Da
ChiAmaMilano
I settanta Rom al parco Lambro avevano mobilitato
oltre un migliaio di persone terrorizzate dal loro arrivo, ma in via Feltre
pochi hanno paura
Esattamente un mese fa partiva da Piazza Udine e si
svolgeva lungo via Feltre
un gremito
e vivace corteo di protesta contro l'insediamento di un gruppo di Rom in
una struttura all’interno del Parco Lambro.
Espulsi da
Opera, dopo un feroce presidio di molti abitanti del paese alle porte di
Milano durato per oltre un mese, una settantina di nomadi –di cui oltre la metà
bambini– erano stati accolti da Don Colmegna presso la sede del Caes situata
all'interno del parco.
L’11 aprile
erano
oltre un migliaio a manifestare, tra i soliti slogan che suonano ormai
sempre più come vere e proprie “dichiarazioni di guerra”: non solo residenti e
commercianti della zona preoccupati dell'ulteriore disagio che questi nomadi
avrebbero arrecato ad una zona già da tempo in evidenti condizioni di degrado,
ma anche e soprattutto esponenti di Lega e Alleanza Nazionale. Politici per cui
la “caccia ai Rom” è diventata il cavallo di battaglia, la bandiera da
sventolare all'infinito, il simbolo per eccellenza della lotta a tutti i mali.
A quattro settimane di distanza dalla “marcia anti-rom”,
siamo tornati in Piazza Udine e in via Feltre
per tentare di captare gli umori di chi in quelle zone ci vive o ci lavora
(ascolta
le interviste audio). Se davvero l'arrivo dei nomadi abbia comportato
gravi problemi a livello di ordine pubblico e sicurezza, sarebbe prevedibile
aspettarsi dichiarazioni agguerrite o quantomeno preoccupate. Nulla di tutto
ciò. I “nuovi barbari” che avrebbero dovuto rubare, borseggiare, aggredire non
hanno fatto nulla di tutto questo.
Sorprenderà allora i sostenitori del corteo dell'11 aprile scoprire che tra gli
intervistati, molti dei residenti del quartiere non solo non hanno avvertito
alcuna minaccia dalla “pericolosa e consistente orda di Rom”, ma addirittura non
erano a conoscenza dell'insediamento degli stessi in Parco Lambro.
“I Rom? Non ne sappiamo niente, forse in altre zone, qui non ce ne sono”
sostiene una coppia di anziani che passeggia per la piazza.
“Non sapevo nemmeno ci fosse stata una manifestazione. Abito in zona ma non mi
interesso della questione” dichiara un'altra signora.
“Io di differenze non ne ho viste da quando si sono sistemati nel parco. Forse
dovreste chiedere nei negozi”, suggerisce un altro intervistato.
E in effetti è proprio una commerciante a raccontare che “i Rom non lavorano,
tirano a campare. Non è giusto che stiano nel parco, dove giocano i bambini. Se
fossi una mamma avrei paura. In negozio entrano per rubare, bisogna avere mille
occhi e non perderli di vista. Rubano di tutto, anche le saponette, nonostante
poi non le usino. Rubare fa parte della loro cultura”. Ma, per il momento non le
hanno rubato niente. Eppure la signora non si scoraggia, anzi è sicura, i Rom
prima o poi entreranno nel suo negozio a rubare qualcosa, qualsiasi cosa, anche
le saponette che non usano.
Dichiarazioni, queste, che in fondo rievocano i consueti e incrollabili luoghi
comuni dello “zingaro che ruba i bambini” o dello “zingaro che non si lava”.
Al di là delle generalizzazioni, a Piazza Udine si respira un clima tutt'altro
che allarmata.
A conferma, forse, che l'obiettivo effettivo della manifestazione di un mese fa
era mettere in atto l'ennesima manovra politica e mediatica mirata alla
stigmatizzazione dello straniero, tanto diverso da noi e tanto responsabile dei
malanni della nostra società.
Giulia Cusumano