Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
"E' nato "Imè Romnì", laboratorio artistico e sartoria, promosso dall'Opera
Nomadi e gestito dalle donne rom del villaggio di Rho.
Questo che adesso è uno spazio di aggregazione e di incontro ha come obbiettivo
di diventare una vera e propria attività lavorativa.
Al momento 10 donne sono impegnate nella creazione di borse, capi
d’abbigliamento, collane, oggetti per la persona e per la casa.
I nostri primi lavori sono delle borse di yuta colorate e dei gioielli in rame e
vetro che stanno riscuotendo già un grande successo!!!
I prodotti vengono realizzati in modo del tutto artigianale dalle donne del
laboratorio.
Chiunque fosse interessato ad acquistare i nostri prodotti o sostenerci per
venderli(negozi,botteghe,gas,mercati..) può contattarci :
Valentina (333 5747726) Erica(333 3503549) valentina.lindi@virgilio.it
Valentina Lindi (Opera Nomadi Milano)
Imè Romnì (che in lingua Romanès significa “Io, donna Rom”) è il nome di
un piccolo laboratorio artigianale, frutto di un originale incontro tra
tradizione e creatività.
Attivo all’interno del villaggio Rom di Rho (MI),il laboratorio è gestito dalle
donne del campo che si ritrovano per cucire, ricamare, inventare e creare
prodotti sartoriali ed accessori .
Di
Fabrizio (del 17/01/2008 @ 09:15:33, in
lavoro, visitato 2639 volte)
Riassumo un lungo articolo da
Romaworld.ro
Se non verranno fatti presto investimenti per i Rom marginalizzati, la più
grande minoranza d'Europa rimarrà in un trappola di povertà. Per le strade del
ghetto Rom di Sofia, il catrame è un ricordo. Le baracche, costruite con fango e
mattoni. sono allineate lungo la strada. L'odore del fango spunta dalle
grondaie. I collegamenti tra le famiglie seguono le linee elettriche illegali
che collegano le loro capanne. Qui, il concetto reale di infrastruttura è
estraneo come l'astrofisica, mentre "municipalità" è una parolaccia.
Può sembrare un quadro da Terzo Mondo, ma siamo a Faculteta, quartiere della
capitale bulgara, e le stesse scene si replicano attraverso il paese e nella
vicina Romania, entrambe membri dell'Unione Europea dal gennaio 2007. Il recente
boom ha visto la disoccupazione nei due paesi praticamente eliminata dalla
richiesta saettante di lavoro. Ma questo trend benigno ha toccato a malapena i
Rom. Razzismo, mancanza di scolarizzazione e qualificazione li hanno tenuti
ermeticamente al margine dei cambiamenti economici raggiunti dai loro
compatrioti.
Niente sta cambiando. Al contrario, anche se la maggioranza dei 45.000
residenti di Fakulteta è senza impiego, la Bulgaria intende importare lavoratori
stranieri per alimentare la sua crescita economica piuttosto che mobilitare la
minoranza Rom nel mercato lavorale.
Ufficialmente, la Bulgaria conta 370.000 Rom. Ma le OnG ritengono questa
cifra molto inferiore al reale, che sarebbe di 800.000, il 10% della
popolazione.
Negli ultimi 15 anni, molti Rom dalle povere aree rurali sono migrati in
città in cerca di una vita migliore. Ammassati in quartieri poveri e
sovraffollati, che si sono mutati in ghetti virtuali. Circa il 54% dei Rom vive
ora in queste mahali, come sono conosciute in bulgaro. Circa i 3/4 non le
hanno mai lasciate dopo la nascita.
Georgi Krastev, capo dell'Unità d'Integrazione del Ministro del Lavoro e
delle Politiche Sociali, concorda che il paese si trova di fronte ad un problema
di severa segregazione economica. Dice "Oltre il 90% dei disoccupati [in
Romania] sono Rom."
In agosto, il suo ministero ha riportato che il tasso di disoccupazione era
arrivato al record del 7% , ma i così in basso, e le previsioni sono che il
trend continuerà. A Sofia, gli unici adulti disoccupati sono Rom, di cui il 60%
è senza lavoro, secondo l'NSI, Istituto Nazionale di Statistica.
Assorbiti da altri problemi del periodo di transizione e paurosi di
promuovere i diritti di una minoranza impopolare, nessuno dei governi
post-comunisti ha preso misure sostanziali per migliorare la mobilità economica
tra i Rom.
Qui e negli altri nuovi stati membri, molti ora si rammaricano che di più non
sia stato fatto delle possibilità offerte dalla fase di pre-accesso alla UE
per aumentare le azioni di pressione. E mentre Bruxelles insiste che
l'integrazione dei Rom deve rimanere una priorità per Bulgaria e Romania - in
pochi ritengono che l'ammontare dei fondi disponibili possano rimuovere gli
ostacoli che impediscono la mobilità tra i Rom. Le comunità Rom nei paesi
balcanici cheserano di unirsi presto alla UE ne prendono nota.
Un problema regionale, con radici storiche
I politici bulgari non sono i soli a mettere la testa nella sabbia. Scene
simili a quelle di Faculteta si possono trovare attraverso l'Europa Centrale e
del Sud Est. In Ungheria, dove i Rom sono dal 6 all'8% su di una popolazione di
circa 10 milioni, circa il 50% sono disoccupati, comparati alla media nazionale
del 7%, secondo un rapporto del 2005 di Magyar Agora. Oltre il 50% dei Rom in
Ungheria vive sotto la soglia di povertà, comparati alla media nazionale
dell'8%.
La situazione è simile in Serbia, dove oltre il 60% dei 300.000 Rom è
considerato molto povero, comparato al 6% della popolazione, secondo un rapporto
ufficiale sull'inclusione Rom del 2006. Il tasso di disoccupazione per i Rom di
tutte le fasce d'età e a tutti i livelli scolastici è di tre volte superiore
alla media della popolazione non-Rom.
Nella Repubblica Ceca, oltre il 70% dei Rom sono senza lavoro,
comparato al 10% nazionale, secondo un rapporto 2005 della Commissione Europea.
In Romania, dove i 2 milioni di Rom sono circa l'8% su una popolazione di 22
milioni, il 75% di quanti sono in età lavorativa è disoccupato, secondo una
inchiesta compilata dall'UNPD e dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Le radici di questi problemi datano secoli, dice Rumyan Sechkov, storico
dell'Accademia Bulgara delle Scienze e presidente del gruppo per l'Alternativa
Civica. La curiosità inizialmente sollevata negli Europei dai Rom migrati nel XV
secolo dal subcontinente indiano si è mutata rapidamente in ostilità autentica,
racconta, spiegando "che il rifiuto dei Rom ha le sue radici in profondità
indietro in quell'era."
Molti hanno cercato riparo nelle terre europee dell'Impero Ottomano, dove non
erano benvenuti ma d'altronde nemmeno sterminati. Ma secondo gli storici durante
la II Guerra Mondiale, circa mezzo milione di Rom furono uccisi dai nazisti e
dai loro alleati locali nei nuovi stati dell'Europa Centrale e dell'Est.
I sopravvissuti si trovarono di fronte ai tentativi di assimilazione forzata
dei regimi comunisti che avevano preso il potere. In Bulgaria, il romanés venne
soppresso, la loro musica bandita in pubblico e lo stile di vita nomadico finì
nel 1957 con una legge che ordinava a tutti i cittadini di registrarsi ad u
indirizzo fisso. Ancora peggio, in Cecoslovacchia, alcune donne Rom furono
sterilizzate come parte di una politica statale per ridurre il loro numero.
Nei primi anni '90, con i cambiamenti politici ed economici che arrivavano
nelle terre del vecchio blocco orientale, i Rom ottennero riconoscimento come un
distinto gruppo etnico. Da un punto di vista fu un sviluppo positivo. Ma questo
coincise col collasso di molte istituzioni sociali e, come il gruppo più
vulnerabile economicamente, i Rom videro aumentare il loro distacco dal resto
della società.
Ignoriamo il problema
Nel gennaio 2007, con la Romania e la Bulgaria che raggiungevano la UE, i Rom
divennero la più grande minoranza etnica dell'area, tra gli 8 e i 10 milioni. Ma
il numero non significa potere, e nei nuovi stati membri, i Rom rimangono in un
distinto svantaggio, legati ad un circolo di discriminazione, negligenza ed
esclusione.
"Io non dico che tutti i Rom sono pericolosi, ma la maggior parte lo sono,"
dice Anton
Ivanov, 22 anni di Krasna Poliana, un quartiere che confina con Fakulteta. Ad
agosto, cinque uomini sono stati seriamente feriti quando un gruppo di Rom ha
iniziato una ronda perché un loro ragazzo era stato malmenato.
Il quartiere è noto per le tensioni etniche, anche se ufficialmente il problema
non esiste. Dice Marko Popov, 17 anni abitante a Fakulteta, "Viviamo normalmente
con i Bulgari di Krasna Poliana," aggiungendo che "normalmente" sottintende
anche tensioni quotidiane.
Ma le autorità negano che incidenti simili nascano dal razzismo,
classificando gli eventi di agosto come disturbi di routine. Similarmente, un
altro incidente ad agosto quando un ragazzo rom di 17 anni fu malmenato da
Bulgari nella città di Samokov, venne descritto dalla polizia come
"combattimenti tra gangs giovanili".
Nel frattempo, i pregiudizi dei giovani come Ivanov forniscono terreno fertile
per la crescita dell'estrema destra. Bojan Rasate, capo dell'Unione Nazionale
Bulgara, è diventato l'eroe di Ivanov, avendo istituito una squadra di volontari
nazionali per "proteggere" la popolazione bulgara "dalla minaccia rom e dai
disastri naturali".
Era ora che qualcuno prendesse misure contro di loro, e siamo molto grati a Bojan
Rasate," dice Ivanov con gli occhi che brillano dall'entusiasmo.
Come altri nuovi stati membri dell'Europa Orientale, la Commissione Europea ha
fatto pressione a Romania e Bulgaria per implementare una politica a tolleranza
zero contro il razzismo prima di raggiungere la UE. Secondo Katharina von Schnurbein,
portavoce di
Vladimir Spidla, Commissario per gli Affari Sociali, che conta le tematiche rom
nel proprio portfolio, che include "l'aggiornamento legale degli incidenti che
capitano negli insediamenti rom e la lotta al cattivo trattamento".
Ma gli effetti sono scarsi ed ammette che il razzismo esiste e rimane un tabù.
Questo, assieme ad una negligenza cronica, ha reso lettera morta le politiche
delle autorità bulgare, come "Il Decennio dell'Inclusione Rom" o "il 2007 Anno
Europeo delle Pari Opportunità per Tutti".
Una passeggiata a Stolipinovo conferma questa impressione. Alla periferia di
Plovdiv, seconda città della Bulgaria, con i suoi 35.000 abitanti è il secondo
ghetto rom della Bulgaria. All'ora di pranzo di un giorno qualunque della
settimana, tutti sono all'aperto e le strade sono piene di clamori. I bambini
giocano nel fango, gli uomini sono riuniti a piccoli gruppi e le donne lavano di
fronte ai loro blocchi di appartamenti.
Ma gli abitanti sono cronicamente deprivati e soffrono di cattiva salute. "Non
abbiamo avuto acqua corrente per dieci anni," si lamenta una donna piccola, gli
occhi blu e i capelli riuniti in una crocchia. "Come risultato tutti i miei tre
figli hanno avuto l'epatite l'estate scorsa."
Continua: "Hanno i pidocchi nei capelli perché non posso lavarli. Qualcuno mi
accusa di non mandare i bambini a scuola. Come posso mandarli a scuola in questo
stato? Non li manderò!"
I problemi di sanità e sicurezza così visibilmente presenti a Stolipinovo sono
replicati a Marchevo, un villaggio noto per le povere condizioni nelle montagne Rodope
del sud, vicino alla città di Garmen. Le sue origini datano al 1960, quando un
clan di intrecciatori di cesti vi si impiantò a seguito del decreto del 1957.
Per lungo tempo è stato fonte di epidemie locali a causa delle scarse condizioni
sanitarie. "Mancano soltanto 500 metri di tubature perché la mahala abbia
assicurato il rifornimento idrico," dice Kalina Bozeva, capo della Iniziativa
Inter-Etnica per i Diritti Umani in Bulgaria. "La responsabilità era del
municipio, ma è stato fatto solo recentemente, come risultato di un progetto di
OnG."
Petar Dikov, capo architetto di Sofia, spiega che le aree popolate dai Rom sono
di solito elencate nei piani urbani come aree industriali, così da esentare i
comuni dal costruire le infrastrutture.
E' lo stesso al di la del confine in Romania dove, secondo Magda
Matache capo dell'OnG Romani CRISS con sede a Bucarest, i villaggi e gli
insediamenti di solito non hanno acqua corrente. "Lì la gente può soltanto
sognare un sistema di tubature," dice. "Devono camminare per miglia ogni giorno
per portare a casa l'acqua per le loro famiglie."
Il fallimento inizia a scuola
Tra i molti errori ed omissioni del governo bulgaro riguardo i Rom, nessuno è
così cruciale o devastante come viene affrontata la tematica scolastica. Una
politica di effettiva segregazione ha deprivato generazioni di Rom della
possibilità di avanzare verso una pari partecipazione nel mercato lavorale.
Nel periodo comunista, i Rom potevano studiare soltanto in scuole periferiche
create per formare forza operaia o per altri lavori sotto-qualificati. Erano
omesse materie delle scuole "normali", come storia e matematica.
"Si produssero generazioni di persone con bassa educazione," dice Krasimir Kunev,
capo del Comitato di Helsinky bulgaro. Oggi circa il 70% dei bambini rom
continua a studiare de facto in scuole segregate, secondo un rapporto del 2006
del Comitato di Helsinky bulgaro. Ciò, spiega, rende anche i Rom il gruppo più
vulnerabile alla depressione economica e alla disoccupazione nella transizione
post-comunista. Ed anche se lo stato si è reso conto del problema attorno alla
metà degli anni '90, ha fatto poco per intervenire.
"E' stato un grande fallimento, - dice Rumyan Sechkov - era la soluzione più
facile, gente senza qualificazione rimane sotto-qualificata e marginalizzata."
Nel frattempo, secondo lo storico, i bulgari ordinari hanno trovato i versamenti
ingiusti, cosa che incita le tensioni sociali.
La scala del problema ha continuato a crescere, intrecciando una cultura di
dipendenza. "Ora siamo di fronte ad un problema nazionale, perché un'intera
generazione di Rom è cresciuta senza mai vedere i propri genitori alzarsi la
mattina per andare a lavoro," continua Sechkov.
Nel 2006, il 58% dei Rom hanno ricevuto qualche forma di aiuto sociale, secondo
il ministero del lavoro.
Ma qualcosa sta cambiando. Dal 1 gennaio 2008, ci sono nuove regole che limitano
il periodo in cui chiunque può ricevere questo aiuto a 18 mesi. Decisione presa
per ridurre gli abusi del sistema, i critici insistono che gli sviluppi saranno
vani se non accompagnati da politiche rivolte alla scarsa scolarizzazione e alla
disoccupazione.
Roza Tzvetanova, 54 anni, è seduta di fronte alla sua casa a Stolipinovo.
La sua testa è coperta da un foulard rosa e lei arrotola una sigaretta mentre
descrive come lei ed i cinque figli sopravvivono coi benefici sociali, lei senza
lavoro, il marito in prigione. Quando sente che il suo assegno sarà presto
tagliato, diventa furiosa: "Ma sono pazzi? Stanno cercando di sterminare i miei
figli e me! Nessuno vuole dare lavoro ad una cinquantenne con la licenza
elementare. Non lo vedono?"
La Bulgaria non è sola nella regione nel mancare di offrire ai Rom un'educazione
decente. Nelle recenti decadi, gli standards sono rimasti poveri nell'Europa del
sud-est, offrendo poche possibilità di fuggire dalla povertà e partecipare alla
società su basi egualitarie. Ma se gli altri paesi della regione hanno percorso
i primi passi per rompere il circolo vizioso, in Bulgaria si continuano a negare
i fatti.
Secondo il censimento 2001, il 20% dei Rom di 20 anni in Bulgaria sono
totalmente illeterati. Ma anche se questo numero sta crescendo, il Ministero
dell''Educazione non pare avere nessuna strategia per affrontare il problema.
Nel 2002, per esempio, il governo promulgò un atto per cui igli studenti delle
minoranze andavano integrati, mai comuni non collaborarono. E secondo il
rapporto Kunev del 2006, le cose non sono cambiate.
Le autorità rumene sono maggiormente pro-attive e dal 1993 hanno adottato azioni
affermative per aumentare il coinvolgimento dei Rom nelle scuole superiori e
nelle università. Come risultato, 400 studenti rom sono stati ammessi nell'anno
accademico universitario 2005-06.
Magda Matache descrive l'azione politica affermativa della Romania come di
successo, citando rapporti che indicano come i Rom frequentino le scuole e si
diplomino. I risultati saranno visibili nel lungo termine, ma i primi effetti
stanno emergendo, in quanto chi riceve un'educazione di qualità funziona come
modello per la propria comunità o rimangono in città trovando lavoro. "Lavorano
nelle istituzioni o nel settore della società civile [piuttosto che negli
affari], ma è già un passo avanti," insite Matache.
Anche in Serbia vengono prese misure affermative. Secondo il censimento del
2002, circa il 62% dei Rom serbi non ha completato la scuola elementare, meno
dell'8% la scuola media e un minuscolo 0,3% la scuola superiore. D'altra parte,
il governo ha recentemente allocato un budget extra per borse di studio per gli
studenti rom.
I risultati sono eclatanti, soprattutto se si paragonano i dati di due anni
consecutivi. "Nel 2005-06 abbiamo avuto 88 studenti rom iscritti alle superiori,
nel 2006-07 il loro numero era cresciuto a 260," dice Ljuan Koka, direttore del
Segretariato per la Strategia Rom in Serbia.
Una fonte non battuta di lavoro
Gli esperti concordano che la principale precondizione per migliorare le
prospettive socio-economiche tra i Rom è tagliare l'alto tasso di disoccupazione.
L'ironia è che paesi come la Bulgaria cerchi altrove dei lavoratori. Infatti,
secondo un recente rapporto della Banca Mondiale sull'Europa dell'est, la
Bulgaria rischia un rallentamento nello sviluppo economico se non richiama la
relativa scarsità sia del lavoro specializzato che non qualificato. E mentre
suggerisce una migliore utilizzazione e formazione dei lavoratori locali
"attraverso la riforma del sistema educativo e l'aumento della mobilità interna"
stabilisce che si dovrebbero importare lavoratori dall'estero.
Evgeni Ivanov, della Confederazione Impiegati ed Industriali di Bulgaria, dice
che è insensato cercare lavoratori esteri ignorando la domanda interna.
Puntualizza: "La Bulgaria ha tutte le risorse finanziare ed umane di cui c'è
bisogno perché i Rom si integrino nel mercato lavorale".
Ivanov predice che il ministro del lavoro avrà a disposizione 1 miliardo di EU
dei Fondi Strutturali UE da spendere per programmi indirizzati ai Rom. "Ma non
abbiamo informazioni che il ministro ci stia lavorando," aggiunge. "Si parla
solo del futuro prossimo."
Secondo Ivanov la comunità economica dovrebbe appoggiare misure proattive per
aiutare i Rom nel lavoro. "Come lavoratori, non importa l'etnicità o la
nazionalità, è la capacità che è importante."
Ma sono pochi i segni dei governi regionali realmente impegnati a migliorare le
prospettive della comunità Rom. In Serbia, Bulgaria e Romania,le autorità hanno
fallito nel trovare una formula per migliorare le loro possibilità.
leggi tutto l'articolo (in inglese)
This article was produced as part of the Balkan Fellowship for Journalistic
Excellence, an initiative of the Robert Bosch Stiftung and ERSTE Foundation, in
cooperation with the Balkan Investigative Reporting Network, BIRN.
Di
Fabrizio (del 26/02/2008 @ 09:20:01, in
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Da
Slovak_Roma
Il prodotto nazionale lordo della Slovacchia è cresciuto del 14% nell'ultimo
quadrimestre del 2007, ma pure la disoccupazione sta crescendo per la prima
volta.. "E' un fenomeno interessante. Finalmente gli investitori hanno preso il
toro per le corna, ma stanno cercando impiegati invano," scrive Lubos
Palata, sulla debolezza dell'economia e della società slovacca. "La vasta
maggioranza di un quarto di milione di persone che non trovano lavoro sono Rom.
Per i Rom slovacchi che "mancano di formazione e qualificazione" non c'è lavoro,
anche se tutte le compagnie multinazionali stabilissero un ramo in Slovacchia.
E' tempo per questo paese, con la sua nuova salute, di migliorare la situazione
della propria minoranza rom. Almeno un decimo di quello che è speso per le nuove
autostrade sia dedicato a loro."
Lidove noviny
Di
Fabrizio (del 02/03/2008 @ 09:07:04, in
lavoro, visitato 3475 volte)
Antica Sartoria Rom
Cooperativa Sociale a r.l.
952, via Nomentana, 00137 Roma
Partita Iva e Codice Fiscale: 08962791003
Tel.: 3392357366 – 3887437524
Martedì 4 marzo 2008 alle 12.00
Presso La Città dell’Altra Economia (largo Dino Frisullo, ex Mattatoio)
SFILATA
degli abiti realizzati
dall’ANTICA SARTORIA ROM.
E’ la manifestazione conclusiva del progetto “Ritagliamoci il Futuro” promosso dal FORUM AMBIENTALISTA e finanziato dalla Provincia di Roma.
Gli abiti sono stati realizzati secondo il criterio del riuso e riciclo
segnalazione di Marco Brazzoduro
Di
Fabrizio (del 19/03/2008 @ 09:07:32, in
lavoro, visitato 1812 volte)
Da
Macedonian_Roma
Nove anni fa, Stenkovec per alcuni mesi fu la dimora di oltre 350.000
rifugiati dal Kosovo; oggi è una gigantesca discarica.
Ma il rifiuto di uno è il tesoro di un altro e per Zoran Dimov, questa
macchia nel panorama è un'opportunità d'affari. Il giovane imprenditore rom
macedone conduce un impianto di riciclaggio accanto alle pile di rifiuti e la
sua impresa favorisce la strategia dell'UNHCR assumendo rifugiati Rom.
UNHCR desidera svezzare i rifugiati fuori della dipendenza del sussidio in un
tempo di stagnazione nella Macedonia. Il tasso di disoccupazione in Macedonia è
uno dei più alti d'Europa, raggiungendo il 90% nella comunità Rom.
Dimov fa il suo riciclando le tonnellate di rifiuti scaricate dalla locale
comunità di Stenkovec - incluso centinaia di migliaia di bottiglie e borse di
plastica e le eccedenze sparse in un'area a nord della capitale Skopje.
Durante una visita a Stenkovec ed alla vicina Visbegovo in una nebbiosa
mattina di febbraio, lo staff UNHCR da Skopje ha incontrato Dimov presso i suoi
impianti, dove circa 20 Rom sono impiegati a raccogliere bottiglie di plastica
da convertire in granuli di plastica, Sette di loro erano conosciuti per essere
rifugiati che avevano contato per l'assistenza sull'agenzia dei rifugiati ONU.
"Questo è un modo difficile ma onesto per crearsi da vivere," dice uno dei
rifugiati, che lavorava in fabbrica nel Kosovo prima di fuggire nel 1999 in
Macedonia. "Ma qui, per diversi anni, non sono stato in grado di sostenere la
mia famiglia di sette, ed ero totalmente dipendente dall'assistenza UNHCR." Lui,
sua moglie e due figli hanno lavorato per Dimov negli ultimi sei mesi.
Dimov, che possiede una stazione TV Rom ed ha interessi in altre attività,
dice che il business è cresciuto lentamente da quando aprì l'impianto di
Visbegovo nel 2005. "L'ho sviluppato lentamente ed adesso abbiano 12 punti di
raccolta attorno a Skopje e 20 in Macedonia. Esportiamo (granuli di plastica)
principalmente in Italia."
L'uomo d'affari, come Rom e affiancatore del lavoro UNHCR, ha familiarità con
i problemi dei rifugiati che non possono fare ritorno in Kosovo dalla Macedonia,
alle condizioni attuali. E' per questo che vuole aiutarli.
"Sto cercando di impiegare diversi in ogni punto collettivo. Sono interessato
anche ad assumerne alcuni nell'amministrazione, ma è necessaria la formazione su
computer, lingua e contabilità. Lo organizzeremo assieme all'UNHCR" ci dice.
L'apertura di opportunità d'impiego per i rifugiati è stata resa possibile
dall'adozione governativa lo scorso settembre di una nuova legislazione
sull'impiego e il lavoro degli stranieri. "Secondo quanto disposto dalla legge,
i rifugiati possono essere impiegati legalmente e supportare le loro famiglie,"
dice Carlos Maldonado, rappresentante UNHCR in Skopje.
"Ora, è tempo che le compagnie private, come parte della responsabilità
d'impresa, sviluppino progetti di formazione ed eventualmente d'impiego dei
gruppi vulnerabili, come i rifugiati Rom," aggiunge.
La politica di Dimov di assumere rifugiati Rom si misura con la strategia di
fiducia dell'UNHCR. Come parte di questa strategia, l'ufficio di Skopje sta
attualmente lavorando con i ministeri e partners della società civile per
condividere dati a livello educazionale, abilità e bisogni formativi dei
rifugiati e richiedenti asilo nel paese.
L'UNHCR valuterà le facilità ed i corsi di formazione che potrebbero essere
utili per i rifugiati. L'agenzia inoltre raggiungerà le aziende più
delocalizzate circa la possibilità di assumere i rifugiati. La Macedonia ospita
circa 1.860 rifugiati, la maggior parte di loro sono Rom del Kosovo.
By Aneta Galic
In Skopje, the Former Yugoslav Republic of Macedonia
Source: United Nations High Commissioner for Refugees
Di
Fabrizio (del 03/04/2008 @ 09:43:23, in
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Da
Roma_Shqiperia
By Agnieszka Rakoczy - Published: March 26 2008 Sta piovendo e la principale
discarica di Tirana nella valle di Sharra, cinque km. fuori dalla capitale, è
coperta di fango appiccicoso. D'altra parte, per Ardian Alu, il lavoro è il
solito.
Assieme a suoi due figli, Alu, membro della comunità rom albanese, setaccia
attraverso i mucchi di immondizia selezionando i materiali riciclabili può
vendere ad un commerciante locale.
E' pagato 14 Lek ($0.17) per un chilo di plastica, 20 Lek per un kg. di ferro
e 120 Lek per un kg. di alluminio.
Alu, padre di cinque figli, guadagna circa 20.000 Lek al mese. "Appena per
dare da mangiare ai miei figli," dice.
È venuto lavorare e vivere sul luogo del deposito di 15 ettari, tre anni fa
da un villaggio dell'Albania orientale.
La sua casa, costruita con fogli di metallo e cartone recuperato da materiale
di riporto, è all'interno della discarica, a circa 20 metri dall'area dove vive.
Altre 50 famiglie rom che riciclano immondizia a Sharra hanno pure loro
costruito le case nella discarica.
Il tema del trattamento dei rifiuti solidi è una priorità, dati i piani
albanesi di sviluppare la sua industria turistica, Le strade della nazione sono
fittamente coperte di immondizie. Le immondizie famigliari si buttano nei fiumi.
"Conoscendo la situazione e pensando allo sviluppo turistico, abbiamo creato
una commissione sul trattamento dei rifiuti e per iniziare a pensare ad una
politica a lungo termine," dice Suzana Guxholli, consigliera economica del primo
ministro.
La municipalità di Tirana sta provando a dare l'esempio. La capitale
ufficialmente conta 600.000 abitanti, che potrebbero essere oltre un milione,
secondo alcuni funzionari comunali. Quattro compagnie private vengono impiegate
dal comune per raccogliere e smaltire le circa 1.000 tonnellate giornaliere di
rifiuti di Sharra.
Riflettendo sull'aumento di potere di spesa dei residenti nella capitale, la
media di rifiuti giornalieri è arrivata a 1,2 kg. contro i 0,5 kg. del 2002.
La municipalità, il ministero dei trasporti e dei lavori pubblici assieme
all'ambasciata italiana stanno cooperando per aggiornare la discarica di Sharra
secondo schemi moderni. Il progetto è supportato da un prestito di 6 milioni di
€ del governo italiano.
"Con l'inizio di maggio apriremo un nuovo impianto a Sharra, nel pieno
rispetto degli standards dell'Unione Europea, e saremo in grado di risistemare
il vecchio impianto," dice Nemix Simixhiu, tecnico senior del ministero dei
trasporti.
Il progetto richiede l'impermeabilizzazione della vecchia discarica per
prevenire le infiltrazioni sotterranee di acqua inquinata, installando pompe per
il drenaggio e il biogas, e costruendo un impianto per il trattamento delle
infiltrazioni.
Il luogo completato sarebbe coperto di argilla e circondato da siepi.
Il nuovo impianto sarà posto accanto a quello già esistente. Una squadra di
tecnici italiani sta mostrando ai propri colleghi albanesi come operare [...].
Uno studio di fattibilità è progettato per un nuovo luogo di eliminazione
rifiuti che sostituirebbe Sharra in circa sei anni.
Si sta risolvendo anche il tema di rialloggiare le famiglie rom o trovare
loro altri modi di guadagnare. Dice Alu, sul rialloggio: "E' una buona idea. Non
ho nessun posto dove andare."
Una possibilità è di impiegare le famiglie nel nuovo impianto, dato che la
municipalità lavora su una politica di riciclaggio.
"Abbiamo una lunga strada davanti," dice Eriola Muka, capo delle politiche di
sviluppo del comune.
Spiega: "Stiamo preparando un programma speciale per le scuole di Tirana per
insegnare alle giovani generazioni la necessità di proteggere l'ambiente e sulla
necessità del riciclo."
Il progetto di Sharra è visto come uno schema pilota per tutta l'Albania.
Nel frattempo, la Banca Mondiale, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo
Sviluppo e le agenzie per lo sviluppo internazionale svedese e tedesca stanno
supportando progetti per aiutare le città nella nazione a cambiare il loro
approccio alla raccolta dei rifiuti.
[...]
Copyright The Financial Times Limited 2008
Di
Fabrizio (del 06/06/2008 @ 08:45:53, in
lavoro, visitato 1366 volte)
Da
Mundo_Gitano
Oltre mezzo milione di Rom in età lavorativa vivono in Spagna, ciononostante
il numero di chi entra nel mondo del lavoro rimane basso ed il 55% dice di aver
sofferto discriminazioni cercando un lavoro. L'organizzazione Fundación
Secretariado Gitano ha lanciato una campagna di responsabilizzazione attraverso
pubblicità in TV, poster e volantini, per sottolineare i pregiudizi che ancora
esistono e che rendono difficile ai Rom l'accesso all'impiego.
La Fondazione ha una vasta conoscenza su questo tema tramite il suo programma
"Acceder" che dal 2000 promuove l'inclusione di Roma nel mercato del lavoro.
Fondato dal Fondo Sociale Europeo e dal governo spagnolo, il programma ha
fornito aiuto a 35,000 persone e 26.000 Rom nel trovare lavoro. Il successo è
dovuto al lavoro del programma nel cambiare le attitudini delle famiglie rom,
negli affari e nella società in generale, creando reti di cooperazione con le
amministrazioni e le compagnie, ed aiutando i consegnatari nel sviluppare
politiche attive a promuovere l'inclusione.
La Fundación Secretariado Gitano è un'organizzazione not-for-profit
che fornisce servizi per lo sviluppo della comunità Rom in Spagna ed in Europa.
Lavora per promuovere l'integrazione della comunità Rom rispettando la loro
identità culturale unica.
"Employment
makes us equal" campaign (information in Spanish only)
Di
Fabrizio (del 22/07/2008 @ 09:10:00, in
lavoro, visitato 1810 volte)
Da
Mundo_Gitano
Spagna: I Gitani rumeni si allontano dallo stereotipo
Por: JOAN M. OLEAQUE
La maggioranza lavorano, non sono nomadi, hanno figli scolarizzati e
scommettono sull'inserimento
Valencia - 14/07/2008 - Si chiama Mirela, ha 17 anni, è gitana rumena. Come
altre ragazze, segue un corso per imparare ed essere salariati. Lo fa
nella sede di Valencia della Fundación Secretariado Gitano. Veste alla maniera
occidentale, senza ori e gonne lunghe.
L'estetica gitana dell'Europa dell'Est è più eterodossa di quanto crediamo.
In parte, è legata a differenti sottogruppi di individui. Ci sono i
tradizionalisti ed i più modernizzati. I più chiusi sono poco penetrabili, rari
da inserire. I più aperti entrano ed escono dalle strutture della società
maggioritaria cercando legami.
Mirela vuole essere parte attiva del paese dove vive adesso. Non è un buon
momento, neanche per le politiche migratorie. Però con la sua attitudine, la
ragazza contraddice tutto quello che ha giudicato della sua etnia Gianfranco
Fini, presidente della Camera dei Deputati italiana. L'ex leader di Alleanza
Nazionale ha detto in pubblico che risulta impossibile fare qualcosa col popolo
rom. Secondo lui, i gitani dell'Est considerano "lecito" rubare, non
lavorare e prostituirsi. Queste tipiche accuse, oltre ad un oscuro collegamento
dei gitani rumeni con delitti e scandali, sono state brandite dal Governo di
Berlusconi per espellerli e per prendere loro le impronte - minori inclusi -.
Quello che è stato condannato dal Parlamento Europeo e che è proibito
dall'articolo 14 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e
delle Libertà Fondamentali.
Anche in Spagna sono collegati popolarmente - però non in modo politico - con
malefatte di ogni tipo. Isolamento, violenza, inciviltà, delinquenza ed
estorsioni a minori sono assunti come qualcosa di unico alla loro esistenza.
Tuttavia, Mirela, in un castigliano che ha imparato guardando la tv, prova a
resistere in modo abbastanza logico. "La mia famiglia vive del ferro, lo
raccoglie, lo vende, è un lavoro che i valenciani non vogliono fare. Io arrivai
a 14 anni, scappammo dalla Romania perché lì non avevamo niente", dice.
"Arrivammo per provare ad avere qualcosa. Non è quello che cercano tutti?" si
chiede.
La differenza è che loro, come collettivo, sono perseguitati da un forte
stigma di paria. "Tuttavia molti di loro stanno facendo sforzi reali per
integrarsi", indica José María Martínez, del Secretariado Gitano, tecnico del
programma di inserimento per il popolo rom. "Solo nella Comunità
Valenciana abbiamo mantenuti contatti con circa 400 gitani rumeni e bulgari, ed
abbiamo incontrato pochi esempi di delinquenza o di sfruttamento di minori".
"Però questi casi, quando ci sono, generano molto conflitto e finiscono
intossicando il resto". Secondo José Sánchez, responsabile dell'Impiego nella
nazione di questa organizzazione, "potrebbero esserci circa 50.000 gitani
dell'Est nel nostro paese, ed una parte importante è arrivata per restarci".
Nella provincia di Valencia la cifra comprenderebbe 3.000 individui (del resto
della Comunità Valenciana non esistono cifre certe). Secondo José María Martínez,
"predominano quelli che mostrano una buona adattabilità al sistema". "Quello che
succede è che sono diluiti e non li relazioniamo con quelli che percepiamo
essere gitani dell'Est", aggiunge.
Marius, per esempio, è uno di questi rom che ha aperto il cammino. E'
evangelico ed è da molti anni nel nostro paese. "Faccio da autista per gente che
lavora nel campo, ho i miei permessi, pago l'affitto", espone. "In Spagna non si
vive di storie, non si può: io lavoro 60 ore la settimana".
Mentre racconta, condivide il tavolo in un caffè con Vasil, un bulgaro sulla
trentina - il 20% dell'immigrazione gitana dell'Est Europa nella Comunità
Valenciana è della Bulgaria - che ha fatto ogni tipo di corsi di formazione ed
ha inviato decine di offerte di lavoro. "Ho vissuto in una cassa di cartone,
sotto il ponte, poi ho lavorato in un circo", dice. "Qui uno può aprirsi il
cammino, però con molto sacrificio", ragiona.
Forse, l'offensiva contro i gitani in Italia può presentare il trattamento
della Comunità Valenciana come una migliore possibilità. "Non credo che ne
verranno altri", spiega Marius. "Noi gitani ci siamo rivolti alla Spagna e
Valencia perché avevano immagine di accoglienza. Tanto la Romania che le
Bulgaria formano parte dell'Unione Europea. Una moratoria pone ostacoli, cioè i
loro immigrati in Spagna possano lavorare come dipendenti sino al 2009.
Nelle parole di Helena Ferrando, coordinatrice del Secretariado Gitano,
"quelli che sono da meno tempo nel nostro paese, si vedono costretti
all'economia sommersa e non a quella che li liberi". "Erano radicati nel loro
paese e pretendono esserlo qui, solo che sono nomadi per cercare lavoro",
continua. "La maggioranza parla o intende il castigliano". Quelli chiamati
pisos-patera, con tutte le polemiche collegate, sorgono quando le famiglie
senza tetto si mischiano con quanti hanno potuto avere qualcosa. "L'evacuazione
non risolve nulla", ragiona Ferrando, "i gruppi si trasferiscono, okupan
qualcosa, li si rigetta e così all'infinito". Non è raro vedere gitani di mezza
età con le mani deformate e bruciate. Sono così per aver tentato di procurarsi
luce elettrica irregolarmente (l'acqua viene presa dalle fontane). Non è raro
vedere bambini con la faccia piena di punture di insetti. Però, se possono, non
se ne vanno: un ragazzo gitano perse le braccia in un incidente in Romania. Si
trasferì con la famiglia a Valencia per cercare da vivere. Morì. I suoi
tornarono al loro paese per seppellirlo. Però ritornarono nel nostro paese per
continuare a sopravvivere. Secondo José María Martínez, "un 70% delle famiglie
rom già ha i figli scolarizzati in Spagna".
A tutti è costato molto viaggiare dalla Romania - molte volte via mafia -
alle grandi città spagnole. Di seguito, si sono ripartiti secondo aspettative
lavorative. Per conoscerle, hanno prima contattato familiari o conoscenti che
erano qui. Avilés, Oviedo, Andalucía, Murcia, Comunità Valenciana, Badalona
e Madrid sono le grandi zone della presenza gitana dell'Est. La campagna, le
costruzioni o la musica ambulante, sono, come la raccolta del ferro, mezzi di
sussistenza. Ne Las pateras del asfalto, uno dei primi saggi scritti
sugli immigrati gitani in Spagna, il suo autore, Joaquín López Bustamante -
direttore della pubblicazione Cuadernos Gitanos - indicava che la
presenza dei rom i Romania si avvicinava "ai due milioni e mezzo di
persone. Però non c'è altro paese in cui essere gitano tenga peggior valore
sociale", aggiunge.
"Qui, almeno, sperano di avere un'opportunità", dice Miguel Monsell,
dell'entità Cepaim e dell'Osservatorio Lungo Drom, un programma europeo che ha
analizzato la presenza gitana immigrante nella costa mediterranea. "La donna è
la responsabile dell'istruzione, il maggior motore per l'inserimento".
Anche l'elemosina, sola o con i bambini quando è il caso, l'uomo non la
svolge. "Sono arrivate soprattutto persone tra i 20 e i 39 anni", precisa
Monsell. "I più giovani sono quelli che hanno il migliore inserimento", espone.
"C'è un 1% con studi universitari, ed il 10% con l'equivalente della Formazione
Professionale", chiarisce.
"Questo non facilita il trovare lavoro", spiega Nadja, di vent'anni, emigrata
di recente dalla Romania perché lì non poteva sopravvivere. Ora, assieme a suo
figlio e altri nove familiari, occupa un edificio disabitato nel centro di
Valencia. Vuole frequentare un corso di servizio domestico. "Però se devo
raccogliere il ferro, non ho tempo", si lamenta. Lei e suo marito fanno diversi
km. ogni giorno. Dal sorgere del sole alla notte cercano e ricercano
nell'immondizia. Poi con un carrello di supermercato lo portano ad una fabbrica.
Lontano, sulla spiaggia, altre famiglie rumene raccolgono rottami. Sono sul
punto di essere sgomberate. Occupano una proprietà pubblica abbandonata a cui
nessuno ha mai fatto molto caso. Sinora. Vasil, 25 anni e 5 figli, ha un veicolo
e fa viaggi continui per portare il ferro ai compratori. Si paga 20 centesimi al
kg. Guadagna di solito tra i 15 e i 20 € al giorno. Chi lo conosce dice che è di
carattere socievole. Oggi non si mostra così.
Neanche un suo familiare, Ghorghe, che lavora con lui, e che, a differenza di
Vasil, non parla spagnolo. Con loro ci sono bimbi piccoli, ragazze giovani,
donne più anziane. Queste ultime sono le più imbronciate. "Alla fine non serve
integrarsi", espone Vasil. "Non abbiamo voglia di parlare, né di comunicare",
dice. "Il motivo? I giorni passano, e tutto peggiora", conclude.
Di
Fabrizio (del 30/07/2008 @ 09:23:46, in
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Dal blog
Deviousdiva
Un recente articolo sulla comunità Rom a Votanikos dal giornale nazionale
Eleftheros Typos (in
greco). Guarda alla salute ed ai rischi per i fuochi che bruciano le
guarnizioni dei cavi di rame. La comunità rivende il rame come mezzo di
sostentamento. La diossina emessa causa il cancro e può avere effetti nocivi
durevoli sulla catena alimentare nella regione.
Eva Zimaraki (dell'Associazione degli Zingari Greci) ha detto:
"Non vogliamo la repressione. Chiediamo di trovare una soluzione che ci
permetta di sopravvivere"
Una soluzione che è stata suggerita è una collaborazione con compagnie di
riciclo per assicurare una occupazione salutare per la comunità e un'importante
risorsa per la città. Tuttavia, come in tutti gli sviluppi per i Rom, niente è
stato realizzato.
Alla sinistra del testo una
galleria
fotografica.
Di
Fabrizio (del 05/08/2008 @ 09:04:45, in
lavoro, visitato 1872 volte)
Da
Czech_Roma
I 4 milioni di Rom nella regione, affondati nella disoccupazione, povertà
e malattia, sono una ruggine sociale e un'opportunità economica persa
by
S. Adam Cardais
28 giugno 2008 - Sempre più spesso nell'Europa Centrale la
disperazione della popolazione Romani nella regione rimane vergognosamente
rimossa dai pubblici scrutini in ghetti nascosti all'esterno da capitali come
Praga o Bratislava.
Ma viaggiando a sud attraverso i Balcani sino a Podgorica, dove con i bimbi
al collo tirano le braccia ai turisti per mendicare, o Sarajevo, dove protette,
delicate donne Romani circolano con i loro bambini - a mani tese - attraverso i
caffè nella Città Vecchia Turca. Questo grida la disperazione della
disoccupazione, della povertà e della malattia rampanti tra i circa 4 milioni di
Rom nell'Europa Centrale ed Orientale. Gli stessi disperati paesi come la
Repubblica Ceca cercano di marginalizzare - se non coprire - attraverso quello
che un'organizzazione dei diritti umani con base a Praga chiama "tacito apartheid".
La quasi totale esclusione sociale dei Rom - spesso denominati Zingari -
nell'Europa Occidentale ed Orientale ha ricevuto recentemente molta attenzione,
specialmente dal "Decennio di Inclusione Rom", iniziativa lanciata nel 2005 da
nove governi dell'Europa centrale e del sud-est per promuovere l'integrazione.
Tuttavia, come può facilmente vedere qualsiasi viaggiatore nei Balcani, i Rom
sono appesi a margini disperati. Di più, la recente decisione dell'Italia di
prendere le impronte digitali ai Rom rivela la profondità di sotterranei
sentimenti anti-Rom in Europa.
Data la considerevole attenzione, ed i miliardi di di Euro di aiuto dell'Unione
Europea al "Decennio di Inclusione Rom", perché così pochi progressi? Non è
mancanza di idee o di fondi, dicono gli esperti di integrazione Rom. Non è
neanche che i Rom lavorino timidamente, teoria sposata dagli scettici
sull'inclusione. No, dicono gli esperti, il problema è la debole volontà
politica.
Però mantenere i Rom al fondo dovrebbe essere inaccettabile nella moderna
Europa. Non solo è ingiusto ed immorale - è cattiva economia.
LE DIFFICOLTÀ DI CHI PAGA LE TASSE
"La povertà è costosa", dice Gwendolyn Albert di Peacework, un'organizzazione
internazionale sullo sviluppo umano. "E' quello che la maggior parte della gente
non capisce."
Effettivamente, l'esclusione dei Rom ha significativi costi economici che
dovrebbero essere gridati fra gli argomenti a favore dell'integrazione. Può
essere un approccio cinico, ma può anche avere le gambe politiche che sembrano
mancare alle considerazioni morali.
I costi iniziano col lavoro. A causa della discriminazione o della mancanza di
istruzione e specializzazioni, la disoccupazione Rom è sproporzionatamente alta
nell'Europa Centrale ed Orientale, raggiungendo il 70% in alcuni paesi.
Nel contempo, la popolazione maggioritaria sta avanzando verso le sedie a
rotelle piuttosto che i tricicli. I mercati lavorali nei prossimi decenni
faranno a meno di decine di migliaia di lavoratori, così i governi dovrebbero
provare a capitalizzare la loro economica e disponibile forza lavoro Romani. Ma
per lo più non è così. Invece, paesi come la Repubblica Ceca stanno reclutando
lavoratori stranieri per riempire il gap.
"E' assurdo portare gente dalla Mongolia alla Boemia o alla Moravia
settentrionali, quando ci sono un gran numero di Rom disoccupati," dice Albert.
Specialmente considerando che la disoccupazione porta molti Rom all'assistenza
sociale. Un rapporto del 2003 del Programma di Sviluppo ONU (UNDP) trovò che per
oltre il 70% dei Rom nell'Europa Centrale ed Orientale, il loro reddito deriva
da fonti statali come gli assegni per l'infanzia o la disoccupazione. Questa
dipendenza sociale è chiaramente costosa, ma consideriamo anche che molti Rom
con bassi stipendi non pagano tasse per supportare questi programmi ed i costi
dell'esclusione sono chiari: il paese perde lavoratori, denaro pubblico e
ingresso di tasse.
Misurare questi costi è difficile perché sono limitati i dati certi sui Rom.
Quelli UNDP sono i più recenti, e coprono soltanto Bulgaria, Repubblica Ceca,
Ungheria, Romania e Slovacchia. Ma gli economisti Luchezar Bogdanov e Georgi Angelov
hanno calcolato il drenaggio di esclusione della Bulgaria.
In uno studio del 2007 per l'ufficio Open Society Institute di Sofia, i
ricercatori hanno trovato che in 10 anni la Bulgaria avrebbe guadagnato
l'equivalente dai 7 ai 16 miliardi di euro dalla piena integrazione e che il
ritorno dell'investimento supererebbe il costo con un rapporto di 3 a 1.
Dicono gli esperti che il percorso per realizzare l'ambiziosa meta della "piena
integrazione" nella regione deve partire con riforma politica, strutturata e
coerente, che salti dalla pura consapevolezza al migliorare formazione e la
sanità nelle comunità Romani. Gabriela Hrabanova, del Consiglio governativo Ceco
per gli Affari Comunitari Rom e lei stessa per metà Romani, dice che il
programma di Assistenza Insegnanti Rom, che forma gli insegnanti per lavorare
meglio con i bambini Romani, è un progetto modello.
Sfortunatamente, dicono lei ed altri, gli sforzi di integrazione sia di
Bruxelles che dei governi regionali non sono focalizzati, viene data più enfasi
al progettare piani d'azione che programmi effettivamente di base. La Coalizione
Politiche Rom della UE, un gruppo di organizzazioni di difesa legale, è arrivata
ad una conclusione simile riguardo l'agenda UE del 2 luglio sull'affrontare
l'esclusione, dicendo che lasciava la responsabilità agli stati membri, non
riuscendo a proporre una singola strategia europea effettiva.
La coalizione spera in progressi reali alla Conferenza UE di settembre sui
Rom. Senza dubbio la si svolgeranno molte discussione sul cammino dell'Europa
sul tema dell'integrazione.
Forse qualcuno inghiottirà il relativo cinismo e ne farà un argomento
economico. Potrebbe incitare i leader all'azione.
Provided by Transitions Online
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