Qualche settimana fa abbiamo comunicato un progetto editoriale promosso e
deliberato dall’assemblea dei soci della Federazione romanì.
Un progetto ambizioso che si propone di promuovere la costituzione di una
Editoria romanì che, attraverso la valorizzazione delle professionalità rom e
sinte e di un comitato scientifico, diffonda la conoscenza diretta della cultura
e dell’arte romanì con la produzione di saggi di letteratura, antologie
letterarie, libri, storie, racconti, arte e cultura, ecc. fino alla
produzione e distribuzione periodica di una rivista romanì.
Una editoria romanì quale strumento pedagogico, educativo e divulgativo della
cultura e dell’arte romanì.
Lo scorso 28 Maggio l’assemblea dei soci ha definito il logo della Editoria
romanì (allegato), in corso di registrazione.
Il primo lavoro dell’editoria romanì "O romanò gi" (L’anima romanì) è in fase
avanzata di programmazione. Si tratta di un saggio di letteratura romanì per
portare all’attenzione del lettore i commenti, le analisi, le critiche delle
opere di autori rom, sinti, kalè, manousches, romanichels viventi e non. Un
analisi sui testi in lingua romanì nei diversi dialetti in cui si ramifica la
romanì chib o romanès.
L’opera "O romanò gi" è anche una strumento pedagogico che sarà utilizzato per
il corso di lingua romanès che inizierà a settembre 2010.
L’opera sara un formato A5 composta di circa 160 pagine.
Chiediamo agli amici del popolo romanò di sostenere questa iniziativa con un
contributo. I sostenitori saranno menzionati nell’opera che riceveranno copia in
omaggio.
Contributi possono essere inviati al codice IBAN: IT 20 O 05387 03204
000001892874 intestato a Federazione romanì, causale: "O romanò gi"
Di Fabrizio (del 10/06/2010 @ 09:16:18, in casa, visitato 1886 volte)
da
martedì 15 giugno 2010 alle ore 16.30 a
lunedì 21 giugno 2010 alle ore 19.00 Museo delle Arti e Tradizioni Popolari,
Piazza Guglielmo Marconi, 8 (EUR)
Roma, Italy
L’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (IDEA) / Museo Nazionale delle
Arti e Tradizioni Popolari ospita l'evento Campus Rom, c'era una volta Savorengo
Ker, mostra multimediale che racconta due esperienze di ricerca realizzate dal
collettivo Stalker ON in collaborazione con le comunità Rom della capitale. Due
anni di lavoro, vissuti tra intese e malintesi, che hanno visto nascere progetti
coraggiosi e sogni condivisi, narrati dalla mostra fotografica Campus Rom e dal
documentario, presentato in anteprima assoluta, C'era una volta … Savorengo Ker,
la Casa di Tutti, regia di Fabrizio Boni e Giorgio de Finis, prodotto da In
Iride Sfoggio.
La mostra Campus Rom presenta le fotografie di: Simona Caleo, Giorgio de Finis,
Max Intrisano, Massimo Percossi, Maria Stefanek, Maria Teresa Bovino, Hector
Silva Peralta. Alessandro Imbriaco
Succedono strane cose a Milano, a volte anche piacevoli.
Piccola premessa, ieri mi telefona Ernesto Rossi, dicendo che oggi
(praticamente mentre sto scrivendo) partirà una sorta di
maratona letteraria dedicata a Cent'anni di solitudine. A dare il via, sarà
il sindaco, e questo procurava qualche prurito al buon Ernesto, che ricordava la
figura (totalmente positiva) del quasi immortale zingaro Melquíades.
Qui termino, non prima di consigliarvi una
breve citazione
che scrissi 5 anni fa di quel romanzo.
Anche ieri, nel caso del neonato rapito, si è parlato per ore di una
presunta e inesistente pista rom
Il pregiudizio razzista contro i rom ha già fatto molti danni, e
l'informazione non aiuta a combatterlo
Le cronache di ieri si sono occupate molto del rapimento di un neonato
all'ospedale "Umberto Primo" di Nocera Inferiore: una donna si era travestita da
infermiera e aveva portato via con una scusa Luca Cioffi, nato appena poche
ore prima. Il caso si è concluso bene, fortunatamente, intorno a mezzanotte: i
poliziotti hanno fatto irruzione in un appartamento poco distante dall'ospedale,
hanno ritrovato Luca Cioffi e hanno arrestato la donna responsabile del suo
rapimento. La donna si chiama Annarita Buonocore e fa effettivamente
l'infermiera, ma in altro ospedale di Nocera.
A caso chiuso, neonato al sicuro e colpevole non più in grado di nuocere,
forse è il caso di ragionare su un'altra cosa che è successa ieri, relativamente
al rapimento di Luca Cioffi. Per buona parte del pomeriggio, infatti, diversi
giornali hanno raccontato che la pista sulla quale stavano investigando i
poliziotti portava a una o due donne di etnia rom.
"Caccia a due donne rom su Fiat Verde", ha
scritto l'AGI. "Si cerca una Fiat Punto di colore verde con due donne rom a
bordo", ha
scritto il Tempo. Diversi altri siti di notizie hanno rilanciato la notizia,
e la "caccia a due donne rom" è stata a lungo il titolo degli articoli che
raccontavano la vicenda del rapimento. Oggi sappiamo che la responsabile del
rapimento è una donna bianca (di nazionalità italiana) e poco dopo il
ritrovamento del bambino il questore di Salerno ha detto che "avevamo una
traccia precisa e abbiamo seguito una sola pista". Insomma, secondo la polizia
la pista delle donne rom non è mai esistita. D'altra parte, la madre del bambino
rapito ha detto da subito che l'infermiera parlava italiano molto bene. Resta da
capire perché la "pista rom" sia arrivata sui mezzi di informazione e perché ci
sia rimasta così a lungo.
L'ANSA non ha battuto alcun comunicato scrivendo dell'esistenza di una pista
rom. Questa fa capolino invece in un dispaccio dell'Adnkronos delle 19,22, ma
per essere smentita dalla voce di uno degli investigatori: "Dalle testimonianze
raccolte, riteniamo che la donna che ha portato via il piccolo Luca fosse
italiana e non una rom". E in effetti l'ANSA interviene poco dopo, prima per
dare conto delle ricerche infruttuose dei poliziotti nei campi rom della zona
(ma la pista c'era o no, allora?) e poi per dare la smentita definitiva, poco
prima delle 21.
Qualcuno ha detto che si trattava di donne di etnia rom – controlli,
senza esito, sono stati fatti in campi rom – ma in serata un identikit
diffuso a tutte le forze dell'ordine e su tutto il territorio nazionale ha
fatto chiarezza: si tratta di una donna giovane, di carnagione scura,
capelli ondulati e lunghi, corporatura esile, altezza tra 1,70 e 1,75,
nazionalità italiana perché ha scambiato parole con la mamma e con la nonna
del bambino e ha dimostrato di conoscere bene la lingua.
Salvo poi battere un altro dispaccio intorno alle 22, poche ore prima che
Luca Cioffi venisse ritrovato, con questo testo:
(ANSA) – ROMA, 7 GIU – Un traffico di neonati tra la provincia di Napoli
e l'Agro Sarnese Nocerino venne scoperto due anni fa dai carabinieri della
compagnia di Nocera Inferiore, gli stessi che oggi sono impegnati nelle
ricerche del neonato rapito nell'ospedale della città. In quel caso, però, i
bambini oggetto del traffico non erano stati precedentemente sequestrati, ma
erano gli stessi genitori – dei nomadi rom – a metterli in vendita. I soldi
venivano divisi tra la mediatrice, una donna del posto, che venne arrestata,
e i genitori dei bambini, quattro romeni e due slavi. Nel corso
dell'operazione fu anche recuperata una neonata di 21 giorni che era stata
appena consegnata ad una coppia italiana. Le indagini erano partite da una
denuncia per truffa presentata da una coppia di coniugi del beneventano.
Avevano conosciuto alcuni mesi prima la mediatrice, che si era presentata
come una benefattrice e aveva proposto loro un metodo "alternativo" per
ottenere un figlio senza attendere le lungaggini della procedura per
l'adozione. Alla coppia di Benevento la donna aveva anche rilasciato una
ricevuta per 18 mila euro: "Per la consegna di due bambine", era
specificato.
Insomma, un caso piuttosto diverso da quello di ieri – quello era un
rapimento, questo era invece era un traffico di bambini venduti volontariamente
– ma secondo l'ANSA abbastanza simile da essere messo in relazione coi fatti in
corso.
Non si tratta affatto di un
fenomeno nuovo. C'è il caso di Ponticelli, a
seguito del quale una ragazza fu condannata per tentato sequestro. Un caso
oggetto di
un libro del giornalista del Corriere Marco Imarisio, che lo definì
"una montatura": i giornali
titolarono "rom tenta di rapire neonata", la ragazza
in questione venne quasi linciata, nei giorni successivi diversi campi rom
vennero dati alle fiamme, per
vendetta. Dopo qualche giorno – nel silenzio quasi
assoluto dei giornali, stavolta – in molti espressero
dubbi sul fatto che
si
trattasse davvero di un tentativo di rapimento. In ogni caso, venne fuori che la
ragazza non era nemmeno di etnia rom. Qualche anno prima ci fu
un altro caso
simile a Lecco, qualche tempo dopo accadde la stessa cosa a Catania:
arresti per
rapimento, grandi allarmi e titoloni sugli zingari che rapiscono i bambini, e
poi assoluzioni per mancanza di qualsiasi elemento a carico dell'accusa.
Viviamo in un paese in cui – a causa di una singolare e inquietante
commistione di psicosi collettive, razzismo e mitologia medievale – per ogni
bambino rapito si trova sempre qualcuno pronto a tirar fuori e avvalorare
presunte "piste rom". Un paese in cui una persona di etnia rom che si avvicina a
un bambino è già un "tentativo di rapimento": al quale seguono – nel migliore
dei casi – degli arresti; nel peggiore, dei linciaggi. Ma è molto peggio di
così. Viviamo in un paese in cui dello stesso pregiudizio ignorante sono vittime
a volte le stesse forze dell'ordine, o la magistratura: all'epoca del caso di
Ponticelli il sostituto procuratore Alessandro Piccirillo
disse in aula che "la
Romania è entrata a far parte nella comunità europea, pertanto deve integrarsi
con la nostra cultura. Il rapimento dei neonati non appartiene alla nostra
cultura". Ma è molto peggio di così. Viviamo in un paese in cui – salvo qualche
eccezione – l'informazione e il giornalismo non si lasciano scappare
un'occasione per mettere nello stesso titolo la parola "rapimento" e quella
"rom", anche quando i fatti suggerirebbero maggiore cautela, salvo poi scrivere
lunghi articoloni indignati per gli effetti criminali e perversi delle campagne
d'odio innescate con la loro complicità.
Mentre scriviamo alcuni giornali sono già saltati sul prossimo caso, stavolta
a Prato: l'AGI
scrive che "tre rom cercano di rapire un bambino". L'ANSA
descrive la dinamica dei fatti e racconta quindi quello che oggi, in Italia, è
considerato – dalle persone, dalla stampa, dai carabinieri – un "tentativo di
rapimento".
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, sulla base della
testimonianza di un vicino di casa della famiglia del piccolo, erano circa
le 16 quando un uomo, con i baffi, si sarebbe avvicinato al muretto del
terrazzino dove il bambino stava giocando da solo, mentre i genitori erano
dentro casa. L'estraneo avrebbe teso le braccia al bimbo che avrebbe reagito
immobilizzandosi. A notare tutta la scena il vicino di casa che, preoccupato
anche per aver visto due rom nel posteggio condominiale, ha raggiunto l'uomo
chiedendogli spiegazioni su cosa stava facendo. Lo sconosciuto, senza dire
nulla, si sarebbe allontanato a piedi insieme alle due donne.
sabato 12 giugno 2010 alle ore 22.00 Centro Sociale Sos Fornace
Via San Martino 20 Rho, Milano
Le melodie raminghe del maestro Jovica Jovic tornano a far ballare la Fornace.
Assieme a lui sul palco anche i Gypsy sound System da Ginevra, un progetto
musicale che da più di cinque anni seduce un pubblico universale, da New York a
Melbourne, con musica folk, popolare, tzigana, meticcia e multiculturale.
Tutti Giù Per Terra - 1997 - Walter lavora come obbiettore dell'ufficio
immigrazione col compito di "Regolare la scolarizzazione dei Bambini Nomadi".
Compito tutt'altro che facile. Anche per l'ignoranza delle maestre delle
elementari...
E' di ieri la
notizia
del tentato rapimento di un neonato dall'ospedale di Nocera Inferiore. Tentativo
per fortuna conclusasi col ritrovamento del bambino, e col solito giro di
controllo nei campi nomadi, col solito corollario dei media (immagine).
Perché si sa, anche se tutte le ricerche in tal senso hanno sempre smentito
questa voce, che gli zingari rapiscono i bambini, basta leggere i commenti alle
pagine dei giornali.
Oggi, un altro caso a
Prato, dove addirittura
un gruppetto di 3, forse 4 persone, riesce ad allontanarsi indisturbato.
Naturalmente per i testimoni erano dei Rom, anche se non si capisce in base a
cosa. Intanto i soliti controlli nei vari campi ed i primi riconoscimenti non
hanno portato a nessun risultato. Insomma, il tutto mi sembra un caso tipico di
isteria collettiva.
Nel frattempo. come scrivevo sopra, si è risolto positivamente il precedente
rapimento di Nocera Inferiore. La colpevole è stata colta in flagranza di reato,
non era rom e così si è aperta la gara a trovare tutte le ragioni e le
giustificazioni possibili che l'abbiano condotta a quel gesto. Un trattamento,
umano per carità, che mai verrà riservato a nessun rom.
Di Fabrizio (del 08/06/2010 @ 09:50:44, in casa, visitato 1813 volte)
Segnalazione di Flora Afroitaliani-e
Mercoledì 9 Giugno 2010 - ore 18.30-20.30 Planetarietà – Via P. Falconieri 84 (Monteverde)
il Gruppo 105 di Amnesty International e Monteverde Antirazzista
invitano alla tavola rotonda
NON SI SGOMBERANO I DIRITTI UMANI I diritti abitativi: testimonianze e progetti in difesa di uno dei
principali diritti economico-sociali.
La pratica degli sgomberi forzati, una grave violazione dei diritti umani,
ha subito di recente un notevole incremento.
In particolare, ma non solo, coinvolge le comunità rom e sinti, che più di altre
sono emarginate e discriminate in tutto il continente. In Italia vivono per lo
più ai margini della società, in condizioni abitative precarie e degradanti, e
non per loro scelta, come vuole la diceria comune.
Il “Piano Nomadi” lanciato nel luglio scorso dal Comune e dal Prefetto di Roma
risponde a questa situazione disastrosa con sgomberi forzati di molti
insediamenti rom, senza garantire la consultazione completa delle comunità
interessate né alloggi alternativi per tutte le persone sgomberate.
Sono palesi violazioni dei diritti umani, a cui bisogna reagire: a tutte le
persone che vivono negli insediamenti abitativi precari si debbono assicurare
protezione e rispetto dei loro diritti, al pari di tutte le altre persone che
vivono nel nostro paese.
Per informare e sensibilizzare sul tema l’opinione pubblica, il Gruppo Italia
105 di Amnesty International e Monteverde Antirazzista organizzano
una tavola rotonda sul tema.
Partecipano: Roberta Zaccagnini – Amnesty International
Guendalina Curi – Popica Onlus
Gianluca Staderini – Popica Onlus
Sofia Sebastianelli – Action
Aldo Pierangelini – Asl Rm E
Catia Mancini – Arci solidarietà
Alberto Barbieri – Medici per i diritti umani
Testimonianze dirette dal Campo autorizzato Cesare Lombroso, dalla Comunità
Metropoliz e dal Centro di Accoglienza Forlanini: Umiza Halivovich, Christian
Memet, Emran Tarakai
Moderatore: Giulio Coppi – Amnesty International gruppo Italia 105
Al termine dell’incontro: aperitivo con tutti i partecipanti.
Ingresso libero.
Di Fabrizio (del 08/06/2010 @ 09:26:21, in Italia, visitato 1628 volte)
ArciDallò, piazza Ugo Dallò, Castiglione delle Stiviere (MN) Venerdì 11 Giugno alle 21.00
cortometraggi “Porrajmos” e “Ugo” (*)
2 cortometraggi sul Porrajmos, lo sterminio dei Sinti e Rom nella seconda
guerra mondiale.
Ne parliamo con Carlo Berini (SucarDrom) e esponenti della comunità Sinta
Un centro comunitario preserva il patrimonio culturale dei circa 1.500 Dom
che da centinaia di anni vivono nella Città Vecchia di Gerusalemme.
Amoun Sleem ricorda quando mendicava con altri giovani per le strade della
Città Vecchia, un modo tradizionale con cui guadagnavano un po' di soldi per le
loro famiglie. Ma un giorno comprese che la sua vita, e quella della comunità,
doveva cambiare, e lanciò una campagna per migliorare la sorte di un gruppo che
molti gerusalemiti neanche sapevano esistesse nella città.
"Decisi che questo non era ciò che volevo," dice Sleem (in foto), il cui vero
nome, che significa speranza, è legato a quello che lei e gli altri suoi
collaboratori stanno tentando di dare ai
circa1.500 zingari che vivono a Gerusalemme da oltre 500 anni, come dice
lei. Con radici in India, Persia, Turchia e nei Balcani, questo gruppo è noto
come la comunità Dom della città, molti dei quali sono musulmani, a differenza
dei Rom europei che sono cristiani. Ci sono comunità dom sparse in tutto il
Medio Oriente.
Di quanti sono rimasti a Gerusalemme - molti scapparono durante o dopo la
Guerra dei Sei Giorni - quasi tutti vivono in un'enclave vicino alla
Porta dei Leoni, come la famiglia di Sleem, che ha mantenuto la stessa casa
per 200 anni. Mentre in precedenza gli zingari si spostavano da un posto
all'altro, oggi hanno adottato uno stile di vita più sedentario, e Sleem dice
che "avere una stabilità è meglio del vagare."
Molti componenti della comunità hanno lasciato il linguaggio nativo domari
per l'arabo. Ora Sleem ed i suoi collaboratori stanno lavorando per preservare e
migliorare la comunità, soprattutto attraverso le donne e i bambini, per
superare la povertà e l'analfabetismo, mantenendo vive le tradizioni.
Assieme alle donne, tradizionalmente escluse dalla forza lavoro, Sleem ha
fondato nel 1999 a Gerusalemme la
Domari Society, ed un Centro Comunitario nel 2005, nel quartiere di Shuafat.
Al centro, corsi di cucito ed altre attività, viene venduto
artigianato ed altri oggetti. Intanto, Sleem e la sua squadra di lavoro si
rivolgono alla loro comunità per migliorare la loro sorte. Programmi pomeridiani
forniscono assistenza, sono state ridotte le tasse scolastiche, e quando inizia
la scuola vengono distribuiti nuovi zaini e materiale scolastico. "Li incoraggia
ad andare a scuola," dice Sleem, "possono sentirsi come tutti gli altri
bambini."
Le donne apprendono mestiere attraverso corsi da parrucchiera, ad operare in
piccole attività come il catering o la produzione artigianale, ed aiutate a
condurre le loro famiglie, di solito estese. Sogna che "anche gli zingari aprano
un'attività propria,... magari un ristorante," offrendo piatti come il kishk,
uno yogurt che contiene bulgur (grano cotto e spezzato, ndr), ed il loro
tea tipico. "In questo momento mi sento come se la mia società stesse tornando
lentamente alle sue radici," dice.
Quando oggi vede giovani zingari a mendicare, Sleem ricorda se stessa a
quell'età. "Mi si spezza il cuore, ma fornisce anche una sfida per lavorare più
duramente... Dobbiamo continuare a provare, e nulla ci fermerà fino a
raggiungere i nostri obiettivi e le speranze," dice. "E 'una specie di sogno per
me, e non mi arrenderò fino sentirò di avercela fatta".
To arrange a visit to the Gypsy Community Center, call +972-(0)54-206- 6210.
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