La proposta del governo svedese di documentare gli abusi contro la
popolazione rom del paese ha incontrato reazioni contrastanti tra gli attivisti
rom.
31/01/2011 - "Abbiamo già abbastanza dei nostri problemi attuali" ha
detto domenica Rosita Grönfors (in foto),
del Forum Internazionale Donne Rom e Viaggianti (IRKF), all'agenzia TT.
Il rapporto, che documenterà la discriminazione nella storia, includerà le
sterilizzazioni forzate e la mancanza dei diritti di voto, ha riportato domenica
la Televisione Svedese
(SVT).
Eric Ullenhag, ministro all'integrazione, ha detto alla SVT che saranno
individuate le istituzioni sociali responsabili degli abusi. Tuttavia,
l'indagine non obbligherà lo stato a risarcire i Rom coinvolti.
Maria Leissner, ex presidente della delegazione governativa sulle questioni
rom, avrebbe preferito una commissione di verità, ma ritiene che nel
complesso il rapporto svolgerà lo stesso ruolo.
"Quello che ora è importante è ottenere le testimonianze dei Rom. Devono
sentirsi liberi di parlare della loro realtà," ha detto domenica
all'agenzia TT.
Tuttavia, ha detto Grönfors, elaborare vecchi abusi dalla storia non aiuta i
Rom ora.
"Penso che dovrebbero ignorare cos'è successo, è storia. Voglio che invece il
governo si prenda cura dei Rom che sono discriminati ora," ha aggiunto domenica.
Conosco bene la questione e ho sentito a tal proposito i commenti di Rosita
Grönfors (tra gli altri), ma può essere il caso che le preoccupazioni non
emergano in modo chiaro per le differenze tra la lingua inglese e lo svedese.
Perché se si leggono le stesse parole, ma in svedese, il significato sarà molto
diverso.
Una parte degli obbiettivi della delegazione sulle questioni rom era di
raccogliere informazioni sulla situazione dei Rom in Svezia e fare proposte per
le aree problematiche. Una di queste proposte era di istituire una Commissione
sulla Verità. La Commissione avrebbe raccolto informazioni su tutte le azioni
negative compiute dallo stato svedese contro i Rom, così da iniziare un processo
per rimediare alle atrocità riconosciute.
Il governo ha invitato diverse persone in quanto rappresentanti delle
organizzazioni romanì, come attiviste per i diritti delle donne rom, come
educatori e quanti lavorano per l'integrazione romanì, per condividere le loro
opinioni e raccomandazioni sulla delegazione. I pareri sono stati raccolti e
sintetizzati in un documento.
I commenti di Rosita Grönfors nell'articolo assomigliano a quelli fatti da
molti Rom che hanno avuto le loro opinioni riassunte in quello che ha proposto
la delegazione. Molti Rom erano d'accordo che sono necessarie ulteriori ricerche
e conoscenze per affrontare il problema della società romanì in Svezia, ma
nessuno vede in questo un processo temporaneo ed un modo per affrontare i
problemi dei Rom. I Rom che hanno affermato che c'è bisogno di continuare le
ricerche, non intendevano che da parte dello stato non ci fosse abbastanza
conoscenza per affrontare i problemi attuali. Al contrario, e penso che tutti i
Rom di Svezia saranno d'accordo con me, c'è conoscenza a sufficienza per
sviluppare programmi in Svezia che portino all'inclusione dei Rom, continuando
nel frattempo la raccolta di dati sulla loro situazione.
Katri Linna, dell'ufficio del difensore civico contro le discriminazioni, ha
ottenuto la posizione per guidare la raccolta dei dati in un rapporto chiamato
"Libro Bianco" sugli abusi contro i Rom nel secolo passato. Secondo il ministro Erik
Ullenhag, questo posto le è stato dato perché ha meritato la fiducia dei Rom.
Questo non lo nego, ma non sono certo sulle basi di questa conclusione. Le mie
dichiarazioni, come quelle di Rosita e di molti altri in Svezia, sono che le
nostre opinioni non sono pienamente rappresentate nelle decisioni prese. Penso
che su questo bisogna prima indagare, ma ci si domanda anche su a chi giovi. Una
valutazione esterna avrebbe più senso.
Di Fabrizio (del 09/02/2011 @ 09:43:42, in Europa, visitato 1692 volte)
Incendio – la solidarietà in marcia a Ivry par voxrromorum le 7 février 2011
Dopo l'incendio che domenica mattina ha fatto una vittima a Ivry, la
solidarietà degli abitanti del comune è all'opera. Le centinaia di persone che
avevano perso tutto, stasera sono stati alloggiati in una palestra della città.
Tutti gli interessati, assieme a "La voix des Rroms" sperano fortemente in una
seria indagine della polizia sulle cause di questo incendio, la cui natura
criminale non va esclusa.
Gli abitanti di Avenue de Verdun, le cui case sono state distrutte da un
incendio domenica mattina, incendio che ha fatto una vittima, sono restati tutta
domenica all'aperto. Arrivati sul posto alle 14, un rappresentante di La voix des Rroms
ha incontrato le famiglie sinistrate, alcuni vicini accorsi spontaneamente a
sostenerli, assieme ad associazioni e rappresentanti del comune. La Croce Rossa
aveva installato una tenda dove offriva bevande calde. Il vice sindaco di Ivry
ha chiesto al prefetto della Val de Marne di requisire un ospedale abbandonato
per ospitare gli sfollati. Senza rispondere a questa domanda precisa, la
prefettura ha proposto, tramite il SAMU sociale, una sistemazione in albergo per
le sole famiglie con bambini. Data l'imprecisione sulla posizione degli hotel,
l'inidoneità per le famiglie e la dubbia possibilità per le famiglie di rimanere
in città, queste ultime non hanno accettato la proposta. Come conseguenza, il
SAMU sociale e la Croce Rossa si sono ritirate.
La mobilitazione del comune e dei suoi servizi ha permesso la sistemazione
degli sfollati nella palestra Joliot Curie, una soluzione sicuramente
provvisoria, ma che permetterà di proseguire le ricerche congiunte di soluzioni
durature. La voix
des Rroms vuole elogiare il livello di mobilitazione della città di Ivry, dei
servizi e dei cittadini che restano mobilitati a fianco dei loro vicini. Spera
anche che si faccia piena luce sulle cause di questo incendio che è costato la
vita ad una persona.
Budapest, Vidigueira, 9 febbraio 2011: Ieri, lo European Roma Rights Centre (ERRC)
ha inviato una lettera al comune di Vidigueira, esprimendo preoccupazione per la
distruzione della fornitura di acqua nell'insediamento informale dei Rom, ed
anche per le deplorevoli condizioni abitative dell'insediamento. 67 Rom sono
stati deprivati dell'acqua, inclusi bambini, anziani e donne incinte.
Durante una visita lo scorso 4 febbraio, ERRC ha intervistato diversi
residenti dell'insediamento, dove vivono 16 famiglie rom senza elettricità,
fognature, raccolta dei rifiuti o servizi igienici. I residenti hanno spiegato
che i rappresentanti del comune di Vidigueira e la polizia hanno distrutto 12
rubinetti che costituivano l'unica fonte di acqua nell'insediamento sino al
giorno prima.
Nella sua lettera, ERRC ricorda che la deprivazione dell'acqua minaccia la
sopravvivenza umana e che le azioni delle autorità di Vidigueira appaiono
violare la legge internazionale, incluso il diritto ad un alloggio adeguato e a
fonti di acqua fresca. ERRC ha chiesto alle autorità locali di agire prontamente
per ripristinare la fornitura d'acqua e garantire un alloggio adeguato alla
comunità rom.
Il testo completo della lettera di ERRC è disponibile in
inglese e
portoghese.
Anche presidente Basescu ha detto che non la firmerà mai
Roma, 9 feb. (TMNews) - Rom somiglia troppo a romeno. E così a Bucarest qualcuno
aveva pensato di cambiare la denominazione ufficiale della minoranza, adottando
il termine "zingaro". Tuttavia, il Senato oggi, secondo quanto riferisce
l'agenzia di stampa Mediafax, la proposta di legge è stata bocciata.
Sono 51 i senatori che hanno votato contro la proposta. Ventisette si sono
espressi a favore, cinque si sono astenuti. E' stato così ignorato il parere
delle commissioni per i diritti umani e le pari opportunità che avevano
approvato la proposta avanzata dal parlamentare liberaldemocratico Silviu
Prigoana.
L'Accademia di Romania e parte del governo avevano dato il loro sostegno alla
legge, affermando che il termine "zingari" è utilizzato nella gran parte dei
paesi europei. Si erano invece detti contrari il ministero della Cultura, il
ministero degli Esteri, il Dipartimento per le relazioni interetniche e il
Consiglio nazionale contro la discriminazione.
Il presidente romeno Traian Basescu, in un'intervista al Financial Times a
metà dicembre, aveva detto che non avrebbe mai promulgato la legge, perché
sarebbe stato un gesto di discriminazione nei confronti della comunità rom.
La legge deve ancora essere discussa alla Camera dei deputati.
Di Fabrizio (del 16/02/2011 @ 09:13:18, in Europa, visitato 1614 volte)
Ho scritto di recente dei rimpatri forzati di Rom kosovari
dalla Germania. Da qualche anno politiche simili si verificano anche in
Svizzera, Austria, Benelux e Svezia. Da quest'ultimo paese mi arriva la lettera
che riporto qua sotto.
Caro Fabrizio
ti scrivo augurandomi che tu possa fare qualcosa, riguardo la deportazione
dalla Svezia dei rom kosovari. Da tempo i rom sono mandati verso il Kosovo senza
nessuna sicurezza di essere accolti oppure assistiti nel paese di provenienza.
Ho letto l'articolo sulle famiglie rom deportate dalla Germania, scritto
sempre sulle tue pagine, è vero che nessuno se ne frega dei rom quando arrivano
nella loro maledetta destinazione, sono lasciti alla loro sorte, credetemi per
niente buona, nessuna assistenza, né previdenza sociale o assistenza medica, ed
infine non sanno dove e come chiedere aiuto, la maggioranza di loro non sono
nemmeno iscritti all'anagrafe.
Spero che l'Unione Europea faccia qualche mossa per fermare, questo quasi
genocidio di oggi. Sapendo che le dichiarazioni delle bande criminali che
guidano il paese, qualcuno controlli meglio, che tutti coloro che alcuni paesi
della EU mandano in Kosovo, vengano ben accettati e accolti non sono affatto
vere, e sonno lasciati alla loro cattiva sorte.
Per non essere italiano mi auguro di essermi spiegato bene e che mi
abbiate capito, perché il traduttore di google ha tradotto questa mia lettera.
Il 95% dei Rom conduce ormai una vita sedentaria e non vuole tornare a
essere nomade
Tra i rischi maggiori quello della povertà e della mancanza di
istruzione
Mentre la tragica morte di quattro bambini in un campo di Roma commuove
l'Italia, sono oltre 12 milioni i Rom europei che continuano a lottare contro
segregazione e povertà nell'UE. Oggi l'Europa sta cercando una soluzione comune
per risolvere il problema. La presidenza ungherese ha definito la strategia
europea sui Rom una delle sue priorità.
Ne abbiamo parlato con la parlamentare di centro-destra (PPE) ungherese
Lívia
Járóka, l'unica deputata Rom seduta in Parlamento. La giovane 36enne è la
relatrice di un rapporto che si propone di non permettere più all'Europa di
sprecare il potenziale dei Rom e il loro possibile contributo all'Unione.
Sta cercando di lanciare una strategia europea sui Rom. Quali punti sono più
importanti? Dobbiamo cambiare il nostro approccio. Da una prospettiva etnica di questa
minoranza dobbiamo allargare la nostra visuale, dando ai Rom più prospettive
specialmente dal punto di vista lavorativo. Abbiamo leggi europee per combattere
la discriminazione, ma spesso non vengono messe in atto nei singoli Stati
membri. Comunque la discriminazione etnica è soltanto uno dei fattori. Esiste in
Europa una povertà invisibile che non viene percepita neanche da coloro che
assegnano i fondi europei.
Nella mia strategia metà del successo dipenderà dalla stessa comunità Rom e
dalla presenza di leader fra loro. Per questo c'è il bisogno di una nuova classe
dirigente di Rom istruiti che vengano dalla comunità stessa e la rappresentino.
Molti continuano a pensare che i Rom siano nomadi. Ma è ancora così? I Rom hanno il diritto di andare dove vogliono in quanto cittadini europei. Se
poi desiderino davvero muoversi è un altro discorso. Oggi il 95% dei Rom europei
conduce una vita sedentaria. Quel 5% che continua a muoversi lo fa per ragioni
culturali o lavorative.
Negli ultimi anni l'emigrazione che abbiamo visto era legata a motivi economici.
Gli Stati membri usciti dall'epoca comunista si sono trovati di fronte a realtà
economiche nuove che hanno lasciato i più poveri senza un lavoro. I Rom sono
stati i primi a essere espulsi non in quanto gruppo etnico, ma perché non erano
istruiti.
I Rom non vogliono una vita nomade, ma lavoro, dignità e cibo. La prossima
generazione rischia di continuare a vivere in povertà non per la sua etnia, ma
perché probabilmente ha entrambi i genitori disoccupati. Dobbiamo evitare che i
Rom emigrino di nuovo per ragioni economiche come hanno fatto quando si sono
diretti verso la Francia, il Regno Unito, l'Italia e molti altri paesi. Ma non
sono stati soltanto i Rom: anche molte altre persone in difficoltà sono state
costrette a lasciare il loro paese alla ricerca di un lavoro.
Perché è tanto importante sostenere le donne Rom? Nelle aree più svantaggiate, due generazioni di Rom stanno crescendo senza
vedere i genitori andare al lavoro. Questo vuol dire anche che sono le donne
coloro che mentalmente e fisicamente coltivano la speranza. Sono un'antropologa
e ho visto con i miei occhi quanto molto dipenda dal lavoro delle donne. Sono
loro a assicurarsi che ogni giorno ci sia del cibo sul tavolo, sono loro a
assicurare che vengano rispettati i diritti dei propri figli.
Sostenere le donne Rom è uno degli elementi chiave della nostra strategia.
Dobbiamo accertarci che non avvengano più i matrimoni forzati e che si combatta
contro l'abuso di droghe e la tratta di esseri umani.
Con la sua storia personale ha dimostrato che è possibile sconfiggere povertà e
esclusione sociale. Cosa suggerirebbe a altri Rom che vogliono seguire il suo
esempio? La mia fortuna è stata l'istruzione. I miei genitori si sono trasferiti per
evitare che fossimo messi in classi separate, soltanto per Rom. Hanno
controllato che studiassimo abbastanza per essere ammessi in buone scuole.
Comunque una delle cose più importanti che mi hanno dato è questo forte legame
familiare e la nostra tradizione di accettarci l'uno con l'altro.
Io sono figlia di un matrimonio misto. Ho visto quello che hanno fatto i miei
genitori per darci una vita migliore. Tutti noi, i miei fratelli e io, siamo
andati all'università, grazie ai messaggi positivi trasmessi da mia madre e mio
padre.
Ha mai sofferto sulla sua pelle la discriminazione? Per me essere una Rom è una ricchezza, un elemento molto positivo. Mio padre è sempre stato molto protettivo: non ho mai sentito nessun commento
etnico a casa. Per noi era naturale essere Rom, ma prima di tutto ungheresi e
europei.
Per mia sorella è stato diverso. Č nata dieci anni dopo di me in un momento in
cui il governo stava cambiando e si respiravano turbolenze economiche e tensioni
sociali. Si stava creando un baratro tra Rom e non Rom, tra ricchi e poveri.
Abbiamo iniziato a avvertire questa sensazione sulla nostra pelle.
Mi sono accorta all'università di quanto colleghi e amici non sapessero niente
dei Rom e fossero completamente pieni di pregiudizi infondati. Ho capito così
che dovevo fare qualcosa e mostrare che, oltre ai curriculum nazionali, al
dialogo sociale e al lavoro nelle comunità Rom, era estremamente importante
lavorare con i media.
Come potremmo creare fiducia e cooperazione reciproca? I media hanno un ruolo molto importante, dovrebbero mostrare modelli di
cooperazione tra Rom e non Rom. La crisi economica ha reso ancora più difficile
combattere i pregiudizi. Il nostro compito dovrebbe essere quello di creare
degli spazi per l'integrazione, come associazioni sportive miste, classi e
luoghi di lavoro comuni. Poi abbiamo bisogno di una valida classe dirigente tra
i Rom. Aspetto con ansia la nascita all'interno della società Rom di un
approccio comune che venga dal basso.
Il rapporto sulla strategia europea per l'inclusione dei Rom dovrebbe essere
votato dalla commissione per le libertà civili il 14 febbraio per poi arrivare
in plenaria a marzo.
Un nuovo ed esaltante progetto artistico è attualmente in corso a Bódvalenke,
Ungheria del nord.
Agli artisti è stato chiesto di affrescare le pareti delle case, in
quella che è un'area socialmente svantaggiata, dove di 210 abitanti il 90% è
Rom. Il budget annuale a Bódvalenke è di 30 milioni di fiorini (circa 100.000
euro), utilizzato principalmente per il funzionamento dell'ufficio del sindaco,
assegni sociali e progetti di lavori pubblici, senza lasciare soldi per lo
sviluppo del villaggio.
I pittori rom ungheresi hanno già completato 13 stupendi disegni sulle
pareti.
Artisti rom di tutta Europa ora sono stati invitati a Bódvalenke per
partecipare al progetto.
Gli elaborati verranno prima giudicati da una giuria selezionata. A quei
pittori le cui opere verranno scelte, verranno forniti vernici, pennelli, vitto
e alloggio e verranno coperte le spese di viaggio. In aggiunta, verrà fornita
una borsa di studio, a seconda delle dimensioni del lavoro, della media di 1.000
euro.
Qualsiasi aiuto sarà grandemente apprezzato. Quanti siano interessati,
dovrebbero inviare le loro proposte (meglio in formato PDF) a Eszter Pásztor at
epasztor@enternet.hu
Una volta che allacci un bottone sul tuo giubbotto in modo sbagliato, allora
tutto il tuo giubbotto è ovviamente abbottonato sbagliato, ha detto Rudolf Chmel,
il Vice Primo Ministro per i diritti umani e le minoranze nazionali, descrivendo
le tensioni che hanno circondato la Legge sulla Lingua dello stato della
Slovacchia. Il suo ufficio ha iniziato ufficialmente a lavorare con più forti
poteri il 1° novembre e tra le sue prime iniziative legislative c'è un
emendamento alla legge sulle lingue minoritarie che è stato presentato per la
discussione pubblica poco prima della fine del 2010. Il diritto di usare la
propria lingua madre, nonché i conflitti che scoppiano regolarmente tra
slovacchi e ungheresi e i problemi della situazione di esclusione sociale delle
comunità rom sono stati tra i temi che Chmel ha discusso con il pubblico
slovacco poco prima della vacanze di Natale.
The Slovak Spektator (TSS): La legge statale sulla lingua, che ha provocato
molta tensione tra ungheresi e slovacchi, è stata recentemente modificata. Come
ha fatto a percepire l'emergere del problema?
Rudolf Chmel (RCH): La legge statale sulla lingua è emersa come problema quando
è stata approvata dal governo di Vladimir Meciar nel 1995, perché ha un evidente
tono contro le minoranze, e soprattutto anti-ungherese, ivi comprese le
sanzioni. Ma il periodo precedente della situazione risale agli inizi degli anni
'90 quando una certa parte di nazionalisti si avvicinò con l'idea di protezione
della lingua di Stato, come se qualcuno stava ancora cercando di portarla via da
noi. In generale gli slovacchi sembrano che vivano ancora nel XIX secolo, nel
Romanticismo, quando il linguaggio doveva essere combattuto, o più tardi, quando
la magiarizzazione era parte delle politiche statali. Ma oggi la lingua slovacca
è una parte naturale dell'identità degli slovacchi e come tale non ha bisogno di
meccanismi repressivi giuridici per la sua tutela. E' fondamentalmente una
controversia tra chi vuole proteggere e lottare per la lingua e coloro che
vogliono prendersi cura di essa e coltivarla. Se c'è una minaccia per la lingua
slovacca, è a causa di ignoranti slovacchi e non degli ungheresi o altre
minoranze.
Il governo di Mikuláš Dzurinda ha liberalizzato la legge nel 1999 ed ha
approvato una legge sulle lingue minoritarie, così formalmente questi due
problemi sono stati modificati, ma la verità è che entrambe le leggi sono
imperfette - e quindi hanno bisogno e avranno bisogno di essere migliorate. Nel
2009 il governo di Robert Fico ha rinforzato nuovamente la legge, e praticamente
l'ha riportata di nuovo ai tempi di Meciar. La coalizione di governo attuale sta
cercando sia di armonizzarle che liberalizzarle - ossia, moderare la protezione
ed incrementare l'attenzione per entrambe le lingue, quella di stato e quella
delle minoranze.
TSS: Come ha visto la tensione che è emersa fra gli ungheresi e gli slovacchi
per la Legge statale sulla lingua?
RCH: La minoranza ungherese si occupa della questione della lingua in modo
diverso rispetto alle altre minoranze, come gli ungheresi, simili agli
slovacchi, vivono ancora con la convinzione che la lingua sia l'attributo più
importante della loro identità nazionale. E' vero, ce ne solo accorgiamo meno
quando si parla di minoranze. Quando si tratta della lingua, una minoranza è
naturalmente più vulnerabile ed in pericolo perché vive in un ambiente della
lingua in maggioranza ed è nel maggiore dei casi la lingua minoritaria piuttosto
che la lingua di maggioranza che è assimilata. Nel 2009, la legge statale sulla
lingua è stata reintrodotta nell'agenda nazionale inter statale
slovacca-ungherese, dal momento che le caratteristiche repressive della modifica
erano rivolte soprattutto contro la minoranza ungherese. Il governo ungherese ha
interferito e la bolla è cresciuta. In quel momento ho creduto che fosse
inutile, in quanto faceva parte della carta ungherese che il governo guidato da
Fico ha giocato nelle relazioni bilaterali con l'Ungheria. Ecco perché abbiamo
creduto che le misure restrittive dovrebbero essere eliminate. Dopo tutto,
c'erano pertinenti raccomandazioni internazionali che supportavano la nostra
posizione.
TSS: Ma le sanzioni che lei ha criticato in passato rimangono nella legge, anche
se in modo limitato. E' soddisfatto della soluzione che il parlamento ha
recentemente approvato?
RCH: Siamo venuti con le richiesta di rimuovere le misure restrittive sia sulla
legge statale sulla lingua, e nella legge sulla lingua delle minoranze, in
quanto le due leggi in realtà sono due facce di una stessa medaglia e, pertanto,
devono essere compatibili. L'emendamento alla legge statale sulla lingua è stato
proposto dal ministro della cultura perché compete al suo dipartimento. C'è
anche un dipartimento di lingua di stato presso il ministero della cultura che
supervisiona sul corretto uso dello slovacco. Questo è quello che ho cancellato
quando ero ministro della cultura (nel 2002-2005) perché mi sembrava troppo per
i funzionari ministeriali dire cosa è giusto e cosa è sbagliato nella lingua.
Per tutto questo abbiamo un'autorità accademica, L'istituto di linguistica
Ludovit Stur presso l'accademia slovacca delle scienze, come pure diversi
dipartimenti universitari. Non è dato agli ufficiali ed hai politici il
codificare il linguaggio. A parte questo, credo che la legge statale sulla
lingua, dovrebbe essere una legge di solo valore simbolico e non dovrebbe essere
utilizzata per qualsiasi repressione o minaccia.
Così è stato necessario emendare la legge, ma è più facile a dirsi che a farsi,
come i vecchi pregiudizi nazionalisti e i traumi che hanno lavorato nelle
relazioni fra slovacchi ed ungheresi per decenni, permangono nella coscienza
politica slovacca sia nazionalistica che democratica, quella che attualmente
governa il paese.
Ora i nazionalisti da Smer e dal Partito Nazionale Slovacco (SNS) dicono che la
legge è servile a Budapest, dall'altro lato i nazionalisti ungheresi criticano
il governo slovacco dicendo che la legge continua a perseguitare le minoranze.
Quindi di solito i nazionalisti partono dalle stesse piattaforme, rimanendo
solamente uno contro l'altro. Ma credo che se le sanzioni sono state eliminate,
la legge sarebbe piuttosto buona. Usando il termine "sanzione" o "ammenda" in
relazione al linguaggio, è un intervento drastico nella società, come la lingua
è un affare molto intimo, molto personale dell'identità umana come dell'identità
di una comunità più grande. Qualsiasi repressione in quella zona interferisce
con l'identità umana. Dopo la nostra ultima modifica, le repressioni verranno
utilizzate solo in campo ufficiale, molto formalmente, ma penso che siano
completamente ridondanti. C'è stato un sollievo significativo in diversi settori
della comunicazione pubblica, per esempio in uffici di auto-governo o negli
uffici di polizia. Il rilievo è ancora più grande nel settore della cultura. Ma
la legge ancora non contiene tutti i provvedimenti che potrebbero essere
necessari.
TSS: Ora tenterà anche di modificare la legge sulle lingue minoritarie, che
dovrebbe per molti aspetti allargare il diritto delle minoranze ad usare la loro
lingua madre – una misura che spesso incontra resistenze da parte dei politici
in Slovacchia. Perché c'è una mancanza di volontà tra i politici della
Slovacchia per questo?
RCH: E' necessario modificare la legge sulle lingue minoritarie da quando
abbiamo modificato la legge statale sulla lingua e queste due leggi devono
essere compatibili. Abbiamo inoltre stabilito come uno dei nostri obbiettivi sia
un concetto più ampio della politica per le minoranze in termini giuridici.
Vogliamo farla finita con la discordia tra le due lingue, come la legga statale
sulla lingua ha interferito negli usi delle lingue minoritarie, in particolare
dopo che il governo di Fico l'ha modificata. Ciò doveva essere rimosso perché
l'uso delle lingue minoritarie è disciplinato dalla legge sulle lingue
minoritarie e non dalla legge statale sulla lingua. Le raccomandazioni
internazionali hanno parlato con la stessa voce che questa discordia dev'essere
rimossa.
Per rendere compatibili le due leggi, ora ci sono le sanzioni introdotte nel
progetto di modifica della legge sulle lingue minoritarie perché ci sono già
delle sanzioni nella legge statale sulla lingua. Se un membro della minoranza
non è in grado di far valere il suo diritto di parlare una lingua minoritaria,
possono lamentare l'istituzione in questione. Ma io personalmente credo che non
ci dovrebbero essere sanzioni in nessuna delle due leggi.
Ovviamente, per qualcuno dei miei colleghi questo suonava come un reato contro
la maggioranza slovacca, che le istituzioni slovacche potrebbero essere
sanzionate se un ungherese, un ruteno, un ucraino od un rom non possano ottenere
un'informazione nella loro rispettiva lingua. La mentalità slovacca, non pensa
se accadesse al contrario, ma quando è la maggioranza che deve essere punita,
tutto ad un tratto non ci piace.
TSS: Uno dei principali cambiamenti che lei sta introducendo nel progetto di
modifica della legge sulle lingue minoritarie, è abbassare il quorum per chi
parla la lingua minoritaria, dall'attuale 20% al 10%.
RCH: Tutte le raccomandazioni internazionali dicono che il quorum dev'essere
abbassato. Nel 1999, quando la legge è stata redatta per la prima volta, anche
il 20% sembrava troppo alto. Ma l'esperienza ha dimostrato che non è un buon
quorum, in quanto permette ancora di assimilare le minoranze. Le raccomandazioni
internazionali che abbiamo ricevuto parlano del 10%, sostenendo che le lingue
minoritarie richiedono maggiore protezione in quanto la loro posizione statale
non è uguale a quella della lingua nazionale. Ho il sospetto che non sarebbe
accettato facilmente da molti cittadini e politici ma il quorum proposto non è
così basso. Nota bene, non riguarda la minoranza ungherese, bensì le altre
minoranze. Attualmente, sotto il quorum del 20%, sono circa 520 municipalità con
lingua ungherese e, con il quorum abbassato al 10%, sarebbero altre 30, meno del
1% in più. Ma è interessante considerare che la minoranza tedesca, che è molto
più piccola. Attualmente, vi è un solo comune di lingua tedesca, Krahule nella
Slovacchia centrale, ma con il quorum del 10%, salirebbe da 10 ad 11
municipalità. Con la minoranza croata, si potrebbero influire due parti della
municipalità di Bratislava, Jarovce e Cunovo. Considerando la minoranza rutena,
proponiamo il conteggio insieme alla minoranza ucraina per finalità di utilizzo
delle minoranze linguistiche, il che significherebbe che persino la città di
Humenné diventerebbe ufficialmente bilingue.
Il problema con la minoranza rom, a questo riguardo, è che un'infrastruttura
completamente nuova per la loro lingua, avrebbe bisogno di essere stabilita. In
questo caso, dovremmo prendere in considerazione un modo per rinviare
l'implicazione pratica della legge per creare spazio per l'educazione
dell'intelligenza rom che sarebbe in grado di saturare questa infrastruttura.
Non è una cosa facile, che richiede anche un più alto budget per le municipalità
interessate.
TSS: Il suo ufficio si occupa anche di alcuni problemi legati alla minoranza
rom. Quali di questi consideri più seri?
RCH: L'agenda dei rom è attualmente distribuita tra diversi uffici e penso che
sia necessario un approccio più globale. Negli ultimi 21 anni lo stato ha
fallito nelle politiche sociali. Vi è una sorta di egoismo economico tra i
non-rom e le problematiche per ridurre la povertà dei rom. E da quando
nascondiamo le problematiche economiche ed i fallimenti dello stato, le
soluzioni che vengono proposte sono spesso razziste, ideologiche e dirette verso
i cittadini più poveri di questo paese.
"Le comunità socialmente escluse" è solo un bel nome per le baraccopoli, dove le
persone non hanno una possibilità di prendere una via d'uscita dal circolo
vizioso in cui vivono. E poiché non esiste un approccio globale per risolvere i
loro problemi, ma ogni ufficio lo risolve nel suo piccolo dipartimento – nella
sanità, nella scuola, negli affari sociali, nella giustizia – le soluzioni sono
sempre e solo parziali. Secondo me, non solo non abbiamo mosso il problema della
socializzazione reale delle comunità rom in avanti negli ultimi 20 anni, ma
abbiamo raggiunto persino "numeri rossi".
Attualmente sono soprattutto le associazioni civiche che si interessano di
questi problemi, sulla base della volontà di alcuni appassionati che operano
all'interno delle comunità rom, ma non c'è stato alcun approccio sistemico. Il
problema della minoranza rom non può essere risolto dal mercato, che alcuni
ritengono che sia in grado di risolvere tutto. Oltre a questo, tutti i programmi
per i rom che sono stati eseguiti fino ad ora, erano programmi a breve termine.
E questo problema deve essere risolto nel lungo periodo ed in modo esaustivo.
D'altra parte, la povertà estreme che non si vuol vedere in questo ambiente,
continuerà a generare costi sempre più elevati. Ma il denaro non è il problema
più grande. Il problema è che c'è una mancanza di un concetto a lungo termine ed
una mancanza di esperti di politica che proponga soluzioni.
TSS: I problemi delle minoranze rom non sono solo slovacchi e sempre più
influenzano l'intera Europa. Pensi che la cooperazione europea una soluzione
completa ed a lungo termine?
RCH: Se c'era qualche senso nella "soluzione" francese del problema, poi si
sarebbe attirata l'attenzione al carattere europeo del problema rom, dimostrando
che non è un problema di un paio di stati dei Balcani e dell'Europa centrale, ma
un problema che l'Unione Europea deve rifletter e risolvere. Se ignoriamo i
problemi dei rom in Romania ed in Bulgaria, questi si apriranno come una
questione irrisolta in Francia o in Italia e continuerà a crescere. Non possiamo
tenere gli occhi chiusi su questo. La UE attualmente ha attualmente molto più
gravi problemi economici e finanziari e non può quindi concentrarsi interamente
sulla questione rom, ma forse dovremmo essere uno di quelli che avrebbe spinto
l'agenda, soprattutto una volta che abbiamo un'idea. Uno dei problemi principali
che il governo sta affrontando adesso, è quello di trovare soluzioni chiave
all'agenda rom e di non far finta che questo problema non esiste o che non lo
possiamo vedere. Il problema è qui, ed è grave.
TSS: I suoi predecessori sono stati criticati per la cattiva gestione
dell'agenda rom. Saranno i poteri forti del suo ufficio a cambiare la percezione
critica del pubblico del vostro ufficio?
RCH: Questo ufficio porta sempre una certa sfida in esso – è in un certo senso
un ufficio virtuale, perché i suoi poteri non sono realmente tangibili, come i
diritti umani che sono ancora violati anche nelle democrazie, anche in
Slovacchia. Questo ufficio vuole servire come coordinatore dell'agenda dei
diritti umani, che di fatto rientra nella responsabilità di tutti i dipartimenti
governativi. Siamo come un custode, ma senza la possibilità di punire. Possiamo
solo consigliare e cercare di migliorare la normativa. Il secondo pilastro di
questo ufficio, sono le minoranze nazionali, che comprendono anche la minoranza
rom, e ci sono alcuni problemi molto seri lì. Ho intenzione di avere incontri
con il ministro dell'istruzione per cercare per cercare insieme di risolvere i
problemi di educazione delle minoranze. Ci sono ancora molte cose controverse
che succedono e che devono essere indagate e guardate – come figli di famiglie
rom che vengono spesso inviati alle scuole speciali anche se non li
appartengono. Vedo molto lavoro da fare per noi insieme con l'istruzione e ed i
servizi sociali in materia di istruzione dei bambini rom. Alcuni passi decisivi
bisogna finalmente prenderli.
NewEuropeI Rom in Ungheria di fronte alla perdita d'identità - Author: Cillian Donnelly
La prossima generazione di Rom. Mentre si prepara il Quadro per le Strategie
d'Inclusione Nazionale dei Rom, che dovrebbe essere presentato ad aprile, c'è
paura che venga erosa l'identità rom in Ungheria. Il governo ha fatto delle
Strategie d'Inclusione una delle priorità chiave dei suoi sei mesi di presidenza
UE. |
EPA/MIRCEA ROSCA
13/02/2011 - E' stato detto in un incontro al Parlamento Europeo che le
prossime generazioni di Rom in Ungheria sono in pericolo di perdere il loro
senso di storia e di identità.
"E' importante per i gruppi rom passare conoscenze ed esperienze ai più
giovani", ha detto la parlamentare ungherese Ágnes Osztolykán durante una
riunione del gruppo dei Verdi il 9 febbraio. "Ma in Ungheria, è abbastanza
diverso, non ci sono gruppi simili tra i Rom, ed è difficile trovare giovani
progressisti. I Rom ungheresi sono in una situazione più difficile degli altri
nell'Europa Centrale e del Sud-Est".
Osztolykán, portavoce per l'istruzione e la cultura di Lehet Más a Politika (LMP),
ha illustrato la situazione rom nel suo paese nativo durante un incontro di due
giorni in cui l'Ungheria e la sua politica, che detiene la presidenza
UE,
erano sotto scrutinio.
Le due più grandi sfide da affrontare per i Rom in Ungheria sono una maggiore
integrazione e combattere la crescita dell'estrema destra, entrambe devono
essere affrontate come parte di un più ampio sforzo della società civile. La
marginalizzazione dei Rom, spesso attraverso politiche di odio, hanno portato ad
una comunità più isolata e frammentata, nonostante gli sforzi politici.
Gli anni '90, dice Osztolykán, hanno visto la volontà in Ungheria di
stabilire un programma per l'integrazione sociale dei Rom, invece
dell'integrazione economica, facilitata dai donatori internazionali. Ci sono
stati, dice, "molti segnali positivi all'inizio", particolarmente
nell'istruzione, ma presto si sono spenti. Il denaro sembrava andare "nella
lotta alla crisi economica. Gli investimenti nell'insegnamento e nell'istruzione
non erano sufficienti".
Nel 2004 è stata progettata una nuova strategia rom, per cui a ciascun stato
membro UE viene richiesto di elaborare un piano d'azione. "Soltanto a quel punto
la gente ha iniziato a pensare all'integrazione economica", dice Osztolykán, "e
a cose come l'edilizia sociale. Sono state avviate diverse iniziative
comunitarie". Oggi, dice, il governo ungherese ha parlato molto di integrazione
rom, che giudica un "buon segno". Dice anche di essere "molto soddisfatta" per i
progressi in corso verso una strategia integrata dei Rom.
Tuttavia, dice, i problemi economici continuano ad incombere sui Rom. E'
importante riqualificare. "Abbiamo bisogno di insegnare la conoscenza. Molti Rom
hanno perso il lavoro, diversi settori industriali sono stati distrutti. Ora i
Rom sono tra il 10% più povero dell'Ungheria, nonostante qualche piccolo
movimento verso la fascia di ceto medio. Tuttavia, ci sono ancora "pochissimi
laureati". La questione dei progressi dalla scuola primaria al terzo livello è
qualcosa che ancora dev'essere esaminata.
L'ascesa dell'estrema destra in Ungheria, cominciata circa dieci anni fa,
provoca grandi preoccupazioni, non solo ai Rom, ma anche a chi è impegnato con
la politica, la società civile e l'attivismo, dice Ágnes
Osztolykán.
La destra radicale, aggiunge, è riuscita a "prendere il sopravvento" nel
dibattito sull'integrazione e a definire l'agenda, che è qualcosa su cui tanto i
parlamentari nazionali che quelli europei devono lavorare per porre rimedio.
Dice: "Sta a noi trovare una via di mezzo".
"Purtroppo, ci sono pochi Rom dentro la società civile in grado di parlare.
Da una parte c'è un clima di paura, ma c'è anche l'intenzione di aiutarli, di
porre fine alla discriminazione e alla marginalizzazione. Nel 2010, è stato
costruito un nuovo istituto a Budapest, allo scopo di porre queste persone
emarginate sulla mappa".
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