Houda Filali-Ansary |
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5/30/2005 | 4:07 pm GMT |
Otto feriti la notte scorsa a Perpignan, in nuovi scontri tra le comunità dei Nordafricani e degli Zingari, a seguito dell'uccisione di un Nordafricano, il secondo in meno di 10 giorni. |
Centinaia di giovani Nordafricani hanno manifestato dopo l'assassinio di un franco-marocchino. L'uomo, il cui cognome è ancora sconosciuto, è stato colpito quattro volte fuori dalla sua casa, nel quartiere di Saint-Mathieu alle 19.30 circa.
Il 43 enne Driss è il secondo Nordafricano ucciso in città nell'ultima settimana. Domenica scorsa, Mohamed Bey-Bachir, franco-algerino di 28 anni, era stato malmenato a morte da cinque Zingari in un parcheggio. L'omicidio aveva dato la stura a violenze e disordini tra le due comunità, durate per tutta la settimana. |
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L'uccisione della notte scorsa è avvenuta proprio mentre gli animi stavano calmandosi. Nei disordini che ne sono seguiti, otto persone sono rimaste ferite e 37 sono gli arrestati, secondo le fonti poliziesche. Due sono stati feriti con colpi di arma da fuoco, gli altri sono stati feriti con coltelli e bottiglie rotte.
Ci sono stati anche 100 principi d'incendio e 50 auto sono state date alle fiamme, prima dell'intervento della polizia per evitare che le comunità venissero in contatto.
Sono state chiamate di rinforzo squadre di polizia anti-rivolta dalle città di Tolosa, Marsiglia e Bordeaux. |
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Anche se l'identità dell'assassino del giovane marocchino è ancora sconosciuto, i sospetti sono subito caduti sulla comunità zingara, a seguito degli incidenti della settimana scorsa.
Domenica scorsa si è tenuta una manifestazione pacifica in memoria di Bey-Bachir, e in diversi hanno protestato contro la polizia locale per non aver disarmato gli Zingari: "Domenica scorsa abbiamo mostrato che sappiamo manifestare civilmente, e invece ci uccidono!" hanno urlato.
Prima dell'uccisione di Bey-Bachir, le due comunità avevano sempre convissuto in pace. In una settimana la situazione è totalmente cambiata, con le autorità che ammettono di essere incapaci ad affrontare la situazione: "Possiamo fare in modo di evitare gli incidenti più grossi, ma siamo impotenti se le due comunità rifiutano di [...] negoziare per una coabitazione pacifica" ha detto stamattina Henri Castets, capo della sicurezza pubblica locale. |
Ma la situazione preoccupa perché rischia di spostarsi dallo scontro tra comunità etniche a guerra di religione. "Siamo cristiani evangelici, non abbiamo niente a che fare con tutto ciò" ha affermato un capo della comunità zingara.
"Questa tragedia ha rotto i ponti che si erano stabiliti tra le due comunità. Ma la nostra città ha fatto tutto il necessario per sviluppare il dialogo interreligioso, e ricostruiremo [questi ponti] sulle stesse basi", recita un comunicato del sindaco.
Gli ultimi eventi chiariranno se quella frase del comunicato è stata solo un lapsus, o se si tratta di un altro capitolo della discriminazione contro i Nordafricani in Francia.
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fonte: http://groups.yahoo.com/group/Roma_Francais/ |
Skopje, 27 MAGGIO 2005. Il delegato speciale Bjørn Engesland di International Helsinki Federation for Human Rights (IHF) / European Roma Rights Centre si è recato a Skopje settimana scorsa per verificare la situazione dei circa 2000 Rom rifugiati dal Kossovo, attualmente ospitati in centri di raccolta per rifugiati e per indagare sulla ventilata volontà del governo di espellerli verso il Kossovo, la Serbia o il Montenegro.
A Skopje è stato raggiunto dai componenti macedoni del Comitato di Helsinki.
[...]
Attualmente sono circa 2000 i rifugiati dal Kossovo, Rom Ashkali ed Egizi. La maggior parte sono i reduci dai bombardamenti NATO del 1999, impossibilitati a ritornare per la campagna di pulizia etnica contro gli "Zingari" scatenata dagli estremisti albanesi già in quello stesso anno.
Le minacciate espulsioni dalla Macedonia, cadono nel momento in cui anche altri governi europei, in particolar modo la Germania che ha siglato un accordo con l'ONU (ma anche l'Italia, la Svezia e la Svizzera NDR) si accingono a operazioni simili di rimpatrio forzato. [...]
Englesad: "Nonostante il desiderio - pienamente legittimo - del ritorno in Kossovo e di ricevere giustizia e risarcimenti per i danni e i crimini di massa che hanno sofferto, non esistono attualmente le condizioni in Kossovo per un possibile ritorno. E' semplicemente troppo pericoloso e imprudente".
Dal canto suo, le autorità macedoni non hanno ancora riconosciuto a queste 2000 persone lo status di "richiedenti rifugio", lasciandole in un limbo giuridico e potendo quindi espellerle in qualsiasi momento senza alcuna giustificazione.
Continua Englesad: "Il governo macedone dovrebbero offrire a tutti i 2000 rifugiati la possibilità di integrarsi in Macedonia, fornendo loro permessi di residenza a lungo termine [...] La nostra, non è una critica rivolta al solo governo della Macedonia, ma si estende a tutti gli altri paesi che in maniera più o meno nascosta stanno agendo similmente."
Ulteriori informazioni:
- International Helsinki Federation for Human Rights (IHF): Bjørn Engesland, +47-957-533 50
- European Roma Rights Centre (ERRC): Claude Cahn, (36 20) 98 36 445
fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/Macedonian_Roma
di Valeriu Nicolae
"Io ci piscio su questi figli di p...a, zingari vagabondi e hooligans" - il sindaco di Craiova, una delle dieci maggiori città della Romania
Il 4 maggio è apparsa sul giornale rumeno Gardianul un'intervista col sindaco Solomon.
I Rom sono l'8% della popolazione. Il sindaco esprime il suo punto di vista chiamandoli: "merde" "idioti" "imbroglioni" "puzzolenti" "hooligans" - il tutto in un discorso di meno di 300 parole.
Scioccato dall'idea che qualcuno vorrebbe mai avere a che fare con uno zingaro sporco, brutto e puzzolente come consigliere, il sindaco dice di avere dichiarato loro guerra e non voler concedere alcun diritti supplementare.
Questo è ciò che succede nella città dove sono cresciuto e da dove arrivano queste foto. Io credo fermamente all'idea europea di unione, ma finchè non si combatteranno questi incredibili atteggiamenti delle autorità in Romania e altrove, non esiste alcuna possibilità di unione comune.
L'antiziganismo è connaturato alla classe dirigente rumena, ai mass media e all'opinione pubblica (confrontare QUI e QUI), ma ancora non abbiamo nessuna presa di posizione ufficiale nel governo, che tende a negare il problema ed è riluttante nell'affrontarlo. Lontano dal riconoscere le responsabilità della Romania per la morte di 20.000 Rom durante la deportazione e per il periodo del collaborazionismo coi nazisti, come pure per i 500 anni di schiavitù di cui la Chiesa Ortodossa Rumena è la principale responsabile, i Rom sono semplicemente dei "corpi estranei" e la chiesa continua ad essere un'istituzione onorata e complice degli estremisti nazionalisti.
Sono profondamente preoccupato per la radicalità di quanto vi scrivo, e sto cominciando a chiedermi se per caso non stia diventando io stesso la caricatura di un nazionalista spaventato dai propri pregiudizi, ma vi assicuro che questo stato di cose non può essere descritto che in maniera allucinata e spaventata.
I miei migliori saluti
Valeriu Nicolae Deputy Director European Roma Information Office Av.Eduard Lacomble 17, Brussels BELGIUM Telephone: + 32 27333462 Fax +32 27333875 Mobile: +32 476538194
Gruppo Romanian_Roma
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha misurato il livello di contaminazione nel campo per rifugiati di Mitrovica Nord. Sono già morte 27 persone per avvelenamento da piombo e altre 34 sono intossicate.
Il caso, sollevato a fine novembre 2004, è stato recentemente ripreso da diversi media, l'ultimo QUI.
Nonostante i recenti accordi per il ritorno dei rifugiati nei campi alle loro case, nel settore meridionale della stessa città, il rientro non potrà avvenire (sembra) che per la fine di quest'anno, anche se le condizioni sono tuttora da definire.
Nella gara che sembra essere iniziata tra i mezzi d'informazione, a chi descrive la situazione con maggior raccapriccio, si è aggiunta la Reuters.
Riferimenti: Gruppo Kosovo_Roma_News
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