L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
Per vostra conoscenza ed informazione, trascriviamo di seguito la lettera che
un gruppo di giovani gitani spagnola ha inviato al Consiglio d'Europa,
lamentandosi per la marginalizzazione degli artisti gitani in un contesto
culturale dedicato precisamente ai gitani spagnoli ed all'arte Flamenco.
SILVIA RODRIGUEZ Responsable de Comunicación de la Unión Romaní
Robert Palmer
Consejo de Europa
Dirección de Cultura y Patrimonio Cultural y Natural
PO Box 431 R6
Avenue de l'Europe
STRASBURGO Cedex
F-67075 Francia Robert.PALMER@coe.int
Spagna, 5 novembre 2009
Stimato Signor Palmer,
Siamo un gruppo di cittadini romanì spagnoli (gitani) ed utilizzatori del
Foro de la Cultura Kali (cultura gitana/romaní spagnola) di Internet e vogliamo
manifestare quanto segue:
Le nostre congratulazioni ed il nostro appoggio per la recente messa in
marcia della Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio Cultural de los Roma/Gitanos.
Siamo sicuri che questa iniziativa renderà possibile il miglioramento
dell'immagine sociale del Popolo Gitano d'Europa e contribuirà al
miglioramento delle relazioni interetniche nelle nostre società.
Assieme a questo, dobbiamo manifestare la nostra sorpresa ed
indignazione per la scelta di due artisti di origine etnica non-gitana/romanò
per rappresentare la cultura gitana/romanì di Spagna. E' questa, ci permetta
di esprimere il nostro sincero parere, una frode al pubblico ed
un'ingiustizia per la nostra cultura ed i nostri artisti.
In Spagna c'è un'enorme moltitudine di artisti etnicamente gitani/romaní,
che ogni giorno contribuiscono al sostentamento ed all'incremento del nostro
patrimonio culturale e che sono realmente quanti lo hanno generato. E'
ingiusto che li si releghi e che non si riconosca il loro enorme apporto non
solo al contesto culturale romaní, ma anche all'insieme della cultura
spagnola ed europea.
La cultura gitana spagnola ed i suoi musicisti hanno apportato al mondo
il flamenco, la rumba catalana ed un'enorme varietà di musiche attuali. Si
può affermare che la musica spagnola si sostiene grazie all'apporto romaní.
Il razzismo antigitano opera ancora nella nostra società in maniera tale
che malgrado la rilevanza artistica dei nostri musicisti, la critica non
riconosce loro il rispetto che meritano. Incluso quei supposti critici
musicali che negano l'apporto romaní/gitano alla creazione della musica
spagnola per antonomasia: il flamenco. Questo, anche se risulta
sorprendente, è abituale ed ha come conseguenza la maggior promozione di
artisti di flamenco di origine etnica payo (non-gitana), anche quando la
loro categoria artistica sia inferiore ad altri artisti, questi sì, gitani,
che rimangono relegati oppure esclusi dai circuiti commerciali della musica.
Ci aspettiamo da lei che prenda le decisioni opportune per evitare che in
seguito si ripetano episodi come quelli riportati, che discreditano davanti la
cittadinanza romaní europea l'istituzione che lei dirige e che danno fiato alla
sopravvivenza del più disprezzabile tra i mali sociali, il razzismo. Siamo
convinti che la Ruta Europea de la Cultura y el Patrimonio
Cultural de los Roma/Gitanos sarà un referente nell'attuazione della promozione
della nostra cultura, però si deve evitare che si converta in uno scandalo della
ragione e che serva solo perché gli artisti gachós (non-romaní) vivano a lato
della vera cultura romaní come, disgraziatamente, è successo tanto volte nel
passato e continua a succedere.
Per terminare, vogliamo manifestarle la nostra piena disposizione a
collaborare con la Direzione della Cultura del Consiglio d'Europa per risolvere
questo tipo di inconvenienti.
Te del o Del but baxt aj sastipen! ¡Salud y libertad!
Nicolás Jiménez Sociólogo 50.953.756 Q
José María Martínez Picón Psicólogo y Técnico de Intervención Social 23.031.596 V
Miguel Fernández Rodríguez Delineante 72.521.118 W
Antonio R. Fernández Rodríguez Pastor Evangélico 74.187.266 F
Vicente Rodríguez Fernández Realizador cinematográfico 53.722.745 N
Carmen Cabanillas Vázquez Vendedora 23793421 J
Ricardo Moreno Aguilera 28684349 Z Conductor gruista
Carlos Muñoz Nieto 50961322 Autónomo
Ramón Vázquez Salazar 28604888 H Realizador audiovisual
UNION ROMANI Dirección Postal/Postal Address: Apartado de Correos 202 E-08080 BARCELONA (Spain)
13/11/2009 - La polizia in Romania ha ricercato a casa e trattenuto 12
persone, sospettate di trafficare sistematicamente mendicanti rom verso la
Finlandia.
Investigatori finlandesi e rumeni hanno lavorato assieme sin dall'estate
scorsa per confermare i sospetti che ci sia il crimine organizzato dietro il
flusso costante di componenti della minoranza rom verso le strade delle città
finlandesi (leggi anche
QUI ndr).
Alla fine di ottobre, le autorità di Helsinki hanno iniziato a smantellare le
baraccopoli e gli accampamenti illegali costruiti dai mendicanti rumeni.
Le baraccopoli nei quartieri Kyläsaari e Kalasatama di Helsinki sono state
abbattute, mentre almeno un container usato come riparo è stato trasportato via.
Molti degli allontanati dal campo di Kalasatama hanno lasciato il paese
all'inizio di novembre. Solo in quattro hanno detto di voler restare in città.
Le elezioni regionali di domenica hanno visto la vittoria della coalizione
governativa di sinistra, guidata dal partito Směr-SD di Robert Fico. I
candidati romanì con più successo hanno partecipato nella regione di Prešov per
il Partito Coalizione Rom (Strana romské koalice - SRK). Riporta Roma Press Agency (Romská tisková agentura
RPA - www.rpa.sk) che soltanto Miroslav Daňo è stato eletto nel parlamento
regionale, con 2.491 voti nel distretto di Vranov
nad Topl'ou.
Ladislav Čonka (SRK) ha perso per pochi voti, con 2.273 in due
collegi dietro altri candidati eletti a Vranov. Štefan Kali (SRK) ha ricevuto
2.022 voti e Alfonz Kali (SRK) 1.988 voti. Il seggio di Daňo è quindi
l'unico ottenuto dall'SRK, anche se ha schierato un totale di 57 candidati nelle
regioni di Banskobystrický,
Košice e Prešov.
Iniziativa Rom di Slovacchia (Romská iniciativa Slovenska - RIS) aveva
candidati al parlamento regionale e tre candidati per le amministrative
regionali, tutti senza successo. A Košice, Jozef Červeňák concorreva
per il RIS come amministratore ed ha ricevuto 5.363 voti (4,1%). Il candidato
vincente, Zdenko Trebul'a, ha ricevuto il 60,25%. Soltanto il 22,93% dei votanti
registrati si sono presentati al voto.
A Prešov, si è presentato alle urne il 26,31% dei votanti registrati, dove il
candidato del RIS Radoslav Ščuka ha ottenuto 3.223 voti (2,13%). Il RIS
presentava un candidato anche nella regione di Banskobystrický, ottenendo 2.499
voti (1,84%). RPA riporta che l'affluenza al voto è stata del 27,06%.
PRISTINA, Kosovo, 16 novembre (UNHCR) – Ukshin Toplica sentiva che sarebbe
tornato veramente a casa, una volta che avesse rinnovato la casa che era stato
costretto a lasciare un decennio fa nella capitale del Kosovo Pristina.
"Ora che la mia casa è finita, non mi sono mai sentito meglio," dice
orgogliosamente il 49enne Ukshin ai visitatori della sua nuova casa."Non c'è
nessun posto come casa propria." E' di buon umore perché ha iniziato una piccola
attività in proprio, con i fondi UNHCR, provvidenziale per la sua famiglia di 11
persone in duri tempi economici.
Ma per molti anni Ukshin ha pensate che non avrebbe mai potuto ritornare in
Kosovo dall'esilio nella vicina Repubblica di Macedonia. "Ho sempre voluto
riportare indietro la mia famiglia. Ma ci era stato detto che gli Albanesi
avevano occupato tutte le case nel nostro vecchio quartiere, così non ci
sentivamo sicuri a tornare."
Non è sempre stato così. Per anni lui e la sua famiglia di Rom di lingua
albanese, conosciuti come Askali, avevano vissuto serenamente accanto all'etnia
albanese nel distretto di Vranjevic della capitale Pristina. Ukshin lavorava
come guardia di sicurezza. "Il salario bastava per la mia famiglia, e prima del
conflitto vivevamo bene," ricorda.
Ma la vita della famiglia Toplica fu gettata nel trambusto quando la NATO
intervenne militarmente alla fine del marzo 1999, dopo aver richiesto il ritiro
delle forze di sicurezza serbe dal Kosovo e la fine alla discriminazione contro
i kosovari albanesi.
"Tutti lasciarono le loro case una volta che iniziò il bombardamento in
Kosovo," ricorda Ukshin, aggiungendo che la sua famiglia seguì i propri vicini
albanesi e fuggì in Macedonia. "Non avevamo scelta," spiega. Invece, la maggior
parte dei kosovari non albanesi di lingua rom fuggirono oltremare al termine del
conflitto.
Circa 1 milione di persone hanno cercato rifugio in Macedonia ed in altri
paesi durante il conflitto, terminato nel giugno 1999 quando le forze serbe
furono respinte e le truppe NATO inviate sul territorio. Il ritorno degli
Albanesi innescò l'esodo di circa 200.000 Serbi, Rom, Askali, Egizi ed altre
minoranze.
"Tutti avevamo tanta paura," dice Ukshin della sua famiglia fuggita in
Macedonia. Nella confusione e nella fretta, furono separati ed arrivarono in
aree differenti della Macedonia settentrionale. "Dopo tre giorni, mi riunii con
la mia famiglia a Skopje. Eravamo terrorizzati e depressi perché non sapevamo
mai cosa sarebbe successo il giorno dopo."
Ukshin e sua moglie, Hatixhe, hanno lottato per vestire e nutrire i loro
sette figli a Skopje. Altri due sono nati nella capitale macedone. Grazie ad un
contributo di 210 €u. dell'UNHCR, hanno affittato una casa alla periferia di
Skopje. "Non c'erano possibilità di lavoro. A volte, pulivo le strade e mi
davano qualcosa. Dipendevamo dall'UNHCR," rivela.
Negli anni seguenti, circa 16.000 Serbi e Rom sono ritornati in Kosovo, ma la
famiglia Toplica era preoccupata per la situazione ed ha aspettato sino a
novembre dell'anno scorso prima di tornare. "Sono andato all'UNHCR ed ho
registrato la mia famiglia per ritornare, così ci hanno portato qui. Il giorno
che siamo rientrati in Kosovo è stato davvero emozionante, mia moglie ed i
bambini non ci credevano che eravamo a casa," dice Ukshin.
La famiglia si è trasferita nella casa rinnovata nel loro vecchio quartiere.
Lo staff UNHCR a Pristina visita regolarmente la famiglia per verificare il suo
reintegro. E' stato un anno di sfida. Nel mezzo della recessione globale, hanno
affrontato difficoltà economiche in un'area dove circa metà della popolazione
adulta è disoccupata. Ma hanno beneficiato di un pacco aiuto dell'UNHCR e dei
suoi partner, che includeva cibo per sei mesi ed assistenza extra-alimentare.
Ukshin si è unito anche ad un progetto UNHCR che aiuta chi ha fatto ritorno a
sviluppare nuove capacità e diventare autosufficienti. Ha acquistato un mini
trattore col rimorchio per raccogliere plastica e scarti da rivendere ad una
compagnia di riciclaggio. Inoltre usa il suo veicolo per fornire un servizio di
trasporto nel quartiere. "Ho la mia attività," dice Ukshin, aggiungendo:
"Possiamo vivere del nostro denaro e delle nostre fatiche."
I membri della famiglia Toplica si sentono pienamente integrati nella loro
comunità. Come per altri che han fatto ritorno in Kosovo, la sfida principale è
di migliorare le proprie condizioni di vita ed assicurarsi la sopravvivenza
economica. UNHCR continua ad offrire aiuto e consulenza.
Due ragazzi sono balzati sotto un treno perché i genitori di lei non
volevano che uscisse con un ragazzo zingaro.
La ragazza ha scelto la morte prima di rompere con il quindicenne Tsetso.
[...] Questa storia di Romeo e Giulietta ha avuto luogo domenica mattina
sulla ferrovia tra i villaggi di Dubova Mahala e Brusartsi, vicino alla città di
Lom. La sedicenne Albena Mitova ed il suo innamorato Tsvetan Plamenov, di un
anno più giovane, hanno deciso insieme di suicidarsi, perché i genitori della
ragazza non volevano che si impegnasse con uno zingaro. I due si son presi per
le braccia e sono saltati sulla sede ferroviaria. Il treno merci era in
arrivo, prestava regolare servizio da Vidin e Sofia e li ha investiti. Albena è
stata uccisa dall'impatto e Tsvetan sta lottando per la vita nell'Ospedale di
Lom.
Sabato tutto sembrava normale nelle case dei due ragazzi. Benjy, come
la chiamava Tsetso, aveva cenato con la sua famiglia nella loro casa in
Kniazheva Mahala.
"Quel giorno eravamo andati a far compere. Mi aveva detto che aveva rotto col
ragazzo zingaro. Eravamo molto intime e mi diceva tutto," ha detto ieri Nadia,
la mamma di Albena, ai giornalisti di The Monitor. Secondo la madre, che
gestisce la locale locanda, non c'erano segni che sua figlia intendesse
suicidarsi. Dopo che i genitori erano andati a letto verso le 23.00, Albena
aveva chiamato Tsetso.
"Era balzato sulla sua bicicletta ed era scomparso. Sembrava completamente
impazzito. Non mi ha dato il tempo di chiedergli dove andasse o cosa stesse
succedendo," dice Plamen, il padre del ragazzo, con le lacrime agli occhi.
Con la sua famiglia vive nel vicino villaggio di Dinkovo, che è a 3 o 4 km.
da Kniazheva Mahala. Nessuno sa cosa è successo quella notte. Circa alle 5 di
mattina, il 35enne ingegnere Rossen N. ha visto due persone sulla massicciata
della ferrovia. Preso dalla paura ha azionato la sirena del treno, ma non si
sono mossi. Il dipendente della BDZ ha fatto quanto possibile per arrestare la
macchina di 223 tonnellate, ma la collisione è stata inevitabile. L'ingegnere ha
visto i corpi dei due ragazzi volare per aria come bambole di stracci. Rossen ha
fermato il treno e riportato l'incidente ai suoi superiori. I medici arrivati
sulla scena hanno determinato che la ragazza era morta ma che Tsetso respirava
ancora. I genitori dei ragazzi hanno offerto due versioni completamente
differenti di ciò che era successo.
"Non può aver preso questa decisione da sola. Era una ragazza quieta e
modesta. Era sempre in casa davanti al PC. Non c'era modo che potesse conoscere
a che ora passava il treno," dice Nadia fissando il nome sulla corona funeraria.
"Venite a vederla. Il suo corpo non è stato mutilato. Il medico mi ha
detto che aveva rotti i due legamenti. Ha battuto la testa cadendo e quella è
stata la causa della sua morte," dice il padre addolorato, Dimcho, che è anche
il sindaco del villaggio. Albena era la loro unica figlia. La adottarono appena
nata.
"Era la luce dei miei occhi. Le davamo tutto. Era stata accettata alla Scuola
Superiore di Economia di Vratsa. Per tutti noi fu una grande notizia. Dev'essere
successo qualcosa. Qualcuna deve averla convinta. Non mi fermerò finché non
troverò la verità," è il voto della madre che continua a singhiozzare.
Plamen è categorico quando dice che suo figlio era innamorato perso di Benji.
"I ragazzi non volevano essere separati. Spesso Dimcho veniva qui con la polizia
per portare via sua figlia ed il giorno dopo erano di nuovo insieme," dice il
padre del ragazzo ferito. Si lamenta che ai genitori di Albena non piaceva
Tsvetan non solo perché aveva la pelle scura, ma anche perché era povero.
Non aveva soldi neanche per una fetta di pane
Tsvetan ora ha bisogno di 260 Leva per un'operazione alle braccia, entrambe
fratturate. Ha un ematoma al cervello ed è in coma. Dall'incidente non ha
ripreso conoscenza e non può raccontare cos'è successo alla sua amata. Tranne a
sua madre, Valentina, a nessuno è permesso visitarlo. Lei dice che un lato della
testa del ragazzo è gonfio in maniera preoccupante.
"Sono così poveri che non so come potranno permettersi le cure per il
ragazzo, dice Yulia Georgieva, sindaco del paese di Dinkovo.
Infatti, suo padre è l'unico parente che ha Tsetso. I due vivono in una
povera casa ad un piano. Suo padre va di porta di porta dai vicini ad offrire i
suoi servizi, per avere un po' di denaro. La madre del ragazzo li ha lasciati
circa un anno fa per vivere a Sofia, e tornava ogni tanto a trovarli. I vicini
si sono sentiti offesi ieri a vederla tornare da Sofia su un taxi.
"L'altro giorno Tsetsko e suo padre non avevano soldi per comperare il pane.
Gli ho dato quattro fette ed un Lev. Mi hanno detto poi che quel giorno Plamen
aveva perso i sensi perché non aveva mangiato," ci ha detto un vicino. Quando
gli abbiamo parlato ieri, il padre del ragazzo era preoccupato che quando
scoprirà cos'è successo ad Albena, Tsetso tenterà nuovamente di uccidersi.
Katia Ilieva and Galia Petrova
.....Achili man jag kiti te na merav shilestar ...
...davla tuke andar vogiestar!
Romani Baht Fountation
8 Nov Jivot str.
1373 SOFIA
BULGARIA
Tel./fax +359 2 920 42 72
Sabato, 21 novembre 2009 - Un villaggio vicino al confine ungherese con una
popolazione di 200 abitanti e affetto da disoccupazione e povertà, si sta
preparando a diventare un'attrazione turistica. No, non si tratta di turismo del
disastro. Il villaggio spera di attrarre turisti con i suoi murales. Ispirati
alla rabbia.
"Due anni fa vidi in televisione la Guardia Ungherese marciare davanti al
palazzo di Sólyom. La totale ignoranza ed intolleranza di quella gente mi rese
così furioso che la rabbia mi portò a questo," dice Eszter Pásztor,
iniziatrice del progetto "Freszkófalu". Pásztor è arrivata all'idea di un
villaggio di affreschi per quello che aveva visto in villaggi egiziani che
vivevano di turismo. La possibilità che i turisti vengano a Bodvalenke non è per
niente irragionevole.
La rete di caverne Aggtelek è a meno di 20 km., e non lontano dal villaggio
c'è una strada gotica con un diverse chiese attrattive. Proprio ai margini del
villaggio inizia una palude con rari animali e specie di piante. Attualmente si
stanno completando i programmi per i percorsi turistici attraverso la Grande
Pianura.
Povertà zingara
"Quando arrivammo in questa -Ungheria da terzo mondo- e preparavamo da
mangiare nella cucina dell'ufficio, i bambini del villaggio si allineavano di
fronte alla nostra finestra per vederci mangiare. Comprendemmo che un gran
numero di bambini avevano fame, mentre gli altri erano gonfi, ma completamente
malnutriti," ricorda Pásztor. "Se vuoi davvero combattere la povertà, allora
devi attaccarla da tutti i fronti," aggiunge. Dei 200 residenti del villaggio,
il 58% sono Zingari, ma la percentuale schizza se si guarda la popolazione con
meno di 60 anni: i non-Rom sono solo l'8% della popolazione del villaggio sotto
i 60 anni.
Su tutta la popolazione del villaggio, ci sono due persone con lavori
regolari: uno nell'ufficio del governo locale e l'altro in una succursale di una
clinica. Due donne del villaggio impiegate in una fabbrica di vestiti, hanno
perso il loro lavoro quando la ditta si è spostata in Ucraina perché là ci sono
oneri salariali più bassi. E' davvero sorprendente che il reddito medio è di
soli 16.000 fiorini (59 €u.). Come risultato a malapena ci si può permettere
l'autobus verso il villaggio vicino.
Ottenere vantaggi
L'unico negozio del villaggio sfrutta la situazione vendendo al doppio del
prezzo normale.
Il fenomeno degli usurai è fin troppo facile da comprendere in un simile
retroscena. Non stupisce che non tutti non sono contenti del progetto, che
minaccia di portar via loro dei clienti.
Resistenze da superare
Ma ci sono anche altri ostacoli da superare. "All'inizio, nel marzo 2009, non
è stato facile. Non volevo e non potevo iniziare a cercare i finanziamenti prima
del beneplacito del villaggio. La reazione iniziale di molti residenti è stata:
"Non puoi dipingere la mia parete." "Poi, alcuni dell'assemblea del villaggio
hanno ricordato che c'era un tale János che aveva un cavallo ed un carro che si
potevano usare per trasportare i turisti, mentre una donna di nome Zsusza
avrebbe potuto cuocere il vakaró (focaccia tradizionale) per gli ospiti, ed il
resto è seguito a valanga."
Attualmente non ci sono infrastrutture per i turisti; ristoranti, ostelli e
campeggi esistono solo nell'immaginazione, perché non c'è mai stata l'esigenza
di migliorare le infrastrutture per i residenti. Diverse famiglie del villaggio
sono già state in grado di trasferirsi dalle case a rischio di crollo o senza
riscaldamento, in case ristrutturate nel centro del villaggio.
Già questa è stata una piccola rivoluzione sociale, dato che nel centro
villaggio vive la popolazione di etnia ungherese, che non voleva dei Rom in
questa parte "pulita". I ragazzi vengono a giocare e fare i compiti
nell'ufficio. Nel retro c'è persino un'azienda agricola per i bambini, dove
prendersi cura di conigli, lepri e due capre. La squadra di quattro operatori
sociali assieme a Pásztor assiste i residenti del villaggio nella nutrizione e
nelle visite ai pubblici uffici.
L'arte
Pareti dipinte dai 10 ai 25 metri decorano il villaggio.
La Fondazione Laboratorio Culturale Europeo ha finanziato i creatori di
questi lavori, tutti Rom, tramite una competizione nazionale. Perché non è stato
approcciato nessun artista ungherese? "Hanno avuto le possibilità di esibirsi.
Non si tratta di questo," dice asciutta Pásztor. Il progetto infatti significa
molto di più: è sulla cultura rom, spesso disprezzata in Ungheria e messa in
primo piano. Alcuni affreschi presentano leggende zingare, ma rimarranno un
mistero per molti visitatori se nessuno le spiegherà.
Così un tour dei dipinti apre un mondo unico di immaginazione, per esempio,
la credenza che originariamente i Rom volassero per aria come uccelli. Come
risultato di una ricca festa, le ali ali diventano braccia, e da allora in poi
hanno viaggiato a piedi. O che la luna ed il sole siano stati rubati da un
mostro e liberati da due suonatori di tromba:uno trasportò la luna diventando
sempre più pallido fino a divenire l'uomo nella luna, mentre l'altro che
trasportò il sole ne fu bruciato - diventando con la sua pelle scura l'antenato
degli zingari. Ma vengono rappresentati anche argomenti attuali: la striscia di
uccisioni di Rom l'anno scorso è il motivo di un affresco nel centro del
villaggio.
Ancora da fare
Camminare con Pásztor per Bodvalenke fornisce un'idea di che cosa si
prospetta avanti. La fontana della piazza del villaggio sarà adornata con un
drago che verrà dipinto una volta l'anno da residenti ed ospiti, in occasione
del festival di primavera. Pásztor spiega come un cortile semi abbandonato
diventerà un giardino con uno spazio per i falò. Un edificio in abbandono
diventerà un negozio di oggetti costruiti dagli abitanti, come cesti intessuti e
gioielli.
Tuttavia, ci sono ancora da sviluppare accordi di cooperazione con i villaggi
attorno, e con gli operatori turistici sulle possibili offerte. La speranza che
il villaggio possa reggersi sulle sue gambe è visibile sulle facce di molti dei
suoi abitanti.
Donazioni
European Workshop Cultural Society, 1121 Budapest,Konkoly- Thege M. út 50.
Registry number: 9511
Account number:
Unicredit Bank
10918001-00000046- 61280007
25/11/2009 - Oggi quindici bambini sono ritornati e sei persone sono state
rilasciate senza accuse, dalla polizia che investigava su un presunto traffico
infantile.
I giovani della comunità rom di Manchester erano stati presi in carico dopo
che la polizia li aveva trovati a tre diversi indirizzi all'inizio di questa
settimana.
Gli investigatori ritenevano che fossero obbligati a commettere piccoli
crimini, ma la polizia metropolitana di Manchester ha ora appurato che non
c'era alcuna evidenza di sfruttamento o criminalità.
La polizia ha eseguito gli accertamenti nell'area di Agnes Street a Gorton e
di Stockport Road a Longsight nelle prime ore di lunedì.
C'è una numerosa comunità rom nelle aree di Gorton e Longsight, che si stima
in 1.000 persone.
Un portavoce della polizia metropolitana di Manchester ha detto: "Due uomini
e quattro donne, di età compresa tra i 23 e i 32 anni, che erano stati arrestati
per il sospetto di traffico di persone, sono state tutte rilasciate senza
carichi pendenti."
"Pure i quindici bambini [...] che erano stati temporaneamente presi in
carico dai Servizi Infantili Comunali, sono ritornati alle loro famiglie."
Il soprintendente Paul Savill, che ha condotto l'operazione, ha detto:
"Avevamo il dovere di agire per il sospetto che i bambini che vivono nella
comunità rom potessero essere vittime di traffici nella cintura di Manchester.
Dovevamo verificare che non ci fossero problemi ed assicurarci che i bambini non
fossero sfruttati."
"Assieme al Consiglio Municipale abbiamo condotto le indagini e siamo
soddisfatti di non avere trovato prove di sfruttamento o criminalità, così
abbiamo rilasciato tutti gli arrestati, senza che vi sia alcun carico nei loro
confronti, ed i bambini sono stati riportati alle loro famiglie."
"Vorrei elogiare tutti quanti sono stati coinvolti per la loro cooperazione
offerta alla nostra indagine."
"Il nostro scopo primario è stato di salvaguardare il benessere di questi
bambini, ed abbiamo cercato di condurre le indagini nel modo più rapido
possibile, per minimizzare la disgregazione sia dei bambini, che dei loro
genitori e della comunità rom."
"Vorrei ancora sottolineare che questa operazione non intendeva stigmatizzare
i Rom insediati nella nostra comunità. Stiamo lavorando molto duramente, assieme
a tutti i nostri partner, per aiutarli ad inserirsi qui e continueremo a dar
loro tutto l'appoggio possibile per programmare una nuova vita a Manchester."
OSTROVANY - Lucia Kucharova non vuole più guardare dalla finestra da quando
la vista è ostruita dal muro che separa le capanne circondate di rifiuti dove
vivono circa 1.200 Rom, dal resto del villaggio di Ostrovany, nella Slovacchia
dell'est
Due Rom dietro il muro costruito per isolarli dal villaggio di Ostravany in
Slovacchia, 11 novembre 2009
La costruzione di cemento di 150 metri di lunghezza e due di altezza,
eretta il mese scorso con un costo di 13.000 euro, suscita l'indignazione dei
Rom e dei difensori dei diritti umani.
"E' discriminazione. Il sindaco avrebbe piuttosto dovuto spendere quei soldi
per costruire delle abitazioni per noi," protesta Lucia Kurachova, Rom di 25
anni. Cyril Revak, sindaco dal 1991 di questo villaggio di 1.800 abitanti, evita
prudentemente di parlare di "muro". Ma ne giustifica la costruzione accusando la
comunità rom di furti.
"Il recinto non impedisce ai Rom di venire al villaggio. Impedisce loro
giusto di penetrare nei giardini privati per rubare. Non sono che piccoli furti,
soprattutto d'autunno. La gente non può più coltivare legumi nei giardini,
perché vengono rubati," afferma il sindaco.
Anche se largamente maggioritaria a Ostrovany, la comunità rom non partecipa
affatto alla vita pubblica, affermando che non cambierebbe niente. "Ho votato
per il muro, dato che il consiglio municipale l'avrebbe deciso in ogni modo,"
riconosce d'altra parte Dezider Duzda, l'unico Rom tra i nove consiglieri
municipali.
Ai piedi del muro, Alena Kalejova cerca dei mozziconi. "Le sigarette sono
troppo care. Si vive a mala pena con i 150 euro al mese della disoccupazione,"
spiega questa giovane madre rom di 21 anni.
Quasi tutti i membri della comunità sono senza lavoro.
Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:01:47, in Europa, visitato 1796 volte)
Ricevo da Roberto Malini
nell'immagine tratta da Wikipedia:
La Giralda di Siviglia. Attualmente campanile della Cattedrale, era in età
islamica il minareto della Grande Moschea
Milano, 2 dicembre 2009. Dall'Italia l'intolleranza si diffonde in Svizzera,
dove un referendum ha proibito la costruzione di nuovi minareti. E' stato
facile, per il Partito Popolare Svizzero (SVP), di estrema destra, ottenere il
57% dei voti. Nel clima di diffidenza e sospetto che caratterizza oggi la
Svizzera, come si poteva credere che il popolo decidesse di manifestare apertura
verso la fede islamica? Perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che i media
descrivono tutti i musulmani come nemici della civiltà occidentale? A causa
delle politiche contro i Diritti Umani, l'Unione europea rischia una vera e
propria crisi della democrazia. La democrazia si fonda infatti sulle
Costituzioni e le carte che tutelano i diritti delle minoranze, visto che le
maggioranze hanno quale privilegio intangibile - nell'istituzione democratica -
il diritto di governare. Nel nostro continente è in vigore la Carta dei diritti
fondamentali nell'Unione europea (http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf).
La "volontà popolare", spesso manipolata attraverso i media e la propaganda, non
può e non deve sostituirsi ai Diritti Umani. In Italia movimenti
anti-immigrazione e anti-minoranze come la Lega Nord, Forza Nuova, i partiti di
estrema destra e, ormai, anche il Pdl chiedono ai cittadini: "Volete i Rom?",
"Volete i rifugiati?", "Volete gli stranieri poveri?", prospettando scenari
apocalittici o invasioni barbariche. I cittadini rispondono "no, non li
vogliamo" e le Istituzioni fanno leggi razziali. Con i referendum, si ottengono
gli stessi risultati. Ma tutto questo è illegittimo e antidemocratico, perché
viola i diritti delle minoranze, che non dovrebbero essere in discussione. Per
recuperare la democrazia, è necessario impedire la propaganda e i referendum
contro le minoranze. Altrimenti, sull'onda della "volontà popolare", presto i
comparti sociali più vulnerabili saranno privati dei più elementari diritti
della persona: "Volete le sinagoghe?", "Volete coppie omosessuali in giro per le
città?", "Volete che circolino pubblicazioni che presentano altre forme di
cultura, religione, civiltà?", "Volete che il denaro pubblico sia speso per dare
assistenza ai poveri?", "Volete che si diffondano modi di vivere alternativi a
materialismo e consumismo?". Un po' di propaganda e la risposta sarà sempre
"no". No alle diversità, che spaventano il "comune buon senso". Senza
l'inviolabilità dei Diritti Umani, vi sono le atrocità che si commettono da
sempre in nome del popolo, quello steso popolo che applaudiva l'Inquisitore
assistendo al tragico spettacolo dei roghi; quello steso popolo che acclamava
Hitler e i suoi volenterosi carnefici; quello stesso popolo che in tante
occasioni ha partecipato attivamente a pogrom e purghe etniche; quello stesso
popolo che. armato di badili, picconi e bastoni, massacrava il popolo ebraico
negli Stati Baltici, affiancando le sanguinose operazioni degli Einsatzgruppen.
Quello stesso popolo che oggi - nonostante gli insegnamenti che la Storia
recente cerca invano di trasmetterci - sorride agli sgherri e applaude il loro
operato quando sgomberano un insediamento Rom o arrestano qualche immigrato
scampato alle guerre o alle carestie nei Paesi poveri. Totale disumanità. Grado
zero della democrazia.
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