Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Riassumo un lungo articolo da
Romaworld.ro
Se non verranno fatti presto investimenti per i Rom marginalizzati, la più
grande minoranza d'Europa rimarrà in un trappola di povertà. Per le strade del
ghetto Rom di Sofia, il catrame è un ricordo. Le baracche, costruite con fango e
mattoni. sono allineate lungo la strada. L'odore del fango spunta dalle
grondaie. I collegamenti tra le famiglie seguono le linee elettriche illegali
che collegano le loro capanne. Qui, il concetto reale di infrastruttura è
estraneo come l'astrofisica, mentre "municipalità" è una parolaccia.
Può sembrare un quadro da Terzo Mondo, ma siamo a Faculteta, quartiere della
capitale bulgara, e le stesse scene si replicano attraverso il paese e nella
vicina Romania, entrambe membri dell'Unione Europea dal gennaio 2007. Il recente
boom ha visto la disoccupazione nei due paesi praticamente eliminata dalla
richiesta saettante di lavoro. Ma questo trend benigno ha toccato a malapena i
Rom. Razzismo, mancanza di scolarizzazione e qualificazione li hanno tenuti
ermeticamente al margine dei cambiamenti economici raggiunti dai loro
compatrioti.
Niente sta cambiando. Al contrario, anche se la maggioranza dei 45.000
residenti di Fakulteta è senza impiego, la Bulgaria intende importare lavoratori
stranieri per alimentare la sua crescita economica piuttosto che mobilitare la
minoranza Rom nel mercato lavorale.
Ufficialmente, la Bulgaria conta 370.000 Rom. Ma le OnG ritengono questa
cifra molto inferiore al reale, che sarebbe di 800.000, il 10% della
popolazione.
Negli ultimi 15 anni, molti Rom dalle povere aree rurali sono migrati in
città in cerca di una vita migliore. Ammassati in quartieri poveri e
sovraffollati, che si sono mutati in ghetti virtuali. Circa il 54% dei Rom vive
ora in queste mahali, come sono conosciute in bulgaro. Circa i 3/4 non le
hanno mai lasciate dopo la nascita.
Georgi Krastev, capo dell'Unità d'Integrazione del Ministro del Lavoro e
delle Politiche Sociali, concorda che il paese si trova di fronte ad un problema
di severa segregazione economica. Dice "Oltre il 90% dei disoccupati [in
Romania] sono Rom."
In agosto, il suo ministero ha riportato che il tasso di disoccupazione era
arrivato al record del 7% , ma i così in basso, e le previsioni sono che il
trend continuerà. A Sofia, gli unici adulti disoccupati sono Rom, di cui il 60%
è senza lavoro, secondo l'NSI, Istituto Nazionale di Statistica.
Assorbiti da altri problemi del periodo di transizione e paurosi di
promuovere i diritti di una minoranza impopolare, nessuno dei governi
post-comunisti ha preso misure sostanziali per migliorare la mobilità economica
tra i Rom.
Qui e negli altri nuovi stati membri, molti ora si rammaricano che di più non
sia stato fatto delle possibilità offerte dalla fase di pre-accesso alla UE
per aumentare le azioni di pressione. E mentre Bruxelles insiste che
l'integrazione dei Rom deve rimanere una priorità per Bulgaria e Romania - in
pochi ritengono che l'ammontare dei fondi disponibili possano rimuovere gli
ostacoli che impediscono la mobilità tra i Rom. Le comunità Rom nei paesi
balcanici cheserano di unirsi presto alla UE ne prendono nota.
Un problema regionale, con radici storiche
I politici bulgari non sono i soli a mettere la testa nella sabbia. Scene
simili a quelle di Faculteta si possono trovare attraverso l'Europa Centrale e
del Sud Est. In Ungheria, dove i Rom sono dal 6 all'8% su di una popolazione di
circa 10 milioni, circa il 50% sono disoccupati, comparati alla media nazionale
del 7%, secondo un rapporto del 2005 di Magyar Agora. Oltre il 50% dei Rom in
Ungheria vive sotto la soglia di povertà, comparati alla media nazionale
dell'8%.
La situazione è simile in Serbia, dove oltre il 60% dei 300.000 Rom è
considerato molto povero, comparato al 6% della popolazione, secondo un rapporto
ufficiale sull'inclusione Rom del 2006. Il tasso di disoccupazione per i Rom di
tutte le fasce d'età e a tutti i livelli scolastici è di tre volte superiore
alla media della popolazione non-Rom.
Nella Repubblica Ceca, oltre il 70% dei Rom sono senza lavoro,
comparato al 10% nazionale, secondo un rapporto 2005 della Commissione Europea.
In Romania, dove i 2 milioni di Rom sono circa l'8% su una popolazione di 22
milioni, il 75% di quanti sono in età lavorativa è disoccupato, secondo una
inchiesta compilata dall'UNPD e dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Le radici di questi problemi datano secoli, dice Rumyan Sechkov, storico
dell'Accademia Bulgara delle Scienze e presidente del gruppo per l'Alternativa
Civica. La curiosità inizialmente sollevata negli Europei dai Rom migrati nel XV
secolo dal subcontinente indiano si è mutata rapidamente in ostilità autentica,
racconta, spiegando "che il rifiuto dei Rom ha le sue radici in profondità
indietro in quell'era."
Molti hanno cercato riparo nelle terre europee dell'Impero Ottomano, dove non
erano benvenuti ma d'altronde nemmeno sterminati. Ma secondo gli storici durante
la II Guerra Mondiale, circa mezzo milione di Rom furono uccisi dai nazisti e
dai loro alleati locali nei nuovi stati dell'Europa Centrale e dell'Est.
I sopravvissuti si trovarono di fronte ai tentativi di assimilazione forzata
dei regimi comunisti che avevano preso il potere. In Bulgaria, il romanés venne
soppresso, la loro musica bandita in pubblico e lo stile di vita nomadico finì
nel 1957 con una legge che ordinava a tutti i cittadini di registrarsi ad u
indirizzo fisso. Ancora peggio, in Cecoslovacchia, alcune donne Rom furono
sterilizzate come parte di una politica statale per ridurre il loro numero.
Nei primi anni '90, con i cambiamenti politici ed economici che arrivavano
nelle terre del vecchio blocco orientale, i Rom ottennero riconoscimento come un
distinto gruppo etnico. Da un punto di vista fu un sviluppo positivo. Ma questo
coincise col collasso di molte istituzioni sociali e, come il gruppo più
vulnerabile economicamente, i Rom videro aumentare il loro distacco dal resto
della società.
Ignoriamo il problema
Nel gennaio 2007, con la Romania e la Bulgaria che raggiungevano la UE, i Rom
divennero la più grande minoranza etnica dell'area, tra gli 8 e i 10 milioni. Ma
il numero non significa potere, e nei nuovi stati membri, i Rom rimangono in un
distinto svantaggio, legati ad un circolo di discriminazione, negligenza ed
esclusione.
"Io non dico che tutti i Rom sono pericolosi, ma la maggior parte lo sono,"
dice Anton
Ivanov, 22 anni di Krasna Poliana, un quartiere che confina con Fakulteta. Ad
agosto, cinque uomini sono stati seriamente feriti quando un gruppo di Rom ha
iniziato una ronda perché un loro ragazzo era stato malmenato.
Il quartiere è noto per le tensioni etniche, anche se ufficialmente il problema
non esiste. Dice Marko Popov, 17 anni abitante a Fakulteta, "Viviamo normalmente
con i Bulgari di Krasna Poliana," aggiungendo che "normalmente" sottintende
anche tensioni quotidiane.
Ma le autorità negano che incidenti simili nascano dal razzismo,
classificando gli eventi di agosto come disturbi di routine. Similarmente, un
altro incidente ad agosto quando un ragazzo rom di 17 anni fu malmenato da
Bulgari nella città di Samokov, venne descritto dalla polizia come
"combattimenti tra gangs giovanili".
Nel frattempo, i pregiudizi dei giovani come Ivanov forniscono terreno fertile
per la crescita dell'estrema destra. Bojan Rasate, capo dell'Unione Nazionale
Bulgara, è diventato l'eroe di Ivanov, avendo istituito una squadra di volontari
nazionali per "proteggere" la popolazione bulgara "dalla minaccia rom e dai
disastri naturali".
Era ora che qualcuno prendesse misure contro di loro, e siamo molto grati a Bojan
Rasate," dice Ivanov con gli occhi che brillano dall'entusiasmo.
Come altri nuovi stati membri dell'Europa Orientale, la Commissione Europea ha
fatto pressione a Romania e Bulgaria per implementare una politica a tolleranza
zero contro il razzismo prima di raggiungere la UE. Secondo Katharina von Schnurbein,
portavoce di
Vladimir Spidla, Commissario per gli Affari Sociali, che conta le tematiche rom
nel proprio portfolio, che include "l'aggiornamento legale degli incidenti che
capitano negli insediamenti rom e la lotta al cattivo trattamento".
Ma gli effetti sono scarsi ed ammette che il razzismo esiste e rimane un tabù.
Questo, assieme ad una negligenza cronica, ha reso lettera morta le politiche
delle autorità bulgare, come "Il Decennio dell'Inclusione Rom" o "il 2007 Anno
Europeo delle Pari Opportunità per Tutti".
Una passeggiata a Stolipinovo conferma questa impressione. Alla periferia di
Plovdiv, seconda città della Bulgaria, con i suoi 35.000 abitanti è il secondo
ghetto rom della Bulgaria. All'ora di pranzo di un giorno qualunque della
settimana, tutti sono all'aperto e le strade sono piene di clamori. I bambini
giocano nel fango, gli uomini sono riuniti a piccoli gruppi e le donne lavano di
fronte ai loro blocchi di appartamenti.
Ma gli abitanti sono cronicamente deprivati e soffrono di cattiva salute. "Non
abbiamo avuto acqua corrente per dieci anni," si lamenta una donna piccola, gli
occhi blu e i capelli riuniti in una crocchia. "Come risultato tutti i miei tre
figli hanno avuto l'epatite l'estate scorsa."
Continua: "Hanno i pidocchi nei capelli perché non posso lavarli. Qualcuno mi
accusa di non mandare i bambini a scuola. Come posso mandarli a scuola in questo
stato? Non li manderò!"
I problemi di sanità e sicurezza così visibilmente presenti a Stolipinovo sono
replicati a Marchevo, un villaggio noto per le povere condizioni nelle montagne Rodope
del sud, vicino alla città di Garmen. Le sue origini datano al 1960, quando un
clan di intrecciatori di cesti vi si impiantò a seguito del decreto del 1957.
Per lungo tempo è stato fonte di epidemie locali a causa delle scarse condizioni
sanitarie. "Mancano soltanto 500 metri di tubature perché la mahala abbia
assicurato il rifornimento idrico," dice Kalina Bozeva, capo della Iniziativa
Inter-Etnica per i Diritti Umani in Bulgaria. "La responsabilità era del
municipio, ma è stato fatto solo recentemente, come risultato di un progetto di
OnG."
Petar Dikov, capo architetto di Sofia, spiega che le aree popolate dai Rom sono
di solito elencate nei piani urbani come aree industriali, così da esentare i
comuni dal costruire le infrastrutture.
E' lo stesso al di la del confine in Romania dove, secondo Magda
Matache capo dell'OnG Romani CRISS con sede a Bucarest, i villaggi e gli
insediamenti di solito non hanno acqua corrente. "Lì la gente può soltanto
sognare un sistema di tubature," dice. "Devono camminare per miglia ogni giorno
per portare a casa l'acqua per le loro famiglie."
Il fallimento inizia a scuola
Tra i molti errori ed omissioni del governo bulgaro riguardo i Rom, nessuno è
così cruciale o devastante come viene affrontata la tematica scolastica. Una
politica di effettiva segregazione ha deprivato generazioni di Rom della
possibilità di avanzare verso una pari partecipazione nel mercato lavorale.
Nel periodo comunista, i Rom potevano studiare soltanto in scuole periferiche
create per formare forza operaia o per altri lavori sotto-qualificati. Erano
omesse materie delle scuole "normali", come storia e matematica.
"Si produssero generazioni di persone con bassa educazione," dice Krasimir Kunev,
capo del Comitato di Helsinky bulgaro. Oggi circa il 70% dei bambini rom
continua a studiare de facto in scuole segregate, secondo un rapporto del 2006
del Comitato di Helsinky bulgaro. Ciò, spiega, rende anche i Rom il gruppo più
vulnerabile alla depressione economica e alla disoccupazione nella transizione
post-comunista. Ed anche se lo stato si è reso conto del problema attorno alla
metà degli anni '90, ha fatto poco per intervenire.
"E' stato un grande fallimento, - dice Rumyan Sechkov - era la soluzione più
facile, gente senza qualificazione rimane sotto-qualificata e marginalizzata."
Nel frattempo, secondo lo storico, i bulgari ordinari hanno trovato i versamenti
ingiusti, cosa che incita le tensioni sociali.
La scala del problema ha continuato a crescere, intrecciando una cultura di
dipendenza. "Ora siamo di fronte ad un problema nazionale, perché un'intera
generazione di Rom è cresciuta senza mai vedere i propri genitori alzarsi la
mattina per andare a lavoro," continua Sechkov.
Nel 2006, il 58% dei Rom hanno ricevuto qualche forma di aiuto sociale, secondo
il ministero del lavoro.
Ma qualcosa sta cambiando. Dal 1 gennaio 2008, ci sono nuove regole che limitano
il periodo in cui chiunque può ricevere questo aiuto a 18 mesi. Decisione presa
per ridurre gli abusi del sistema, i critici insistono che gli sviluppi saranno
vani se non accompagnati da politiche rivolte alla scarsa scolarizzazione e alla
disoccupazione.
Roza Tzvetanova, 54 anni, è seduta di fronte alla sua casa a Stolipinovo.
La sua testa è coperta da un foulard rosa e lei arrotola una sigaretta mentre
descrive come lei ed i cinque figli sopravvivono coi benefici sociali, lei senza
lavoro, il marito in prigione. Quando sente che il suo assegno sarà presto
tagliato, diventa furiosa: "Ma sono pazzi? Stanno cercando di sterminare i miei
figli e me! Nessuno vuole dare lavoro ad una cinquantenne con la licenza
elementare. Non lo vedono?"
La Bulgaria non è sola nella regione nel mancare di offrire ai Rom un'educazione
decente. Nelle recenti decadi, gli standards sono rimasti poveri nell'Europa del
sud-est, offrendo poche possibilità di fuggire dalla povertà e partecipare alla
società su basi egualitarie. Ma se gli altri paesi della regione hanno percorso
i primi passi per rompere il circolo vizioso, in Bulgaria si continuano a negare
i fatti.
Secondo il censimento 2001, il 20% dei Rom di 20 anni in Bulgaria sono
totalmente illeterati. Ma anche se questo numero sta crescendo, il Ministero
dell''Educazione non pare avere nessuna strategia per affrontare il problema.
Nel 2002, per esempio, il governo promulgò un atto per cui igli studenti delle
minoranze andavano integrati, mai comuni non collaborarono. E secondo il
rapporto Kunev del 2006, le cose non sono cambiate.
Le autorità rumene sono maggiormente pro-attive e dal 1993 hanno adottato azioni
affermative per aumentare il coinvolgimento dei Rom nelle scuole superiori e
nelle università. Come risultato, 400 studenti rom sono stati ammessi nell'anno
accademico universitario 2005-06.
Magda Matache descrive l'azione politica affermativa della Romania come di
successo, citando rapporti che indicano come i Rom frequentino le scuole e si
diplomino. I risultati saranno visibili nel lungo termine, ma i primi effetti
stanno emergendo, in quanto chi riceve un'educazione di qualità funziona come
modello per la propria comunità o rimangono in città trovando lavoro. "Lavorano
nelle istituzioni o nel settore della società civile [piuttosto che negli
affari], ma è già un passo avanti," insite Matache.
Anche in Serbia vengono prese misure affermative. Secondo il censimento del
2002, circa il 62% dei Rom serbi non ha completato la scuola elementare, meno
dell'8% la scuola media e un minuscolo 0,3% la scuola superiore. D'altra parte,
il governo ha recentemente allocato un budget extra per borse di studio per gli
studenti rom.
I risultati sono eclatanti, soprattutto se si paragonano i dati di due anni
consecutivi. "Nel 2005-06 abbiamo avuto 88 studenti rom iscritti alle superiori,
nel 2006-07 il loro numero era cresciuto a 260," dice Ljuan Koka, direttore del
Segretariato per la Strategia Rom in Serbia.
Una fonte non battuta di lavoro
Gli esperti concordano che la principale precondizione per migliorare le
prospettive socio-economiche tra i Rom è tagliare l'alto tasso di disoccupazione.
L'ironia è che paesi come la Bulgaria cerchi altrove dei lavoratori. Infatti,
secondo un recente rapporto della Banca Mondiale sull'Europa dell'est, la
Bulgaria rischia un rallentamento nello sviluppo economico se non richiama la
relativa scarsità sia del lavoro specializzato che non qualificato. E mentre
suggerisce una migliore utilizzazione e formazione dei lavoratori locali
"attraverso la riforma del sistema educativo e l'aumento della mobilità interna"
stabilisce che si dovrebbero importare lavoratori dall'estero.
Evgeni Ivanov, della Confederazione Impiegati ed Industriali di Bulgaria, dice
che è insensato cercare lavoratori esteri ignorando la domanda interna.
Puntualizza: "La Bulgaria ha tutte le risorse finanziare ed umane di cui c'è
bisogno perché i Rom si integrino nel mercato lavorale".
Ivanov predice che il ministro del lavoro avrà a disposizione 1 miliardo di EU
dei Fondi Strutturali UE da spendere per programmi indirizzati ai Rom. "Ma non
abbiamo informazioni che il ministro ci stia lavorando," aggiunge. "Si parla
solo del futuro prossimo."
Secondo Ivanov la comunità economica dovrebbe appoggiare misure proattive per
aiutare i Rom nel lavoro. "Come lavoratori, non importa l'etnicità o la
nazionalità, è la capacità che è importante."
Ma sono pochi i segni dei governi regionali realmente impegnati a migliorare le
prospettive della comunità Rom. In Serbia, Bulgaria e Romania,le autorità hanno
fallito nel trovare una formula per migliorare le loro possibilità.
leggi tutto l'articolo (in inglese)
This article was produced as part of the Balkan Fellowship for Journalistic
Excellence, an initiative of the Robert Bosch Stiftung and ERSTE Foundation, in
cooperation with the Balkan Investigative Reporting Network, BIRN.
"E' nato "Imè Romnì", laboratorio artistico e sartoria, promosso dall'Opera
Nomadi e gestito dalle donne rom del villaggio di Rho.
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di diventare una vera e propria attività lavorativa.
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un piccolo laboratorio artigianale, frutto di un originale incontro tra
tradizione e creatività.
Attivo all’interno del villaggio Rom di Rho (MI),il laboratorio è gestito dalle
donne del campo che si ritrovano per cucire, ricamare, inventare e creare
prodotti sartoriali ed accessori .
Di
Fabrizio (del 28/11/2007 @ 09:25:27, in
lavoro, visitato 2310 volte)
Da
Osservatorio sui Balcani
Espulsi dai Paesi Ue migliaia di rumeni si trovano ad affrontare
condizioni difficili una volta rientrati in Romania. Una traduzione tratta dal
periodico on-line dedicato al sud est Europa BIRN
Di Calin Cosmaciuc, 20 novembre 2007, BIRN (tit. orig. Deported Romanians to
Get More Support at Home)
Traduzione a cura della redazione
Il governo rumeno ha annunciato un piano per affrontare la questione
dell'ingente migrazione di forza lavoro rumena verso altri paesi Ue,
verificatasi quest'anno. L'esecutivo avrebbe messo a disposizione risorse
rilevanti e proverà ad affrontare con un approccio nuovo i problemi sociali di
lunga durata del paese.
Gli osservatori però si chiedono se le autorità di Bucharest e nel resto del
Paese siano all'altezza del compito.
Quando i migranti fanno ritorno a casa è spesso difficile per loro rintegrarsi
nella società a causa della mancanza di programmi governativi, poche opportunità
di lavoro e, in alcuni casi, perché oggetto di una vera e propria
discriminazione.
Secondo la rete televisiva rumena Realitatea negli ultimi 18 mesi circa 23.000
cittadini romeni sono stati espulsi dai paesi dell'Ue. Alla maggior parte di
questi, in particolare di origine rom, è stato vietato di far rientro nell'Ue
nei prossimi 5 anni: hanno infatti subito condanne per piccoli crimini quali
furti o irregolarità nel dichiarare la propria residenza in uno stato membro.
L'Italia è stato il paese dell'Ue che più di recente ha lanciato una campagna
per espellere dal proprio territorio i rumeni asserendo che rappresentano una
minaccia per la sicurezza pubblica. Queste misure sono seguite ad un'ondata di
crimini violenti la cui responsabilità è stata attribuita a immigrati
provenienti dalla Romania. Tra questi lo stupro e l'omicidio della
quarantasettenne Giovanna Reggiani.
Solo nell'ultimo mese, a Roma, 177 rumeni hanno ricevuto un decreto di
espulsione, anche se il numero di persone che se ne è poi realmente andato è più
basso. “Quarantanove persone sono state espulse dall'Italia in novembre, per la
maggior parte perché occupavano abusivamente proprietà private o perché non
erano in possesso di tutta la loro documentazione”, affermano fonti interne al
ministero degli Interni romeno.
Le persone espulse vengono prese sotto custodia dalla polizia all'aeroporto di
Bucharest. “Controlliamo le loro impronte digitali a chiediamo di raccontarci la
loro specifica situazione. Più tardi vengono accompagnate a casa scortate dalla
polizia o, almeno, accompagnate dalla polizia ad un autobus che li riporti a
casa”, racconta un poliziotto che lavora all'aeroporto Otopeni. Le informazioni
raccolte dalla polizia vengono poi passate alle autorità locali, responsabili
per la situazione degli espulsi.
Lo scorso mese Bucharest ha annunciato nuove misure per contrastare i crimini
commessi in Italia da immigrati rumeni, e tra queste anche iniziative a sostegno
di chi viene rispedito in Romania.
La maggior parte del peso ricadrà sulle autorità locali, saranno infatti
obbligate ad offrire pasti e una sistemazione temporanea a chi lo richieda,
assieme a sostegno legale e psicologico. Ai rientranti verrà inoltre offerto
l'inserimento in corsi di formazione lavoro. “Intendiamo trovare per loro dei
posti di lavoro in Romania e contribuire in quel modo a combattere la
criminalità. Dobbiamo inoltre prendere provvedimenti nei confronti di chi
organizza reti illegali per reclutare lavoratori”, afferma il ministro per il
Lavoro Paul Pacuraru.
Chi farà rientro volontariamente avrà la priorità nell'assegnazione di alloggi
sociali. Il piano del governo prevede inoltre che le aziende che decidessero di
assumerli, ricevano sovvenzioni statali. Il programma d'alloggio verrà
finanziato da fondi Ue mentre le sovvenzioni alle aziende verranno dal budget
statale.
Ciononostante non sarà facile trasformare questi piani in realtà. Anche se sul
piano alloggi ad esempio si è trovato un accordo, il ministro Pacuraru
sottolinea come sia “molto difficile per le autorità locali trovare edifici
adatti”.
Le politiche governative non si rivolgono esclusivamente a chi viene espulso e
non è riuscito a costruirsi una vita all'estero. Le autorità intendono spingere
i lavoratori rumeni a rientrare in patria in modo da sopperire ad una crescente
mancanza in loco di forza lavoro. In molti hanno lasciato infatti il Paese dopo
che la Romania, ad inizio 2007, è entrata nell'Ue. In particolare a causa dei
bassi salari. Più di due milioni di rumeni stanno lavorando all'estero,
soprattutto in Italia e Spagna.
“Servono lavoratori nell'edilizia, nell'industria agro-alimentare, nelle
fabbriche tessili. I salari non sono male ma in molti semplicemente si rifiutano
di fare questo tipo di lavori”, afferma Pacuraru aggiungendo che questo è vero
soprattutto per gli appartenenti alla comunità rom.
Vi sono tra il milione e mezzo e i due milioni di rom in Romania; le autorità
spesso discutono dei problemi che riguardano questa comunità in termini di
criminalità, ma raramente si affronta la questione della marginalizzazione di
questi ultimi.
Il governo recentemente ha annunciato nuove misure a favore di una maggiore
integrazione dei rom nella società rumena. Il ministro degli Interni Cristian
David ha anche annunciato che preparerà un progetto da proporre alla Banca
Mondiale per sostenere gli abitanti di Avrig, una cittadina della Romania
centrale. Avrig ha acquisito notorietà per essere la città d'origine di Nicolae
Mailat, il giovane rom che ha ucciso Antonella Reggiani. Mailat, 24 anni, viene
da una famiglia povera e da ragazzino ha passato tre anni in un istituto
correttivo dopo essere stato condannato per furto. Al suo rilascio, venne
nuovamente arrestato per furto. La madre di Mailat, che afferma di essere stata
forzata a rientrare in Romania dopo l'arresto del figlio, vive in un
accampamento abusivo nella periferia della cittadina.
Afferma che non vi è nulla per lei e per la propria famiglia in Romania, dove
non ha né lavoro né casa. Vuole ritornare in Italia, dove mendicava per strada
con la figlia di tre anni. Anche gli attivisti delle organizzazioni rom
ammettono che è molto difficile convincere chi è stato espulso a non provare a
rientrare nei paesi Ue. “Queste persone hanno bisogno di più attenzione da parte
delle autorità locali e di progetti validi a loro favore qui in Romania”,
afferma Marian Mandache, avvocato che lavora per l'associzione Romani Criss.
“Devono essere coinvolti in progetti di formazione lavoro. Certamente non è
difficile trovare un lavoro, ma è difficile tenersi un buon posto di lavoro se
non si è un lavoratore qualificato”.
Di
Fabrizio (del 21/09/2007 @ 09:26:19, in
lavoro, visitato 2085 volte)
Da
Romanian_Roma
L'etnia Rom nella regione di Sibiu, al centro della Transilvania, ha
esibito l'11 settembre i propri commerci e costumi nella Piazza Grande di Sibiu,
durante la manifestazione organizzata in occasione dei "Giorni della Cultura
Rom".
"Dovevamo avere una manifestazione simile" ha detto il sindaco Klaus Johannis,
durante la conferenza stampa per la presentazione della manifestazione. "Sibiu
doveva mostrare che siamo una città che si definisce attraverso le culture delle
minoranze e non attraverso i loro problemi. Il motto del Programma per Sibiu
Capitale Culturale è -città di cultura, città di culture-"
Florin Cioaba, presidente del Centro Cristiano dell'Etnia Rom, uno tra gli
organizzatori dell'evento ha aggiunto: "L'etnia Rom si è identificata attraverso
la propria cultura che per molto tempo è stata ignorata, attraverso la loro
musica come pure nella lavorazione dei metalli. I Rom avevano il monopolio in
questi campi."
Dopo l'apertura ufficiale, Florin Cioaba ha fatto da guida ai giornalisti
presenti attraverso i diversi manufatti.
Il festival è continuato con uno spettacolo a Piata Mare. Il pubblico ha
assistito all'esibizione di nomi famosi con musiche e danze tradizionali [...]
La manifestazione è continuata il 12 settembre con seminari sui problemi
dell'etnia Rom ed è terminata con nuove danze e balli e fuochi d'artificio.
DIVERS – www.divers.ro
Di
Fabrizio (del 06/08/2007 @ 09:14:22, in
lavoro, visitato 2101 volte)
Baki Hyuseinov, Ministro per le Politiche Sociali, ha detto che a settembre
2007 verrà organizzata una borsa del lavoro nella città di Stamboliiski, nella
Bulgaria centrale.
Ha presentato il risultato di un'indagine del Ministero del Lavoro e le
Politiche Sociali, chiamata Rom per i Rom.
Secondo l'agenzia BTA, Hyuseinov intende riunire intermediari dell'impiego
che possano aiutare i Rom nella ricerca di un impiego. Intende così assicurare
un impiego permanente alla comunità Rom.
Secondo l'indagine. leaders ed imprenditori Rom di successo potrebbero avere
un importante ruolo di modelli, ed assistere i Rom nel trovare un lavoro
migliore. C'è anche la speranza che questi leaders possano essere d'esempio per
ragazzi e studenti di talento.
Il ministro intende anche promuovere la collaborazione d'impresa all'interno
della comunità Rom.
L'educazione dei bambini è basilare per le famiglie Rom, ha detto Emilia
Voinova, direttrice del Direttorio Ministeriale per le Politiche Demografiche e
le Pari Opportunità. E' stata anche enfatizzata l'importanza di disporre nelle
scuole di insegnanti Rom.
Elka Dimitrova, direttrice dl Direttorio per le Politiche del Mercato del
Lavoro, ha detto che il programma di impiego sociale includerà circa 18.000 Rom.
Di
Fabrizio (del 29/07/2007 @ 09:28:44, in
lavoro, visitato 2647 volte)
dalla
Reuters
Le famiglie rom nel Montenegro settentrionale stanno beneficiando con
successo di un programma di sviluppo economico. Attraverso un programma di
microcredito AgroInvest, le loro condizioni di vita sono drasticamente cambiate.
Le famiglie Hairushi e Djulshan, rispettivamente con tre e sette figli, sono
parte della colonia rom di 1.000 persone a Nikšiæ. I capifamiglie, Isad e Redzo,
per anni sono stati disoccupati, prima che il capitale straniero privato
arrivasse nella piccola città montenegrina.
La madre di Isad è una tra i migliaia dei Rom dispersi interni dal Kosovo nel
1999, senza documenti personali. Isad è tra quanti beneficiano del programma
AgroInvest, un'istituzione World Vision in Serbia e Montenegro. World Vision
d'altra parte, guarda oltre il solo sviluppo economico.
Col supporto dello staff del Programma di Sviluppo World Vision a Niksic, i
membri della comunità identificano le priorità chiave per lo sviluppo della loro
comunità e le necessità specifiche delle famiglie. Tra queste, l'urgenza di
esami medici specialistici per Sead, il figlio di Isad, nato prematuramente e
con solo il 20% di visione oculare.
Il 3% dei ricavati delle attività di micro credito di World Vision è messo a
disposizione per questi tipi di intervento e di progetti comunitari. Da questo
fondo sono stati forniti 750 US$, perché Sead potesse andare a Novi Sad in
Serbia, per una visita medica appropriata. Ora frequenta una scuola speciale a
Podgorica. Dal 2005 World Vision è intervenuta in oltre 100 iniziative per
l'infanzia, supportando la comunità nella scolarizzazione, sanità e attività
ricreative. Oltre 5.000 bambini sono stati diretti beneficiari di questi
progetti.
Altro esempio è quello della famiglia Djulshan con sette figli, di età
compresa tra 8 mesi e 20 anni, ed un nipote. Il padre Redzo (45 anni), col micro
credito di AgroInvest, si è procurato una sega circolare e offre i suoi servizi
ai cittadini di Nikšiæ. Ora guadagna 1.000 € a stagione ed è in grado di fornire
ai suoi figli una sistemazione migliore, vestiti e cibo più bilanciato.
"Non ho mai avuto un lavoro e mi sentivo colpevole per la mia famiglia. Sette
mesi fa era più dura, quando non avevamo nessun stipendio. Non voglio che i miei
figli vadano a mendicare. Voglio che abbiano una vita soddisfacente e che vadano
a scuola. Due dei miei sette figli ora vanno a scuola".
Kyhl Amosson, direttore nazionale di World Vision, dice: "La popolazione Rom
non è differente da altri clienti. Anche loro vogliono una vita migliore per i
loro figli e famiglie, sono come qualsiasi altro - vogliono guadagnare
abbastanza per avere case calde d'inverno, dar da mangiare ai loro figli,
mandarli a scuola, e dare loro migliore assistenza medica quando c'è bisogno".
World Vision non si indirizza specificatamente alla popolazione Rom
attraverso AgroInvest, in quanto si focalizza maggiormente sulla riduzione della
povertà sociale ed economica nelle aree rurali. La popolazione Rom è concentrata
nelle aree urbane. Ma quando è possibile, incoraggia l'integrazione sociale e
supporta tutti attraverso la mobilitazione della comunità.
Circa 4 milioni di Rom, la più alta concentrazione mondiale, è nei Balcani.
In Montenegro, la popolazione Rom non è così vasta come in Serbia o nel
Montenegro meridionale, ma certamente rappresentano uno dei gruppi più
vulnerabili ed escluse nella società.
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Di
Fabrizio (del 24/07/2007 @ 09:35:42, in
lavoro, visitato 2544 volte)
Da
La
voix des Rroms
Saint-Ouen lotte n° 67 - luglio 2007
" Osserva la mia città, si chiama bidone, bidone, bidonville, vivere lì è
cotone (... ]Dammi la tua mano compagno, ho cinque dita io anche, ci si può
credere uguali (...)"
Claude Nougaro - Maurane
A Saint-Ouen, al termine della via Ardoin, vicino alla Senna, una bidonville
dispiega la semplicità della miseria generata dall'implosione delle società
dell'Europa dell'Est, la caduta delle pareti e barriere doganali, la vittoria
del "libero" mercato e della "libera" concorrenza nell'Unione europea degli
azionisti. Lasciati per conto, Rroms ad esempio, sono trattati da anni come
paria. Prima della caduta, avevano lavoro, ma sono ora colpiti dalla
disoccupazione. Allora fanno ciò che hanno fatto i nostri antenati Bretoni,
Auvergni, ciò che hanno fatto gli Spagnoli, i Portoghesi, gli Algerini, i
Marocchini ed altri Africani negli anni 60 ed ancora ora: partono verso le città
dove c'è lavoro, nell'Europa dell'Ovest.
Quale lavoro? Un lavoro al nero nel bastimento, nel settore alberghiero, nella
ristorazione. "Continua, ti pago il mese prossimo." "A volte sono pagati alla
fine del secondo mese, a volte no." "Spostati tu, non avrai nulla di tutto".
Queste sezioni di due mesi di lavoro clandestino non pagato sono frequenti.
Grazie proprietari. Quale ricorso hanno? Ricominciare altrove sperando di avere
più possibilità. Mendicare. Di ricorso legale non ce n'è. Anche in queste
condizioni, la concorrenza è dura. In estate i bordi dell'unità periferica si
coprono di tende occupate da lavoratori e studenti dei paesi dell'Est che, loro,
non sono paria nel loro paese, ma che sono anche disoccupati. Che cercano di
rientrare al paese con un po'di denaro. Gli sfortunati, a volte non hanno
neppure che rientrare. Ma quando la possibilità è là, un giorno di salario qui,
è il salario di un mese là. Studenti bulgari guadagnano in due mesi di che
vivere durante un anno di studi. La situazione dei Rroms è diversa. Rari sono
coloro che riescono a guadagnare abbastanza denaro per inviarne un po'in
Romania, in Bulgaria, in Ungheria per migliorare la vita nel ghetto in cui vive
la loro famiglia. La maggior parte è inchiodata qui dove la miseria è meno dura
che là ed il dispetto della gente "brava" meno pesante.
A questa semplicità estrema della disgrazia ci sono soluzioni estremamente
semplici: "Oh, bidonvilles nel 2007!" Quale vergogna! Toglietela della mia vista
immediatamente! "D'espulsione in espulsione, la miseria e la precarietà dei
Rroms aumentano ogni volta." Ma il problema non è risolto.
8 Milioni di Rroms sono cittadini europei, collegati da una cultura ed una
lingua, il rromani, una lingua indo-europea. Un popolo senza territorio che non
richiede territori. Ma il diritto di vivere normalmente nei vari paesi
dell'Europa, il diritto ai "diritti dell'uomo e" ai diritti del bambino "e" alla
parità delle opportunità ", come tutti."
Un inizio di soluzione, ad esempio a Aubervilliers, un terreno del comune dove
devono essere sistemate case prefabbricate, a Bagnolet, la costruzione di
chalets, dopo molti anni d'alloggio caotico in una costruzione comunale
abbandonata. Un inizio di soluzione è l'accompagnamento sociale che permette di
trovare un lavoro meno precario, scolarizzare i bambini, integrarsi a termine in
un alloggio classico, è il bilancio di "riassorbimento delle bidonvilles"
individuato dal consiglio generale ed è efficace soltanto se i municipi lo
utilizzano.
Un inizio di soluzione, sono che i municipi abbiano meno timore di mettersi sul
problema perché avranno meno timore delle reazioni dei diretti più
semplicistici. Un inizio di buona soluzione, è la tua solidarietà, abitante di
Saint-Ouen.
Dammi la tua mano, compagno, hai cinque dita tu anche, puoi renderti utile!
Mathilde
Di
Fabrizio (del 27/06/2007 @ 09:46:19, in
lavoro, visitato 3446 volte)
In queste settimane stiamo assistendo ad un deterioramento dei rapporti tra la società civile, la politica e le "comunità rom" senza precedenti. In gioco non ci sono soltanto delle diverse sensibilità o opinioni su cui impostare le proprie idee di governo delle città, magari con l'appoggio bipartisan di una parte dell'opposizione, ma un vero e proprio oltrepassare i limiti della comune e rispettosa convivenza. Quello che ferisce non è solo un modo diverso di concepire e trattare con pesi e misure differenti i rapporti tra soggetti sociali che non godono delle stesse opportunità, ma la cattiva coscienza di chi indica oggi dall'alto delle proprie responsabilità di potere "l'altro", il "rom", come mera espressione di un disagio generalizzato che la società vorrebbe in una qualche misura scrollarsi dalle spalle.
Ad un anno ormai dalla presentazione di un "piano strategico" da parte del Comune per risolvere questa “questione” i risultati raggiunti sono francamente sconfortanti.
Per la prima volta a Milano, abbiamo assistito alla realizzazione di un mega campo destinato ad accogliere c.ca 700 persone, mentre in tutto il Paese e in Europa da anni si chiede a gran forza di dare avvio ad una seria politica dell'abitazione per le comunità rom e sinte che superi l'idea del "campo nomadi" o "villaggio solidale", anche o soprattutto assegnando a chi di loro ne ha diritto delle case o aiutandoli ad averne una.
Viceversa, alle famiglie Rom che hanno avuto accesso in via Triboniano è stato chiesto di sottoscrivere un "Patto di legalità e socialità" che sottolinea di fronte all'opinione pubblica solo l’esistenza di un radicato pregiudizio che a volte sfocia in aperta discriminazione da parte delle autorità, senza alcuna reale utilità pratica. A chi altro, Le chiedo, viene richiesta una cosa analoga? O forse esiste di fronte alla legge la possibilità di un trattamento differenziale degli individui in base all'origine culturale, religiosa o quant'altro?
Le politiche sociali che per molti anni anche le giunte di centro destra hanno portato avanti in questa città, oggi si perdono nel "buco nero di via Triboniano" che tutto attrae e tutto si porta via.
Eppure i Rom e i Sinti sono "molti", circa 5 mila, per la metà italiani di nascita o di prossima cittadinanza.
Queste piccole comunità vivono da alcuni decenni nelle periferie della città, conquistandosi giorno dopo giorno il diritto di rimanerci e il rispetto dei vicini, come nel caso di via Idro dove, proprio dalle pagine del Corriere della Sera leggiamo oggi, con grande preoccupazione e sconcerto, dell’eventualità dell’arrivo degli ultimi sfollati di via Triboniano.
“Comunità” dai tanti nomi, come i Rom Harvati e i Rom Abruzzesi che hanno espresso il "meglio" della loro cultura e stile di vita moderno aprendosi al confronto con la società, consentendo l’avvio ben 14 anni fa dell’esperienza delle mediatrici culturali rom nelle scuole e nella sanità, o ancora di 3 cooperative sociali che hanno impiegato in pochi anni 50 giovani in stabili attività lavorative.
Sì, perché anche i Rom lavorano e oggi sono fortemente preoccupati di perdere il loro posto solo perché queste straordinarie esperienze rischiano di essere ignorate e messe da parte dal Comune, già dal prossimo inizio del mese di Luglio.
A cosa ci può condurre tutto ciò? Forse a far nascere delle vere e proprie banlieu nostrane impermeabili ad ogni contatto con la società? O forse davvero ci illudiamo che proclamando in modo demagogico l'applicazione di un "numero chiuso" ai Rom si possano correggere quelle profonde distorsioni che sono entrate nel modo di agire delle Istituzioni e che non facilitano anzi aggravano il contrasto alle forme di devianza e di violenza presenti anche in queste comunità?
Maurizio Pagani
Vicepresidente Opera Nomadi Milano