Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 28/05/2007 @ 10:50:31, in Italia, visitato 2701 volte)
Ricevo da Mariagrazia Dicati
Dal blog :
Rom
Sinti @ Politica,
testimonianza di alcuni ragazzi delle scuole di Ostia (Roma) e video dello
sgombero di un campo nomadi avvenuto il 10 maggio in via Aldobrandeschi a
Roma
Siamo un gruppo di studenti di Ostia, delle
scuole Labriola, Anco Marzio, Faraday e Toscanelli.
Abbiamo letto con indignazione dello sgombero avvenuto a via
Capo Sperone di circa 15 romeni (tra cui 3 minori) la scorsa settimana.
Alcuni mesi fa, accorgendoci della presenza di questo campo, abbiamo
scelto una strada diversa da quella che tutti ci consigliavano, quella
che pareva più normale: disprezzare, distogliere lo sguardo, affidarci
ai pregiudizi.
Abbiamo scelto invece di andare a conoscere di persona questi uomini,
donne e bambini che lì vivevano nell’abbandono più totale.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, nessuno di noi è stato
minacciato, derubato o malmenato una volta entrati nel loro campo. Siamo
stati invece accolti con una simpatia e un calore tale da farci vergognare
dei nostri pregiudizi. Difficilmente tra i nostri coetanei italiani
abbiamo mai ricevuto un’accoglienza così bella.
Non solo ci hanno fatto entrare a casa loro, ma ogni volta che siamo
tornati ci hanno sempre trattato come ospiti d’onore.
Crescendo l’amicizia con loro, di settimana in settimana, ci siamo anche
accorti della condizione tragica in cui versava tutto il loro campo: niente
corrente elettrica, niente gas né acqua corrente, che andavano a prendere da
una fontanella a 500 metri di distanza.
continua
link dello sgombero
http://www.youtube.com/watch?v=LddCcwdsj-Y
Di Fabrizio (del 24/05/2007 @ 12:29:50, in Italia, visitato 2376 volte)
Da
Rom
Sinti @ Politica
Come cittadini italiani appartenenti a una minoranza,
quella ebraica, ci opponiamo alla CACCIATA dei Rom da Roma, per tre precisi
motivi:
1)Come Ebrei abbiamo Memoria della storia di questo popolo vittima insieme a
noi della più grande barbarie prodotta dalla civiltà occidentale, la Shoah.
E’ il popolo che ha pagato più di ogni altro l’industrializzazione del mondo
occidentale con una crescente emarginazione produttiva e esistenziale. Mentre
con l’avvento della società moderna la maggior parte dei cittadini acquistava
nuove libertà, i rom venivano stigmatizzati per la loro improduttività(d’altra
parte l’accusa di devianza rispetto all’ottica della produttività non è molto
dissimile da quelle portate storicamente contro noi ebrei), additati a pubblico
disprezzo e discriminati, impedendo alla loro diversità culturale di mescolarsi
a tutte le altre.
2)Come cittadini di fronte al problema della sicurezza, evidente nelle nostre
metropoli(ma le cui cause vanno ricondotte ad un processo involutivo dovuto alle
politiche urbanistiche degli ultimi decenni), riteniamo che la deriva
securitaria che hanno preso alcuni sindaci di sinistra, partendo da Cofferati,
passando per Chiamparino, Zanonato, per arrivare a Veltroni, ora legittimati dal
Ministro dell’interno Amato, rappresenti non solo una perdita di memoria storica
ma anche un pericoloso rincorrere gli umori della cosiddetta GENTE aizzati a
bella posta dai cosiddetti imprenditori politici del razzismo nostrano, un tempo
tutti collocati a destra. Inoltre viene leso un caposaldo dello stato di diritto
che vuole che le persone siano considerate come individui e non come gruppo,
perché in caso di misure collettive viene trattato allo stesso modo chi ha
diversi comportamenti e nel caso di misure repressive le pagano anche coloro che
sono completamente estranei a condotte illecite, solo perché facenti parte della
categoria sociale presa di mira.Un politico di sinistra, non cedendo sulle
infrazioni della legge commesse dai singoli, dovrebbe porsi rispetto ai gruppi
sociali con l’ottica dell’integrazione per promuovere la conoscenza reciproca
tra le culture e nel caso specifico innanzitutto: FARE STORIA DELLA CULTURA ROM.
3)E' da tempo in atto una campagna virulenta che partendo da specifici fatti di
cronaca e ignorando altri episodi che vedono come vittime gli immigrati, vede
schierate le televisioni, i giornali (purtroppo anche legati all'attuale
maggioranza governativa come Repubblica), il centrodestra e parte del
centrosinistra. Si alimenta un clima di paura che porta ad identificare nello
“straniero” il capro espiatorio. Il concetto di “sicurezza” è declinato
totalmente in chiave di ordine pubblico. Per noi sicurezza significa anche
sicurezza di un posto di lavoro (o di un reddito), sicurezza di una casa,
sicurezza di poter accedere a quei beni comuni, dall'acqua all'istruzione,
fondativi di una comunità civica basata sull'inclusione e non sull'emarginazione
sociale. La sicurezza o è SOCIALE o non è!
Con questo nostro appello sollecitiamo l'associazionismo politico, sociale e
culturale, i singoli sensibili a fermare questa deriva, e parte della stessa
classe politica non disposta a farsi arruolare in questa nuova, grave, crociata
securitaria a prendere l'iniziativa e promuovere un appuntamento nei prossimi
giorni a Roma per dare un segnale di civiltà e di opposizione a questa indecente
campagna.
Irene Albert, Andrea Billau, Giorgio Canarutto, Paola Canarutto, Ilan Cohen,
Marina Del Monte, Gabriele Fiorentino, Giorgio Forti, Ivan Gottlieb, Joan Haim,
Dino Levi, Patrizia Mancini, Miriam Marino, Ernesto Muggia, Stefano Sarfati
Nahmad, Carla Ortona, Renata Sarfati, Hanna Cristina Scaramella, Sergio
Sinigaglia, Stefania Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Jardena Tedeschi, Ornella
Terracini
Per adesioni: campodellapace@yahoo.it
Di Fabrizio (del 23/05/2007 @ 10:49:32, in Italia, visitato 1749 volte)
ti invio una lettera scritta con alcune altre realtà sulla discussione Rom-legalità.
Paolo Ciani
Comunità di Sant’Egidio - Caritas Diocesana di Roma - Arci Solidarietà –
Comunità Capodarco di Roma – Jesuit Refugee Service – Servizio Rifugiati e Migranti/FCEI –
Rom e legalità
Il dibattito nazionale sulla sicurezza emerso in questi giorni sui media dopo la firma del “Patto per Roma Sicura” tra il Comune di Roma e il Ministero dell’Interno ci sollecita ad alcune considerazioni.
Siamo organizzazioni che, a diverso titolo e da molto tempo, sono presenti accanto ai Rom e ai Sinti di Roma e di altre città italiane. Conosciamo bene i “campi”, i “villaggi” e i tanti “non luoghi” in cui i Rom vivono nelle nostre città, e frequentiamo chi li abita. In questi giorni abbiamo sentito parlare dei Rom nelle maniere più stereotipate e persino fantasiose, spesso con toni ostili e talvolta apertamente intolleranti. Di fronte a queste manifestazioni preoccupanti, riteniamo più opportuno riflettere piuttosto che agire e parlare sull’onda dell’ultima esternazione.
In Italia e in Europa: discriminazione e diritti
E’ necessario riflettere, in primo luogo, sul numero complessivo dei Rom e Sinti presenti in Italia. Nonostante l’aumento dovuto, negli ultimi 6 anni, alle migrazioni di rom romeni, la percentuale totale di Rom e Sinti sul totale della popolazione in Italia rimane al di sotto dello 0,3% (di cui circa la metà cittadini italiani). Va inoltre ricordato che la popolazione Rom e Sinta ha una media di età molto bassa: quasi il 40% ha meno di 18 anni.
Può la sicurezza del nostro Paese essere messa in crisi da 150.000 persone di cui la metà bambini? Può veramente la sicurezza di Roma essere a rischio per 10.000 rom?
Forse non è superfluo ricordare che i Rom e Sinti sono presenti in quasi tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa e che il numero totale dei presenti in Italia è di gran lunga inferiore a quello di molti altri Stati (ad esempio Germania, Francia, Spagna). Sono spesso considerati dalla maggioranza della popolazione come “altri”, come stranieri nei loro paesi natali e l’antigitanismo è una realtà diffusa, professata senza alcun pudore o memoria storica. La vita dei Rom e Sinti è caratterizzata dal disprezzo e dall’isolamento. L’apice atroce della persecuzione è stato raggiunto con l’immenso - e purtroppo spesso ignorato - olocausto di circa mezzo milione o più durante la seconda guerra mondiale.
Questa memoria ci invita alla vigilanza di fronte ad ogni manifestazione di intolleranza, che suscita antichi fantasmi. L’ostilità allo zingaro fa spesso emergere nella mentalità corrente un universo di pregiudizi normalmente sommerso. Molte delle parole dette in questi giorni – spesso in maniera incosciente – creano allarmismo sociale in tessuti urbani difficili e ritornano allo stereotipo dello zingaro criminale-girovago.
La nostra Costituzione pone all’apice dell’ordinamento il principio di eguaglianza e tutela le minoranze; ne garantisce l’accesso all’istruzione, la promozione e il pieno sviluppo della persona umana a qualsiasi formazione sociale appartenga. Questi orientamenti costituzionali impegnano la coscienza democratica a rispondere con fermezza a un clima intollerante e irrazionale, che si nutre di pregiudizi antichi e di nuove avversioni.
La situazione a Roma
Non si può utilizzare la popolazione Rom e Sinta, come falso bersaglio, anziché mettere a fuoco i reali problemi delle nostre periferie. Siamo cittadini di questa metropoli e come i nostri concittadini crediamo che la sicurezza e la legalità siano un diritto per tutti; anche per Rom e Sinti. Ma non crediamo alla logica dei capri espiatori. Dire che l’illegalità a Roma e nelle grandi città sia un problema di Rom, immigrati e prostitute ci sembra fuorviante della realtà e fa tornare alla mente fantasmi del passato. La proposta di risolvere “il Problema Rom” costruendo mega campi “controllati” da 1000-1500 persone “fuori del Raccordo” ci appare una palese violazione dei diritti umani della popolazione presa di mira. È grave sia la proposta in sé, sia il messaggio che essa contiene.
I rom e i sinti che vivono a Roma non sono nomadi, ma stanziali (sebbene vittime di continui sgomberi) e aspirano ad una soluzione abitativa stabile. Ciò è dimostrato dalle centinaia di famiglie che sono in lista d’attesa nelle graduatorie per l’assegnazione di case popolari. Per giunta 5000
di loro vivono a Roma da più di trenta anni.
Ormai, basta parlare di “soluzioni temporanee”del genere:“stanno un po’ qui e poi si spostano”! E’ questa mentalità che ha fatto crescere più di due generazioni di Rom nelle discariche delle nostre periferie, senza servizi essenziali, in situazione simile alle metropoli del Terzo Mondo. Il fatto che il degrado e la marginalità sociale spingano alla devianza non è certo imprevedibile.
Già oggi, e ormai da tempo, i “campi” rom riconosciuti (cioè tutti, a parte i “non luoghi” di baracchette) sono fuori o a ridosso del GRA. La novità della proposta dunque non è nell’ubicazione dei luoghi, ma nel messaggio: “accanto ai Rom e ai Sinti non si può vivere”, e perciò vanno isolati. Esattamente il contrario di quello che il Comune ha fatto in questi anni con le politiche di scolarizzazione, inclusione sociale, avviamento al lavoro. Esattamente il contrario di quanto approvato dal Consiglio Comunale nel 2005 con il cosiddetto “Piano Rom” (che prevedeva una “progressione” abitativa da grandi campi di prima accoglienza, a piccoli campi per nuclei familiari, fino “all’uscita” dal campo e all’inserimento in abitazioni). Esattamente il contrario di quanto raccomandato dai vari organismi dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa, preoccupati di una recrudescenza del razzismo verso i rom[1]; e di ciò che ha raccomandato il Comitato europeo per i diritti sociali presso il Consiglio d’Europa nella “Decisione del merito” del 7.12.05
[2]. Ma è soprattutto l’esatto contrario di quanto raccomandato dall’Ecri (Commissione Europea contro il Razzismo e l’intolleranza) nel suo “Terzo rapporto sull’Italia” del 16.12.05, in cui si legge:
“L’Ecri riafferma che le autorità italiane non dovrebbero basare le loro politiche relative ai Rom e ai Sinti sul presupposto che i membri di tali gruppi preferiscono vivere come nomadi. Raccomanda vivamente alle autorità italiane di affrontare la questione dell’alloggio delle popolazioni Rom e Sinti in stretta collaborazione con le comunità stesse, e raccomanda che l’obiettivo sul lungo periodo delle politiche abitative dovrebbe essere quello dell’eliminazione dei campi nomadi”.
Un patto per l’inclusione sociale
Vorremmo risposte efficaci a problemi veri. L’impegno di spesa per attuare il “Patto per Roma Sicura” è di tutto rispetto (sono stati già stanziati 15 milioni di Euro). Avremo più controlli di polizia e più agenti impegnati; ma quanti assistenti sociali, quante risorse economiche e quali strumenti di inserimento sociale in più?
Siamo disponibili, come sempre, a collaborare nel progettare insieme queste risposte, convinti che non esista altra strada che prescinda dall’integrazione sociale. Proponiamo, quindi, un patto nel quale la sicurezza di tutti venga perseguita mediante l’inclusione sociale. Innanzitutto bisogna partire dai bambini e dai giovani. Proponiamo misure concrete e decisive per la promozione umana dei piccoli – spesso prime vittime degli sgomberi che ne interrompono il faticoso processo di integrazione scolastica – . Riteniamo che tutti i bambini Rom e Sinti presenti sul territorio debbano essere iscritti a scuola; chiediamo che il diritto allo studio sia garantito anche con l’attribuzione di borse di studio che premino la frequenza e l’impegno; chiediamo misure efficaci per la tutela e la promozione delle donne Rom e Sinti e per il loro inserimento nel mondo del lavoro. Chi commette reati sia sanzionato secondo le leggi: frequentando ogni giorno i “campi” saremo noi i primi ad esserne contenti! Ma non criminalizziamo un intero popolo.
Diffondere una cultura della paura può produrre conflitti maggiori e più violenti. Temiamo che i fantasmi liberati non si trattengano più. E’ la storia che lo insegna: oggi i grandi ghetti; e domani?
[1] Ad esempio quanto affermato dalla risoluzione del Parlamento Europeo sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nell’Europa allargata nel 2005, in cui si legge:
(si) ritiene che (la comunità dei Rom e Sinti) necessiti di una protezione speciale essendo diventata, a seguito dell'allargamento, una delle minoranze numericamente più importanti nell'UE ed essendo stata, in quanto comunità, storicamente marginalizzata ed ostacolata nel suo sviluppo in taluni settori chiave: la cultura, la storia e le lingue rom sono spesso trascurate o denigrate;
(si) rileva che i rom subiscono la segregazione razziale nell'ambito dell'istruzione e spesso rischiano di essere ingiustamente collocati in istituti per disabili mentali, sono oggetto di discriminazioni per quanto riguarda la fornitura di alloggi, l'assistenza sanitaria e i servizi pubblici, registrano elevati tassi di disoccupazione, le autorità pubbliche spesso non ne riconoscono i diritti e sono inoltre politicamente sottorappresentati;
[2] quando ha affermato: “persistendo nella sua pratica di mettere i rom e sinti nei campi, il Governo (italiano) ha fallito nel prendere in considerazione tutte le differenze rilevanti o di prendere misure adeguate per assicurarsi che essi abbiano accesso ai diritti e ai benefici collettivi che devono essere disponibili a tutti”, e concludendo che:
- la scarsità e l’inadeguatezza dei campi sosta per rom e sinti nomadi costituisce una violazione dell’Articolo 31§1 della Carta, letto congiuntamente all’Articolo E
- gli sgomberi forzati e le altre sanzioni ad essi associati costituiscono una violazione dell’Articolo 31§2 letto congiuntamente all’Articolo E;
- la mancanza di soluzioni abitative stabili per rom e sinti costituisce una violazione dell’Articolo 31§1 e dell’Articolo 31§3 della Carta, letti congiuntamente all’Articolo E.
Di Fabrizio (del 17/05/2007 @ 09:47:45, in Italia, visitato 1961 volte)
Da
ChiAmaMilano
I settanta Rom al parco Lambro avevano mobilitato
oltre un migliaio di persone terrorizzate dal loro arrivo, ma in via Feltre
pochi hanno paura
Esattamente un mese fa partiva da Piazza Udine e si
svolgeva lungo via Feltre
un gremito
e vivace corteo di protesta contro l'insediamento di un gruppo di Rom in
una struttura all’interno del Parco Lambro.
Espulsi da
Opera, dopo un feroce presidio di molti abitanti del paese alle porte di
Milano durato per oltre un mese, una settantina di nomadi –di cui oltre la metà
bambini– erano stati accolti da Don Colmegna presso la sede del Caes situata
all'interno del parco.
L’11 aprile
erano
oltre un migliaio a manifestare, tra i soliti slogan che suonano ormai
sempre più come vere e proprie “dichiarazioni di guerra”: non solo residenti e
commercianti della zona preoccupati dell'ulteriore disagio che questi nomadi
avrebbero arrecato ad una zona già da tempo in evidenti condizioni di degrado,
ma anche e soprattutto esponenti di Lega e Alleanza Nazionale. Politici per cui
la “caccia ai Rom” è diventata il cavallo di battaglia, la bandiera da
sventolare all'infinito, il simbolo per eccellenza della lotta a tutti i mali.
A quattro settimane di distanza dalla “marcia anti-rom”,
siamo tornati in Piazza Udine e in via Feltre
per tentare di captare gli umori di chi in quelle zone ci vive o ci lavora
(ascolta
le interviste audio). Se davvero l'arrivo dei nomadi abbia comportato
gravi problemi a livello di ordine pubblico e sicurezza, sarebbe prevedibile
aspettarsi dichiarazioni agguerrite o quantomeno preoccupate. Nulla di tutto
ciò. I “nuovi barbari” che avrebbero dovuto rubare, borseggiare, aggredire non
hanno fatto nulla di tutto questo.
Sorprenderà allora i sostenitori del corteo dell'11 aprile scoprire che tra gli
intervistati, molti dei residenti del quartiere non solo non hanno avvertito
alcuna minaccia dalla “pericolosa e consistente orda di Rom”, ma addirittura non
erano a conoscenza dell'insediamento degli stessi in Parco Lambro.
“I Rom? Non ne sappiamo niente, forse in altre zone, qui non ce ne sono”
sostiene una coppia di anziani che passeggia per la piazza.
“Non sapevo nemmeno ci fosse stata una manifestazione. Abito in zona ma non mi
interesso della questione” dichiara un'altra signora.
“Io di differenze non ne ho viste da quando si sono sistemati nel parco. Forse
dovreste chiedere nei negozi”, suggerisce un altro intervistato.
E in effetti è proprio una commerciante a raccontare che “i Rom non lavorano,
tirano a campare. Non è giusto che stiano nel parco, dove giocano i bambini. Se
fossi una mamma avrei paura. In negozio entrano per rubare, bisogna avere mille
occhi e non perderli di vista. Rubano di tutto, anche le saponette, nonostante
poi non le usino. Rubare fa parte della loro cultura”. Ma, per il momento non le
hanno rubato niente. Eppure la signora non si scoraggia, anzi è sicura, i Rom
prima o poi entreranno nel suo negozio a rubare qualcosa, qualsiasi cosa, anche
le saponette che non usano.
Dichiarazioni, queste, che in fondo rievocano i consueti e incrollabili luoghi
comuni dello “zingaro che ruba i bambini” o dello “zingaro che non si lava”.
Al di là delle generalizzazioni, a Piazza Udine si respira un clima tutt'altro
che allarmata.
A conferma, forse, che l'obiettivo effettivo della manifestazione di un mese fa
era mettere in atto l'ennesima manovra politica e mediatica mirata alla
stigmatizzazione dello straniero, tanto diverso da noi e tanto responsabile dei
malanni della nostra società.
Giulia Cusumano
Di Fabrizio (del 12/05/2007 @ 09:47:04, in Italia, visitato 1904 volte)
Dopo l'intervista a
Dijana Pavlovic, Osservazione continua con Eva Rizzin
Eva Rizzin (destra) con Miranda Vuolasranta al Parlamento
Europeo
"Io ho scelto l’attivismo nella speranza di poter dare un contributo
positivo alla società, cercando di abbattere gli stereotipi esistenti attraverso
la conoscenza e il dialogo"
Eva Rizzin ha conseguito il dottorato di ricerca in geopolitica e
geostrategia presso l'Universita' di Trieste nel 2007. Appartenente alla
minoranze sinta, e' attiva nella lotta per il diritti di sinti e rom in Italia
ed e' anche tra i fondatori di osservAzione
Per il tuo dottorato hai studiato l'antiziganismo nell'Europa
allargata, si tratta di un fenomeno diffuso?
L’Europa dei “ventisette”, da est ad ovest, da nord a sud oggi risulta
essere attraversata da violenze e da discriminazioni contro le minoranze.
Le recentissime ricerche condotte da vari Istituti europei come l’Eumc, l’ECRI
dimostrano che i rom costituiscono una minoranza fortemente discriminata. L’EUMC
li descrive come il gruppo più vulnerabile, maggiormente deprivato dei propri
diritti umani ed esposto al razzismo nell’Unione europea.
Ma nonostante esistano ricerche e rapporti che rivelano l’esistenza della
discriminazione, i fenomeni di violenza contro i rom aumentano sempre più,
fenomeni questi che dimostrano che l’antiziganismo esiste e si sta sviluppando
sempre di più in tutta l’Europa, Italia compresa.
In Italia tale fenomeno rimane inosservato perché purtroppo spesso il
pregiudizio nei confronti dei rom viene considerato normalità come abbiamo
dimostrato in Cittadinanze Imperfette.
L’antiziganismo è un comportamento sociale che oggi persiste anche nel nostro
paese; persiste nei pensieri, nei sentimenti e nei comportamenti di molte
persone e istituzioni. E’ un sentimento pericoloso che alimenta il vortice di
discriminazione nel quale i rom e i sinti sono colti, una discriminazione che di
fatto però rimane completamente ignorata.
Radicato nella storia, alimentato dai mass media e molte volte anche da partiti
politici, largamente sottovalutato dagli esperti, il sentimento anti-rom oggi in
Europa si presenta a livelli drammatici.
Come si colloca l'Italia?
Il nostro paese non si sottrae agli atteggiamenti discriminatori. Gli
stessi campi nomadi sono un esempio evidente della segregazione razziale che
esiste in Italia: spazi dove i diritti non esistono, spazi che somigliano a
delle riserve indiane, spazi che favoriscono l’esclusione sociale e ostacolano
qualsiasi possibilità di interazione sociale, spazi che condannano le minoranze
rom e sinte all’annientamento culturale.
Nonostante il riconoscimento dei diritti delle comunità rom e sinte sia
diventato un importantissimo tema europeo, sta di fatto che a livello nazionale
la legge 482/99 sui diritti delle minoranze linguistiche presenti nel territorio
italiano, ha volutamente escluso il ròmanes dal dettato delle minoranze
linguistiche.
I rom e i sinti sono stati esclusi dai vantaggi di tale legge, per il fatto di
non essere legati a un territorio determinato.
Una legge la 482/99 che disattende norme, principi ed impegni internazionali in
particolare la carta europea delle lingue regionali minoritarie (in vigore dal 1
marzo 1998) che prevede esplicitamente norme (punto C)«anche per le lingue
sprovviste di territorio come l'yiddish e il (ròmanes) ».
La decisione di escludere il romanes fra il dettato delle lingue minoritarie è
stato un atto gravissimo è sottolinea palesemente la discriminazione di una
popolazione che già in quel tempo era fortemente emarginata.
Quali sono le priorità su cui bisogna intervenire? A chi spetta
prendere l'iniziativa?
La prima priorità è includere il ròmanes nell’elenco delle minoranze
linguistiche storiche indicate nella legge 482.
Ritengo che sia necessario adottare azioni che siano in grado di combattere i
drammatici livelli di discriminazione che colpiscono l’Europa e in particolare
anche l’Italia.
Le istituzioni nazionali ed europee dovrebbero applicare la legislazione
esistente che vieta le discriminazioni razziali e promuovere una forte cultura
antidiscriminatoria e delle pari opportunità.
Bisognerebbe sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica sulla situazione
dei rom e sulla discriminazione da essi subita, cercando di coinvolgere il
grande pubblico in un dibattito aperto sul significato della diversità come
fonte di vitalità socioeconomica che dovrebbe essere sfruttata, valorizzata e
goduta in quanto elemento che arricchisce il tessuto sociale e componente
importante del benessere economico.
Anche se l’Unione Europea possiede uno dei quadri legislativi in materia più
avanzati al mondo, lo stato di protezione delle minoranze è ancora molto debole.
Apparentemente i cittadini europei conoscono poco i diritti e i doveri che
derivano da tali disposizioni, ossia che tutti, indipendentemente dalle origini
etniche, dalla religione, dalle convinzioni personali, da eventuali handicap,
dall'età e dagli orientamenti sessuali, hanno diritto ad essere trattati allo
stesso modo.
E’ necessario a mio avviso informare meglio i rom e i sinti della protezione
giudica esistente e dei mezzi disponibili per combattere la discriminazione.
È necessario promuovere l'incremento della partecipazione dei rom e dei sinti a
tutti i settori e a tutti i livelli della società,
Una politica che favorisce le pari opportunità, infatti, non riguarda solamente
l'eliminazione delle discriminazioni, ma anche la promozione di una
partecipazione piena per tutti.
Cosa si puo' fare per favorire la partecipazione di rom e sinti?
Anche se oggi vi è in atto un notevole processo politico adottato dalle
Istituzione Europee nei confronti dei rom, la debolezza sta nel fatto che la
maggior parte delle decisioni adottate non prendono purtroppo in considerazione
la partecipazione politica attiva dei diretti interessati nelle politiche che li
riguardano.
L’assenza endemica dei rom coinvolti nelle attività delle organizzazioni
internazionali e nazionali che si occupano dei rom stessi è notevole.
Sarà difficile poter parlare di un futuro costruttivo dei rom se non si è in
grado di promuovere il pieno coinvolgimento dei rom e sinti come soggetti attivi
e partecipi delle politiche che riguardano la loro esistenza. E’ necessario
adottare un approccio che sia in grado di consentire ai rom e ai sinti di
divenire promotori della propria autonomia sociale e culturale.
Vi è la necessita di garantire l’effettiva partecipazione dei rom alla vita
politica, soprattutto per quanto riguarda le decisioni che interessano la vita e
il benessere delle loro comunità.
I partiti politici, sia a livello nazionale che europeo, dovrebbero riformare le
proprie strutture e procedure interne al fine di rimuovere ogni ostacolo diretto
o indiretto alla partecipazione dei rom e ad incorporare nella propria agenda
politica e sociale programmi specifici finalizzati alla loro piena interazione.
Un compito sicuramente complesso che richiederà di intraprendere azioni
coordinate in vari settori, in particolare in quelli di istruzione,
dell’occupazione, delle abitazioni e dei servizi sociali.
Un modo importante per cambiare l’immagine che si ha dei rom, a mio avviso , è
quello di coinvolgere maggiormente i rom stessi, sia nella politica che nei
media.
I media sono un altro settore in cui una maggiore presenza dei rom è cruciale.
C’è una specie di isterismo dei media nei confronti dei rom, spesso dipinti, in
modo erroneo ed inaccettabile, come una minaccia alla sicurezza nazionale.
.
Una figura come la tua e' piuttosto rara in Italia, che tipo di
contributo ti senti di dare per migliorare le condizioni di rom e sinti?
E’ risaputo che il pregiudizio parte dalla non conoscenza quindi penso che il
primo contributo che posso dare è quello di far conoscere all’opinione pubblica
che si puo’ essere sinti o rom, essere fieri delle proprie radici etniche e
poter comunque essere dei soggetti attivi e partecipi della nostra societa’.
Combattere l’esclusione sociale e i pregiudizi richiede uno sforzo ampio di
collaborazione fra autorità pubbliche, partner impegnati nella difesa dei
diritti umani, organizzazioni non governative e società
La collaborazione è essenziale nella concretizzazione delle politiche che
possono o non possono realizzare a favore dei rom e dei sinti.
La costituzione recente del Comitato Rom e Sinti Insieme può essere un
ottimo trampolino di lancio.
Ogni individuo rom o sinto ha la possibilità di fare una reale scelta etica.
Io ho scelto l’attivismo nella speranza di poter dare un contributo positivo
alla società, cercando di abbattere gli stereotipi esistenti attraverso la
conoscenza e il dialogo.
Di Fabrizio (del 10/05/2007 @ 11:55:15, in Italia, visitato 1806 volte)
Molti blog hanno riportato e commentato una lettera apparsa su
La Repubblica. Ho ritrovato un vecchio post, con le riflessioni di chi è
razzista e tenta di capire.
Io odio i neri, gli zingari (e un po’ anche i gialli): non mi sento +
sicuro di girare in città. Sono Italiano e me ne vanto.
Me ne vanto di meno quando...
continua
Di Fabrizio (del 03/05/2007 @ 09:53:19, in Italia, visitato 2213 volte)
Lettera inviata al quotidiano IL TIRRENO di Pisa.
Ciao, Ago
Vorrei dire la mia “sull’assedio” dei Rom al quartiere Cep di Pisa, così come
ho avuto modo di leggere sulla stampa locale di questi giorni.
Premetto che non conosco da vicino la vicenda; già basta questo a non
autorizzarmi a formulare chissà quale soluzione per i Rom interessati, non
ne ho la competenza perché il gruppo in questione è diverso dai gruppi Rom che
conosco più da vicino.
Ma è un dato di fatto; basta che all’orizzonte spunti la sagoma di un Rom, o una
sua parvenza ecco che scattano automaticamente le stesse reazioni, le stesse
paure, i medesimi pregiudizi…quelli di sempre e che trovano “stranamente”
consensi trasversali alle varie forze politiche, sociali e religiose.
I Rom sembra che hanno il destino (o il dono?) di unire e amalgamare realtà
sociali e politiche diverse tra di loro, peccato che questo consenso quasi
sempre si manifesti nel rifiuto, nell’aggressività, nella repressione.
Ebbene, trovo vergognoso queste semplificazioni, la superficialità con cui si
vuole risolvere il “problema Rom”, e non si vuole invece cercare di capire, di
accompagnare con senso di umanità e nel rispetto delle legittime diversità,
anche per individuare delle possibili soluzioni.
Sono fermamente convinto che la convivenza, nonostante tutto non solo è
possibile, ma sarà la garanzia del futuro.
Non spetta certo a noi decidere con quale diversità convivere.
E’ un dato di fatto che dobbiamo imparare a convivere, lo diciamo a iosa in
tante sedi autorevoli, ma appena spunta un gruppo Rom intenzionato a fermarsi,
ecco che scatta il solito ritornello: tocca alle Politiche Sociali far fronte
alla “nuova minaccia”.
Un dubbio che mi frulla nella testa in questi anni è quello di constatare che
spesso l’azione delle politiche sociali (quando è abbandonata a se stessa),rischia
proprio di impedire o rimandare a un domani indefinito il compito di imparare a
convivere tra mondi diversi, dovere che tocca e coinvolge tutti quanti, Rom
compresi!
Distinti saluti,
p.Agostino Rota Martir
campo Rom di Coltano
1 Maggio 2007
Di Fabrizio (del 02/05/2007 @ 10:18:11, in Italia, visitato 2375 volte)
Vi invio il comunicato della presentazione del libro "E per
patria una lingua segreta. Rom e Sinti in provincia di Venezia", che si terrà a
Padova presso la Fiera di Civitas, il 5 Maggio.
Cordiali Saluti
Davide Turatti
Presentazione del libro
E PER PATRIA UNA LINGUA SEGRETA
5 MAGGIO 2007 ORE 16.30
Fiera di Padova
Civitas XII edizione 4-6 maggio 2007
Intervengono:
L’Assessora alle Politiche sociali della Provincia di Venezia
I curatori del volume,
COSES
Il Presidente dell’associazione “osservAzione”
Coordina Sergio Frigo, giornalista del Gazzettino
Il libro raccoglie il lavoro di ricerca del COSES, svolto su incarico
dell’Amministrazione Provinciale di Venezia (Assessorato alle Politiche
sociali), dedicato alla presenza dei rom e dei sinti sul territorio. La ricerca
si compone sostanzialmente di quattro parti riguardanti rispettivamente:
• l’analisi per comune, avvalendosi della conoscenza degli assistenti
sociali, della presenza in provincia di rom e sinti e delle problematiche ad
essa collegate. Particolarmente importante è in questa sezione l’approfondimento
del rapporto tra i ‘nomadi’ e gli operatori dei servizi sociali, la popolazione
residente e le Istituzioni;
• lo studio dei problemi sollevati dall’inserimento dei minori nel sistema
scolastico attraverso una serie di interviste a testimoni privilegiati puntate
sugli aspetti comportamentali, ma anche sui problemi di attrito linguistico;
• un focus, con interviste ancora rivolte a testimoni privilegiati, su alcuni
problemi legati all’inserimento dei rom e dei sinti nel mondo del lavoro;
• una quindicina di interviste dirette a rom e sinti di varie zone della
provincia veneziana, cercando di capire (e di far capire) che senso abbia in
questo nuovo Millennio essere o nascondere di appartenere a queste etnie.
Il libro esce ulteriormente arricchito da un contributo dello studioso Nando
Sigona e da una scheda sulla legislazione nazionale ed europea riguardante rom e
sinti a cura di Carla Osella.
Di Fabrizio (del 28/04/2007 @ 10:26:17, in Italia, visitato 2507 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi
(immagine da Facce del 25 aprile)
CON NOI NON SI PARLA credo sia il centro di questa nuova edizione 2007 del volantino che Aven Amentza ha distribuito al corteo milanese del 25 Aprile di quest’anno. Ma, purtroppo, anche di una più generale situazione dei rapporti che in Italia NON s’intrattengono con Rom e Sinti: con loro non si parla!. Specialmente da parte delle pubbliche autorità. Fanno eccezione, speriamo duratura, quanto coraggioso ne è stato l’inizio, la storica visita del ministro Amato, lo scorso ferragosto, in un campo rom (scusate l’inevitabile bisticcio di parole, che tanto nessuno lo capisce) di Roma: non per sgomberare o arrestare, che un ministro non si scomoderebbe, ma per "vedere", e –appunto- parlare. E l’inserimento di Bruno Morelli, colto, e laureato perfino, Rom abruzzese, nel Comitato nazionale contro il razzismo e l’antisemitismo (verrà poi, speriamo, anche l’antiziganismo). E il progetto di legge in costruzione per la tutela delle popolazioni rom e sinte, a recuperare la vergognosa esclusione per alzata di mano dalla legge (brutta e inefficace) di tutela delle minoranze (?) del 1999. A queste cose risponde la costituzione del Coordinamento Nazionale Rom e Sinti, che ha preso vita a Mantova nei mesi scorsi. Così gl’interlocutori, finalmente, ci sono: e si parlino, finalmente. Quest’anno la partecipazione di Rom e Sinti alla manifestazione è stata per la prima volta, verrebbe da dire, massiccia: cinquanta o sessanta i presenti –uomini, donne, giovani- provenienti da diversi ‘campi’, abruzzesi (Zama) e romeni (San Dionigi, Triboniano) e bosniaci (Triboniano): una festa nella festa. Con musicisti e balli improvvisati. È il frutto di un lungo lavoro di anni, di Opera Nomadi nel passato, di Aven Amentza nel periodo più recente, ma anche della nascita di una sorta di coordinamento, partito dalla Lista Dario Fo delle ultime elezioni municipali milanesi. Ma soprattutto dell’impegno di due donne, Dijana Pavlovic, romnì serba, attrice di teatro e rom cabaret, già candidata della stessa lista nelle stesse elezioni, e di Lavinia (faccio i cognomi solo se autorizzato), mediatrice culturale romena, che hanno saputo parlare e spiegare e convincere. Nulla di scontato: come far intendere a Rom e Sinti italiani, sempre da tutto esclusi, che il 25 Aprile li riguarda, e a romeni e bosniaci che il 25 Aprile è una festa di popolo in cui tutti possono parlare del passato e del presente? e presentarsi senza timore, anche se tra la sorpresa dei moltissimi che non sanno, ma sono indotti a giudicare dal pregiudizio. Si dice da noi ‘se son rose, fioriranno’. Nonostante la strana primavera di quest’anno, o proprio per questo, conviene sperare. 26 aprile 2007 Ernesto Rossi, per l’associazione Aven Amentza – Unione Rom e Sinti
Di Fabrizio (del 21/04/2007 @ 19:33:10, in Italia, visitato 2563 volte)
Ricevo da Dijana Pavlovic:
Giovedì 19 aprile è stato convocata una seduta del consiglio di zona 3, a
Milano, aperto agli interventi dei cittadini, e annunciata la presenza del
assessore Moioli e di Don Colmegna.
Il tema era il campo nomadi all’interno del parco Lambro (soluzione temporanea
per i Rom cacciati da Opera, e in attesa di una soluzione definitiva). Dato
che era stata annunciata la massiccia presenza di attivisti della Lega Nord, di
AN e dei “comitati cittadini contro i Rom”, e che tra gli iscritti a parlare non
c’era nessuno in nome dei Rom, la consigliera della Lista Fo (che è anche la mia
lista) mi ha invitato ad intervenire.
La prima cosa triste che ho visto entrando, è stata un consigliere di zona con
una maglietta con la scritta: “Zingari in zona 3? No grazie!”.
(vedi foto – “Un uomo può sorridere, ed essere un malfattore!” W. Shakespeare)
Dentro la sala c’erano più di duecento persone che urlavano: Li vogliamo
fuori dalle palle! Portateveli a casa vostra! Don Colmegna non c’era, e mi
hanno riferito che, prima che arrivassi io, l’assessore Moioli aveva tentato di
parlare, ma a causa delle urla disumane, non si era capito nulla di quel che
aveva detto. E questo solo perché aveva tentato di esporre il suo “fantastico”
progetto sugli “zingari”: recintati e controllati a vista, continuamente, ma non
cacciati via, perché questo sarebbe illegale.
Gli interventi dei “cittadini” erano unanimi: “Questa è casa nostra, non
li vogliamo, sporcano, rubano, non vogliamo trattare, se ne devono andare fuori
dalle palle!”.
Qualcuno è arrivato persino al punto di prendersela con l’amministrazione per
aver piantato degli alberi davanti al campo provvisorio, svelando un piano
diabolico: nascondere gli zingari e le loro attività criminali. La protesta
si concretizzava nella geniale proposta di tagliare tutti gli alberi del parco,
a fin di bene, e per la sicurezza dei cittadini onesti. Avendo con questo
raggiunto il mio limite di sopportazione, sono uscita. E fuori ho incontrato
nuovamente il consigliere in “maglietta”, così ho chiesto di poter fare qualche
foto. Forse pensando che fossi una giornalista, il consigliere mi ha dato il
permesso. Sembrava molto contento e orgoglioso. Nessuno ancora aveva capito chi
io fossi. Poi, una signora mi ha riconosciuto: “ Ma è la zingara che ho visto in
televisione!”.. Un’attimo di stupore e di gelo e poi è partito un brusio
generale, che subito è divenuto un frastuono di insulti. Poi mi hanno invitato
ad entrare per il mio intervento.
Avevo preparato un discorso pacifico, nel quale si dice che porto la voce di
tanti Rom di Milano, onesti e lavoratori, pronti al dialogo, al fine di trovare
le migliori soluzioni abitative. Avrei anche voluto dire che le persone contro
le quali si ribellano sono una quarantina di uomini donne e bambini (gli altri
sono stati cacciati via, per una trasgressione del patto di legalità,
ingiustamente - ma questa è un’altra storia), tutta gente per bene, lavoratori,
poveri, ma con il diritto sacrosanto alla dignità umana. Avrei voluto dire che
anche ai Rom non piace vivere nei campi, che chiedono alle istituzioni di
impegnarsi a cercare altre soluzioni, insieme a loro.
Non l’ho potuto dire. Sono stata aggredita verbalmente e, poi, quasi
fisicamente. Sono stata insultata: Zingara di merda! Torna a casa tua! Non ti
vogliamo! Fuori dalle palle!...
Passati i tre minuti che mi erano concessi per l’intervento, la polizia, insieme
a un’altro attivista in maglietta verde, sono venuti da me offrendomi la scorta
per uscire. Ovviamente ho rifiutato, volendo rimanere fino alla fine.[...]. Ho
sentito l’assessore Moioli dire: “Ragazzi calmatevi, questi non rubano, lo
sapete bene, perché questi sono controllati, il problema sono gli altri, quelli
che sono fuori”.
Mi sono vergognata (salvo rare eccezioni), per quella poca gente che dice di
essere di sinistra e che rappresenta la sinistra, in quel consiglio, che ha
applaudito il discorso finale dell’assessore, e che non si sono alzati, non
hanno detto una parola o fatto qualcosa, quando sono stata fortemente insultata.
Ma del resto, nel loro piccolo, dall’interno di un consiglio di zona, loro
seguono la politica della sinistra milanese in generale, che non ha la forza di
alzare la voce contro questa barbarie, e appoggia coloro che vogliono recintare,
controllare, segregare.
A coloro che pensano di poter ignorare o sminuire il razzismo e l’odio gridatoci
apertamente in faccia, e che è come un virus che si sta allargando in tutta la
Lombardia, chiederei una riflessione al di là dei giochi politici, di alleanze e
di “bandierine”: non si è arrivati ad un punto dove è necessario dire basta,
alzare la voce e fare qualcosa? Qual è il limite di sopportazione prima di
condannare, chiaramente e apertamente, quello che sta accadendo? E’ gia accaduto
in passato, di non dare peso a posizioni simili, ignorando segnali precisi di
razzismo e violenza. Sappiamo bene cosa ha portato.
Ma chiederei la stessa cosa a quelli come me, al mio popolo, ai Rom. Qual è il
limite di sopportazione? Possiamo permettere ancora una volta questo virus? Non
ci riguarda tutti quello che sta accadendo, nonostante in questo caso si tratti
di rom rumeni? Non è forse la stessa cosa? Non ci toccherà tutti, e anche
presto? Non dobbiamo ai nostri antenati morti nei lager, a noi stessi e ai
nostri figli, di unirci per una volta e far sentire ed ascoltare la nostra voce?
O aspetteremo come sempre di subire quello che gli altri vogliono e decidono per
noi? La Storia ci dice che hanno sempre voluto e preso decisioni terribili.
Perchè questa volta dovrebbe essere diverso? Perché viviamo in un paese
democratico e in una società civile? Io vengo da un paese che, in tutti questi
anni, ho sentito definire non-democratico, di regime, che negava diritti e
libertà. Ma ho dovuto venire a Milano, per sentirmi dire che avevo bisogno di
una scorta, per il solo fatto di aver dichiarato la mia appartenenza etnica.
Opre Roma!
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